Grandi opere mafia ITALCEMENTI Speculazione Csa pacì paciana nocività CSA Pacì Paciana Questo libretto è pubblicato sotto licenza Creative Commons Attribution Non Commercial Share Alike 3.0 Italy Stampato e distribuito in proprio nell'Ottobre 2012 italcementi: grandi opere, mafia, speculazione, nocività grandi opere, mafia, speculazione, nocività Questo dossier nasce dall'esigenza, tramite questa giornata di sciopero generale europeo, di dare un volto e un nome a quell’1% che sfrutta e affama, specula, impoverisce e devasta territori. Un'analisi che possa portare alla conoscenza di quelle armi utilizzate dai gruppi di potere finanziari che generano e speculano nella crisi. Una consapevolezza che sappia farsi conflitto ostinato ed efficace. Abbiamo scelto Italcementi in quanto impero finanziario inserito e nato nella nostra città, ed emblematico dei gruppi di potere del sistema capitalistico odierno. Un gruppo che basa la sua fortuna sulle grandi opere e sulle devastazioni del territorio, sul controllo di gruppi editoriali, sulle speculazioni finanziarie, su opache reti di relazioni politiche trasversali. Non esiste grande opera che non abbia un coinvolgimento diretto o indiretto di Italcementi, come non esiste gruppo di potere finanziario che non sia interessato da partecipazioni dirette o indirette della famiglia Pesenti. Le caratteristiche del gruppo Pesenti le possiamo ritrovare nelle lobby finanziare, politiche e mafiose di ogni parte del mondo. Ma non serve andare molto lontano: le situazioni di attacco ai territori ed alle ricchezze comuni sono tanto innumerevoli solo nel nostro paese da non poterle elencare tutte: dalla Val Susa, al Mugello, arrivando fino in Sicilia, i grandi affaristi cementificano e devastano. Gruppi come Impregilo, Eni, Todini, CMC e tanti altri, calpestano le possibilità di una vita libera, felice e condivisa, sacrificandole alle logiche di poteri forti. Poteri che predano e accentrano ricchezze, che impongono l'austerity per poter perseverare nelle loro logiche di sfruttamento e speculazione. L'unico modo che abbiamo per contrastare queste mire rapaci e devastanti è costruire aggregazioni sempre più allargate e diffuse, rendendo evidenti le opposizioni e rendendoci conto che noi siamo più di loro e che solo uniti possiamo sconfiggerli. LORO SONO LA CRISI, NOI LA SOLUZIONE! 1 CSA Pacì Paciana ITALCEMENTI: UNA STORIA ITALIANA Le radici di Italcementi affondano nella Società Bergamasca per la Fabbricazione del Cemento e della Calce Idraulica, la cui gestione passa nelle mani dei fratelli Pesenti agli inizi del '900. I Pesenti si ritrovano così a gestire 12 cementerie con più di 1.500 addetti e con una produzione pari ad oltre 210.000 tonnellate di materiale. Nel 1927, poco più di sessanta anni dopo la nascita, la società assume l'odierna denominazione Italcementi, prosperando nel periodo fascista grazie ad Antonio Pesenti, senatore del Regno e amico personale di Benito Mussolini, e al cugino Carlo Pesenti, a capo della società. Nonostante i legami con il fascismo, a guerra finita Carlo Pesenti riesce ad accreditarsi di fronte alla Costituente come antifascista. In realtà per tutti gli anni '60 e '70, Carlo Pesenti finanzia "Il Borghese", giornale vicino all'MSI, supporta economicamente insieme al tesoriere del Movimento Sociale Nencioni i cortei della "maggioranza silenziosa", investe forti somme nel settore edile nella Grecia dei colonnelli, finanzia con 300.000 lire mensili il gruppo neofascista Avanguardia Nazionale, che si scoprirà poi essere espressione diretta del Ministero dell'Interno. Stringe inoltre legami con il Vaticano e la potente Curia bergamasca. In quegli anni il bancarottiere Michele Sindona tenta la scalata su Italcementi; l'assalto