La preghiera comune Il momento della fraternità PREMESSA Il Movimento Per l’Alleluia, MPA, è il Movimento dei Laici sorto nel 1993 a fianco dell’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata. La sua finalità è vivere la fede cristiana nella famiglia, nell’ambiente di lavoro, nella comunità parrocchiale attraverso il carisma della Beata Elisabetta Renzi. “Sii felice perché il buon Dio ti ama!”: dice Madre Elisabetta; lo stile di vita, quindi proposto all’MPA è una fede gioiosa, carica di fiducia, di speranza cristiana. “La Croce! Essa ha dato la pace al mondo! E io l’amo.”: l’amore a Cristo crocifisso è uno degli elementi fondanti la spiritualità della Beata. “Io porto Colui che mi porta”: lo spirito di unione con Gesù Crocifisso trova alimento e suggello nella partecipazione del dono eucaristico. Animati dalla stessa spiritualità, i laici MPA sono perciò chiamati ad accogliere, custodire e vivere il carisma della Beata Elisabetta Renzi. Il cammino annuale dell’MPA viene scandito da un incontro mensile nei singoli gruppi, dove si segue il programma predisposto dalla Commissione Formazione del Movimento per tutti i gruppi, in Italia e all’estero. La programmazione annuale segue generalmente le tematiche proposte dalla Chiesa per la Catechesi degli adulti e si armonizza con la spiritualità della Beata. La caratteristica del cammino sta soprattutto nel metodo, che vuole favorire. L’accoglienza gioiosa a tutti i partecipanti L’ascolto della parola di Dio e della Chiesa intercalate dal canto La condivisione delle proprie risonanze di fede 1 Frequentando regolarmente gli incontri avremo occasione per crescere in veri rapporti di amicizia dove potremo condividere i nostri pensieri, il nostro agire, il nostro cammino personale di santità con quella fede gioiosa, quella speranza e fiducia in Dio che caratterizzò Madre Elisabetta e che è il fondamento di una autentica fede cristiana. Sapendo di poter essere sempre gioiosi, non perché tutto va bene, ma perché Dio ci ama, siamo chiamati, per vocazione, a diffondere amicizia, condivisione, cordialità, accoglienza e ci impegniamo a incarnare nella vita quotidiana i messaggi che lo Spirito Santo trasmette al gruppo e ai singoli amici MPA. E’ impegno di ciascuno l’utilizzo personale del libretto, per arrivare agli incontri avendo già letto e meditato l’argomento che viene via via proposto. E’ impegno di ciascuno invitare nuovi amici a vivere un cammino di santità secondo la spiritualità della Beata Elisabetta, infondendo nei loro cuori pace, serenità e predisposizione all’ascolto della Parola tenendo vive e presenti le parole di Giovanni Paolo II: “Non temere di aprire il tuo cuore a Cristo”. Il Cammino MPA Il cammino di questo anno, in continuazione con quello precedente, punta la nostra attenzione su alcune VIRTU’ UMANE. Per ogni virtù è riportata un riflessione tratta dalla Sacra Scrittura e un aiuto per la meditazione. Poi ci accosteremo alla figura della Beata Elisabetta Renzi e cercheremo di capire come lei, nel concreto della sua vita, ha vissuto queste virtù. 2 Approfondiremo la vita e l’esperienza spirituale della nostra Beata attraverso pellegrinaggi del gruppo sui luoghi dove lei ha vissuto, ripercorrendone la vita e le opere. Per questo anno proponiamo la tappa dell’Itinerario Elisabettiano MPA a Coriano, di cui troverete indicazioni in Appendice e che, data la vastità del materiale presente nella Positio, desidera essere solo uno spunto per ulteriori approfondimenti. In questo luogo è stato anche allestito un museo che ripercorre la vita e le opere della Beata Elisabetta Renzi e la storia dell’Istituto delle Maestre Pie dell’Addolorata. Se precedentemente avvisati, è possibile fare una visita guidata allo stesso. Viene lasciata a discrezione di ogni gruppo la scelta della data in cui effettuare il pellegrinaggio. Ciò non toglie che gruppi ‘vicini’ possano scegliere di fare il pellegrinaggio insieme. Per motivi organizzativi, è necessario comunicare almeno 15 giorni prima a Sr Teresa (0541/730863) o Sr Sabrina (0541/603036) la data prescelta. Anche per chi è materialmente impossibilitato ad effettuare il pellegrinaggio, invitiamo a farlo spiritualmente, cogliendo l’occasione di leggere le schede proposte per conoscere ancora meglio la vita e la spiritualità della Beata. propone alcuni canti da imparare all’interno dei gruppi. Li trovate come materiale allegato al libretto formativo. Questi canti saranno quelli che utilizzeremo nei nostri incontri e liturgie plenarie nel prossimo anno. Oltre a ciò i membri della Commissione si sono resi disponibili ad andare nei gruppi che lo richiedessero. Vi auguriamo un anno ricco di grazie nel Signore e di un rinnovato e profondo cammino di fede in compagnia della Beata Elisabetta Renzi. Sempre in appendice è proposto un sussidio per la preghiera della Corona dell’Addolorata. La devozione all’Addolorata era molto sentita da Elisabetta Renzi. Per questo motivo desideriamo farvi conoscere questo modo di ‘seguire’ Cristo sulla Via della Croce insieme a Maria. Proponiamo che venga recitata ogni sabato nel periodo di Quaresima o in qualunque altro momento si desideri. Riteniamo inoltre importante dare spazio al canto come momento di preghiera e di lode nell’allegrezza e giovialità proprie del laico MPA. Per questo motivo la Commissione Musica e Canto ci 3 4 SOMMARIO Le Virtù Umane LA BONTÀ Le Virtù Umane LA BONTÀ ................................................................................ 6 L’UMILTÀ ............................................................................... 14 L’ALLEGREZZA ....................................................................... 23 LA GRATITUDINE ................................................................. 31 LA COMPASSIONE................................................................. 39 LA PAZIENZA.......................................................................... 47 LA LEALTÀ ............................................................................. 55 LA LABORIOSITÀ .................................................................. 63 Appendice.........................................................................................73 CORIANO... l’arca novella ................................................. 74 Premessa.................................................................................................. 75 Il Conservatorio ...................................................................................... 75 Arrivo di Elisabetta ................................................................................. 77 La chiesa e il fabbricato........................................................................... 77 Maddalena di Canossa ............................................................................ 81 Imprevedibile tempesta ........................................................................... 81 Il Regolamento........................................................................................ 83 Erezione canonica e vestizione ................................................................ 84 Coriano e nuove fondazioni ................................................................... 88 Ritratto di Elisabetta ............................................................................... 90 Morte di Elisabetta.................................................................................. 92 Per noi oggi... Laici MPA ........................................................................ 94 Corona dell’Addolorata ....................................................... 95 5 Dalla Sacra Scrittura Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in 6 abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. (Lc. 15, 11-24) C’è Qualcuno che ci aspetta, così come è raccontato nella parabola del figliol prodigo; un Padre, ricco di bontà, ci aspetta; vuole stabilire con noi un rapporto di fraterna amicizia al di là delle nostre debolezze e delle nostre mancanze. Nessuno l'avrebbe riconosciuto. Nessuno che non fosse suo padre. Lui, sì. E non seppe aspettare dignitosamente che il giovane venisse a gettarsi ai suoi piedi. Chiunque avrebbe fatto così. E' tanto piacevole mostrarsi offesi e vedere qualcuno che viene a prostrarsi davanti a noi, sentire poi la dolcezza di perdonare dimostrando la nostra magnanimità! Ma questo padre, no. Uscì correndo con tutta la velocità che gli permettevano le sue gambe e il suo fiato e abbracciò il figlio prima che questi riuscisse ad abbracciarlo per primo. E lo coprì di lacrime e di baci. Mentre il pentimento va a passi lenti, la misericordia corre, vola, brucia le tappe, anticipa il perdono spinge avanti la gioia come un araldo. Dio ci aspetta, con le braccia aperte, benché non lo meritiamo. Non gli importa l’entità del nostro debito. Come nel caso del figliol prodigo, dobbiamo solo aprire il cuore, sentire la nostalgia del focolare paterno, meravigliarci e rallegrarci di fronte al dono divino di poterci chiamare e di essere – nonostante tante mancanze di corrispondenza – veramente figli di Dio. Meditiamo insieme... Invece la persona buona è colei che ha una buona opinione della vita, che pensa bene di essa. La persona buona è una persona di pace, che diffonde attorno a sé un senso di pace, di libertà, di fiducia: è un dono prezioso per chi vive con lei o la incontra. La bontà è una virtù che sta in ombra, rifugge dall’ostentazione: la persona buona non bada a sé, né chiede che la si veda. Gandhi diceva: “Il miglior modo di predicare il Vangelo è di viverlo. Una rosa non ha bisogno di prediche: diffonde il suo profumo ed è questa la sua predica. Fate che la vostra vita parli come una rosa. Persino il cieco che non vede la rosa, ne viene attratto”. La vera bontà non parla molto, non spinge per farsi strada, non fa chiasso. Quanto più è profonda, tanto più si fa silenziosa. E’ il pane quotidiano di cui si nutre la vita. Alla vera bontà occorre pazienza, lucidità interiore, forza d’animo, visione della realtà sorretta dalla prudenza, dalla mitezza. Gesù ci ricorda che “nessuno è buono, se non uno solo: Dio; Egli è la fonte di ogni bontà e la concede a chi gliela chiede con fede. Un aspetto molto importante della bontà è la cortesia: essa rimanda a tanti piccoli gesti quotidiani, spesso inattesi quanto graditi, che sono espressione della stima e del riguardo per la persona umana. La persona cortese rivolge lo sguardo verso l’altro, ne coglie i bisogni e i desideri, conosce le stanchezze dell’altro e le rispetta. La cortesia rende piacevole la convivenza umana. Si parla molto dell’amore, meno della bontà, perché è facile scambiare bontà con bonarietà, debolezza, arrendevolezza. 7 8 Elisabetta Renzi e la Bontà Elisabetta Renzi, fin da giovane, quando diciottenne, passò nel convento di Pietrarubbia, manifestò di essere nata non per gradire agli occhi degli uomini, ma per compiacere solo il suo Sposo Celeste, sempre più risoluta di applicarsi santamente a farsi bella nell’anima, adornandola ogni giorno più di azioni virtuose e perfette. Quanti uscivano dai colloqui con la Madre, esclamavano: “Che felicità dev’essere in Paradiso, poiché già sulla terra la compagnia dei santi è cotanto amabile, e la loro conversazione si piena d’incanto e di dolcezza!”. Si legge fra i proponimenti fatti da Elisabetta Renzi, nel ritiro di Sogliano dell’8 settembre 1853 : - Stare attenta di non mancare alla Carità del prossimo, di- - scorrendo degli altrui difetti, e molto più se fosse materia grave, ed anche di quelli delle mie consorelle, senza vera necessità. Non lasciare di fare la correzione, ma prima raccomandarsi a Dio, e non parlar mai in collera e di primo impeto. Non pensare troppo a se stessa e al timore che ogni cosa faccia morire, ma piuttosto stare alle disposizioni altrui e questo sarà la mia penitenza. La Beata insegnava così alle consorelle: “Cerca la compa- gnia della consorella che non ti piace per naturale inclinazione, e compi a suo riguardo l’ufficio del buon Samaritano. Basta spesso una parola ed un amabile sorriso per dilatare un’anima triste… Carità lieta e amabile. Spargi dei fiori, non lasciar sfuggir nessun sacrificio per quanto piccolo, uno sguardo, una parola; approfitta delle minime occasioni, e dì: voglio soffrir per amore, ed anche per amore gioire, e così io porgerò dei fiori; ancorché dovessi cogliere rose in mezzo alle spine, canterai. Il 9 nostro cuore sia pieno della volontà di Dio: io non voglio se non ciò che Egli vuole, e non amo se non quello ch’Egli fa”. E ancora parlando delle sue suore diceva: “Riparare al male e fare il bene, amando Dio e il prossimo, è la vita della novizia. Sua beneficata; ma non le basta, chè aspira a farlo con l’affetto di mille cuori, con l’azione di mille mani…” (Dal libro “Elisabetta Renzi biografia” di Caterina Giovannini, MPdA) Testimonianza di Sr Rosina Alessandroni, che ha avuto notizie della Fondatrice da una vecchia donna di Coriano, che aveva conosciuto Sr Elisabetta di persona: “La Domenica mi raccontava che anche gente del popolo, che veniva da lontano, veniva dalla Madre per ascoltarne l’incoraggiamento e le esortazioni alla fiducia. E tutti ne ritornavano edificati e rasserenati esaltandone la bontà”. Testimonianza di Sr Adalgisa Mengoni dice: “La mia vecchia maestra di lavoro, Sr Teresa Raffaelli, che era stata alunna e tra le prime figlie della Fondatrice mi raccontava che il popolo di Coriano aveva tanta stima nella Madre Renzi, che ricorreva sempre a lei per consiglio e per preghiere… e tutti ne temevano la morte. Quando la Madre Renzi usciva anche per poco dalla porticina vicino al cancello, non appena i paesani la vedevano, la circondavano per ossequiarla e per farle attestato della loro devozione. Lei parlava però pochissimo e si schermiva…”. Dalla Positio (pag. 654 13, f. 22; pag. 660 33, f. 63) Per la riflessione personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 10 .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Preghiamo con la preghiera della Chiesa... “Il frutto della luce consiste in ogni bontà” (Ef 5,9) .............................................................................................................. ant . Alla tua luce, Signore, vediamo la luce. .............................................................................................................. Salmo 35 .............................................................................................................. Nel cuore dell’empio parla il peccato, * davanti ai suoi occhi non c’è timor di Dio. poiché egli si illude con se stesso * nel ricercare la sua colpa e detestarla. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Inique e fallaci sono le sue parole, * rifiuta di capire, di compiere il bene. Iniquità trama sul suo giaciglio, si ostina su vie non buone, * via da sé non respinge il male. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Signore, la tua grazia è nel cielo, * la tua fedeltà fino alle nubi; la tua giustizia è come i monti più alti, il tuo giudizio come il grande abisso: * uomini e bestie tu salvi, Signore. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio! * Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali, si saziano dell’abbondanza della tua casa * e li disseti al torrente delle tue delizie. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. E’ in te la sorgente della vita, * alla tua luce vediamo la luce. Concedi la tua grazia a chi ti conosce, * la tua giustizia ai retti di cuore. