La Venaria Reale nel 2013
UN VIAGGIO IN ITALIA
TUTTO IN UNA REGGIA
Carrozze Regali.
Cortei di gala di Papi, Principi e Re
Citroniera (Scuderie Juvarriane) della Reggia di Venaria
Dal 28 settembre 2013 al 2 febbraio 2014
La Venaria Reale – Comunicazione e Stampa
Piazza della Repubblica 4 – 10078 Venaria Reale (TO) – +39 011 4992300 – [email protected]
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Sfilano in mostra, nell’imponente Citroniera della Reggia di Venaria, una decina di
meravigliose carrozze del XVIII e XIX secolo usate dai sovrani per le loro uscite
pubbliche in occasioni di grandi cerimonie. Si tratta di “opere” tra le più sfarzose ed
affascinanti della storia delle corti: un patrimonio di grande importanza che desta
incanto e stupore, e su cui si intende attirare interesse ed attenzione per le valenze
storiche ed artistiche che richiama.
Sono presenti alcune superbe carrozze di gala dei sovrani italiani della
Restaurazione, dei re di Napoli, di Sicilia e Sardegna e del Granduca di Toscana.
Particolarmente significative quelle appartenute a Pio IX e Vittorio Emanuele II, che
conducono idealmente dal Risorgimento fino all’Unità d’Italia ed alla sontuosa corte
che Umberto I e Margherita aprirono a Roma, finalmente Capitale della Nazione
unificata. In mostra anche il celebre fiabesco Berlingotto del 1789 di Vittorio
Emanuele I, l’unica carrozza regale italiana del Settecento rimasta, e tra gli ultimi
simboli dell’Antico Regime, probabilmente in uso anche alla Venaria Reale.
Completano l’allestimento 3 portantine di corte del Settecento, alcuni preziosi
disegni originali delle carrozze e la maestosa “Palombella”, l’automobile del 1909
proveniente dal Museo dell'Automobile di Torino appartenuta alla Regina Margherita
che iniziò a segnare il passaggio dalle carrozze alle auto di parata.
L'esposizione è arricchita da una decina di grandi disegni su pannello che
raffigurano scene di cortei di carrozze di gala, basati su iconografie storiche e
realizzati dall'arch. Gianfranco Gritella.
La mostra, organizzata dalla Reggia di Venaria, dal Palazzo del Quirinale e dal Polo
Museale Fiorentino - Palazzo Pitti, con la generosa collaborazione dei Musei
Vaticani e il sostegno della Compagnia di San Paolo, costituisce il primo esito della
collaborazione fra le Regge delle tre capitali d’Italia per proporre eventi espositivi e
studi sulle corti della Penisola, in particolare su quella del Regno d’Italia.
Mostra organizzata sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica con
Segretariato generale della Presidenza della Repubblica - Palazzo del Quirinale e
Polo Museale Fiorentino; in collaborazione con Musei Vaticani, Museo di Roma,
Museo di Palazzo Venezia, Palazzo Reale e Galleria Spinola di Genova, Museo
Civico d’Arte Antica di Torino, Museo dell’Automobile di Torino e Istituto Luce
Cinecittà; con il sostegno straordinario della Compagnia di San Paolo.
Coordinamento: Marco Lattanzi, Andrea Merlotti, Fausta Navarro. Comitato
curatoriale: Clelia Arnaldi di Balme, Sandro Barbagallo, Marco Lattanzi, Andrea
Merlotti, Fausta Navarro, Pietro Passerin d’Entrèves.
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LA MOSTRA
La mostra racconta la storia delle carrozze di gala delle corti italiane; dei Papi,
dei Re, delle Regine e dei Principi che le usarono; degli architetti che le
disegnarono; degli artigiani che le costruirono; degli artisti che le abbellirono.
Carrozze di gala, non di viaggio: destinate, quindi, a grandi cerimonie di corte in cui i
sovrani si mostravano ai loro sudditi. In Antico Regime la corte era riservata alle
poche centinaia di persone (nobili e borghesi) che vi lavoravano. In assenza dei
moderni mezzi di comunicazione, per la maggior parte delle persone vedere i propri
sovrani era un evento raro. Ciò si verificava in pochi occasioni: a teatro, quando il
Re e la sua famiglia vi assistevano alla rappresentazione di un’opera o d’una festa;
nelle grandi cerimonie pubbliche, come quelle cui prendevano parte le carrozze che
qui si espongono; in chiesa, durante particolari funzioni. Vi erano poi i momenti in
cui i sovrani si spostavano da una residenza all’altra o compivano un viaggio: in
questo caso sempre le carrozze -ma anche le barche, come il Bucintoro di Carlo
Emanuele III- erano il mezzo attraverso cui il popolo poteva vedere, pur per un
rapido momento, il proprio Re. Essendo le carrozze di gala un momento in cui il
re si esponeva, è chiaro che esse dovevano esser quanto più splendide
possibile. Non stupisce, quindi, che per la loro realizzazione ci si servisse spesso
degli stessi artisti e maestranze attive a teatro e a corte. Da Juvarra a Pregliasco
molti progettisti di carrozze furono, infatti, anche scenografi teatrali. Ma l’atto di
mostrarsi comportava i suoi rischi: da Enrico IV nel 1610 ad Umberto I nel 1900
furono diversi i sovrani assassinati mentre erano in carrozza.
