PAGLIACCI Dramma in un prologo e due atti su libretto di Ruggero Leoncavallo Musica RUGGERO LEONCAVALLO Personaggi NEDDA, nella commedia Colombina CANIO, nella commedia Pagliaccio TONIO, nella commedia Taddeo lo scemo PEPPE, nella commedia Arlecchino SILVIO, contadino Contadini e contadine Soprano Tenore Baritono Tenore Baritono La scena si passa in Calabria presso Montalto, il giorno della festa di mezz’agosto. Epoca presente, fra il 1865 e il 1870. PROLOGO che noi versiam son false! Degli spasimi e de’ nostri martir non allarmatevi!» No. L’autore ha cercato invece pingervi uno squarcio di vita. Egli ha per massima sol che l’artista è un uomo e che per gli uomini scrivere ei deve. Ed al vero ispiravasi. Un nido di memorie in fondo a l’anima cantava un giorno, ed ei con vere lagrime scrisse, e i singhiozzi il tempo gli battevano! Dunque, vedrete amar sì come s’amano gli esseri umani; vedrete de l’odio i tristi frutti. Del dolor gli spasimi, urli di rabbia, udrete, e risa ciniche! E voi, piuttosto che le nostre povere gabbane d’istrioni, le nostr’anime considerate, poiché noi siam uomini Scena unica [Tonio, in costume da Taddeo come nella commedia, passando a traverso al telone.] TONIO Si può?... (poi salutando) Signore! Signori!... Scusatemi se da sol me presento. Io sono il prologo: poiché in iscena ancor le antiche maschere mette l’autore, in parte ei vuol riprendere le vecchie usanze, e a voi di nuovo inviami. Ma non per dirvi come pria: «Le lagrime 1 di carne e d’ossa, e che di quest’orfano mondo al pari di voi spiriamo l’aere! Il concetto vi dissi... Or ascoltate com’egli è svolto. (gridando verso la scena) Andiam. Incominciate! Rientra e la tela si leva. Son tre ore dopo mezzogiorno; il sole di agosto splende cocente. CORO di Contadini e Contadine (arrivando a poco a poco) Son qua! Ritornano... Pagliaccio è là! Tutti lo seguono, grandi e ragazzi, e ognuno applaude ai motti, ai lazzi. In aria gittano i lor cappelli fra strida e sibili tutti i monelli. Ed egli serio saluta e passa e torna a battere sulla gran cassa. Scena prima La scena rappresenta un bivio di strada in campagna, all’entrata di un villaggio. A sinistra una strada che si perde tra le quinte, fa gomito nel centro della scena e continua in un viale circondato da alberi che va verso la destra in prospettiva. In fondo al viale si scorgeranno, fra gli alberi, due o tre casette. Al punto ove la strada fa gomito, nel terreno scosceso, un grosso albero; dietro di esso una scorciatoia, sentiero praticabile che parte dal viale verso le piante delle quinte a sinistra. Quasi dinanzi all’albero, sulla via, è piantata una rozza pertica, in cima alla quale sventola una bandiera, come si usa per le feste popolari; e più in giù, in fondo al viale, si vedono due o tre file di lampioncini di carta colorata sospesi attraverso la via da un albero all’altro. La destra del teatro è quasi tutta occupata obliquamente da un teatro di fiera. Il siparo è calato. E su di uno dei lati della prospettiva è appiccicato un gran cartello sul quale è scritto rozzamente imitando la stampa: «Quest’ogi gran rappresettazione». Poi a lettere cubitali: PAGLIACCIO, indi delle linee illeggibili. Il sipario è rozzamente attaccato a due alberi, che si trovano disposti obliquamente sul davanti. L’ingresso alle scene è, dal lato destro in faccia alla spettatore, nascosto da una rozza tela. Indi un muretto che, partendo di dietro al teatro, si perde dietro la prima quinta a destra ed indica che il sentiero scoscende ancora, poiché si vedono al disopra di esso, le cime degli alberi di una fitta boscaglia. All’alzarsi della tela si sentono squilli di tromba stonata alternantisi con dei colpi di cassa, ed insieme risate, grida allegre, fischi di monelli e vociare che vanno appressandosi. Attirati dal suono e dal frastuono i Contadini di ambo i sessi, in abito da festa, accorrono a frotte dal viale, mentre Tonio lo scemo, va a guardare verso la strada a sinistra, poi, annoiato dalla folla che arriva, si sdraia, dinanzi al teatro. RAGAZZI (di dentro) Ehi, sferza l’asino, bravo arlecchino! CANIO (di dentro) Itene al diavolo! PEPPE (di dentro) To’! birichino! Un gruppo di Monelli entra, correndo, in iscena dalla sinistra. LA FOLLA Ecco il carretto... Indietro... Arrivano... Che diavolerio! Dio benedetto! Arriva una pittoresca carretta dipinta a vari colori e tirata da un asino che Peppe, in abito da Arlecchino, guida a mano camminando, mentre co’ lo scudiscio allontana i Ragazzi. Sulla carretta sul davanti è sdraiata Nedda in un costume tra la zingara e l’acrobata. Dietro ad essa è piazzata la gran cassa. Sul di dietro della carretta è Canio in piedi, in costume di Pagliaccio, tenendo nella destra una tromba e nella sinistra la mazza della gran cassa. 2 e tende un bel laccio... Vedrete di Tonio tremar la carcassa, e quale matassa d’intrighi ordirà. Venite, onorateci signori e signore. A ventitré ore! A ventitré ore! (i contadini e le contadine attorniano festosamente la carretta) LA FOLLA Evviva! il principe se’ dei pagliacci! I guai discacci tu col lieto umore! Ognun applaude a’ motti, ai lazzi... ed ei, ei serio saluta e passa... Tonio si avanza per aiutar Nedda a discendere dal carretto, ma Canio, che è già saltato giù, gli dà un ceffone dicendo: LA FOLLA Evviva! CANIO Via di lì! CANIO Grazie! Poi prende fra le braccia Nedda e la depone a terra. LA FOLLA Bravo! CONTADINE (ridendo, a Tonio) Prendi questo, bel galante! CANIO Vorrei... LA FOLLA E lo spettacolo? RAGAZZI (fischiando) Con salute! Tonio mostra il pugno ai Monelli che scappano, poi si allontana brontolando e scompare sotto la tenda a destra del teatro. CANIO (picchiando forte e ripetutamente sulla cassa per dominar le voci) Signori miei! TONIO (a parte) La pagherai! brigante! LA FOLLA (scostandosi e turandosi le orecchie) Uh! ci assorda! Finiscila! (intanto Peppe conduce l’asino col carretto dietro al teatro.) CANIO (affettando cortesia e togliendosi il berretto con un gesto comico) Mi accordan di parlar? UN CONTADINO (a Canio) Di’, con noi vuoi tu bevere un buon bicchiere sulla crocevia? LA FOLLA (ridendo) Con lui si dée cedere, tacere ed ascoltar! CANIO Con piacere. CANIO Un grande spettacolo a ventitré ore prepara il vostr’umile e buon servitore! (riverenza) Vedrete le smanie del bravo Pagliaccio; e com’ei si vendica PEPPE (ricompare di dietro al teatro; getta la frusta, che ha ancora in mano, dinanzi alla scena e dice) Aspettatemi... anch’io ci sto! (poi entra dall’altro lato del teatro per cambiar costume) 3 CANIO (gridando verso il fondo) Di’, Tonio, vieni via? TONIO (di dentro) Io netto il somarello. Precedetemi. Verso la chiesa vanno i compari. Le campane suonano a vespero da lontano. CONTADINI Essi accompagnano la comitiva che a coppie al vespero se n’ va giuliva. UN ALTRO CONTADINO (ridendo) Bada, Pagliaccio, ei solo vuol restare per far la corte a Nedda! CONTADINE Ah! Andiam. La campana ci appella al signore! CANIO (ghignando, ma con cipiglio) Eh! Eh! Vi pare? CANIO Ma poi... ricordatevi! A ventitré ore! CANIO Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo con me, miei cari; e a Tonio... e un poco a tutti or parlo! Il teatro e la vita non son la stessa cosa. E se lassù Pagliaccio sorprende la sua sposa col bel galante in camera, fa un comico sermone, poi si calma od arrendesi ai colpi di bastone!... Ed il pubblico applaude, ridendo allegramente! Ma se Nedda sul serio sorprendessi... altramente finirebbe la storia, com’è ver che vi parlo!... Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo! I Zampognari arrivano dalla sinistra in abito da festa con nastri dai colori vivaci e fiori ai cappelli acuminati. Li seguono una frotta di Contadini e Contadine anch’essi parati a festa. Il Coro, che è sulla scena, scambia con questi saluti e sorrisi, poi tutti si dispongono a coppie ed a gruppi, si uniscono alla comitiva e si allontanano, cantando, pe ‘l viale del fondo, dietro al teatro. CORO Din don, suona vespero, ragazze e garzon, a coppie affrettiamoci al tempio– din don... Il sol diggià i culmini, din don, vuol baciar. Le mamme ci adocchiano, attenti, compar! Din don, tutto irradiasi di luce e d’amor! Ma i vecchi sorvegliano gli arditi amador! Din don, suona vespero, ragazze e garzon, le squille ci appellano al tempio – din don... NEDDA (a parte) Confusa io son! CONTADINI Sul serio pigli dunque la cosa? CANIO (un po’ commosso) Io!?... Vi pare! Scusatemi!... Adoro la mia sposa! (va a baciar Nedda in fronte) Scena e coro delle campane Un suono di cornamusa si fa sentire all’interno; tutti si precipitano verso la sinistra, guardando fra le quinte. Durante il coro, Canio entra dietro al teatro e va a lasciar la sua giubba da Pagliaccio, poi ritorna, e dopo aver fatto, sorridendo, un cenno d’addio a Nedda, parte con Peppe e cinque o sei Contadini per la sinistra. MONELLI (gridando) I zampognari! I zampognari! CONTADINI 4 Scena seconda NEDDA (ridendo con scherno) Ah! ah! Quanta poesia!... Nedda resta sola. NEDDA (pensierosa) Qual fiamma avea nel guardo! Gli occhi abbassai per tema ch’ei leggesse il mio pensier segreto! Oh! s’ei mi sorprendesse... brutale come egli è! Ma basti, orvia. Son questi sogni paurosi e fole! O che bel sole di mezz’agosto! Io son piena di vita, e, tutta illanguidita per arcano desìo, non so che bramo! (guardando in cielo) Oh! che volo d’augelli, e quante strida! Che chiedon? dove van? Chissà! La mamma mia, che la buona ventura annunciava, comprendeva il lor canto e a me bambina così cantava: «Hui! Stridono lassù, liberamente lanciati a vol come frecce, gli augel. Disfidano le nubi e ‘l sol cocente, e vanno, e vanno per le vie del ciel. Lasciateli vagar per l’atmosfera, questi assetati d’azzurro e di splendor: seguono anch’essi un sogno, una chimera, e vanno, e vanno fra le nubi d’or! Che incalzi il vento e latri la tempesta, con l’ali aperte san tutto sfidar; la pioggia i lampi, nulla mai li arresta, e vanno, e vanno sugli abissi e i mar. Vanno laggiù verso un paese strano che sognan forse e che cercano in van. Ma i boemi del ciel, seguon l’arcano poter che li sospinge... e vanno... e van!» TONIO Non rider, Nedda! NEDDA Va’, va’ all’osteria! TONIO So ben che difforme, contorto son io; che desto soltanto lo scherno o l’orror. Eppure ha ‘l pensiero un sogno, un desìo, e un palpito il cor! Allor che sdegnosa mi passi d’accanto, non sai tu che pianto mi spreme il dolor! Perché, mio malgrado, subito ho l’incanto, m’ha vinto l’amor! TONIO (appressandosi) Oh! lasciami, lasciami or dirti... NEDDA (interrompendolo e beffeggiandolo) ...che m’ami? Hai tempo a ridirmelo stasera, se brami! Facendo le smorfie colà, sulla scena! Intanto risparmiati per ora la pena. TONIO Non rider, Nedda! (Tonio durante la canzone sarà uscito di dietro al teatro e sarà ito ad appoggiarsi all’albero, ascoltando beato. Nedda, finito il canto, fa per rientrare e lo scorge) TONIO (delirante con impeto) No, è qui che voglio dirtelo, e tu m’ascolterai, che t’amo e ti desidero, e che tu mia sarai! NEDDA (bruscamente contrariata) Sei là? credea che te ne fossi andato! NEDDA (seria ed insolente) Eh! dite, mastro Tonio! La schiena oggi vi prude, o una tirata d’orecchi è necessaria al vostro ardor?! TONIO (con dolcezza) (ridiscendendo) È colpa del tuo canto. Affascinato io mi beava! 5 TONIO Ti beffi?! Sciagurata! Per la croce di dio! Bada che puoi pagarla cara! SILVIO (saltando allegramente e venendo verso di lui) Ah bah! Sapea che io non rischiavo nulla. Canio e Peppe da lunge a la taverna, a la taverna ho scorto!... Ma prudente per la macchia a me nota qui ne venni. NEDDA Tu minacci? Vuoi che vada a chiamar Canio? NEDDA E ancora un poco in Tonio t’imbattevi! SILVIO (ridendo) Oh! Tonio il gobbo! TONIO (muovendo verso di lei) Non prima ch’io ti baci! NEDDA Il gobbo è da temersi! M’ama... Ora qui me ‘l disse... e nel bestiale delirio suo, baci chiedendo, ardia correr su me! NEDDA (retrocedendo) Bada! TONIO (s’avanza ancora aprendo le braccia per ghermirla) Oh, tosto sarai mia! SILVIO Per dio! NEDDA Ma con la frusta del cane immondo la foga calmai! NEDDA (sale retrocedendo verso il teatrino, vede la frusta lasciata da Peppe, l’afferra e dà un colpo in faccia a Tonio, dicendo) Miserabile! SILVIO E fra quest’ansie in eterno vivrai?! TONIO (dà un urlo e retrocede) Per la vergin pia di mezz’agosto, Nedda, lo giuro... me la pagherai! (esce minacciando dalla sinistra) SILVIO Decidi il mio destin, Nedda! Nedda, rimani! Tu il sai, la festa ha fin e parte ognun dimani. Nedda! Nedda! E quando tu di qui sarai partita, che addiverrà di me... de la mia vita?! NEDDA (immobile guardandolo allontanarsi) Aspide! Va’! Ti sei svelato ormai... Tonio lo scemo! Hai l’animo siccome il corpo tuo difforme... lurido!... NEDDA (commossa) Silvio! Scena terza Silvio, Nedda, e poi Tonio. SILVIO Nedda, rispondimi: s’è ver che Canio non amasti mai, s’è ver che t’è in odio il ramingar e ‘l mestier che tu fai, se l’immenso amor tuo una fola non è questa notte partiam! Fuggi, fuggi con me! SILVIO (sporgendo la metà dei corpo arrampicandosi dal muretto a destra, e chiama a bassa voce) Nedda! NEDDA (affrettandosi verso di lui) Silvio! a quest’ora... che imprudenza! 6 NEDDA Non mi tentar! Vuoi tu perder la vita mia? Taci Silvio, non più... È delirio, è follia! Io mi confido a te, a te cui diedi il cor! Non abusar di me, del mio febbrile amor! Non mi tentar! E poi... Chissà!... meglio è partir. Sta il destin contro noi, è vano il nostro dir! Eppure dal mio cor strapparti non poss’io, vivrò sol de l’amor ch’hai destato al cor mio! NEDDA Negli occhi guardami! SILVIO Sì, ti guardo e ti bacio! t’amo, t’amo. Scena quarta Mentre Silvio e Nedda s’avviano parlando verso il muricciuolo, arrivano, camminando furtivamente dalla scorciatoia, Canio e Tonio. Tonio appare dal fondo a sinistra. TONIO (ritenendo Canio) Cammina adagio e li sorprenderai! SILVIO No, più non m’ami! TONIO (scorgendoli) (Ah! T’ascolta, sgualdrina!) (fugge dal sentiero minacciando) Canio s’avanza cautamente sempre ritenuto da Tonio, non potendo vedere, dal punto ove si trova, Silvio che scavalca il muricciuolo. SILVIO (che ha già la metà del corpo dall’altro lato ritenendosi al muro) Ad alta notte laggiù mi terrò. Cauta discendi e mi ritroverai. Silvio scompare e Canio si appressa all’angolo del teatro. NEDDA Sì, t’amo! t’amo! SILVIO E parti domattina? SILVIO (amorosamente, cercando ammaliarla) E allor perché, di’, tu m’hai stregato se vuoi lasciarmi senza pietà?! Quel bacio tuo perché me l’hai dato fra spasmi ardenti di voluttà?! Se tu scordasti l’ore fugaci, io non lo posso, e voglio ancor, que’ spasmi ardenti, que’ caldi baci, che tanta febbre m’han messo in cor! NEDDA (a Silvio che sarà scomparso di sotto) A stanotte e per sempre tua sarò. CANIO (che dal punto ove si trova ode queste parole, dà un urlo) Oh! NEDDA (si volge spaventata e grida verso il muro) Fuggi! NEDDA (vinta e smarrita) Nulla scordai... sconvolta e turbata m’ha questo amor che ne ‘l guardo ti sfavilla! Viver voglio a te avvinta, affascinata, una vita d’amor calma e tranquilla! A te mi dono; su me solo impera. Ed io ti prendo e m’abbandono intera! SILVIO (stringendola fra le braccia) Verrai? D’un balzo Canio arriva anch’esso al muro; Nedda gli si para dinante, ma dopo breve lotta egli la spinge da un canto, scavalca il muro e scompare. Tonio resta a sinistra guardando Nedda, che come inchiodata presso il muro cerca sentire se si ode rumore di lotta mormorando. NEDDA Aitalo, signor! NEDDA Sì... Baciami! SILVIO Tutto scordiamo. CANIO (di dentro) Vile! t’ascondi! 