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 11 12 Non mi raggiunga il piede dei superbi, * non mi disperda la mano degli empi. Ecco, sono caduti i malfattori, * abbattuti, non possono rialzarsi. Le Virtù Umane L’UMILTÀ Gloria.. ant. Alla tua luce, Signore, vediamo la luce Rileggiamo il salmo in silenzio per alcuni istanti, ognuno poi legga a voce alta , spontaneamente, le parole che lo hanno maggiormente colpito. Dopo ogni frase ripetiamo insieme: Riempici della tua bontà, Signore Altre intenzioni di preghiera: • Rinnova l’amore degli sposi e delle famiglie • sostieni la crescita dei ragazzi e dei giovani • suscita in tutti gesti di carità operosa • rendi pacifico il cuore dei popoli Spirito Santo, ristoro nella fatica, sostegno nella debolezza, conforto nel pianto, vedi le attese di bontà che sono presenti nella Chiesa e nel mondo: fruttifica in noi la tua bontà operosa perchè non ci stanchiamo nel fare il bene, e da te mossi e guidati doniamo sostegno e serenità ai nostri fratelli, per Cristo nostro Signore. Amen. Preghiera della Beata. Dalla Sacra Scrittura «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato». (Lc. 18, 10-14) 13 14 Con questo racconto, Gesù vuol convincerci di un’evidenza: siamo tutti sufficientemente presuntuosi e ricchi da escluderci dal Regno. La nostra umiltà allora sarà riconoscerci nel fariseo. In questo dittico abbiamo due modelli di fede e di preghiera. Da una parte il fariseo, che prega davanti al proprio io. Sicuro nella propria bontà, giustifica sé e condanna gli altri. Dall'altra il pubblicano umile e cosciente del proprio peccato, che, sentendosi lontano da Dio e non potendo confidare in sé, si accusa e invoca perdono. La fede che giustifica viene dall’umiltà che invoca la misericordia; la presunzione della propria giustizia non salva nessuno. L’umiltà è l’unica qualità in grado di attirarci lo sguardo del Signore. Tutti i personaggi del Vangelo di Luca sono riconducibili a queste due figure che rappresentano rispettivamente l'impossibilità e la possibilità della salvezza. Anzi più esattamente: noi cristiani seri siamo tutti fratelli gemelli del fariseo, il presunto giusto, che Gesù vuol convertire in reo confesso, perché accolga la grazia. Senza umiltà non c’è nessuna conoscenza vantaggiosa né di sé né di Dio e si permane nelle mani del demonio. Se noi tutti sappiamo che il peccato è la superbia, ne consegue che la vera umiltà è quella di riconoscerci tutti come farisei Colui che non si vanta, non si gonfia, non alza la cresta; Colui che si fa piccolo, si mette a servizio degli altri. che solo la misericordia di Dio può salvare: “….. ha rin- chiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia” (Rm. 11,32). La fede e la preghiera che introducono nel Regno si fondano su questa umiltà fiduciosa, frutto della nuova conoscenza di sé e di Dio. Infatti, senza umiltà, la preghiera è dell'io e non di Dio; la fiducia è in sé e non in lui. La grande differenza tra gli umili ed i presuntuosi, sta nel fatto che i primi accettano di essere salvati; i secondi non lo vogliono. Alcuni sintomi evidenti di mancanza di umiltà sono: 9 Pensare che ciò che fai o dici è fatto o detto meglio di quanto dicano o facciano gli altri; 9 Volerla sempre avere vinta; 9 Non accettare mai il punto di vista dell’altro; 9 Non ritenere i propri doni e le qualità ricevute in prestito da Dio 9 Credere di essere qualcuno. L’atteggiamento di umiltà è importante soprattutto nel nostro rapporto con Dio. Spesso non riusciamo a pregare bene perché cominciamo con la presunzione di saper pregare, mentre dovremmo partire sempre confessando:” Signore, non so pregare; so di non saper pregare.” Già questa è preghiera, perché fa posto allo Spirito che dobbiamo chiedere. Meditiamo insieme... Elisabetta Renzi e l’Umiltà La parola umiltà ha una radice ben precisa: humus, che significa terra. Allora l’umiltà è la virtù di chi non dimentica di essere fatto di terra, di fango e riconosce quello che è, il suo essere fragile. L’opposto dell’umiltà è il montarsi la testa, il mettersi sopra gli altri, è l’orgoglio, la vanità. L’umile è: Colui che riconosce quello che è, ha una giusta stima di sé, una giusta valutazione di sé; L’umiltà, ritenuta dalla serva di Dio la pietra di paragone della perfezione, era presente in lei, sino a poterla considerare quale caratteristica dominante; anzi era da lei amata come un prezioso tesoro e la si riconosceva nella modestia delle parole e in tutti i suoi atti. Per prima cosa solo a Dio attribuiva la fondazione dell’Istituto e, quando veniva interrogata da estranei, circa la fondatrice dell’opera, rispondeva sempre in termini molto generali, sforzandosi di nascondere abilmente se stessa e le opere da lei compiute. Era tanta la cognizione del suo niente, che volentieri avrebbe voluto affidare alla Beata Maddalena di Canos- 15 16 sa le sue istituzioni di Coriano e di Sogliano. Quando ebbe la direzione della casa di Coriano, ella confessò ingenuamente: “Il mio cuore ardeva di carità per la santificazione delle anime, ed io non penso che vi sia stata altra prova, che mi abbia dato la cognizione del mio niente, come questo dovere, che l’ubbidienza m’impose fin dall’esordio della mia novella esistenza!”. Anche le prove che aveva sostenuto prima del suo ingresso a Coriano, l’avevano molto affinata nell’umiltà. Nel ritornare alla casa paterna, dopo il forzato abbandono del monastero di Pietrarubbia, le parve di leggere la volontà di Dio che, in quelle pene e contraddizioni, le faceva il dono di esercitarsi nell’umiltà “riconoscendosi indegna di restare tranquillamente nel chiostro”. Lo spirito di Dio, che era in lei, dava ad ogni sua parola mirabile giustezza, una semplicità, un’opportunità incomparabile. Il suo conversare era più divino che umano, e siffattamente nel Cielo che tutti ne esalava i profumi. Parlava dell’altro mondo, come se ne fosse tornata, della vanità di questo con una si dolce ironia, che non si poteva far a meno di riderne. Tutte le lettere che la Renzi scrisse al vescovo di Rimini, per esempio, sono un capolavoro di umiltà. Da Coriano, 19 luglio 1833 a S. E. Mons. Vescovo di Rimini, Francesco Gentilini: “…E’ troppo necessario che i Superiori restino ben informati di tutto, altrimenti non si può agire con quella beata sicurezza che deriva dall’essere consigliata e autorizzata dal Superiore. …”. Da Coriano, 4 marzo 1839, dopo il rinvio della vestizione da parte del Vescovo: “… Il secondo periodo della venerata sua del 17 febbraio, mi ha messa in qualche costernazione, scorgendovi un certo raffreddamento o dubbio di porre in effetto quel tanto che graziosamente e saggiamente si compiacque di progettare; e non saprei trovare la cagione. Se ciò provenisse da qualche man17 canza da me non conosciuta, la pregherei a volermela significare, affine di poterla, se possibile, riparare. Colla speranza di ottenere dalla benignità del mio Superiore questa grazia passo, a baciare il Sacro Anello…”. Segue a questa lettera quella del 12 marzo : “… Sono rimasta veramente sorpresa, e tanto più mi rincresce perché pare, che ciò derivi da mia colpa, e che io sia dominata da spirito di superbia e d’insubordinazione. Può essere purtroppo, giacché l’amor proprio mi può far travedere e se per mortificare in me questo spirito di orgoglio conoscesse il Superiore che fosse necessaria per me questa umiliazione, benedirei anche in mezzo alle lacrime le disposizioni del Signore manifestatemi per suo mezzo. Potrei dire qualcosa in mia difesa, ma non voglio farlo qualora il mio Superiore non mi dica se è bene o no che ciò io faccia. …”. La Giovannini termina le Notizie edificanti della Beata con una frase che esprime molto bene l’alto grado di umiltà raggiunto dalla Serva di Dio: “E’ gioia immensa, per noi, il pen- sare alla vostra beatitudine, alla vostra gloria, che dev’essere ben grande, secondo la divina promessa, se è proporzionata alla vostra umiltà”. ( dalla Positio, LXI, e dal libro “Elisabetta Renzi biografia” di Caterina Giovannini, MPdA) Testimonianza di Sr. Rosina Alessandroni: “La fama delle virtù della Renzi, diceva la Pavona, era conosciuta anche all’esterno e la Madre cercava di non uscire appunto per evitare di sentire il coro di lodi che nei suoi riguardi il popolo proferiva vedendola”. Testimonianza di Sr. Luisa Casadei che ha avuto notizie della Beata, dalla nonna, contemporanea della Serva di Dio: “La Madre Renzi era tanto umile che nessuno l’avrebbe creduta la fondatrice e superiora della casa: da mia nonna seppi che pur avendola veduta e avendo parlato con lei molte volte, non credeva che fosse la superiora, e ne venne a conoscen- 18 za solo quando, dopo la morte della Serva di Dio, ne fu scoperto un monumentino nella chiesa delle suore di Coriano “. Testimonianza di Sr. Rosa Bianchi che ha avuto notizie da Sr. Teresa Raffaelli, che visse con Madre Renzi e da altre suore che entrarono nella Congregazione dopo la morte della Fondatrice: “Madre Raffaelli parlava volentieri dell’umiltà e dello spirito di rinuncia che animava la madre Renzi; era mortificata nel vitto nel vestito poverissimo, sceglieva per sé tutte le cose più scadenti. Attribuiva le lodi che sarebbero spettate lei alle altre consorelle…”. (dalla Positio pag. 655, 26, f. 24, pag. 660, 30, f. 69, pag. 655, 26, f. 103 ) .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Per la riflessione personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 19 .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 20 Altre intenzioni di preghiera: • Fa che nella nostra condotta appaia in riflesso la tenerezza di Dio • Ispiraci gli atteggiamenti più appropriati, perchè la nostra presenza sappia confortare, rallegrare, soccorrere • Ispiraci l’umiltà del cuore, per essere olio che lenisce e portare unione e riconciliazione in mezzo ai conflitti • perchè i giovani riscoprano la gioia di essere cristiani Preghiamo con la preghiera della Chiesa... “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore” (Mt 11,29). ant. Chi si fa piccolo come un bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. Salmo 130 Signore, non si inorgoglisce il mio cuore * e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, * superiori alle mie forze. Padre, fonte della pace, dolcezza di quanti confidano in te, donaci nel tuo Spirito il gusto del bene, la gioia di comportarci con mitezza. Fa che siamo come il tuo figlio Gesù, capaci di accogliere le persone con gentilezza, ascoltarle con attenzione, trattarle con cortesia, confortarle amorevolmente. Per Cristo nostro Signore. Amen. Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, * come un bimbo svezzato è l’anima mia. Preghiera della Beata. Speri Israele nel Signore, * ora e sempre. Gloria.. ant. Chi si fa piccolo come un bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli Rileggiamo il salmo in silenzio per alcuni istanti, ognuno poi legga a voce alta , spontaneamente, le parole che lo hanno maggiormente colpito. Dopo ogni frase ripetiamo insieme: Spirito di mitezza, agisci in noi 21 22 Le Virtù Umane L’ALLEGREZZA Dalla Sacra Scrittura E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda». (Mt. 13, 3b-9) Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. (Sal. 100,2) Dobbiamo essere ottimisti, ma di un ottimismo che nasce dalla fede nel potere di Dio. Questo non significa sorridere a tutti ed aspettarsi un svolta: l'ottimismo è il frutto della maturità che abbiamo conquistato, è il frutto di una fede che è diventata serena espressione di vita. La vita è quello che è, cioè una lotta senza soste per chiarirci, per maturarci, per porci davanti a Dio nella posizione giusta. Eppure non siamo tristi. Cristianesimo e pessimismo non vanno d'accordo per la semplice ragione che Dio non ci chiede di fare l'impossibile, ma soltanto di fare il nostro meglio: "Pace in terra agli uomini di buona volontà, dissero gli angeli nella notte più stellata del mondo". Il seminatore della parabola continuò a seminare pur 23 sapendo che il buon grano cadeva tra i sassi, sopra la polvere secca di una strada o nel soffocante groviglio di una siepe. È questo il vero ottimismo: la certezza che il bene non andrà perduto e che, se sul piano umano i conti non tornano, sopra un altro piano, finiranno sempre per essere esatti. L'ottimismo cristiano è un frutto della fede e non una operazione di contabilità che non conosce passivi. Qualche volta la stanchezza può diventare disperazione che dipinge tutto di nero: un venerdì santo di solitudine e di tenebre eppu- re non dobbiamo essere tristi perché siamo dentro un disegno che presto o tardi finirà per rivelarsi nella sua pacificante bellezza. Il nostro ottimismo nasce dalla fede: è l'ottimismo della speranza che si ricollega a qualcosa, ma soprattutto a Qualcuno. Se Cristo si fosse arreso alla misura dei risultati apparenti, il venerdì santo sarebbe stato il più lungo e il più inutile dei giorni: invece a quattro passi, dietro l'angolo del nuovo giorno, c'era la luce più nuova e più consolante del mondo. Meditiamo insieme... L’allegria dovrebbe arrivare a impregnare tutta la nostra esistenza. Possiamo essere per indole ottimisti, ma qualora non lo fossimo, dobbiamo porre tutti i mezzi a nostra disposizione per diventarlo. Lo dobbiamo a chi ci vive accanto, ma soprattutto dobbiamo diventarlo per noi stessi. Chi è per carattere pessimista frena qualunque attività propria o altrui. Certo, non si tratta di vivere nell’ingenuità, ma di sforzarci di trovare un lato positivo in quello che ci capita. Qualunque cosa succede ha un senso. Dio aspetta sempre una risposta da parte nostra. A volte sarà semplicemente un 24 ringraziamento, altre volte gli offriremo quello che ci contraria. Ma se ci ribelliamo davanti a ciò che ci dispiace, dove è la nostra fede? E’ una fede senza opere. Sorridiamo quando tutto va bene e sforziamoci di farlo anche quando andrà meno bene, mettendo tutto il nostro impegno nel migliorare la situazione e, se proprio non dovessimo riuscirci, raccogliamo quello che resta di positivo, che potrà essere un’esperienza per il futuro e donarci una maggior conoscenza di noi stessi o degli altri. L’ottimismo è un rimedio insuperabile per vivere tranquilli, per avere pace e per diffonderla. A questo va aggiunta la costanza e l’impegno nel compiere il nostro dovere con la sicurezza che tutto ciò che ci capita sarà per il nostro bene. “Servire il Signore nella gioia” gioia come conseguenza della mia fede, della mia speranza, del mio amore, che deve durare sempre, perché il Signore mio è sempre vicino. Camminerò con Lui perciò sono ben sicuro, perché Dio è mio Padre. L’allegria di un cristiano deve essere traboccante, serena, contagiosa, attraente, così coinvolgente da trascinare anche gli altri. Elisabetta Renzi e l’Allegrezza Elisabetta Renzi, fu una fanciulletta riflessiva, conoscendo la preziosità del tempo, tutti stimava perduti quei momenti, che da lei non fossero impiegati o nell’attuale esercizio di qualche virtù, o in una stretta comunicazione con Dio; onde l’ottimo padre, Giambattista Renzi, volle affidare il suo tesoro alle religiose del monastero di Mondaino, ove ben tosto fu ammessa alla Prima Comunione. A notizia nostra di quel dì beato è solo pervenuto che, dopo aver reso i più accesi affetti e ringrazia25 menti al suo Gesù, piena d’insolito giubilo che le brillava anche sul volto, Elisabetta baciò la mano ai genitori commossi, baciò la veste alla Badessa, e con aria di Paradiso disse loro che di lì in poi rispettassero la sua lingua e venerassero l’anima Sua che in quella mattina erano state santificate dal contatto dell’immacolato Suo Sposo Gesù. Dura con se stessa, era amabilissima con altri; sapeva sorridere; aveva parole graziose, piacevoli motti, argute e spiritose risposte; il più dolce seducimento siedevale sulle labbra nel momento stesso che ne uscivano le verità e le consolazioni. Né fatiche né sofferenze scemavano vivacità al conversare di lei, né la conducevano ad abbreviarlo; la sua gaiezza e benevolenza parevano crescere in mezzo alle infermità della vecchiezza: e una freschezza d’immaginazione e di sentimento durava sotto il gelo dell’età come l’eterna gioventù della vita beata. È ben vero che gli ultimi pensieri di un cuore pieno dell’amore di Dio somigliano agli ultimi raggi di sole, più inten- si e più coloriti prima del Suo tramonto. Scriveva alla nipote Giuseppina , richiamata alla casa paterna per pochi giorni: “…Se tu fossi sola io sarei la prima a tremare, poiché di noi stessi non abbiamo che, debolezza, impotenza e miseria; ma Nostro Signore è con te dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina! Tu soffri? È una divina mano che ti dà la sua croce, quando lavori, Egli è lì per risparmiarti metà di pena; quando piangi Egli ti si avvicina per asciugarti le lacrime; quando preghi, è lui che prega in te; ma tutto questo non fa bisogno di sentirlo! Allegra perché sai che il buon Dio ti ama, perché sai che noi abbiamo il cielo a noi davanti, e perché - nonostante le nostre debolezze, le nostre miserie, le nostre montagne di difetti - noi avanziamo verso Dio ogni giorno, e forse molto più quanto meno lo sentiamo…”. La Beata soleva dire alle sue suore: “Dite spesso giaculatorie; è questo il telegrafo con cui si comunica tra la terra e il cielo”. “Custodite i vostri affetti, i vostri sensi… siate pazienti, allegre. Siate pure come angioli. La purità e la poesia delle giovi- 26 nette. Siate garbate e rispettose…”. “Lassù, in Cielo, non incontreremo più sguardi indifferenti; sono certa che vi saranno lassù delle simpatie deliziose e sorprendenti. Niente vale a procurarci le piccole gioie quanto le piccole pene”. “… Non temiamo il male che ci travaglia, - scriveva nel 1832 quando il nemico del bene suscitò contro essa e il suo Conservatorio qualche lingua maledica - alziamo gli occhi all’alto Cielo; il dolce Gesù ci guarda…Solo il cielo è eterno camminiamo alla sua volta in amore e pazienza… “. (dal libro “Elisabetta Renzi biografia” di Caterina Giovannini, MPdA ) .