Se le moderne automobili, almeno nella struttura esterna, sono dirette discendenti
delle carrozze, si può dire che ne abbiano raccolto l’eredità anche in questo ruolo
d’ostensione del potere, con i rischi che si sono detti, basti pensare all’assassinio di
Kennedy mentre nella macchina presidenziale scorreva fra ali di folla, esattamente
come avrebbe fatto un secolo prima un sovrano. Le carrozze di gala erano quindi
una sorta di teatro in movimento, dove si rappresentava lo spettacolo della
sovranità, con le sue glorie ed i suoi pericoli.
La mostra si divide nelle seguenti sezioni:
1. Carrozze e portantine di Principi
2. Il Berlingotto di Vittorio Emanuele I e le carrozze dei Savoia tra ‘700 e ‘800
3. Le carrozze della Restaurazione per i sovrani italiani: Papi, Re e Granduchi
4. Carrozze ed automobili dei Re d’Italia
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Berlina di gala del principe Chigi
1776 circa. Provenienza: dono Chigi Albani della Rovere, 1950
legno intagliato, dorato e dipinto, ferro, bronzo dorato, cuoio, cristallo
Larghezza ai mozzi cm 204
Altezza cm 240
Lunghezza cm 500
Roma, Museo di Roma, inv. MR 45372
La berlina di gala, donata dalla famiglia Chigi al Museo di Roma nel 1950, costituisce un
significativo esemplare di questa tipologia di vettura che si afferma in Europa nel corso del
Settecento, raggiungendo elevati standard di sicurezza, comodità ed eleganza (Libourel
2012, pp. 116-11: Lattanzi in questo catalogo). Tradizionalmente la berlina del Museo è
stata identificata con una delle due che le fonti ricordano commissionate in Francia da
Sigismondo Chigi, in occasione delle sue seconde nozze con Giovanna Medici d’Ottajano,
celebrate a Napoli il 10 novembre 1776. In particolare negli Avvisi della cancelleria ducale
di Modena viene descritto il rientro solenne degli sposi a Roma, il 22 novembre successivo,
e i festeggiamenti durante i quali “furono spiegate ricche livree e poste in giro grandiose
carrozze fra le quali due considerevoli, fatte venire da Parigi” ( Ademollo, 1881, pp. 13-14).
Alcuni documenti nell’archivio Chigi confermano che le carrozze erano state consegnate
poco prima del matrimonio. Infatti alcune ricevute datate 5 e 10 luglio 1776, documentano le
spese sostenute dal principe per il trasporto a Civitavecchia e da qui a Roma di “due
carrozze ricevute da Marseille” (Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Archivio Chigi, n.
2482, f. 627). Il 31 luglio dello stesso anno un’altra ricevuta attesta il pagamento a Stefano
Ruffini per “l’assistenza prestata alle nuove carrozze venute di Francia” (ivi, f. 632). Infine,
nel registro dei mandati di Sigismondo Chigi, il 13 settembre 1776, si rintraccia un saldo a
Mastro Filippo Bertaccini Facocchio e Ferracocchio per “l’importo delli lavori fatti al serv.o
delle due Carrozze nuove di Parigi” (ivi, n. 1018, f. 11).
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Nel treno della berlina del Museo di Roma sono presenti le due flèches parallele, in legno e
ferro, dette brancards, principale innovazione della berlina, utile a garantire maggiore
stabilità. In forma sinusoide, le flèches si collegano agli assali delle ruote di cui le anteriori
misurano quasi la metà delle posteriori. La cassa è sospesa a cinghioni in cuoio trapunto
fissati a molle diritte, dette a frusta, che precedono di qualche anno l’adozione delle più
efficaci molle a C, e sono formate da fogli di ferro sovrapposti, secondo una tecnica di
fabbricazione inglese confermata dall’iscrizione Slater London e dai punzoni con tre corone
reali visibili sulle stesse molle. La supremazia britannica nella lavorazione del ferro, negli
anni Settanta del Settecento, è spesso confermata dal marchio inglese rintracciato nei treni
di carrozze di fabbricazione francese o italiana (Libourel, 1990, p. 78; Pronti, 1985, p. 104,
n. 2 ). La serpa della berlina Chigi è posta quasi all’altezza del cielo secondo il criterio
invalso di ampliare la visibilità del cocchiere, mentre posteriormente è collocato il palchetto
per altri due lacchè. La linea semplificata e agile della cassa, arrotondata in basso, con due
sportelli laterali, sei luci sagomate con cristalli molati, la riconduce a modelli dell’ultimo
quarto del secolo. Su un fondo dorato a missione, al centro dei quattro lati, sono dipinti a
olio, con trattamento a gomma lacca, piccole nature morte allusive alle quattro stagioni,
entro ovali circondati da ghirlande di ulivo e foglie di quercia, simboli araldici della famiglia.