7 (urlando) Il nome, il nome, non tardare, o donna! NEDDA No! No, no ‘l dirò giammai! TONIO (ridendo cinicamente) Ah! ah! ah! CANIO (slanciandosi furente col pugnale alzato) Per la madonna! NEDDA (al riso di Tonio si è voltata e dice con disprezzo fissandolo) Bravo! Bravo il mio Tonio! Peppe, che sarà entrato dalla sinistra, sulla risposta di Nedda corre a Canio e gli strappa il pugnale che getta via tra gli alberi. TONIO Fo quel che posso! PEPPE Padron! che fate! Per l’amor di dio! La gente esce di chiesa e a lo spettacolo qui muove!... Andiamo... via, calmatevi!... NEDDA È quello che pensavo! TONIO Ma di far assai meglio non dispero! CANIO (dibattendosi) Lasciami Peppe! Il nome! Il nome! PEPPE Tonio, vieni a tenerlo! Andiamo, arriva il pubblico! (Tonio prende Canio per la mano mentre Peppe si volge a Nedda) NEDDA Mi fai schifo e ribrezzo! TONIO Oh non sai come lieto ne sono! Canio, intanto scavalca di nuovo il muro e ritorna in scena pallido, asciugando il sudore con un fazzoletto di colore oscuro. PEPPE Vi spiegherete! E voi di lì tiratevi. Andatevi a vestir... Sapete... Canio è violento, ma buono! (spinge Nedda sotto la tenda e scompare con essa) CANIO (con rabbia concentrata) Derisione e scherno! Nulla! Ei ben lo conosce quel sentier. Fa lo stesso; poiché del drudo il nome or mi dirai. CANIO (stringendo il capo fra le mani) Infamia! Infamia! NEDDA (volgendosi turbata) Chi? TONIO (piano a Canio, spingendolo sul davanti della scena) Calmatevi padrone... È meglio fingere; il ganzo tornerà. Di me fidatevi! CANIO (furente) Tu, pe ‘l padre eterno!... (cavando dalla cinta lo stiletto) E se in questo momento qui scannata non t’ho già gli è perché pria di lordarla nel tuo fetido sangue, o svergognata, codesta lama, io vo’ il suo nome!... Parla! (Canio ha un gesto disperato, ma Tonio spingendolo col gomito prosegue piano) TONIO Io la sorveglio. Ora facciam la recita. Chissà ch’egli non venga a lo spettacolo e si tradisca! Or via. Bisogna fingere per riuscir! NEDDA Vano è l’insulto. È muto il labbro mio. PEPPE (uscendo dalle scene) CANIO 8 Andiamo, via, vestitevi padrone. E tu batti la cassa, Tonio! (Tonio va di dietro al teatro e Peppe anch’esso ritorna all’interno, mentre Canio accasciato si avvia lentamente verso la cortina) Ve’, come corrono le bricconcelle! Accomodatevi comari belle! CONTADINE Oh dio che correre per giunger tosto. CANIO Recitar! Mentre preso dal delirio non so più quel che dico e quel che faccio! Eppur è d’uopo... sforzati! Bah! sei tu forse un uom? Tu se’ Pagliaccio! TONIO Si dà principio, avanti, avanti! CANIO Vesti la giubba e la faccia infarina. La gente paga e rider vuole qua. E se Arlecchin t’invola Colombina, ridi, Pagliaccio... e ognun applaudirà! Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto; in una smorfia il singhiozzo e ‘l dolor... Ridi, Pagliaccio, sul tuo amore infranto! Ridi del duol che t’avvelena il cor! LA FOLLA Via su spicciatevi, incominciate. Perché tardate mai? perché tardate? Siam tutti là! CONTADINE (cercando sedersi, spingendosi) Ma non pigiatevi, fa caldo tanto! Su, Peppe, aiutaci! V’è posto accanto. Nedda esce vestita da Colombina col piatto per incassare posti. Peppe cerca di mettere a posto le Donne. Tonio rientra nel teatro portando via la gran cassa. Insieme Entra commosso sotto la tenda, mentre la tela cade lentamente. ATTO SECONDO Scena prima La stessa scena dell’atto primo. Tonio compare dall’altro lato del teatro colla gran cassa; era a piazzarsi sull’angolo sinistro del proscenio del teatrino. Intanto la Gente arriva da tutte le parti per lo spettacolo e Peppe viene a mettere nei banchi per le Donne. CONTADINI, SILVIO E NEDDA CONTADINI Ve’! s’accapigliano! chiamano aiuto! Sedete, via, senza gridar! SILVIO Nedda! CONTADINI E CONTADINE (arrivando) Presto affrettiamoci, svelto, compare! CONTADINE Ché lo spettacolo dée cominciare. Cerchiam di metterci ben sul davanti. (Silvio arriva dal fondo e va a pigliar posto sul davanti a sinistra salutando gli amici) NEDDA Sii cauto! Non t’ha veduto! SILVIO Verrò ad attenderti. Non obliar! LA FOLLA Suvvia, spicciatevi! Incominciate! Perché tardate? Perché indugiate? TONIO Si dà principio, avanti, avanti! PEPPE Che furia! Diavolo! CONTADINI 9 Prima pagate, Nedda incassate! LA FOLLA Di qua! Di qua! Nedda dopo aver lasciato Silvio riceve ancora il prezzo della sedie da Altri, e poi rientra anch’essa nel teatro con Peppe. PEPPE ARLECCHINO (di dentro) O Colombina, il tenero fido Arlecchin è a te vicin! Ver te chiamando, e sospirando aspetta il poverin... La tua faccetta mostrami, ch’io vo’ baciar senza tardar la tua boccuccia. Amor mi cruccia e mi sta a tormentar! Ah! e mi sta a tormentar! O Colombina, schiudimi il finestrin, che a te vicin ver te chiamando, e sospirando è il povero Arlecchin! LA FOLLA (volendo pagare nello stesso tempo) Incominciate! Perché tardate? Facciam strepito, facciam rumore! Ventitré ore suonaron già! Allo spettacolo ognun anela! (si ode una lunga e forte scampanellata) LA FOLLA Ah! S’alza la tela! Silenzio! Olà! NEDDA COLOMBINA (ritornando ansiosa sul davanti) Di fare il segno convenuto appressa l’istante, ed Arlecchino aspetta! Le Donne sono parte sedute sui banchi, situati obliquamente, volgendo la faccia alla scena del teatrino; parte in piedi formano gruppo cogli Uomini sul rialzo di terra ov’è il grosso albero. Altri Uomini in piedi lungo le prime quinte a sinistra. Silvio è innanzi ad essi. (siede ansiosa volgendo le spalle alla porta di destra. Questa si apre e Tonio entra sotto le spoglie del servo Taddeo, con un paniere infilato al braccio sinistro. Egli si arresta a contemplare Nedda con aria esageratamente tragica) Scena seconda Commedia. La tela del teatrino si alza. La scena, mal dipinta, rappresenta una stanzetta con due porte laterali ed una finestra praticabile in fondo. Un tavolo e due sedie rozze di paglia sono sulla destra del teatrino. Nedda in costume da Colombina passeggia ansiosa. TONIO TADDEO È dessa! (poi levando bruscamente al cielo le mani ed il paniere) Dèi, come è bella! LA FOLLA (ridendo) Ah! ah! ah! NEDDA COLOMBINA Pagliaccio mio marito a tarda notte sol ritornerà... E quello scimunito di Taddeo perché mai non è ancor qua? TONIO TADDEO Se a la rubella io disvelassi l’amor mio che commuove fino i sassi! Lungi è lo sposo. Perché non oso? (si ode un pizzicar di chitarra all’interno; Colombina corre alla finestra e dà segni d’amorosa impazienza) 10 Soli noi siamo e senza alcun sospetto! Orsù... Proviamo! (sospirando lungo, esagerato) Ah! (il pubblico ride) (Arlecchino scavalca la finestra, depone a terra una bottiglia che ha sotto il braccio, e poi va verso Taddeo mentre questi finge non vederlo) NEDDA COLOMBINA (volgendosi) Sei tu, bestia? TONIO TADDEO (a Colombina, con intenzione) So che sei pura! e casta al par di neve! e ben che dura ti mostri, ad obliarti non riesco! (lo piglia per l’orecchio dandogli un calcio e lo obbliga a levarsi) TONIO TADDEO (immobile) Quell’io son, sì! NEDDA COLOMBINA E Pagliaccio è partito? PEPPE ARLECCHINO Va a pigliar fresco! (il pubblico ride) TONIO TADDEO (come sopra) Egli partì! TONIO TADDEO (retrocedendo comicamente verso la porta a destra) Numi! S’aman! (ad Arlecchino) M’arrendo ai detti tuoi. Vi benedico! Là veglio su voi! (Taddeo esce. Il pubblico ride ed applaude) NEDDA COLOMBINA Che fai così impalato? Il pollo