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Per la riflessione personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 27 28 Preghiamo con la Preghiera della Chiesa… Rileggiamo il cantico in silenzio per alcuni istanti, ognuno poi legga a voce alta , spontaneamente, le parole che lo hanno maggiormente colpito. Dopo ogni frase ripetiamo insieme: “In Dio tutto è gioia, perchè tutto è dono” (Paolo VI) ant. Il tuo popolo , Signore, abbonda dei tuoi beni. Cristo risorto, donaci la tua gioia Cantico Ger 31, 10-14 Altre intenzioni di preghiera: • Perchè diffondiamo serenità e pace intorno a noi • Perchè cessino le guerre e si estingua l’odio • perchè la società ritrovi un tempo tranquillo • Perchè non prevalga in noi la malinconia e la tristezza • Perchè siamo capaci di compiere il bene e di compierlo con gioia Ascoltate, popoli, la parola del Signore * annunziatela alle isole più lontane e dite: “Chi ha disperso Israele lo raduna * e lo custodisce come un pastore il suo gregge” perchè il Signore ha redento Giacobbe, * lo ha riscattato dalle mani del più forte di lui. Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion, * affluiranno verso i beni del Signore, verso il grano, il mosto e l’olio, * verso i nati dei greggi e degli armenti. Dio di eterna gioia, che con Cristo tuo Figlio, fonte di vita, hai introdotto nel mondo la vera gioia, liberaci dal peccato che rattrista il tuo Spirito e accoglici alla mensa del tuo Regno per saziarci del tuo amore che ha in sé ogni dolcezza. Per Cristo nostro Signore. Amen. Essi saranno come un giardino irrigato, * non languiranno mai. Allora si allieterà la vergine alla danza; * i giovani e i vecchi gioiranno. Preghiera della Beata Io cambierò il loro lutto in gioia, * li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni. Sazierò di delizie l’anima dei sacerdoti * e il mio popolo abbonderà dei miei beni. Gloria ant. Il tuo popolo, Signore, abbonda dei tuoi beni. 29 30 Gesù lo notò, perché era sensibile alla gratitudine. La gratitudine è un valore. Impariamo dunque a ringraziare sempre Dio per la vita, per la salute, per la luce del sole. San Francesco predicava agli uccelli e diceva: “Fratelli miei Le Virtù Umane LA GRATITUDINE Dalla Sacra Scrittura Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e và; la tua fede ti ha salva(Lc. 17,11-19) to!». Ci sono molti aspetti buoni per tutti e dieci i lebbrosi: vanno dalla persona giusta, hanno fede che Gesù li poteva guarire, rispettano le leggi di Dio (versetto 12b, non si avvicinano come la legge mosaica comandava), chiedono con l’atteggiamento giusto (versetto 13, abbi pietà di noi), ubbidiscono con fede a Gesù (versetto 14, vanno dai loro sacerdoti benché non erano ancora stati guariti). Fino a questo punto della storia tutti e dieci sembrano essere bravi “cristiani” Hanno fede in Gesù, sono ubbidienti, sono umili e rispettosi. E questo sarebbe già un bel traguardo nelle chiese cristiane. Ma c’è qualcosa che fa una enorme differenza tra i 10 lebbrosi. Uno solo tornò indietro per ringraziare il Signore Gesù e lodare Dio! 31 uccelli, voi siete molto tenuti a Dio vostro creatore, e sempre lo dovete lodare perché ha conservato il vostro seme nell’arca di Noè, vi ha dato libertà di volare dove volete, e tutta la purità dell’aria per voi”. “Fratelli miei uccelli, lodate Dio perché voi non seminate e non mietete, e il Signore vi dà fiumi e fonti per il vostro bere, alberi alti per il vostro nido, montagne e valli per il vostro rifugio. Voi non filate e non cucite e il studiatevi di lodare Iddio”. Se Gesù ha sottolineato la gratitudine di un samaritano e lo ha benedetto ancora di più “...la tua fede ti ha salvato” quanto più il Signore noterà la nostra gratitudine per tutte le cose che ci dà giorno per giorno e sarà pronto a benedirci ancora di più. Uno dei rimproveri che Dio fa a questo mondo è che “pur a- vendo conosciuto Dio non l’hanno ringraziato…” (Rm. 1:21). Meditiamo insieme... Gratitudine, ringraziamento sono forme ed espressioni della riconoscenza, la quale è anche definita “memoria del cuore”. Sa ringraziare colui che conserva il ricordo del bene ricevuto. E’ riconoscente colui che “riconosce” col cuore ciò che ogni giorno gli viene donato. La persona riconoscente sa dire grazie per ogni cosa. Fin dal mattino ringrazia per il dono del nuovo giorno, per il sorgere del sole; ringrazia soprattutto perché possiede un cuore capace di amare. Nulla è ovvio e dovuto. La sua stessa 32 esistenza è un dono. Chi riconosce tutto questo non può che essere grato. Dio ci fa innumerevoli doni, proprio perché ognuno di noi è sommamente prezioso ai suoi occhi. Perciò anche noi, da parte nostra, dobbiamo donare, nutrendo ammirazione per il mistero racchiuso negli altri. Fa bene, di quando in quando, riandare con animo grato a tutto ciò che nel corso della nostra esistenza abbiamo ricevuto in dono. Ed esprimere al Signore la riconoscenza, soprattutto con la lode e la benedizione. Gli rendiamo lode per tutti i suoi benefici, per la sua creazione, per la salvezza offerta in Gesù. Lo ringraziamo, riconoscendo che Gli siamo debitori di tutto il nostro essere. La gratitudine, però, è distrutta da una mentalità consumistica: ho diritto a tutto. Devo soddisfare subito ogni mia esistenza. Non posso aspettare che qualcun altro mi doni qualcosa. Questa incapacità di aspettare impedisce anche di gustare le cose. La riconoscenza cambia la vita. “Chi comincia a ringraziare, comincia a vedere la vita con occhi nuovi.” “Se ti senti debole, svogliato e indeciso, comincia a ringraziare…. Le cose andranno subito meglio!” Quando si osserva la vita con gratitudine, l’oscurità si illumina. In ogni istante riceviamo come nuova la vita da Lui. Nella riconoscenza esprimiamo ciò che veramente siamo: creature di Dio, suscitate dalla Sua forza creatrice, da Lui conservate nell’esistenza, sorrette senza posa dal Suo Amore. Elisabetta Renzi e la Gratitudine Elisabetta così concluse la lettera con la quale esponeva al padre la sua vocazione al chiostro, ed alla quale segue il seguente poscritto: “All’infuori di Dio non v’è cosa solida, nessu33 na, nessuna al mondo! Se è la vita, passa; se è la ricchezza, sfugge; se è la salute, perdersi; se è la reputazione, la ci viene intaccata; ah: tutte le cose se ne vanno, precipitano. O Babbo, mi permetta che io ottenga qui il premio di opere buone, di buoni pensieri, di desideri buoni, imperocché Dio, che solo è Buono, anche dei buoni desiderii tien conto. Dio mi fa tante offerte! Vuole dunque che non mi curi tosto della Sua amicizia, che non faccia tosto gran caso delle Sue promesse?... Babbo veneratissimo, glielo dico: ho un vivo desiderio di fare del bene, di pregare tanto per la gloria di Dio, anzi per la maggior gloria di Dio… nella casa di Dio”. Nel meditare la Vita di Sacrifizio di Gesù nel SS. Sacramento il 6 luglio 1856 scrive: “Pensai che per imitare Gesù in questa Vita di Sacrifizio basterebbe che offrissi ogni volta all’amoroso Cuor di Gesù quegl’incomodi, quelle noie e quei travagli che porta seco la mia debole natura e lo stato mio presente, usando particolare attenzione in soffrire tutto per piacere a lui”. Alla nipote Giuseppina, giovane Suora presso di sé, la impareggiabile Madre Elisabetta inculcava spesso che la pura e retta intenzione è amore di Dio, ed è ciò che vince il premio di tutte le opere. “Se tu facessi cosa anche grandemente utile al prossimo senza l’occhio della pura intenzione di piacere a Dio, a nulla ti varrebbe per crescere nell’amore, per conoscere la grandezza del divino amore”. E ancora: “Immaginate che tutte le vostre parole ed opere siano le ultime della vostra vita; come tutte sarebbero rette e pure, indirizzate solo alla gloria del Signore! Tanto che se mangiaste e qualcuno vi domandasse: Che cosa fate? Dovreste rispondere subito: Onoro Iddio!”. All’Abbadessa delle Suore di Mondaino scriveva: “…Vorrei che tutto il mio essere tacesse e in me tutto adorasse, e così penetrare ognor più in Lui ed essere così piena, da poterlo dare a quelle povere anime che non conoscono il dono di Dio! Che io me ne stia sempre sotto la grande visione di Dio!”. “…Poco c’importino quelle notti che potranno oscurare il nostro Cielo. 34 Se Gesù sembra dormire, riposiamogli accanto e stiamocene molto calme e silenziose per non destarlo, ma aspettiamo nella fede. Non desideriamo di andare in paradiso pure come angioli; vogliamo andarvi trasformate in Gesù Crocifisso. Quando a noi si presenta un grave dolore e un minimo sacrificio pensiamo subito che quella è l’ora nostra, l’ora nella quale noi proveremo il nostro amore a Colui che troppo ci ha amati, raccogliamo tutto , offriamo a Lui un bel fascio di sacrifizi, senza perderne neppure il più piccolo; in cielo, nella corona che il buon Dio sta preparando per noi, così bella, brilleranno come tanti splendidi rubini…”. Al fratello che le faceva una certa rimostranza, Elisabetta scrisse il 1 agosto 1839: “Mi compiaccio nel pensare che ho lasciato tutto; è così dolce il dare quando si ama! Ed io lo amo tanto il mio Dio, che è geloso di avermi tutta per Sé. Mi pare di non poter fare a meno di spendermi e consumarmi, per rendergli un po’ di ciò che Egli mi ha dato…”. “Fratello caro non guardiamo troppo noi stessi. Vorremmo vedere comprendere… e non abbiamo bastantemente fiducia in Colui che ci ricolma e circonda di sua carità. Raccogliamo tutti i lumi della fede per salire in alto, più in alto…”. Soleva inoltre esclamare: “Si è così contenti di dover tutto a Colui che è tutto. Ma cos’è dunque l’umana creatura, perché ve ne ricordiate così?”. ( dal libro Elisabetta Renzi biografia di Caterina Giovannini MPdA ) Per la Riflessione Personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 35 36 Preghiamo con la preghiera della Chiesa… Molti saranno i dolori dell’empio, * ma la grazia circonda chi confida nel Signore. Gioite nel Signore ed esultate, giusti, * giubilate, voi tutti, retti di cuore. “ Le sono perdonati i suoi molti peccati, perchè molto ha amato”…”La tua fede ti ha salvata, và in pace!” (Lc 7, 47-50) Ant. Beato l’uomo a cui il Signore perdona il peccato. Gloria Ant. Beato l’uomo a cui il Signore perdona il peccato Salmo 31 Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa, * e perdonato il peccato. Beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male * e nel cui spirito non è inganno. Rileggiamo il salmo in silenzio per alcuni istanti, ognuno poi legga a voce alta , spontaneamente, le parole che lo hanno maggiormente colpito. Dopo ogni frase ripetiamo insieme: Tacevo e si logoravano le mie ossa, * mentre gemevo tutto il giorno. Giorno e notte pesava su di me la tua mano, * come per arsura d’estate inaridiva il mio vigore. Vieni, Spirito di gratitudine Altre intenzioni di preghiera: • Perchè al di là degli orizzonti limitati del nostro egoismo, sappiamo ascoltare il grido dei poveri e dei sofferenti • Perchè accogliamo con cuore sincero e grato il progetto di Dio per noi • Rendici veri testimoni, profeti, uomini nuovi • Rinnova i nostri cuori , nella gioia della chiamata a essere testimoni di Cristo Risorto Ti ho manifestato il mio peccato, * non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: “Confesserò al Signore le mie colpe” * e tu hai rimesso la malizia del mio peccato. Per questo ti ripaga ogni fedele * nel tempo dell’angoscia. Quando irromperanno grandi acque * non lo potranno raggiungere. O Spirito Santo, che sei presente in noi come dono del Padre e del Figlio. con la forza e la dolcezza del tuo amore rinnova il nostro cuore, spezza le durezza del nostro orgoglio, liberaci dai vani pensieri, rendici capaci di accogliere con gioia e gratitudine la vita spirituale che tu porti nelle anime che sono docili alle tue ispirazioni. O Spirito che sei Signore e dai la vita, abbi pietà di noi. Amen Tu sei il mio rifugio, mi preservi dal pericolo, * mi circondi di esultanza per la salvezza. Ti farò saggio, t’indicherò la via da seguire; * con gli occhi su di te, ti darò consiglio. Non siate come il cavallo e come il mulo privi d’intelligenza; si piega la loro fierezza con morso e briglie, * se no, a te non si avvicinano. Preghiera della Beata 37 38 Le Virtù Umane LA COMPASSIONE Dalla Sacra Scrittura Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Và e anche tu fà lo stesso». (Lc. 10, 29-37) Davanti a un infelice “spo- gliato, percosso e mezzo morto”, il sacerdote e il levita, ve- dono e passano oltre; essi hanno regole ben precise da rispettare, secondo il loro culto. Un Samaritano, invece, agisce in base a ciò che la situazione richiede, e non secondo leggi e norme umane. In atto di compassione, egli lava le ferite dell’uomo assalito dai briganti, interrompe il suo viaggio e non soltanto, rimanda i suoi orari e i suoi affari, e spende il suo denaro per soc39 correrlo. Egli ama questo sconosciuto come se stesso, e gli offre aiuto generoso e gratuito, a scapito dei suoi interessi, compiendo così, l’opera che Dio stesso avrebbe fatto, se si fosse trovato a passare in quel momento e su quella strada. Egli vive nella sua persona i comportamenti di Gesù, che ha sacrificato la vita per gli altri, amici e nemici. Gesù ha avuto veramente compassione di tutti, senza chiedere a nessuno la carta d’identità razziale, o religiosa, o il certificato di buona condotta e di profitto spirituale. Ma quali panni indossa, oggi, questa figura simbolica? Egli si aggira tra la corsia di un ospedale, dietro il telefono di un’associazione, alla guida di un’ambulanza, tra le fiamme di un incendio, o a distribuire un pasto. Egli ci offre la parola, e lenisce quelle sofferenze che la nostra via tortuosa, la nostra Gerico interiore, ci presenta. Non esiste razza, condizione sociale, credo politico, o spirituale. Il nostro 40 prossimo designa tutti gli uomini e le donne, ma in particolare i più colpiti, i più bisognosi. Bisogna avvicinarsi a essi fino a identificarsi con loro, come fossero noi stessi: perché sono noi stessi! E nessuno è così lontano da non esser pronti in qualunque momento ad offrire soccorso. Il Samaritano di oggi perpetua quell’atto di compassione che è donato in silenzio, e che riconosce a tutti la stessa dignità, usando una parola, o una carezza come unguento. Il Samaritano di oggi concretizza quell’antica parola di Dio, parola e atto, che non dovremo mai dimenticare di tramandare ai nostri figli, quando ci porranno la domanda: “Chi è il mio prossimo?”