Analoghe ghirlande vegetali circondano quattro trofei di oggetti allegorici delle arti e delle
scienze, dipinti ai lati degli ovali. La decorazione è completata da una cornice a piccole
foglie in legno intagliato e dorato che corre lungo i bordi della cassa, e dall’imperiale in
bronzo dorato a motivi vegetali e perline. Ancora ghirlande a piccole foglie e a motivi di
acanto in legno intagliato, dorato o dipinto in rosso, decorano la struttura del treno. Il tetto e
il pavimento della cassa sono in cuoio marrone imbullonato. Della tappezzeria originale, un
velluto controtagliato a motivi regolari di roselline iscritte in rombi, sostituita in un restauro
del 1979, restano alcuni frammenti incollati all’originario rinforzo in carta, costituito da fogli a
stampa dove è ancora possibile leggere alcune righe in francese e la datazione du 16 April
1773 (Museo di Roma, inv. MR 45361).
Le novità tecniche e la raffinatezza decorativa, che contempera la delicatezza rococò dei
piccoli fregi e lo splendore del fondo d’oro con il gusto neoclassico della linea e delle
cornici, permettono di ricondurre la berlina ad una manifattura francese degli anni Settanta purtroppo non identificata - e sembrano inoltre attagliarsi alla cultura del committente.
Sigismondo Chigi, discendente della nobile famiglia di origini senesi assurta al potere con
l’elezione al soglio pontificio di Alessandro VII, investito dei titoli perpetui di Maresciallo di
Santa Romana chiesa e Custode del Conclave, si dedicò alla letteratura, alle arti,
all’archeologia e alle scienze, manifestando idee vicine alla cultura illuminista e agli ideali
politici più avanzati (Petrucci, 1998; Caracciolo, 2001). Nella corte conservatrice di Pio VI,
mentre si diffondevano le preoccupazioni del contagio della rivoluzione francese, i suoi
orientamenti gli costarono il coinvolgimento in un processo per veneficio e l’esilio nel 1790.
Nel 1792 con la sua morte a Padova, si concludeva un’esistenza complessa e controversa,
tipica delle contraddizioni di una cultura romana aristocratica, affascinata dalle idee
rivoluzionarie e dai progressi delle scienze, ma ancora immersa nelle consuetudini di una
società di privilegi e rituali del potere che la berlina di gala sopravvissuta sembra ben
rispecchiare.
Lo splendido manufatto conservato dalla famiglia attrasse l’attenzione dei circoli artistici
della Roma postunitaria, dediti all’organizzazione di mascherate di rievocazione storica
secondo il gusto eclettico di fine secolo (Ceccarius, 1950). Una fotografia di Henry Le
Lieure, conservata al Museo di Roma (inv. AF 6651), mostra proprio la berlina Chigi
impiegata nella famosa mascherata del principe di Corcumello, messa in scena per il
carnevale del 1880 (Clementi, 1938, pp. 476-477, Spinazzè 2010, p. 113).
Ademollo, 1881, p. 14; Clementi, 1938, pp. 476-477, Ceccarius, 1950; Lefevre, 1973, p. 2; Spezia
2002, p. 83; Spinazzè 2010, p. 113).
Rossella Leone
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Carrozza della famiglia Asmundo
Bottega Italia meridionale, sec. XVIII seconda metà
435 (l) x 241 (h) x 189 (profondità); diametro ruota posteriore 186 cm; diametro ruota anteriore 80 cm
inv. Bardini n. 3021
Firenze, Palazzo Pitti, Museo delle carrozze
Carrozza di gran gala proveniente da Palazzo Mozzi Bardini in Firenze e acquisita, con
l’eredità dell’antiquario Stefano Bardini, allo Stato Italiano alla fine degli anni Novanta. Di
ambito meridionale, con ricchi intagli in legno dorato, fu con ogni probabilità realizzata nella
seconda metà del XVIII secolo. La berlina presenta un cocchio a valva di conchiglia rosso e
oro. Scene arcadiche decorano le specchiature della vettura: al centro di ciascun lato si
trova una scena in cui figure pastorali si situano entro paesaggi con rovine architettoniche,
contornata da allegorie delle quattro stagioni (due per ciascun lato del carro) raffiguranti
ognuna un putto in volo recante rispettivamente un braciere (inverno), un fascio di grano
(estate) e, sulla parte opposta della cassa, un vassoio di fiori (primavera) e una cornucopia
di uva (autunno). Altre due scene, sempre con architetture dorate e uccelli in volo, si
situano sulla parte anteriore e sul retro del carro.
Sul lato posteriore l’obelisco presenta un’arme nobiliare “d’ oro, a tre fasce di rosso
sormontate da un campo d’oro caricato di un leone leopardito “ individuata come quella
della famiglia siciliana degli Asmundo (Scalini 1998, p. 41). La famiglia, di antica nobiltà, nel
1730 fu investita del titolo di baroni di Gisira. Il 25 maggio 1763 Don Antonio Ventimiglia
vendette a Michele Asmundo Landolina il titolo di principe di Sant’Anna, che gli spettava per
eredità di Vittoria Valguarneri e Scribani sua ava (Castelli di Torremuzza 1820), e che
l’Asmundo fece commutare in quello di principe di Gisira.
