IL NUOVO www.mappysq.altervista.org Periodico del liceo Quasimodo fondato nell’a.s. 1991/92 — anno XVII numero 5 Le dinamiche della catastrofe Quando la terra scrolla le spalle L’ASSENZA Mi piego al balcone. Abbandono la gota sopra la ringhiera. E non sono triste. Non sono più triste. Ritorna stasera. E intorno declina l'estate. E sopra un geranio vermiglio, fremendo le ali caudate si libra un enorme Papilio... L'azzurro infinito del giorno è come seta ben tesa; ma sulla serena distesa la luna già pensa al ritorno. Lo stagno risplende. Si tace la rana. Ma guizza un bagliore d'acceso smeraldo, di brace azzurra: il martin pescatore... E non son triste. Ma sono stupito se guardo il giardino... stupito di che? non mi sono sentito mai tanto bambino... Stupito di che? Delle cose. I fiori mi paiono strani: Ci sono pur sempre le rose, ci sono pur sempre i gerani... Guido Gozzano, I Colloqui, 1911 pagine 3-4 COMENIUS: From Turkey with love Un bacio. Ed è lungi. Dispare giù in fondo, là dove si perde la strada boschiva, che pare un gran corridoio nel verde. Risalgo qui dove dianzi vestiva il bell'abito grigio: rivedo l'uncino, i romanzi ed ogni sottile vestigio... L’arte del silenzio calpestato a pagina 5 IL QUASIMODO IN ASSEMBLEA pagine 14-15 PAROLE IN LIBERTA’ pagine 7-8-9 La posta del cuore a pagina 5 Persepo lis Come d’incanto Trainsp otting pagine 12- 13 a pagina 16 http://www.unavignettadipv.it E la primavera, finalmente, è arrivata davvero. Nella sua indifferenza, ha ignorato la crisi economica, ha ignorato i terremoti, ha ignorato i morti per sbaglio e anche quelli voluti. Se ne è sbattuta dell’umanità nel suo complesso, nel suo generale tirare avanti, e pure dei singoli. Così non importa che si fosse dell’umore giusto per riceverla o meno: ora l’aria è tiepida e carica di profumi densi, di sambuco e robinie, ma così spessa e così piena da sembrare gravida. Sa di promessa. In questo esplodere di verde si va, magari un po’persi a seguire i ricami che i batuffoli dei pioppi sussurrano nell’aria; magari un po’ confusi, magari un po’ assonnati, magari perfino malinconici. Ma la brezza limpida parla d’estate e, in fondo, oggi vorremmo solo pensieri allagati di luce. Quasi ci siamo, cari quasimandi, non manca molto. Tra un mese, al massimo due, sarà tutto finito, e leggero, e libero; ci siamo quasi, all’azzurro e al sole sulla pelle. Ultimi sforzi, quindi. Con questa stanchezza cosmica che però è dignitosissima, sul serio, è quasi un’ombra d’oro che circonda le facce tese tese e le unghie divorate per l’agitazione; maggio che si intrufola dalla finestra aperta e accarezza i capelli, invita ad uscire. “Non ora, non posso… aspetta che sia finita la scuola”. Così si chiede al tempo di attendere, sapendo che certo non è possibile; ma intanto sognando già vacanze, già ore vuote e spensierate come una risata. Ci siamo quasi, questa volta senza inganni. Vorremmo pace, un minimo di tregua magari; e invece no, è il rash finale, è la corsa di un giocatore di rugby verso la meta; davanti un ginepraio irto di spine, e difficoltà ma sottili, vacue; poco oltre, infatti, si intravede l’arrivo. Per cui stringiamo i denti e ci lanciamo in avanti, facendoci piccoli piccoli per prendere meno colpi possibile, per non fare attrito con le cose; rotolando, ruzzolando, striscian- do,… magari senza due denti e con un occhio gonfio, non importa, adesso andiamo a testa bassa come buoi, ci consoleremo nel poi. E’ ridicolo tutto, ormai, al limite del patetico: i voti, le interrogazioni, i predicozzi dei prof… basta, pietà di noi, pietà, giuriamo di togliere il disturbo appena possibile. Volo libero di sogni distratti, vacanzieri, costretti in un contesto che ancora esige impegno; sopravviveremo, io credo, a tutto. Siamo troppo sfiancati per sentir male, e tanto meglio così, adesso, quando ogni sguardo è di fastidio ed affetto insieme, impazienza d’andare e paura di perdere qualcosa, di dimenticarla in un presente che, prestissimo, appassirà in passato. Come al solito eccoci qui, a lamentarci dei kilometri di strada da fare, a lagnarci del caldo, della polvere, dello stress… eppure intenti a raccogliere fiori, fiori ovunque di campo e amicizie e ricordi da mettere a seccare nel diario. Giorni monumentali, insomma, come un poema di eroi e passioni. Giorni epici, maestosi di quell’impresa solita e brulicante di voci sommesse che è vivere. Siamo solenni, non fiacchi. Regali, non lenti. Che bisogno ha un cavaliere di nascondere la fatica di un’impresa titanica? Indossando le T-shirt quasi fossero cappe di ermellino, ci si inginocchia, per allacciarsi una scarpa, come Orlando di fronte al suo re. Rita Sozzi &Matteo Zennaro, IIIA cl A.A.A. Ai Fati piacendo, se così le Parche avranno filato, riusciremo ad uscire con un altro numero, a Giugno. Vorremmo in particolare dedicarlo alle “classi terminali” (sì, la toccatina scaramantica è concessa): spazio ai saluti, ai ricordi, alle impressioni ed alle riflessioni di chi sta per “salpare ad altri liti”. Scriveteci!!! Redazione Direttori: Rita Sozzi IIIA cl, Matteo Zennaro IIIA cl Vicedirettori: Tommaso Conte IIIA spp, Serena Previderè IB cl Redattori: Cecilia Ascoli IIA cl, Elisa Baitelli, Isabella Bezzera IIIB cl, Miriam Bovio IA cl, Silvia Cattaneo IIA ling, Giorgio Chiappa VB ling, Francesco Dodi IVD ling, Martina Felisatti, Francesca Girotti IB cl, Sara Lombardi, Valeria Meneghello IIA cl, Federico Picetti IC cl, Martina Radice IB cl, Mariacarla Stefanino IIIA spp, Nicolas IIIA spp Docente referente: prof.ssa Ornella Maltagliati Impaginazione e grafica: Rita Sozzi IIIA cl, Matteo Zennaro IIIA cl Pagina 2 30 secondi. 30 brevissimi e interminabili secondi di terrore il 6 aprile scorso hanno sconvolto tutta l'Italia. La terra ha tremato e a pagarne il prezzo sono le vittime, tante, troppe e con loro i sopravvissuti. 30 secondi di terremoto magnitudo 5.8 della scala Richter con un epicentro a dieci km dall'Aquila; ma non era la fine, al contrario, era solo l'inizio. Inizio di una serie di scosse di assestamento, del conteggio dei morti, della ricerca dei dispersi. Bastano 30 secondi. Poco importa ormai che si alzino voci di protesta, poco importano i “Io l'avevo detto” e le case non a norma. Ormai 298 persone sono morte. I sommersi e i salvati, senza un motivo senza un perché. E proprio i sopravvissuti, senza certezze e con l'angoscia nel cuore cercano di ricominciare. Si riaprono le scuole, si pensa al futuro, ci si fa forza come si può, con l'aiuto reciproco, con la mano tesa. Ma con tante domande nel cuore e una sopra le altre: perché? Che sia forse un monito della terra a quest'umanità che troppo vuole? L'uomo con tutte le tecnologie più avanzate é vittima inerme della terra. E questo fa paura a tutti noi, vogliamo decidere come e quando vivere, vogliamo essere padroni del nostro destino. A questo punto possiamo abbandonarci allo sconforto oppure darci a una Mission Impossible degna di Tom Cruise: sperare. Sperare che il futuro sarà migliore, che siamo fragili ma non soli. E in queste occasioni vediamo come il bene, quello con la B maiuscola fatto di persone in carne ed ossa esista davvero. Si nasconde bene, ma c'è, perché, in fondo, siamo solo piccoli uomini, ma capaci di cose grandi. Cecilia Ascoli, IIA cl Annuncio choc nell’abituale conferenza stampapasserella mediatica del governo in Abruzzo. Ecco le parole di Berlusconi: “C’è una novità: il complesso della Maddalena resterà in grado di ospitare qualunque evento in futuro. C’era una spesa di 220 milioni preventivata per il G8. E dato che in Italia si è dato vita ad una polemica sulla data del referendum, con accuse alla Lega Nord… e la cifra era intorno ai 50 milioni, ci siamo domandati: perché non dare 220 milioni in più per la ricostruzione dell’Abruzzo? Abbiamo questo complesso, dove siamo, che può accogliere capi di stato e di governo, giornalisti… Dal punto di vista della sicurezza, i no global non avranno la voglia la faccia e il cuore di fare manifestazioni dure in una zona colpita da terremoto. La Maddalena era troppo bella, sarebbe stato un G8 non consono al momento di crisi economica. Abbiamo pensato ad una gestione più sobria qui in Abruzzo, sviluppando attenzione per la Regione nei 21 capi di stato e di governo che saranno qui che potranno verificare di persona i monumenti che gli stati stranieri hanno adottato per la ristrutturazione. Secondo me qui tutto può funzionare benissimo, e per la Protezione civile è altrettanto. Il Cdm ha accolto la mia proposta di spostare il G8 da La Maddalena a L’Aquila”. Quanto alla Maddalena, “Obama mi ha scritto per poter svolgere un summit sull’ambiente del G8″ sull’isola sarda”. Stupefacente, viene da dirsi. I sindacati e i partiti di opposizione saranno già sul piede di guerra per impedire che l’inutile carrozzone del G8, un’evidente occasione per un potere abusivo di esibire se stesso dinanzi al mondo, vada ad intralciare, inevitabilmente, i lavori di ricostruzione. Distraendo risorse e forze, e Pagina 3 aggiungendo disagi ad una popolazione già soggetta ad un’enorme sofferenza. Infatti, ecco prontamente le parole di Franceschini, il piccolo leader del più grande partito di opposizione (?): “Capisco che la scelta è molto simbolica e capisco pure che contribuirebbe a tenere accesa l’attenzione sull’Abruzzo - ha detto Dario Franceschini - spero che il governo valuti le conseguenze e che trasferire il G8 a L’Aquila non ostacoli né intralci l’esigenza di superare l’emergenza e di iniziare la ricostruzione”. Ovvero una sostanziale approvazione. Penso che non ci sia bisogno di dilungarsi nel sottolineare come questa scelta non tenga in alcun conto gli interessi e le