. Saremo noi il Verbo, sarà nostra la voce che risponderà “……un uomo, che scendeva da Gerusalemme a Gerico, fu percosso dai briganti. Un Samaritano ne ebbe compassione e si prese cura di lui…. Va figlio, e anche tu fa lo stesso”. Meditiamo insieme... La Compassione - Solidarietà significa sentirsi legati agli altri, come una parte di un tutto, come ricorda S Paolo: “Siamo membra gli uni degli altri”. L’opposto è l’atteggiamento egoistico, individualistico, che porta a badare solo al proprio interesse. La solidarietà si esprime nel portare gli uni i pesi degli altri, a soffrire con chi è nel dolore, a gioire con chi è nella gioia. Proprio come ci ha insegnato Gesù con il Suo esempio e la Sua Parola. La compassione non è debolezza sentimentale. La compassione non è piangere davanti ai drammi della televisione…. e restare indifferenti davanti a quelli reali. La compassione non può fermarsi al sentire…, ma deve passare al fare. La compassione non comincia guardando gli altri…. Comincia guardando se stessi. La compassione è il fondamento e l’espressione della solidarietà. Elisabetta Renzi e la Compassione Elisabetta Renzi, investita della carità di Dio, sentì imperioso il bisogno di comunicare altrui le divine fiamme che eccitano, spingono, muovono di continuo all’azione per la salute del prossimo. Appena la Madre seppe della nuova associazione della “S. infanzia”, volle organizzarla nella pia Casa, e vi si associarono tanti e tante, anche estranei, per lo zelo delle Sue figlie che per iniziativa della Madre, facevano devote rappresentazioni e lotterie a pro dei poveri bambini cinesi. Il suo zelo era sempre ardente; avrebbe voluto oltrepassare i mari, accorrere per ogni dove per il soccorso dei prossimi, ed oh! quanto si compiacque, come di cosa possibile ad effettuarsi, quando una 41 giovane maestra, per trasporto di zelo, aveva composto una canzonetta nella quale si figurava che uno stuolo di M. Pie erano partite a fondare nuove case nella Cina. Dal suo protocollo 1844 si legge questa espressione edificante: “… Si procuri sollievo o rimedio alla miseria umana, e quindi non ci si rifiuti a dar consiglio o direzione alle persone misericordiose e benefiche, anche ad ostili e nemiche.” Il 2 febbraio 1849 da Coriano scrive a una signora: “Signora Ill.ma. Non abbandoni la briglia della vigilanza e della direzione sul collo del suo figliuolo. Con preghiera a Dio, con esortazioni a Lui, con raccomandazioni a quanti possono influire rettamente su di esso, procuri a preservarlo dai pericoli e spingerlo innanzi per la via della virtù. Che ella, Signora, non debba mai versare le lacrime affannose di Santa Monica…” E consola un’altra pia dama: “ Non tutta e non sempre la cattiva condotta dei figli si può attribuire a colpa dei genitori; e basta l’esempio di Rebecca, che ebbe due figli gemelli tanto diversi l’uno dall’altro…”. Dalle tue sofferenze venga a noi la virtù che sostiene i deboli, consola gli afflitti, ed ispira la fiducia ai più timidi; virtù somigliante alla stella del mattino, che splende fra la nebbia antelucana, somigliante all’iride, che corona di soavi colori le nuvole della sera. (dal libro Elisabetta Renzi biografia di Caterina Giovannini MPdA ) Testimonianza di Sr. Rosina Alessandroni che ha avuto notizie della Fondatrice da una vecchia donna di Coriano che l’aveva conosciuta di persona: “Elisabetta esercitava la carità in molte forme, e purchè le fanciulle andassero al conservatorio, prometteva loro la merendina, che consisteva sempre in poco pane e qualche radice, poiché erano allora molto povere. La Pavona mi ha spesso detto che la Madre era tanto buona, che le volevano bene pure i 42 muri. Si privava spesso del suo modesto cibo per darlo ai poveri”. Testimonianza di Sr. Luisa Casadei che ha avuto notizie dalla nonna contemporanea della Serva di Dio: “La nonna mi raccontava che la madre Renzi faceva la carità ai poveri, ogni volta che s’imbatteva in uno di loro e non mandava mai via nessuno senza dare loro qualcosa. Ogni sabato distribuiva il pane ai poveri, pane misto di grano e polenta”. Testimonianza di Sr. Amatia Tagliolini che ha ricevuto notizie da suor Teresa Raffaelli e da suor Nazzarena Guelfi: “La madre Raffaelli raccontava che la madre Renzi non mandava via mai nessun povero. Non ricordo il nome, ma so che vi era in Coriano una famiglia di povera gente, con i figli deficenti, che la madre Renzi assisteva assiduamente inviando a casa loro alimenti”. (dalla Positio, pag. 655, 17, f. 23; pag. 661, 17, f. 68; pag. 663, 17, f. 82.) .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Per la Riflessione Personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 43 44 Rileggiamo il salmo in silenzio per alcuni istanti, ognuno poi legga a voce alta , spontaneamente, le parole che lo hanno maggiormente colpito. Dopo ogni frase ripetiamo insieme: Preghiamo con la preghiera della Chiesa… “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi” (Gv 13,34) ant. Fedeltà in tutte le parole del Signore, amore in tutte le sue opere, alleluia Signore, insegnaci ad amare Salmo 144 (B III) Altre intenzioni di preghiera: • Perchè siamo più attenti e sensibili ai bisogni dei fratelli • perchè nella nostre famiglie si sperimenti la tenerezza e il perdono • perchè accogliamo la vocazione che hai pensato per noi • perchè possiamo essere portatori di riconciliazione Il Signore sostiene quelli che vacillano * e rialza chiunque è caduto. Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa * e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano * e sazi la fame di ogni vivente. Infiamma, o Padre, i nostri cuori con lo Spirito del tuo amore, perchè pensiamo e operiamo secondo la tua volontà, ti amiamo nei fratelli con sincerità di cuore e gustiamo sempre la gioia della perfetta carità. Per Cristo nostro Signore. Amen Giusto è il Signore in tutte le sue vie, * santo in tutte le sue opere. Il Signore è vicino a quanti lo invocano, * a quanti lo cercano con cuore sincero. Appaga il desiderio di quelli che lo temono, * ascolta il loro grido e li salva. Il Signore protegge quanti lo amano, * ma disperde tutti gli empi. Preghiera della Beata Canti la mia bocca * la lode del Signore. Ogni vivente benedica il suo nome santo, * in eterno e sempre. Gloria ant. Fedeltà in tutte le parole del Signore, amore in tutte le sue opere, alleluia 45 46 Le Virtù Umane LA PAZIENZA Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore E' una grazia per chi cono- e guardiano delle vostre anisce Dio subire afflizioni, sof- me. (1Pt. 19-25) frendo ingiustamente; che gloria sarebbe infatti sopportare il Anche la pazienza, quella vecastigo se avete mancato? Ma ra è “frutto” dello Spirito. Cioè se facendo il bene sopportere- si tratta di un atteggiamento te con pazienza la sofferenza, che Egli attiva in noi. Prima di ciò sarà gradito davanti a Dio. tutto, dunque, bisogna sgomA questo infatti siete stati chia- brare il terreno da preconcetti mati, poiché anche Cristo patì sulla pazienza. Affermiamo per voi, lasciandovi un esem- cioè con forza che la pazienza pio, perché ne seguiate le or- cristiana non è quella di chi è me: egli non commise peccato paziente come un asino; che e non si trovò inganno sulla significa: impotente a vendisua bocca, oltraggiato non ri- carmi di un male ricevuto me spondeva con oltraggi, e sof- ne sto rassegnato, inerte. frendo non minacciava venLa pazienza è forza, vigore detta, ma rimetteva la sua spirituale nel sopportare cose causa a colui che giudica con moleste, coraggio nel soffrire giustizia. Egli portò i nostri ma perché, come vedremo, in peccati nel suo corpo sul le- Gesù è altissima espressione gno della croce, perché, non d'amore: “pazienza è coraggio vivendo più per il peccato, vi- di soffrire bene”. L'etimologia vessimo per la giustizia; dalle della parola viene infatti dal sue piaghe siete stati guariti. Dalla Sacra Scrittura 47 verbo latino: “pati” che significa soffrire. Dentro una società violenta come la nostra è tanto facile che s'inneschino processi d'intolleranza, di rifiuto acceso di odio o rancore. La pazienza, può essere anch'essa o rifiutata o disattesa: come un abito vecchio per gente rassegnata o vile. Niente di più falso! Certo non è la rassegnazione al dolore a segnare vittoria e crescita nel cammino umanospirituale. Il dolore, in sé, non è redentivo; in sé non è bene. Neanche mediante un riferimento estrinseco alla croce di Cristo. Anzi, può degenerare in vittimismo, nel meccanismo malato di compiacimento del proprio ego, sempre incompreso da tutti, sempre ingiustamente sotto processo. Solo il percepirsi uniti a Cristo Crocifisso-Risorto trasfor- ma il pazientare dentro una situazione di dolore e forse anche di ingiustizia in una scelta di amore liberante, che abbraccia anche colui che ci è causa di dolore. È questo il segreto della pazienza. E proprio dalla pazienza, frutto dello Spirito, si misura l'amore: quello vero! Così l'amore diventa redentivo perché nasce dall'inenarrabile forza della croce di Cristo, operante anche in me se credo e soffro amando, con Lui e come Lui. “Giustizia e pace si baceranno” canta il salmista. Sì, se la mia giustizia è l'esercizio costante di una pazienza che è vigore dello Spirito in me, anche la sofferenza diventa positività. È infatti nell'abbarbicarmi alla croce di Cristo che trovo vigore. Qui, soltanto qui è la pace: per me e per quanti mi circondano. Meditiamo insieme... Ha pazienza chi sa aspettare con calma ciò che tarda ad arrivare. Come è semplice dirlo e come è difficile praticarlo e quanta pazienza per insegnarlo. 48 Per essere e diventare pazienti occorre saper aspettare e sperare. Se non sappiamo aspettare non riusciremo a vivere; ma ciò che ci fa vivere è la speranza. La pazienza non è propria dei deboli; i deboli si irritano. La pazienza non è propria dei codardi: i codardi si intimoriscono. La pazienza non è propria dei passivi: i passivi non fanno nulla. La pazienza non è propria degli inutili: gli inutili sono incapaci perfino di avere pazienza. La pazienza non è propria degli indifferenti: gli indifferenti non sperano nulla. La pazienza non è propria degli orgogliosi: gli orgogliosi non si abbassano a sperare. La pazienza non è propria di quelli che non hanno forza e coraggio di sopportare le disgrazie, di tentare cose grandi, perché si spaventano, indietreggiano e abbandonano l’impresa. La persona paziente è colei che sa attendere, non vuole vedere subito i risultati e non si scoraggia quando essi non vengono immediatamente; colei che fa i conti con l’imprevisto, con i contrattempi. E’ anche colei che sa sopportare se stessa e anche gli altri con i loro tempi, i loro ritmi. E’ colei che sa patire come ha fatto Gesù. La passione di Gesù è la Sua pazienza nei nostri confronti. E’ il massimo della pazienza. È colui che patisce per l’altro. Il Signore è infinitamente paziente con noi, Lui è lento all’ira e grande nell’amore. Chiediamo al Signore di imparare ad essere pazienti come Lui: chi ci incontra gusti anche solo una parte della sua pazienza e trovi in noi un tipo lento all’ira e grande nell’amore, un tipo che sa attendere i suoi tempi, che sa concedere sempre nuove possibilità. 49 Elisabetta Renzi e la Pazienza La beata Elisabetta, superiore a se stessa, ai propri moti, sapeva conservare il suo interno in perfetto equilibrio; quindi mai un gesto, mai una parola indicante allegrezza o tristezza. Tollerava con quieto animo e santa disinvoltura i dolori del corpo, le tribolazioni della vita, senza permettersi il minimo lamento con chicchessia. Una sol volta da una sua confidente fu vista piangere in coro dinanzi l’immagine del S. Cuore di Gesù, esclamando: “Mi convien gemere sotto il mio carico!”. E così Dio volle dare a noi un meraviglioso esempio di pazienza in questa sua serva che si mantenne calma, benché rimanesse priva per lungo tempo di ogni umano e celeste conforto! Non minore era la sua rassegnazione nelle prove interne, di spirito. Soffriva molto ma solo Iddio era testimone delle sue ambasce, studiandosi che le sue amarissime pene fossero conosciute solo dal suo Gesù. Nel 1839 alle compagne dolenti per la rimandata Vestizione, Elisabetta con calma diceva: “Confidiamo, Sorelle, che la procellosa giornata tramonti presto, che non sia lontano il giorno dei nostri sponsali e della presa dell’abito. Per farci santi ci vuole la Croce e la grazia. Senza guerra non c’è vittoria. Questa terra è detta valle delle lagrime, ma io la chiamo pure paese della pazienza. Coraggio e cantiamo nella nostra marcia il ritornello: è volontà di Dio…Voi siete l’amor mio! Né più né men sarà di quel che Dio vorrà! Voler quel che vuoi tu, dolcissimo Gesù! Nel 1851 scriveva alla nipote Giuseppina: “La pena non ti apporti pena; la gloria non ti apporti gloria, in tutto vivi come se fossi morta. La Maestra Pia generosa e amante vive nascosta con Cristo in Dio, ed unicamente desidera la glorificazione di Lui. Aspira, o Giuseppina a quest’amore 50 perfetto, non però ansiosamente con inquietudine, perché l’inquieto desiderio impedirebbe di raggiungere il fine”. mettere in evidenza questi aspetti esterni che dimostravano la bellezza dell’anima della Fondatrice”. ( dalla Positio pag. 654, 15, f. 23; pag. 659, 19, ff. 59-60 ) Faenza 5 luglio 1856, nel meditare la Vita di Grazia ecc., scrive: “ Che prima di ricorrere ad altri, in tempo dei miei travagli, tentazioni ecc. Devo rivolgermi al Suo Sacro Cuore. Mi ha fatto conoscere la gran difficoltà che io ho a distaccarmi da me stessa, per non amare il disprezzo; ma per ottenere di superarla mi sono proposta di raccomandarmi a Lui, acciò mi conceda queste grazie”. ( dal libro Elisabetta Renzi biografia Per la Riflessione Personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. di Caterina Giovannini MPdA ) .............................................................................................................. Testimonianza di Sr. Rosina Alessandroni che ha avuto notizie della Fondatrice da una signora di Coriano, che aveva conosciuto suor Elisabetta di persona: .............................................................................................................. .............................................................................................................. “La Pavona mi raccontò un episodio che mette in evidenza la perfetta uniformità della madre Renzi alla volontà del Signore. Trovandosi il vescovo diocesano in visita a Coriano, la Madre Renzi andò a visitarlo in compagnia della Serafini Domenica. Ma il vescovo, al sentire che era richiesto dalla madre Renzi, rispose: “Non posso” in modo deciso. La Madre sentì quelle parole e, a detta della Serafini, lungo tutta la strada di ritorno, pur essendo molto angustiata e senza lamentarsene, commentava il diniego del vescovo dicendo: “Si vede che non ha tempo…” e tentava di scusarlo”. .............................................................................................................. Testimonianza di Sr. Adalgisa Mengoni allieva di Sr. Teresa Raffaelli, allieva e tra le prime figlie della Fondatrice: .............................................................................................................. “Sr. Teresa mi raccontava che consigliava gli altri sempre con umiltà e con pazienza. Tanta era l’amabilità con la quale trattava, che le traspariva dal volto, sì che la madre Raffaelli mi diceva che, se fosse stata pittrice e scrittrice avrebbe voluto .