di Sindona fallirà, grazie anche all'intervento dello Ior di Paul Marcinkus, a costo però di numerosi debiti per i Pesenti che decidono quindi di riorganizzare il proprio impero attorno a Italmobiliare, società del gruppo in cui, oltre alla quota di controllo di Italcementi, concentra anche le diverse partecipazioni finanziarie ed editoriali. Carlo Pesenti inizia così ad assestarsi meglio nella finanza, con un salvataggio bancario che gli permette di diventare socio dell’Istituto Bancario Italiano. Compra poi il Credito Commerciale, la Provinciale Lombarda e la compagnia assicurativa Ras, ma soprattutto entra nella lobby finanziaria della Bastogi, alleandosi con Eugenio Cefis, presidente dell’Eni dopo la morte di Enrico Mattei e nelle liste della loggia massonica P2. Ma le difficoltà perdurano per tutti gli anni '80 portando il gruppo Pesenti a focalizzarsi principalmente sul settore cemento, cedendo numerose controllate, tra cui la Ras. Nonostante le avversità la famiglia mantiene le relazioni che contano e riesce così ad entrare nel salotto buono di Gemina, creata dalla Mediobanca di Enrico Cuccia per custodire pacchetti di partecipazioni strategici, fino ad arrivare direttamente nel capitale di Piazzetta Cuccia, crocevia del capitalismo italiano, tanto che Giampiero Pesenti, figlio di Carlo, diventa presidente di Gemina. Ed è proprio come presidente di Gemina che nel 1993 Giampiero Pesenti viene messo agli arresti domiciliari durante Tangentopoli, accusato di corruzione e violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti per due tangenti da sette miliardi di lire, una alla DC e una al PSI. Le mazzette erano destinate all'assegnazione degli appalti alle centrali dell'Enel di Gioia Tauro, Tavazzano, Fiumesanto e Brindisi. Agli inizi degli anni '90, Italcementi avvia le prime iniziative di internazionalizzazione; ma è con l'acquisizione di Ciments Francais, nell'aprile del 1992, che si realizza in un sol colpo il processo di globalizzazione della società. Nel 1997 invece perfeziona il suo monopolio sulla produzione nazionale di cemento acquisendo la Calcestruzzi SPA. Oggi all'estero il gruppo è presente in Bulgaria, Kazakistan, Thailandia, India, Marocco, Egitto, Mauritania, Sri Lanka, Kuwait, Mauritania, Arabia Saudita, Cina e Nord America per un totale di 21 paesi, 55 cementerie e più 2 italcementi: grandi opere, mafia, speculazione, nocività di 20.000 dipendenti. Sul territorio bergamasco, oltre alla sede generale in via Camozzi a Bergamo, Italcementi possiede la cementeria di Calusco d’Adda. Dal 2004 a vigilare sulle partecipazioni sensibili c’è il 49enne Carlo, consigliere delegato di Italcementi, oltre che vicepresidente di Ciments Francais, e consigliere d’amministrazione di Mediobanca, Unicredit e Rcs MediaGroup. È inoltre membro del comitato europeo della Commissione Trilaterale, un gruppo di interesse fondato nel 1973 da David Rockefeller, e presidente della Commissione Riforme di Confindustria. 3 CSA Pacì Paciana IL BRACCIO ECONOMICO: ITALMOBILIARE Il gruppo Italcementi fa perno sulla sua cassaforte, la Italmobiliare, holding di partecipazioni quotata sulla borsa valori di Milano, fondata nel 1946. All'inizio degli anni settanta la famiglia Pesenti resiste alla scalata di Michele Sindona, il piduista riciclatore dei soldi della mafia morto avvelenato in carcere; il prezzo da pagare è però elevato, un debito si dice di svariati miliardi, da risarcire allo stesso Sindona. Carlo Pesenti però riesce a pagare incredibilmente fino all'ultimo centesimo. Nessuno ha mai saputo dove ha preso i soldi. E avremmo continuato a non saperlo se Pesenti non avesse avuto l'idea di licenziare un suo impiegato che non si era comportato bene. Questo impiegato, tale