urgenze delle popolazioni terremotate, che di tutto hanno bisogno meno che di veder tramutare le macerie che hanno sepolto i loro cari in un set hollywoodiano sul quale mandare in onda il triste spettacolo dei soliti otto leader che decidono le sorti di sei miliardi di persone, secondo gli interessacci loro. Quegli interessi per i quali si può mettere la sabbia di mare nell’amalgama per il cemento armato, ed usare una parte dei soldi rubati in questo modo per ungere la politica affinché non controlli. Quegli interessi che fanno tutti felici, fino alla prossima scossa. Lo scopo è risparmiare? Fatelo in videoconferenza, il summit, fatelo su Skype! O meglio ancora, non fatelo proprio, visto che non sta scritto da nessuna parte che questi otto crani siano delegati a decidere per gli altri sei miliardi eccetera. Insomma, al solito. Insomma, che schifo. Anonimo del Conato naia di persone, ed è la Pasqua vera; resta in piedi una casa in cui si trovava una statua della Vergine di Lourdes (notizia “il Signore ha voluto che in questa settimana santa, in qualche riportata da L’Avvenire), ed è il miracolo. Cos’è, ci sono promodo anche loro partecipassero, diciamo così, alla sofferenza blemi tra Madre e Figlio? e alla sua passione…. Leggere i misteri di Dio è sempre molto Insomma, sempre tesa a cercare la risposta giusta da sfoderare difficile … in questa tragedia vogliamo vedere qualcosa di al momento opportuno, quando il pathos è più alto, quando le positivo, in fondo il Signore quando ci fa partecipare delle sue lacrime sono ancora calde, anche la Chiesa non ha fatto una gran bella figura. sofferenze è perché vuol farci anche partecipare della gloria della sua resurrezioLa decisione cristiana di Poi, per carità, chi vuole credere a questo misteriosissimo Dio che abbatte e sconquassa ne”. trovare il mondo brutto e per una felicità promessa, faccia. Io, personalOvviamente, ognuno ha da dire la propria cattivo, ha reso brutto e cat- mente, vedo solo un dolore immenso che è, al in merito. Ovviamente, anche la Chiesa; tivo il mondo. contrario, tangibile e presente ed oggettivo, e, questa volta, la voce è quella di Livio (Nietzsche, La gaia scienza) qui, adesso. Sarebbe gentile da parte degli Fanzaga, il direttore di Radio Maria, in emissari di Cristo, se per una volta, anche loro diretta radiofonica. aprissero gli occhi, oltre alla bocca. Allora io mi chiedo, con tutto il rispetto di cui sono capace, come si possa; come si possa essere così egoisti, così privi di “Natura: Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per sensibilità, così chiusi nel piccolo cerchio di sale e fede che a causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle tutto trova risposte, da non rispettare, quel minimo, il dolore di operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenquesta tragedia. Come si possa essere così disumani, così sordi. zione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità. Così opportunisti, così viscidi da sfruttare ogni occasione, an- Quando io vi offendo in qualunque modo e con qualsiasi mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinache la più catastrofica, per tirare acqua al proprio mulino. Certo, non sarebbe religione se non tentasse di consolare dalla riamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fragilità dell’uomo, che è polvere; illudiamoci, speriamo, con- fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali fortiamoci all’idea di salvezze future, e vite oltre la vita… ma azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvela morte, almeno quella, tentiamo di non candirla. Ancor peggiore è il modo sordido con cui ogni avvenimento, drei.” (Dialogo della Natura e di un Islandese, G. Leopardi, dal più felice al più disperato, viene sfruttato; muoiono centi- Operette morali) Rita Sozzi, IIIA cl “Ascolti record in tutte le edizioni del TG1 nella giornata del paladini del santo Vero, votati alla diffusione limpida delle terremoto in Abruzzo. Il TG1 ha registrato uno share intorno notizie? Credevate davvero che le parole e le inquadrature in al 30% nelle edizioni delle 6,30, delle 7,00 e delle 8,00 con un cerca di drammi e patetismo autoindotto fossero sinceri, sentipicco del 43,1% nell'edizione delle 9,30. La straordinaria delle ti? Illusi! 11,00, durata oltre un'ora, ha realizzato uno share del 33%. Personalmente sono grata a chi, con magistrale mancanza di Nell'edizione delle 13,30 il 32,4% con 5 virgola 7 milioni di tatto (quasi peggio di Sua Santità…) e nell’apoteosi dell’antiascoltatori. La straordinaria dalle 15,00 alle 16,00 ha avuto humanitas, ha snocciolato gongolando i record di ascolti del un ascolto del 21%. L'edizione principale delle 20,00 si è con- tg1. Per una volta, almeno, sono stati sinceri. Onesti nel comufermata leader dell'informazione, con uno share nicarci con quale spirito, con quali intenzioni, con del 33,9% e con un ascolto medio di 8 punto 7 TV: Pornografia quali occhi guardano alle notizie; tanto più qualora milioni di ascoltatori e picchi di quasi 10 miliosi tratti di tragedie di vasta portata, che coinvolgonecrofila ni…” no, che fan sfrigolare gli auditel. Aggiungo anche che, finalmente, son cadute tutte le maschere E siccome delle centinaia di vittime, della regione in macerie, del caso, i buonismi posticci e le filanthropie di plastica. non ce ne frega proprio nulla, ebbene, ecco che il tg1, nell’edi- Ora è palese: questo non è giornalismo. Questo è stupro di zione delle 13:30 del 7 Aprile, si compiace dello share e dell’- cadavere. E’ pornografia necrofila. audience ottenuta grazie ai servizi ed agli speciali sul terremo- E voi, se ancora, nonostante tutto, continuate a seguire questa to. Per 1 minuto e otto secondi, forbendosi i baffi e con gusto. oscenità, magari fingendo pure disgusto, altro non fate che Molti, moltissimi, han trovato questo sciacallaggio mediatico masturbarvi. Il mondo non è un peep show. Vergogna. di cattivo gusto. Si poteva quantomeno evitare, dicono i più, con aria contrariata da buoni samaritani. (Un consiglio. Per una sera, anche una soltanto, piuttosto che Signori miei, ve ne accorgete soltanto adesso? Alla buon’ora! rimbecillirvi al cicaleggiare della tv, che rende tutto un appasCredevate forse che una briciola, anche la più insignificante, sionante reality per guardoni, leggetevi La ginestra, di Leopardel gran banchetto dell’“informazione” che ci propinano i gior- di) nalisti fosse degna di tale nome? Credevate che fossero tutti Rita Sozzi, IIIA cl Pagina 4 Milano Istanbul Istanbul… Antalya! Sei giorni in Turchia, non nella Turchia dei villaggi turistici e degli hotel di lusso, ma ospiti di ragazze e ragazzi e delle loro famiglie, nelle loro case, seguendo i loro ritmi, le loro giornate, il loro cibo, le loro usanze. Questo ci ha offerto la tappa di Aprile del progetto Comenius, che prosegue ormai dall’anno scorso e ha messo in comunicazione studenti della nostra scuola con quelli di un istituto spagnolo e di uno turco. Il meeting appena concluso si è quindi svolto in Turchia, nel sud dell’Anatolia, regione splendida per il clima, il mare e la cultura. Qui si vede l’infinita mescolanza alla base della Turchia, qui si vedono culture diversissime sfumare l’una dentro l’altra, fondersi e confondersi, rispettarsi e amalgamarsi. Qui quelli che chiamiamo Oriente e Occidente si toccano e l’impressione, ripensando al viaggio, è proprio quella di essere stati in una sorta di terra di confine. Ma non è questa l’impressione che invece si avvertiva là, dove questa sintesi di culture diverse appare così limpidamente naturale, così ordinaria, da non suscitare alcun senso di stranezza; al massimo meraviglia. Tra il verde delle pinete sorge una città moderna, un agglomerato di palazzoni, che nasconde al suo interno un centro di viuzze strette e sporche, antiche e stupende; a pochi metri da un mare blu-luce, da quell’acqua limpida e intensa, la bassa macchia mediterranea si dirada mentre la terra si alza in montagne – le montagne del Tauro – che superano i duemila metri; dagli squarci nelle mura antiche di un teatro romano si vede, lontana, una moschea; sembra la terra del molte- plice, della contraddizione. Invece è, semplicemente, la Turchia. Troppo lungo enumerare i posti visitati, i resti delle antiche città e dei loro teatri, Demre, Side, Aspendos, le rovine sommerse di Kekova, sopra alle quali abbiamo fatto il bagno, le stradine dei paesi di mare, il tempio d’Apollo in riva al mare, le cascate… E come non menzionare la festa dell’Indipendenza della Turchia, celebrata nella scuola che ci ospitava con una cerimonia incredibile? E come non ricordare lo spettacolo dei nostri giovani ospiti, una lirica e immaginifica descrizione dell’Anatolia? E come non ricordare le risate, gli sguardi perplessi davanti a usanze tanto diverse dalle nostre, davanti a cibi che per poco non prendevano fuoco autocomburendosi, o la prima volta che ci hanno presentato l’Ayran, la loro bevanda a cui poi siamo diventati ‘addicted’, o tutte le volte che ci siamo ustionati la lingua con il loro tè bollente, o la lettura del futuro nei fondi di caffè, con tutto quello che ha comportato? Come non ricordare con affetto e un po’ di nostalgia la caldissima accoglienza che ci hanno riservato le famiglie dei nostri corrispondenti, il loro tentativo di metterci a nostro agio in ogni modo possibile e immaginabile, nonostante i problemi di comunicazione? Per questa che è stata di sicuro un’esperienza indimenticabile, non dobbiamo fare altro che dire un immenso grazie alle professoresse Angiolini e Maltagliati, un grazie per averci portati (uno per averci riportati indietro), un grazie per aver riso con noi, uno per aver condiviso la meraviglia e le perplessità e uno per tutto quello che abbiamo dimenticato di citare. Matteo Zennaro, IIIA cl Magenta Anche quest’anno l’Amministrazione Comunale ripropone la rassegna di giovani attori “Teatrando – Laboratori allo scoperto” giunta alla sesta edizione e oramai consolidata tradizione. La proposta dei laboratori teatrali è sempre stata fonte di stupore per le potenzialità che permette di intravedere nei nostri giovani. Nell’edizione di quest’anno saranno inseriti alcuni momenti trasversali ai vari laboratori con incontri e confronti con altre esperienze teatrali, dalla celebre compagnia ai gruppi amatoriali del territorio. L’ingresso è libero Programma: 20 maggio, ore 21 – Indovina chi viene a cena stasera… Aspettando la Cantatrice Calva 24 maggio, ore 21 – Macbeth, stregate ambizioni 26 maggio ore 21 – Ma lo sai dove vivi? Tutto quello che avreste voluto sapere sulla città, ma non avete mai osato chiedere. 