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 51 52 Ancora un poco e l’empio scompare, * cerchi il suo posto e più non lo trovi. I miti invece possederanno la terra * e godranno di una grande pace. Preghiamo con la preghiera della Chiesa… “Beati i miti perchè erediteranno la terra” (Mt 5, 5) ant. Affida al Signore la tua via, ed egli compirà la sua opera. Gloria Salmo 36 ant. Affida al Signore la tua via, ed egli compirà la sua opera. Non adirarti contro gli empi, * non invidiare i malfattori. Come fieno presto appassiranno, * cadranno come erba nel prato. Rileggiamo il salmo in silenzio per alcuni istanti, ognuno poi legga a voce alta , spontaneamente, le parole che lo hanno maggiormente colpito. Dopo ogni frase ripetiamo insieme: Confida nel Signore e fa il bene, * abita la terra e vivi con fede. Cerca la gioia nel Signore, * esaudirà i desideri del tuo cuore. Spirito di pazienza, vivi in noi Altre intenzioni di preghiera: • Donaci costanza nel servizio alla Chiesa e ai poveri • dona speranza a chi è deluso e amareggiato • consola i sofferenti ed i perseguitati Manifesta al Signore la tua via, confida in lui: compirà la sua opera; farà brillare come luce la tua giustizia, * come il meriggio il tuo diritto. Signore della vita, ti chiediamo di convertire il nostro cuore alla pazienza e alla pace. Ti chiediamo perdono per i gesti che causano sofferenza e divisione: liberaci da ogni forma di odio e di vendetta, perchè sappiamo guardare ogni uomo come un fratello da amare. Dona ai costruttori di pace la forza e il coraggio di perseverare nel loro proposito. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen Sta in silenzio davanti al Signore * e spera in lui; non irritarti per chi ha successo, * per l’uomo che trama insidie. Desisti dall’ira e deponi lo sdegno, * non irritarti: faresti del male, poiché i malvagi saranno sterminati, * ma chi spera nel Signore possederà la terra. Preghiera della Beata 53 54 Le Virtù Umane LA LEALTÀ Dalla Sacra Scrittura Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non sper- giurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. (Mt. 5, 33-37) Il senso della lealtà è di essere coerenti con noi stessi. Dobbiamo essere leali verso ciò che di meglio c’è in noi. Viviamo però in un mondo malvagio. C’è una forza costante, che ci tira giù, che ci invita ad immischiarci in attività che sono completamente contrarie alla nostra vocazione al bene. In noi la lealtà ha come conseguenza la sicurezza di procedere per un cammino retto, senza instabilità né perturbazioni; e l'affermarsi di questa certezza: che la tranquillità d'animo e la gioia esistono. Questa virtù esige la massima attenzione alla Parola del Signore, perché mossi da un amore sincero non vogliamo correre il rischio di diffondere o difendere, per ignoranza, criteri e posizioni che sono molto lontani dal concordare con la verità. Dato che ci dobbiamo comportare sempre come figli di Dio, dobbiamo ricordare molto bene che non lo serviamo con lealtà quando trascuriamo il nostro lavoro; quando non condividiamo con gli altri 55 l'impegno e l'abnegazione nel compiere i doveri professionali; quando diamo motivo di essere giudicati scansafatiche, leggeri, superficiali, disordinati, pigri, inutili... Non possiamo fare una vita dissoluta, mentire, imbrogliare, approfittarsi degli altri senza distruggere quel tocco divino che ognuno di noi ha ricevuto in quanto figlio di Dio. Perché chi tra- scura questo genere di doveri, solo in apparenza meno importanti, difficilmente riuscirà vittorioso nei doveri della vita interiore, che certamente sono più difficili. Il Signore si aspetta qualcosa di meglio da noi. Si aspetta qualcosa di meglio di quello che c’è nel mondo. Meditiamo insieme... La sincerità è l’espressione esteriore di ciò che uno pensa o sente interiormente; è l’assenza di simulazione, di ipocrisia. E la veridicità è la volontà di adeguare la nostra espressione verbale al nostro pensiero: è l’assenza di menzogna. Ci è facile cadere nella menzogna, nella simulazione, nell’apparenza, nella falsità. Dunque sincerità significa corrispondenza fra ciò che si sente e si pensa e ciò che si manifesta e si dice. Sincerità è sinonimo di trasparenza. La persona leale è limpida, trasparente come un laghetto nel quale ci si può specchiare. La sincerità suppone lucidità interiore e pace del cuore. Chi è pienamente nella pace non sospetta di nessuno; invece chi è malcontento e turbato è preso da continui sospetti; non è tranquillo lui e non permette agli altri di esserlo. Molte volte vogliamo apparire all’esterno diversi da quello che siamo all’interno: questa è falsità, ipocrisia. 56 La causa di questo può essere spesso il nostro dipendere dallo sguardo degli altri ¾ o perché lo sguardo degli altri ci fa paura ¾ o perché lo sguardo degli altri diventa il criterio della nostra vita. e così appariamo diversi da quello che siamo per far bella figura e per catturare l’ammirazione degli altri. La persona sincera, leale è colei che: ¾ dice la verità, non tesse trame di bugie, ¾ dice e poi fa: poche parole e molti fatti, piuttosto che... molto fumo e niente arrosto, ¾ non ha nulla da nascondere e non si nasconde, ¾ accetta il dialogo e il confronto serenamente, si mette in discussione e accetta che gli altri la aiutino nella ricerca della verità ¾ non inganna facendo la doppia faccia ¾ non mette maschere, non è un camaleonte, non è un sepolcro imbiancato ( bello fuori, marcio dentro), non è ipocrita e non recita ¾ sa liberarsi dallo sguardo e dal giudizio degli altri, ¾ fa ciò che fa perché ci crede e non per farsi vedere sa essere se stessa , sa accettarsi per quello che è ed è contenta di essere come è. Elisabetta Renzi e la Lealtà Elisabetta Renzi, nella nobile terra di Coriano, dove la Provvidenza l’aveva posta, sotto il moggio piuttosto che sul candeliere, non cessò di mandare una luce incomparabile; mostrò in sé una triplice rappresentazione di Nostro Signore, recando innanzi alle anime, insieme colla BONTA’ che innamora e colla VIRTU’ che edifica, la VERITA’ che illumina. L’occhio, 57 ch’è specchio dell’anima, era in lei un non so qual lampo di fuoco soprannaturale, che variava d’intensità e di espressione; aveva quella misteriosa potenza e quell’attraente candore che Dio concede a coloro che spesso levano i loro occhi verso di Lui… Madre Elisabetta predicava col suo contegno; sempre in bello accordo l’esteriore coll’interiore suo: umile affabile di una urbanità e saggezza che escludono ogni femminile cerimonia, si attirava la stima, il rispetto e l’amore di tutti; tutti erano felici di avvicinarla e conversare con lei. Le giovanette educande si privavano spesso della ricreazione o del passeggio per ritirarsi a conferire con essa, aprendole il cuore come avrebbero fatto a un Direttore di spirito; le sue parole avevano un non so che di unzione atte a tranquillizzare, ad incoraggiare, a spingere a qualunque sacrificio. I suoi discorsi sempre coerenti; costanti le sue operazioni; stabili le sue risoluzioni. Assai moderata nelle parole, non aggiungeva neppure una sillaba che utile o necessaria non fosse. Un dotto Sacerdote, avendo una sol volta parlato con la nostra Madre Fondatrice, disse poi, in disparte a una Maestra: “Quanto è assennata la vostra Superiora! Parla pochissimo, ma le sue ponderate parole significano molto: dev’essere donna di gran senno e di molta intelligenza”. Spessissimo alle giovanette del Conservatorio e delle scuole, raccomandava: “Care fanciulle, le vostre opere fatele in u- nione a quelle che fece Gesù mentre era sopra la terra; e diverranno di gran merito le opere anche più vili; sì un semplice batter d’occhio può essere meritorio! Al contrario un’azione per sé grande, ma fatta senza rettitudine, è vilissima al cospetto di Dio e di nessun merito per la vita eterna”. Il 25 Luglio 1837 scrive al vescovo: “ …Compreso tutto, l’entrata di Sogliano e di Coriano, ed anche il fruttato della mia dote, non si arriva all’assegno di scudi 50 per individuo, come V.E. Rev.ma ha stabilito nel Piano Economico che si compiacque di fare. Non è che io non voglia aderire alle richieste del 58 mio Superiore, il quale è Padrone di fare ciò che vuole; solo mi preme di far conoscere che senza necessari mezzi io non saprei come proseguire. Posso assicurarla che tutto ciò che ho avuto fin qui l’ho impiegato per Luogo Pio, ed ho intenzione di fare altrettanto per l’avvenire; ma ciò non basta. Per me, io sono indifferente, tanto se devo proseguire, come desistere dall’impresa. Io non mi ci sono messa di mia propria volontà, ne tampoco di mia volontà voglio ritirarmi, ma lascio decidere al mio Superiore, che sta in luogo di Dio”. .............................................................................................................. ge: “Propongo qualora il Signore mi faccia la grazia di riscuote- .............................................................................................................. Nel ritiro del 4 agosto 1844 fra i suoi proponimenti si leg- re tutti gli arretrati…, di servirmene, per quanto sarà dal canto mio, per la propagazione delle scuole, non mai in spese inutili, né di vitto, né di mobili di casa, ma solo per quei comodi necessari al maggior bene dell’opera”. ( dal libro Elisabetta Renzi biografia di Caterina Giovannini, MPdA ) .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Per la Riflessione Personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 59 60 Preghiamo con la preghiera della Chiesa… “Voi vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente” (Eb 12, 22) Rileggiamo il salmo in silenzio per alcuni istanti, ognuno poi legga a voce alta , spontaneamente, le parole che lo hanno maggiormente colpito. Dopo ogni frase ripetiamo insieme: Vieni, Spirito di lealtà ant. Beati i puri di cuore, perchè vedranno Dio. Altre intenzioni di preghiera: • Donaci il coraggio della fede • donaci di comprendere che solo Dio è la roccia della nostra vita • scaccia i dubbi e le paure, perchè Colui che ci ama è fedele • insegnaci la fedeltà del cuore e la rettitudine della vita Salmo 14 Signore, chi abiterà nella tua tenda? * Chi dimorerà sul tuo santo monte? Colui che cammina senza colpa, * agisce con giustizia e parla lealmente, Ti benediciamo, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, perchè nel tuo Santo Spirito fortifichi la nostra fede, ravvivi la nostra speranza, fecondi il nostro amore. Rendici testimoni credibili delle tue promesse, perchè le nostre opere buone risplendano nel mondo intero e tutti rendano gloria a te, che sei il Dio fedele nei secoli dei secoli. Amen. chi non dice calunnia con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo * e non lancia insulto al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, * ma onora chi teme il Signore. Anche se giura a suo danno, non cambia; se presta denaro non fa usura, * e non accetta doni contro l’innocente. Preghiera della Beata Colui che agisce in questo modo * resterà saldo per sempre. Gloria ant. Beati i puri di cuore, perchè vedranno Dio. 61 62 Le Virtù Umane LA LABORIOSITÀ Dalla Sacra Scrittura Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affi63 dare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. (Mt. 25, 14-30) Un commerciante, prima di partire per un lungo viaggio d'affari, consegna in gestione una quota delle sue sostanze ai tre servi più fidati, perché ne conseguano un profitto. Divide i suoi beni non in parti uguali ma in base alle loro capacità personali: al primo dà cinque talenti, al secondo due e al terzo uno. La scelta del mercante si rivela subito oculata, non solo perché con l'equa distribuzione evita di suscitare gelosie tra i servi, ma anche perché i primi due agiscono come lui aveva chiesto: investono il capitale e lo raddoppiano. 64 In colui che aveva ricevuto un solo talento, la paura di perderlo era stata più forte. Al suo ritorno il padrone, premiati i primi due con la promessa che avrebbero ricevuto “autorità su molto”, poiché erano stati “fedeli nel poco”, interpella il terzo servo. Il quale affermò: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotto terra; ecco qui il tuo. Il padrone gli risposte: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti... e il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre”. Perché dunque il terzo servo nascose il talento? A suo dire, per la paura di perderlo e quindi di essere duramente castigato. E' giustificata questa paura? Se lo fosse, il padrone non avrebbe fatto la scelta scriteriata della ripartizione. Il mercante infatti gli farà capire che la sua paura non era frutto di scarse capacità bensì di “cattiva volontà”. Il servo cioè non aveva fatto nulla per vincere la paura, per mettere a profitto le proprie qualità. Egli anzi si fa scudo di questa paura e si aspetta da parte del padrone una reazione benevola, comprensiva. Il padrone però, di avviso contrario, spiega al servo -con molta chiarezza e precisione- che proprio per aver dimostrato di temere la sua autorità, egli avrebbe dovuto rischiare. Certo, investendo il talento avrebbe anche potuto perderlo, ma la sanzione probabilmente sarebbe stata meno severa. Peraltro, il padrone fa notare al servo che si sarebbe accontentato anche di un interesse modesto, ricavato da un deposito bancario -che è certo la forma d'investimento meno rischiosa, per la quale non occorrono particolari capacità. Viceversa, il servo, pur sapendo che il padrone è un uomo esigente e interessato quanto mai al profitto, pensa che nei confronti di questa debolezza egli vorrà fare u- n'eccezione alla regola. Spera cioè di ottenere un privilegio senza alcun merito, proprio in virtù della sua “paura”! Chiede pietà e commiserazione al fine di legittimare la propria incapacità di saper rischiare. E' proprio questa ipocrisia che indispettisce l'imprenditore. Il quale, rifiutando la soluzione proposta dall'operaio, lo punisce con estremo rigore. Perché lo chiama “fannullone” e non “pauroso”? Perché se fosse stato veramente pauroso non gli avrebbe affidato alcun incarico: il rischio che doveva correre era esattamente proporzionato alle sue capacità. Al limite si può pensare che un servo non sicuro di sé, avrebbe dovuto sin dall'inizio rifiutare il talento dichiarando apertamente la propria indisponibilità; oppure, accettandolo, perché vinto dal riconoscimento di alcune sue qualità, avrebbe dovuto associarsi con uno degli altri due operai, giocando d'astuzia. In fondo le alternative che aveva non erano poche: investire il talento rischiando di perderlo, associarsi col servo più capace, depositare il talento in banca: 65 rischio, astuzia o ragione. due epiteti di “malvagio e inQuesto servo invece ha accet- fingardo” che il padrone gli ha tato la fiducia del padrone per lanciato. vanagloria e poi l'ha tradito con leggerezza. Di qui gli altri Meditiamo insieme... “L’uomo nasce con una forte tensione operativa; deve fare qualcosa! Non può sopportare la passività assoluta” (E.Fromm). L’attività e la laboriosità sono dimensioni essenziali della nostra natura, come il parlare e l’amare. Spesso si pensa che il lavoro sia una conseguenza del peccato di Adamo. No, non è così. Adamo non ha peccato e già si lavora. La colpa modifica solo le condizioni del lavoro che diventa faticoso e fonte di sudore, modifica non inventa il lavoro. Dunque la persona laboriosa è colei che non butta via il tempo e sa organizzarsi. Quanti sprechi ci so no! Sprechi di cibo, di denaro….e anche sprechi di tempo! Quanto è importante sapersi organizzare, distribuire saggiamente il tempo per ciò che si deve fare! La persona laboriosa è colei che non rimanda ciò che deve fare. S. Giovanni Bosco diceva che “attraverso la strada del “poi” si arriva alla casa del “mai”. Il Signore si è messo all’opera nella creazione e ancora opera nel mondo. Chiediamogli che ci aiuti a diventare suoi collaboratori, per rendere il mondo migliore e farlo progredire sul serio. Davanti a Dio nessuna occupazione è piccola o grande. Ogni cosa acquista il valore dell’amore con cui è compiuta. L’eroismo del lavoro consiste nel portare a compimento ogni incombenza a noi affidata con amore. 