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Lo stemma permette quindi di datare la berlina successivamente al 1763. La carrozza è
stata oggetto, nel 1998, di un delicato intervento di consolidamento delle parti lignee e
pittoriche, a conclusione del quale è stata esposta per breve periodo nelle sale del
Quartiere Monumentale della Fortezza da Basso di Firenze (I tesori di un antiquario, 4
dicembre 1998-3 gennaio 1999). Da allora la berlina si trova presso il Museo delle Carrozze
di Palazzo Pitti.
V. Castelli di Torremuzza, Fasti di Sicilia descritti da Vincenzo Castelli principe di Torremuzza,
Messina, Giuseppe Pappalardo 1820, pp. 398-403 - M. Scalini, in Galleria di Palazzo Mozzi-Bardini I
tesori di un antiquario, a cura di C. Acidini Luchinat e M. Scalini, Livorno, Sillabe, 1998, scheda n. 16,
pp. 41-43 - L. Contini, Scheda di catalogo OA n. 09/00644047, 2010 - F. Navarro, M. Lattanzi, Il
Museo delle Carrozze di Palazzo Pitti, di prossima pubblicazione
Simona Mammana
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Carrozzino da giardino per bambini
Manifattura piemontese , terzo quarto del XVIII secolo
Legno intagliato e laccato, dipinti a olio, velluto, bronzo, 92 x 235 x 82 cm
Torino, Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, inv. 1410/L
Il carrozzino presenta due posti allineati nel senso di marcia. Le parti lignee sono intagliate
a volute vegetali e laccate di rosso, i sedili sono decorati sui fianchi con scene mitologiche
dipinte a olio. Sul sedile anteriore sono raffigurati Giove con l’aquila e Danae, su quello
posteriore Giunone con il pavone, sui fianchi putti in volo e sul davanti paesaggi boschivi.
Le fodere in velluto rosso sono di restauro (2005). I carrozzini da giardino non erano intesi
solo per il piacere dei giovani principi, ma servivano anche a insegnare l’arte di guidare le
carrozze. Talvolta le ruote venivano foderate di feltro per proteggere i sentieri ben curati dei
giardini o quando, nella stagione fredda, essi venivano usati all’interno delle residenze. In
genere, questo tipo di carrozzino veniva tirato da pony, pecore o capre, cani (si veda il
ritratto dei figli del Duca di Bovino di Nicola Maria Rossi al Museo Civico Gaetano Filangieri
di Napoli, per cui CATELLO 1988, p. 356). Non era esclusivo appannaggio dei bambini: le
dame utilizzavano vetture simili per le passeggiate in giardino, per motivi di salute, per
divertimento o per mostrarsi alla moda, come si vede nel dipinto di Nicolas Lancret del
Musée des Beaux Arts di Nantes che raffigura l’arrivo di una dama su una chaise da
giardino tirata da quattro grossi cani (GERIN-PIERRE 2005, p. 147 n. 155). In questi casi, la
tipologia più diffusa – soprattutto in Inghilterra - era quella del leggero phaeton, un tipo di
carrozzina da giardino particolarmente agile e molleggiata, da cui prese le mosse quella
spinta a pedali (vedi esemplari al Nymphemburg per cui W ACKERNAGEL 2002, pp.110-115).
Il carrozzino di Palazzo Madama riprende la forma della vettura da giardino a quattro posti
illustrata nel trattato sulla costruzione delle carrozze di André-Jacob Roubo (ROUBO 1771,
p. 590 e tav. 220, fig. 1).
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Le chaise da giardino sono descritte come vetture a due, tre o quattro ruote, tirate da
uomini, utilizzate principalmente da re e regine, per le dame o le persone malate che
volessero concedersi il piacere di una passeggiata, normalmente spinte da uomini.
L’inconveniente era che i sedili erano alti uguali, quindi chi stava davanti impediva la vista a
chi stava dietro. Questo spiega perché il seggiolino posteriore del carrozzino in questione è
leggermente rialzato rispetto a quello anteriore. Si trattava in genere di vetture robuste, ma
rudi, perchè la cassa poggiava direttamente sugli assi e aveva poca elasticità. Le stesse
caratteristiche di robustezza e agilità si ritrovano nelle carrozze da caccia, che dovevano
adattarsi a terreni senza sentieri. Il museo di Palazzo Madama possiede un altro carrozzino
di probabile provenienza da casa Savoia (MIDANA 1924, p. 242, fig. 449), di tipo diverso, più
vicino alla concezione della carrozza da caccia. Essendo montato su cinghie, permette un
movimento più ammortizzato; è attrezzato con due sedili, uno anteriore più piccolo
destinato al cocchiere e uno posteriore decisamente più grande (1410/L). Il carrozzino
presenta intagli di gusto settecentesco, collocabili appena dopo la metà del secolo. Spesso
accadeva che le parti decorative delle carrozze si rovinassero e venissero ripinte: questo
spiegherebbe un possibile scarto temporale tra gli intagli e i pannelli dipinti, di tardo
Settecento, già ipotizzato in passato (Il tesoro della città 1996, p. 174). L’opera pervenne al
Museo nel 1951 come acquisto dall’antiquario torinese Pietro Accorsi, che attingeva
soprattutto al territorio del Piemonte. E piemontese sembra essere il carrozzino, frutto della
collaborazione di un mastro carrozziere e di un pittore alla maniera di Vittorio Amedeo
Cignaroli, del genere di quelli che decoravano soffitti, lambriggi, fregi, stemmi per le
residenze della corte e delle famiglie aristocratiche sabaude. Abbiamo notizia, per esempio,
che nel 1700 Giovanni Luigi Buffi venne pagato per le pitture del carrozzino della
Serenissima Principessa di Carignano e nel 1709, i pittori Ambrosio Chiaputioni e Giovanni
Francesco Fariano vennero pagati per «pitture con ornamenti verdi sopra l’oro, puttini ed
altro fatto alla gabbia del carrossino del Serenissimo Principe di Piemonte» (VESME 19631982, vol. I p. 33).
