PAGLIACCI
Dramma in un prologo e due atti su libretto di Ruggero Leoncavallo
Musica
RUGGERO LEONCAVALLO
Personaggi
NEDDA, nella commedia Colombina
CANIO, nella commedia Pagliaccio
TONIO, nella commedia Taddeo lo scemo
PEPPE, nella commedia Arlecchino
SILVIO, contadino
Contadini e contadine
Soprano
Tenore
Baritono
Tenore
Baritono
La scena si passa in Calabria presso Montalto, il giorno della festa di mezz’agosto. Epoca presente, fra il
1865 e il 1870.
PROLOGO
che noi versiam son false! Degli spasimi
e de’ nostri martir non allarmatevi!»
No. L’autore ha cercato invece pingervi
uno squarcio di vita. Egli ha per massima
sol che l’artista è un uomo e che per gli uomini
scrivere ei deve. Ed al vero ispiravasi.
Un nido di memorie in fondo a l’anima
cantava un giorno, ed ei con vere lagrime
scrisse, e i singhiozzi il tempo gli battevano!
Dunque, vedrete amar sì come s’amano
gli esseri umani; vedrete de l’odio
i tristi frutti. Del dolor gli spasimi,
urli di rabbia, udrete, e risa ciniche!
E voi, piuttosto che le nostre povere
gabbane d’istrioni, le nostr’anime
considerate, poiché noi siam uomini
Scena unica
[Tonio, in costume da Taddeo come nella
commedia, passando a traverso al telone.]
TONIO
Si può?...
(poi salutando)
Signore! Signori!... Scusatemi
se da sol me presento. Io sono il prologo:
poiché in iscena ancor le antiche maschere
mette l’autore, in parte ei vuol riprendere
le vecchie usanze, e a voi di nuovo inviami.
Ma non per dirvi come pria: «Le lagrime
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di carne e d’ossa, e che di quest’orfano
mondo al pari di voi spiriamo l’aere!
Il concetto vi dissi... Or ascoltate
com’egli è svolto.
(gridando verso la scena)
Andiam. Incominciate!
Rientra e la tela si leva.
Son tre ore dopo mezzogiorno; il sole di agosto
splende cocente.
CORO
di Contadini e Contadine
(arrivando a poco a poco)
Son qua!
Ritornano...
Pagliaccio è là!
Tutti lo seguono,
grandi e ragazzi,
e ognuno applaude
ai motti, ai lazzi.
In aria gittano
i lor cappelli
fra strida e sibili
tutti i monelli.
Ed egli serio
saluta e passa
e torna a battere
sulla gran cassa.
Scena prima
La scena rappresenta un bivio di strada in
campagna, all’entrata di un villaggio. A sinistra
una strada che si perde tra le quinte, fa gomito
nel centro della scena e continua in un viale
circondato da alberi che va verso la destra in
prospettiva. In fondo al viale si scorgeranno, fra
gli alberi, due o tre casette.
Al punto ove la strada fa gomito, nel terreno
scosceso, un grosso albero; dietro di esso una
scorciatoia, sentiero praticabile che parte dal
viale verso le piante delle quinte a sinistra.
Quasi dinanzi all’albero, sulla via, è piantata
una rozza pertica, in cima alla quale sventola
una bandiera, come si usa per le feste popolari;
e più in giù, in fondo al viale, si vedono due o tre
file di lampioncini di carta colorata sospesi
attraverso la via da un albero all’altro.
La destra del teatro è quasi tutta occupata
obliquamente da un teatro di fiera. Il siparo è
calato. E su di uno dei lati della prospettiva è
appiccicato un gran cartello sul quale è scritto
rozzamente imitando la stampa: «Quest’ogi
gran rappresettazione». Poi a lettere cubitali:
PAGLIACCIO, indi delle linee illeggibili. Il sipario è
rozzamente attaccato a due alberi, che si
trovano disposti obliquamente sul davanti.
L’ingresso alle scene è, dal lato destro in faccia
alla spettatore, nascosto da una rozza tela. Indi
un muretto che, partendo di dietro al teatro, si
perde dietro la prima quinta a destra ed indica
che il sentiero scoscende ancora, poiché si
vedono al disopra di esso, le cime degli alberi di
una fitta boscaglia.
All’alzarsi della tela si sentono squilli di tromba
stonata alternantisi con dei colpi di cassa, ed
insieme risate, grida allegre, fischi di monelli e
vociare che vanno appressandosi.
Attirati dal suono e dal frastuono i Contadini di
ambo i sessi, in abito da festa, accorrono a
frotte dal viale, mentre Tonio lo scemo, va a
guardare verso la strada a sinistra, poi,
annoiato dalla folla che arriva, si sdraia, dinanzi
al teatro.
RAGAZZI
(di dentro)
Ehi, sferza l’asino,
bravo arlecchino!
CANIO
(di dentro)
Itene al diavolo!
PEPPE
(di dentro)
To’! birichino!
Un gruppo di Monelli entra, correndo, in iscena
dalla sinistra.
LA FOLLA
Ecco il carretto...
Indietro... Arrivano...
Che diavolerio!
Dio benedetto!
Arriva una pittoresca carretta dipinta a vari
colori e tirata da un asino che Peppe, in abito
da Arlecchino, guida a mano camminando,
mentre co’ lo scudiscio allontana i Ragazzi.
Sulla carretta sul davanti è sdraiata Nedda in
un costume tra la zingara e l’acrobata. Dietro
ad essa è piazzata la gran cassa.
Sul di dietro della carretta è Canio in piedi, in
costume di Pagliaccio, tenendo nella destra una
tromba e nella sinistra la mazza della gran
cassa.
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e tende un bel laccio...
Vedrete di Tonio
tremar la carcassa,
e quale matassa
d’intrighi ordirà.
Venite, onorateci
signori e signore.
A ventitré ore!
A ventitré ore!
(i contadini e le contadine attorniano
festosamente la carretta)
LA FOLLA
Evviva! il principe
se’ dei pagliacci!
I guai discacci
tu col lieto umore!
Ognun applaude a’ motti, ai lazzi...
ed ei, ei serio saluta e passa...
Tonio si avanza per aiutar Nedda a discendere
dal carretto, ma Canio, che è già saltato giù, gli
dà un ceffone dicendo:
LA FOLLA
Evviva!
CANIO
Via di lì!
CANIO
Grazie!
Poi prende fra le braccia Nedda e la depone a
terra.
LA FOLLA
Bravo!
CONTADINE
(ridendo, a Tonio)
Prendi questo, bel galante!
CANIO
Vorrei...
LA FOLLA
E lo spettacolo?
RAGAZZI
(fischiando)
Con salute!
Tonio mostra il pugno ai Monelli che scappano,
poi si allontana brontolando e scompare sotto
la tenda a destra del teatro.
CANIO
(picchiando forte e ripetutamente sulla cassa
per dominar le voci)
Signori miei!
TONIO
(a parte)
La pagherai! brigante!
LA FOLLA
(scostandosi e turandosi le orecchie)
Uh! ci assorda! Finiscila!
(intanto Peppe conduce l’asino col carretto
dietro al teatro.)
CANIO
(affettando cortesia e togliendosi il berretto con
un gesto comico)
Mi accordan di parlar?
UN CONTADINO
(a Canio)
Di’, con noi vuoi tu bevere
un buon bicchiere sulla crocevia?
LA FOLLA
(ridendo)
Con lui si dée cedere,
tacere ed ascoltar!
CANIO
Con piacere.
CANIO
Un grande spettacolo
a ventitré ore
prepara il vostr’umile
e buon servitore!
(riverenza)
Vedrete le smanie
del bravo Pagliaccio;
e com’ei si vendica
PEPPE
(ricompare di dietro al teatro; getta la frusta,
che ha ancora in mano, dinanzi alla scena e
dice)
Aspettatemi...
anch’io ci sto!
(poi entra dall’altro lato del teatro per cambiar
costume)
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CANIO
(gridando verso il fondo)
Di’, Tonio, vieni via?
TONIO
(di dentro)
Io netto il somarello. Precedetemi.
Verso la chiesa vanno i compari.
Le campane suonano a vespero da lontano.
CONTADINI
Essi accompagnano la comitiva
che a coppie al vespero se n’ va giuliva.
UN ALTRO CONTADINO
(ridendo)
Bada, Pagliaccio, ei solo vuol restare
per far la corte a Nedda!
CONTADINE
Ah! Andiam.
La campana
ci appella al signore!
CANIO
(ghignando, ma con cipiglio)
Eh! Eh! Vi pare?
CANIO
Ma poi... ricordatevi!
A ventitré ore!
CANIO
Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo
con me, miei cari; e a Tonio... e un poco a tutti
or parlo!
Il teatro e la vita non son la stessa cosa.
E se lassù Pagliaccio sorprende la sua sposa
col bel galante in camera, fa un comico
sermone,
poi si calma od arrendesi ai colpi di bastone!...
Ed il pubblico applaude, ridendo allegramente!
Ma se Nedda sul serio sorprendessi...
altramente
finirebbe la storia, com’è ver che vi parlo!...
Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo!
I Zampognari arrivano dalla sinistra in abito da
festa con nastri dai colori vivaci e fiori ai
cappelli acuminati.
Li seguono una frotta di Contadini e Contadine
anch’essi parati a festa.
Il Coro, che è sulla scena, scambia con questi
saluti e sorrisi, poi tutti si dispongono a coppie
ed a gruppi, si uniscono alla comitiva e si
allontanano, cantando, pe ‘l viale del fondo,
dietro al teatro.
CORO
Din don, suona vespero,
ragazze e garzon,
a coppie affrettiamoci
al tempio– din don...
Il sol diggià i culmini,
din don, vuol baciar.
Le mamme ci adocchiano,
attenti, compar!
Din don, tutto irradiasi
di luce e d’amor!
Ma i vecchi sorvegliano
gli arditi amador!
Din don, suona vespero,
ragazze e garzon,
le squille ci appellano
al tempio – din don...