27 maggio, ore 18 – Un viaggio per tutti, tutti per un viaggio... ad Amsterdam! 28 maggio, ore 21 – Notte di blues 29 maggio, ore 21 – Voci e inchiostro. Mille storie per una vita 3 giugno, ore 14:30 – Il convivio dei teatrandi Pagina 5 Se gennaio e luglio sono i mesi delle svendite e dello shopping sfrenato, dell’assalto ai negozi per la camicia o le scarpe, su cui abbiamo consumato gli occhi per tanto tempo, finalmente in saldo, maggio e giugno sono i mesi dell’assalto alla media del 6, per evitare la scocciatura dei debiti che ti perseguita per tutta l’estate, o, per i più ambiziosi, l’ardua conquista di una media alta, che ripaghi tutti gli sforzi e i sacrifici di un anno. E allora 3..2…1.. GO: via a leccare i prof nel modo più subdolo e spudorato, con un’ipocrisia di dimensioni titaniche, via ad elaborare i piani più meschini in missione CCC (copiatura compiti in classe), via a stringere la cinghia e a rimboccarsi le maniche, a salutare le ultime diotrie che ore ed ore di studio non avevano ancora fagocitato. Insomma, ognuno come può, ognuno coi suoi mezzi, come la sua testa gli suggerisce, secondo gradi più o meno alti di onestà, si piglia.. cosa? Un numero. Niente di meno che un banalissimo, infelicissimo numero. Tutto qua? Tanta fatica, tanto sgomitare per un numero? Sorge spontanea la domanda: ma ne vale davvero la pena? E dal momento che siamo gente magari non geniale, ma con un briciolo di cervello, non possiamo che rispondere: no. Capiamo tutti che, di fronte ad un banalissimo numero, è molto più appagante un drink con gli amici al sabato sera, una notte in disco, un week end al mare, o sugli sci. Per cui, una volta che il 6 ti tiene a galla, perché sbattersi tanto? Perché rodersi il fegato per quella che ha avuto un voto più alto del tuo, anche se tu, oggettivamente, te lo meritavi cento volte di più, o per quella che ha copiato una verifica per intero e si è beccata un voto stellare studiando un ca***o, di fronte al tuo pallido voticino per il quale ti sei ammazzato? Allora brandisci i libri e vorresti buttarli tutti con gusto fuori dalla finestra, o farci un bellissimo e sfavillante falò! E ti trattieni solo perché potresti colpire un malcapitato passante, o perché S Antonio cade solo il 17 gennaio, e al di là di quel giorno non si possono appiccare fuochi (per quanto giusta sia la causa). Ma poi il libro si apre a caso, su di una pagina del Principe, su di una lirica di Leopardi, su di una terzina di Dante, sulla Pietà di Michelangelo, su Amore e Psiche di Canova, sull’ Edipo Re di Sofocle, e ti si spalanca un panorama di tutt’altra consistenza, e respiri, finalmente respiri, a pieni polmoni un’aria tutta nuova, diversa, più fresca, più libera, nella quale l’istinto ti porta a spiegare ali che nemmeno credevi di avere, e nell’iride dei tuoi occhi si riverberano cieli zaffiro, nelle pupille si riflette l’infinito. È allora che ti accorgi di quanta miseria ci sia dentro quei numeri, che hanno la presunzione di misurare il genio, le capacità, le competenze, quando questi hanno ben più alte vie per manifestarsi. Al diavolo i numeri, al diavolo questo freddo e rigido sistema, che nella sua staticità, venduta per serietà, uccide la passione, la creatività, riducendole ad affannosa conquista di un numero, oscurando tutta la bellezza della sofia, del sapere, della conoscenza, che non può vivere d’inchiostro sulla carta dei libretti, ma, nutrita d’ emozione, vive dentro di noi. Siamo liberi di scegliere quello per cui ci battiamo (e ci sbattiamo), e, in virtù di questo, sta a noi decidere: sono davvero i numeri la nostra meta? O forse ci volgiamo a più luminosi orizzonti? Veronica Scazzosi, IIA cl “Siete una classe che soffre di ansia da prestazione”, “Siete troppo attaccati al voto” si lagnano i prof con le solite parole di sempre. Già, vero. Lo ammetto, vostro onore, sono colpevole. Di tutte le accuse, ansia, attaccamento al voto, pignoleria, secchionaggine, tutto. Desidero la media scintillante, esorbitante, eccessiva, stratosferica. Concupisco bramosamente il giudizio ottimo, e deve essere eccellente, altrimenti non esiste… altrimenti non esisto. E copio, e scrivo bigliettini anche, trovo le peggiori subdole scappatoie, lecco piedi (diciamo così) m’arruffiano. Perché voglio il voto alto. Null’altro che un numero; e pensate quante ore, quanta energia mentale, quante preoccupazioni per una piccolezza tale. Che spreco immenso di tempo, di vita. Me ne rendo conto benissimo, non crediate; pensate mi piaccia? Pensate mi diverta a vivere con tanta angoscia il giudizio, la valutazione mera? Pensate sia appagante rendersi conto di come tutto sia poi ridicolo, in questo prendersela per cose di nessun conto? Ma soprattutto: siete convinti che noi abbiamo deciso, volontariamente, un bel giorno, di essere così? “Da domani mi tormento per la media, e mi massacro per avere un libretto sfavillante”. No, non funziona in questo modo. Molto, io credo invece, deriva dall’educazione che abbiamo ricevuto, nonché dall’ambiente che ci ha condizionati. Checchè se ne dica, ci sono ancora ragazzi che han voglia di imparare (e non parlo di insegnamenti nozionistici, ma di modelli morali, etici, valoriali); persone che, non ancora formate del tutto, si pongono nell’ottica della (fiduciosa) apertura a quello che viene proposto dall’insegnante, dal genitore, dalla figura qui docet. Ora, nessuno osi negare che, fin dalle elementari, gli studenti sono sottoposti a pressione quando si tratta di giudizi; giustamente, per spronare, per educare alla serietà, all’impegno. E poi il bel voto fa sgargianti, oggetto d’ammirazione, d’approvazione da parte dei “grandi”. Insomma, vostro onore, a mia discolpa porto le prove di una preterintenzionalità di un’esistenza sfiancata dal voto. Non starò poi qui a dire che, in fondo, la giustizia è cieca di occhi putridi, come ben descrive Masters; e quindi potremmo anche dar meno importanza alla media, ai crediti, a tutto l’ambaradan… ma, ad esempio, molte università a numero chiuso guardano a quello. Al numeretto. E vedersi sbarrato fin dall’inizio il percorso che uno vorrebbe intraprendere, così, fa male; tanto più che sarebbe bastato mezzo bigliettino, o una sbirciata a dovere. Tanto più che il posto, magari, l’ha ottenuto chi quella sbirciata l’ha buttata, chi ha sfoderato il mezzo bigliettino. Spiace dirlo, ma davvero il mondo è dei furbi. Dove finisce l’onestà? Fugge. Qualcuno parla di appagamento nel sapersi integerrimi, puliti; forse è vero… ma il gioco sta lì, nel rimbalzare tra il ribrezzo di sé per essere stati infidi e falsi, ed un medesimo ribrezzo di sé per non essere riusciti a combinare nulla, sempre surclassati dai volponi scaltri. Coscienza sporca o frustrazione? Non trattandosi di omicidio, né di furto, né di nulla che nuoccia ad altri, io potrei proporre una risposta. E sì, ammetto ogni colpa. Ammetto di aver dato infinita importanza alla scuola in ogni suo aspetto, voto compreso; perché mi dava identità quando non ne avevo una mia; perché a volte l’esistenza intorno è così deserta e desolante, che ci si butta anima e corpo in qualcosa (lo studio), e poi si pretende pure di veder riconosciuti propri sforzi. Ammetto anche di essermi lasciata influenzare, con una ingenuità ben deprecabile, dal sistema di premi/punizioni che ruota intorno alla media scolastica. Agli occhi dei genitori, agli occhi dei prof, ai miei occhi, per colmare i vuoti ed avere la sicurezza di essere inaffondabile, almeno da quel punto di vista. Ammetto la puerilità dell’aggrapparmi al giudizio positivo – universalmente approvato- per avere una certezza, un qualcosa che “se faccio, nessuno può rimproverarmi, quindi evidentemente è giusta”. Ammetto di aver sconvolto ogni qualsivoglia gerarchia di valori, e di aver bevuto, con la solita infantile fiducia, l’idea che il prof concede il 9 tanto a quelli che studiano in settimane di clausura eremitica, quanto a quelli che non fanno una beatissima mazza e però osano imbrogliare. Infine, ammetto di aver accolto anche il messaggio schizofrenogeno impartito come lezione, a casa e a scuola e ovunque: studia!!! (che ti premiamo, ti riconosciamo, ti coccoliamo) non studiare troppo!!! (che stai impazzendo, che stai appassendo) Rita Sozzi, IIIA cl Pagina 6 La tazza di caffè disegna un cerchio scuro sulla superficie di legno del tavolino. Intorno, ci sono pochissime persone. Ormai è piuttosto tardi, nessuno frequenta quel locale durante la settimana a quell’ora della sera. È così tranquillo. Un signore anziano, poco distante, sorseggia distrattamente un bicchierino di rhum con lo sguardo perso nel vuoto. Fuori, nell’oscurità della sera solo qualche luce qua è là rivela la dimensione del mondo