66 Nella semplicità del tuo lavoro ordinario, nei particolari monotoni di ogni giorno dobbiamo imparare a scoprire il segreto della grandezza e della novità: l’Amore. raggio! Lavoriamo in esse, come se la loro riuscita dipendesse solo da noi, senza però mai perdere di vista che ogni bene viene da Dio”. Il 21 gennaio 1852, scriveva alle sue Maestre, di Faenza: Elisabetta Renzi e la Laboriosità Elisabetta Renzi, cooperò, generosa e infaticabile, con le pie signore del Conservatorio di Coriano nell’opera educativa delle fanciulle, e tutto trascinava nella sua sfera di azione; si subiva l’ascendente attorno ad essa esercitato per l’irradiar della grazia. Il 4 giugno 1851 scrisse ad una pia giovane, che divenne poi religiosa nel Conservatorio di Coriano: “Abbracciare una re- ligione, vuol dire ritirarsi in un luogo sacro… Vieni; i fiori e i frutti sono aspettati con avidità dal divino agricoltore. Vieni… noi camminiamo per sentieri che servono ad abbreviare le vie lunghe; sentieri più brevi ma molto più faticosi delle vie comuni. Però per giungere presto al termine di un cammino non si curano le spine che trafiggono lungo il viaggio, e ci si affatica, e si suda… si sanguina pure, sapendo di arrivare in tal guisa al fine desiderato. - Così ogni fatica è piccola per arrivare al cielo, e qualsivoglia peso di regole e di precetti è luce che rischiara il sentiero della vita perfetta”. Altro brano di preziosa lettera, come dal protocollo del 1850: “Non ci lasciamo vincere dai secolari. Noi non avremo da rendere conto a Dio soltanto di aver commesso il male, ma molto più di non aver fatto quel bene che era nelle nostre forze di fare. Dio non ci ha messo qua, separandoci dal mondo, perché fossimo buone unicamente per noi, ma perchè aiutassimo le anime con l’orazione e colla penitenza ancora, placando lo sdegno Suo contro de’ peccatori…”. Ed ancora: “Come la messe dei campi viene a maturità per l’unione delle fatiche dell’uomo e delle benedizioni del cielo, così le vocazioni non si sviluppano senza l’opera nostra. Co67 “Preghiera, azione, sofferenza, immolazione di sé, con energia, senza timori, senza riserve; restiamo nella spirituale unione di anime generose: generosità con Dio e col prossimo: offriamoci a qualunque sacrificio per le fanciulle e giovinette a noi affidate, senza pretendere altra ricompensa fuorché di veder Dio glorificato nel perfetto compimento de’ Suoi disegni”. “Porta nell’Armata il contributo delle tue fresche energie”. Sussurrava ad una giovane Suora. “Metta a disposizione di tutti i tesori della sua saggezza!” incitava così una delle sue anziane religiose. “Avvezze ai combattimenti, già vittoriose per grazia di Dio, risaldiamoci con la vita di povertà, castità e ubbidienza… Siamo le une di stimolo alle altre, e si stabilisca per noi più attiva la gara di azione, che non lascerà illanguidire lo spirito animatore del piccolo esercito” (1853) . “Quando verrò a Sogliano, sarà una festa, uno scambio di saluti, di consigli, di vedute…” Oh! Il filo d’oro destinato ad avvincere i cuori generosi e ingenui, sapeva ben gettarlo la pia e generosissima Madre. Ella era solita esclamare: “Mi riposerò in Paradiso”. ( dal libro Elisabetta Renzi biografia di Caterina Giovannini, MPdA ) Testimonianza di Sr. Lucia Canini che ha avuto notizie da Madre Raffaelli: “La Madre Fondatrice insegnava alle fanciulle a lavorare ai telai e di ricamo e curava particolarmente l’insegnamento del catechismo. Allo scoccare di ogni ora dell’orologio della torre comunale di Coriano, soleva ripetere giaculatorie particolari e le faceva ripetere a turno anche alle ragazze”. (dalla Positio, pag. 656, 8, f. 45) 68 Per la Riflessione Personale Preghiamo con la preghiera della Chiesa… .............................................................................................................. “Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma è Dio che fa crescere. Voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio” (1 Cor 3,7. 9) .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. ant. Costruisci, o Dio, la nostra casa, custodisci la tua città. .............................................................................................................. Salmo 126 .............................................................................................................. Se il Signore non costruisce la casa, * invano vi faticano i costruttori. Se la città non è custodita dal Signore * invano veglia il custode. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Invano di alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: * il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Ecco, dono del Signore sono i figli, * è sua grazia il frutto del grembo. Come frecce in mano a un eroe * sono i figli della giovinezza. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Beato l’uomo * che piena ne ha la faretra: non resterà confuso quando verrà alla porta * a trattare con i propri nemici. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. Gloria .............................................................................................................. ant. Costruisci, o Dio, la nostra casa, custodisci la tua città. .............................................................................................................. 69 70 Rileggiamo il salmo in silenzio per alcuni istanti, ognuno poi legga a voce alta , spontaneamente, le parole che lo hanno maggiormente colpito. Dopo ogni frase ripetiamo insieme: Il tuo Spirito ci renda costruttori della civiltà dell’amore Altre intenzioni di preghiera: • Aiutaci a prenderci cura dei più piccoli e dei dimenticati • aiutaci a trovare la nostra gioia nel servizio • fa che sappiamo essere veri testimoni in parole ed opere • rendici operatori di riconciliazione nella Chiesa e nel mondo. Spirito d’amore, a te leviamo la nostra preghiera: riempi dei tuoi doni i discepoli di Gesù. Donaci di perseverare nella vocazione ricevuta. Donaci fortezza nella prove e nelle fatiche. Concedici di non disperare nelle difficoltà e di saper assaporare i momenti di vera gioia. Rendici laboriosi e attenti alle necessità dei fratelli, fino alla venuta nella gloria del Signore nostro Gesù Cristo, che vive e regna con te e con il Padre nei secoli dei secoli. Amen. Preghiera della Beata 71 72 29 Aprile 1824 – 14 Agosto 1859 APPENDICE .....l’arca novella..... 73 74 PREMESSA Con la chiusura del Monastero di Pietrarubbia del 1810, imposta dai decreti napoleonici, Elisabetta aveva visto sfumare la possibilità di attuare il suo desiderio di consacrarsi totalmente al Signore nella vita contemplativa. Ritorna a Mondaino presso la sua famiglia. Inizialmente continua nella vita di pietà che aveva appena lasciato, ma pian pianino rallentò nel "primiero fervore". Per Elisabetta una caduta da cavallo diventa il segno che il Signore le invia affinchè ritorni a chiedersi qual è il Suo disegno su di lei. Si affida alla direzione spirituale di don Vitale Corbucci che "considerando da quale spirito era regolato il di lei cuore e, vedutene le buone disposizioni, dopo lunga orazione fatta da ognuno di loro, finalmente spinto da lume soprannaturale, la assicurò che il Signore la destinava alla buona educazione delle fanciulle" (Positio p.400) e la orienta al Conservatorio di Coriano. Elisabetta "non tardò di eseguire la volontà di Dio a lei manifestata per mezzo del suo ministro". signore e la casa divenne un pio Ritiro, per cui alcuni genitori, volendo allevare le loro figlie alla pietà e alla buona educazione, pregarono l’Uccellini di accettarle come educande. Nel 1820 però Prudenza Uccellini morì e l’opera venne affidata a Sr. Maria Agnese dei Conti Fattiboni di Cesena, già monaca nel monastero di S.Chiara di Forlì, chiuso per disposizione napoleonica. La sua precedente esperienza monastica e l’occasione di attivare una comunità, finora pio Ritiro, fecero del Conservatorio di Coriano una ‘comunità religiosa’ con regole e privilegi propri della vita religiosa. IL CONSERVATORIO Il Conservatorio di Coriano fu fondato da Don Giacomo Gabellini, parroco di Monte Tauro (RN), uomo di grande zelo e dottrina che fu compagno inseparabile di don Vitale Corbucci nelle missioni popolari. Egli, nel 1818, ebbe l’incarico da parte del comune di Coriano di provvedere ad una scuola per le fanciulle povere del paese. Acquistò alcuni locali di una casa di proprietà del parroco di Valecchio e ne affidò la direzione a Prudenza Uccellini, già maestra a Ravenna, Cesena e Rimini “sempre nell’esercizio lodevolmente sostenuto d’istruire le fanciulle”. Con l’aiuto di Antonia Mainardi incominciò la sua opera educativa il 27 Maggio 1818. Gli ambienti adibiti a scuola furono presto insufficienti, per cui don Gabellini comperò l’intero fabbricato e orto annesso, pagando una piccola somma e formando col resto vari censi e cambi. Nei mesi successivi si unirono alle due maestre altre quattro 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 75 Iniziamo questa tappa già con la partenza dalle nostre case, pensando al viaggio di Elisabetta dalla casa paterna, in Mondaino, fino al luogo al quale il Signore la chiamava, dopo tante vicissitudini e cambiamenti. Avrà forse provato il timore dell'ignoto per una nuova svolta della sua vita, ormai a quasi 38 anni, ma sicuramente sarà stato più forte lo slancio e il desiderio di compiere la volontà del Signore, sommamente amato, abbandonandosi a Lui “come una craturella tra le braccia del Padre che è nei cieli”. E qui finalmente ha trovato “l’arca novella” nella quale il Signore la chiamava a compiere la Sua opera. 76 ARRIVO DI ELISABETTA All’età di 37 anni, il 29 Aprile 1824, Madre Elisabetta arriva a Coriano: "Nell’ora vesperale, tanto dolce e tanto mistica, in cui posi piede nell’arca novella, care voci piene di fede e calde di amore mi commossero al pianto: nella prece delle scolarette che compivano la giornata di studio e di lavoro, era un inno delicato, un incenso gradevole." LA CHIESA E IL FABBRICATO Fotografia del 1925 a ricordo del 1° centenario dell’Erezione della Chiesa Casa Madre dell’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata Dopo pochi mesi dall’arrivo di Elisabetta, il 16 Luglio 1824, iniziarono i lavori di costruzione della Chiesa, la quale fu benedetta il 31 Maggio 1825 e venne dedicata a Maria SS.Addolorata. Dal 15 ottobre 1825 Mons.Vescovo accordò di potervi conservare il SS.mo Sacramento e, data l’estrema povertà degli inizi, le sorelle si privavano anche dell’olio di condimento per poter tenere accesa la lampada al Santissimo (Origine e sviluppo, C.Giovannini, p.25). nato grande, andato perduto, al cui centro si trovava l’immagine della Addolorata In seguito il dottor Patrignani donò una miracolosa immagine raffigurante la Beata Vergine delle Grazie. Le pie donne desideravano poterla collocare in una cappella con altare ed iniziarono a pregare tutte unite. Fu così che il loro confessore, Don Macchini, fece una vincita al lotto e decise di innalzare la cappella a proprie spese sul lato destro della chiesa. Ma nel distaccarlo dal muro da dove proveniva, l’affresco cadde e si ruppe. Una testimonianza narra che Madre Elisabetta “raccolse le quattro parti in cui si frantumò,... li riunì e nessuno più scorse i segni della rottura, così che tutti gridarono al miracolo. La cara Madre nutriva una particolare devozione per detta immagine; ricorreva a lei in ogni necessità e metteva sotto la sua protezione le fanciulle che si recavano al Conservatorio” (Positio p. 602). Questa immagine ancora oggi è oggetto di particolare pietà da parte del popolo di Coriano. Ben presto fu innalzata anche la cappella di sinistra, dedicata prima a Santa Filomena (il quadro che qui si trovava ora è conservato nel museo). In seguito fu dedicata al Sacro Cuore. Oggi vi è un monumento dedicato alla nostra Beata con i suoi resti mortali. Come si può vedere da vecchie fotografie, la cappella aveva sopra l’altare principale un or- 77 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 78 Precedentemente i resti, dalla esumazione del 28 ottobre 1896, erano conservati in una nicchia della navata principale della chiesa, sulla destra. Il busto ora è conservato al piano superiore della casa. Dietro alla parete con l’altare principale vi era il coretto delle suore arredato con alcune panche. Ne sono testimonianza il comunichino, che si può ancora vedere dalla parte destra, e la grata appena sopra l’altare. In alto sulla parete di sinistra della chiesa è possibile vedere anche la grata della camera di Madre Elisabetta, attraverso la quale poteva sempre vedere il tabernacolo e pregare, sia di giorno che di notte. In questa camera è morta il 14 agosto 1859, attorniata dalle sue compagne. Il fabbricato all’inizio era costituito da un unico stabile su due piani, di forma quadrata, che si affacciava su via Malatesta. Venne via via ampliato per poter contenere, oltre a Madre Elisabetta e le sue compagne, che nel 1825 erano circa venti, anche le educande, le scolare esterne, la scuola dei telari (telai) “ove si apprende a tessere tutte le sorte di opere” e i luoghi necessari per una vita comune. Il fabbricato venne quasi completamente distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo di che venne ricostruito secondo l’aspetto attuale. Da testimonianze sappiamo che l’ingresso dalla strada in via Malatesta era nella stessa posizione e aveva più o meno lo stesso aspetto, ma il corridoio era molto più piccolo, con nella parte sinistra, in fondo, una scala a due rampe per raggiungere il piano superiore. Anche i soffitti erano molto più bassi. Sotto la scala si passava per poter raggiungere la scuola dei telari, che occupava all’incirca quello che oggi è il refettorio. La parte della attuale scuo- 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 79 la materna venne costruita in seguito. Sulla parte dietro della casa vi era l’orto, dove attualmente vi è il cortile, con filari di viti e ulivi e un pozzo per lavare i panni. All’inizio era recintato solo da una siepe, tant’è che in una lettera scritta da Madre Elisabetta, i bovi del vicino campo della fiera ne mangiavano le fronde e persone e animali entravano nell’orto delle suore. La Madre si rivolse subito al Vescovo, il quale dispose che il comune innalzasse un muro di cinta. Al centro dell’orto si conserva il pino che per tradizione si racconta fu piantato da Madre Elisabetta stessa. Dalla parte verso la piazza del paese non vi erano costruzioni, ma furono innalzate proprio al tempo di Madre Elisabetta che si indignò non poco con il comune, rivolgendosi al Vescovo, perchè la presenza della costruzione minava la pace e la solitudine del ritiro del Conservatorio. Ottenne però che non vi si lasciassero aperture verso il cortile delle suore. 