Duchi, si reca in una pensione sulla riviera ligure e si spara. Non senza, però, aver lasciato una lettera per l'autorità giudiziaria, dove fornisce la spiegazione di dove Pesenti abbia preso i soldi per pagare Sindona: dalle sue stesse banche. Si viene così a sapere che Pesenti controlla il suo impero attraverso un paio di finanziarie che sono state finanziate dalle banche da esse stesse controllate, in spregio a tutti i regolamenti. Anzi, poiché queste due finanziarie non hanno mezzi propri, non pagano nemmeno gli interessi sui soldi presi a prestito dalle "loro" banche. Ogni anno, semplicemente, il debito sale. All'epoca, aveva già superato i mille miliardi. Esplode lo scandalo e Pesenti viene bruscamente invitato a mettere a posto quel disastro. Tutti pensano che non ci sia alcuna possibilità e che il finanziere di Bergamo debba passare la mano. Ma Pesenti, dopo alcuni mesi passati a studiare le carte, trova infine la soluzione. Nel 1979 rovescia l' impero, passando l'Italmobiliare da controllata di Italcementi a capo di tutto il gruppo, e ne rimane saldo al comando, lasciando però una voragine di debiti. Ciò non ostacola i Pesenti da tessere una rete di relazione con il capitalismo che conta in Italia e all'estero. E lo fa attraverso Italmobiliare, che ad oggi controlla: Finanza: Banche: 12,91% di Mittel Editoria: 2.82% di Intek 16,67% di Compagnia Fiduciaria Nazionale SPA 14,28% di Fin. Priv. SRL Immobiliare: 100% di Fincomind A.G. 100% di Franco Tosi S.r.l. 100% di Société de Participation Financière Italmobiliare S.A. 100% di Italmobiliare International B.V. 100% di Italmobiliare International Finance LTD 2,62% di Mediobanca Industria: Unicredit 0,61% di UBI Banca 3.03% di Banca Leonardo 100% di Finter Bank Zürich 99,91% di Credit Mobilier de Monaco 4 7,75% di Rcs MediaGroup Poligrafici Editoriale Sesaab 33% di Società Editrice Siciliana 100% di Punta Ala Promozione e Sviluppo Immobiliare SRL 36,5% di Immobiliare Golf Punta Ala SPA 100% di Azienda Vendite Acquisti A.VA. SPA 100% di Populonia Italica SRL 58,8% di Italcementi 100% di Sirap Gema 11,68% di Cartiere Burgo italcementi: grandi opere, mafia, speculazione, nocività Una fitta rete che incorpora grande industria, finanza e media, una corazzata speculativa con interessi in Mediobanca, Unicredit, UBI Banca, Banca Intesa (attraverso le quote in Mittel), che ha a disposizione un potere mediatico di tutto rispetto: un controllo sul Corriere della Sera, L'Eco di Bergamo, Quotidiano Nazionale, Il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno, La Gazzetta del Sud e tanti altri. Per quanto riguarda Bergamo possiamo indicare nella Sesaab, la società editrice de L'Eco di Bergamo, e in UBI Banca, ex Banche Popolari Unite e Banca Lombarda, le chiavi del nostro territorio in mano ai Pesenti. Giusto per fare un esempio, tra i tanti: del potere che la lobby finanziaria-mediatica-politica che Italcementi sa mettere in campo a salvaguardia dei propri interessi speculativi, citiamo il caso del ponte sullo stretto di Messina. È infatti la holding Italmobiliare a ricoprire un ruolo da protagonista nella cosiddetta “lobby dei Signori del Ponte”. Come abbiamo visto, nelle mani della famiglia Pesenti è presente un cospicuo pacchetto della Società Editrice Siciliana, la società editrice della Gazzetta del Sud, il quotidiano più venduto a Messina e in Calabria, diretto da oltre 40 anni da Nino Calarco. Calarco è presidente onorario della Società Stretto di Messina e presidente del CDA della Fondazione Bonino-Pulejo, azionista di maggioranza della stessa SES. Le quote della famiglia Pesenti nell’organo di stampa distintosi come il maggiore sostenitore della realizzazione del Ponte, sono cresciute negli ultimi anni dal 