NEDDA
(a parte)
Confusa io son!
CONTADINI
Sul serio
pigli dunque la cosa?
CANIO
(un po’ commosso)
Io!?... Vi pare! Scusatemi!...
Adoro la mia sposa!
(va a baciar Nedda in fronte)
Scena e coro delle campane
Un suono di cornamusa si fa sentire all’interno;
tutti si precipitano verso la sinistra, guardando
fra le quinte.
Durante il coro, Canio entra dietro al teatro e va
a lasciar la sua giubba da Pagliaccio, poi
ritorna, e dopo
aver fatto, sorridendo, un cenno d’addio a
Nedda, parte con Peppe e cinque o sei Contadini
per la sinistra.
MONELLI
(gridando)
I zampognari! I zampognari!
CONTADINI
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Scena seconda
NEDDA
(ridendo con scherno)
Ah! ah! Quanta poesia!...
Nedda resta sola.
NEDDA
(pensierosa)
Qual fiamma avea nel guardo!
Gli occhi abbassai per tema ch’ei leggesse
il mio pensier segreto!
Oh! s’ei mi sorprendesse...
brutale come egli è! Ma basti, orvia.
Son questi sogni paurosi e fole!
O che bel sole
di mezz’agosto! Io son piena di vita,
e, tutta illanguidita
per arcano desìo, non so che bramo!
(guardando in cielo)
Oh! che volo d’augelli, e quante strida!
Che chiedon? dove van? Chissà! La mamma
mia, che la buona ventura annunciava,
comprendeva il lor canto e a me bambina
così cantava:
«Hui! Stridono lassù, liberamente
lanciati a vol come frecce, gli augel.
Disfidano le nubi e ‘l sol cocente,
e vanno, e vanno per le vie del ciel.
Lasciateli vagar per l’atmosfera,
questi assetati d’azzurro e di splendor:
seguono anch’essi un sogno, una chimera,
e vanno, e vanno fra le nubi d’or!
Che incalzi il vento e latri la tempesta,
con l’ali aperte san tutto sfidar;
la pioggia i lampi, nulla mai li arresta,
e vanno, e vanno sugli abissi e i mar.
Vanno laggiù verso un paese strano
che sognan forse e che cercano in van.
Ma i boemi del ciel, seguon l’arcano poter
che li sospinge... e vanno... e van!»
TONIO
Non rider, Nedda!
NEDDA
Va’, va’ all’osteria!
TONIO
So ben che difforme, contorto son io;
che desto soltanto lo scherno o l’orror.
Eppure ha ‘l pensiero un sogno, un desìo,
e un palpito il cor!
Allor che sdegnosa mi passi d’accanto,
non sai tu che pianto mi spreme il dolor!
Perché, mio malgrado, subito ho l’incanto,
m’ha vinto l’amor!
TONIO
(appressandosi)
Oh! lasciami, lasciami
or dirti...
NEDDA
(interrompendolo e beffeggiandolo)
...che m’ami?
Hai tempo a ridirmelo
stasera, se brami!
Facendo le smorfie
colà, sulla scena!
Intanto risparmiati
per ora la pena.
TONIO
Non rider, Nedda!
(Tonio durante la canzone sarà uscito di dietro
al teatro e sarà ito ad appoggiarsi all’albero,
ascoltando beato.
Nedda, finito il canto, fa per rientrare e lo
scorge)
TONIO
(delirante con impeto)
No, è qui che voglio dirtelo,
e tu m’ascolterai,
che t’amo e ti desidero,
e che tu mia sarai!
NEDDA
(bruscamente contrariata)
Sei là? credea che te ne fossi andato!
NEDDA
(seria ed insolente)
Eh! dite, mastro Tonio!
La schiena oggi vi prude,
o una tirata
d’orecchi
è necessaria
al vostro ardor?!
TONIO
(con dolcezza)
(ridiscendendo)
È colpa del tuo canto. Affascinato
io mi beava!
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TONIO
Ti beffi?!
Sciagurata!
Per la croce di dio!
Bada che puoi
pagarla cara!
SILVIO
(saltando allegramente e venendo verso di lui)
Ah bah! Sapea che io non rischiavo nulla.
Canio e Peppe da lunge a la taverna,
a la taverna ho scorto!... Ma prudente
per la macchia a me nota qui ne venni.
NEDDA
Tu minacci? Vuoi
che vada a chiamar Canio?
NEDDA
E ancora un poco in Tonio t’imbattevi!
SILVIO
(ridendo)
Oh! Tonio il gobbo!
TONIO
(muovendo verso di lei)
Non prima ch’io ti baci!
NEDDA
Il gobbo è da temersi!
M’ama... Ora qui me ‘l disse... e nel bestiale
delirio suo, baci chiedendo, ardia
correr su me!
NEDDA
(retrocedendo)
Bada!
TONIO
(s’avanza ancora aprendo le braccia per
ghermirla)
Oh, tosto
sarai mia!
SILVIO
Per dio!
NEDDA
Ma con la frusta
del cane immondo la foga calmai!
NEDDA
(sale retrocedendo verso il teatrino, vede la
frusta lasciata da Peppe, l’afferra e dà un colpo
in faccia a Tonio, dicendo)
Miserabile!
SILVIO
E fra quest’ansie in eterno vivrai?!
TONIO
(dà un urlo e retrocede)
Per la vergin pia di mezz’agosto,
Nedda, lo giuro... me la pagherai!
(esce minacciando dalla sinistra)
SILVIO
Decidi il mio destin,
Nedda! Nedda, rimani!
Tu il sai, la festa ha fin
e parte ognun dimani.
Nedda! Nedda!
E quando tu di qui sarai partita,
che addiverrà di me... de la mia vita?!
NEDDA
(immobile guardandolo allontanarsi)
Aspide! Va’! Ti sei svelato ormai...
Tonio lo scemo! Hai l’animo
siccome il corpo tuo difforme... lurido!...
NEDDA
(commossa)
Silvio!
Scena terza
Silvio, Nedda, e poi Tonio.
SILVIO
Nedda, rispondimi:
s’è ver che Canio non amasti mai,
s’è ver che t’è in odio
il ramingar e ‘l mestier che tu fai,
se l’immenso amor tuo
una fola non è
questa notte partiam!
Fuggi, fuggi con me!
SILVIO
(sporgendo la metà dei corpo arrampicandosi
dal muretto a destra, e chiama a bassa voce)
Nedda!
NEDDA
(affrettandosi verso di lui)
Silvio! a quest’ora... che imprudenza!
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NEDDA
Non mi tentar! Vuoi tu perder la vita mia?
Taci Silvio, non più... È delirio, è follia!
Io mi confido a te, a te cui diedi il cor!
Non abusar di me, del mio febbrile amor!
Non mi tentar! E poi... Chissà!... meglio è partir.
Sta il destin contro noi, è vano il nostro dir!
Eppure dal mio cor strapparti non poss’io,
vivrò sol de l’amor ch’hai destato al cor mio!
NEDDA
Negli occhi guardami!
SILVIO
Sì, ti guardo e ti bacio! t’amo, t’amo.
Scena quarta
Mentre Silvio e Nedda s’avviano parlando verso
il muricciuolo, arrivano, camminando
furtivamente dalla scorciatoia, Canio e Tonio.
Tonio appare dal fondo a sinistra.
TONIO
(ritenendo Canio)
Cammina adagio e li sorprenderai!
SILVIO
No, più non m’ami!
TONIO
(scorgendoli)
(Ah! T’ascolta, sgualdrina!)
(fugge dal sentiero minacciando)
Canio s’avanza cautamente sempre ritenuto da
Tonio, non potendo vedere, dal punto ove si
trova, Silvio che scavalca il muricciuolo.
SILVIO
(che ha già la metà del corpo dall’altro lato
ritenendosi al muro)
Ad alta notte laggiù mi terrò.
Cauta discendi e mi ritroverai.
Silvio scompare e Canio si appressa all’angolo
del teatro.
NEDDA
Sì, t’amo! t’amo!
SILVIO
E parti domattina?
SILVIO
(amorosamente, cercando ammaliarla)
E allor perché, di’, tu m’hai stregato
se vuoi lasciarmi senza pietà?!
Quel bacio tuo perché me l’hai dato
fra spasmi ardenti di voluttà?!
Se tu scordasti l’ore fugaci,
io non lo posso, e voglio ancor,
que’ spasmi ardenti, que’ caldi baci,
che tanta febbre m’han messo in cor!
NEDDA
(a Silvio che sarà scomparso di sotto)
A stanotte e per sempre tua sarò.
CANIO
(che dal punto ove si trova ode queste parole,
dà un urlo)
Oh!
NEDDA
(si volge spaventata e grida verso il muro)
Fuggi!
NEDDA
(vinta e smarrita)
Nulla scordai... sconvolta e turbata
m’ha questo amor che ne ‘l guardo ti sfavilla!
Viver voglio a te avvinta, affascinata,
una vita d’amor calma e tranquilla!
A te mi dono; su me solo impera.
Ed io ti prendo e m’abbandono intera!
SILVIO
(stringendola fra le braccia)
Verrai?
D’un balzo Canio arriva anch’esso al muro;
Nedda gli si para dinante, ma dopo breve lotta
egli la spinge da un canto, scavalca il muro e
scompare.
Tonio resta a sinistra guardando Nedda, che
come inchiodata presso il muro cerca sentire se
si ode rumore di lotta mormorando.
NEDDA
Aitalo,
signor!
NEDDA
Sì... Baciami!
SILVIO
Tutto scordiamo.
CANIO
(di dentro)
Vile! t’ascondi!
7
(urlando)
Il nome, il nome, non tardare, o donna!
NEDDA
No! No, no ‘l dirò giammai!
TONIO
(ridendo cinicamente)
Ah! ah! ah!
CANIO
(slanciandosi furente col pugnale alzato)
Per la madonna!
NEDDA
(al riso di Tonio si è voltata e dice con disprezzo
fissandolo)
Bravo!
