IL NUOVO
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Periodico del liceo Quasimodo fondato nell’a.s. 1991/92 — anno XVII numero 5
Le dinamiche
della catastrofe
Quando la terra
scrolla le spalle
L’ASSENZA
Mi piego al balcone. Abbandono
la gota sopra la ringhiera.
E non sono triste. Non sono
più triste. Ritorna stasera.
E intorno declina l'estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libra un enorme Papilio...
L'azzurro infinito del giorno
è come seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.
Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d'acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore...
E non son triste. Ma sono
stupito se guardo il giardino...
stupito di che? non mi sono
sentito mai tanto bambino...
Stupito di che? Delle cose.
I fiori mi paiono strani:
Ci sono pur sempre le rose,
ci sono pur sempre i gerani...
Guido Gozzano, I Colloqui, 1911
pagine 3-4
COMENIUS: From
Turkey with love
Un bacio. Ed è lungi. Dispare
giù in fondo, là dove si perde
la strada boschiva, che pare
un gran corridoio nel verde.
Risalgo qui dove dianzi
vestiva il bell'abito grigio:
rivedo l'uncino, i romanzi
ed ogni sottile vestigio...
L’arte del silenzio calpestato
a pagina 5
IL QUASIMODO
IN ASSEMBLEA
pagine 14-15
PAROLE IN
LIBERTA’
pagine 7-8-9
La posta del
cuore
a pagina 5
Persepo
lis
Come
d’incanto
Trainsp
otting
pagine 12- 13
a pagina 16
http://www.unavignettadipv.it
E la primavera, finalmente, è
arrivata davvero. Nella sua
indifferenza, ha ignorato la
crisi economica, ha ignorato i
terremoti, ha ignorato i morti
per sbaglio e anche quelli voluti. Se ne è sbattuta
dell’umanità nel suo complesso, nel suo generale tirare
avanti, e pure dei singoli. Così non importa che si fosse
dell’umore giusto per riceverla o meno: ora l’aria è
tiepida e carica di profumi densi, di sambuco e robinie,
ma così spessa e così piena da sembrare gravida. Sa di
promessa.
In questo esplodere di verde si va, magari un po’persi a
seguire i ricami che i batuffoli dei pioppi sussurrano
nell’aria; magari un po’ confusi, magari un po’ assonnati, magari perfino malinconici. Ma la brezza limpida
parla d’estate e, in fondo, oggi vorremmo solo pensieri
allagati di luce.
Quasi ci siamo, cari quasimandi, non manca molto. Tra
un mese, al massimo due, sarà tutto finito, e leggero, e
libero; ci siamo quasi, all’azzurro e al sole sulla pelle.
Ultimi sforzi, quindi. Con questa stanchezza cosmica
che però è dignitosissima, sul serio, è quasi un’ombra
d’oro che circonda le facce tese tese e le unghie divorate per l’agitazione; maggio che si intrufola dalla finestra aperta e accarezza i capelli, invita ad uscire. “Non
ora, non posso… aspetta che sia finita la scuola”. Così
si chiede al tempo di attendere, sapendo che certo non
è possibile; ma intanto sognando già vacanze, già ore
vuote e spensierate come una risata.
Ci siamo quasi, questa volta senza inganni.
Vorremmo pace, un minimo di tregua magari; e invece
no, è il rash finale, è la corsa di un giocatore di rugby
verso la meta; davanti un ginepraio irto di spine, e difficoltà ma sottili, vacue; poco oltre, infatti, si intravede
l’arrivo. Per cui stringiamo i denti e ci lanciamo in avanti, facendoci piccoli piccoli per prendere meno colpi possibile, per non fare attrito con le cose; rotolando,
ruzzolando, striscian- do,… magari senza due denti
e con un occhio gonfio, non importa, adesso andiamo a
testa bassa come buoi, ci consoleremo nel poi.
E’ ridicolo tutto, ormai, al limite del patetico: i voti, le
interrogazioni, i predicozzi dei prof… basta, pietà di
noi, pietà, giuriamo di togliere il disturbo appena possibile.
Volo libero di sogni distratti, vacanzieri, costretti in un
contesto che ancora esige impegno; sopravviveremo,
io credo, a tutto. Siamo troppo sfiancati per sentir male, e tanto meglio così, adesso, quando ogni sguardo è
di fastidio ed affetto insieme, impazienza d’andare e
paura di perdere qualcosa, di dimenticarla in un presente che, prestissimo, appassirà in passato.
Come al solito eccoci qui, a lamentarci dei kilometri di
strada da fare, a lagnarci del caldo, della polvere, dello
stress… eppure intenti a raccogliere fiori, fiori ovunque di campo e amicizie e ricordi da mettere a seccare
nel diario.
Giorni monumentali, insomma, come un poema di eroi
e passioni.
Giorni epici, maestosi di quell’impresa solita e brulicante di voci sommesse che è vivere.
Siamo solenni, non fiacchi.
Regali, non lenti.
Che bisogno ha un cavaliere di nascondere la fatica di
un’impresa titanica?
Indossando le T-shirt quasi fossero cappe di ermellino,
ci si inginocchia, per allacciarsi una scarpa,
come Orlando di fronte al suo re.
Rita Sozzi &Matteo Zennaro, IIIA cl
A.A.A. Ai Fati piacendo, se così le Parche avranno filato, riusciremo ad uscire con
un altro numero, a Giugno. Vorremmo in particolare dedicarlo alle “classi terminali” (sì, la toccatina scaramantica è concessa): spazio ai saluti, ai ricordi, alle impressioni ed alle riflessioni di chi sta per “salpare ad altri liti”. Scriveteci!!!
Redazione
Direttori: Rita Sozzi IIIA cl, Matteo Zennaro IIIA cl
Vicedirettori: Tommaso Conte IIIA spp, Serena Previderè IB cl
Redattori: Cecilia Ascoli IIA cl, Elisa Baitelli, Isabella Bezzera IIIB cl, Miriam Bovio IA cl, Silvia Cattaneo
IIA ling, Giorgio Chiappa VB ling, Francesco Dodi IVD ling, Martina Felisatti, Francesca Girotti IB cl, Sara
Lombardi, Valeria Meneghello IIA cl, Federico Picetti IC cl, Martina Radice IB cl, Mariacarla Stefanino IIIA
spp, Nicolas IIIA spp
Docente referente: prof.ssa Ornella Maltagliati
Impaginazione e grafica: Rita Sozzi IIIA cl, Matteo Zennaro IIIA cl
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30 secondi. 30 brevissimi e interminabili
secondi di terrore il 6 aprile scorso hanno
sconvolto tutta l'Italia. La terra ha tremato
e a pagarne il prezzo sono le vittime, tante, troppe e con loro i sopravvissuti.
30 secondi di terremoto magnitudo 5.8 della scala Richter con un epicentro a dieci km dall'Aquila; ma non era
la fine, al contrario, era solo l'inizio. Inizio di una serie di scosse di assestamento, del conteggio dei morti,
della ricerca dei dispersi. Bastano 30 secondi. Poco importa ormai che si alzino voci di protesta, poco importano i “Io l'avevo detto” e le case non a norma. Ormai 298 persone sono morte. I sommersi e i salvati, senza
un motivo senza un perché. E proprio i sopravvissuti, senza certezze e con l'angoscia nel cuore cercano di
ricominciare. Si riaprono le scuole, si pensa al futuro, ci si fa forza come si può, con l'aiuto reciproco, con la
mano tesa. Ma con tante domande nel cuore e una sopra le altre: perché?
Che sia forse un monito della
terra a quest'umanità che troppo vuole?
L'uomo con tutte le tecnologie più avanzate é vittima inerme della terra. E questo fa paura a tutti noi, vogliamo decidere come e quando vivere, vogliamo essere padroni del nostro destino. A questo punto possiamo
abbandonarci allo sconforto oppure darci a una Mission Impossible degna di Tom Cruise: sperare. Sperare
che il futuro sarà migliore, che siamo fragili ma non soli. E in queste occasioni vediamo come il bene, quello
con la B maiuscola fatto di persone in carne ed ossa esista davvero. Si nasconde bene, ma c'è, perché, in fondo, siamo solo piccoli uomini, ma capaci di cose grandi.
Cecilia Ascoli, IIA cl
Annuncio choc nell’abituale conferenza stampapasserella mediatica del
governo in Abruzzo.
Ecco le parole di Berlusconi: “C’è una novità: il
complesso della Maddalena resterà in grado di ospitare
qualunque evento in futuro. C’era una spesa di 220
milioni preventivata per il G8. E dato che in Italia si è
dato vita ad una polemica sulla data del referendum,
con accuse alla Lega Nord… e la cifra era intorno ai
50 milioni, ci siamo domandati: perché non dare 220
milioni in più per la ricostruzione dell’Abruzzo? Abbiamo questo complesso, dove siamo, che può accogliere capi di stato e di governo, giornalisti… Dal punto di
vista della sicurezza, i no global non avranno la voglia
la faccia e il cuore di fare manifestazioni dure in una
zona colpita da terremoto.
La Maddalena era troppo bella, sarebbe stato un G8
non consono al momento di crisi economica. Abbiamo
pensato ad una gestione più sobria qui in Abruzzo,
sviluppando attenzione per la Regione nei 21 capi di
stato e di governo che saranno qui che potranno verificare di persona i monumenti che gli stati stranieri
hanno adottato per la ristrutturazione. Secondo me
qui tutto può funzionare benissimo, e per la Protezione civile è altrettanto. Il Cdm ha accolto la mia proposta di spostare il G8 da La Maddalena a L’Aquila”.
Quanto alla Maddalena, “Obama mi ha scritto per
poter svolgere un summit sull’ambiente del G8″ sull’isola sarda”.
Stupefacente, viene da dirsi. I sindacati e i partiti di
opposizione saranno già sul piede di guerra per impedire che l’inutile carrozzone del G8, un’evidente occasione per un potere abusivo di esibire se stesso dinanzi al mondo, vada ad intralciare, inevitabilmente, i
lavori di ricostruzione. Distraendo risorse e forze, e
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aggiungendo disagi ad una popolazione già soggetta
ad un’enorme sofferenza.
Infatti, ecco prontamente le parole di
Franceschini, il piccolo
leader del più grande partito
di opposizione (?): “Capisco che la scelta è molto simbolica e capisco pure che contribuirebbe a tenere accesa l’attenzione sull’Abruzzo - ha detto Dario Franceschini - spero che il governo valuti le conseguenze
e che trasferire il G8 a L’Aquila non ostacoli né intralci
l’esigenza di superare l’emergenza e di iniziare la ricostruzione”. Ovvero una sostanziale approvazione.