esterno, che ora sembra essere completamente assopito sotto la coltre spessa del buio, del freddo, e di quella pioggerella leggera che picchietta sulle cose e ne disegna vagamente il contorno. Quanto si è lontani dal mondo quando ci si guarda intorno. Sembra di vivere una realtà ovattata, dove non si è protagonisti ma si assiste agli eventi da semplici spettatori, immuni da qualsiasi emozione. Ma basta un attimo per ritornare al mondo reale. Uno sguardo alla tazzina di caffè semivuota davanti a me mi catapulta nella mia vita, e l’apparente distacco di prima lascia spazio ad un dolore lacerante che mi spacca il cuore. Basta un secondo, e mi sento mancare il fiato, non credo di riuscire a sopravvivere. Con la testa fra le mani, incomincio a piangere, in silenzio, in sintonia con la pace che aleggia in quel luogo, rotta soltanto dallo scroscio della pioggia. Non ci riesco, no, non posso. Il dolore è troppo forte, non riuscirò mai a sopravvivere. I nostri ricordi più belli mi balenano alla mente, e la fitta al cuore si fa sempre più intensa. La nostra gita al lago. Come ci siamo divertiti quel giorno, un sacco di imprevisti, la ruota a terra, l’acquazzone, la multa. Ma è stata una delle giornate più belle della mia vita. Mi hai insegnato a sciare, ad andare in canoa, mi hai fatto appassionare al cinema. Mi facevi arrabbiare sempre,ma ti bastava un bacio per farmi di nuovo sorridere. I tuoi baci… Pagina 7 Perché, perché te ne sei andato? Senza di te non sono in grado di affrontare il mondo, perché niente ha più uno scopo se non ci sei tu ad aspettarmi per dirmi che sono stata brava, che sono la migliore, che sono tutta la tua vita. La nostra casa, abbiamo faticato tanto per averla, abbiamo fatto migliaia di sacrifici per quella nostra casetta, e per quello spiazzo di terra. Senza di te, è vuota, senza la tua voce anche tra le persone più care sento solo silenzio. E mi sento sola. Non posso sopportarlo. Quattordici anni fa, seduti a questo tavolo, mi hai offerto da bere. Non potrò mai dimenticare il nostro primo incontro, il modo ridicolo in cui eri vestito. Dicevi che era la moda degli anni, ma sei sempre stato un po’ eccentrico. E adesso solo ricordi mi legano a te, sempre più sbiaditi, e più lontani. Il vecchio seduto poco lontano da me si alza, ed esce dal locale, in silenzio, dopo avere lasciato sul tavolino i soldi del rhum e una cospicua mancia. Ma c’è anche qualcos’altro, un tovagliolo, o un pezzo di carta. “Commovente, vero?”. La ragazzina che serve ai tavoli mi si avvicina, e vedendomi rivolgere l’attenzione a quel tavolo, si sente di farmi dei chiarimenti “Ha perso la moglie circa tre anni fa, per un tumore al seno. Da allora viene qui tutte le sere, ordina sempre la stessa cosa, e lascia sempre sul tavolo un foglietto con scritto qualche frase d’amore per sua moglie. Non parla molto, ma una volta l’ho sentito dire che è un modo per parlare con lei, e per sentirla ancora vicina. Sa, si erano conosciuti qui, molti anni fa”. Il cuore batte a mille, e le lacrime scendono incontrollabili. Il dolore è sempre lancinante, ma quell’uomo mi ha dato la forza, non per dimenticare - non potrò mai farlo – ma per capire che si può ricominciare a vivere proprio grazie ai bellissimi ricordi che le persone che amiamo ci hanno lasciato, e che è grazie a questi che esse continueranno per sempre a vivere dentro di noi. Valeria Meneghello, IIA cl Sono nella stanza. Devo esserci, perchè sento le lenzuola fremere morbide sotto il mio corpo. Non posso essere un osservatore esterno. Eppure la camera da letto, illuminata a giorno, mi pare del tutto estranea, io non sto vivendo all'interno di essa. Non avrò reazione alcuna. Tutto mi è alieno. Ed ecco la coppia; sono giovani, lei è splendida nei suoi tratti mediterranei e nel suo corpo sinuoso evidenziato dalle pieghe del vestito da festa; lui appare come un virile protettore, è senza maglietta e vedo il suo fisico robusto, maschile. I due si avvicinano e cominciano a discorrere in toni sommessi, quasi suggerendo le parole all'orecchio dell'altro, un gesto che mi pare di coniugale dolcezza e che immagino come il preludio di un idillio amoroso ben più che mormorato. Dovrei sentirmi di troppo, eppure attendo nella stanza, non mi smuovo. Osservo, voyeur onirico, l'interazione tra i due amanti; sono in attesa di qualcosa che neanch'io conosco. Le parole crescono di volume. Non riesco a distinguerle, ma percepisco che sono diventate dure; la ragazza si è trasfigurata in un'arpia urlante, lui è imperterrito e pare quasi dispiaciuto. Non mi sento affatto turbato per la fine della scenetta amorosa. Io sono un mero osservatore. L'ira della donna è quieta, fredda, disumana. Avverto la sua figura come dominante. Afferra per le spalle quel corpo così forte, lo getta sul letto con quelle sue braccia esili e femminee; lui sembra arreso. Poi un luccichio argentato viene trasmesso dal sole, originato da un coltello che la giovane sta tenendo in mano. La lama si infilza nello stomaco dell'uomo, che non emette gemito. L'assassina setaccia la vittima seguendo una sorta di traiettoria lungo il corpo irreattivo, lo fruga tutto, lo intaglia con rozzezza; eppure esso è inerte. Non un singulto nè un gemito. La sua sagoma torturata è inondata di sangue, ma il letto non viene macchiato. Io non provo disgusto, non intervengo, mi sento solo vagamente partecipe di quello che immagino possa essere il dolore dell'ostia coniugale, ma non è null'altro che una sfumatura emotiva, non vale la pena considerarla. So già che sparirà come ogni sensazione passeggera di quel tipo. La mia indifferenza persevera non ostante i miei occhi vedano la scena ripetersi più volte, come se fossero i visualizzatori di un registratore impazzito che imbratta lo schermo con la stessa volgare messinscena. Infine, il nastro riprende a scorrere e l'uomo si getta a terra, in ginocchio. La donna lo osserva con ribrezzo. Finalmente la sento parlare; la sua voce suona come del tutto ordinaria, come se la sentissi nella realtà tutti i giorni. "Ora... ora ti lascerò morire" Il sangue virile è finalmente libero di sgorgare a terra. Lui perdura nel suo silenzio e nella sua irremovibile immobilità. Sento che è il mio momento e mi avvicino alla bella assassina mediterranea. Le parlo. "E adesso, dove andiamo?" Lei mi guarda assolutamente neutra. "Adesso andremo lontano da qui". Giorgio Chiappa 5B ling Seguiva un solco nel terreno, senza meta e senza la voglia di trovarne una. Seguiva un solco nel terreno, e quando fosse sparito, avrebbe trovato un’altra linea – un canale, la segnaletica stradale, una sgommata, il bordo di una strada – e l’avrebbe seguita. Senza mai alzare gli occhi, stando semplicemente dietro a quella linea, qualunque linea avesse trovato, nel disinteresse per il mondo, concentrato a seguire la traccia scelta. Alla fine qualcuna di quelle linee si sarebbe rivelata un impasse, avrebbe portato a niente o al peggio, si sarebbe ingarbugliata e persa, ritorta su se stessa o sfilacciata in una confusione senza logica, indiscernibile. Lo sapeva. E camminava. Seguiva un solco nel terreno, né sapeva il perché, né se lo chiedeva. Né meta né voglia di trovarne una. Nemmeno, per rigor del vero, interesse nel percorso in sé, nemmeno, ad essere sinceri, l’intenzione di andare avanti, di camminare comunque. No, solo istinto, passo regolato, occhi bassi, seguendo un percorso quasi invisibile e chiaro a nessun altro, seguendo un itinerario folle, una ruga sul mondo, una ruga del mondo. Le vecchie rughe del mondo ci conoscono tutti bene, non fanno differenza, si mostrano con rassicurante equità, un po’ a me, un po’ a te, così vecchie da sembrare sagge, così scavate da suggerirne l’esperienza, così irregolari da perdersi nella notte dell’universo, immagini di scoppi e alluvioni, eruzioni e lapilli, un mondo livido e arroventato, un tizzone ardente in un cielo intatto. Dormiva un sonno profondo e calmo, ristoro di mente e membra, pace quieta tranquilla dolce come maggio. Sogni di fiori e primavere, sogni di stanchezza riposata, spossatezza placata, inquietudine sfaldata. Scintilla un sogno sfuggito dal chiuso delle palpebre, scintilla nel buio, fugge, ruzzola, (parete) rimbalza (soffitto) ricade, si fa luminoso, riempie lo spazio, s’immilla in mille coriandoli di fuoco e svanisce ed esce dalla finestra, un sogno!, un sogno!, è fuggito un sogno!, riacchiappetelo!, ridatemelo!, presto presto all’armi, al sogno, prendete retini, sacchi e sacchetti inseguitelo, corre luminoso scia nel buio, fuggito!, fuggito! Matteo Zennaro IIIA cl Pagina 8 Senza poi neppure guardarti. Sentirti, sentirti tiepida dormire, tu hai pelle che mi fa prendeDal quadro omonimo re forma, la forma di uomo. Io sono il vento e di tutto ho esperienza. Ho sognato una notte, una notte ricamata di stelle, ho sognato una notte luminosa come di O. Kokoschka, 1914 Ho arruffato le chiome di infinite donne, per dispetto e senza cura. il giorno, ho sognato una notte ed era la notte in cui stavo dormendo, e dormendo sognavo, sognavo la Io sono il vento, ho imparato viaggiando, nel tempo, ogni conotte che stava d’intorno, fuori di me, ma l’ho sognata come sa. fosse entrata da qualche fessura del sonno, dormivo con una Ma non conoscevo, davvero, con quali carezze intrecciarmi ai sorta di spiraglio aperto, non cicatrice, non breccia, non tuoi capelli. squarcio, ho sognato la notte bella come se la sera prima non Per questo ho preso –mi hai dato- la forma che vedi, la forma mi fossi chiusa a chiave dentro di me, non mi fossi sprangata di uomo: perché tu mi insegnassi. dietro alle palpebre sigillate tirando tutti i chiavistelli del caso, no, ma come se avessi