Bravo il mio Tonio!
Peppe, che sarà entrato dalla sinistra, sulla
risposta di Nedda corre a Canio e gli strappa il
pugnale che getta via tra gli alberi.
TONIO
Fo quel che posso!
PEPPE
Padron! che fate! Per l’amor di dio!
La gente esce di chiesa e a lo spettacolo
qui muove!... Andiamo... via, calmatevi!...
NEDDA
È quello che pensavo!
TONIO
Ma di far assai meglio non dispero!
CANIO
(dibattendosi)
Lasciami Peppe! Il nome! Il nome!
PEPPE
Tonio,
vieni a tenerlo! Andiamo, arriva il pubblico!
(Tonio prende Canio per la mano mentre Peppe
si volge a Nedda)
NEDDA
Mi fai schifo e ribrezzo!
TONIO
Oh non sai come
lieto ne sono!
Canio, intanto scavalca di nuovo il muro e
ritorna in scena pallido, asciugando il sudore
con un fazzoletto di colore oscuro.
PEPPE
Vi spiegherete! E voi di lì tiratevi.
Andatevi a vestir... Sapete... Canio
è violento, ma buono!
(spinge Nedda sotto la tenda e scompare con
essa)
CANIO
(con rabbia concentrata)
Derisione e scherno!
Nulla! Ei ben lo conosce quel sentier.
Fa lo stesso; poiché del drudo il nome
or mi dirai.
CANIO
(stringendo il capo fra le mani)
Infamia! Infamia!
NEDDA
(volgendosi turbata)
Chi?
TONIO
(piano a Canio, spingendolo sul davanti della
scena)
Calmatevi padrone... È meglio fingere;
il ganzo tornerà. Di me fidatevi!
CANIO
(furente)
Tu, pe ‘l padre eterno!...
(cavando dalla cinta lo stiletto)
E se in questo momento qui scannata
non t’ho già gli è perché pria di lordarla
nel tuo fetido sangue, o svergognata,
codesta lama, io vo’ il suo nome!... Parla!
(Canio ha un gesto disperato, ma Tonio
spingendolo col gomito prosegue piano)
TONIO
Io la sorveglio. Ora facciam la recita.
Chissà ch’egli non venga a lo spettacolo
e si tradisca! Or via. Bisogna fingere
per riuscir!
NEDDA
Vano è l’insulto. È muto il labbro mio.
PEPPE
(uscendo dalle scene)
CANIO
8
Andiamo, via, vestitevi
padrone. E tu batti la cassa, Tonio!
(Tonio va di dietro al teatro e Peppe anch’esso
ritorna all’interno, mentre Canio accasciato si
avvia lentamente verso la cortina)
Ve’, come corrono
le bricconcelle!
Accomodatevi
comari belle!
CONTADINE
Oh dio che correre
per giunger tosto.
CANIO
Recitar! Mentre preso dal delirio
non so più quel che dico e quel che faccio!
Eppur è d’uopo... sforzati!
Bah! sei tu forse un uom? Tu se’ Pagliaccio!
TONIO
Si dà principio,
avanti, avanti!
CANIO
Vesti la giubba e la faccia infarina.
La gente paga e rider vuole qua.
E se Arlecchin t’invola Colombina,
ridi, Pagliaccio... e ognun applaudirà!
Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;
in una smorfia il singhiozzo e ‘l dolor...
Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto!
Ridi del duol che t’avvelena il cor!
LA FOLLA
Via su spicciatevi,
incominciate.
Perché tardate mai?
perché tardate?
Siam tutti là!
CONTADINE
(cercando sedersi, spingendosi)
Ma non pigiatevi,
fa caldo tanto!
Su, Peppe, aiutaci!
V’è posto accanto.
Nedda esce vestita da Colombina col piatto per
incassare posti.
Peppe cerca di mettere a posto le Donne.
Tonio rientra nel teatro portando via la gran
cassa.
Insieme
Entra commosso sotto la tenda, mentre la tela
cade lentamente.
ATTO SECONDO
Scena prima
La stessa scena dell’atto primo.
Tonio compare dall’altro lato del teatro colla
gran cassa; era a piazzarsi sull’angolo sinistro
del proscenio del teatrino.
Intanto la Gente arriva da tutte le parti per lo
spettacolo e Peppe viene a mettere nei banchi
per le Donne.
CONTADINI, SILVIO E NEDDA
CONTADINI
Ve’! s’accapigliano! chiamano aiuto!
Sedete, via, senza gridar!
SILVIO
Nedda!
CONTADINI E CONTADINE
(arrivando)
Presto affrettiamoci,
svelto, compare!
CONTADINE
Ché lo spettacolo
dée cominciare.
Cerchiam di metterci
ben sul davanti.
(Silvio arriva dal fondo e va a pigliar posto sul
davanti a sinistra salutando gli amici)
NEDDA
Sii cauto!
Non t’ha veduto!
SILVIO
Verrò ad attenderti.
Non obliar!
LA FOLLA
Suvvia, spicciatevi!
Incominciate!
Perché tardate?
Perché indugiate?
TONIO
Si dà principio,
avanti, avanti!
PEPPE
Che furia! Diavolo!
CONTADINI
9
Prima pagate,
Nedda incassate!
LA FOLLA
Di qua! Di qua!
Nedda dopo aver lasciato Silvio riceve ancora il
prezzo della sedie da Altri, e poi rientra
anch’essa nel teatro con Peppe.
PEPPE
ARLECCHINO
(di dentro)
O Colombina, il tenero
fido Arlecchin
è a te vicin!
Ver te chiamando,
e sospirando aspetta il poverin...
La tua faccetta mostrami,
ch’io vo’ baciar
senza tardar
la tua boccuccia.
Amor mi cruccia e mi sta a tormentar!
Ah! e mi sta a tormentar!
O Colombina, schiudimi
il finestrin,
che a te vicin
ver te chiamando,
e sospirando è il povero Arlecchin!
LA FOLLA
(volendo pagare nello stesso tempo)
Incominciate!
Perché tardate?
Facciam strepito,
facciam rumore!
Ventitré ore suonaron già!
Allo spettacolo
ognun anela!
(si ode una lunga e forte scampanellata)
LA FOLLA
Ah! S’alza la tela!
Silenzio! Olà!
NEDDA
COLOMBINA
(ritornando ansiosa sul davanti)
Di fare il segno convenuto appressa
l’istante, ed Arlecchino aspetta!
Le Donne sono parte sedute sui banchi, situati
obliquamente, volgendo la faccia alla scena del
teatrino; parte in piedi formano gruppo cogli
Uomini sul rialzo di terra ov’è il grosso albero.
Altri Uomini in piedi lungo le prime quinte a
sinistra.
Silvio è innanzi ad essi.
(siede ansiosa volgendo le spalle alla porta di
destra.
Questa si apre e Tonio entra sotto le spoglie del
servo Taddeo, con un paniere infilato al braccio
sinistro.
Egli si arresta a contemplare Nedda con aria
esageratamente tragica)
Scena seconda
Commedia.
La tela del teatrino si alza.
La scena, mal dipinta, rappresenta una
stanzetta con due porte laterali ed una finestra
praticabile in fondo.
Un tavolo e due sedie rozze di paglia sono sulla
destra del teatrino.
Nedda in costume da Colombina passeggia
ansiosa.
TONIO
TADDEO
È dessa!
(poi levando bruscamente al cielo le mani ed il
paniere)
Dèi, come è bella!
LA FOLLA
(ridendo)
Ah! ah! ah!
NEDDA
COLOMBINA
Pagliaccio mio marito
a tarda notte sol ritornerà...
E quello scimunito
di Taddeo perché mai non è ancor qua?
TONIO
TADDEO
Se a la rubella
io disvelassi
l’amor mio che commuove fino i sassi!
Lungi è lo sposo.
Perché non oso?
(si ode un pizzicar di chitarra all’interno;
Colombina corre alla finestra e dà segni
d’amorosa impazienza)
10
Soli noi siamo
e senza alcun sospetto! Orsù... Proviamo!
(sospirando lungo, esagerato)
Ah!
(il pubblico ride)
(Arlecchino scavalca la finestra, depone a terra
una bottiglia che ha sotto il braccio,
e poi va verso Taddeo mentre questi finge non
vederlo)
NEDDA
COLOMBINA
(volgendosi)
Sei tu, bestia?
TONIO
TADDEO
(a Colombina, con intenzione)
So che sei pura!
e casta al par di neve! e ben che dura
ti mostri, ad obliarti non riesco!
(lo piglia per l’orecchio dandogli un calcio e lo
obbliga a levarsi)
TONIO
TADDEO
(immobile)
Quell’io son, sì!
NEDDA
COLOMBINA
E Pagliaccio è partito?
PEPPE
ARLECCHINO
Va a pigliar fresco!
(il pubblico ride)
TONIO
TADDEO
(come sopra)
Egli partì!
TONIO
TADDEO
(retrocedendo comicamente verso la porta a
destra)
Numi! S’aman!
(ad Arlecchino)
M’arrendo ai detti tuoi.
Vi benedico! Là veglio su voi!
(Taddeo esce. Il pubblico ride ed applaude)
NEDDA
COLOMBINA
Che fai così impalato?
Il pollo hai tu comprato?
TONIO
TADDEO
Eccolo, vergin divina!
(precipitandosi in ginocchio, offrendo colle due
mani il paniere a Colombina che si appressa)
NEDDA
COLOMBINA
Arlecchin!
PEPPE
ARLECCHINO
(con affetto esagerato)
Colombina! Alfin s’arrenda
ai nostri prieghi amor!
Ed anzi, eccoci entrambi ai piedi tuoi!
Poiché l’ora è suonata, o Colombina,
di svelarti il mio cor! Di’, udirmi vuoi?
Dal dì...
(Colombina va alla finestra la schiude e fa un
segno; poi va verso Taddeo)
NEDDA
COLOMBINA
Facciam merenda.
(Colombina prende dal tiretto due posate e due
coltelli.