Penso che non ci sia bisogno di dilungarsi nel sottolineare come questa scelta non tenga in alcun conto gli
interessi e le urgenze delle popolazioni terremotate,
che di tutto hanno bisogno meno che di veder tramutare le macerie che hanno sepolto i loro cari in un set
hollywoodiano sul quale mandare in onda il triste
spettacolo dei soliti otto leader che decidono le sorti di
sei miliardi di persone, secondo gli interessacci loro.
Quegli interessi per i quali si può mettere la sabbia di
mare nell’amalgama per il cemento armato, ed usare
una parte dei soldi rubati in questo modo per ungere
la politica affinché non controlli. Quegli interessi che
fanno tutti felici, fino alla prossima scossa.
Lo scopo è risparmiare? Fatelo in videoconferenza, il
summit, fatelo su Skype! O meglio ancora, non fatelo
proprio, visto che non sta scritto da nessuna parte
che questi otto crani siano delegati a decidere per gli
altri sei miliardi eccetera.
Insomma, al solito.
Insomma, che schifo.
Anonimo del Conato
naia di persone, ed è la Pasqua vera; resta in piedi una casa
in cui si trovava una statua della Vergine di Lourdes (notizia
“il Signore ha voluto che in questa settimana santa, in qualche riportata da L’Avvenire), ed è il miracolo. Cos’è, ci sono promodo anche loro partecipassero, diciamo così, alla sofferenza blemi tra Madre e Figlio?
e alla sua passione…. Leggere i misteri di Dio è sempre molto Insomma, sempre tesa a cercare la risposta giusta da sfoderare
difficile … in questa tragedia vogliamo vedere qualcosa di al momento opportuno, quando il pathos è più alto, quando le
positivo, in fondo il Signore quando ci fa partecipare delle sue lacrime sono ancora calde, anche la Chiesa non ha fatto una
gran bella figura.
sofferenze è perché vuol farci anche partecipare della gloria della sua resurrezioLa decisione cristiana di Poi, per carità, chi vuole credere a questo misteriosissimo Dio che abbatte e sconquassa
ne”.
trovare il mondo brutto e per una felicità promessa, faccia. Io, personalOvviamente, ognuno ha da dire la propria cattivo, ha reso brutto e cat- mente, vedo solo un dolore immenso che è, al
in merito. Ovviamente, anche la Chiesa;
tivo il mondo.
contrario, tangibile e presente ed oggettivo,
e, questa volta, la voce è quella di Livio (Nietzsche, La gaia scienza) qui, adesso. Sarebbe gentile da parte degli
Fanzaga, il direttore di Radio Maria, in
emissari di Cristo, se per una volta, anche loro
diretta radiofonica.
aprissero gli occhi, oltre alla bocca.
Allora io mi chiedo, con tutto il rispetto di cui sono capace,
come si possa; come si possa essere così egoisti, così privi di “Natura: Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per
sensibilità, così chiusi nel piccolo cerchio di sale e fede che a causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle
tutto trova risposte, da non rispettare, quel minimo, il dolore di operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenquesta tragedia. Come si possa essere così disumani, così sordi. zione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità.
Così opportunisti, così viscidi da sfruttare ogni occasione, an- Quando io vi offendo in qualunque modo e con qualsiasi mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinache la più catastrofica, per tirare acqua al proprio mulino.
Certo, non sarebbe religione se non tentasse di consolare dalla riamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho
fragilità dell’uomo, che è polvere; illudiamoci, speriamo, con- fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali
fortiamoci all’idea di salvezze future, e vite oltre la vita… ma azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvela morte, almeno quella, tentiamo di non candirla.
Ancor peggiore è il modo sordido con cui ogni avvenimento, drei.” (Dialogo della Natura e di un Islandese, G. Leopardi,
dal più felice al più disperato, viene sfruttato; muoiono centi- Operette morali)
Rita Sozzi, IIIA cl
“Ascolti record in tutte le edizioni del TG1 nella giornata del paladini del santo Vero, votati alla diffusione limpida delle
terremoto in Abruzzo. Il TG1 ha registrato uno share intorno notizie? Credevate davvero che le parole e le inquadrature in
al 30% nelle edizioni delle 6,30, delle 7,00 e delle 8,00 con un cerca di drammi e patetismo autoindotto fossero sinceri, sentipicco del 43,1% nell'edizione delle 9,30. La straordinaria delle ti? Illusi!
11,00, durata oltre un'ora, ha realizzato uno share del 33%. Personalmente sono grata a chi, con magistrale mancanza di
Nell'edizione delle 13,30 il 32,4% con 5 virgola 7 milioni di tatto (quasi peggio di Sua Santità…) e nell’apoteosi dell’antiascoltatori. La straordinaria dalle 15,00 alle 16,00 ha avuto humanitas, ha snocciolato gongolando i record di ascolti del
un ascolto del 21%. L'edizione principale delle 20,00 si è con- tg1. Per una volta, almeno, sono stati sinceri. Onesti nel comufermata leader dell'informazione, con uno share
nicarci con quale spirito, con quali intenzioni, con
del 33,9% e con un ascolto medio di 8 punto 7 TV: Pornografia quali occhi guardano alle notizie; tanto più qualora
milioni di ascoltatori e picchi di quasi 10 miliosi tratti di tragedie di vasta portata, che coinvolgonecrofila
ni…”
no, che fan sfrigolare gli auditel.
Aggiungo anche che, finalmente, son cadute tutte le maschere
E siccome delle centinaia di vittime, della regione in macerie, del caso, i buonismi posticci e le filanthropie di plastica.
non ce ne frega proprio nulla, ebbene, ecco che il tg1, nell’edi- Ora è palese: questo non è giornalismo. Questo è stupro di
zione delle 13:30 del 7 Aprile, si compiace dello share e dell’- cadavere. E’ pornografia necrofila.
audience ottenuta grazie ai servizi ed agli speciali sul terremo- E voi, se ancora, nonostante tutto, continuate a seguire questa
to. Per 1 minuto e otto secondi, forbendosi i baffi e con gusto. oscenità, magari fingendo pure disgusto, altro non fate che
Molti, moltissimi, han trovato questo sciacallaggio mediatico masturbarvi. Il mondo non è un peep show. Vergogna.
di cattivo gusto. Si poteva quantomeno evitare, dicono i più,
con aria contrariata da buoni samaritani.
(Un consiglio. Per una sera, anche una soltanto, piuttosto che
Signori miei, ve ne accorgete soltanto adesso? Alla buon’ora! rimbecillirvi al cicaleggiare della tv, che rende tutto un appasCredevate forse che una briciola, anche la più insignificante, sionante reality per guardoni, leggetevi La ginestra, di Leopardel gran banchetto dell’“informazione” che ci propinano i gior- di)
nalisti fosse degna di tale nome? Credevate che fossero tutti
Rita Sozzi, IIIA cl
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Milano Istanbul Istanbul… Antalya!
Sei giorni in Turchia, non nella Turchia dei villaggi
turistici e degli hotel di lusso, ma ospiti di ragazze e
ragazzi e delle loro famiglie, nelle loro case, seguendo
i loro ritmi, le loro giornate, il loro cibo, le loro usanze.
Questo ci ha offerto la tappa di Aprile del progetto Comenius, che prosegue ormai dall’anno scorso e ha messo in comunicazione studenti della nostra scuola con
quelli di un istituto spagnolo e di uno turco. Il meeting
appena concluso si è quindi svolto in Turchia, nel sud
dell’Anatolia, regione splendida per il clima, il mare e
la cultura. Qui si vede l’infinita mescolanza alla base
della Turchia, qui si vedono culture diversissime sfumare l’una dentro l’altra, fondersi e confondersi, rispettarsi e amalgamarsi. Qui quelli che chiamiamo Oriente
e Occidente si toccano e l’impressione, ripensando al
viaggio, è proprio quella di essere stati in una sorta di
terra di confine. Ma non è questa l’impressione che
invece si avvertiva là, dove questa sintesi di culture
diverse appare così limpidamente naturale, così ordinaria, da non suscitare alcun senso di stranezza; al massimo meraviglia. Tra il verde delle pinete sorge una città
moderna, un agglomerato di palazzoni, che nasconde al
suo interno un centro di viuzze strette e sporche, antiche e stupende; a pochi metri da un mare blu-luce, da
quell’acqua limpida e intensa, la bassa macchia mediterranea si dirada mentre la terra si alza in montagne –
le montagne del Tauro – che superano i duemila metri;
dagli squarci nelle mura antiche di un teatro romano si
vede, lontana, una moschea; sembra la terra del molte-
plice, della contraddizione. Invece è, semplicemente, la Turchia.
Troppo lungo enumerare i posti visitati, i resti delle
antiche città e dei loro teatri, Demre, Side, Aspendos,
le rovine sommerse di Kekova, sopra alle quali abbiamo fatto il bagno, le stradine dei paesi di mare, il tempio d’Apollo in riva al mare, le cascate… E come non
menzionare la festa dell’Indipendenza della Turchia,
celebrata nella scuola che ci ospitava con una cerimonia incredibile? E come non ricordare lo spettacolo dei
nostri giovani ospiti, una lirica e immaginifica descrizione dell’Anatolia? E come non ricordare le risate, gli
sguardi perplessi davanti a usanze tanto diverse dalle
nostre, davanti a cibi che per poco non prendevano
fuoco autocomburendosi, o la prima volta che ci hanno
presentato l’Ayran, la loro bevanda a cui poi siamo
diventati ‘addicted’, o tutte le volte che ci siamo ustionati la lingua con il loro tè bollente, o la lettura del futuro nei fondi di caffè, con tutto quello che ha comportato? Come non ricordare con affetto e un po’ di nostalgia la caldissima accoglienza che ci hanno riservato
le famiglie dei nostri corrispondenti, il loro tentativo di
metterci a nostro agio in ogni modo possibile e immaginabile, nonostante i problemi di comunicazione? Per
questa che è stata di sicuro un’esperienza indimenticabile, non dobbiamo fare altro che dire un immenso grazie alle professoresse Angiolini e Maltagliati, un grazie
per averci portati (uno per averci riportati indietro), un
grazie per aver riso con noi, uno per aver condiviso la
meraviglia e le perplessità e uno per tutto quello che
abbiamo dimenticato di citare.
Matteo Zennaro, IIIA cl
Magenta Anche quest’anno l’Amministrazione Comunale ripropone la rassegna di giovani attori “Teatrando – Laboratori
allo scoperto” giunta alla sesta edizione e oramai consolidata tradizione.