BELLONI 1901, pp. 52-54; Mostra del Barocco piemontese, fig. 391; MALLÈ 1972, p. 200, fig. 292; Il
tesoro della città 1996, p. 174 scheda n. 362 di F. Corrado.
Clelia Arnaldi di Balme
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Berlingotto di gran gala del Duca Vittorio Emanuele
Amedeo Demonte (carrozziere), Vittorio Rapous (pittore), Giuseppe Maria Bonzanigo (intagliatore),Torino 1789
Roma, Palazzo del Quirinale, Museo della Carrozze, inv. n. PR14421
legno intagliato dipinto e dorato; ferro, cuoio; velluto color cremisi; misure: 450 x 248
x 176
Restaurata nel 2008 (Ditta individuale Matteo Rossi Doria, Roma)
Coupé a due posti e sei luci con palco per cocchiere e pedana posteriore per staffieri;
presenta molle C, assali in ferro a grasso e pignoni in bronzo dorato decorati con motivi
vegetali. La cassa, profilata da cornici lignee intagliate e dorate, è dipinta, su fondo giallo
oro, con figure femminili allegoriche e putti che sorreggono medaglioni con il monogramma
“VE” sormontati dalla corona, sugli spigoli sono presenti trofei a tutto tondo, quelli superiori
presentano gli stemmi del Regno di Sardegna, mentre l’imperiale è arricchito da un fregio e
tralci d’olivo con un medaglione recante le iniziali “VE”; la cassa presenta copertura fissa e
montatoi reclinabili a libretto, ripiegabili all'interno, tappezzati in velluto; nella parte inferiore,
la cassa reca un fregio bronzeo con motivi eguali a quelli che ornano l'imperiale. L’interno,
interamente in velluto di seta cremisi, è arricchito da cuscini, tendine e galloni dorati. Il palco
del cocchiere, sorretto da bracci ornati con la personificazione del sole ed elementi vegetali,
presenta sulla pedana draghi alati e un ovale al centro nel quale è rappresentato Giove
sull’aquila, mentre la pedana degli staffieri è decorato con elementi fitomorfi. Il palco
presenta inoltre una copertura in velluto cremisi ornata con tre ordini di frange, nappe e
guarnizioni in filato dorato, al centro figura ancora il monogramma "VE" sormontato dalla
corona reale.
La Pettenati (1987) ha posto in relazione alla carrozza una serie di disegni, conservati al
Museo Civico di Arte Antica di Torino, dei disegni firmati “Pautasso à Turin”, due dei quali
assai simili al berlingotto del 1789.
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Il Berlingotto viene realizzato in occasione delle nozze del Duca d’Aosta Vittorio Emanuele
con Maria Teresa Asburgo Este celebrate a Novara nell’aprile del 1789. L’importanza delle
nozze fra il secondogenito di Vittorio Amedeo III di Savoia e la figlia di Ferdinando
d’Asburgo Lorena, governatore di Milano, è attestata dalla cronaca che il marchese di
Villanovella, gran maestro delle cerimonie della corte sabauda, redige sull’avvenimento:
Riconosciuta dall’augusta sposa tutta la Reale famiglia e fatti scambievolmente
i primi complimenti, il re con essa e con tutti li principi e principesse rientrò per
brevi momenti nel padiglione ed avendo domandato li equipaggi volle darle il
braccio ed averla a sua destra nella propria carrozza col real duca suo sposo.
Nella seconda carrozza entrarono le LL. AA. RR. li Signori principe e
principessa di Piemonte, duca di Monferrato e duca del Genevese e nella terza
il real conte di Moriana, li reali duchi e duchessa del Chiablese e madama
Felicita, preceduta le dette tre carrozze delle persone reali di quelle de’ cavalieri
delle rispettive corti, per ordine di precedenza, nello stesso ordine le seguivano
quelle delle dame. In tal modo e col seguito suddetto s’avviò la real corte a
Novara e andò direttamente a discendere dal duomo.