Arlecchino va a prender la bottiglia, poi
entrambi siedono a tavola uno in faccia
all’altro)
NEDDA
COLOMBINA
(strappandogli il paniere)
Quanto spendesti dal trattore?
TONIO
TADDEO
Una e cinquanta. Da quel dì il mio core...
NEDDA
COLOMBINA
Guarda, amor mio, che splendida
cenetta preparai!
NEDDA
COLOMBINA
(presso alla tavola)
Non seccarmi Taddeo!
PEPPE
11
ARLECCHINO
Guarda, amor mio, che nettare
divino t’apportai!
CANIO
(porta la mano al cuore e mormora a parte)
Nome di dio!... quelle stesse parole!
(avanzandosi per dir la sua parte)
Coraggio!
(forte)
Un uomo era con te!
NEDDA e PEPPE
COLOMBINA e ARLECCHINO
L’amore ama gli effluvii
del vin, de la cucina!
NEDDA
Che fole!
Sei briaco?
PEPPE
ARLECCHINO
Mia ghiotta Colombina!
CANIO
(fissandola)
Briaco! sì... da un’ora!
NEDDA
COLOMBINA
Amabile beon!
NEDDA
(riprendendo la commedia)
Tornasti presto.
PEPPE
ARLECCHINO
(prendendo un’ampolletta che ha nella tunica)
Prendi questo narcotico;
dallo a Pagliaccio pria che s’addormenti,
e poi fuggiamo insiem!
CANIO
(con intenzione)
Ma in tempo! T’accora,
dolce sposina!
(riprende la commedia)
Ah! sola io ti credea
(mostrando la tavola)
e due posti son là!
NEDDA
COLOMBINA
Sì, porgi!
TONIO
TADDEO
(spalanca la porta a destra e traversa la scena
tremando esageratamente)
Attenti!
Pagliaccio... è là... tutto stravolto... ed armi
cerca!... Ei sa tutto... Io corro a barricarmi!
(entra precipitoso a sinistra e chiude la porta. Il
pubblico ride)
NEDDA
Con me sedea
Taddeo, che là si chiuse per paura!
(verso la porta a sinistra)
Orsù... parla!
TONIO
(di dentro, fingendo tremare ma con intenzione)
Credetela! Essa è pura!
E aborre dal mentir quel labbro pio!
NEDDA
COLOMBINA (ad Arlecchino)
Via!
LA FOLLA
(ridendo)
Ah! ah! ah! ah!
PEPPE
ARLECCHINO
(scavalcando la finestra)
Versa il filtro ne la tazza sua!
(Scompare)
(Canio in costume da Pagliaccio, compare sulla
porta a destra)
CANIO
(rabbioso al pubblico)
Per la morte!
(poi a Nedda sordamente)
Smettiamo! Ho dritto anch’io
d’agir come ogn’altr’uomo. Il nome suo...
NEDDA
COLOMBINA
(alla finestra)
A stanotte... E per sempre io sarò tua!
NEDDA
(fredda e sorridente)
Di chi?
12
CANIO
Vo’ il nome de l’amante tuo,
del drudo infame a cui ti desti in braccio,
o turpe donna!
(sogghignando)
Ah! ah! Di meglio chiedere
non déi che correr tosto al caro amante.
Sei furba! No! per dio! Tu resterai...
e il nome del tuo ganzo mi dirai!
NEDDA
(sempre recitando la commedia)
Pagliaccio! Pagliaccio!
NEDDA
(cercando riprendere la commedia sorridendo
forzatamente)
Suvvia, così terribile davver non ti credeo!
Qui nulla v’ha di tragico.
(verso la porta a sinistra)
Vieni a dirgli o Taddeo,
che l’uom seduto or dianzi, a me vicino
era... il pauroso ed innocuo Arlecchino!
(risa tosta represse dall’attitudine di Canio)
CANIO
No! Pagliaccio non son! Se il viso è pallido,
è di vergogna, e smania di vendetta!
L’uom riprende i suoi dritti, e ‘l cor che
sanguina
vuol sangue a lavar l’onta, o maledetta!
No, Pagliaccio non son! Son quei che stolido
ti raccolse orfanella in su la via
quasi morta di fame, e un nome offriati,
ed un amor ch’era febbre e follia!
(cade come affranto sulla seggiola)
CANIO
(terribile)
Ah! tu mi sfidi! E ancor non l’hai capita
ch’io non ti cedo!... Il nome, o la tua vita!
Insieme
CONTADINE
Comare, mi fa piangere!
Par vera questa scena!
NEDDA
(prorompendo)
No, per mia madre! Indegna esser poss’io...
quello che vuoi, ma vil non son, per dio!
Di quel tuo sdegno è l’amor mio più forte!
Non parlerò! No! A costo de la morte!
CONTADINI
Zitte laggiù! Che diamine!
SILVIO
(Io mi ritengo appena!)
CONTADINI E CONTADINE
Fanno davvero? Sembrami seria la cosa, e
scura!
CANIO
(riprendendosi ed animandosi a poco a poco)
Sperai, tanto il delirio
acciecato m’aveva,
se non amor, pietà... mercé!
Ed ogni sacrifizio
al cor lieto, imponeva,
e fidente credeva
più che in dio stesso, in te!
Ma il vizio alberga sol ne l’alma tua negletta;
tu viscere non hai... sol legge è ‘l senso a te!
Va’, non merti il mio duol, o meretrice abbietta,
vo’ ne lo sprezzo mio schiacciarti sotto i piè!
SILVIO
(Oh la strana commedia! Io non resisto più!)
(Peppe vuol uscire dalla porta a sinistra, ma
Tonio lo ritiene)
PEPPE
Bisogna uscire, Tonio.
TONIO
Taci sciocco!
PEPPE
Ho paura!...
LA FOLLA
(entusiasta)
Bravo!
CANIO
(urlando dà di piglio a un coltello sul tavolo)
Il nome! il nome!
NEDDA
(fredda, ma seria)
Ebben! Se mi giudichi
di te indegna, mi scaccia in questo istante.
NEDDA
(sfidandolo)
No!
CANIO
13
SILVIO
(snudando il pugnale)
Santo diavolo!
Fa davvero...
(cadendo agonizzando)
Soccorso! Silvio!
SILVIO
(che è quasi arrivato alla scena)
Nedda!
(Peppe cerca svincolarsi da Tonio)
Le Donne che indietreggiano spaventate,
rovesciano i banchi ed impediscono agli Uomini
di avanzare, ciò che obbliga Silvio a lottare per
arrivare alla scena.
Intanto Canio al parossismo della collera, ha
afferrata Nedda in un attimo e la colpisce per di
dietro mentre essa cerca di correre verso il
pubblico.
Alla voce di Silvio, Canio si volge come una
belva, balza presso di lui e in un attimo lo
ferisce, dicendo:
CANIO
Ah!... sei tu? Ben venga!
Silvio cade come fulminato.
CANIO
(a Nedda)
Di morte negli spasimi
lo dirai!
LA FOLLA
(urlando)
Aita!
Arresta! Gesummaria!
LA FOLLA E PEPPE
Ferma!
Mentre parecchi si precipitano verso Canio per
disarmarlo ed arrestarlo, egli, immobile,
istupidito lascia cadere il coltello dicendo:
CANIO
(a Nedda)
A te!
TONIO
La commedia è finita!
La tela cade.
NEDDA
14
GIANNI SCHICCHI
Opera in un atto su libretto di Giovacchino Forzano
Musica
GIACOMO PUCCINI
Personaggi
GIANNI SCHICCHI, 50 anni
LAURETTA, sua figlia, 21 anni
ZITA, detta La Vecchia, cugina di Buoso, 60 anni
RINUCCIO, nipote di Zita, 24 anni
GHERARDO, nipote di Buoso, 40 anni
NELLA, sua moglie, 34 anni
GHERARDINO, loro figlio, 7 anni
BETTO DI SIGNA, cognato di Buoso,
povero e malvestito, età indefinibile
SIMONE, cugino di Buoso, 70 anni
MARCO, suo figlio, 45 anni
LA CIESCA, moglie di Marco, 38 anni
MAESTRO SPINELLOCCIO, medico
SER AMANTIO DI NICOLAO, notaio
PINELLINO, calzolaio
GUCCIO, tintore
L’azione si svolge nel 1299 in Firenze.
Baritono
Soprano
Contralto
Tenore
Tenore
Soprano
Soprano
Basso
Basso
Baritono
Mezzosoprano
Basso
Baritono
Basso
Basso
uno stipo e una porta. Sotto la scala, un’altra
porticina. A destra, nel fondo, il letto. Sedie,
cassapanche, stipi sparsi qua e là, un tavolo;
sopra il tavolo, oggetti d’argento.
La camera da letto di Buoso Donati
A sinistra, di faccia al pubblico, la porta
d’ingresso; oltre, un pianerottolo e la scala;
quindi, una finestra a vetri per cui si accede al
terrazzo con la ringhiera di legno che gira
esternamente la facciata della casa. Nel fondo a
sinistra, un finestrone da cui si scorge la torre di
Arnolfo. Sulla parete di destra, una scaletta di
legno conduce ad un ballatoio su cui trovansi
Ai
lati
dei
litio
quattro
candelabri
con quattro ceri accesi. Davanti al letto, un
candelabro a tre candele, spento. Luce di sole e
luce di candele: sono le nove del mattino. Le
sarge del letto, semichiuse, lasciano intravedere
15
un drappo rosso che ricopre un corpo. I parenti
di Buoso sono in ginocchio, con le mani si
coprono il volto e stanno molto curvati verso
terra, Gherardino è a sinistra vicino alla parete;
è seduto in terra, volta le spalle ai parenti e si
diverte a far ruzzolare delle palline. I parenti
sono disposti in semicerchio; a sinistra del letto
la prima è Zita, poi Rinuccio, Gherardo e Nella,
quindi Betto di Signa, nel centro resta un po'
isolato perché essendo povero, mal vestito e
fangoso è riguardato con disprezzo dagli altri
parenti; a destra, la Ciesca, Marco e Simone che
sarà davanti a Zita. Da questo gruppo parte il
sordo brontolio di una preghiera. Il brontolio è
interrotto da singhiozzi, evidentemente
fabbricati tirando su il fiato a strozzo.