La proposta dei laboratori teatrali è sempre stata fonte di stupore per le potenzialità che permette di intravedere nei nostri
giovani.
Nell’edizione di quest’anno saranno inseriti alcuni momenti trasversali ai vari laboratori con incontri e confronti con altre
esperienze teatrali, dalla celebre compagnia ai gruppi amatoriali del territorio. L’ingresso è libero
Programma:
20 maggio, ore 21 – Indovina chi viene a cena stasera… Aspettando la Cantatrice Calva
24 maggio, ore 21 – Macbeth, stregate ambizioni
26 maggio ore 21 – Ma lo sai dove vivi? Tutto quello che avreste voluto sapere sulla città, ma non avete mai osato chiedere.
27 maggio, ore 18 – Un viaggio per tutti, tutti per un viaggio... ad Amsterdam!
28 maggio, ore 21 – Notte di blues
29 maggio, ore 21 – Voci e inchiostro. Mille storie per una vita
3 giugno, ore 14:30 – Il convivio dei teatrandi
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Se gennaio e
luglio sono i
mesi delle svendite e dello
shopping sfrenato, dell’assalto ai negozi per la camicia o le scarpe, su cui abbiamo consumato gli occhi per tanto tempo, finalmente in saldo, maggio e giugno sono i mesi dell’assalto alla media del 6, per evitare la scocciatura dei debiti che ti perseguita per tutta l’estate, o, per i più
ambiziosi, l’ardua conquista di una media alta, che ripaghi tutti gli
sforzi e i sacrifici di un anno. E allora 3..2…1.. GO: via a leccare i
prof nel modo più subdolo e spudorato, con un’ipocrisia di dimensioni titaniche, via ad elaborare i piani più meschini in missione
CCC (copiatura compiti in classe), via a stringere la cinghia e a
rimboccarsi le maniche, a salutare le ultime diotrie che ore ed ore
di studio non avevano ancora fagocitato. Insomma, ognuno come
può, ognuno coi suoi mezzi, come la sua testa gli suggerisce, secondo gradi più o meno alti di onestà, si piglia.. cosa?
Un
numero. Niente di meno che un banalissimo, infelicissimo numero. Tutto qua?
Tanta
fatica,
tanto sgomitare per un numero? Sorge spontanea la domanda: ma
ne vale davvero la pena? E dal momento che siamo gente magari
non geniale, ma con un briciolo di cervello, non possiamo che rispondere: no. Capiamo tutti che, di fronte ad un banalissimo numero, è molto più appagante un drink con gli amici al sabato sera, una
notte in disco, un week end al mare, o sugli sci. Per cui, una volta
che il 6 ti tiene a galla, perché sbattersi tanto? Perché rodersi il
fegato per quella che ha avuto un voto più alto del tuo, anche se tu,
oggettivamente, te lo meritavi cento volte di più, o per quella che
ha copiato una verifica per intero e si è beccata un voto stellare
studiando un ca***o, di fronte al tuo pallido voticino per il quale ti
sei ammazzato? Allora brandisci i libri e vorresti buttarli tutti con
gusto fuori dalla finestra, o farci un bellissimo e sfavillante falò! E
ti trattieni solo perché potresti colpire un malcapitato passante, o
perché S Antonio cade solo il 17 gennaio, e al di là di quel giorno
non si possono appiccare fuochi (per quanto giusta sia la causa).
Ma poi il libro si apre a caso, su di una pagina del Principe, su di
una lirica di Leopardi, su di una terzina di Dante, sulla Pietà di
Michelangelo, su Amore e Psiche di Canova, sull’ Edipo Re di Sofocle, e ti si spalanca un panorama di tutt’altra consistenza, e respiri,
finalmente respiri, a pieni polmoni un’aria tutta nuova, diversa, più
fresca, più libera, nella quale l’istinto ti porta a spiegare ali che
nemmeno credevi di avere, e nell’iride dei tuoi occhi si riverberano
cieli zaffiro, nelle pupille si riflette l’infinito. È allora che ti accorgi
di quanta miseria ci sia dentro quei numeri, che hanno la presunzione di misurare il genio, le capacità, le competenze, quando questi hanno ben più alte vie per manifestarsi. Al diavolo i numeri, al
diavolo questo freddo e rigido sistema, che nella sua staticità,
venduta per serietà, uccide la passione, la creatività, riducendole
ad affannosa conquista di un numero, oscurando tutta la bellezza
della sofia, del sapere, della conoscenza, che non può vivere d’inchiostro sulla carta dei libretti, ma, nutrita d’ emozione, vive dentro di noi. Siamo liberi di scegliere quello per cui ci battiamo (e ci
sbattiamo), e, in virtù di questo, sta a noi decidere: sono davvero i
numeri la nostra meta? O forse ci volgiamo a più luminosi orizzonti?
Veronica Scazzosi, IIA cl
“Siete una classe che soffre di ansia da prestazione”, “Siete troppo
attaccati al voto” si lagnano i prof con le solite parole di sempre.
Già, vero. Lo ammetto, vostro onore, sono colpevole. Di tutte le accuse,
ansia, attaccamento al voto, pignoleria, secchionaggine, tutto. Desidero
la media scintillante, esorbitante, eccessiva, stratosferica. Concupisco
bramosamente il giudizio ottimo, e deve essere eccellente, altrimenti
non esiste… altrimenti non esisto.
E copio, e scrivo bigliettini anche, trovo le peggiori subdole scappatoie,
lecco piedi (diciamo così) m’arruffiano. Perché voglio il voto alto. Null’altro che un numero; e pensate quante ore, quanta energia mentale,
quante preoccupazioni per una piccolezza tale. Che spreco immenso di
tempo, di vita. Me ne rendo conto benissimo, non crediate; pensate mi
piaccia? Pensate mi diverta a vivere con tanta angoscia il giudizio, la
valutazione mera? Pensate sia appagante rendersi conto di come tutto
sia poi ridicolo, in questo prendersela per cose di nessun conto?
Ma soprattutto: siete convinti che noi abbiamo deciso, volontariamente,
un bel giorno, di essere così? “Da domani mi tormento per la media, e
mi massacro per avere un libretto sfavillante”. No, non funziona in questo modo. Molto, io credo invece, deriva dall’educazione che abbiamo
ricevuto, nonché dall’ambiente che ci ha condizionati.
Checchè se ne dica, ci sono ancora ragazzi che han voglia di imparare
(e non parlo di insegnamenti nozionistici, ma di modelli morali, etici,
valoriali); persone che, non ancora formate del tutto, si pongono nell’ottica della (fiduciosa) apertura a quello che viene proposto dall’insegnante, dal genitore, dalla figura qui docet.
Ora, nessuno osi negare che, fin dalle elementari, gli studenti sono sottoposti a pressione quando si tratta di giudizi; giustamente, per spronare, per educare alla serietà, all’impegno. E poi il bel voto fa sgargianti,
oggetto d’ammirazione, d’approvazione da parte dei “grandi”.
Insomma, vostro onore, a mia discolpa porto le prove di una preterintenzionalità di un’esistenza sfiancata dal voto.
Non starò poi qui a dire che, in fondo, la giustizia è cieca di occhi putridi,
come ben descrive Masters; e quindi potremmo anche dar meno importanza alla media, ai crediti, a tutto l’ambaradan… ma, ad esempio, molte
università a numero chiuso guardano a quello. Al numeretto. E vedersi
sbarrato fin dall’inizio il percorso che uno vorrebbe intraprendere, così,
fa male; tanto più che sarebbe bastato mezzo bigliettino, o una sbirciata
a dovere. Tanto più che il posto, magari, l’ha ottenuto chi quella sbirciata l’ha buttata, chi ha sfoderato il mezzo bigliettino.
Spiace dirlo, ma davvero il mondo è dei furbi. Dove finisce l’onestà?
Fugge. Qualcuno parla di appagamento nel sapersi integerrimi, puliti;
forse è vero… ma il gioco sta lì, nel rimbalzare tra il ribrezzo di sé per
essere stati infidi e falsi, ed un medesimo ribrezzo di sé per non essere
riusciti a combinare nulla, sempre surclassati dai volponi scaltri. Coscienza sporca o frustrazione? Non trattandosi di omicidio, né di furto,
né di nulla che nuoccia ad altri, io potrei proporre una risposta.
E sì, ammetto ogni colpa. Ammetto di aver dato infinita importanza alla
scuola in ogni suo aspetto, voto compreso; perché mi dava identità
quando non ne avevo una mia; perché a volte l’esistenza intorno è così
deserta e desolante, che ci si butta anima e corpo in qualcosa (lo studio), e poi si pretende pure di veder riconosciuti propri sforzi.
Ammetto anche di essermi lasciata influenzare, con una ingenuità ben
deprecabile, dal sistema di premi/punizioni che ruota intorno alla media
scolastica. Agli occhi dei genitori, agli occhi dei prof, ai miei occhi, per
colmare i vuoti ed avere la sicurezza di essere inaffondabile, almeno da
quel punto di vista.
Ammetto la puerilità dell’aggrapparmi al giudizio positivo –
universalmente approvato- per avere una certezza, un qualcosa che “se
faccio, nessuno può rimproverarmi, quindi evidentemente è giusta”.
Ammetto di aver sconvolto ogni qualsivoglia gerarchia di valori, e di
aver bevuto, con la solita infantile fiducia, l’idea che il prof concede il 9
tanto a quelli che studiano in settimane di clausura eremitica, quanto a
quelli che non fanno una beatissima mazza e però osano imbrogliare.
Infine, ammetto di aver accolto anche il messaggio schizofrenogeno
impartito come lezione, a casa e a scuola e ovunque:
studia!!! (che ti premiamo, ti riconosciamo, ti coccoliamo)
non studiare troppo!!! (che stai impazzendo, che stai appassendo)
Rita Sozzi, IIIA cl
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La tazza di caffè disegna un cerchio
scuro sulla superficie di legno del tavolino. Intorno, ci sono pochissime persone. Ormai è piuttosto tardi, nessuno frequenta quel
locale durante la settimana a quell’ora della
sera.
È così tranquillo. Un signore anziano, poco
distante, sorseggia distrattamente un bicchierino di rhum con lo sguardo perso nel
vuoto. Fuori, nell’oscurità della sera solo qualche luce qua è là rivela la dimensione del
mondo esterno, che ora sembra essere completamente assopito sotto la coltre spessa
del buio, del freddo, e di quella pioggerella
leggera che picchietta sulle cose e ne disegna vagamente il contorno.