hai tu comprato? TONIO TADDEO Eccolo, vergin divina! (precipitandosi in ginocchio, offrendo colle due mani il paniere a Colombina che si appressa) NEDDA COLOMBINA Arlecchin! PEPPE ARLECCHINO (con affetto esagerato) Colombina! Alfin s’arrenda ai nostri prieghi amor! Ed anzi, eccoci entrambi ai piedi tuoi! Poiché l’ora è suonata, o Colombina, di svelarti il mio cor! Di’, udirmi vuoi? Dal dì... (Colombina va alla finestra la schiude e fa un segno; poi va verso Taddeo) NEDDA COLOMBINA Facciam merenda. (Colombina prende dal tiretto due posate e due coltelli. Arlecchino va a prender la bottiglia, poi entrambi siedono a tavola uno in faccia all’altro) NEDDA COLOMBINA (strappandogli il paniere) Quanto spendesti dal trattore? TONIO TADDEO Una e cinquanta. Da quel dì il mio core... NEDDA COLOMBINA Guarda, amor mio, che splendida cenetta preparai! NEDDA COLOMBINA (presso alla tavola) Non seccarmi Taddeo! PEPPE 11 ARLECCHINO Guarda, amor mio, che nettare divino t’apportai! CANIO (porta la mano al cuore e mormora a parte) Nome di dio!... quelle stesse parole! (avanzandosi per dir la sua parte) Coraggio! (forte) Un uomo era con te! NEDDA e PEPPE COLOMBINA e ARLECCHINO L’amore ama gli effluvii del vin, de la cucina! NEDDA Che fole! Sei briaco? PEPPE ARLECCHINO Mia ghiotta Colombina! CANIO (fissandola) Briaco! sì... da un’ora! NEDDA COLOMBINA Amabile beon! NEDDA (riprendendo la commedia) Tornasti presto. PEPPE ARLECCHINO (prendendo un’ampolletta che ha nella tunica) Prendi questo narcotico; dallo a Pagliaccio pria che s’addormenti, e poi fuggiamo insiem! CANIO (con intenzione) Ma in tempo! T’accora, dolce sposina! (riprende la commedia) Ah! sola io ti credea (mostrando la tavola) e due posti son là! NEDDA COLOMBINA Sì, porgi! TONIO TADDEO (spalanca la porta a destra e traversa la scena tremando esageratamente) Attenti! Pagliaccio... è là... tutto stravolto... ed armi cerca!... Ei sa tutto... Io corro a barricarmi! (entra precipitoso a sinistra e chiude la porta. Il pubblico ride) NEDDA Con me sedea Taddeo, che là si chiuse per paura! (verso la porta a sinistra) Orsù... parla! TONIO (di dentro, fingendo tremare ma con intenzione) Credetela! Essa è pura! E aborre dal mentir quel labbro pio! NEDDA COLOMBINA (ad Arlecchino) Via! LA FOLLA (ridendo) Ah! ah! ah! ah! PEPPE ARLECCHINO (scavalcando la finestra) Versa il filtro ne la tazza sua! (Scompare) (Canio in costume da Pagliaccio, compare sulla porta a destra) CANIO (rabbioso al pubblico) Per la morte! (poi a Nedda sordamente) Smettiamo! Ho dritto anch’io d’agir come ogn’altr’uomo. Il nome suo... NEDDA COLOMBINA (alla finestra) A stanotte... E per sempre io sarò tua! NEDDA (fredda e sorridente) Di chi? 12 CANIO Vo’ il nome de l’amante tuo, del drudo infame a cui ti desti in braccio, o turpe donna! (sogghignando) Ah! ah! Di meglio chiedere non déi che correr tosto al caro amante. Sei furba! No! per dio! Tu resterai... e il nome del tuo ganzo mi dirai! NEDDA (sempre recitando la commedia) Pagliaccio! Pagliaccio! NEDDA (cercando riprendere la commedia sorridendo forzatamente) Suvvia, così terribile davver non ti credeo! Qui nulla v’ha di tragico. (verso la porta a sinistra) Vieni a dirgli o Taddeo, che l’uom seduto or dianzi, a me vicino era... il pauroso ed innocuo Arlecchino! (risa tosta represse dall’attitudine di Canio) CANIO No! Pagliaccio non son! Se il viso è pallido, è di vergogna, e smania di vendetta! L’uom riprende i suoi dritti, e ‘l cor che sanguina vuol sangue a lavar l’onta, o maledetta! No, Pagliaccio non son! Son quei che stolido ti raccolse orfanella in su la via quasi morta di fame, e un nome offriati, ed un amor ch’era febbre e follia! (cade come affranto sulla seggiola) CANIO (terribile) Ah! tu mi sfidi! E ancor non l’hai capita ch’io non ti cedo!... Il nome, o la tua vita! Insieme CONTADINE Comare, mi fa piangere! Par vera questa scena! NEDDA (prorompendo) No, per mia madre! Indegna esser poss’io... quello che vuoi, ma vil non son, per dio! Di quel tuo sdegno è l’amor mio più forte! Non parlerò! No! A costo de la morte! CONTADINI Zitte laggiù! Che diamine! SILVIO (Io mi ritengo appena!) CONTADINI E CONTADINE Fanno davvero? Sembrami seria la cosa, e scura! CANIO (riprendendosi ed animandosi a poco a poco) Sperai, tanto il delirio acciecato m’aveva, se non amor, pietà... mercé! Ed ogni sacrifizio al cor lieto, imponeva, e fidente credeva più che in dio stesso, in te! Ma il vizio alberga sol ne l’alma tua negletta; tu viscere non hai... sol legge è ‘l senso a te! Va’, non merti il mio duol, o meretrice abbietta, vo’ ne lo sprezzo mio schiacciarti sotto i piè! SILVIO (Oh la strana commedia! Io non resisto più!) (Peppe vuol uscire dalla porta a sinistra, ma Tonio lo ritiene) PEPPE Bisogna uscire, Tonio. TONIO Taci sciocco! PEPPE Ho paura!... LA FOLLA (entusiasta) Bravo! CANIO (urlando dà di piglio a un coltello sul tavolo) Il nome! il nome! NEDDA (fredda, ma seria) Ebben! Se mi giudichi di te indegna, mi scaccia in questo istante. NEDDA (sfidandolo) No! CANIO 13 SILVIO (snudando il pugnale) Santo diavolo! Fa davvero... (cadendo agonizzando) Soccorso! Silvio! SILVIO (che è quasi arrivato alla scena) Nedda! (Peppe cerca svincolarsi da Tonio) Le Donne che indietreggiano spaventate, rovesciano i banchi ed impediscono agli Uomini di avanzare, ciò che obbliga Silvio a lottare per arrivare alla scena. Intanto Canio al parossismo della collera, ha afferrata Nedda in un attimo e la colpisce per di dietro mentre essa cerca di correre verso il pubblico. Alla voce di Silvio, Canio si volge come una belva, balza presso di lui e in un attimo lo ferisce, dicendo: CANIO Ah!... sei tu? Ben venga! Silvio cade come fulminato. CANIO (a Nedda) Di morte negli spasimi lo dirai! LA FOLLA (urlando) Aita! Arresta! Gesummaria! LA FOLLA E PEPPE Ferma! Mentre parecchi si precipitano verso Canio per disarmarlo ed arrestarlo, egli, immobile, istupidito lascia cadere il coltello dicendo: CANIO (a Nedda) A te! TONIO La commedia è finita! La tela cade. NEDDA 14 GIANNI SCHICCHI Opera in un atto su libretto di Giovacchino Forzano Musica GIACOMO PUCCINI Personaggi GIANNI SCHICCHI, 50 anni LAURETTA, sua figlia, 21 anni ZITA, detta La Vecchia, cugina di Buoso, 60 anni RINUCCIO, nipote di Zita, 24 anni GHERARDO, nipote di Buoso, 40 anni NELLA, sua moglie, 34 anni GHERARDINO, loro figlio, 7 anni BETTO DI SIGNA, cognato di Buoso, povero e malvestito, età indefinibile SIMONE, cugino di Buoso, 70 anni MARCO, suo figlio, 45 anni LA CIESCA, moglie di Marco, 38 anni MAESTRO SPINELLOCCIO, medico SER AMANTIO DI NICOLAO, notaio PINELLINO, calzolaio GUCCIO, tintore L’azione si svolge nel 1299 in Firenze. Baritono Soprano Contralto Tenore Tenore Soprano Soprano Basso Basso Baritono Mezzosoprano Basso Baritono Basso Basso uno stipo e una porta. Sotto la scala, un’altra porticina. A destra, nel fondo, il letto. Sedie, cassapanche, stipi sparsi qua e là, un tavolo; sopra il tavolo, oggetti d’argento. La camera da letto di Buoso Donati A sinistra, di faccia al pubblico, la porta d’ingresso; oltre, un pianerottolo e la scala; quindi, una finestra a vetri per cui si accede al terrazzo con la ringhiera di legno che gira esternamente la facciata della casa. Nel fondo a sinistra, un finestrone da cui si scorge la torre di Arnolfo. Sulla parete di destra, una scaletta di legno conduce ad un ballatoio su cui trovansi Ai lati dei litio quattro candelabri con quattro ceri accesi. Davanti al letto, un candelabro a tre candele, spento. Luce di sole e luce di candele: sono le nove del mattino. Le sarge del letto, semichiuse, lasciano intravedere 15 un drappo rosso che ricopre un corpo. I parenti