Quando Betto di Signa si azzarda a singhiozzare,
gli altri si sollevano un po', alzano il viso dalle
mani e danno a Betto una guardataccia. Durante
il brontolio si sentono esclamazioni soffocate di
questo genere:
CIESCA
Mesi? Per anni ed anni!
ZITA
Ti piangerò tutta la vita!
CIESCA, MARCO
Povero Buoso!
ZITA
[allontanando Gherardino, seccata, si volge a
Nella e a Gherardo]
Portatecelo voi, Gherardino, via!
[Gherardo si alza, prende il figlio per un braccio
e, a strattoni, lo porta via dalla porticina di
sinistra]
ZITA, CIESCA, RINUCCIO, MARCO, SIMONE
Oh! Buoso, Buoso,
tutta la vita
piangeremo la tua dipartita!
ZITA
Povero Buoso!
CIESCA
Piangerem tutta la vita!
SIMONE
Povero cugino!
RINUCCIO
Povero zio!
RINUCCIO
Piangerem!
ZITA
Buoso! Buoso!
CIESCA, MARCO
Oh! Buoso!
[Betto, curvandosi a sinistra, mormora qualcosa
all'orecchio di Nella]
NELLA, GHERARDO
Buoso!
NELLA
Ma come? Davvero?
BETTO
O cognato! o cognà...
[È interrotto perché Gherardino butta in terra
una sedia e i parenti, con la scusa di zittire
Gherardino, fanno un formidabile sciii sul viso a
Betto]
BETTO
Lo dicono a Signa.
GHERARDO
Io piangerò per giorni e giorni.
[A Gherardino che si è alzato e lo tira per la veste
dicendogli qualche cosa]
Sciò!
NELLA
[Gli mormora qualcosa all'orecchio[
Si dice che...
RINUCCIO
[curvandosi fino a Betto]
Che dicono a Signa?
RINUCCIO
Giaaaa?!
NELLA
Giorni? Per mesi!
[come sopra]
Sciò!
[Gherardino va dalla vecchia]
BETTO
Lo dicono a Signa.
16
CIESCA
[curvandosi fino a Betto]
Che dicono a Signa?
CIESCA
Simone
ZITA
Parla, tu se' il più vecchio...
BETTO
[Le mormora qualcosa all'orecchio]
Si dice che...
MARCO
Tu se' anche stato podestà a Fucecchio...
CIESCA
Noooo!?
Marco, lo senti
che dicono a Signa?
Si dice che...
[Gli mormora qualcosa all'orecchio]
ZITA
Che ne pensi?
MARCO
Che ne pensi?
MARCO
Eeeeh?!
SIMONE
[Riflette un instante, poi, gravemente]
Se il testamento è in mano d'un notaio...
chi lo sa? Forse è un guaio!
Se però ce l'avesse
lasciato in questa stanza,
guaio pei frati, ma per noi: speranza!
BETTO
Lo dicono a Signa.
ZITA
[con voce piagnucolosa]
Ma in somma possiamo sapere...
che diamine dicono a Signa?
ZITA, CIESCA, NELLA, RINUCCIO, GHERARDO,
MARCO, BETTO
Guaio pei frati, ma per noi: speranza!
[Tutti istintivamente si alzano di scatto]
BETTO
Ci son delle voci...
dei mezzi discorsi...
Dicevan iersera
dal Cisti fornaio:
"Se Buoso crepa, pei frati è manna!
Diranno: pancia mia, fatti capanna!"
E un altro: "Sì, sì, nel testamento
ha lasciato ogni cosa ad un convento!…"
RINUCCIO
O Lauretta, amore mio,
Speriam nel testamento dello zio!
[È una ricerca febbrile. Fruscìo di pergamene
battute all'aria. Betto, scacciato da tutti,
vagando per la stanza adocchia sul tavolo il
piatto d'argento col sigillo d'argento e le forbici
pure d'argento. Cautamente allunga una mano.
Ma dal fondo si ode un falso allarme di Simone
che crede di aver trovato il testamento]
SIMONE
[A metà di questo discorso si è sollevato anche
lui ed ha ascoltato]
Ma che?!?! Chi lo dice?
SIMONE
Ah!
[Tutti si voltano. Betto fa il distratto. Simone
guarda meglio una pergamena]
No. Non è!
BETTO
Lo dicono a Signa.
SIMONE
Lo dicono a Signa????
[Si riprende la ricerca. Betto agguanta le forbici e
il sigillo; li striscia al panno della manica dopo
averli rapidamente appannati col fiato, li guarda
e li mette in tasca. Ora tenta di trafugare il
piatto. Ma un falso allarme di Zita fa voltare
tutti.]
ZITA, CIESCA, NELLA, RINUCCIO, GHERARDO,
MARCO, BETTO
Lo dicono a Signa!
GHERARDO
O Simone?
ZITA
Ah!
17
[Guarda meglio]
No. Non c'è!
RINUCCIO
Zia!
[Si riprende la ricerca. Betto agguanta anche il
piatto e lo mette sotto il vestito tenendolo
assicurato col braccio.]
ZITA
Se tutto andrà come si spera,
sposa chi vuoi, sia pure la versiera!
ZITA, LA CIESCA, NELLA
No! Non c'è!
RINUCCIO
Ah! lo zio mi voleva tanto bene,
m'avrà lasciato code tasche piene!
[a Gherardino, che è tornato ora in scena]
Corri da Gianni Schicchi,
digli che venga qui colla Lauretta:
c'è Rinuccio di Buoso che l'aspetta!
[Gli dà due monete]
A te, due popolini:
comprati i confortini!
GHERARDO
Dove sia?
MARCO
Dove sia?
MARCO, SIMONE, BETTO
No! Non c'è!
[Gherardino corre via.
Rinuccio dà a Zita il testamento; tutti seguono
Zita che va al tavolo. Cerca le forbici per tagliare
i nastri del rotolo, non trova né forbici né piatto.
Guarda intorno i parenti; Betto fa una fisionomia
incredibile. Zita strappa il nastro con le mani.
Apre. Appare una seconda pergamena che
avvolge ancora il testamento. Zita vi legge
sopra.]
RINUCCIO
Salvàti! Salvàti!
Il testamento di Buoso Donati!
[Tutti accorrono con le mani protese per
prendere il testamento. Ma Rinuccio mette il
rotolo di pergamena nella sinistra, protende la
destra come per fermare lo slancio dei parenti e,
mentre tutti sono in un'ansia spasmodica.]
Zia, l'ho trovato io!
Come compenso, dimmi se lo zio,
povero zio! m'avesse
lasciato bene bene,
se tra poco si fosse tutti ricchi ...
in un giorno di festa come questo,
mi daresti il consenso di sposare
la Lauretta figliola dello Schicchi?
Mi sembrerà più dolce il mio redaggio ...
potrei sposarla per Calendimaggio!
ZITA
"Ai miei cugini
Zita e Simone!"
SIMONE
Povero Buoso!
ZITA
Povero Buoso!
TUTTI
[tranne Zita]
Ma sì!
Ma sì!
C'è tempo a riparlarne!
SIMONE
[in un impeto di riconoscenza accende anche le
tre candele del candelabro spento]
Tutta la cera
tu devi avere!
Insino in fondo
si deve struggere!
Sì! godi, godi!
Povero Buoso!
RINUCCIO
Potrei sposarla per Calendimaggio!
GHERARDO, MARCO
Qua, presto il testamento!
TUTTI
[mormorano]
Povero Buoso!
Se m'avesse lasciato questa casa!
E i mulini di Signa!
Poi la mula!
Se m'avesse lasciato ...
LA CIESCA
Non lo vedi
Che si sta con le spine sotto i piedi?
18
ZITA
Zitti! E aperto!
[Zita col testamento in mano, vicino al tavolo: ha
dietro a sé un grappolo umano. Marco e Betto
sono saliti sopra una sedia. Si vedranno bene
tutti i visi assorti nella lettura. Le bocche si
muoveranno come quelle di chi legge senza
emettere voce. A un tratto i visi si cominciano a
rannuvolare ... arrivano ad una espressione
tragica ... finché Zita si lascia cadere seduta sullo
sgabello davanti alla scrivania. Simone è il
primo, del gruppo impietrito, che si muove; si
volta, vede davanti a sé le tre candele accese, vi
soffia su e le spegne; cala le sarge del letto
completamente; spegne poi tutte i candelabri.
Gli altri parenti lentamente vanno ciascuno a
cercare una sedia e vi seggono. Sono come
impietriti con gli occhi sbarrati, fissi; chi qua, chi
là.]
NELLA
Lodole!
MARCO
Ortolani!!
ZITA
Beccafichi! Ortolani!
SIMONE
Quaglie pinate!
Oche ingrassate!
BETTO
E galletti!
TUTTI
Galletti?? Gallettini!!
SIMONE
Dunque era vero! Noi vedremo i frati
ingrassare alla barba dei Donati!
RINUCCIO
Gallettini di canto tenerini!
TUTTI
[Con un riso che avvelena si alzano accennandosi
l'un l'altro]
E con le facce rosse e ben pasciute,
schizzando dalle gote la salute,
ridetevi di noi: ah! ah! ah! ah!
Eccolo là un Donati, eccolo là!
Ah! ah! ah! ah!, ah! ah! ah! ah!,
Eccolo là un Donati!
Eccolo là!
E la voleva lui l'eredità ...
Ridete, o frati,
ridete alla barba dei Donati!
Ah! ah! ah! affi, ah! ah! ah! ah!
[Cadono ancora a sedere. Pausa. Ora c'è chi
piange sul serio.]
LA CIESCA
Tutti quei bei fiorini accumulati
finire nelle tonache dei frati!