Quanto si è lontani dal mondo quando ci si
guarda intorno. Sembra di vivere una realtà
ovattata, dove non si è protagonisti ma si assiste agli eventi da semplici spettatori, immuni
da qualsiasi emozione. Ma basta un attimo
per ritornare al mondo reale. Uno sguardo
alla tazzina di caffè semivuota davanti a me
mi catapulta nella mia vita, e l’apparente
distacco di prima lascia spazio ad un dolore
lacerante che mi spacca il cuore. Basta un
secondo, e mi sento mancare il fiato, non
credo di riuscire a sopravvivere. Con la testa
fra le mani, incomincio a piangere, in silenzio,
in sintonia con la pace che aleggia in quel
luogo, rotta soltanto dallo scroscio della
pioggia. Non ci riesco, no, non posso. Il dolore è troppo forte, non riuscirò mai a sopravvivere.
I nostri ricordi più belli mi balenano alla mente, e la fitta al cuore si fa sempre più intensa.
La nostra gita al lago. Come ci siamo divertiti
quel giorno, un sacco di imprevisti, la ruota a
terra, l’acquazzone, la multa. Ma è stata una
delle giornate più belle della mia vita.
Mi hai insegnato a sciare, ad andare in canoa, mi hai fatto appassionare al cinema. Mi
facevi arrabbiare sempre,ma ti bastava un
bacio per farmi di nuovo sorridere. I tuoi baci…
Pagina 7
Perché, perché te ne sei andato? Senza di te
non sono in grado di affrontare il mondo,
perché niente ha più uno scopo se
non ci sei tu ad aspettarmi per dirmi
che sono stata brava, che sono la migliore, che sono tutta la tua vita. La
nostra casa, abbiamo faticato tanto
per averla, abbiamo fatto migliaia di
sacrifici per quella nostra casetta, e per quello spiazzo
di terra.
Senza di
te, è vuota, senza
la tua voce anche tra le persone più care
sento solo silenzio. E mi sento sola. Non posso
sopportarlo.
Quattordici anni fa, seduti a questo tavolo,
mi hai offerto da bere. Non potrò mai dimenticare il nostro primo incontro, il modo ridicolo
in cui eri vestito. Dicevi che era la moda degli anni, ma sei sempre stato un po’ eccentrico. E adesso solo ricordi mi legano a te, sempre più sbiaditi, e più lontani.
Il vecchio seduto poco lontano da me si alza, ed esce dal locale, in silenzio, dopo avere lasciato sul tavolino i soldi del rhum e una
cospicua mancia. Ma c’è anche qualcos’altro, un tovagliolo, o un pezzo di carta.
“Commovente, vero?”. La ragazzina che serve ai tavoli mi si avvicina, e vedendomi rivolgere l’attenzione a quel tavolo, si sente di
farmi dei chiarimenti “Ha perso la moglie circa tre anni fa, per un tumore al seno. Da allora viene qui tutte le sere, ordina sempre la
stessa cosa, e lascia sempre sul tavolo un foglietto con scritto qualche frase d’amore per
sua moglie. Non parla molto, ma una volta
l’ho sentito dire che è un modo per parlare
con lei, e per sentirla ancora vicina. Sa, si erano conosciuti qui, molti anni fa”. Il cuore
batte a mille, e le lacrime scendono incontrollabili. Il dolore è sempre lancinante, ma
quell’uomo mi ha dato la forza, non per dimenticare - non potrò mai farlo – ma per capire che si può ricominciare a vivere proprio
grazie ai bellissimi ricordi che le persone che
amiamo ci hanno lasciato, e che è grazie a
questi che esse continueranno per sempre a
vivere dentro di noi.
Valeria Meneghello, IIA cl
Sono nella stanza. Devo esserci, perchè sento le lenzuola fremere morbide sotto il mio corpo. Non posso essere un osservatore esterno. Eppure la camera da letto, illuminata a giorno, mi pare del tutto estranea, io non sto vivendo all'interno di essa. Non avrò reazione alcuna. Tutto mi è alieno.
Ed ecco la coppia; sono giovani, lei è splendida nei suoi tratti mediterranei e nel suo corpo sinuoso evidenziato dalle pieghe
del vestito da festa; lui appare come un virile protettore, è senza maglietta e vedo il suo fisico robusto, maschile.
I due si avvicinano e cominciano a discorrere in toni sommessi, quasi suggerendo le parole all'orecchio dell'altro, un gesto
che mi pare di coniugale dolcezza e che immagino come il preludio di un idillio amoroso ben più che mormorato. Dovrei
sentirmi di troppo, eppure attendo nella stanza, non mi smuovo. Osservo, voyeur onirico, l'interazione tra i due amanti;
sono in attesa di qualcosa che neanch'io conosco.
Le parole crescono di volume. Non riesco a distinguerle, ma percepisco che sono diventate dure; la ragazza si è trasfigurata
in un'arpia urlante, lui è imperterrito e pare quasi dispiaciuto. Non mi sento affatto turbato per la fine della scenetta amorosa. Io sono un mero osservatore.
L'ira della donna è quieta, fredda, disumana. Avverto la sua figura come dominante. Afferra per le spalle quel corpo così
forte, lo getta sul letto con quelle sue braccia esili e femminee; lui sembra arreso. Poi un luccichio argentato viene trasmesso
dal sole, originato da un coltello che la giovane sta tenendo in mano. La lama si infilza nello stomaco dell'uomo, che non
emette gemito. L'assassina setaccia la vittima seguendo una sorta di traiettoria lungo il corpo irreattivo, lo fruga tutto, lo
intaglia con rozzezza; eppure esso è inerte. Non un singulto nè un gemito. La sua sagoma torturata è inondata di sangue,
ma il letto non viene macchiato. Io non provo disgusto, non intervengo, mi sento solo vagamente partecipe di quello che
immagino possa essere il dolore dell'ostia coniugale, ma non è null'altro che una sfumatura emotiva, non vale la pena considerarla. So già che sparirà come ogni sensazione passeggera di quel tipo. La mia indifferenza persevera non ostante i miei
occhi vedano la scena ripetersi più volte, come se fossero i visualizzatori di un registratore impazzito che imbratta lo schermo con la stessa volgare messinscena. Infine, il nastro riprende a scorrere e l'uomo si getta a terra, in ginocchio. La donna lo
osserva con ribrezzo. Finalmente la sento parlare; la sua voce suona come del tutto ordinaria, come se la sentissi nella realtà
tutti i giorni.
"Ora... ora ti lascerò morire"
Il sangue virile è finalmente libero di sgorgare a terra. Lui perdura nel suo silenzio e nella sua irremovibile immobilità.
Sento che è il mio momento e mi avvicino alla bella assassina mediterranea. Le parlo.
"E adesso, dove andiamo?"
Lei mi guarda assolutamente neutra.
"Adesso andremo lontano da qui".
Giorgio Chiappa 5B ling
Seguiva un solco nel terreno, senza meta e senza la
voglia di trovarne una. Seguiva un solco nel terreno, e
quando fosse sparito, avrebbe trovato un’altra linea –
un canale, la segnaletica stradale, una sgommata, il
bordo di una strada – e l’avrebbe seguita. Senza mai
alzare gli occhi, stando semplicemente dietro a quella
linea, qualunque linea avesse trovato, nel disinteresse
per il mondo, concentrato a seguire la traccia scelta.
Alla fine qualcuna di quelle linee si sarebbe rivelata un
impasse, avrebbe portato a niente o al peggio, si sarebbe ingarbugliata e persa, ritorta su se stessa o sfilacciata in una confusione senza logica, indiscernibile. Lo
sapeva. E camminava. Seguiva un solco nel terreno, né
sapeva il perché, né se lo chiedeva. Né meta né voglia
di trovarne una. Nemmeno, per rigor del vero, interesse
nel percorso in sé, nemmeno, ad essere sinceri, l’intenzione di andare avanti, di camminare comunque. No,
solo istinto, passo regolato, occhi bassi, seguendo un
percorso quasi invisibile e chiaro a nessun altro, seguendo un itinerario folle, una ruga sul mondo, una
ruga del mondo. Le vecchie rughe del mondo ci conoscono tutti bene, non fanno differenza, si mostrano con
rassicurante equità, un po’ a me, un po’ a te, così vecchie da sembrare sagge, così scavate da suggerirne l’esperienza, così irregolari da perdersi nella notte dell’universo, immagini di scoppi e alluvioni, eruzioni e lapilli, un mondo livido e arroventato, un tizzone ardente
in un cielo intatto.
Dormiva un sonno profondo e calmo, ristoro di mente e
membra, pace quieta tranquilla dolce come maggio.
Sogni di fiori e primavere, sogni di stanchezza riposata,
spossatezza placata, inquietudine sfaldata. Scintilla un
sogno sfuggito dal chiuso delle palpebre, scintilla nel
buio, fugge, ruzzola, (parete) rimbalza (soffitto) ricade,
si fa luminoso, riempie lo spazio, s’immilla in mille
coriandoli di fuoco e svanisce ed esce dalla finestra, un
sogno!, un sogno!, è fuggito un sogno!, riacchiappetelo!, ridatemelo!, presto presto all’armi, al sogno, prendete retini, sacchi e sacchetti inseguitelo, corre luminoso scia nel buio, fuggito!, fuggito!
Matteo Zennaro IIIA cl
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Senza poi neppure guardarti. Sentirti, sentirti
tiepida dormire, tu hai pelle che mi fa prendeDal quadro omonimo re forma, la forma di uomo.
Io sono il vento e di tutto ho esperienza.
Ho sognato una notte, una notte ricamata di
stelle, ho sognato una notte luminosa come di O. Kokoschka, 1914 Ho arruffato le chiome di infinite donne, per
dispetto e senza cura.
il giorno, ho sognato una notte ed era la
notte in cui stavo dormendo, e dormendo sognavo, sognavo la Io sono il vento, ho imparato viaggiando, nel tempo, ogni conotte che stava d’intorno, fuori di me, ma l’ho sognata come sa.
fosse entrata da qualche fessura del sonno, dormivo con una Ma non conoscevo, davvero, con quali carezze intrecciarmi ai
sorta di spiraglio aperto, non cicatrice, non breccia, non tuoi capelli.
squarcio, ho sognato la notte bella come se la sera prima non Per questo ho preso –mi hai dato- la forma che vedi, la forma
mi fossi chiusa a chiave dentro di me, non mi fossi sprangata di uomo: perché tu mi insegnassi.
dietro alle palpebre sigillate tirando tutti i chiavistelli del
caso, no, ma come se avessi lasciato uno spicchio di porta Ho sognato la notte, zefiro che danza arcobaleni sussurrati –
socchiusa, o finestra soltanto accostata, insomma, qualcosa di per non svegliarmi-, e ho imparato i millenni, germogliati di
istante in istante attraverso le valli, i monti e le forre, i ghiaclibero per cui passare, uscire volendo, entrare soprattutto.
ci e gli oceani.