I festeggiamenti, contraddistinti da sontuosi cortei di carrozze che attraversano la città,
proseguono a Venaria Reale per poi concludersi a Torino. In ognuna delle regge Giovanni
Battista Piacenza e il suo collaboratore Carlo Randoni costruiscono appartamenti per gli
sposi contraddistinti da uno stile aggiornato e elegante, corredati da una decorazione
pittorica e plastica di altissima qualità ed arredati con mobilia dei più famosi intagliatori del
momento quali Francesco Bolgiè e Giuseppe Maria Bonzanigo. L’importanza del
matrimonio non dipendeva esclusivamente da motivi diplomatici e politici – negli intenti della
diplomazia sabauda l’alleanza con la potenza asburgica si poneva come baluardo militare
contro gli sconvolgimenti politici e istituzionali che stavano accadendo nella vicina Francia -,
ma anche e soprattutto da motivi dinastici in quanto il principe primogenito Carlo Emanuele,
sposato fin dal 1775 con Clotilde di Francia, non aveva avuto figli e, dunque, le nozze del
Duca d’Aosta divenivano prioritarie per garantire un erede al trono.
La carrozza degli sposi deve rappresentare al meglio l’importanza delle nozze e per questo
è realizzata dai migliori artisti attivi a Torino alla fine del XVIII secolo. La carrozza viene
realizzata da Amedeo Demonte, che si fregiava del titolo di “fabbricatore di carrozze per
Sua Maestà” ed è dipinta da Vittorio Rapous, allievo di Beaumont e ricordato come “pittore
in fiori, decorazioni ed animali”, soggetti religiosi e, soprattutto, decoratore di carrozze fin
dal 1774, anno nel quale sono registrati pagamenti per pitture eseguite su svariate carrozze
come quella di Madama Felicita, sorella del re Vittorio Amedeo III, e “per le figure istoriate
attorno la carrozza di rispetto della principessa di Piemonte”. Per quanto i documenti
tacciono su chi abbia realizzato gli intagli della carrozza, è plausibile ipotizzare che la
decorazione lignea lavorata sia eseguita da Giuseppe Maria Bonzanigo che negli stessi
anni 1788 – 1789 è impegnato proprio per l’allestimento dell’appartamento dei Duchi
d’Aosta nel Palazzo Reale di Torino.
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La decorazione allegorica del Berlingotto, istoriato con figure di virtù sui quattro lati della
cassa, riprende il clima culturale che anima Milano e Torino nella primavera del 1789. Alla
Scala va in scena, in onore degli sposi, il ballo Amore e Psiche del grande coreografo
Gasparo Angiolini. A Torino il commediografo Giacinto Andra pubblica, per i tipi Dal
Mairesse, l’operetta L’evento prodigioso e il ritornello cantato dal coro nelle battute iniziali
dell’operetta, emblematicamente sintetizza le aspettative verso il matrimonio dei due
giovani sposi:
Lungi
lungi
l’affanno
funesto,
Dì più grande, o più lieto
di questo
No non vide l’Italia finor.
Giuseppe Mazzola dipinge a Roma e invia a Torino il dipinto Peleo e Teti come simbolo
mitologico dell’unione matrimoniale. Le Allegorie dipinte dal Rapous sui fianchi della
carrozza rimandano a questa fitta rete di relazioni culturali simboleggiando le virtù maschili,
raffigurate sul lato destro del Berlingotto, della Giustizia e del Dominio di sé, mentre sul lato
sinistro sono esaltate le virtù femminili della Forte Purezza che si fonda sulla Fedeltà. Che il
lato sinistro del Berlingotto sia quello riservato alla Duchessa, lo suggerisce la figura della
Pace, con una fisionomia fortemente caratterizzata, tanto da lasciare supporre che si possa
trattare di un vero e proprio ritratto dell’arciduchessa all’età di sedici anni. L’immagine di
Giove posta sulla pedana del cocchiere, infine, si pone come figura che guiderà la virtuosa
coppia nel corso del viaggio della vita.
Il Berlingotto di Vittorio Emanuele sintetizza, dunque, non solo il clima culturale della
primavera del 1789, ma rispecchia in modo emblematico le aspettative e le speranze del
potere che, presentandosi ai sudditi tramite l’elegante berlina, mostra le linee di sviluppo
politico e diplomatico in quegli anni nei quali il mondo dell’Antico Regime sta per
scomparire.
S. Pettenati, Forniture per la corte: vetri, specchi, cristalli, porcellane, carrozze, in Arte di corte a
Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice, a cura di S. Pinto, Torino, Cassa di Risparmio di Torino,
1987, pp.215-248, in part. p.248, fig.27.
Carrozze libri e corredi di scuderia del Quirinale, Roma Capitale 1870 – 1911, catalogo della mostra,
Venezia, Marsilio Editori, 1983, pp.58-59
E.Carnelli - E.Coppola, Carrozze e livree, coordinamento di K. Aschengreen Piacenti, Roma Milano, Editoriale Lavoro - Electa, 1992, p.77
M. Lattanzi, Le carrozze della Galleria, in Le carrozze del Quirinale, a cura di L. Godart, Roma,
Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, 2009, p.177-219, in part. pp.88-109
Marco Lattanzi
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Berlina pontificia di gala con trono
Fratelli Casalini, Roma – 1825 circa
Cm. 500 x 270 x 190.
Inv. MV 45553
È internamente predisposta come una “sala del trono” la splendida Berlina Pontificia di Gala
risalente al pontificato di Leone XII, al secolo Annibale Sermattei della Genga, rimasto sul
Soglio di Pietro dal 28 settembre 1823 al 10 febbraio 1829.