19% al 33%. Ovviamente la trasformazione di un giornale nello sponsor mediatico di una delle opere più devastanti e a più alto rischio di infiltrazione mafiosa, non è di certo connessa con gli interessi di un gruppo che specula tramite le grandi opere, gruppo già sotto indagine per rapporti con la mafia tramite la controllata Calcestruzzi SPA. 5 CSA Pacì Paciana CEMENTO SPORCO La storia del legame tra la Calcestruzzi SPA e la mafia parte da lontano, quando ancora faceva parte del gruppo Ferruzzi. Nel 1991 il PM della procura di Massa, Augusto Lama, si imbatte in un'inchiesta che si poteva rivelare una bomba. L'indagine partiva da due strane acquisizioni da parte della Calcestruzzi SPA e dalla sospetta presenza di un capocantiere siciliano: questi era Salvatore Buscemi, a cui erano intestate numerose società rilevate dalla Calcestruzzi SPA in Sicilia; i sospetti erano quelli di infiltrazioni mafiose. Lama si dovette fermare dopo esser stato accusato nientemeno che dal ministro Martelli di aver divulgato notizie riservate su indagini in corso; venne ovviamente assolto, ma dopo esser stato trasferito più volte abbandonò le indagini. Nel 1992 il pentito Leonardo Messina confidò a Paolo Borsellino che "Riina i suoi soldi li tiene nella Calcestruzzi"; nel 1993 vennero uccisi Falcone e Borsellino e dopo di loro fu il turno di Raoul Gardini, AD della Calcestruzzi SPA. Uno strano suicidio con due colpi di pistola alla nuca; erano gli anni di Tangentopoli e dell'affaire Enimont: il gruppo Ferruzzi stava cadendo sotto i colpi di una profonda crisi finanziaria e della magistratura. Nel 1997 il gruppo Italcementi prende il controllo della Calcestruzzi SPA, monopolizzando definitivamente il mercato del cemento in Italia. Agli inizi del 2008 parte un’indagine dalla magistratura di Caltanissetta che porterà al sequestro della Calcestruzzi SPA e all’arresto dell’AD Mario Colombini per truffa, inadempimento di contratti di pubbliche forniture e intestazione fittizia di beni con l'aggravante di avere agevolato l'attività della mafia; viene in sostanza contestato alla società l’utilizzo di materiali scadenti, non conformi, e il riciclaggio di denaro per finanziare partiti o direttamente famiglie mafiose. Vengono posti i sigilli all'ala dell'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta e ad una galleria dell'autostrada PalermoMessina, costruzioni nelle quali si sospetta che Calcestruzzi SPA abbia utilizzato materiale non conforme alle norme tale da minare la stabilità delle due opere. Successivamente la Dda di Caltanissetta, passa ad indagare l’Ad di Italcementi, Carlo Pesenti, per concorso in riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, aggravati dall'avere avvantaggiato la mafia. Nel 2010 un’operazione congiunta di Carabinieri e Guardia di Finanza di Caltanissetta porta all’arresto di 14 persone per associazione a delinquere e frode in pubbliche forniture oltre al sequestro di 7 aziende controllate. La società viene inscritta nel registro degli indagati con l’accusa di falso in bilancio: secondo gli inquirenti l’azienda sarebbe stata usata per anni come strumento “mafioso”, mettendo a disposizione ingenti somme di denaro a presunti affiliati a Cosa Nostra per l’acquisto di beni sequestrati. Sempre secondo l'accusa la Calcestruzzi SPA - ormai da oltre due anni sotto amministrazione giudiziaria utilizzava materiale contenente minori quantità di cemento, quindi non omologato e perciò a rischio. Ma tutto è bene ciò che finisce bene: con provvedimento del 20 aprile 2011, il Tribunale di Caltanissetta ha disposto la completa revoca del sequestro preventivo della Calcestruzzi SPA. 6 italcementi: grandi opere, mafia, speculazione, nocività L'ordinanza, emanata a seguito di