lasciato uno spicchio di porta Ho sognato la notte, zefiro che danza arcobaleni sussurrati – socchiusa, o finestra soltanto accostata, insomma, qualcosa di per non svegliarmi-, e ho imparato i millenni, germogliati di istante in istante attraverso le valli, i monti e le forre, i ghiaclibero per cui passare, uscire volendo, entrare soprattutto. ci e gli oceani. Tu dormi, mia sposa, tranquilla, nella tua forma di donna e Ho visto fiori d’altri occhi e distese immense di prati, di rocscreziata di mille colori. Mia sposa ed amante, non c’è vincolo ce, di cieli. che ci leghi, io sono il vento che vola e corre: solo tu, che sei Ho sognato, per un momento, il vero colore del vento. donna, la donna che amo, puoi trattenermi quaggiù, fermo. Io Ma ora tutto riposa, sereno: dorme il tempo, dorme la luce, sono il vento, e poso di rado. Io sono l’aria che scuote e scon- dorme la notte, dormono le stelle. quassa, colpisce, scompiglia, e tu invece mi vedi immobile accanto a te, immobile per non svegliarti. Io sono la brezza Io, bufera e brezza, non dormo mai; ed ora che il sonno abche sfiora le foglie e spettina il mare, accarezza, solletica i braccia voi altri, voi che siete di carne, voi che siete di terra, io sto. Fingo di rimanere sdraiato, concentro me stesso e non mi prati, e tu invece mi senti consistere statico. Io sono il vento che sempre fugge; ma con te ho deciso di ri- amalgamo all’aria. Guardo lontano, là dove dovrei fuggire, condannato come sono ad un destino di eterno movimento manere. senza tregue. Io, inquieto e fiero, libero da tutto, fuorchè dalla Ho sognato una notte, una notte di non paura, una notte cui mia libertà. ho permesso di entrare perché sapevo innocua, ed anzi dolce, Stasera, però, è te che voglio scoprire, ingenua, che dormi, sono rare le notti innocue, ma si respira nell’aria la calma di credendo che il vento possa posare per sempre. quando nulla si teme e nulla geme, così che avevo lasciato un passaggio, lievemente aperto, lievemente, e non per sbadatagpoi, d'improvviso, mi sciolse le mani gine o disattenzione, aperto, con la precisa intenzione di farla e le mie braccia divennero ali, uscire, la notte, entrare e tornare ed andarsene, qualora voquando mi chiese - Conosci l'estate lesse. io, per un giorno, per un momento, corsi a vedere il colore del vento. Nessuno può, di solito, toccarmi o prendermi. Io sono il vento, che rugge o sussurra, e tu mi hai placato; ti guardo respirare Volammo davvero sopra le case, piano, donna di carne, donna di terra, che dormi appoggiata oltre i cancelli, gli orti, le strade, alla mia spalla, donna che trattieni me, libero, me, aria impalpoi scivolammo tra valli fiorite pabile, me, con la sola forza di un sonno placido. dove all'ulivo si abbraccia la vite. E la notte, vaga tacita notte, è giunta. L’aspettavo, speravo scegliesse di stare da me. Porto in me la polvere di mille paesi, ho sfiorato gli oceani, solcato deserti ed adunato temporali; ho l’esperienza dei secoli, delle stagioni, di tutte le sfumature della luce che gioca e rimbalza e riflette ed esplode in scintille iridescenti. Porto in me tutto questo. Eppure desidero, adesso, soltanto il saperti vicina. Ho sognato, così, quella notte che stava di fuori, quella notte bella, innocua e di vento, raccoglieva i profumi dai prati e me li regalava come fiori, fiori di buio senza colore, la fragranza del mondo, senza colore, il mondo di notte, puro profumo di ombre. Scendemmo là, dove il giorno si perde a cercarsi da solo nascosto tra il verde, e lui parlò come quando si prega, ed alla fine d'ogni preghiera contava una vertebra della mia schiena. Voci di strada, rumori di gente, mi rubarono al sogno per ridarmi al presente. Sbiadì l'immagine, stinse il colore, ma l'eco lontana di brevi parole ripeteva d'un angelo la strana preghiera dove forse era sogno ma sonno non era (F. Deandrè, Il sogno di Maria) Rita Sozzi, IIIA cl Pagina 9 Hanno trovato Nemo... E’ una costante della storia che gli ideali positivi come libertà e progresso di numerose rivoluzioni acquistino, con l’instaurazione del nuovo governo, un’accezione opposta. E’ ciò che avvenne per esempio nella Rivoluzione Francese del 1789: gli ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza che ispirarono la rivoluzione vennero addirittura negati con l’instaurarsi della politica del terrore, quasi una dittatura. La stessa dinamica è avvenuta per la rivoluzione islamica del 1979. L’incapacità dello shah Reza Shah Muhammad (figlio di Pahlavi) di risolvere i problemi del popolo e la pessima immagine che dava di sé, furono fattori che insieme alla crisi finanziaria fecero scoppiare la rivoluzione del 1979. L’Iran diventa una repubblica ma l’attesa di libertà e progresso che aveva ispirato la rivoluzione contro lo scià, venne subito soffocata dalla Guida Suprema, una volta conquistato il potere. I gruppi di comunisti e nazionalisti che avevano acceso la rivolta furono uccisi o perseguitati. Tutte queste vicende sono vissute da Marjane, la protagonista del film “Persepolis”. L’interesse per le vicende politiche del suo paese già da quando Marjane era piccola, mi hanno particolarmente interessata. Questo dimostra un “amor di patria” che nonostante tutto continuerà ad avere anche da adulta una volta trasferita definitivamente a Parigi (è orgogliosa di essere iraniana9. La famiglia molto presente con una mentalità moderna e occidentale, in particolare la simpatica nonna, le fanno acquisire una certa sensibilità e un spirito critico da permetterle di affrontare nonostante tutto le numerose difficoltà. Una dimostrazione di questo spirito ribelle si può vedere a scuola quando l’insegnante spiega che portare il velo è simbolo di libertà: le altre compagne, che a differenza di Marjane non si sono ribellate, potrebbero idealmente rappresentare le numerose persone che nelle rivoluzioni “subiscono” le imposizioni del nuovo stato senza porsi domande. L’entusiasmo di libertà della rivoluzione viene negato. Marjane a Vienna, felice di essere finalmente libera sperimenta invece un periodo più triste di quando si trovava in Iran. Questo dimostra che al di là di ogni intento moralista, non avere regole è controproducente tanyo quanto averne di molto restrittive. Questa contraddizione, da un lato di vincoli e dall’altro di desiderio di libertà, è dimostrato dall’abbigliamento di Marjane (prima di partire per Vienna) : foulard tradizionale e contemporaneamente scarpe Adidas e tuta Punk da “ribelle”. La concezione che Marjane e la sua famiglia hanno dell’occidente è positiva. In reltà poi Vienna come Theran vivono le proprie contraddizioni più o meno negative, insomma “tutto il mondo è paese” ! Un altro aspetto interessante è la diversa immagine di dio: quello “ufficiale” predicato dallo stato e quello “privato” di Marjane. Il Dio ufficiale è un Dio attivo e vendicativo mentre quello di Marjane è buono e la consiglia sempre al bene. Il suo Dio privato e i preziosi consigli della nonna accompagnano per tutto il racconto le vicende di Marjane. Alla fine si può dire che la vera rivoluzione non è stata quella a livello statale, della politica (eclatante agli occhi dell’opinione pubblica ) ma quella di Marjane. E’ lei la vera vincitrice della rivoluzione che ha messo in pratica gli ideali di libertà e progresso. Grazie a questo di film ha potuto raccontare quello che ha vissuto una bambina poi donna in un paese così maschilista e non di ampie vedute come l’Iran. In ultima analisi questa storia è una rivendicazione della figura della donna. Chiara Carnago IVC ling Vi proponiamo una serie di citazioni. Sapreste indovinare da quale film sono state tratte? 1. 'Siamo i figli di mezzo della storia. Non abbiamo nè uno scopo nè un posto. Non abbiamo nè la grande guerra nè la grande depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita.' 2. 'C'era un uomo che si masturbava così tanto che finì per innamorarsi della sua stessa mano' 3. 'Ti darò la scelta che a me non fu mai data' 4. 'Dopo che saltai, mi venne in mente che la vita è perfetta. La vita è il massimo, piena di magia, bellezza, opportunità, e televisione. E sorprese... un sacco di sorprese, sì. E poi viene il meglio naturalmente. Migliore di qualunque cosa chiunque abbia mai costruito, perché è reale!' 5. 'Il mondo è cambiato perchè tu sei fatto d’avorio e d’oro. La curva delle tue labbra riscrive la storia.' 6. 'Tu non conosci il meraviglioso mondo delle teenagers, sono completamente matte. Veramente non so che succede alle ragazze a una certa età! Si sviluppano queste ghiandole, si arrotondano e poi, poff... diventano matte!' 7. 'E d'un tratto capii che il pensare e' per gli stupidi, mentre i cervelluti si affidano all'ispirazione 8. 'Tu non conoscerai mai il dolore di un'uomo che torna a casa da solo... ma ricorda: il dolce non e' mai cosi' dolce se non hai mai provato l'amaro.' SOLUZIONI 1 Fight club. 2 Morì con un felafel in mano. 3 Intervista col vampiro. 4 The million dollar hotel. 5 Velvet goldmine. 6 Edward mani di forbice. 7 Arancia meccanica. 