MARCO
Privare tutti noi d'una sostanza,
e i frati far sguazzar nell'abbondanza!
BETTO
Io dovrò misurarmi il bere a Signa,
e i frati beveranno il vin di vigna!
NELLA, LA CIESCA, ZITA
Si faranno slargar spesso la cappa,
noi schianterem di bile, e loro ... pappa!
RINUCCIO
La mia felicità sarà rubata
dall' "Opera di Santa Reparata!"
ZITA
Chi l'avrebbe mai detto,
che quando Buoso andava al cimitero,
si sarebbe pianto per davvero!
GHERARDO
Aprite le dispense dei conventi!
Allegri, frati, ed arrotate i denti!
ZITA, LA CIESCA, NELLA
E non c'è nessun mezzo...
ZITA
Eccovi le primizie di mercato!
Fate schioccar la lingua col palato!
A voi, poveri frati: tordi grassi!
SIMONE, BETTO
... Per cambiarlo? ...
ZITA, MARCO
... Per girarlo? ...
SIMONE
Quaglie pinate!
19
LA CIESCA, NELLA, BETTO
... Addolcirlo? ...
gli fo ruzzolare
le scale!
MARCO
O Simone, Simone?
LA CIESCA, NELLA, MARCO, SIMONE
È proprio il momento
d'aver Gianni Schicchi
ZITA
Tu se' anche il più vecchio!
GHERARDO
[a Gherardino]
Tu devi obbedire
soltanto a tuo padre:
là! là!
[Sculaccia Gherardino e lo caccia nella stanza a
destra in cima alla scala.]
MARCO
Tu se' anche stato podestà a Fucecchio!
Simone fa un gesto come per dire: impossibile!
RINUCCIO
C'è una persona sola
che ci può consigliare,
forse salvare ...
SIMONE
Un Donati sposare la figlia d'un villano!
TUTTI
Chi?
ZITA
D'uno sceso a Firenze dal contado!
Imparentarsi colla gente nova!
lo non voglio che venga! Non voglio!
RINUCCIO
Gianni Schicchi!
RINUCCIO
Avete torto!
E fine!. . . astuto…
Ogni malizia
di leggi e codici
conosce e sa.
Motteggiatore!…Beffeggiatore!…
C'è da fare una beffa nuova e rara?
È Gianni Schicchi che la prepara!
Gli occhi furbi gli illuminan di riso
lo strano viso,
ombreggiato da quel suo gran nasone
che pare un torracchione
per così!
Vien dal contado? Ebbene? E che vuoi dire?
Basta con queste ubbie grette e piccine!
Firenze è come un albero fiorito,
che in piazza dei Signori ha tronco e fronde,
ma le radici forze nuove apportano
dalle convalli limpide e feconde!
E Firenze germoglia ed alle stelle
salgon palagi saldi e torri snelle!
L'Arno, prima di correre alla foce,
canta baciando piazza Santa Croce,
e il suo canto è si dolce e sì sonoro
che a lui son scesi i ruscelletti in coro!
Così scendanvi dotti in arti e scienze
a far più ricca e splendida Firenze!
E di Val d'Elsa giù dalle castella
ben venga Arnolfo a far la torre bella!
E venga Giotto dal Mugel selvoso,
e il Medici mercante coraggioso!
TUTTI
[gesto di disillusione]
ZITA
[furibonda]
Di Gianni Schicchi,
della figlioia,
non vo' sentirne
parlar mai più!
E intendi bene!
GHERARDINO
[entra di corsa urlando]
È qui che viene!
TUTTI
Chi?
GHERARDINO
Gianni Schicchi!
ZITA
Chi l'ha chiamato?
RINUCCIO
Io; l'ho mandato
perché speravo ...
ZITA
Ah! bada! se sale,
20
Basta con gli odi gretti e coi ripicchi!
Viva la gente nuova e Gianni Schicchi!
[Si bussa alla porta]
È lui!
[Rinuccio apre; entrano Gianni Schicchi e
Lauretta]
GIANNI
[come chi dica parole stupide di circostanza]
Eh! Son cose ... Mah! Come si fa!
In questo mondo
una cosa si perde ...
una si trova ...
si perde Buoso,
ma c'è l’eredità!
GIANNI
[Si sofferma sull'uscio: dà un 'occhiata ai parenti]
Quale aspetto sgomento e desolato!
Buoso Donati, certo, è migliorato!
ZITA
Sicuro! Ai frati!
RINUCCIO
[a Lauretta, fra il pianerottolo e la porta]
Lauretta!
GIANNI
Ah! Diseredati?
ZITA
Diseredatì! Si, si, diseredati!
E perciò ve lo canto:
pigliate la figliola,
levatevi di torno,
io non do mio nipote
ad una senza-dote!
LAURETTA
Rino!
RINUCCIO
Amore mio!
LAURETTA
Perché sì pallido?
RINUCCIO
O zia! io l'amo, l'amo!
RINUCCIO
Ahimè, lo zio ...
LAURETTA
Babbo! Babbo! Lo voglio!
LAURETTA
Ebbene, parla ...
GIANNI
Figliola, un po' d'orgoglio!
RINUCCIO
Amore, amore,
quanto dolore!
ZITA
Non me ne importa un corno!
LAURETTA
Quanto dolore!
[Gianni lentamente avanza verso Zita che gli
volta le spalle; avanzando vede i candelabri
intorno al letto.]
GIANNI
Brava la vecchia! Brava! Per la dote
sacrifichi mia figlia e tuo nipote!
Vecchia taccagna!
Stillina! Sordida!
Spilorcia! Gretta!
GIANNI
Ah!
Andato??
[fra sé]
Perché stanno a lacrimare?
recitano meglio d'un giullare!
[forte, con intonazione falsa]
Ah! comprendo il dolor di tanta perdita ...
Ne ho l'anima commossa ...
LAURETTA
Rinuccio, non lasciarmi!
Ah! tu me l'hai giurato
sotto la luna a Fiesole
quando tu m'hai baciato!
[a due]
Addio, speranza bella,
s'è spento ogni tuo raggio:
non ci potrem sposare
per il Calendimaggio!
[Gli sfugge e corre a Rino]
Babbo, lo voglio!
Amore! Amore!
GHERARDO
Eh! la perdita è stata proprio grossa!
21
[Rinuccio sfugge e corre a Lauretta]
O zia, la voglio!
Amore! Amore!
GIANNI
A pro di quelle gente?
Niente! Niente! Niente!
RINUCCIO
Lauretta mia, ricordati!
tu m'hai giurato amore!
E quella sera Fiesole
sembrava tutto un fiore!
LAURETTA
[Gli si inginocchia davanti]
Oh! mio babbino caro,
mi piace, è bello, bello;
vo' andare in Porta Rossa
a comperar l'anello!
Si, si, ci vogo andare!
E se l'amassi indarno,
andrei sul Ponte Vecchio,
ma per buttarmi in Arno!
Mi struggo e mi tormento!
Dio, vorrei morir!
Babbo, pietà, pietà ...
[Piange. Una pausa.]
GIANNI
[tirando Lauretta verso la porta]
Vieni, Lauretta,
rasciuga gIi occhi,
sarebbe un parentado
di pitocchi!
Ah! vieni, vieni!
[Riprende la figlia]
Un po' d'orgoglio,
un po' d'orgoglio!
Via, via di qua!
GIANNI
[come chi è costretto ad accondiscendere]
Datemi il testamento!
[Rinuccio glielo dà. Gianni legge e cammina. I
parenti lo seguono con gli occhi, poi
inconsciamente finiscono per andargli dietro
come i pulcini alla chioccia, tranne Simone che
siede sulla cassapanca a destra, e,
incredulo, scrolla il capo. Ansia]
Niente da fare!
ZITA
[tirando Rino a destra]
Anche m’insulta!
Senza la dote
non do il nipote!
Rinuccio, vieni,
lasciali andare,
sarebbe un volerti
rovinare!
Ma vieni, vieni!
[Riprende Rinuccio]
Ed io non voglio,
ed io non voglio!
Via, via di qua!
[I parenti lasciano Schicchi e si avviano verso il
fondo della scena.]
RINUCCIO, LAURETTA
Addio, speranza bella,
dolce miraggio;
non ci potrem sposare
per il Calendimaggio!
[I parenti restano neutrali e si limitano ad
esclamare di tanto in tanto:]
GIANNI
[Riprende a leggere e a camminare]
Niente da fare!
I PARENTI
Anche le dispute fra innamorati!
Proprio il momento! Pensate al testamento!
[I parenti si lasciano cadere sulle sedie]
RINUCCIO
Signor Giovanni,
rimanete un momento!
[a Zita]
Invece di sbraitare
dategli il testamento!
[a Gianni]
Cercate di salvarci!
A voi non può mancare
un'idea portentosa, una trovata,
un rimedio, un ripiego, un espediente!
RINUCCIO, LAURETTA
Addio, speranza bella,
s'è spento ogni tuo raggio.
GIANNI
Però!
[Tutti i parenti si alzano di scatto e corrono a
Gianni]
22
RINUCCIO, LAURETTA
Forse ci sposeremo
per il Calendimaggio!
Là dentro nella stanza dirimpetto!
Donne! Rifate il letto!
LE DONNE
Ma...
[Gianni si ferma nel mezzo della scena col viso
aggrottato come perseguendo un suo pensiero,
gesticola parcamente guardando davanti a sè.
Tutti sono intorno a lui; ora, anche Simone; più
bassi di lui, con i visi voltati verso il suo viso
come uccellini che aspettino l'imbeccata. Gianni
a poco a poco si rischiara, sorride, guarda tutta
quella gente ... alto, dominante, troneggiante.]
GIANNI
Zitte. Obbedite!
[Marco e Gherardo scompaiono fra le sarge del
letto e ricompaiono con un fardello rosso che
portano a destra nella stanza sotto la scala.
Simone, Betto e Rinuccio portano via i
candelabri. Ciesca e Nella ravviano il letto.