di Buoso sono in ginocchio, con le mani si coprono il volto e stanno molto curvati verso terra, Gherardino è a sinistra vicino alla parete; è seduto in terra, volta le spalle ai parenti e si diverte a far ruzzolare delle palline. I parenti sono disposti in semicerchio; a sinistra del letto la prima è Zita, poi Rinuccio, Gherardo e Nella, quindi Betto di Signa, nel centro resta un po' isolato perché essendo povero, mal vestito e fangoso è riguardato con disprezzo dagli altri parenti; a destra, la Ciesca, Marco e Simone che sarà davanti a Zita. Da questo gruppo parte il sordo brontolio di una preghiera. Il brontolio è interrotto da singhiozzi, evidentemente fabbricati tirando su il fiato a strozzo. Quando Betto di Signa si azzarda a singhiozzare, gli altri si sollevano un po', alzano il viso dalle mani e danno a Betto una guardataccia. Durante il brontolio si sentono esclamazioni soffocate di questo genere: CIESCA Mesi? Per anni ed anni! ZITA Ti piangerò tutta la vita! CIESCA, MARCO Povero Buoso! ZITA [allontanando Gherardino, seccata, si volge a Nella e a Gherardo] Portatecelo voi, Gherardino, via! [Gherardo si alza, prende il figlio per un braccio e, a strattoni, lo porta via dalla porticina di sinistra] ZITA, CIESCA, RINUCCIO, MARCO, SIMONE Oh! Buoso, Buoso, tutta la vita piangeremo la tua dipartita! ZITA Povero Buoso! CIESCA Piangerem tutta la vita! SIMONE Povero cugino! RINUCCIO Povero zio! RINUCCIO Piangerem! ZITA Buoso! Buoso! CIESCA, MARCO Oh! Buoso! [Betto, curvandosi a sinistra, mormora qualcosa all'orecchio di Nella] NELLA, GHERARDO Buoso! NELLA Ma come? Davvero? BETTO O cognato! o cognà... [È interrotto perché Gherardino butta in terra una sedia e i parenti, con la scusa di zittire Gherardino, fanno un formidabile sciii sul viso a Betto] BETTO Lo dicono a Signa. GHERARDO Io piangerò per giorni e giorni. [A Gherardino che si è alzato e lo tira per la veste dicendogli qualche cosa] Sciò! NELLA [Gli mormora qualcosa all'orecchio[ Si dice che... RINUCCIO [curvandosi fino a Betto] Che dicono a Signa? RINUCCIO Giaaaa?! NELLA Giorni? Per mesi! [come sopra] Sciò! [Gherardino va dalla vecchia] BETTO Lo dicono a Signa. 16 CIESCA [curvandosi fino a Betto] Che dicono a Signa? CIESCA Simone ZITA Parla, tu se' il più vecchio... BETTO [Le mormora qualcosa all'orecchio] Si dice che... MARCO Tu se' anche stato podestà a Fucecchio... CIESCA Noooo!? Marco, lo senti che dicono a Signa? Si dice che... [Gli mormora qualcosa all'orecchio] ZITA Che ne pensi? MARCO Che ne pensi? MARCO Eeeeh?! SIMONE [Riflette un instante, poi, gravemente] Se il testamento è in mano d'un notaio... chi lo sa? Forse è un guaio! Se però ce l'avesse lasciato in questa stanza, guaio pei frati, ma per noi: speranza! BETTO Lo dicono a Signa. ZITA [con voce piagnucolosa] Ma in somma possiamo sapere... che diamine dicono a Signa? ZITA, CIESCA, NELLA, RINUCCIO, GHERARDO, MARCO, BETTO Guaio pei frati, ma per noi: speranza! [Tutti istintivamente si alzano di scatto] BETTO Ci son delle voci... dei mezzi discorsi... Dicevan iersera dal Cisti fornaio: "Se Buoso crepa, pei frati è manna! Diranno: pancia mia, fatti capanna!" E un altro: "Sì, sì, nel testamento ha lasciato ogni cosa ad un convento!…" RINUCCIO O Lauretta, amore mio, Speriam nel testamento dello zio! [È una ricerca febbrile. Fruscìo di pergamene battute all'aria. Betto, scacciato da tutti, vagando per la stanza adocchia sul tavolo il piatto d'argento col sigillo d'argento e le forbici pure d'argento. Cautamente allunga una mano. Ma dal fondo si ode un falso allarme di Simone che crede di aver trovato il testamento] SIMONE [A metà di questo discorso si è sollevato anche lui ed ha ascoltato] Ma che?!?! Chi lo dice? SIMONE Ah! [Tutti si voltano. Betto fa il distratto. Simone guarda meglio una pergamena] No. Non è! BETTO Lo dicono a Signa. SIMONE Lo dicono a Signa???? [Si riprende la ricerca. Betto agguanta le forbici e il sigillo; li striscia al panno della manica dopo averli rapidamente appannati col fiato, li guarda e li mette in tasca. Ora tenta di trafugare il piatto. Ma un falso allarme di Zita fa voltare tutti.] ZITA, CIESCA, NELLA, RINUCCIO, GHERARDO, MARCO, BETTO Lo dicono a Signa! GHERARDO O Simone? ZITA Ah! 17 [Guarda meglio] No. Non c'è! RINUCCIO Zia! [Si riprende la ricerca. Betto agguanta anche il piatto e lo mette sotto il vestito tenendolo assicurato col braccio.] ZITA Se tutto andrà come si spera, sposa chi vuoi, sia pure la versiera! ZITA, LA CIESCA, NELLA No! Non c'è! RINUCCIO Ah! lo zio mi voleva tanto bene, m'avrà lasciato code tasche piene! [a Gherardino, che è tornato ora in scena] Corri da Gianni Schicchi, digli che venga qui colla Lauretta: c'è Rinuccio di Buoso che l'aspetta! [Gli dà due monete] A te, due popolini: comprati i confortini! GHERARDO Dove sia? MARCO Dove sia? MARCO, SIMONE, BETTO No! Non c'è! [Gherardino corre via. Rinuccio dà a Zita il testamento; tutti seguono Zita che va al tavolo. Cerca le forbici per tagliare i nastri del rotolo, non trova né forbici né piatto. Guarda intorno i parenti; Betto fa una fisionomia incredibile. Zita strappa il nastro con le mani. Apre. Appare una seconda pergamena che avvolge ancora il testamento. Zita vi legge sopra.] RINUCCIO Salvàti! Salvàti! Il testamento di Buoso Donati! [Tutti accorrono con le mani protese per prendere il testamento. Ma Rinuccio mette il rotolo di pergamena nella sinistra, protende la destra come per fermare lo slancio dei parenti e, mentre tutti sono in un'ansia spasmodica.] Zia, l'ho trovato io! Come compenso, dimmi se lo zio, povero zio! m'avesse lasciato bene bene, se tra poco si fosse tutti ricchi ... in un giorno di festa come questo, mi daresti il consenso di sposare la Lauretta figliola dello Schicchi? Mi sembrerà più dolce il mio redaggio ... potrei sposarla per Calendimaggio! ZITA "Ai miei cugini Zita e Simone!" SIMONE Povero Buoso! ZITA Povero Buoso! TUTTI [tranne Zita] Ma sì! Ma sì! C'è tempo a riparlarne! SIMONE [in un impeto di riconoscenza accende anche le tre candele del candelabro spento] Tutta la cera tu devi avere! Insino in fondo si deve struggere! Sì! godi, godi! Povero Buoso! RINUCCIO Potrei sposarla per Calendimaggio! GHERARDO, MARCO Qua, presto il testamento! TUTTI [mormorano] Povero Buoso! Se m'avesse lasciato questa casa! E i mulini di Signa! Poi la mula! Se m'avesse lasciato ... LA CIESCA Non lo vedi Che si sta con le spine sotto i piedi? 18 ZITA Zitti! E aperto! [Zita col testamento in mano, vicino al tavolo: ha dietro a sé un grappolo umano. Marco e Betto sono saliti sopra una sedia. Si vedranno bene tutti i visi assorti nella lettura. Le bocche si muoveranno come quelle di chi legge senza emettere voce. A un tratto i visi si cominciano a rannuvolare ... arrivano ad una espressione tragica ... finché Zita si lascia cadere seduta sullo sgabello davanti alla scrivania. Simone è il primo, del gruppo impietrito, che si muove; si volta, vede davanti a sé le tre candele accese, vi soffia su e le spegne; cala le sarge del letto completamente; spegne poi tutte i candelabri. Gli altri parenti lentamente vanno ciascuno a cercare una sedia e vi seggono. Sono come impietriti con gli occhi sbarrati, fissi; chi qua, chi là.] NELLA Lodole! MARCO Ortolani!! ZITA Beccafichi! Ortolani! SIMONE Quaglie pinate! Oche ingrassate! BETTO E galletti! TUTTI Galletti?? Gallettini!! SIMONE Dunque era vero! Noi vedremo i frati ingrassare alla barba dei Donati! RINUCCIO Gallettini di canto tenerini! TUTTI [Con un riso che avvelena si alzano accennandosi l'un l'altro] E con le facce rosse e ben pasciute, schizzando dalle gote la salute, ridetevi di noi: ah! ah! ah! ah! Eccolo là un Donati, eccolo là! Ah! ah! ah! ah!, ah! ah! ah! ah!, Eccolo là un Donati! Eccolo là! E la voleva lui l'eredità ... Ridete, o frati, ridete alla barba dei Donati! Ah! ah! ah! affi, ah! ah! ah! ah! [Cadono ancora a sedere. Pausa. Ora c'è chi piange sul serio.] LA CIESCA Tutti quei bei fiorini accumulati finire nelle tonache dei frati! MARCO Privare tutti noi d'una sostanza, e i frati far sguazzar nell'abbondanza! BETTO Io dovrò misurarmi il bere a Signa, e i frati beveranno il vin di vigna! NELLA, LA CIESCA, ZITA Si faranno slargar spesso la cappa, noi schianterem di bile, e loro ... pappa! RINUCCIO La mia felicità sarà rubata dall' "Opera di Santa Reparata!" ZITA Chi l'avrebbe mai detto, che quando Buoso andava al cimitero, si sarebbe pianto per davvero! GHERARDO Aprite le dispense dei conventi! Allegri, frati, ed arrotate i denti! ZITA, LA CIESCA, NELLA E non c'è nessun mezzo... ZITA Eccovi le primizie di mercato! Fate schioccar la lingua col palato! A voi, poveri frati: tordi grassi! SIMONE, BETTO ... Per cambiarlo? ... ZITA, MARCO ... Per girarlo? ... SIMONE Quaglie pinate! 