8 Vanilla sky. Pagina 12 Mark Renton, giovane eroino- mane e voce narrante del film, e i suoi amici vivono alla giornata in una zona suburbana di Edimburgo tra droga, furti, sesso e sballo. Il gruppo di amici di Renton è composto da: Begbie, alcolizzato, psicopatico e incline alla rissa, Sick boy, in grado di tenere sottocontrollo la sua dipendenza dall’eroina e ossessionato da Sean Connery, l’inoffensivo Spud, eroinomane anche lui e infine Tommy, sportivo e unico a rifiutare(forse) la dipendenza dall’eroina. Un giorno dopo l’ennesima dose, Renton decide di disintossicarsi senza successo e dopo altri tentativi fallimentari, decide di ritornare all’eroina finché non finisce in overdose. Ad un passo dalla morte, i genitori di Renton decidono di chiuderlo nella sua stanza per disintossicarlo una volta per tutte. Dopo una difficile disintossicazione, per Renton sembra essere cominciata una nuova vita: lontano dagli amici di un tempo, finalmente ha un lavoro a Londra, un’appartamento e, soprattutto, niente eroina, finché un giorno alla sua si ripresenta Begbie... Film diretto da Danny Boyle(regista del recente “The millionaire”) e tratto dall’omonimo libro di Welsh Irvine, questo film va a scavare in un mondo dove i protagonisti si abbandonano a un’inerte autodistruzione, attraverso il punto di vista dei drogati . E’ un film che mescola drammaticità a elementi tipici della commedia nera e che ci presenta degli antieroi che inevitabilmente suscitano nello spettatore simpatia e pena, più che orrore e paura. In un’ambientazione tutt’altro che idilliaca, Renton Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 7 Dicembre 2007, il film-cartone animato della Walt Disney Pictures “Come d'incanto”, per grandi e piccini, è stato candidato a 3 oscar per la migliore canzone originale e per 2 Golden Globe. Si tratta di una perfetta “revisione” di tutti i classici Disney; tornano, infatti, il topòs della mela che ritroviamo in Biancaneve, della scarpetta di Cenerentola, della pizzeria di Lilli e il vagabondo, etc,.. Giselle (Amy Adams), una giovane bella e “canterina”, vive nella foresta del regno di Andalasia in attesa del bacio del vero amore, quando un giorno, per caso, il Principe Edward (interpretato da James Marsden) a caccia di trolls (attività ingegnata dalla matrigna, la Regina Narissa, per tenerlo lontano dalle fanciulle del regno, poichè teme la detronizzazione) udendo la voce della giovane se ne invaghisce e trovando in lei la perfetta regina la chiede in sposa. Giselle, accompagnata dai suoi inseparabili amici, si sta recando al palazzo per celebrare il matrimonio che la unirà per sempre con il suo vero amore, quando all'improvviso la regina Narissa, sotto le mentite spoglie di una dolce e gentile vecchietta, con la scusa di farle esprimere un desiderio nel giorno più importante della sua vita, la catapulta “in un posto dove nessuno vive felice e contento”. Si troverà così sola e sperduta per le vie della caotica Manhattan, New York. Edward e Pip (simpatico e coraggioso scoiattolo), però, non si perderanno d'animo e abbandoneranno Andalusia e parti- Pagina 13 (interpretato da un bravissimo Ewan McGregor allora sconosciuto) ci guida nei sobborghi di Edimburgo tra squallidi appartamenti e le peggior latrine del mondo, mostrandoci il disagio di una generazione che tende all’autodistruzione,per la quale “bucarsi” è diventata la normalità. La vicenda di Renton e dei suoi amici, ci viene raccontata senza pregiudizi o falso perbenismo, ma attraver- REGIA: Danny Boyle so gli occhi di chi è caduto CAST: Ewan McGregor, Robert nel baratro del droga e sa Carlyle, Jonny Lee Miller che non sempre si riesce a ANNO: 1996 risalire, e che sa che an- NAZIONE: Gran Bretagna che per chi ce l’ha fa l’integrazione nel mondo di chi ha scelto la vita non è semplice (come Renton se ne renderà ben presto conto) Il regista affronta queste tematiche attraverso un linguaggio scarno e una regia minimalista , senza però renderlo banale; al contrario, Boyle attraverso le sue scelte registiche è riuscito a rendere più realistico e più credi bile il mondo di Renton e del suo gruppo, creando dei personaggi diversi,complicati, disperati, ma ognuno, a suo modo indimenticabile, e carismatico . Infine, altro elemento non meno importante di questo film sono le musiche: affascinanti e significative(Iggy pop, Blur ,Underworld, Luo Reed per esempio) arricchiscono e completano il film, contribuendone alla buona riuscita Trainspotting non è un capolavoro, però rimane sicuramente un buon film che vale la pena di vedere anche per conoscere da vicino un mondo(quello della droga) attraverso lo sguardo di chi ci è davvero vissuto. Flavia Camboni, IIIA cl ranno alla ricerca di Giselle, frattempo ha conosciuto Robert (Patrick che nel Dempsey) ,un avvocato divorzista che l'aiuterà in attesa che il suo promesso sposo giunga a riprendersela. Tra i due però nascerà qualcosa di molto più profondo di una semplice amicizia: l'amore. Il suo modo di affrontare le diverse situazioni, fare del bene al prossimo, agire con poca razionalità colpirà profondamente il gelo che avvolgeva il cuore di Robert che dopo l'abbandono da parte della sua ex moglie, aveva imparato e insegnato a sua figlia a non credere più nelle favole (arriverà a regalare alla figlia un libro sulle donne più importanti del nostro tempo al posto delle fiabe). Ad intralciare il tutto ci sarà il fedele servitore Nathaniel, che insieme alla regina Narissa tenterà di uccidere Giselle, la quale dimostrerà quanto l'amore sia la forza più potente di ogni altra cosa, persino sulla stregoneria della Regina Narissa. Si conclude con il lieto fine: Giselle sposa Robert e aprono un atelier a Manhattan, il Principe Edward sposa Nency (fidanzata di Robert) nel Regno di Andalusia, Pip e Nathaniel diventano Due scrittori affermati. Mariacarla Stefanino, IIIA spp Si diploma nel 1990 in pianoforte al conservatorio di Perugia e nel 2001 in composizione al conservatorio di Milano. Si è laureato in filosofia nel 1998. Grazie a Saturnino Celani si trasferisce a Milano e raccoglie in un cd la propria produzione pianistica. Jovanotti pubblica il primo album di Allevi, per pianoforte solo, 13 dita (1997). Che ha riscosso un grande successo di critica. Con la sua attività di pianista, Giovanni Allevi si esibisce in rassegne concertistiche di musica classica, e nei festival di musica pop e jazz. Ha realizzato la colonna sonora del cortometraggio Venceremos. Nel 2004 Giovanni Allevi fa un tour internazionale. Il 6 marzo 2005 si esibisce sul palco del Blue Note di New York, dove registra due sold-out. Esibizione molto criticata perchè non c’è traccia del concerto sui media di lingua inglese. Infatti il concerto era organizzato in collaborazione con l'Istituto italiano di cultura. E molti altri gruppi italiani hanno registrato lo stesso successo in altri locali molto prestigiosi. La presenza al Blue Note, molto pubblicizzata, fa da detonatore mediatico: in molti pensano di non essersi accorti di avere in casa un importante artista così dal marzo 2005 le presenze di Allevi sulla stampa si moltiplicano, anche grazie ad una campagna di marketing martellante. Sempre nel 2005 si esibisce al Teatro Politeama di Palermo, in una première della sua prima opera per pianoforte e orchestra "Foglie di Beslan", con i 92 elementi dell'Orchestra Sinfonica Siciliana che gli ha commissionato la composizione. In seguito riceve due riconoscimenti: a Vienna il “Bosendorfer Artist” e nelle Marche il premio "Recanati Forever per la musica". Pubblica No concept . Nel 2006 vince il Premio Carosone come miglior pianista dell'anno. Esce ufficialmente il suo quarto album, Joy. Nel 2007 Joy è insignito del disco d’oro. Giovanni Allevi ha scritto l'Inno delle Marche. Pubblica Allevilive. Nel dicembre 2007 è in tour con l'ensemble da camera dei Philharmonische Camerata Berlin. Nel 2008 è uscito il suo quinto album, per pianoforte e orchestra, dal titolo Evolution: è il primo album in cui Allevi non è solo a suonare ma è accompagnato dall'orchestra: "I virtuosi italiani". Ha tenuto il concerto di Natale presso l'aula del Senato. È stato ospite del Festival di Sanremo. Ha pubblicato le sue partiture e due libri. Nel 2009 sarà impegnato in tournée, in Italia, e all’estero. Nonostante il suo grande successo televisivo e commerciale, Allevi ha ricevuto giudizi molto negativi da alcuni grandi nomi della musica classica. Molti sostengono che il successo di Allevi sia un prodotto di un'abile operazione di marketing e non di una reale capacità di innovazione musicale che lui stesso rivendica. In un'intervista, il violinista Uto Ughi ha definito Allevi "un nano", le sue composizioni "musicalmente risibili" e si è detto offeso dai riconoscimenti che ha avuto. Lo hanno definito "inesistente" come direttore d'orchestra e la sua musica "nè classica nè nuova". Un sito svizzero ha scritto su di lui: “Scrive e suona con mano leggera melodie che sono ben fatte e sono perfette come rilassante passatempo serale, senza essere noiose. Molti dei suoi pezzi trasmettono una nonchalance tutta italiana e mettono di buon umore.” Silvia Cattaneo, IIA ling Il disco The dark side of moon (1973) costituisce una pietra miliare della storia della musica moderna, in particolare del progressive rock, e molti lo ritengono la migliore opera dei Pink Floyd. Il disco propone le sonorità tipiche di questa band, caratterizzate da una grande innovazione e sperimentazione sul piano sonoro: grande uso di sintetizzatori, di parlati, di rumori. Sul piano testuale l'opera può essere considerata un concept album in quanto è presente un nucleo tematico fondamentale su cui si sviluppano tutti i testi. Tale nuclue è dato dal tema della natura dell'esperienza umana. La prima traccia è suddivisa in due parti: la prima, Speak to me, è un collage di rumori che iniziano con un lungo fade in del battito di un cuore, che si arricchisce in seguito di un gran numero di rumori e dialoghi, stando a significare gli istanti prima della nascita. I rumori si fanno sempre più invadenti, fino a culminare nel primo accordo della traccia successiva, Breathe, che rappresenta la nascita vera e propria. La seconda traccia, On the run, è anch'essa un collage di registrazioni, sintetizzatore, chitarra, con un tappeto ritmico di