80 MADDALENA DI CANOSSA Nel 1825 era iniziata la corrispondenza tra Don Gabellini e la Marchesa Maddalena di Canossa, fondatrice delle Figlie della Carità di Verona, in previsione della fusione del Conservatorio con l’Istituto della Marchesa. La Canossa si recò a Coriano il 30 settembre 1826 e così si esprime: “Trovai una comunità di Angeli. Di molto spirito interno e che sono di tale compostezza e di raccoglimento in chiesa che mi servono di confusione e di edificazione”... “Quivi trovai dodici figliole raccolte in quel piccolo conventino d’una pietà singolare, e tutte paradiso”. (Positio p. 43) Si intrattenne alcuni giorni "per trattare col signor arciprete e con altre persone il negozio della fondazione, che era già in corso. Vi conobbe ella delle difficoltà quasi insuperabili", ma accettò "il partito di fare un esperimento prima di abbandonare l'impresa" riano che, preoccupato delle sorti del conservatorio, il 10 giugno 1828 scrisse una lettera al Vescovo perchè ne impedisse la chiusura. Il 21 giugno 1828 Elisabetta fece presente a Maddalena la triste situazione della comunità. In settembre ella si recò di nuovo in visita a Coriano e in questa occasione consigliò a Elisabetta di prenderne la direzione “sacrificando per la divina gloria, almeno per al- lora, al desiderio che avea di abbracciare l’Istituto, giacchè senza di lei non avrebbe potuto sussistere” (Positio p. 87). Elisabetta volle però conoscere il parere della autorità ecclesiastica. Si recò prima dal Vicario e poi dal Vescovo, che la costituì superiora. Volle sentire anche il consiglio di sua madre e del fratello Giancarlo, i quali l’esortarono ad assecondare la volontà dei superiori. Non potendo più dubitare della volontà di Dio a suo riguardo, l’accettò e, con fede e coraggio, subito si mise in azione per risollevare l’opera. Dopo una sua visita al Conservatorio scrisse della nostra Bea- Quando Elisabetta prese la direzione del Conservatorio, delle dodici zitelle ne erano rimaste solo sette. Nel 1829 se ne aggiunse una, poi più nessuna fino al 1836 quando ne entreranno tre raggiungendo così il numero di undici. “Tra il Signore ed Elisabetta, vi è tale effusione di reciproco amore, tale perfetta donazione scambievole, da tenere per certissimo che nel porre piede in Coriano si stringesse fra la creatura e il Creatore quel nodo che s’insempra nel cielo” (Positio p.541). La corrispondenza con Maddalena di Canossa continuò fino al 1835, anno della sua morte. I contatti con l'Istituto canossiano continuarono fino al 1837, anno in cui si interruppero senza che Elisabetta e le sue compagne riuscissero nell’intento di unirsi ad esso. (Positio p.83). ta: IMPREVEDIBILE TEMPESTA Durante i moti del 1828 una imprevedibile tempesta, a motivo di infondate calunnie, si abbatté sul Conservatorio: Don Gabellini e la direttrice Fattiboni dovettero lasciare Coriano; le maestre caddero in un grande accoramento e ritennero che la casa si sarebbe chiusa, per cui ognuna andava pensando come provvedere alla propria sistemazione. Alle calunnie degli accusatori si oppose anche il sindaco di Co- 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 81 Ma i problemi per il Conservatorio non erano finiti: nel 1831, durante i moti rivoluzionari di Romagna del 1830-1832, il loro direttore spirituale Don Francesco Macchini fu imprigionato per qualche tempo, ma finalmente scarcerato. I liberali continuarono a perseguitarlo insieme al Conservatorio, tanto che il 14 luglio 1832, degli anonimi affissero ai muri di Coriano dei libelli infamatori. Ma il comune prese le loro difese e istruì un processo per individuarne i colpevoli (Positio p. 108). Nel 1833 poi don Gabellini da Firenze scrive a Elisabetta che avrebbe deliberato di vendere la casa del Conservatorio. “Ed ella 82 volle acquistarla assumendo tutti i debiti di cui era aggravata, e dai quali presto la svincolò, cominciando dai più gravi” (Origine e sviluppo delle Maestre Pie dell’Addolorata, pp. 41-42) impiegando gran parte dei suoi beni. Così scrisse: “Abbiamo un triste presente… e perché non spereremo un migliore domani? Le grandi battaglie si sono sempre vinte in ginocchio dinanzi a Dio: preghiamo!” (Positio p.541). IL REGOLAMENTO In seguito a queste prove Elisabetta comprese che era necessario creare un’atmosfera di fiducia e sollecitare un intenso impegno di vita spirituale. Per questo, fin dal Febbraio 1829, stese un regolamento dal titolo Regola- mento di vita che si prescrive alle Povere del Crocifisso ritirate in Coriano. Qui ri- chiama la necessità del distacco dal mondo per vivere lo spirito della croce, indispensabile per “fare la più amorevole conversazione con lo Sposo divino e sentire l’amorosa sua voce nella solitudine e nel raccoglimento di spirito”. “Sarebbe cosa inutile, ed inganno diabolico, e pernicioso, il desiderio, e la compiacenza di essere fra le povere del Crocifisso, quando non vi fosse un desiderio maggiore di condurre una vita veramente 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 83 santa, col fervoroso impegno di camminare allegramente per la via non solo dei precetti, ma anche dei consigli di Gesù Cristo. (…) Il solo nome di povere del Crocifisso ritirate dal mondo fa concepire la giusta idea di ciò che deve essere questa casa; cioè un’unione di anime fervorose, distaccate dal mondo, affezionate soltanto a Gesù Crocifisso, ed imitandolo per quanto possono nella povertà, nella mortificazione e nella carità, cercano solamente di fare la più amorevole conversazione collo Sposo divino, e di sentirne l’amorosa sua voce nella solitudine, e nel raccoglimento di spirito, dove ha promesso di condurre le sue spose, onde parlare loro al cuore. Ducam eam in solitudinem, et loquar ad cor eius (Os 2,14: Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore). [...] Qualunque pertanto voglia metter piede in questo ritiro per essere povera del Crocifisso, e godere dell’amorevole sua conversazione, è necessario che imprima nella sua mente tre massime, e che chiami ad esame le sue forze per conoscere se con l’aiuto di Dio si sentirà capace di metterle in pratica: che è lo stesso che dire, se la sua volontà è risoluta di praticarle, e diremo anche meglio se Iddio la chiama a questo tenore di vita. La prima massima è questa, che bisogna essere morta al mondo; la seconda che bisogna essere morta a se stessa; la terza finalmente, che bisogna vivere soltanto a Gesù Crocifisso.” EREZIONE CANONICA E VESTIZIONE Nel 1836 monsignor Gentilini, tramite don Benedetto Corbucci, fratello di don Vitale, informa la Renzi di aver deciso l’aggregazione dell’opera alle Maestre Pie di Roma, ma anche questo progetto fallirà. Dal 1830 al 1839, anno dell’erezione canonica del nuovo Istituto delle Maestre Pie dell’Addolorata nella Diocesi di Rimini, Madre Elisabetta si adopera per unirsi alle Maestre Pie Venerini di Roma. Scrive spesso al Vescovo per parlargli dello stile di vita della comunità, delle sue preoccupazioni e chiede consigli o chiarimenti 84 su come procedere; desidera ardentemente di vestire l’abito religioso e intraprendere un nuovo cammino di santità attraverso l’educazione e la catechesi. 7 Agosto 1837 Eccellenza Reverendissima Qui si vive colla massima parsimonia, contentandoci di una libbra di carne o di pesce per quindici persone. Peraltro io patisco l’amarissima tribolazione di vedere i bisogni e non trovare i rimedi. Ma tutti, chi per un verso, chi per un altro, sentiamo il peso delle nostre croci, e tutti ugualmente abbiamo bisogno di cercare il conforto in Crucem Domini Iesu Christi, in quo est salus, vita et resurrectio nostra (nella Croce del Signore Gesù Cristo, nella quale è salute, vita e resurrezione nostra - Gal 6,14). L’Alleluia sta di casa di là del calvario! Io ringrazio il Signore di avermi eletta a questa vita. Il 2 Febbraio 1838 scrive ancora: Eccellenza Reverendissima […] Sembrami anche necessario protestarmi che non è l’interesse che mi spinge a desiderare tali mezzi, e non trascurare quelle poche diligenze che stanno nelle mie mani; ma solo il desiderio che il Signore resti maggiormente onorato per mezzo dell’istruzione delle fanciulle, e per corrispondere a quella vocazione che il Signore mi ha dato, e che sembrami vederne ora adempite le interne promesse che in seno mi destava, che mi avrebbe provveduti i mezzi onde adempire quei desideri che egli stesso mi suggeriva al cuore, quali 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 85 sono sempre stati, che vi fossero scuole in tutti i paesi. Oh quanto bene ne deve ridondare per la sua diocesi! Oh quanto bisogno vi è d’istruzione nei paesi, essendovi tanta ignoranza nelle cose di fede! Solo mi sgomenta la mia insufficienza, ma il Signore saprà provvedere a tutto. La testimonianza del profondo spirito di fede e di umiltà della Madre rifulge in modo particolare negli anni 1838 - 1839 quando per diverse volte le è rinviata la data della erezione canonica e vestizione della nuova Famiglia Religiosa. Era stata fissata come prima data il 30 Settembre 1838, ma Mons.Gentilini, senza dare spiegazioni, prima la sposta al 5 Ottobre, ma poi anche per questa occasione sembra siano sorti problemi. Viene poi fissata in marzo 1839, ma anche questa viene rimandata. Coriano, 12 Marzo 1839 Eccellenza Reverendissima Ricevetti nello scorso giovedì la veneratissima lettera che Vostra Eccellenza Rev.ma mi diresse, letta per la prima volta di volo, mi portai quindi a considerarla ai piedi del Crocifisso non solo, ma eziandio innanzi al SS.mo Sacramento per bene ponderarla, ed anche per ricevere un qualche conforto a quel dispiacere, che mi cagionò la medesima in conoscere che, dopo essersi già resa pubblica la funzione che doveva farsi, annunziata già dal parroco all’altare, e per l’invito fatto a tutti i parroci di questo vicariato, ed alle matrone che dovevano accompagnare noi, e il magistrato, le fanciulle, Vostra Eccellenza non voglia ultimare poi tanti progetti. Sono rimasta veramente sorpresa, e tanto più mi rincresce perché pare, dalla succitata lettera, ciò derivi da mia colpa, e che io sia dominata da spirito di superbia e d’insubordinazione. Può essere purtroppo, giacché l’amor proprio mi può far travedere, e se per mortificare in me questo spirito di orgoglio conoscesse il mio Superiore, che fosse necessaria per me questa umiliazione, benedirei, anche in mezzo alle lacrime, le disposizioni del Signore manifestatemi per suo mezzo. Potrei dire qualcosa in mia difesa, ma non voglio farlo, qualo- 86 ra il mio Superiore non mi dica se è bene, o no che ciò io faccia. Prego infine la bontà di Vostra Eccellenza sapermi dire come debba regolarmi in appresso… (Positio pp.182-183) Nei mesi successivi il fratello Giancarlo scrive alla sorella, esprimendole una certa rimostranza per la sua scelta di cedere i locali del Conservatorio al Vescovo, invitandola invece a tenerne parte per se stessa. Ma Elisabetta così gli risponde il 1° agosto 1839: «Mi compiaccio nel pensare che ho lasciato tutto: è così dolce il dare quando si ama! Ed io Lo amo tanto il mio Dio, che è geloso di avermi tutta per Sé. Mi pare di non poter fare a meno di spendermi e di consumarmi per rendergli un po’ di ciò che Egli mi ha dato. Quando tutto s’intricava, quando il presente mi era così doloroso e l’avvenire mi appariva ancor più buio, chiudevo gli occhi e mi abbandonavo come una creaturella tra le braccia del Padre che è nei cieli. Fratello caro, non guardiamo troppo noi stessi. Vorremmo vedere, comprendere... e non abbiamo bastantemente fiducia in Colui che ci ricolma e circonda di sua carità. Raccogliamo tutti i lumi della fede per salire in alto, più in alto. All’istante della morte, come all’estrema frontiera che ci separa dall’altra vita, vedremo e comprenderemo la grande realtà delle cose»” (Positio pp.184-185) Il 22 agosto 1839 Elisabetta firma l’atto di cessione dei locali del Conservatorio in favore di Mons.Gentilini. Finalmente il 26 agosto il Vescovo acconsente alla erezione canonica dell’Istituto e il 29 agosto, secondo la tradizione dell’Istituto, Elisabetta e dieci compagne possono indossare l’abito di Maestre Pie dell’Addolorata nella chiesa parrocchiale di Coriano. Esse sono: Mainardi Mariantonia, Venerucci Maria, Onofri Teresa, Beccari Rosa, Ferri Maria Domenica, Brunetti Amasia, Brunetti Regina, Sabattini Rosa, Manzi Benedetta, Sambi Lucrezia. Com’è buono il Signore! Non trovo parole atte ad esprimere la mia felicità in religione. Ogni giorno maggiormente l’apprezzo, qui non vi è che Lui. Egli è tutto e a tutto e a tutte basta. 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 87 CORIANO E NUOVE FONDAZIONI “Poichè l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perchè quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro”. (2Cor 5,14-15) M. Elisabetta aveva ben compreso che l’educazione civile, morale e religiosa dei giovani e in modo tutto particolare della donna, è di massima importanza per il costituirsi di famiglie veramente cristiane, per cui era sempre attenta a cogliere e a mandare ad effetto quanto occorreva alla realizzazione di questo fine. A Coriano vi erano quattro scuole con 8 Maestre e 47 alunne. Si legge nel Prospetto della struttura scolastica del conservatorio di Coriano del 7 Febbraio 1848 (Positio p.327): Le scuole di questo pio Conservatorio sono N. 4 Classi N. 5 1° Educandato ove s’insegna il vivere cristiano e civile, leggere, scrivere, far di conti, ed ogni sorta di lavoro. Pagano queste una scarsa dozena di scudi 30 all’anno, di sei mesi in sei mesi anticipati. 2° Scuola parziale per quelle che bramano stare separate dalle altre scolare della pubblica scuola. Pagano queste paoli tre al mese. 3° Scuola dei telari ove si apprende a tessere tutte le sorte di opere. Queste tirano la mercede secon- 88 Le educande sono tutte nella prima classe e sono N.5. Leggono l’Ufficio. Nella scuola parziale leggono la Via del Paradiso e sono comprese nella 2 classe. N. 3 Quelle del telaro vanno a leggere nella scuola pubblica e sono N. 5 do la loro abilità, ed a queste pure si insegna il vivere cristiano e il leggere. 