Si bussa alla porta.]
TUTTI
[con un filo di voce]
Ebbene?
TUTTI
[Si fermano, sorpresi]
Ah!
GIANNI
[infantile]
Laurettina!
Va' sol terrazzino;
porta i minuzzolini all'uccellino.
[e perché Rinuccio la vorrebbe seguire, egli lo
ferma]
Sola.
GIANNI
[contrariatissimo, con voce soffocata]
Chi può essere? Ah!
ZITA
[a bassa voce]
Maestro Spinelloccio,
il dottore!
[Lauretta va sul terrazzino a sinistra. Gianni la
segue con gli occhi: appena la figlia è fuori di
scena, egli si volge al gruppo dei parenti sempre
intorno a lui]
Nessuno sa
che Buoso ha reso il fiato?
TUTTI
Nessuno!
GIANNI
Guardate che non passi!
Ditegli qualche cosa...
che Buoso è migliorato e che riposa.
[Betto va a chiudere le persiane e rende
semioscura la stanza. Tutti si affollano intorno
alla porta e la schiudono appena]
GIANNI
Bene! Ancora
nessun deve saperlo!
MAESTRO SPINELLOCCIO
[accento bolognese]
L'è permesso?
TUTTI
Nessuno lo saprà!
GIANNI
[assalito da un dubbio]
E i servi?
TUTTI
Buon giorno,
Maestro Spinelloccio!
Va meglio!
Va meglio!
Va meglio!
ZITA
[con intenzione]
Dopo l'aggravamento...
in camera … nessuno!
MAESTRO SPINELLOCCIO
Ha avuto il benefissio?
TUTTI
Altro che! Altro che!
MAESTRO SPINELLOCCIO
A che potensa
GIANNI
[a Marco e a Gherardo; tranquillizzato, deciso]
Voi due portate il morto e i candelabri.
23
l'è arrivata la sciensa
Be', vediamo, vediamo...
[per entrare]
[Uscito il dottore, si riapre la finestra; ancora
tutta luce in scena; i parenti si volgono a Gianni]
GIANNI
Era uguale la voce?
TUTTI
[fermandolo]
No! riposa!
TUTTI
Tale e quale!
MAESTRO SPINELLOCCIO
[insistendo]
Ma io...
GIANNI
Ah! Vittoria! Vittoria!
Ma non capite?
GIANNI
[seminascosto fra le sarge del letto,
contraffacendo la voce di Buoso, tremolante]
No! no Maestro Spinelloccio!
TUTTI
No!
GIANNI
Ah!…che zucconi!
Si corre dal notaio:
[veloce, affannato]
"Messer notaio, presto!
Via da Buoso Donati!
C'è un gran peggioramento!
Vuol fare testamento!
Portate su con voi le pergamene,
presto, messere, se no è tardi! …"
Ed il notaio viene.
Entra: la stanza
è semioscura,
dentro il letto intravede
di Buoso la figura!
Il testa
la cappellina!
Al viso
la pezzolina!
Fra cappellina e pezzolina un naso
che par quello di Buoso e invece è il mio
perché al posto di Buoso ci son io!
Io, io Schicchi, con altra voce e forma!
Io falsifico in me Buoso Donati,
testando e dando al testamento norma!
O gente! Questa matta bizzarria
che mi zampilla dalla fantasia
è tale da sfidar l'eternità!
[Alla voce del morto i parenti danno un
trabalIone, poi si accorgono che è Gianni che
contraffà la voce di Buoso. Ma nel traballone a
Betto è scivolato il piatto d'argento e gli è
caduto]
MAESTRO SPINELLOCCIO
Oh! Messer Buoso!
GIANNI
Ho tanta
voglia di riposare …
potreste ripassare questa sera?
Son quasi addormentato …
MAESTRO SPINELLOCCIO
Si, Messer Buoso!
Ma va meglio?
GIANNI
Da morto, son rinato!
A stasera!
MAESTRO SPINELLOCCIO
A stasera!
[ai parenti]
Anche alla voce sento: è migliorato!
Eh! a me non è mai morto un ammalato!
Non ho delle pretese,
il merito l'è tutto
della scuola bolognese!
A questa sera.
TUTTI
[come strozzati dalla commozione, non trovando
le parole, gli baciano le mani, gli baciano le
vesti]
Schicchi!!! Schlicchi!!! Schicchi!!!
TUTTI
A stasera, Maestro!
ZITA
[a Rinuccio]
Va', corri dal notaio!
[Rinuccio esce correndo]
MAESTRO SPINELLOCCIO
A questa sera!
24
I PARENTI
[Si abbracciano, si baciano con grande effusione]
Caro Gherardo!
O Marco!
O Ciesca!
O Nella!
Zita, Zita!
Simone!
MARCO
Son le cose migliori...
Pausa: i Parenti cominíciano a guardarsi in
cagnesco
SIMONE
[falsamente ingenuo]
Ah! capisco! capisco!
Perché sono il più vecchio
e sono stato podesíá a Fucecchio,
volete darli a me! Io vi ringrazio!
GIANNI
Oh, quale commozione!
TUTTI
Oh! giorno d'allegrezza!
La burla ai frati è bella!
Ah! felici e contenti!
Com'è bello l'amore fra i parenti!
ZITA
No, no, no, no! Un momento!
Se tu se' vecchio, peggio per te!
MARCO E GLI ALTRI
Sentilo, sentilo, il podestà!
Vorrebbe il meglio dell'eredità!
SIMONE
O Gianni, ora pensiamo
un po' alla divisione:
i fiorini in contanti...
GIANNI
[da una parte]
Quanto dura l'amore fra i parenti!
TUTTI
In parti eguali!
[Gianni dice sempre di sì con la testa]
TUTTI
La casa ...
di Signa …
la mula ...
i mulini... toccano a me
[Si odono i rintocchi di una campana che suona a
morto. Tutti cessano di gridare ed esclamano:]
L'hanno saputo!
Hanno saputo che Buoso è crepato!
[Gherardo corre alla porta e scende le scale a
precipizio]
SIMONE
A me i poderi
di Fucecchio.
ZITA
A me quelli di Figline,
BETTO
A me quelli di Prato.
GIANNI
Tutto crollato!
GHERARDO
A noi le terre d'Empoli.
LAURETTA
[affacciandosi da sinistra]
Babbo, si può sapere?
L'uccellino non vuole più minuzzoli…
MARCO
A me quelle di Quintole.
BETTO
A me quelle di Prato.
GIANNI
[nervoso]
Ora dagli da bere!
SIMONE
E quelle di Fucecchio.
GHERARDO
[Risale affannoso, non può parlare. Fa segno di
no]
E preso un accidente
al moro battezzato
del signor capitano!
ZITA
Resterebbero ancora:
la mula, questa casa
e i mulini di Signa.
25
TUTTI
[allegramente]
Requiescat in pace!
NELLA
[lasciando Gherardo, che ora la sta a osservare,
mentre essa parla a Gianni]
Ecco la pezzolina!
Se lasci a noi la mula,
i mulini di Signa e questa casa,
a furia di fiorini ti s'intasa!
SIMONE
[con autorità]
Per la casa, la mula, i mulini
propongo di rimetterci
alia giustizia, all'onestà di Schicchi.
GIANNI
Sta bene!
TUTTI
Rimettiamoci a Schicchi.
[Nella va da Gherardo, gli parla all'orecchio e
tutti e due si fregano le mani]
GIANNI
Come volete!
Datemi i panni per vestirmi, presto!
[Zita e Nella prendono dall'armadio e dalla
cassapanca, che è fondo al letto, la cappellina, la
pezzolina e la camicia.]
LA CIESCA
Ed ecco la camicia!
Se ci lasci la mula,
i mulini di Signa e questa casa,
per te mille fiorini!
ZITA
[a Gianni]
Ecco la cappellina!
[a bassa voce]
Se mi lasci la mula,
questa casa, i mulini
di Signa,
ti do trenta fiorini!
GIANNI
Sta bene!
[La Ciesca va da Marco, gli parla all’orecchio: si
fregano le mani. Tutti si fregano le mani. Si infila
la camicia. Quindi con lo specchio in mano si
accomoda la pezzolina e la cappellino
cambiando l'espressione del viso come per
trovare l'atteggiamento giusto. Simone è alla
finestra per vedere se arriva il notaio. Gherardo
sbarazza il tavolo a cui dovrà sedere il notaio.
Marco e Betto tirano le sarge del letto e
ravviano la stanza.]
GIANNI
Sta bene!
[Zita si allontana fregandosi le mani]
SIMONE
[avvicinandosi con fare distratto a Schicchi; a
bassa voce]
Se lasci a me la casa
la mula ed i mulini,
ti do cento fiorini!
ZITA, NELLA, LA CIESCA
[Guardano Gianni comicamente, quindi:]
NELLA
Spogliati, bambolino,
ché ti mettiamo a letto.
E non aver dispetto,
se cambi il camicino!
Si spiuma il canarino,
la volpe cambia pelo,
il ragno ragnatelo,
il cane cambia cuccia,
il serpe cambia buccia ...
GIANNI
Sta bene!
BETTO
[furtivo, a Schicchi]
Gianni, se tu mi lasci
questa casa, la mula ed i mulini
di Signa, ti fo gonfio di quattrini!
LA CIESCA
Fa' presto, bambolino,
ché devi andare a letto.
Se va bene il giuochetto,
ti diamo un confortino!
L’uovo divien pulcino,
il fior diventa frutto
[Nella parla a parte con Gherardo]
GIANNI
Sta bene!
[La Ciesca parla a parte con Marco]
26
e i frati mangian tutto,
ma il frate impoverisce,
la Ciesca s'arricchisce ...
Addio, Firenze, addio, cielo divino,
io ti saluto con questo moncherino,
e vo randagio come un Ghibellino!
ZITA
E bello! Portentoso!
Chi vuoi che non s'inganni?
È Gianni che fa Buoso,
o Buoso che fa Gianni?
Il testamento è odioso?