batteria che simula il rumore di un treno: il tema di questo brano infatti è la paura di morire in un incidente in treno o in aereo, e il brano termina proprio con un aereo che precipita e un'esplosione. Il disco prosegue con la terza traccia, Time; prima che cessi il suono dell'esplosione, si sentono suoni di sveglie, pendoli e campanile che all'improvviso cominciano a suonare tutti insieme. Parte così la musica: iniziando con una parte lenta ma molto ritmata e poi alternando parti rock dalle sonorità dure ad altre melodiche dalla tonalità più soft, concludendo poi per reinnestarsi in un reprise di Breathe. La quarta traccia, The great gig in the sky, tratta il tema della paura della morte. Il solo testo in questa canzone sono due brevi frammenti di parlato, ma nel brano è presente uno dei piu bei assoli di vocalist della storia del rock. [continua a pag seguente] Pagina 14 Il disco prosegue con la celeberrima Money, che si caratterizza per un tempo in 7/4, piuttosto ritmato, aiutato in questo da un loop ritmico di suoni di monete. Il testo è una ironica e feroce critica all'attaccamento al denaro Tocca ora ad un brano, Us and them, lento, pacato, ripetitivo, quasi ipnotico, ma con un ritornello molto violento ed emozionante. Il testo tratta dell'ingiustizia della guerra. Senza soluzione di continuità si passa poi ad Any colour you like, un lungo strumentale, a Brain damage, che costituisce musicalmente la risoluzione, e Eclipse, il vero e proprio epilogo. Concludendo, questo è sicuramente un disco molto emozionante, che lascia col fiato sospeso fino alla fine! Federico Picetti IC cl I King Crimson furono probabil- mente il primo vero e proprio gruppo di rock progressivo. Guidati dal virtuoso ed intellettuale chitarrista Robert Fripp (anima e corpo del gruppo ed unico membro ad essere presente in tutti i cambi di formazione), i King Crimson vantano una carriera colma di lavori di tutto rispetto, anche dopo il periodo d’oro del rock cosiddetto “classico”. I Crimson, col loro disco d’esordio qui preso in esame, gettarono le basi di un genere eccezionale e purtroppo alquanto snobbato da buona parte della critica. Il progressive, che univa musica classica, jazz e rock con un grande gusto per l’improvvisazione e l’utilizzo di strumenti estranei al rock (come i fiati o l’organo) trovò un’ identità compiuta grazie ai King Crimson. Ma passiamo all’analisi del rivoluzionario e fondamentale esordio dei King Crimson, intitolato In the court of the Crimson King, uscito nel 1969 per la Island. L’album si compone di cinque lunghe composizioni, dominate dalla chitarra di Fripp, dai fiati e dal mellotron (particolare sintetizzatore che riproduce il suono degli archi) di Ian McDonald. La sezione ritmica è composta dal batterista Micheal Giles e dal bassista/cantante Greg Lake (poi negli Emerson, Lake & Palmer), che fanno da base incalzante e jazzistica per le improvvisazioni dei due leader. Particolare apporto fornisce Pete Sinfield, paroliere ed “ispiratore” del gruppo, autore dei bizzarri testi dell’album. 21st century schizoid man è il pezzo d’apertura dell’album: la canzone è uno dei migliori risultati del progrock tutto. Dopo alcuni secondi di strani rumori soffusi, parte un attacco trionfale di chitarra e sassofono all’unisono; la voce distorta di Lake recita una delle tipiche fantasie futuribili di Sinfield. Il pezzo si evolve in una jam dalle venature jazz; particolare menzione merita l’assolo di Fripp, caratterizzato dall’uso di note dilatate e distorte a formare ardenti sciabolate ed arabeschi, mostrando già quell’interesse approfondito per l’effetistica che il chitarrista svilupperà successivamente. Alla conclusione dell’intermezzo di sax una sezione ad unisono ci porta verso l’ultima strofa del pezzo; il finale è segnato da una collettiva esplosione rumorista degli strumenti, che urlano furiosi come l’uomo impazzito Pagina 15 della canzone e della famosa copertina del disco. Dalle ceneri della conclusione emerge come una fenice il flauto di Ian McDonald, dando il via al secondo pezzo del disco, I talk to the wind. Il canto sognante di Lake crea un’atmosfera rilassante, un’oasi in cui riposare le orecchie; in sottofondo s’impone anche un lento incedere di batteria. L’assolo di flauto di McDonald suggella il pezzo, dandogli un sapore quasi rinascimentale. Il rullante di Giles apre la strada ad Epitaph, culmine emotivo dell’ album. La chitarra acustica apre la strada contrappuntata dal mellotron distante; Lake incede lentamente, accompagnato inizialmente solo dalla batteria e dal basso. Poi ecco ricomparire con struggenti fitte la chitarra acustica, e le spire di mellotron avvolgono il ritornello. I sintetizzatori, ora glaciali nella parte centrale del pezzo, ora tragici nelle strofe, affiancano la sei corde; il mellotron diventa il corrispettivo rock dell’orchestra. Il testo è a parere di chi scrive il migliore dell’album, con la sua denuncia alla guerra ed ai potenti: “Nessuno stenderà la corona d’alloro\ Quando il silenzio affoga le urla?”. Gli ultimi picchi di sintetizzatore chiudono il pezzo. In Moonchild udiamo un Fripp dilatato e sognante; Lake descrive con delicatezza la danza di una ninfa sotto la luna. Poi, a partire all’incirca dal terzo minuto, abbiamo una lenta rincorsa tra mellotron e chitarra che dura all’incirca 8 minuti; è un lungo carillion che si stempera a lungo, una ninna nanna lunare e labirintica, forse un po’ troppo statica ma di grande suggestione. Batteria e mellotron stendono un sinuoso tappeto che introduce The court of the Crimson King, altro grande capolavoro progressivo. I King Crimson si vestono da menestrelli medievali e ci presentano uno scenario magico ed antico, denotato da Sinfield con giochi simbolici. Fripp lavora di ricamo all’acustica mentre mellotron e synth collegano le varie parti della canzone; dopo la terza strofa McDonald, pifferaio alla corte del rock, ci regala un magnifico assolo di flauto. Dopo la quarta strofa abbiamo un finale solo apparente; ma il sintetizzatore ed un potente stacco di batteria danno il via ad un’ultima cascata di suoni insistente e straniante, quasi a negare la precedenti, eteree sezioni della canzone. Si conclude così questo capolavoro, un viaggio all’inizio della storia del rock colto ed artigianale. Giorgio Chiappa, VB ling “Amore non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione.” Saint-Exuperie Cara Marie, sono davvero nel mezzo di un grande problema! Da dieci mesi ormai sono insieme a un ragazzo fantastico che amo molto e col quale mi trovo benissimo. Tutto andava bene con lui finchè un po’ di tempo fa non ho conosciuto al mio corso di tennis B., un altro ragazzo che subito mi ha colpita per la sua spontaneità e per il suo carattere (e diciamolo anche un po’ per il fisico). C’è stata fin dall’inizio una grande complicità e intesa che è sempre più cresciuta e mi ha dato un po’ da pensare, anche perché lui è molto diverso dal mio ragazzo. Non sono mai stata il tipo di ragazza facile che flirta con tutti e non capisce quanto sia importante quello che ha, anzi, non ho mai avuto occhi per nessun altro che per il mio ragazzo, ma questo recente incontro mi ha spiazzata. Cosa mi è preso? Cosa dovrei fare a questo punto? Come faccio a risolvere questo pesante dilemma? Grazie! Indecisa Carissima Indecisa, nel centro di quale amletico dilemma ti trovi! Non ti angustiare se mille dubbi ti assalgono d’un colpo o se ti salgono dal cuore al cervello mille quesiti. È più che normale. Ora prova a immaginare: sei davanti a un tavolo imbandito delle più squisite prelibatezze e sapendo che adori il pesce ti butti a capofitto sui gamberetti in salsa cocktail. Sono la tua passione quei gamberetti, ne mangeresti a bizzeffe. A un certo punto nel tuo piatto cade accidentalmente una succulenta e sanguigna fiorentina, la regina delle carni. Incuriosita la assaggi e scopri che ti piace davvero tantissimo. È un sapore molto diverso dai gamberetti ma ti soddisfa comunque, forse perché è nuovo, è qualcosa che non hai mai provato, o forse perché sotto sotto un po’ ti eri già stufata dei gamberi visto che prima nient’altro del buffet ti attirava. A questo punto cosa fai? Non sarebbe una dieta equilibrata gamberetti e fiorentina insieme, quindi devi tristemente decidere. L’onore della scelta è ovviamente tutto tuo, ma ti rimembro che dalla tua scelta dipenderà la delizia o la croce di un’altra persona. Devi rispondere a te stessa, cara. La carne ti piace solo perché è un sapore nuovo? Sei sicura che col tempo non ti possa annoiare? O forse è proprio il sapore che cercavi invano nel pesce? Di certo dovrai anche pensare cosa del pesce ti piace così tanto da avertelo fatto mangiare per così tanto, magari senza mangiarlo per un po’ il sapore fresco che aveva ti mancherà, ma allora sarà tardi per ripescarlo. La situazione è ben ostica cara amica, ma sappi che più sarai sincera con te stessa e con i due baldi giovani che hanno preso d’assedio il tuo cuore, più la decisione si delineerà chiaramente e più sarà semplice rispondere al cruciale problema. Ti faccio i miei migliori auguri, di cuore. `tÜ|x Pagina 16 zzi, III Rita So A cl ORIZZONTALI VERTICALI 1 Strumento ottico usato nei 1 Persona moderata nei modi carri armati e sommergibili 2 Prefisso per vino 9 Adesso…per i romani 3 Frutto in piccole bacche a grappoli 11 Lo è una visione …da sogno4 Terza declinazione del verbo 12 Al centro del mare 5 Vasto altopiano della Calabria 13 Ambito premio 6 Sta per "conoscenza" nelle email 14 pari sulla schedina 7 Vocali..in rosa 16Genova 8 Melchiorre lo offri in dono a Gesù 17 Dio greco della medicina Bambino 19 Loro 9 Ansia, tristezza 21 