19 LA CIESCA, NELLA, BETTO ... Addolcirlo? ... gli fo ruzzolare le scale! MARCO O Simone, Simone? LA CIESCA, NELLA, MARCO, SIMONE È proprio il momento d'aver Gianni Schicchi ZITA Tu se' anche il più vecchio! GHERARDO [a Gherardino] Tu devi obbedire soltanto a tuo padre: là! là! [Sculaccia Gherardino e lo caccia nella stanza a destra in cima alla scala.] MARCO Tu se' anche stato podestà a Fucecchio! Simone fa un gesto come per dire: impossibile! RINUCCIO C'è una persona sola che ci può consigliare, forse salvare ... SIMONE Un Donati sposare la figlia d'un villano! TUTTI Chi? ZITA D'uno sceso a Firenze dal contado! Imparentarsi colla gente nova! lo non voglio che venga! Non voglio! RINUCCIO Gianni Schicchi! RINUCCIO Avete torto! E fine!. . . astuto… Ogni malizia di leggi e codici conosce e sa. Motteggiatore!…Beffeggiatore!… C'è da fare una beffa nuova e rara? È Gianni Schicchi che la prepara! Gli occhi furbi gli illuminan di riso lo strano viso, ombreggiato da quel suo gran nasone che pare un torracchione per così! Vien dal contado? Ebbene? E che vuoi dire? Basta con queste ubbie grette e piccine! Firenze è come un albero fiorito, che in piazza dei Signori ha tronco e fronde, ma le radici forze nuove apportano dalle convalli limpide e feconde! E Firenze germoglia ed alle stelle salgon palagi saldi e torri snelle! L'Arno, prima di correre alla foce, canta baciando piazza Santa Croce, e il suo canto è si dolce e sì sonoro che a lui son scesi i ruscelletti in coro! Così scendanvi dotti in arti e scienze a far più ricca e splendida Firenze! E di Val d'Elsa giù dalle castella ben venga Arnolfo a far la torre bella! E venga Giotto dal Mugel selvoso, e il Medici mercante coraggioso! TUTTI [gesto di disillusione] ZITA [furibonda] Di Gianni Schicchi, della figlioia, non vo' sentirne parlar mai più! E intendi bene! GHERARDINO [entra di corsa urlando] È qui che viene! TUTTI Chi? GHERARDINO Gianni Schicchi! ZITA Chi l'ha chiamato? RINUCCIO Io; l'ho mandato perché speravo ... ZITA Ah! bada! se sale, 20 Basta con gli odi gretti e coi ripicchi! Viva la gente nuova e Gianni Schicchi! [Si bussa alla porta] È lui! [Rinuccio apre; entrano Gianni Schicchi e Lauretta] GIANNI [come chi dica parole stupide di circostanza] Eh! Son cose ... Mah! Come si fa! In questo mondo una cosa si perde ... una si trova ... si perde Buoso, ma c'è l’eredità! GIANNI [Si sofferma sull'uscio: dà un 'occhiata ai parenti] Quale aspetto sgomento e desolato! Buoso Donati, certo, è migliorato! ZITA Sicuro! Ai frati! RINUCCIO [a Lauretta, fra il pianerottolo e la porta] Lauretta! GIANNI Ah! Diseredati? ZITA Diseredatì! Si, si, diseredati! E perciò ve lo canto: pigliate la figliola, levatevi di torno, io non do mio nipote ad una senza-dote! LAURETTA Rino! RINUCCIO Amore mio! LAURETTA Perché sì pallido? RINUCCIO O zia! io l'amo, l'amo! RINUCCIO Ahimè, lo zio ... LAURETTA Babbo! Babbo! Lo voglio! LAURETTA Ebbene, parla ... GIANNI Figliola, un po' d'orgoglio! RINUCCIO Amore, amore, quanto dolore! ZITA Non me ne importa un corno! LAURETTA Quanto dolore! [Gianni lentamente avanza verso Zita che gli volta le spalle; avanzando vede i candelabri intorno al letto.] GIANNI Brava la vecchia! Brava! Per la dote sacrifichi mia figlia e tuo nipote! Vecchia taccagna! Stillina! Sordida! Spilorcia! Gretta! GIANNI Ah! Andato?? [fra sé] Perché stanno a lacrimare? recitano meglio d'un giullare! [forte, con intonazione falsa] Ah! comprendo il dolor di tanta perdita ... Ne ho l'anima commossa ... LAURETTA Rinuccio, non lasciarmi! Ah! tu me l'hai giurato sotto la luna a Fiesole quando tu m'hai baciato! [a due] Addio, speranza bella, s'è spento ogni tuo raggio: non ci potrem sposare per il Calendimaggio! [Gli sfugge e corre a Rino] Babbo, lo voglio! Amore! Amore! GHERARDO Eh! la perdita è stata proprio grossa! 21 [Rinuccio sfugge e corre a Lauretta] O zia, la voglio! Amore! Amore! GIANNI A pro di quelle gente? Niente! Niente! Niente! RINUCCIO Lauretta mia, ricordati! tu m'hai giurato amore! E quella sera Fiesole sembrava tutto un fiore! LAURETTA [Gli si inginocchia davanti] Oh! mio babbino caro, mi piace, è bello, bello; vo' andare in Porta Rossa a comperar l'anello! Si, si, ci vogo andare! E se l'amassi indarno, andrei sul Ponte Vecchio, ma per buttarmi in Arno! Mi struggo e mi tormento! Dio, vorrei morir! Babbo, pietà, pietà ... [Piange. Una pausa.] GIANNI [tirando Lauretta verso la porta] Vieni, Lauretta, rasciuga gIi occhi, sarebbe un parentado di pitocchi! Ah! vieni, vieni! [Riprende la figlia] Un po' d'orgoglio, un po' d'orgoglio! Via, via di qua! GIANNI [come chi è costretto ad accondiscendere] Datemi il testamento! [Rinuccio glielo dà. Gianni legge e cammina. I parenti lo seguono con gli occhi, poi inconsciamente finiscono per andargli dietro come i pulcini alla chioccia, tranne Simone che siede sulla cassapanca a destra, e, incredulo, scrolla il capo. Ansia] Niente da fare! ZITA [tirando Rino a destra] Anche m’insulta! Senza la dote non do il nipote! Rinuccio, vieni, lasciali andare, sarebbe un volerti rovinare! Ma vieni, vieni! [Riprende Rinuccio] Ed io non voglio, ed io non voglio! Via, via di qua! [I parenti lasciano Schicchi e si avviano verso il fondo della scena.] RINUCCIO, LAURETTA Addio, speranza bella, dolce miraggio; non ci potrem sposare per il Calendimaggio! [I parenti restano neutrali e si limitano ad esclamare di tanto in tanto:] GIANNI [Riprende a leggere e a camminare] Niente da fare! I PARENTI Anche le dispute fra innamorati! Proprio il momento! Pensate al testamento! [I parenti si lasciano cadere sulle sedie] RINUCCIO Signor Giovanni, rimanete un momento! [a Zita] Invece di sbraitare dategli il testamento! [a Gianni] Cercate di salvarci! A voi non può mancare un'idea portentosa, una trovata, un rimedio, un ripiego, un espediente! RINUCCIO, LAURETTA Addio, speranza bella, s'è spento ogni tuo raggio. GIANNI Però! [Tutti i parenti si alzano di scatto e corrono a Gianni] 22 RINUCCIO, LAURETTA Forse ci sposeremo per il Calendimaggio! Là dentro nella stanza dirimpetto! Donne! Rifate il letto! LE DONNE Ma... [Gianni si ferma nel mezzo della scena col viso aggrottato come perseguendo un suo pensiero, gesticola parcamente guardando davanti a sè. Tutti sono intorno a lui; ora, anche Simone; più bassi di lui, con i visi voltati verso il suo viso come uccellini che aspettino l'imbeccata. Gianni a poco a poco si rischiara, sorride, guarda tutta quella gente ... alto, dominante, troneggiante.] GIANNI Zitte. Obbedite! [Marco e Gherardo scompaiono fra le