Realizzata a Roma probabilmente verso la fine del 1825 per essere trainata da quattro
cavalli, i suoi costruttori furono gli affermati Fratelli Casalini, fabbricanti e negozianti di
carrozze rinomati non solo in Italia, ma anche all’estero, i cui laboratori si trovavano in via
Margutta, nei pressi di Piazza di Spagna, ed erano in grado di costruire ogni tipologia di
carrozza. La loro firma compare infatti sui pignoni delle ruote.
Sormontata da quattro pennacchi, che secondo il protocollo distinguono il “Servizio
Pontificio” di alcune cerimonie solenni, al suo interno, interamente tappezzato in damasco
di seta cremisi, è posizionato un trono sovrastato da un capocielo, finemente ricamato a
rilievo in filo d’argento, con la rappresentazione della colomba dello Spirito Santo al centro
di una raggiera d’oro.
Realizzata in legno e metallo, essa è magnificamente decorata con intagli dorati in ogni sua
parte. Mentre il sottocarro a otto balestre (quattro ellittiche e quattro alla Polignac) è scolpito
e dipinto di rosso con bordi in oro, l’imperiale, verniciato nero, è finemente decorato da una
fascia a racemi d’acanto monocromi. Il coronamento, poi, è arricchito da un fregio in bronzo
dorato composto da serafini alternati a motivi vegetali. Fregio che ai quattro angoli, in
corrispondenza dei pennacchi a foglie d’acanto, presenta le chiavi decussate e il triregno,
simbolo dell’autorità pontificia, sorretto da figure semi-vegetali.
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Di damasco in seta cremisi è tappezzata anche la serpa per il cocchiere, che si trova
innalzata quasi al livello del tetto dell’imperiale, lasciando appena intravedere una delle tre
finestre che danno luce al suo interno. Le altre due fanno parte delle portiere, dove
compaiono gli stemmi del beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, papa dal 1846 al
1878) e di san Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, papa dal 1903 al 1914).
Lo stemma di san Pio X, in particolare, ci testimonia che questa Berlina è stata dunque
utilizzata per cerimonie solenni fino agli inizi del Novecento.
È risaputo che san Pio X per i suoi spostamenti, così come per le passeggiate nei Giardini
Vaticani, preferì usare sempre la carrozza, tanto che quando nel 1909 l’arcivescovo di New
York gli offrì in dono una Itala 20/30, l’auto verrà rifiutata perché troppo “rumorosa”.
Bibliografia: L’Illustrazione Vaticana, II, 1931, n. 16, p. 13; P. Amato, Museum of the Papal Carriages
in the Vatican, Ed. Musei Vaticani, 2006, pp. 50-55.
Sandro Barbagallo
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Berlina di gala di Ferdinando II di Borbone
Bottega napoletana, 1838
450 (l) x 345 (h) x 180 cm (profondità); diametro ruota posteriore 145 cm; diametro
ruota anteriore 84 cm
inv. Firenze1882, n. 36
Firenze, Palazzo Pitti, Museo delle carrozze
Berlina di gran gala appartenuta a Ferdinando II di Borbone (1810-1859), re delle Due
Sicilie. Il carro è in legno intagliato e in ferro dipinto di rosso a motivi dorati. Bracci di legno
scolpito terminanti a testa di grifo sostengono il sedile del cocchiere che è rivestito di seta
cremisi, bordato di seta e argento filato e guarnito da tre serie di nappe, a cui si alternano
stelle di rame sbalzato e dorato. L’interno della cassa è in moirè di seta bianca guarnita da
galloni cremisi, frange, e nappe in argento e oro. Sul soffitto un grande rosone geometrico
ricamato in seta cremisi, argento filato e pailletes. La cassa è in rame dorato con
applicazioni sui lati in argento sbalzato che raffigurano le allegorie di Napoli e Palermo,
personificate da due vecchi sovrani recanti gli emblemi delle due città. Al centro l’arme dei
Savoia, applicata posteriormente, quando, con l’annessione del Regno delle Due Sicilie al
Regno d’Italia, la carrozza entrò a far parte del patrimonio sabaudo. Sopra la berlina una
figura di Fama alata in ottone dorato sorregge la corona reale adorna di finte pietre colorate.
Di gusto pienamente internazionale, la carrozza si presenta vicinissima nella sobrietà
decorativa alla berlina di gala di Ferdinando I di Borbone del Museo di San Martino a Napoli
(Catello 1988, p. 357).