4° Scuola ove intervengono tutte le altre alle quali s’insegna leggere e lavorare a tutte secondo la loro capacità e condizione e scrivere a qualcheduna. RITRATTO DI ELISABETTA Nella scuola pubblica si comprendono tutte le 5 classi. Nella prima ove leggono l’Ufficio sono N.9 Nella seconda leggono la Via del Paradiso e sono N.5 Nella terza leggono le Favole Morali dell’Abbecedario e sono N.9 Nella quarta leggono le stanghette e sono N.12 Nella quinta leggono la S.Croce e sono N.10 Dopo appena un anno che aveva preso la direzione di Coriano, nel 1829 accetta una nuova opera a Sogliano. Quantunque si trattasse di un Istituto nato in un piccolo paese, il fine che esso perseguiva era tale da suscitare l’interesse esterno per beneficiarne a servizio delle impellenti necessità apostoliche dei fedeli. La sensibilità della Madre fu tale da non sottrarvisi, sforzandosi di andare incontro nel massimo possibile a tante necessità. A partire dal 1840, furono aperte cinque case che vennero ad aggiungersi a quelle già operanti di Coriano e di Sogliano. Di queste sette case, tutte in Romagna, cinque si trovano nella diocesi di Rimini e due nella diocesi di Faenza. • Il 16 ottobre 1840: Roncofreddo. • Nel 1851 arrivarono a Faenza, ma ne partirono nel 1859 per il mutamento della situazione politica. • Nel 1852 a Cotignola, dove rimasero appena un anno. • Il 19 Novembre 1851: Savignano, Merlara. • Nel marzo 1856 aprirono una casa a Mondaino. Nel 1895 l’Istituto, “giacchè stavano rarefacendosi le suore che l’avevano conosciuta ... decise di far eseguire un ritratto, che fosse somigliante il più possibile; ne erano stati fatti precedentemente, ma risultarono di poca soddisfazione, perchè i tratti caratteristici di lei erano alterati”. Venne incaricato l’artista Anselmo Gianfanti di Cesena, che lo completò nel 1896, il quale riuscì molto bene nell’impresa, tanto che coloro che l’avevano conosciuta di persona affermarono “di trovarla in quel quadro viva e parlante” (Positio pp. 445-446, 448). La quadro è conservato a Coriano. Così la descrive Caterina Giovannini: “Elisabetta Renzi era di media statura; le sue forme erano gracili, la sua complessione, senza escludere l’idea di un certo vigore, annunziava una natura nervosa. L’età e le fatiche niente avean tolto di vita allo sguardo scintillante di un amabile splendore. L’occhio, ch’è specchio dell’anima, era in lei un non so qual lampo di fuoco soprannaturale, che variava d’intensità e di espressione; aveva quella misteriosa potenza e quell’attraente candore che Dio concede a coloro che spesso levano i loro occhi verso di Lui... - Semplicità di sguardo e di contegno; sguardo limpido e puro, pieno d’amore e di bontà - soggiunge la veneranda religiosa Teresa Raffaelli... Costei ci dice ancora con amabile accento: «E- ra una certa beltà nella Madre Renzi; una bellezza graziosa ac- 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 89 90 compagnata colla debolezza del corpo; una espressione di paradiso, perché mai disgiunta da raggio di bontà, di forza e coraggio». Dopo gli occhi il più notevole in Essa era il profilo, le cui linee erano grandi, armoniose e pronunciate abbastanza. Quantunque dalla dolcezza e dalla serenità del volto s’indovinasse la pace divina che interiormente godeva, l’impronta propria della sua fisionomia quand’era in riposo, la sua più famigliare espressione, era la soprannaturale malinconia che nasce dal sentimento delle cose invisibili. Il passo, benché pesante negli ultimi anni così carichi di sofferenze e di acciacchi, era rapido come di persona che numera le ore, e che, spossata, s’affretta nondimeno a ripigliare il servizio di Dio. Il capo cadevale lievemente sul petto per l’abitudine del raccoglimento e dell’adorazione; la capigliatura duravale non scarsa a cingerle quella testa calma, espressiva per una dolce maestà... E fino all’ultimo momento, ella conservò, raro privilegio, il pieno esercizio degli organi e della facoltà di cui avea mestieri nell’adempimento della sua missione: finezza di udito, nettezza di vista, lucidità di mente, freschezza di memoria... Ed apparve a tutti immagine di Gesù Cristo; una volta che aveste incontrato il suo sguardo, udita la sua parola, quella parola e quello sguardo vi fascinavano, e tutto in essa serviva per noi d’incoraggiamento e di ricompensa - leggesi così in una lettera di Suor Teresa Onofri, ottima contemporanea della venerata Madre Fondatrice. Dura con se stessa, era amabilissima con altri; sapeva sorridere; avea parole graziose, piacevoli motti, argute e spiritose risposte; il più dolce seducimento siedevale sulle labbra nel momento stesso che ne uscivano le verità e le consolazioni. Quando trovavasi con persone della Casa, o solo conosciute, aprivasi volentieri, ed in quell’intimo conversare recava, tutta scioltezza, un’amabile giovialità, una schietta disinvoltura, una ingenuità piena di grazia, il dono felice di narrare sorridendo od intenerendosi, quei motti vivaci, quelle sentenze bene a proposito che vanno al cuore di tutti e formano il condimento delle con- 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 91 versazioni del mondo, toltane la celia beffarda, e sempre con la più tenera fusione della carità. Lo spirito di Dio, ch’era in lei, dava ad ogni sua parola una mirabile giustezza, una semplicità, un’opportunità incomparabile. Le sue vedute, chiare e nette, venivano nel suo spirito sempre sciolte dal punto di vista della gloria di Dio e della salute delle anime.” (Positio p. 501-503) MORTE DI ELISABETTA Il 14 agosto 1859, alle ore 8 circa, Elisabetta muore a Coriano all’età di quasi 73 anni. Negli ultimi momenti della sua vita, “coricata su povero letto della povera cella, che con piccolo coretto dà nella chiesa” circondata dalle “sorelle e figliuole desolate (che) le manifestavano timori pel momento nel quale Ella sarebbe venuta a mancare, la santa Madre, premendo una mano sul cuore (diceva): “«Ge- sù è qui... Gesù è pur sempre con voi... Egli solo ha fondato l’Istituto; Egli solo vorrà custodirlo sempre. Io non c’entro per nulla! io... io non ho fatto che guastare l’opera Sua... - Amiamo il nostro buon Dio!.., io nella beatitudine, che spero raggiungere per la sua bontà e misericordia; voi nell’umiliazione e nella lotta...» - «Oh! com’è bello l’An92 gelo della morte! è I ‘Angelo più amico dell’uomo, quello che ci porta in Cielo!!» «Domando perdono a tutte di tutti i falli e mancamenti miei. Pregate per me! Addio, figlie dilettissime; siate generose col Signore; io vi porto tutte in cuore e vi benedico.... Ci rivedremo lassù..., lassù.... Di lassù vi dirò ancora di essere riconoscenti verso il Signore. La vostra fedeltà sia il vostro rendimento di grazie, perocchè se molto avete avuto, Dio chiederà molto da voi, o figlie mie..... » Alle ore otto del mattino la moribonda è in un completo, soave abbandono tra le braccia del suo Sposo Crocefisso! Ad un tratto sussurra: «Io vedo!.., io vedo!.., io vedo!... » E ciò che restava della vita mortale si perdette dolcemente nella vita eterna. Ella morì da quella santa che era, e le sue figlie di allora vollero imparare a ben morire da lei che aveva loro insegnato a ben vivere. La sua bell’anima avrà bentosto incontrato gli spiriti eletti delle care figliuole che la precedettero... Avrà bentosto baciata la mano alla Regina del Paradiso, che al Paradiso chiamavala la vigilia della sua gloriosa Assunzione al Cielo! - «La sua bell’anima volò tra gli Angeli a rendere più giocondo il Paradiso» scrisse alle consorelle desolate l’Ecc.mo Vescovo di Rimini. ... I funerali furono un’apoteosi: e il suo corpo, no, non venne allontanato dall’arena dove aveva consumato il suo martirio, dall’arca santa in cui sciolse dallo spirito eletto. Ebbe umile sepoltura nella Chiesa del Conservatorio di Coriano...” (Positio pp.525-527) Per noi oggi... Laici MPA (dallo Statuto pp. 5-7) c) Missione “Amare Dio ed il prossimo con l’affetto di mille cuori e l’azione di mille mani ”. Come M.E.R. ha saputo cogliere e tradurre nell’operatività della sua Fondazione quell’Amore, che con la Croce è sceso sulla terra, così il laico M.P.A. deve porsi in ascolto di quest’intima pulsione d’amore e deve divenire attento custode e fervido moltiplicatore dei talenti affidatigli per mezzo dello Spirito Santo. Il laico, sostenendosi con la preghiera, deve portare nella società l’azione di M.E.R. e, mentre si dedica a porre “rimedio e sollievo ad ogni miseria umana”, deve testimoniare l’impegno di solidarietà in tutti gli ambienti in cui si trova ad operare. Egli potrà esprimersi nella dedizione d’amore verso il prossimo, sia individualmente, che comunitariamente, secondo quanto suggerisce la carità. Concretamente i laici potranno impegnarsi: • in opere già rette dall’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata (scuola, catechesi, assistenza, missioni), • in opere nuove realizzate in collaborazione con l’associazione di volontariato M.P.A., • nelle opere parrocchiali, • e comunque in tutte quelle opere che, ispirate al carisma di M.E.R., rispondono alle particolari esigenze dei tempi e dei luoghi. Lo spirito apostolico nelle attività deve essere essenzialmente spirito di servizio nella carità e nell’umiltà, permeato di semplicità, cordialità, gioia del dovere e allegrezza di spirito. d) Formazione carismatica: nel carisma di M.E.R. sono depositati i caratteri “genetici” del Movimento per l’Alleluia. Studiare il Carisma (ad es. attraverso la lettura degli scritti, della biografia, del florilegio) equivale a conoscere la matrice della vera identità del laico M.P.A., cioè: chi è, chi può e deve essere. Dal carisma nasce quindi l’individuazione della missione e lo stile con cui esplicarla. 3° Tappa dell’Itinerario elisabettiano - Coriano 93 94 Preghiera iniziale: Corona dell’Addolorata O Madonna cara, o Madre dei dolori, vogliamo soffermarci a riflettere su tutte quelle situazioni in cui tu più hai sofferto. Desideriamo rimanere un po’ di tempo con te e ricordarci con gratitudine di quanto tu hai sofferto per noi. Alle tue sofferenze, che si sono protratte per l’intero arco della tua vita terrena, uniamo anche le nostre sofferenze, e inoltre quelle di tutti i genitori, di tutti i giovani ammalati, dei bambini e degli anziani, affinchè ogni loro dolore sia accettato con amore e ogni croce sia portata con la speranza nel cuore. Amen. Dal Vangelo secondo Giovanni (19, 25-30) Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto!”. E, chinato il capo, spirò. PRIMO DOLORE: Maria nel tempio ascolta la profezia di Simeone O Maria, mentre nel tempio presentavi a Dio il tuo Figlio, il vecchio Simeone ti predisse che Gesù sarebbe stato segno di contraddizione e che la tua anima sarebbe stata trafitta da una spada di dolore. Queste stesse parole sono state già una spada per la tua anima: hai custodito anche queste parole, come le altre, nel tuo cuore. Grazie, o Maria. Dallo Statuto MPA, pag. 4-5 La spiritualità di Elisabetta si ispira all’Addolorata che sta sotto il Crocifisso e gli parla. • Il laico MPA vede la Madre di Gesù modello della sua vocazione e missione. Offriamo questo mistero per tutti quei genitori che in un qualsiasi modo si trovano a soffrire per i loro figli. 7 Ave Maria Vergine Addolorata, prega per noi 95 96 SECONDO DOLORE: Figlio, il Messia Redentore. Perciò il tuo dolore è stato immenso, e la gioia dopo il ritrovamento è stata certamente sconfinata. Maria fugge in Egitto per salvare Gesù O Maria, sei dovuta fuggire col tuo Figlio in Egitto, perchè i potenti della terra si erano alzati contro di Lui per ucciderlo. E’ difficile immaginare tutti i sentimenti che hai provato quando, all’invito del tuo sposo, ti sei alzata nel cuore della notte e hai preso il tuo Bambino per fuggire, quel Bambino nel quale riconoscevi e adoravi il Messia e il Figlio di Dio. Sei rimasta senza quelle sicurezze che la patria e il focolare domestico sanno offrire. Sei fuggita, e così ti sei associata a coloro che non hanno un tetto sopra il loro capo o che vivono in paesi stranieri, senza patria. • Maria, ci rivolgiamo a te, che sei Madre, e ti preghiamo per chi è costretto ad abbandonare la propria casa. Ti preghiamo per i profughi, per i perseguitati, per gli esiliati; ti preghiamo per i poveri, che non hanno mezzi a sufficienza per costruirsi una casa e una famiglia. Ti preghiamo in particolare per quelli che, in seguito a conflitti familiari, hanno abbandonato la loro famiglia e si trovano a vivere sulla strada: per i giovani che sono in disaccordo con i genitori, per i coniugi che si sono separati, per le persone che vengono allontanate. Guidali, o Maria, attraverso la loro sofferenza verso la “nuova dimora”. • 7 Ave Maria Vergine Addolorata, prega per noi QUARTO DOLORE: Maria incontra Gesù che porta la croce. O Maria, hai incontrato il tuo Figlio mentre portava la Croce. Chi potrebbe descrivere il dolore che hai provato in quel momento? • 7 Ave Maria Vergine Addolorata, prega per noi TERZO DOLORE: Maria smarrisce Gesù e poi lo ritrova nel tempio. Madre Santissima ti preghiamo per quelli che sono lasciati soli nel loro dolore. Visita i carcerati e confortali; visita gli infermi; va incontro a quelli che si sono perduti. Porgi una carezza a coloro che sono affetti da malattie incurabili, come quando per l’ultima volta qui in terra hai accarezzato il tuo Figlio. Aiutali a offrire la loro sofferenza per la salvezza del mondo, come Tu stessa, accanto al tuo Figlio, offristi il tuo dolore. 7 Ave Maria Vergine Addolorata, prega per noi O Maria, per tre giorni, con indicibile affanno, hai cercato il tuo Figlio, e finalmente, piena di gioia, l’hai ritrovato nel tempio. La sofferenza è durata a lungo nel cuore. La pena è stata grande, perchè eri cosciente della tua responsabilità. Sapevi che il Padre celeste ti aveva affidato il suo 97 Maria, ti preghiamo per quanti si sono allontanati dalle loro case e di conseguenza si trovano a soffrire molto. Ti preghiamo per quelli che hanno dovuto lasciare la casa paterna per motivi di salute e si trovano soli negli ospedali. Ti preghiamo in modo particolare per quei giovani che sono rimasti privi di amore e di pace, e non sanno più che cosa sia la casa paterna. Ricercali tu, o Maria, e fa’ che si lascino trovare, perchè la realizzazione di un mondo nuovo diventi sempre più possibile. 98 materna. Fa’ che il mondo diventi una sola famiglia, dove tutti si sentano fratelli e sorelle. QUINTO DOLORE: Maria è presente alla crocifissione e morte di Gesù. O Maria, ti contempliamo mentre stai in piedi accanto al tuo Figlio morente. Lo avevi seguito con dolore, e ora con dolore inconsolabile ti trovi sotto la sua Croce. O Maria, la tua fedeltà nella sofferenza è veramente grande. Hai un animo forte, il dolore non ti ha chiuso il cuore di fronte ai nuovi impegni: per desiderio del Figlio, diventi Madre di tutti noi. • Ti preghiamo, Maria, per quelli che assistono i malati. Aiutali a prestare con amore le loro cure. Dona forza e coraggio a quelli che non ce la fanno più accanto ai loro malati. In modo particolare, benedici le mamme che hanno bambini infermi, fa’ che anche per loro il trovarsi a contatto con la croce sia cosa salutare. Unisci al tuo dolore di Madre l’estenuante fatica di chi per anni o forse per tutta la vita è chiamato a prestare servizio ai propri cari infermi. 7 Ave Maria Vergine Addolorata, prega per noi SETTIMO DOLORE: Maria accompagna Gesù alla sepoltura. O Maria, hai accompagnato Gesù fino al sepolcro. Hai singhiozzato e pianto su di Lui, come si piange per un figlio unico. Molte persone nel mondo vivono nel dolore, perchè hanno perduto i loro cari. Consolali Tu, e dona loro il conforto della fede. Molti sono senza fede e senza speranza, e si dibattono nei problemi di questo mondo, perdendo fiducia e gioia di vivere. • 7 Ave Maria Vergine Addolorata, prega per noi Maria, intercedi per loro, perchè abbiano fede e trovino la loro strada. Sia distrutto il male, e fiorisca una vita nuova, quella vita che è nata dalla tua sofferenza e dal sepolcro del tuo Figlio. Amen. 7 Ave Maria Vergine Addolorata, prega per noi SESTO DOLORE: Maria riceve sulle braccia Gesù deposto dalla croce. Ti osserviamo, o Maria, mentre, immersa nel più profondo dolore, accogli sulle tue ginocchia il corpo esamine del tuo Figlio. Il tuo dolore continua anche quando il suo è terminato. Lo riscaldi ancora una volta col tuo seno materno, con la bontà e con l’amore del tuo cuore. • Madre, ci consacriamo a te in questo momento, ti consacriamo il nostro dolore, il dolore di tutti gli uomini. Ti consacriamo le persone che sono sole, abbandonate, rifiutate, che sono in discordia con gli altri. Ti consacriamo il mondo intero. Siano tutti accolti sotto la tua protezione 99 Salve Regina... Preghiamo: O Dio, tu hai voluto che accanto al tuo Figlio, innalzato sulla croce, fosse presente la tua Madre Addolorata; fa’ che la tua Santa Chiesa, associata con lei alla passione del Cristo, partecipi alla gloria della risurrezione. Per lo stesso tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. T. Amen. 100