Tu dormi, mia sposa, tranquilla, nella tua forma di donna e Ho visto fiori d’altri occhi e distese immense di prati, di rocscreziata di mille colori. Mia sposa ed amante, non c’è vincolo ce, di cieli.
che ci leghi, io sono il vento che vola e corre: solo tu, che sei Ho sognato, per un momento, il vero colore del vento.
donna, la donna che amo, puoi trattenermi quaggiù, fermo. Io Ma ora tutto riposa, sereno: dorme il tempo, dorme la luce,
sono il vento, e poso di rado. Io sono l’aria che scuote e scon- dorme la notte, dormono le stelle.
quassa, colpisce, scompiglia, e tu invece mi vedi immobile
accanto a te, immobile per non svegliarti. Io sono la brezza Io, bufera e brezza, non dormo mai; ed ora che il sonno abche sfiora le foglie e spettina il mare, accarezza, solletica i braccia voi altri, voi che siete di carne, voi che siete di terra, io
sto. Fingo di rimanere sdraiato, concentro me stesso e non mi
prati, e tu invece mi senti consistere statico.
Io sono il vento che sempre fugge; ma con te ho deciso di ri- amalgamo all’aria. Guardo lontano, là dove dovrei fuggire,
condannato come sono ad un destino di eterno movimento
manere.
senza tregue. Io, inquieto e fiero, libero da tutto, fuorchè dalla
Ho sognato una notte, una notte di non paura, una notte cui mia libertà.
ho permesso di entrare perché sapevo innocua, ed anzi dolce, Stasera, però, è te che voglio scoprire, ingenua, che dormi,
sono rare le notti innocue, ma si respira nell’aria la calma di credendo che il vento possa posare per sempre.
quando nulla si teme e nulla geme, così che avevo lasciato un
passaggio, lievemente aperto, lievemente, e non per sbadatagpoi, d'improvviso, mi sciolse le mani
gine o disattenzione, aperto, con la precisa intenzione di farla
e le mie braccia divennero ali,
uscire, la notte, entrare e tornare ed andarsene, qualora voquando mi chiese - Conosci l'estate
lesse.
io, per un giorno, per un momento,
corsi a vedere il colore del vento.
Nessuno può, di solito, toccarmi o prendermi. Io sono il vento,
che rugge o sussurra, e tu mi hai placato; ti guardo respirare
Volammo davvero sopra le case,
piano, donna di carne, donna di terra, che dormi appoggiata
oltre i cancelli, gli orti, le strade,
alla mia spalla, donna che trattieni me, libero, me, aria impalpoi scivolammo tra valli fiorite
pabile, me, con la sola forza di un sonno placido.
dove all'ulivo si abbraccia la vite.
E la notte, vaga tacita notte, è giunta.
L’aspettavo, speravo scegliesse di stare da me.
Porto in me la polvere di mille paesi, ho sfiorato gli oceani,
solcato deserti ed adunato temporali; ho l’esperienza dei secoli, delle stagioni, di tutte le sfumature della luce che gioca e
rimbalza e riflette ed esplode in scintille iridescenti. Porto in
me tutto questo. Eppure desidero, adesso, soltanto il saperti
vicina.
Ho sognato, così, quella notte che stava di fuori, quella notte
bella, innocua e di vento, raccoglieva i profumi dai prati e me
li regalava come fiori, fiori di buio senza colore, la fragranza
del mondo, senza colore, il mondo di notte, puro profumo di
ombre.
Scendemmo là, dove il giorno si perde
a cercarsi da solo nascosto tra il verde,
e lui parlò come quando si prega,
ed alla fine d'ogni preghiera
contava una vertebra della mia schiena.
Voci di strada, rumori di gente,
mi rubarono al sogno per ridarmi al presente.
Sbiadì l'immagine, stinse il colore,
ma l'eco lontana di brevi parole
ripeteva d'un angelo la strana preghiera
dove forse era sogno ma sonno non era
(F. Deandrè, Il sogno di Maria)
Rita Sozzi, IIIA cl
Pagina 9
Hanno trovato
Nemo...
E’ una costante della
storia che gli ideali
positivi come libertà e progresso di numerose
rivoluzioni acquistino, con l’instaurazione del
nuovo governo, un’accezione opposta. E’ ciò
che avvenne per esempio nella Rivoluzione
Francese del 1789: gli ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza che ispirarono la rivoluzione vennero addirittura negati con l’instaurarsi
della politica del terrore, quasi una dittatura. La stessa dinamica è avvenuta per la rivoluzione islamica del 1979. L’incapacità dello shah Reza Shah
Muhammad (figlio di Pahlavi) di risolvere i problemi del popolo e la pessima immagine che dava di sé, furono fattori che insieme alla crisi finanziaria fecero scoppiare la rivoluzione del 1979. L’Iran diventa una repubblica ma l’attesa di libertà e progresso che aveva ispirato la rivoluzione
contro lo scià, venne subito soffocata dalla Guida Suprema, una volta conquistato il potere. I gruppi di comunisti e nazionalisti che avevano acceso
la rivolta furono uccisi o perseguitati. Tutte queste vicende sono vissute
da Marjane, la protagonista del film “Persepolis”.
L’interesse per le vicende politiche del suo paese già da quando Marjane
era piccola, mi hanno particolarmente interessata. Questo dimostra un
“amor di patria” che nonostante tutto continuerà ad avere anche da adulta
una volta trasferita definitivamente a Parigi (è orgogliosa di essere iraniana9. La famiglia molto presente con una mentalità moderna e occidentale,
in particolare la simpatica nonna, le fanno acquisire una certa sensibilità e
un spirito critico da permetterle di affrontare nonostante tutto le numerose
difficoltà. Una dimostrazione di questo spirito ribelle si può vedere a
scuola quando l’insegnante spiega che portare il velo è simbolo di libertà:
le altre compagne, che a differenza di Marjane non si sono ribellate, potrebbero idealmente rappresentare le numerose persone che nelle rivoluzioni “subiscono” le imposizioni del nuovo stato senza porsi domande.
L’entusiasmo di libertà della rivoluzione viene negato. Marjane a Vienna,
felice di essere finalmente libera sperimenta invece un periodo più triste di
quando si trovava in Iran. Questo dimostra che al di là di ogni intento moralista, non avere regole è controproducente tanyo quanto averne di molto
restrittive. Questa contraddizione, da un lato di vincoli e dall’altro di desiderio di libertà, è dimostrato dall’abbigliamento di Marjane (prima di partire per Vienna) : foulard tradizionale e contemporaneamente scarpe Adidas e tuta Punk da “ribelle”.
La concezione che Marjane e la sua famiglia hanno dell’occidente è positiva. In reltà poi Vienna come Theran vivono le proprie contraddizioni più
o meno negative, insomma “tutto il mondo è paese” !
Un altro aspetto interessante è la diversa immagine di dio: quello
“ufficiale” predicato dallo stato e quello “privato” di Marjane. Il Dio ufficiale è un Dio attivo e vendicativo mentre quello di Marjane è buono e la
consiglia sempre al bene. Il suo Dio privato e i preziosi consigli della nonna accompagnano per tutto il racconto le vicende di Marjane.
Alla fine si può dire che la vera rivoluzione non è stata quella a livello
statale, della politica (eclatante agli occhi dell’opinione pubblica ) ma
quella di Marjane. E’ lei la vera vincitrice della rivoluzione che ha messo
in pratica gli ideali di libertà e progresso. Grazie a questo di film ha potuto
raccontare quello che ha vissuto una bambina poi donna in un paese così
maschilista e non di ampie vedute come l’Iran. In ultima analisi questa
storia è una rivendicazione della figura della donna.
Chiara Carnago IVC ling
Vi proponiamo una
serie di citazioni. Sapreste indovinare da quale film sono state
tratte?
1. 'Siamo i figli di mezzo della storia. Non
abbiamo nè uno scopo nè un posto. Non
abbiamo nè la grande guerra nè la grande
depressione. La nostra grande guerra è
quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita.'
2. 'C'era un uomo che si masturbava così
tanto che finì per innamorarsi della sua
stessa mano'
3. 'Ti darò la scelta che a me non fu mai
data'
4. 'Dopo che saltai, mi venne in mente che
la vita è perfetta. La vita è il massimo,
piena di magia, bellezza, opportunità, e
televisione. E sorprese... un sacco di sorprese, sì. E poi viene il meglio naturalmente. Migliore di qualunque cosa chiunque abbia mai costruito, perché è reale!'
5. 'Il mondo è cambiato perchè tu sei fatto
d’avorio e d’oro. La curva delle tue labbra riscrive la storia.'
6. 'Tu non conosci il meraviglioso mondo
delle teenagers, sono completamente
matte. Veramente non so che succede alle
ragazze a una certa età! Si sviluppano
queste ghiandole, si arrotondano e poi,
poff... diventano matte!'
7. 'E d'un tratto capii che il pensare e' per
gli stupidi, mentre i cervelluti si affidano
all'ispirazione
8. 'Tu non conoscerai mai il dolore di
un'uomo che torna a casa da solo... ma
ricorda: il dolce non e' mai cosi' dolce se
non hai mai provato l'amaro.'
SOLUZIONI
1 Fight club.
2 Morì con un felafel in mano.
3 Intervista col vampiro.
4 The million dollar hotel.
5 Velvet goldmine.
6 Edward mani di forbice.
7 Arancia meccanica.
8 Vanilla sky.
Pagina 12
Mark Renton, giovane eroino- mane e voce narrante del
film, e i suoi amici vivono alla giornata in una zona suburbana di Edimburgo tra droga, furti, sesso e sballo.
Il gruppo di amici di Renton è composto da:
Begbie, alcolizzato, psicopatico e incline alla rissa, Sick
boy, in grado di tenere sottocontrollo la sua dipendenza dall’eroina e ossessionato da Sean Connery, l’inoffensivo
Spud, eroinomane anche lui e infine Tommy, sportivo e
unico a rifiutare(forse) la dipendenza dall’eroina.
