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28 CULTURA & SPETTACOLI EMILIA-ROMAGNA
MERCOLEDÌ 9 FEBBRAIO 2011
COLITTO TERMINA LA TRILOGIA
E Mondino
finì in laguna
— BOLOGNA —
PRIMA DI SPARIRE, almeno per il
momento, dal suo orizzonte letterario, ha
fatto smammare da Bologna il suo eroe
Mondino de’ Liuzzi «per noia. La mia di
scrittore inquieto, insofferente alla
ripetizione sempre delle stesse cose. Anche
se la Bologna del 1300 è grande però
rischiava di essere un palco troppo limitato
per l’azione del mio terzo romanzo della
serie». La trilogia nel 2008 iniziata con Cuore
di ferro e proseguita con I discepoli del fuoco,
Alfredo Colitto la conclude ora con Il libro
dell’angelo (Piemme) che presenterà alle 18
alla Feltrinelli bolognese di piazza
Ravegnana insieme a Matteo Bortolotti con
letture di Saverio Mazzoni.
Presentazioni, tour
da Guastalla il 25
PEDERIALI presenterà il
suo ultimo romanzo ‘Il Ponte delle Sirenette’ il 25 alle
20.30 alla biblioteca di Guastalla (Reggio Emilia), il 26
alle 18.30 alla Libreria Nuova Tarantola di Modena, e il
28 alle 18 a Reggio Emilia, alla Libreria all’Arco, poi l’11
marzo a Palata Pepoli, nel
Bolognese, e il 13 marzo alla
‘Quercia dell’Elfo’ di Vignola.
Perché ha scelto di svolgere l’azione a
Venezia?
L’OSTERIA del Grattacuu potrebbe essere l’Osteria della Fola. In fondo la nebbia, quella dei Navigli, è sorella di quella
di casa nostra, della mitica Bassa: siamo
gente di pianura... E se qui da noi si andava alla ricerca di un drago nella fumana,
là, all’ombra della ‘Madunina’, qualcuno
è convinto che esista ancora il Grande Buco con le acque dell’antico Lago Gerundo, dove vivono anche il drago Tarantasio e le conturbanti sirene, quelle che ammaliavano i marinai. Cambia lo scenario
(stavolta siamo a Milano, non nella Modena dell’ispettore Camilla Cagliostri o nella terra medievale del Bigatto), ma non
cambiano atmosfere e suggestioni. Nel
suo nuovo romanzo, Il Ponte delle Sirenette (Garzanti editore), lo scrittore finalese Giuseppe Pederiali torna a dipingere
una storia appassionante che abbraccia
quasi l’intero Novecento, di madre in figlia... Dagli anni Venti di Sirena Colombo, ‘stellina’ abbandonata sotto il celebre
Ponte delle Sirenette a Milano, con una
vita dolorosa e due segreti (quello della
sua nascita e quello di una figlia ‘scomparsa’), fino agli anni Sessanta di una seconda Sirena, l’altra figlia, cantante e attrice
nei cabaret di Tinin Mantegazza, sui palcoscenici calcati da Giorgio Gaber e Ornella Vanoni. In mezzo a loro, il mistero
di un enigmatico ebreo, Ignazio Scugnazzi, fuggito da Salonicco con un libro ‘impossibile’, su cui molti vorrebbero mettere le mani. Su tutto aleggiano l’anima della storica Milano e i versi struggenti e a
volte ‘cattivi’ di Delio Tessa, poeta e ‘avvocato delle cause perse’, che volle essere
NEL NUOVO LIBRO RITORNO ALLA MILANO DEI NAVIGLI
Pederiali incantato
dal pianto di Sirena
sepolto in una fossa comune al cimitero
del Musocco, ma oggi riposa nel Famedio
accanto a Manzoni. E che diventa uno dei
personaggi - chiave del libro.
Pederiali, sembra l’impianto di un
grande romanzo popolare...
«Certo, e ne sono orgoglioso. L’ho pensato e scritto come un romanzo classico, sia
come struttura che come intendimenti:
ci sono le rivelazioni, le agnizioni e i colpi
DOPPIO RITRATTO
Due donne, madre e figlia, nella
città che da mezzo secolo
ha adottato l’autore finalese
di scena delle storie personali, in questo
caso di due donne, che si confrontano
con la storia della loro città e del nostro
Paese».
Sono trascorsi più di vent’anni da
‘La mangiatrice di uomini’, il suo ultimo romanzo ‘milanese’. Perché
questo ritorno?
«Lo vedo come un omaggio sentimentale
alla città dove abito ormai da più di cin-
quant’anni, una città che conosco bene
anche nei suoi luoghi che ispirano leggende e nutrono segreti, come il Ponte delle
Sirenette, detto delle ‘sorelle Ghisini’,
che un tempo era lungo i Navigli poi fu
trasferito al Parco Sempione. Si è sempre
detto che nelle acque sotto Milano vivano
le sirene di acqua dolce: mi è piaciuto attingere anche a questa tradizione. Chissà,
magari Sirena era proprio figlia di una sirena...».
Quanto c’è di autobiografico in questo libro?
«Tanto, soprattutto nella seconda parte,
quella ambientata negli anni dei cabaret.
Ho messo molto di me nella figura di Beppe Pedroni, il giornalista che aiuta Sirena
a riallacciare i fili con il passato: anch’io
da bambino ho vissuto con i miei genitori
in una pensione di via Santa Maria della
Valle, quando mio padre lavorava alla Caproni, prima di tornare sfollato a Finale,
anche io poi sono stato giornalista per
Abc. E ho conosciuto Ignazio Scugnazzi».
E quante Sirene ha conosciuto?
«Molte. Soprattutto una, che si chiamava
Wilma...».
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Di quel lontano
passato che cosa può
trovare attuale un
lettore d’oggi?
«Non faccio romanzi
storici per parlare chiaro del presente sotto
copertura però i conflitti tra Stato e Chiesa,
l’arroganza del potere politico sono rimasti
immutati. Ma la mia indagine si rivolge a
grandi nuclei tematici antichi, l’alchimia, i
culti come quello mitralico del dio del fuoco
e stavolta la tradizione ebraica di un
manoscritto effettivamente scoperto nel ’900
che io inserisco nella fiction di una stirpe di
custodi a cui però il segreto sfugge e il povero
Mondino finisce in mezzo a questo intrigo».
Più facile o più difficile scrivere un
thriller di 700 e passa anni fa rispetto a
uno contemporaneo?
«Posso già dire che il prossimo non sarà un
giallo e non sarà ambientato nel Medioevo
ma nel ’600. In ogni caso scrivere un bel
libro è sempre difficile. Se si ripesca il
passato serve a monte un lavoro di
documentazione che però non deve
trasparire nella narrazione. Al lettore non
dev’essere inflitta la pena di sorbirsi a mo’ di
lezione tutto quello che l’autore ha studiato e
imparato».
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Una giovane donna, un ebreo fuggito da Salonicco e un manoscritto antico di valore inestimabile al centro del nuovo libro di Pederiali
«Perchè il centro dell’enigma stavolta è
Sefer-ha-Razim, il Libro dei Misteri che la
leggenda ebrea narra sia stato scritto su una
tavoletta di zaffiro da Noè. In laguna a
quell’epoca confluivano un sacco di ebrei... E
poi là c’è Adia Bintaba, l’araba conosciuta
nel primo romanzo, che
chiama il protagonista al
suo capezzale proprio nel
giorno in cui lui e la
fidanzata Mina de’
Gandoni devono decidere
la data delle nozze».
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[c-bo - 28] carlino/giornale/var/01 09/02/11