Un camicion maestoso,
il viso dormiglioso,
il naso poderoso,
l'accento lamentoso ...
TUTTI
[soggiogati, impauriti, ripetono]
Addio, Firenze, addio, cielo divino,
io ti saluto con questo moncherino,
e vo randagio come un Ghibellino!
[Si bussa. Gianni schizza a letto; i parenti
rendono la stanza semioscura; mettono una
candela accesa sul tavolo dove il notaio deve
scrivere; buttano un mucchio di roba sul letto;
aprono.]
TUTTI
... e il buon Gianni
cambia panni,
cambia viso,
muso e naso,
cambia accento
e testamento
per poterci servir!
RINUCCIO
Ecco il notaio.
MESSER AMANTIO, PINELLINO, GUCCIO
mestamente
Messer Buoso, buon giorno!
GIANNI
Oh! siete qui?
Grazie, messere Amantio!
O Pinellino calzolaio, grazie!
Grazie, Guccio tintore, troppo buoni
di venirmi a servir da testimoni!
GIANNI
Vi servirò a dover!
Contente vi farò!
LE DONNE
Bravo, così!
Proprio così!
O Gianni Schicchi, nostro salvator!
È preciso?
PINELLINO
[commosso, fra sé e sé]
Povero Buoso!
Io l'ho sempre calzato ...
vederlo in quello stato ...
vien da piangere!
GLI UOMINI
Perfetto!
TUTTI
A letto! A letto!
[Spingono Gianni perso il letto, ma egli li ferma
con un gesto quasi solenne]
GIANNI
Il testamento avrei voluto scriverlo
con la scrittura mia,
me lo impedisce la paralisia...
Perciò volli un notaio,
solemne et leale. . .
GIANNI
Prima un avvertimento!
O signori, giudizio!
Voi lo sapete il bando?
“Per ciù sostituisce
sé stesso in luogo d'altri
in testamenti e lasciti,
per lui e per i complici
c'è il taglio della mano e poi l'esilio!”
Ricordatelo bene! Se fossimo scoperti:
la vedete Firenze?
[accennando la torre di Arnolfo che appare al di
là del terrazzo]
[Intanto il notaio ha preso dalla sua cassetta le
pergamene, i bolli, ecc. e mette tutto sul tavolo]
MESSER AMANTIO
Oh! messer Buoso, grazie!
Dunque tu soffri di paralisia?
[Gianni allunga in alto le mani agitandole
tremolanti]
27
LA CIESCA, NELLA
Povero Buoso!
ZITA, SIMONE
Povero Buoso!
I PARENTI
[tranquillizzati]
Bravo! Bravo!
Bisogna sempre pensare alla beneficenza!
MESSER AMANTIO
Oh! poveretto! Basta!
I testi videro, testes viderunt!
Possiamo incominciare ... Ma ... i parenti? ...
MESSER AMANTIO
Non ti sembrano un po' poco?
GIANNI
Chi crepa e lascia molto
alle congreghe e ai frati
fa dire a chi rimane:
“eran quattrin rubati”
GIANNI
Che restino presenti!
MESSER AMANTIO
Dunque incomincio:
In Dei nomini, anno D.N.J.C. ab eius salutifera
incarnatione millesimo ducentesimo
nonagesimo nono, die prima septembris,
indictione undecima, ego notaro Amantio di
Nicolao, civis Florentiae, per voluntatem Buosi
Donati scribo hoc testamentum ...
I PARENTI
Che massime!
Che mente!
Che saggezza!
MESSER AMANTIO
Che lucidezza!
GIANNI
I fiorini in contanti
li lascio in parti uguali fra i parenti.
GIANNI
[con intenzione, scandendo ogni parola]
Annulans, revocans
et irritans omne aliud testamentum!
I PARENTI
Ohi Grazie, zio!
Grazie, cugino!
Grazie, cognato!
I PARENTI
Che previdenza!
Che previdenza!
GIANNI
Lascio a Simone i beni di Fucecchio!
SIMONE
Grazie!
MESSER AMANTIO
Un preambolo: dimmi, i funerali,
(il più tardi possibile)
li vuoi ricchi? Fastosi? Dispendiosi?
GIANNI
Alla Zita ì poderi di Figline.
GIANNI
No, no, pochi quattrini!
Non si spendano più di due fiorini!
ZITA
Grazie, grazie!
I PARENTI
Oh! che modestia!
Oh! che modestia!
Povero zio! Che animo!
Che cuore!
Gli torna a onore!
GIANNI
A Betto i campi a Prato.
BETTO
Grazie, cognato
GIANNI
Lascio ai fratri minori
e all'Opera di Santa Reparata ...
[I parenti, leggermente turbati, si alzano
lentamente]
... cinque lire!
GIANNI
A Nella ed a Gherardo i beni d'Empoli.
NELLA, GHERARDO
Grazie, grazie!
GIANNI
Alla Ciesca ed a Marco i beni a Quintole!
28
LA CIESCA, MARCO
Grazie!
GIANNI
Addio, Firenze,
addio, cielo divino,
io ti saluto.
[A questa vocina si calmano fremendo]
TUTTI
[fra i denti]
Or siamo alla mula,
alla casa ed ai mulini.
MESSER AMANTIO
Non si disturbi
del testator
la volontà!
GIANNI
Lascio la mula,
quella che costa trecento fiorini,
ch'è la migliore mula di Toscana ...
al mio devoto amico ... Gianni Schicchi.
GIANNI
Messer Amantio, io lascio a chi mi pare!
Ho in mente un testamento e sarà quello!
Se gridano, sto calmo e canterello!
TUTTI I PARENTI
[scattando]
Come?! Come!? Com’è?
GUCCIO, PINELLINO
Ah! Che uomo! Che uomo!
GIANNI
[continuando a testare]
E i mulini di Signa...
MESSER AMANTIO
Mulam relinquit eius amico devoto Joanni
Schicchi.
TUTTI
Ma...
SIMONE
Cosa vuoi che gl'importi
a Gianni Schicchi
di quella mula?
I PARENTI
I mulini di Signa?
GIANNI
I mulini di Signa (addio, Firenze!)
li lascio al caro (addio, cielo divino!)
affezionato amico ... Gianni Schicchi!
(E ti saluto con questo mancherino!)
La, la, la, la, la, la, la, la!
Ecco fatto!
Zita, di vostra borsa
date venti fiorini ai testimoni
e cento al buon notaio!
GIANNI
Tienti bono, Simone!
Lo so io quel che vuole Gianni Schicchi!
I PARENTI
Ah! Furfante, furfante, furfante!
GIANNI
Lascio la casa di Firenze al mio
caro devoto affezionato amico
Gianni Schicchi!
MESSER AMANTIO
Messer Buoso! Grazie!
[Fa per avviarsi verso il letto]
GIANNI
[arrestandolo con un gesto della mano
tremolante]
Niente saluti.
Andate, andate.
I PARENTI
[erompono]
Ah! Basta, basta!
Un accidente
a Gianni Schicchi!
A quel furfante!
Ci ribelliamo!
Ci ribelliamo!
Si, sì, piuttosto ...
Ci ribelliamo!
Ci ... ri ... be... Ah!
Ah! Ah! Ah! ...
MESSER AMANTIO, PINELLINO, GUCCIO
[commossi, avviandosi verso la porta]
Ah! che uomo! ... Che uomo! Che peccato!
Che perdita!... Che perdita! ...
Coraggio!
[Appena usciti il notaio e i testi, i parenti restano
un istante in ascolto finché i tre si sono
29
allontanati, quindi tutti, tranne Rinuccio che è
corso a raggiungere Lauretta, sul terrazzino:]
RINUCCIO
Tremante e bianca
volgesti il viso ...
I PARENTI
[a voce soffocata dapprima, poi urlando feroci
contro Gianni]
Ladro! Ladro! Furfante!
Traditore! Birbante!
Iniquo! Ladro! Ladro!
[Si slanciano contro Gianni che, ritto sul letto, si
difende come può; gli strappano la camicia in
brandelli]
LAURETTA, RINUCCIO
Firenze da lontano
ci parve il Paradiso!
[Si abbracciano e restano nel fondo abbracciati]
GIANNI
[Torna risalendo le scale, carico di roba
che butta al suolo]
La masnada fuggi!
[Di colpo s'arresta, vede i due, si pente di aver
fatto rumore, ma i due non si turbano. Gianni
sorride, è commosso, viene alla ribalta e
accennando gli innamorati … con la berretta in
mano licenziando senza cantare]
Ditemi voi, signori,
se i quattrini di Buoso
potevan finir meglio di così!
Per questa bizzarria
m'han cacciato all'inferno … e così sia;
ma, con licenza dei gran padre Dante,
se stasera vi siete divertiti,
concedetemi voi …
[Fa il gesto di applaudire]
l'attenuante!
GIANNI
Gente taccagna!
[Afferrando il bastone di Buoso, che è a capo del
letto, dispensa colpi ...]
Vi caccio via
di casa mia!
È casa mia!
TUTTI
Saccheggia! Saccheggia!
Bottino! Bottino!
La roba d'argento!
Le pezze di tela!
Saccheggia! Saccheggia!
Bottino! Bottino!
Ah! Ah! Ah!
[Si inchina graziosamente]
[I parenti corrono qua e là rincorsi da Gianni.
Rubano. Gherardo e Nella salgono a destra e ne
tornano carichi con Gherardino carico. Gianni
tenta di difendere la roba. Tutti mano a mano
che son carichi, si affollano alla porta, scendono
le scale. Gianni li rincorre. La scena resta vuota]
RINUCCIO
[Dal fondo apre di dentro le persiane del
finestrone; appare Firenze inondata dal sole; i
due innamorati restano sul terrazzo]
Lauretta mia,
staremo sempre qui!
Guarda ... Firenze è d'oro!
Fiesole è bella!
LAURETTA
Là mi giurasti amorel
RINUCCIO
Ti chiesi un bacio...
LAURETTA
Il primo bacio...
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