Né si né no 10 Quando ci si annoia non passano 22 La fine di Omero! mai 23 Lo è un'ampia stanza 14 Articolo determinativo maschile 26 Ciò che è avvenuto prima singolare 31 Identifica l'automobile 15 Lo è chi riferisce ad altri 32 Vocali in ciò! 18 Tra il pomeriggio e la notte 33Può essere lordo, netto o 20 Ecogoniometro morto 23 Opprime d'estate 35 Lago dell'Asia centrale 24 Andati 36 Frutti 25 Prefisso per orecchio 37 Né tue né sue 27 Un mezzo di trasporto urbano 39 Antichi progenitori 28 Lui 41 Insinua un dubbio 29Una fase del sonno 44 Sensazione che spinge a 30 risposta decisamente negativa bere 33 Sfocia nell'Adriatico 47 Nota…"solenne" 34 La card del telefonino 48 Diminuito di lunghezza 36 La…testa di Pina 50 Può essere cranico, infanti- 38 Nasconde una trappola le o psicologico 39 Particella indivisibile 51 Un genere di musica 40 Anello nuziale 52 Chiude le bottiglie 42 Caduta di una sillaba o vocale 53 Una malattia dei denti alla fine della parola 55 Preposizione articolata 43 Un tipo di grosso pappagallo 56 Un fiume nel Lazio 45 Moneta unica ufficiale della Co57 Aria…poetica munità economica europea prima dell'euro 46 A noi 48 Mostri mitologici 49 Possono esserlo certe vette alpine 50 Spesso muoiono nell'arena 51 Il dio greco della foresta 52 Dispari in tali seguenti numeri la lettera 53 Cagliari 54 Nel bel mezzo della cena 55 Aosta Cosa significa “Fare l’Aristarco”? Dopo aver risolto il cruciverba sostituisci ai corrispondente: 2, 5, 5, 2, 3, 2 51, 3, 2, 6, 14, 5, 14, 5, 5, 14, 37, 14 e troverai la risposta!!! (che poi, questa parola dalle sonorità con gli occhi a mandorla è provvista di plurale? Se sì, come si declina? Sudokus, con la s British inside? Sudoki, mandolino e pizza? Sudokua, come ogni neutro della IV declinazione in latino [in fondo è in –u]?) Pagina 17 Grandi Aspirazioni: 26/03/09 Ditroit- Abusava sessualmente dell’aspirapolvere di un autolavaggio automatico, il ventinovenne è stato arrestato e condannato a 90 giorni di reclusione. Speriamo che almeno adesso le ardenti passioni dell’uomo siano state spazzate via. Altro che fumetti…: 24/03/09 Bangkok- Un bambino di 8 anni autistico si è spaventato per il primo giorno di lezioni e si è seduto su di un cornicione della scuola al terzo piano. A trarre in salvo il piccolo è stato un pompiere travestitosi da Spider-man, mito del bimbo. Il pompiere-eroe ha evitato magistralmente una situazione ragnosa, pardon, rognosa. Accendi la tua serata: 2003 Italia- Diciannovenne sotto l’effetto di sostanze stupefacenti chiede a dei carabinieri, non notando la divisa, di accendere uno spinello. Il giovane ovviamente è stato arrestato. Nazis-can: 2004 Berlino- Arrestato per apologia al nazismo, R.T. aveva addestrato il suo cane Adolf ad alzare la zampa destra, chiaro riferimento al ben noto saluto. L’uomo, non pago, presentatosi al processo con tanto di baffetti e divisa nazista, ha tentato invano di rivendicare la natura scherzosa della cosa. Tommaso Conte IIIA spp Rinsaviti dalla lavanda gastrica per il Pannino del mese scorso? Pronti ad aprire le vostre papille gustative a sconfinate soglie di gusto e percezione? Trepidanti d’attesa per nuove sconvolgenti rivelazioni culinarie? No? Citando un uomo politico del secolo scorso rinomato,essendo in ambito di prelibatezze, per la propria bocca(sarebbe me- Pronti, con le mani linde e affiancati da una arzilla vecchina come da copione per “la prova del cuoco”, manca solo la Clerici(ma non è che ne sentiamo la mancanza) ed ovviamente la ricetta, presto detto eccola qua: Tiramisùsolounpo’ Trattasi di una versione alleggerita(nei limiti del possibile) in vista della prova costume del famoso dolce noto per la sua capacità di brillare al buio tanto è ricco di calorie. -una confezione di savoiardi(ma van bene anche i pavesini) -250g di mascarpone -250g di ricotta -2-3 uova -2 cucchiai di zucchero di canna -una caffettiera da 6 di cafè già zuccherato -cacao amaro in polvere -un cucchiaino di marsala Iniziate a preparare uno zabaione montando il rosso delle uova con lo zucchero in una tazza, il bianco buttatelo pure(io dico sempre: “lo lascio da parte che chi faccio le meringhe o la frittata” e nel giro di qualche tempo ne accumulo litri in frigo che puntualmente elimino), aggiungete allo zabaione il cucchiaino di marsala che ne toglierà il sapore di uovo, a questo punto versatelo in un ampio recipiente e mescolatelo finché non otterrete un composto omogeneo con la ricotta e il mascarpone. Stendete un primo strato di savoiardi sul fondo di una terrina in vetro a base rettangolare coprendone tutta la superficie, il passo più delicato consiste nel intingere nel caffè, versato in un piatto fondo, i biscotti prima di fare i vari strati. Il mio consiglio è di dargli solo una velocissima pucciata e poi versarne altro su i singoli biscotti, già posizionati, con un cucchiaino in modo da non renderli troppo asciutti ne troppo molli. Fatto il primo strato di biscotti intinti nel caffé, versateci sopra un secondo strato di crema, composta da zabaione, ricotta e mascarpone facendo in modo di ricoprire interamente i savoiardi con uno o due centimetri di crema. Stendete poi un terzo strato di biscotti, sempre intinti nel caffè, poggiandoli delicatamente sul secondo e ricoprite di nuovo il tutto con uno strato di crema. A seconda delle dimensioni della terrina potreste dover fare più o meno strati finche non finisce la crema che dovrà comporre l’ultimo strato(con una terrina di 20cmx30cm circa ci saranno 2 starti di biscotti e 3 di crema). Per concludere, sull’ultimo strato di crema, aiutandovi con un colino, spargete il cacao amaro. Lasciate quindi riposare in frigo per qualche ora anche se questo è un dolce che da il meglio dopo un intera notte in frigo, ma in fondo chi resiste tutto questo tempo? Tommaso Conte IIIA spp Pagina 18 Veronica e Silvietto sarebbero ancora una coppia felice se solo non avessero letto: Ma non indulgiamo, non vorrei che il Ma,Però facesse la fine di ben più noti giornali, accusati di complottiamo. Quindi solerti e con il passo della tigre siberiana in fuga dall’estinzione possiamo iniziare: Acquario: Tutti ti dicono di lasciarti andare, ma solo perché sei appeso ad un cornicione all’ottavo piano. Leone: Il problema non è quando si ha una donna come amico, ma un amico come donna. Pesci: Ti senti un dio, sì, in un mondo di L’impiccato: I dubbi vi terranno sulla atei. corda. Ariete: Forse dovreste smetterla di bere, vi hanno fatto le analisi del sangue e vi hanno trovato i globuli rossi, i globuli bianchi e i globuli rosè. Bilancia: Ti basterà vederla/o da lontano Toro: Ricorda, bugie hanno le gambe corte, le illusioni le tette finte. Scorpione: Ti sei montato la testa, ma avevi le istruzioni in svedese. Gemelli: Ami te stesso, ma non sei contraccambiato. Sagittario: Ti hanno messo la pulce nell’orecchio, ma era ancora attaccata al cane. Cancro: Se uccideste qualcuno con un manubrio da culturismo potreste essere accusati di omicidio…col-peso. Farò una cosa inusuale adesso, tanto in queste poche righe che seguono l’Horroroscopo quanto nel giornalino. Mi è capitato in questi giorni di leggere questo breve brano di Stefano Benni dal suo libro “Spiriti”, c'è molto poco da interpretare purtroppo. per capire quanto era la sua bellezza, ti basterà vederla/o da lontano per capire quanto hai aspettato, ti basterà vederla/o da vicino per capire che da lontano non ci vedi più. Capricorno: Siamo nelle mani di Dio, speriamo che non applauda(anche se effettivamente al mondo che ha creato, c’è poco d’applaudire) Chi aveva idee, in quel paese, se le portava addosso da solo, come una gerla, e le scambiava coi passanti. Per il resto, lotte da città a città e da ducato a ducato, tenzoni proporzionali e maggioritarie, fulmineo scorrere di risse e insulti poi trasformabili in alleanze e bicamerali con bagno, promesse d’odio eterno ed eterni compromessi, e poi referendi e tradimenti e rimpasti e ribollite e ribaltoni e insulti alla storia, alle vittime, ai deboli. Si demandava ai magistrati di giudicare quello che spetta a ogni coscienza civile: se ai potenti sia concesso qualsiasi reato e delitto. Sì, era la risposta, e ogni dignitoso sogno aveva abbandonato le anime di quel popolo, lasciandoli lieti di affidare la loro libertà a gangster e mafiosi, e sentirla minacciata dal mendicante all’angolo. La loro indignazione aveva respiro meno che settimanale, e durava più per un rigore non concesso che per un delitto non svelato. Sì, senza coscienza civile, senza storia, senza giustizia, la vita in quel paese aveva il lento scorrere di un funerale." "Il paese esprime sempre una volontà di cambiamento, e questa è la miglior garanzia dell’immutabilità politica. Basta non cambiare mai, di modo che il popolo possa continuare a esprimere la sua volontà di cambiamento. Perciò in Usitalia si era deciso che tutti dovessero assomigliarsi, virtuosi e gangster, modernisti e passatisti, moderati e moderisti. Decine di facce promettevano, incominciavano, interrompevano, ribadivano le solite cose, dentro e fuori gli schermi, e in quel rutilante scorrere di nulla ogni cittadino trovava le sue ragioni e subito le dimenticava, e gli restava dentro solo l’eco di un disagio rabbioso. Così il Reame del Gangster Catodico e dei suoi maggiordomi neri e rosa, sembrava volere le stesse cose del Misterioso Dopo una descrizione così tristemente illuminante non Grande Centro o del Monastero dei Beati Progressisti, vedo parole da aggiungere. Quindi ci si risente nel prossiidentiche erano le orazioni, i rosari e le parolacce, identi- mo numero. ca la miseria di idee e la sudditanza ai forti. Tommaso Conte IIIA spp Pagina 19