sarge del letto e ricompaiono con un fardello rosso che portano a destra nella stanza sotto la scala. Simone, Betto e Rinuccio portano via i candelabri. Ciesca e Nella ravviano il letto. Si bussa alla porta.] TUTTI [con un filo di voce] Ebbene? TUTTI [Si fermano, sorpresi] Ah! GIANNI [infantile] Laurettina! Va' sol terrazzino; porta i minuzzolini all'uccellino. [e perché Rinuccio la vorrebbe seguire, egli lo ferma] Sola. GIANNI [contrariatissimo, con voce soffocata] Chi può essere? Ah! ZITA [a bassa voce] Maestro Spinelloccio, il dottore! [Lauretta va sul terrazzino a sinistra. Gianni la segue con gli occhi: appena la figlia è fuori di scena, egli si volge al gruppo dei parenti sempre intorno a lui] Nessuno sa che Buoso ha reso il fiato? TUTTI Nessuno! GIANNI Guardate che non passi! Ditegli qualche cosa... che Buoso è migliorato e che riposa. [Betto va a chiudere le persiane e rende semioscura la stanza. Tutti si affollano intorno alla porta e la schiudono appena] GIANNI Bene! Ancora nessun deve saperlo! MAESTRO SPINELLOCCIO [accento bolognese] L'è permesso? TUTTI Nessuno lo saprà! GIANNI [assalito da un dubbio] E i servi? TUTTI Buon giorno, Maestro Spinelloccio! Va meglio! Va meglio! Va meglio! ZITA [con intenzione] Dopo l'aggravamento... in camera … nessuno! MAESTRO SPINELLOCCIO Ha avuto il benefissio? TUTTI Altro che! Altro che! MAESTRO SPINELLOCCIO A che potensa GIANNI [a Marco e a Gherardo; tranquillizzato, deciso] Voi due portate il morto e i candelabri. 23 l'è arrivata la sciensa Be', vediamo, vediamo... [per entrare] [Uscito il dottore, si riapre la finestra; ancora tutta luce in scena; i parenti si volgono a Gianni] GIANNI Era uguale la voce? TUTTI [fermandolo] No! riposa! TUTTI Tale e quale! MAESTRO SPINELLOCCIO [insistendo] Ma io... GIANNI Ah! Vittoria! Vittoria! Ma non capite? GIANNI [seminascosto fra le sarge del letto, contraffacendo la voce di Buoso, tremolante] No! no Maestro Spinelloccio! TUTTI No! GIANNI Ah!…che zucconi! Si corre dal notaio: [veloce, affannato] "Messer notaio, presto! Via da Buoso Donati! C'è un gran peggioramento! Vuol fare testamento! Portate su con voi le pergamene, presto, messere, se no è tardi! …" Ed il notaio viene. Entra: la stanza è semioscura, dentro il letto intravede di Buoso la figura! Il testa la cappellina! Al viso la pezzolina! Fra cappellina e pezzolina un naso che par quello di Buoso e invece è il mio perché al posto di Buoso ci son io! Io, io Schicchi, con altra voce e forma! Io falsifico in me Buoso Donati, testando e dando al testamento norma! O gente! Questa matta bizzarria che mi zampilla dalla fantasia è tale da sfidar l'eternità! [Alla voce del morto i parenti danno un trabalIone, poi si accorgono che è Gianni che contraffà la voce di Buoso. Ma nel traballone a Betto è scivolato il piatto d'argento e gli è caduto] MAESTRO SPINELLOCCIO Oh! Messer Buoso! GIANNI Ho tanta voglia di riposare … potreste ripassare questa sera? Son quasi addormentato … MAESTRO SPINELLOCCIO Si, Messer Buoso! Ma va meglio? GIANNI Da morto, son rinato! A stasera! MAESTRO SPINELLOCCIO A stasera! [ai parenti] Anche alla voce sento: è migliorato! Eh! a me non è mai morto un ammalato! Non ho delle pretese, il merito l'è tutto della scuola bolognese! A questa sera. TUTTI [come strozzati dalla commozione, non trovando le parole, gli baciano le mani, gli baciano le vesti] Schicchi!!! Schlicchi!!! Schicchi!!! TUTTI A stasera, Maestro! ZITA [a Rinuccio] Va', corri dal notaio! [Rinuccio esce correndo] MAESTRO SPINELLOCCIO A questa sera! 24 I PARENTI [Si abbracciano, si baciano con grande effusione] Caro Gherardo! O Marco! O Ciesca! O Nella! Zita, Zita! Simone! MARCO Son le cose migliori... Pausa: i Parenti cominíciano a guardarsi in cagnesco SIMONE [falsamente ingenuo] Ah! capisco! capisco! Perché sono il più vecchio e sono stato podesíá a Fucecchio, volete darli a me! Io vi ringrazio! GIANNI Oh, quale commozione! TUTTI Oh! giorno d'allegrezza! La burla ai frati è bella! Ah! felici e contenti! Com'è bello l'amore fra i parenti! ZITA No, no, no, no! Un momento! Se tu se' vecchio, peggio per te! MARCO E GLI ALTRI Sentilo, sentilo, il podestà! Vorrebbe il meglio dell'eredità! SIMONE O Gianni, ora pensiamo un po' alla divisione: i fiorini in contanti... GIANNI [da una parte] Quanto dura l'amore fra i parenti! TUTTI In parti eguali! [Gianni dice sempre di sì con la testa] TUTTI La casa ... di Signa … la mula ... i mulini... toccano a me [Si odono i rintocchi di una campana che suona a morto. Tutti cessano di gridare ed esclamano:] L'hanno saputo! Hanno saputo che Buoso è crepato! [Gherardo corre alla porta e scende le scale a precipizio] SIMONE A me i poderi di Fucecchio. ZITA A me quelli di Figline, BETTO A me quelli di Prato. GIANNI Tutto crollato! GHERARDO A noi le terre d'Empoli. LAURETTA [affacciandosi da sinistra] Babbo, si può sapere? L'uccellino non vuole più minuzzoli… MARCO A me quelle di Quintole. BETTO A me quelle di Prato. GIANNI [nervoso] Ora dagli da bere! SIMONE E quelle di Fucecchio. GHERARDO [Risale affannoso, non può parlare. Fa segno di no] E preso un accidente al moro battezzato del signor capitano! ZITA Resterebbero ancora: la mula, questa casa e i mulini di Signa. 25 TUTTI [allegramente] Requiescat in pace! NELLA [lasciando Gherardo, che ora la sta a osservare, mentre essa parla a Gianni] Ecco la pezzolina! Se lasci a noi la mula, i mulini di Signa e questa casa, a furia di fiorini ti s'intasa! SIMONE [con autorità] Per la casa, la mula, i mulini propongo di rimetterci alia giustizia, all'onestà di Schicchi. GIANNI Sta bene! TUTTI Rimettiamoci a Schicchi. [Nella va da Gherardo, gli parla all'orecchio e tutti e due si fregano le mani] GIANNI Come volete! Datemi i panni per vestirmi, presto! [Zita e Nella prendono dall'armadio e dalla cassapanca, che è fondo al letto, la cappellina, la pezzolina e la camicia.] LA CIESCA Ed ecco la camicia! Se ci lasci la mula, i mulini di Signa e questa casa, per te mille fiorini! ZITA [a Gianni] Ecco la cappellina! [a bassa voce] Se mi lasci la mula, questa casa, i mulini di Signa, ti do trenta fiorini! GIANNI Sta bene! [La Ciesca va da Marco, gli parla all’orecchio: si fregano le mani. Tutti si fregano le mani. Si infila la camicia. Quindi con lo specchio in mano si accomoda la pezzolina e la cappellino cambiando l'espressione del viso come per trovare l'atteggiamento giusto. Simone è alla finestra per vedere se arriva il notaio. Gherardo sbarazza il tavolo a cui dovrà sedere il notaio. Marco e Betto tirano le sarge del letto e ravviano la stanza.] GIANNI Sta bene! [Zita si allontana fregandosi le mani] SIMONE [avvicinandosi con fare distratto a Schicchi; a bassa voce] Se lasci a me la casa la mula ed i mulini, ti do cento fiorini! ZITA, NELLA, LA CIESCA [Guardano Gianni comicamente, quindi:] NELLA Spogliati, bambolino, ché ti mettiamo a letto. E non aver dispetto, se cambi il camicino! Si spiuma il canarino, la volpe cambia pelo, il ragno ragnatelo, il cane cambia cuccia, il serpe cambia buccia ... GIANNI Sta bene! BETTO [furtivo, a Schicchi] Gianni, se tu mi lasci questa casa, la mula ed i mulini di Signa, ti fo gonfio di quattrini! LA CIESCA Fa' presto, bambolino, ché devi andare a letto. Se va bene il giuochetto, ti diamo un confortino! L’uovo divien pulcino, il fior diventa frutto [Nella parla a parte con Gherardo] GIANNI Sta bene! [La Ciesca parla a parte con Marco] 26 e i frati mangian tutto, ma il frate impoverisce, la Ciesca s'arricchisce ... Addio, Firenze, addio, cielo divino, io ti saluto con questo moncherino, e vo randagio come un Ghibellino! ZITA E bello! Portentoso! Chi vuoi che non