Un giorno dopo l’ennesima dose, Renton decide di disintossicarsi senza successo e dopo altri tentativi fallimentari,
decide di ritornare all’eroina finché non finisce in overdose.
Ad un passo dalla morte, i genitori di Renton decidono di
chiuderlo nella sua stanza per disintossicarlo una volta per
tutte. Dopo una difficile disintossicazione, per Renton sembra essere cominciata una nuova vita: lontano dagli amici di
un tempo, finalmente ha un lavoro a Londra, un’appartamento e, soprattutto, niente eroina, finché un giorno alla sua
si ripresenta Begbie...
Film diretto da Danny Boyle(regista del recente “The millionaire”) e tratto dall’omonimo libro di Welsh Irvine, questo film va a scavare in un mondo dove i protagonisti si abbandonano a un’inerte autodistruzione, attraverso il punto di
vista dei drogati . E’ un film che mescola drammaticità a
elementi tipici della commedia nera e che ci presenta degli
antieroi che inevitabilmente suscitano nello spettatore simpatia e pena, più che orrore e paura.
In un’ambientazione tutt’altro che idilliaca, Renton
Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 7 Dicembre
2007, il film-cartone animato della Walt Disney Pictures “Come d'incanto”, per grandi e piccini, è stato
candidato a 3 oscar per la migliore canzone originale
e per 2 Golden Globe.
Si tratta di una perfetta “revisione” di tutti i classici
Disney; tornano, infatti, il topòs della mela che
ritroviamo in Biancaneve, della scarpetta di Cenerentola,
della pizzeria di Lilli e il vagabondo, etc,..
Giselle (Amy Adams), una giovane bella e “canterina”, vive
nella foresta del regno di Andalasia in attesa del bacio del
vero amore, quando un giorno, per caso, il Principe Edward
(interpretato da James Marsden) a caccia di trolls (attività
ingegnata dalla matrigna, la Regina Narissa, per tenerlo
lontano dalle fanciulle del regno, poichè teme la detronizzazione) udendo la voce della giovane se ne invaghisce e trovando in lei la perfetta regina la chiede in sposa.
Giselle, accompagnata dai suoi inseparabili amici, si sta
recando al palazzo per celebrare il matrimonio che la unirà
per sempre con il suo vero amore, quando all'improvviso la
regina Narissa, sotto le mentite spoglie di una dolce e gentile vecchietta, con la scusa di farle esprimere un desiderio
nel giorno più importante della sua vita, la catapulta “in un
posto dove nessuno vive felice e contento”.
Si troverà così sola e sperduta per le vie della caotica Manhattan, New York.
Edward e Pip (simpatico e coraggioso scoiattolo), però, non
si perderanno d'animo e abbandoneranno Andalusia e parti-
Pagina 13
(interpretato da un bravissimo Ewan McGregor allora sconosciuto) ci guida nei sobborghi di Edimburgo tra
squallidi appartamenti e le peggior latrine del
mondo, mostrandoci il disagio di una generazione
che
tende all’autodistruzione,per la quale “bucarsi” è
diventata la normalità.
La vicenda di Renton e dei suoi amici, ci viene raccontata
senza pregiudizi o falso
perbenismo, ma attraver- REGIA: Danny Boyle
so gli occhi di chi è caduto CAST: Ewan McGregor, Robert
nel baratro del droga e sa Carlyle, Jonny Lee Miller
che non sempre si riesce a ANNO: 1996
risalire, e che sa che an- NAZIONE: Gran Bretagna
che per chi ce l’ha fa l’integrazione nel mondo di chi ha scelto la vita non è semplice
(come Renton se ne renderà ben presto conto)
Il regista affronta queste tematiche attraverso un linguaggio
scarno e una regia minimalista , senza però renderlo banale;
al contrario, Boyle attraverso le sue scelte registiche è riuscito a rendere più realistico e più credi bile il mondo di
Renton e del suo gruppo, creando dei personaggi diversi,complicati, disperati, ma ognuno, a suo modo indimenticabile, e carismatico .
Infine, altro elemento non meno importante di questo film
sono le musiche: affascinanti e significative(Iggy pop,
Blur ,Underworld, Luo Reed per esempio) arricchiscono e
completano il film, contribuendone alla buona riuscita
Trainspotting non è un capolavoro, però rimane sicuramente
un buon film che vale la pena di vedere anche per conoscere
da vicino un mondo(quello della droga) attraverso lo sguardo di chi ci è davvero vissuto.
Flavia Camboni, IIIA cl
ranno alla ricerca di Giselle,
frattempo ha conosciuto Robert (Patrick
che
nel
Dempsey) ,un avvocato divorzista che l'aiuterà in attesa che
il suo promesso sposo giunga a riprendersela.
Tra i due però nascerà qualcosa di molto più profondo di
una semplice amicizia: l'amore.
Il suo modo di affrontare le diverse situazioni, fare del bene
al prossimo, agire con poca razionalità colpirà profondamente il gelo che avvolgeva il cuore di Robert che dopo
l'abbandono da parte della sua ex moglie, aveva imparato e
insegnato a sua figlia a non credere più nelle favole
(arriverà a regalare alla figlia un libro sulle donne più importanti del nostro tempo al posto delle fiabe).
Ad intralciare il tutto ci sarà il fedele servitore Nathaniel,
che insieme alla regina Narissa tenterà di uccidere Giselle,
la quale dimostrerà quanto l'amore sia la forza più potente
di ogni altra cosa, persino sulla stregoneria della Regina
Narissa.
Si conclude con il lieto fine: Giselle sposa Robert e aprono
un atelier a Manhattan, il Principe Edward sposa Nency
(fidanzata di Robert) nel Regno di Andalusia, Pip e Nathaniel diventano Due scrittori affermati.
Mariacarla Stefanino, IIIA spp
Si diploma nel 1990 in pianoforte al conservatorio di Perugia e nel 2001 in composizione al conservatorio di Milano. Si è laureato in filosofia
nel 1998. Grazie a Saturnino Celani si trasferisce
a Milano e raccoglie in un cd la propria produzione
pianistica. Jovanotti pubblica il primo album di Allevi, per pianoforte solo, 13 dita (1997). Che ha riscosso
un grande successo di critica. Con la sua attività di
pianista, Giovanni Allevi si esibisce in rassegne concertistiche di musica classica, e nei festival di musica
pop e jazz. Ha realizzato la colonna sonora del cortometraggio Venceremos. Nel 2004 Giovanni Allevi fa
un tour internazionale. Il 6 marzo 2005 si esibisce sul
palco del Blue Note di New York, dove registra due
sold-out. Esibizione molto criticata perchè non c’è
traccia del concerto sui media di lingua inglese. Infatti il concerto era organizzato in collaborazione con
l'Istituto italiano di cultura. E molti altri gruppi italiani hanno registrato lo stesso successo in altri locali
molto prestigiosi. La presenza al Blue Note, molto
pubblicizzata, fa da detonatore mediatico: in molti
pensano di non essersi accorti di avere in casa un
importante artista così dal marzo 2005 le presenze di
Allevi sulla stampa si moltiplicano, anche grazie ad
una campagna di marketing martellante. Sempre
nel 2005 si esibisce al Teatro Politeama di Palermo,
in una première della sua prima opera per pianoforte
e orchestra "Foglie di Beslan", con i 92 elementi dell'Orchestra Sinfonica Siciliana che gli ha commissionato la composizione. In seguito riceve due riconoscimenti: a Vienna il “Bosendorfer Artist” e nelle Marche il premio "Recanati Forever per la musica". Pubblica No concept . Nel 2006 vince il Premio Carosone
come miglior pianista dell'anno. Esce ufficialmente il
suo quarto album, Joy. Nel 2007
Joy
è
insignito del disco d’oro. Giovanni Allevi ha scritto
l'Inno delle Marche. Pubblica Allevilive. Nel dicembre
2007 è in tour con l'ensemble da camera dei Philharmonische Camerata Berlin. Nel 2008 è uscito il suo
quinto album, per pianoforte e orchestra, dal titolo
Evolution: è il primo album in cui Allevi non è solo a
suonare ma è accompagnato dall'orchestra: "I virtuosi
italiani". Ha tenuto il concerto di Natale presso l'aula
del Senato. È stato ospite del Festival di Sanremo.
Ha pubblicato le sue partiture e due libri. Nel 2009
sarà impegnato in tournée, in Italia, e all’estero. Nonostante il suo grande successo televisivo e commerciale, Allevi ha ricevuto giudizi molto negativi da alcuni grandi nomi della musica classica. Molti sostengono che il successo di Allevi sia un prodotto di un'abile operazione di marketing e non di una reale capacità di innovazione musicale che lui stesso rivendica.
In un'intervista, il violinista Uto Ughi ha definito
Allevi "un nano", le sue composizioni "musicalmente
risibili" e si è detto offeso dai riconoscimenti che ha
avuto. Lo hanno definito "inesistente" come direttore
d'orchestra e la sua musica "nè classica nè nuova".
Un sito svizzero ha scritto su di lui: “Scrive e suona
con mano leggera melodie che sono ben fatte e sono
perfette come rilassante passatempo serale, senza
essere noiose. Molti dei suoi pezzi trasmettono una
nonchalance tutta italiana e mettono di buon umore.”
Silvia Cattaneo, IIA ling
Il disco The dark side of moon (1973) costituisce una pietra miliare della
storia della musica moderna, in particolare del progressive rock, e molti lo
ritengono la migliore opera dei Pink Floyd.
Il disco propone le sonorità tipiche di questa band, caratterizzate da una grande innovazione e sperimentazione
sul piano sonoro: grande uso di sintetizzatori, di parlati, di rumori.
Sul piano testuale l'opera può essere considerata un concept album in quanto è presente un nucleo tematico fondamentale su cui si sviluppano tutti i testi. Tale nuclue è dato dal tema della natura dell'esperienza umana.
La prima traccia è suddivisa in due parti: la prima, Speak to me, è un collage di rumori che iniziano con un lungo
fade in del battito di un cuore, che si arricchisce in seguito di un gran numero di rumori e dialoghi, stando a significare gli istanti prima della nascita. I rumori si fanno sempre più invadenti, fino a culminare nel primo accordo della
traccia successiva, Breathe, che rappresenta la nascita vera e propria.
La seconda traccia, On the run, è anch'essa un collage di registrazioni, sintetizzatore, chitarra, con un tappeto
ritmico di batteria che simula il rumore di un treno: il tema di questo brano infatti è la paura di morire in un incidente in treno o in aereo, e il brano termina proprio con un aereo che precipita e un'esplosione.