istanza della difesa della società, si legge in una nota di Italcementi, che riconosce la validità e l'efficacia dell'azione svolta da Calcestruzzi SPA nell'attuazione del piano di prescrizioni disposto dal Giudice nonché la chiara testimonianza di "una buona volontà da parte della società sottoposta al vincolo e della sua controllante". Calcestruzzi SPA ha aderito al protocollo di legalità sottoscritto il 7 giugno del 2010. Il protocollo è stato sottoscritto con il prefetto di Palermo in veste di presidente della Conferenza Regionale delle Autorità di Pubblica Sicurezza per la Sicilia occidentale, e mira a rendere il più impermeabile possibile il perimetro delle attività d'impresa dalle infiltrazioni della criminalità organizzata attraverso l'impiego di un sistema informatico di scambio di informazioni tra Prefettura e aziende; in particolare è prevista la realizzazione di una rete informativa che consentirà di monitorare e vigilare sulle ditte operanti nei siti produttivi di Calcestruzzi SPA in Sicilia occidentale. I vertici di Italcementi si dichiarano quindi non a conoscenza dei fatti: dopo vent’anni di conclamata collusione mafiosa è bastato l’arresto di qualche dirigente minore e la firma di un protocollo che è a tutti gli effetti solamente una dichiarazione di intenti per far cadere ogni sospetto su quello che è stato uno dei casi più esemplari di moderna partnership tra mafia, politica e imprenditoria del nord. 7 CSA Pacì Paciana COSTRUITO IN ITALIA Il ponte sullo stretto, il passante di Mestre, interi lotti della Salerno-Reggio Calabria, il TAV e molte altre ancora: sono centinaia le Grandi Opere realizzate con soldi pubblici, a cui si può associare l’Italcementi. Oggi “Grandi Opere” si scrive anche devastazione, predazione del territorio, mafia. Sotto il cemento delle grandi opere non si nascondono solo tonnellate di rifiuti tossici, ma più in profondità si nasconde un meccanismo di investimento e riciclaggio che la crisi dei giorni nostri sta massificando ed intensificando. Come dimostrò l’inchiesta della DDA di Caltanissetta sul cemento non omologato utilizzato dalla Calcestruzzi (i magistrati ordinarono il sequestro del palazzo di giustizia di Gela, del Porto Isola-Diga Foranea di Gela, la strada a scorrimento veloce Licata-Torrente Brami, lo svincolo di Castelbuono-Pollina sul tratto autostradale A20 Palermo-Messina e, per ultima, l'autostrada Valdastico; da altri rilevamenti risultarono non conformi i cementi utilizzati per la realizzazione della t AV Milano-Bologna, la TAV Roma-Napoli, metrobus di Brescia, metropolitana di Genova e A4-Passante autostradale di Mestre) il sistema delle grandi opere è completamente permeabile alle infiltrazioni mafiose, dalla fornitura della materia prima (si veda l’accesso a cave assicurato dalla famiglia Ferraro di Riesi), al sistema dei subappalti che si perde nelle giungla dei rami d’azienda e delle aziende controllate dalla Calcestruzzi Spa (ben sette di queste ultime furono sequestrate e chiuse) che rende difficile ricostruire le linee di controllo. L’attuale situazione sta mettendo in luce come la realizzazione di enormi opere pubbliche sia diventato il principale campo di intervento della speculazione finanziaria e dei capitali mafiosi: in un sistema economico in crisi la predazione del territorio diventa fonte primaria di arricchimento per cosche mafiose e politica. Come dimostrato dalle indagini sulla Calcestruzzi e quindi di riflesso sulla Italcementi (oltre ad essere società controllante è anche il fornitore del 98% del cemento utilizzato dalla controllata), il sistema politico ed economico legato alla realizzazione delle grandi opere in Italia è subordinato alla forza dei capitali mafiosi, che spostano la loro area di influenza sempre più a nord, facendo pressioni per la realizzazione di enormi e spesso inutili opere, che di pubblico hanno solo la spesa che i cittadini dovranno sostenere e la nocività ambientale che ne deriverà. 