s'inganni? È Gianni che fa Buoso, o Buoso che fa Gianni? Il testamento è odioso? Un camicion maestoso, il viso dormiglioso, il naso poderoso, l'accento lamentoso ... TUTTI [soggiogati, impauriti, ripetono] Addio, Firenze, addio, cielo divino, io ti saluto con questo moncherino, e vo randagio come un Ghibellino! [Si bussa. Gianni schizza a letto; i parenti rendono la stanza semioscura; mettono una candela accesa sul tavolo dove il notaio deve scrivere; buttano un mucchio di roba sul letto; aprono.] TUTTI ... e il buon Gianni cambia panni, cambia viso, muso e naso, cambia accento e testamento per poterci servir! RINUCCIO Ecco il notaio. MESSER AMANTIO, PINELLINO, GUCCIO mestamente Messer Buoso, buon giorno! GIANNI Oh! siete qui? Grazie, messere Amantio! O Pinellino calzolaio, grazie! Grazie, Guccio tintore, troppo buoni di venirmi a servir da testimoni! GIANNI Vi servirò a dover! Contente vi farò! LE DONNE Bravo, così! Proprio così! O Gianni Schicchi, nostro salvator! È preciso? PINELLINO [commosso, fra sé e sé] Povero Buoso! Io l'ho sempre calzato ... vederlo in quello stato ... vien da piangere! GLI UOMINI Perfetto! TUTTI A letto! A letto! [Spingono Gianni perso il letto, ma egli li ferma con un gesto quasi solenne] GIANNI Il testamento avrei voluto scriverlo con la scrittura mia, me lo impedisce la paralisia... Perciò volli un notaio, solemne et leale. . . GIANNI Prima un avvertimento! O signori, giudizio! Voi lo sapete il bando? “Per ciù sostituisce sé stesso in luogo d'altri in testamenti e lasciti, per lui e per i complici c'è il taglio della mano e poi l'esilio!” Ricordatelo bene! Se fossimo scoperti: la vedete Firenze? [accennando la torre di Arnolfo che appare al di là del terrazzo] [Intanto il notaio ha preso dalla sua cassetta le pergamene, i bolli, ecc. e mette tutto sul tavolo] MESSER AMANTIO Oh! messer Buoso, grazie! Dunque tu soffri di paralisia? [Gianni allunga in alto le mani agitandole tremolanti] 27 LA CIESCA, NELLA Povero Buoso! ZITA, SIMONE Povero Buoso! I PARENTI [tranquillizzati] Bravo! Bravo! Bisogna sempre pensare alla beneficenza! MESSER AMANTIO Oh! poveretto! Basta! I testi videro, testes viderunt! Possiamo incominciare ... Ma ... i parenti? ... MESSER AMANTIO Non ti sembrano un po' poco? GIANNI Chi crepa e lascia molto alle congreghe e ai frati fa dire a chi rimane: “eran quattrin rubati” GIANNI Che restino presenti! MESSER AMANTIO Dunque incomincio: In Dei nomini, anno D.N.J.C. ab eius salutifera incarnatione millesimo ducentesimo nonagesimo nono, die prima septembris, indictione undecima, ego notaro Amantio di Nicolao, civis Florentiae, per voluntatem Buosi Donati scribo hoc testamentum ... I PARENTI Che massime! Che mente! Che saggezza! MESSER AMANTIO Che lucidezza! GIANNI I fiorini in contanti li lascio in parti uguali fra i parenti. GIANNI [con intenzione, scandendo ogni parola] Annulans, revocans et irritans omne aliud testamentum! I PARENTI Ohi Grazie, zio! Grazie, cugino! Grazie, cognato! I PARENTI Che previdenza! Che previdenza! GIANNI Lascio a Simone i beni di Fucecchio! SIMONE Grazie! MESSER AMANTIO Un preambolo: dimmi, i funerali, (il più tardi possibile) li vuoi ricchi? Fastosi? Dispendiosi? GIANNI Alla Zita ì poderi di Figline. GIANNI No, no, pochi quattrini! Non si spendano più di due fiorini! ZITA Grazie, grazie! I PARENTI Oh! che modestia! Oh! che modestia! Povero zio! Che animo! Che cuore! Gli torna a onore! GIANNI A Betto i campi a Prato. BETTO Grazie, cognato GIANNI Lascio ai fratri minori e all'Opera di Santa Reparata ... [I parenti, leggermente turbati, si alzano lentamente] ... cinque lire! GIANNI A Nella ed a Gherardo i beni d'Empoli. NELLA, GHERARDO Grazie, grazie! GIANNI Alla Ciesca ed a Marco i beni a Quintole! 28 LA CIESCA, MARCO Grazie! GIANNI Addio, Firenze, addio, cielo divino, io ti saluto. [A questa vocina si calmano fremendo] TUTTI [fra i denti] Or siamo alla mula, alla casa ed ai mulini. MESSER AMANTIO Non si disturbi del testator la volontà! GIANNI Lascio la mula, quella che costa trecento fiorini, ch'è la migliore mula di Toscana ... al mio devoto amico ... Gianni Schicchi. GIANNI Messer Amantio, io lascio a chi mi pare! Ho in mente un testamento e sarà quello! Se gridano, sto calmo e canterello! TUTTI I PARENTI [scattando] Come?! Come!? Com’è? GUCCIO, PINELLINO Ah! Che uomo! Che uomo! GIANNI [continuando a testare] E i mulini di Signa... MESSER AMANTIO Mulam relinquit eius amico devoto Joanni Schicchi. TUTTI Ma... SIMONE Cosa vuoi che gl'importi a Gianni Schicchi di quella mula? I PARENTI I mulini di Signa? GIANNI I mulini di Signa (addio, Firenze!) li lascio al caro (addio, cielo divino!) affezionato amico ... Gianni Schicchi! (E ti saluto con questo mancherino!) La, la, la, la, la, la, la, la! Ecco fatto! Zita, di vostra borsa date venti fiorini ai testimoni e cento al buon notaio! GIANNI Tienti bono, Simone! Lo so io quel che vuole Gianni Schicchi! I PARENTI Ah! Furfante, furfante, furfante! GIANNI Lascio la casa di Firenze al mio caro devoto affezionato amico Gianni Schicchi! MESSER AMANTIO Messer Buoso! Grazie! [Fa per avviarsi verso il letto] GIANNI [arrestandolo con un gesto della mano tremolante] Niente saluti. Andate, andate. I PARENTI [erompono] Ah! Basta, basta! Un accidente a Gianni Schicchi! A quel furfante! Ci ribelliamo! Ci ribelliamo! Si, sì, piuttosto ... Ci ribelliamo! Ci ... ri ... be... Ah! Ah! Ah! Ah! ... MESSER AMANTIO, PINELLINO, GUCCIO [commossi, avviandosi verso la porta] Ah! che uomo! ... Che uomo! Che peccato! Che perdita!... Che perdita! ... Coraggio! [Appena usciti il notaio e i testi, i parenti restano un istante in ascolto finché i tre si sono 29 allontanati, quindi tutti, tranne Rinuccio che è corso a raggiungere Lauretta, sul terrazzino:] RINUCCIO Tremante e bianca volgesti il viso ... I PARENTI [a voce soffocata dapprima, poi urlando feroci contro Gianni] Ladro! Ladro! Furfante! Traditore! Birbante! Iniquo! Ladro! Ladro! [Si slanciano contro Gianni che, ritto sul letto, si difende come può; gli strappano la camicia in brandelli] LAURETTA, RINUCCIO Firenze da lontano ci parve il Paradiso! [Si abbracciano e restano nel fondo abbracciati] GIANNI [Torna risalendo le scale, carico di roba che butta al suolo] La masnada fuggi! [Di colpo s'arresta, vede i due, si pente di aver fatto rumore, ma i due non si turbano. Gianni sorride, è commosso, viene alla ribalta e accennando gli innamorati … con la berretta in mano licenziando senza cantare] Ditemi voi, signori, se i quattrini di Buoso potevan finir meglio di così! Per questa bizzarria m'han cacciato all'inferno … e così sia; ma, con licenza dei gran padre Dante, se stasera vi siete divertiti, concedetemi voi … [Fa il gesto di applaudire] l'attenuante! GIANNI Gente taccagna! [Afferrando il bastone di Buoso, che è a capo del letto, dispensa colpi ...] Vi caccio via di casa mia! È casa mia! TUTTI Saccheggia! Saccheggia! Bottino! Bottino! La roba d'argento! Le pezze di tela! Saccheggia! Saccheggia! Bottino! Bottino! Ah! Ah! Ah! [Si inchina graziosamente] [I parenti corrono qua e là rincorsi da Gianni. Rubano. Gherardo e Nella salgono a destra e ne tornano carichi con Gherardino carico. Gianni tenta di difendere la roba. Tutti mano a mano che son carichi, si affollano alla porta, scendono le scale. Gianni li rincorre. La scena resta vuota] RINUCCIO [Dal fondo apre di dentro le persiane del finestrone; appare Firenze inondata dal sole; i due innamorati restano sul terrazzo] Lauretta mia, staremo sempre qui! Guarda ... Firenze è d'oro! Fiesole è bella! LAURETTA Là mi giurasti amorel RINUCCIO Ti chiesi un bacio... LAURETTA Il primo bacio... 30