Il disco prosegue con la terza traccia, Time; prima che cessi il suono dell'esplosione, si sentono suoni di sveglie,
pendoli e campanile che all'improvviso cominciano a suonare tutti insieme. Parte così la musica: iniziando con
una parte lenta ma molto ritmata e poi alternando parti rock dalle sonorità dure ad altre melodiche dalla tonalità
più soft, concludendo poi per reinnestarsi in un reprise di Breathe.
La quarta traccia, The great gig in the sky, tratta il tema della paura della morte. Il solo testo in questa canzone
sono due brevi frammenti di parlato, ma nel brano è presente uno dei piu bei assoli di vocalist della storia del rock.
[continua a pag seguente]
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Il disco prosegue con la celeberrima Money, che si caratterizza per un tempo in 7/4, piuttosto ritmato, aiutato in
questo da un loop ritmico di suoni di monete. Il testo è una ironica e feroce critica all'attaccamento al denaro
Tocca ora ad un brano, Us and them, lento, pacato, ripetitivo, quasi ipnotico, ma con un ritornello molto violento
ed emozionante. Il testo tratta dell'ingiustizia della guerra. Senza soluzione di continuità si passa poi ad Any colour you like, un lungo strumentale, a Brain damage, che costituisce musicalmente la risoluzione, e Eclipse, il
vero e proprio epilogo. Concludendo, questo è sicuramente un disco molto emozionante, che lascia col fiato sospeso fino alla fine!
Federico Picetti IC cl
I King Crimson furono probabil- mente il primo
vero e proprio gruppo di rock progressivo. Guidati dal
virtuoso ed intellettuale chitarrista Robert Fripp (anima
e corpo del gruppo ed unico membro ad essere presente
in tutti i cambi di formazione), i King Crimson vantano
una carriera colma di lavori di tutto rispetto, anche dopo il periodo d’oro del rock cosiddetto “classico”. I
Crimson, col loro disco d’esordio qui preso in esame,
gettarono le basi di un genere eccezionale e purtroppo
alquanto snobbato da buona parte della critica. Il progressive, che univa musica classica, jazz e rock con un
grande gusto per l’improvvisazione e l’utilizzo di strumenti estranei al rock (come i fiati o l’organo) trovò
un’ identità compiuta grazie ai King Crimson. Ma passiamo all’analisi del rivoluzionario e fondamentale esordio dei King Crimson, intitolato In the court of the
Crimson King, uscito nel 1969 per la Island. L’album si
compone di cinque lunghe composizioni, dominate
dalla chitarra di Fripp, dai fiati e dal mellotron
(particolare sintetizzatore che riproduce il suono degli
archi) di Ian McDonald. La sezione ritmica è composta
dal batterista Micheal Giles e dal bassista/cantante
Greg Lake (poi negli Emerson, Lake & Palmer), che
fanno da base incalzante e jazzistica per le improvvisazioni dei due leader. Particolare apporto fornisce Pete
Sinfield, paroliere ed “ispiratore” del gruppo, autore
dei bizzarri testi dell’album.
21st century schizoid man è il pezzo d’apertura dell’album: la canzone è uno dei migliori risultati del progrock tutto. Dopo alcuni secondi di strani rumori soffusi,
parte un attacco trionfale di chitarra e sassofono all’unisono; la voce distorta di Lake recita una delle tipiche
fantasie futuribili di Sinfield. Il pezzo si evolve in una
jam dalle venature jazz; particolare menzione merita
l’assolo di Fripp, caratterizzato dall’uso di note dilatate
e distorte a formare ardenti sciabolate ed arabeschi,
mostrando già quell’interesse approfondito per l’effetistica che il chitarrista svilupperà successivamente. Alla
conclusione dell’intermezzo di sax una sezione ad unisono ci porta verso l’ultima strofa del pezzo; il finale è
segnato da una collettiva esplosione rumorista degli
strumenti, che urlano furiosi come l’uomo impazzito
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della canzone e della famosa copertina del disco.
Dalle ceneri della conclusione emerge come una fenice
il flauto di Ian McDonald, dando il via al secondo pezzo del disco, I talk to the wind. Il canto sognante di Lake crea un’atmosfera rilassante, un’oasi in cui riposare
le orecchie; in sottofondo s’impone anche un lento incedere di batteria. L’assolo di flauto di McDonald suggella il pezzo, dandogli un sapore quasi rinascimentale.
Il rullante di Giles apre la strada ad Epitaph, culmine
emotivo dell’ album. La chitarra acustica apre la strada
contrappuntata dal mellotron distante; Lake incede lentamente, accompagnato inizialmente solo dalla batteria
e dal basso. Poi ecco ricomparire con struggenti fitte la
chitarra acustica, e le spire di mellotron avvolgono il
ritornello. I sintetizzatori, ora glaciali nella parte centrale del pezzo, ora tragici nelle strofe, affiancano la sei
corde; il mellotron diventa il corrispettivo rock dell’orchestra. Il testo è a parere di chi scrive il migliore dell’album, con la sua denuncia alla guerra ed ai potenti:
“Nessuno stenderà la corona d’alloro\ Quando il silenzio affoga le urla?”. Gli ultimi picchi di sintetizzatore
chiudono il pezzo. In Moonchild udiamo un Fripp dilatato e sognante; Lake descrive con delicatezza la danza
di una ninfa sotto la luna. Poi, a partire all’incirca dal
terzo minuto, abbiamo una lenta rincorsa tra mellotron
e chitarra che dura all’incirca 8 minuti; è un lungo carillion che si stempera a lungo, una ninna nanna lunare
e labirintica, forse un po’ troppo statica ma di grande
suggestione. Batteria e mellotron stendono un sinuoso
tappeto che introduce The court of the Crimson King,
altro grande capolavoro progressivo. I King Crimson si
vestono da menestrelli medievali e ci presentano uno
scenario magico ed antico, denotato da Sinfield con
giochi simbolici. Fripp lavora di ricamo all’acustica
mentre mellotron e synth collegano le varie parti della
canzone; dopo la terza strofa McDonald, pifferaio alla
corte del rock, ci regala un magnifico assolo di flauto.
Dopo la quarta strofa abbiamo un finale solo apparente;
ma il sintetizzatore ed un potente stacco di batteria danno il via ad un’ultima cascata di suoni insistente e straniante, quasi a negare la precedenti, eteree sezioni della
canzone. Si conclude così questo capolavoro, un viaggio all’inizio della storia del rock colto ed artigianale.
Giorgio Chiappa, VB ling
“Amore non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione.”
Saint-Exuperie
Cara Marie,
sono davvero nel mezzo di un grande problema! Da dieci mesi ormai sono insieme a un
ragazzo fantastico che amo molto e col quale mi trovo benissimo. Tutto andava bene con
lui finchè un po’ di tempo fa non ho conosciuto al mio corso di tennis B., un altro ragazzo che subito mi ha colpita per la sua spontaneità e per il suo carattere (e diciamolo anche un po’ per il fisico). C’è stata fin dall’inizio una grande complicità e intesa che è sempre più cresciuta e mi ha dato un po’ da pensare, anche perché lui è molto diverso dal
mio ragazzo.
Non sono mai stata il tipo di ragazza facile che flirta con tutti e non capisce quanto sia
importante quello che ha, anzi, non ho mai avuto occhi per nessun altro che per il mio
ragazzo, ma questo recente incontro mi ha spiazzata. Cosa mi è preso? Cosa dovrei fare
a questo punto? Come faccio a risolvere questo pesante dilemma?
Grazie!
Indecisa
Carissima Indecisa,
nel centro di quale amletico dilemma ti trovi! Non ti angustiare se mille dubbi ti assalgono d’un colpo o se ti salgono dal cuore al cervello mille quesiti. È più che normale. Ora
prova a immaginare: sei davanti a un tavolo imbandito delle più squisite prelibatezze e
sapendo che adori il pesce ti butti a capofitto sui gamberetti in salsa cocktail. Sono la
tua passione quei gamberetti, ne mangeresti a bizzeffe. A un certo punto nel tuo piatto
cade accidentalmente una succulenta e sanguigna fiorentina, la regina delle carni. Incuriosita la assaggi e scopri che ti piace davvero tantissimo. È un sapore molto diverso dai
gamberetti ma ti soddisfa comunque, forse perché è nuovo, è qualcosa che non hai mai
provato, o forse perché sotto sotto un po’ ti eri già stufata dei gamberi visto che prima
nient’altro del buffet ti attirava. A questo punto cosa fai? Non sarebbe una dieta equilibrata gamberetti e fiorentina insieme, quindi devi tristemente decidere.
L’onore della scelta è ovviamente tutto tuo, ma ti rimembro che dalla tua scelta dipenderà la delizia o la croce di un’altra persona. Devi rispondere a te stessa, cara. La carne ti
piace solo perché è un sapore nuovo? Sei sicura che col tempo non ti possa annoiare? O
forse è proprio il sapore che cercavi invano nel pesce? Di certo dovrai anche pensare
cosa del pesce ti piace così tanto da avertelo fatto mangiare per così tanto, magari senza
mangiarlo per un po’ il sapore fresco che aveva ti mancherà, ma allora sarà tardi per
ripescarlo. La situazione è ben ostica cara amica, ma sappi che più sarai sincera con te
stessa e con i due baldi giovani che hanno preso d’assedio il tuo cuore, più la decisione
si delineerà chiaramente e più sarà semplice rispondere al cruciale problema. Ti faccio
i miei migliori auguri, di cuore.