8 italcementi: grandi opere, mafia, speculazione, nocività NOCIVITÀ E RIFIUTI SPECIALI Il coke del petrolio (pet-coke) è ciò che resta in fondo al barile dopo la raffinatura e contiene notoriamente inquinanti e contaminanti chimici come arsenico, molibdeno, nichel, zolfo e vanadio. Il trasporto, lo stoccaggio all’aperto e l'utilizzo del pet-coke ha portato a sequestri su tutto il territorio italiano, come per l'Isola delle Femmine e l’Ilva di Taranto. Stoccaggio all'aperto, magari di fronte a scuole o ospedali, costruiti con quello stesso cemento da cui il pet-coke deriva come rifiuto speciale (cemento sistematicamente depotenziato per accrescere guadagni a costo della sicurezza pubblica). L'analisi "Inorganic pollutants associated with particulate matter from an area near a petrochemical plant" del dipartimento di Fisica e Chimica della Terra (Cfta), dell'Università degli studi di Palermo, mette in relazione la presenza di sostanze cancerose e teratogene nel territorio di Gela e l'incenerimento di pet-coke. Come attestano sentenze e condanne, a Gela come a Colleferro, Monselice e Bergamo, la sostanza è la stessa: per mantenere a regime la macchina da soldi cementifera si passa inevitabilmente attraverso la predazione del territorio e la minaccia mortale dell'inquinamento più incontrollato. Il processo non sarebbe teoricamente impossibile: la stessa Italcementi potrebbe quasi sicuramente garantire un ciclo che non comprometta l'ambiente. La realtà, però, è che per farlo dovrebbe sostenere costi che non si sposano con l'avidità criminale che ormai da decenni caratterizza l'impianto di sfruttamento dell'ambiente che si regge sulle grandi opere, sostenendo le entrate della mafia nelle molteplici forme attraverso cui (non) si manifesta.. Il 22 dicembre 2008 l'Italia è stata condannata dall'Unione Europea poiché il combustibile da rifiuto, CDR (di cui il pet-coke fa parte), e anche il CDR-Q, ossia della qualità migliore, va considerato non nuovo prodotto ma rifiuto, e deve quindi sottostare alle norme di sicurezza relative. Alla base di questa condanna sta il decreto legge del governo Berlusconi che riclassifica il CDR come prodotto e non come rifiuto: il vecchio e trito giochetto dello spostamento delle soglie di sicurezza. Il governo Monti (più tecnico) va oltre: nell'aprile di quest'anno il ministro Corrado Clini promuove un decreto che fa uscire il pet-coke dalla gestione dei rifiuti e ne stabilisce l'impiego nei processi industriali e in particolare nel settore del cemento. Lo stesso giochetto in pratica, ma costruito e realizzato meglio, con tanto di convegni e studi compiuti da chi casualmente trae le risorse dalle aziende che poi hanno il vero profitto, come Italcementi. Il sistema capital-intensive (quindi non sostenibile) dell'industria cementifera continua a poter contare sull'appoggio di aziende private e politica che, nella forma delle grandi opere e nell'azione dei colossi industriali, garantisce l'accesso alle risorse e la creazione del contesto ideale per l'infiltrazione mafiosa. Tutto questo uccidendoci con sostanze tossiche, ricattandoci con la falsa promessa di posti di lavoro che, quando ci sono, sono pochi ed espongono al maggior rischio di avvelenamento. Quello che bisogna rifiutare è questo modello di intervento sull'ambiente e sulle condizioni di vita della maggior parte delle persone. Banchieri, media, aziende monopolizzatrici, politici e funzionari collusi con le mafie sono i rifiuti più pericolosi. E non hanno nulla di speciale. 9