`tÜ|x
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zzi, III
Rita So
A cl
ORIZZONTALI
VERTICALI
1 Strumento ottico usato nei 1 Persona moderata nei modi
carri armati e sommergibili
2 Prefisso per vino
9 Adesso…per i romani
3 Frutto in piccole bacche a grappoli
11 Lo è una visione …da sogno4 Terza declinazione del verbo
12 Al centro del mare
5 Vasto altopiano della Calabria
13 Ambito premio
6 Sta per "conoscenza" nelle email
14 pari sulla schedina
7 Vocali..in rosa
16Genova
8 Melchiorre lo offri in dono a Gesù
17 Dio greco della medicina
Bambino
19 Loro
9 Ansia, tristezza
21 Né si né no
10 Quando ci si annoia non passano
22 La fine di Omero!
mai
23 Lo è un'ampia stanza
14 Articolo determinativo maschile
26 Ciò che è avvenuto prima singolare
31 Identifica l'automobile
15 Lo è chi riferisce ad altri
32 Vocali in ciò!
18 Tra il pomeriggio e la notte
33Può essere lordo, netto o
20 Ecogoniometro
morto
23 Opprime d'estate
35 Lago dell'Asia centrale
24 Andati
36 Frutti
25 Prefisso per orecchio
37 Né tue né sue
27 Un mezzo di trasporto urbano
39 Antichi progenitori
28 Lui
41 Insinua un dubbio
29Una fase del sonno
44 Sensazione che spinge a
30 risposta decisamente negativa
bere
33 Sfocia nell'Adriatico
47 Nota…"solenne"
34 La card del telefonino
48 Diminuito di lunghezza
36 La…testa di Pina
50 Può essere cranico, infanti- 38 Nasconde una trappola
le o psicologico
39 Particella indivisibile
51 Un genere di musica
40 Anello nuziale
52 Chiude le bottiglie
42 Caduta di una sillaba o vocale
53 Una malattia dei denti
alla fine della parola
55 Preposizione articolata
43 Un tipo di grosso pappagallo
56 Un fiume nel Lazio
45 Moneta unica ufficiale della Co57 Aria…poetica
munità economica europea prima
dell'euro
46 A noi
48 Mostri mitologici
49 Possono esserlo certe vette alpine
50 Spesso muoiono nell'arena
51 Il dio greco della foresta
52 Dispari in tali
seguenti numeri la lettera
53 Cagliari
54 Nel bel mezzo della cena
55 Aosta
Cosa significa “Fare l’Aristarco”?
Dopo aver risolto il cruciverba sostituisci ai
corrispondente:
2, 5, 5, 2, 3, 2
51, 3, 2, 6, 14, 5, 14, 5, 5, 14, 37, 14 e troverai la risposta!!!
(che poi, questa
parola dalle sonorità con gli
occhi a mandorla
è provvista di
plurale? Se sì,
come si declina?
Sudokus, con la
s British inside?
Sudoki, mandolino e pizza?
Sudokua, come
ogni neutro della
IV declinazione
in latino [in fondo è in –u]?)
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Grandi Aspirazioni: 26/03/09 Ditroit- Abusava
sessualmente dell’aspirapolvere di un autolavaggio automatico, il ventinovenne è stato
arrestato e condannato a 90 giorni di reclusione. Speriamo che almeno adesso le ardenti passioni dell’uomo siano state spazzate via.
Altro che fumetti…: 24/03/09 Bangkok- Un bambino di 8 anni autistico si è spaventato per
il primo giorno di lezioni e si è seduto su di un cornicione della scuola al terzo piano. A
trarre in salvo il piccolo è stato un pompiere travestitosi da Spider-man, mito del bimbo. Il
pompiere-eroe ha evitato magistralmente una situazione ragnosa, pardon, rognosa.
Accendi la tua serata: 2003 Italia- Diciannovenne sotto l’effetto di sostanze stupefacenti
chiede a dei carabinieri, non notando la divisa, di accendere uno spinello. Il giovane
ovviamente è stato arrestato.
Nazis-can: 2004 Berlino- Arrestato per apologia al nazismo, R.T. aveva addestrato il suo cane Adolf ad
alzare la zampa destra, chiaro riferimento al ben noto saluto. L’uomo, non pago, presentatosi al processo con tanto di baffetti e divisa nazista, ha tentato invano di rivendicare
la natura scherzosa della cosa.
Tommaso Conte IIIA spp
Rinsaviti dalla lavanda gastrica per il Pannino del mese scorso? Pronti ad aprire le vostre papille
gustative a sconfinate soglie di gusto e percezione? Trepidanti d’attesa per nuove
sconvolgenti rivelazioni culinarie? No? Citando un uomo politico del secolo scorso rinomato,essendo in ambito di prelibatezze, per la propria bocca(sarebbe me-
Pronti, con le mani linde e affiancati da una arzilla vecchina come
da copione per “la prova del cuoco”, manca solo la Clerici(ma non è che ne sentiamo la mancanza) ed ovviamente la ricetta, presto
detto eccola qua:
Tiramisùsolounpo’
Trattasi di una versione alleggerita(nei limiti del
possibile) in vista della prova costume del famoso
dolce noto per la sua capacità di brillare al buio
tanto è ricco di calorie.
-una confezione di savoiardi(ma van bene anche i
pavesini)
-250g di mascarpone
-250g di ricotta
-2-3 uova
-2 cucchiai di zucchero di canna
-una caffettiera da 6 di cafè già zuccherato
-cacao amaro in polvere
-un cucchiaino di marsala
Iniziate a preparare uno zabaione montando il
rosso delle uova con lo zucchero in una tazza, il
bianco buttatelo pure(io dico sempre: “lo lascio da
parte che chi faccio le meringhe o la frittata” e nel
giro di qualche tempo ne accumulo litri in frigo
che puntualmente elimino), aggiungete allo zabaione il cucchiaino di marsala che ne toglierà il
sapore di uovo, a questo punto versatelo in un
ampio recipiente e mescolatelo finché non otterrete un composto omogeneo con la ricotta e il mascarpone.
Stendete un primo strato di savoiardi sul fondo di
una terrina in vetro a base rettangolare coprendone tutta la superficie, il passo più delicato consiste nel intingere nel caffè, versato in un piatto
fondo, i biscotti prima di fare i vari strati. Il mio
consiglio è di dargli solo una velocissima pucciata
e poi versarne altro su i singoli biscotti, già posizionati, con un cucchiaino in modo da non renderli troppo asciutti ne troppo molli. Fatto il primo strato di biscotti intinti nel caffé, versateci
sopra un secondo strato di crema, composta da
zabaione, ricotta e mascarpone facendo in modo
di ricoprire interamente i savoiardi con uno o due
centimetri di crema. Stendete poi un terzo strato
di biscotti, sempre intinti nel caffè, poggiandoli
delicatamente sul secondo e ricoprite di nuovo il
tutto con uno strato di crema. A seconda delle
dimensioni della terrina potreste dover fare più o
meno strati finche non finisce la crema che dovrà
comporre l’ultimo strato(con una terrina di 20cmx30cm circa ci saranno 2 starti di biscotti e 3 di
crema).
Per concludere, sull’ultimo strato di crema, aiutandovi con un colino, spargete il cacao amaro.
Lasciate quindi riposare in frigo per qualche ora
anche se questo è un dolce che da il meglio dopo
un intera notte in frigo, ma in fondo chi resiste
tutto questo tempo?
Tommaso Conte IIIA spp
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Veronica e Silvietto sarebbero ancora una coppia felice se solo non avessero letto:
Ma non indulgiamo, non vorrei che il Ma,Però facesse la fine di ben più noti giornali, accusati di
complottiamo.
Quindi solerti e con il passo della tigre siberiana in fuga dall’estinzione possiamo iniziare:
Acquario: Tutti ti dicono di lasciarti andare, ma solo perché sei appeso ad un cornicione all’ottavo piano.
Leone: Il problema non è quando si ha una
donna come amico, ma un amico come donna.
Pesci: Ti senti un dio, sì, in un mondo di
L’impiccato: I dubbi vi terranno sulla
atei.
corda.
Ariete: Forse dovreste smetterla di bere, vi
hanno fatto le analisi del sangue e vi hanno
trovato i globuli rossi, i globuli bianchi e i
globuli rosè.
Bilancia: Ti basterà vederla/o da lontano
Toro: Ricorda, bugie hanno le gambe corte, le illusioni le tette finte.
Scorpione: Ti sei montato la testa, ma avevi
le istruzioni in svedese.
Gemelli: Ami te stesso, ma non sei contraccambiato.
Sagittario: Ti hanno messo la pulce nell’orecchio, ma era ancora attaccata al cane.
Cancro: Se uccideste qualcuno con un
manubrio da culturismo potreste essere
accusati di omicidio…col-peso.
Farò una cosa inusuale adesso, tanto in queste poche
righe che seguono l’Horroroscopo quanto nel giornalino.
Mi è capitato in questi giorni di leggere questo breve brano di Stefano Benni dal suo libro “Spiriti”, c'è molto poco da interpretare purtroppo.
per capire quanto era la sua bellezza, ti basterà vederla/o da lontano per capire quanto
hai aspettato, ti basterà vederla/o da vicino
per capire che da lontano non ci vedi più.
Capricorno: Siamo nelle mani di Dio, speriamo che non applauda(anche se effettivamente al mondo che ha creato, c’è poco d’applaudire)
Chi aveva idee, in quel paese, se le portava addosso da
solo, come una gerla, e le scambiava coi passanti. Per il
resto, lotte da città a città e da ducato a ducato, tenzoni
proporzionali e maggioritarie, fulmineo scorrere di risse e
insulti poi trasformabili in alleanze e bicamerali con bagno, promesse d’odio eterno ed eterni compromessi, e
poi referendi e tradimenti e rimpasti e ribollite e ribaltoni
e insulti alla storia, alle vittime, ai deboli.
Si demandava ai magistrati di giudicare quello che spetta
a ogni coscienza civile: se ai potenti sia concesso qualsiasi reato e delitto. Sì, era la risposta, e ogni dignitoso sogno aveva abbandonato le anime di quel popolo, lasciandoli lieti di affidare la loro libertà a gangster e mafiosi, e
sentirla minacciata dal mendicante all’angolo.
La loro indignazione aveva respiro meno che settimanale, e durava più per un rigore non concesso che per un
delitto non svelato. Sì, senza coscienza civile, senza storia, senza giustizia, la vita in quel paese aveva il lento
scorrere di un funerale."
"Il paese esprime sempre una volontà di cambiamento, e
questa è la miglior garanzia dell’immutabilità politica.
Basta non cambiare mai, di modo che il popolo possa
continuare a esprimere la sua volontà di cambiamento.
Perciò in Usitalia si era deciso che tutti dovessero assomigliarsi, virtuosi e gangster, modernisti e passatisti, moderati e moderisti.
Decine di facce promettevano, incominciavano, interrompevano, ribadivano le solite cose, dentro e fuori gli
schermi, e in quel rutilante scorrere di nulla ogni cittadino trovava le sue ragioni e subito le dimenticava, e gli
restava dentro solo l’eco di un disagio rabbioso. Così il
Reame del Gangster Catodico e dei suoi maggiordomi
neri e rosa, sembrava volere le stesse cose del Misterioso Dopo una descrizione così tristemente illuminante non
Grande Centro o del Monastero dei Beati Progressisti, vedo parole da aggiungere. Quindi ci si risente nel prossiidentiche erano le orazioni, i rosari e le parolacce, identi- mo numero.
ca la miseria di idee e la sudditanza ai forti.
Tommaso Conte IIIA spp
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Numero 5 - Altervista