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La realizzazione della berlina in mostra, la cui esecuzione le fonti collocano nel Palazzo
Reale della Corte Borbonica a Napoli, risale al 1838; artefici ne furono gli artigiani della
Real Casa: il costruttore è da riconoscersi in Salvatore Emmanuele, ed il pittore in
Raimondo Pionica (Roma 1869). Il sontuoso carro fu destinato dai Borbone a importanti
cerimonie mondane: della berlina è noto infatti l’uso per la visita dei reali al santuario di
Piedigrotta l’8 settembre di ogni anno (ibidem); inoltre la carrozza venne usata per due
solenni circostanze, quando Ferdinando II si recò alla Basilica di S. Francesco di Paola per
il giuramento della Costituzione (1848) e per condurre Francesco II al Duomo dopo la sua
ascensione al trono (1859) (ibidem). L’aureo carro si trovava ancora a Napoli alla fine del
1862 (Napoli 1862; Capuano 1998, p. 15), ma già prima del 6 settembre 1860 era stato
modificato in modo da segnalare l’avvenuto passaggio ai nuovi proprietari, i regnanti
Savoia, attraverso l’applicazione degli stemmi in argento della famiglia reale ad opera della
ditta napoletana Michele e Gennaro Pane, argentieri e cesellatori attivi a Napoli nella
seconda metà del XIX secolo (Capuano 1998, p. 15). Non essendo alla data del 1862
ancora pervenuta nelle scuderie fiorentine di pertinenza reale, la berlina non poté venire
censita nell’Inventario estimativo di Legni e Finimenti di gala esistenti nei locali delle Reali
Scuderie di S. Marco in redatto in quell’anno a Firenze in data 5 dicembre (Firenze 1862).
Comparirà negli inventari fiorentini soltanto in occasione della successiva inventariazione
dei “legni” di dotazione della corona nel 1882 (Firenze 1882, n. 36). La carrozza era
comunque pervenuta nella capitale ben prima di quella data: se il termine post quem di
arrivo è infatti costituito dal 31 dicembre 1862, data in cui la berlina è ancora documentata a
Napoli, certamente giunse a Firenze prima del 22 novembre 1865, quando ne è attestato
l’uso nel corteo per l’arrivo di Maria Pia, figlia di Vittorio Emanuele II, e del consorte Luigi I
del Portogallo. In quella occasione, che seguiva di pochi giorni l’apertura della nona
legislatura del Parlamento, l’arrivo a Firenze dei reali di Portogallo fu salutato con una festa
solenne, durante la quale otto carrozze di gran parata percorsero il tragitto dalla stazione
alla reggia di Palazzo Pitti. Sulla seconda del corteggio, presero posto Maria Pia e Luigi, il
figlioletto e il principe Umberto (Pesci 1904, p. 80; La nazione, Cronaca fiorentina, 23
novembre 1865): fu proprio l’antica berlina borbonica tirata da sei cavalli ad essere in quella
circostanza utilizzata come vettura reale (Archivio Gallerie Fiorentine, Elenco di Berline e
finimenti storici, furgoni da guerra, altre carrozze e attrezzi affini, foglio volante con
annotazioni inserito all’interno dell’Inventario Firenze 1882). Non è da escludere che la
carrozza venisse usata in altre circostanze da parata, quando ad esempio il 3 maggio 1868
nel corso dei festeggiamenti fiorentini per le nozze di Umberto di Savoia con Margherita, un
corteo delle più importanti carrozze di gran gala delle Scuderie Reali percorse la città di
Firenze dalle Cascine fino a Palazzo Pitti, o ancora quando il 6 ottobre 1870 una
rappresentanza della Giunta provvisoria del Governo di Roma giungeva a Palazzo nelle
carrozze di gala scortate da un picchetto di cavalleria e da un battistrada di corte (Gensini
2003, pp. 525 e 532).
Napoli, Archivio di Stato, Inventario delle reali Scuderie, a.s.n., Casa Reale Amministrativa, III
inventario, s. Inventari, fs. 15, Inventario dei legni ed altro esistenti nelle Reali Scuderie di Napoli a
tutto il 31 dicembre 1862 - Firenze, Archivio delle Gallerie Fiorentine, Inventario estimativo di Legni e
Finimenti di gala esistenti nei locali delle Reali Scuderie di S. Marco, 1862 - La nazione, Cronaca
fiorentina, 23 novembre 1865 - Roma, Archivio Centrale di Stato, Archivio della Real casa, Reali
Scuderie, varie, pos. XXVI, 39, 1869 - Firenze, Archivio delle Gallerie Fiorentine, Inventario delle
Carrozze, Finimenti, Bardature ed altro in dotazione alla corona ed esistenti come appresso, 1882 U. Pesci, Firenze capitale, Firenze, Bemporad 1904 - L. Ragusi, scheda di catalogo OA n.
09/00160470, 1983 - E. Catello, La carrozza napoletana nel XVIII secolo, in Scritti di storia dell’arte
in onore di Raffaello Causa, Napoli, Electa 1988, pp. 351-358 - R. Capuano, Signori in carrozza, in
“MCM La storia delle cose”, n. 39 (1998), pp. 14-16 - V. Gensini, Alla reggia dei Savoia, in Vivere a
Pitti. Una reggia dai medici ai Savoia, a cura di S. Bertelli e R. Pasta, Firenze, Olschki 2003, pp. 507536 - F. Navarro, M. Lattanzi, Il Museo delle Carrozze di Palazzo Pitti, di prossima pubblicazione
Simona Mammana
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Berlina di gran gala del granduca Ferdinando III di Lorena
Bottega di Francesco Busi e Alessandro Dani, Firenze, 1817-1818
Firenze, Museo delle Carrozze
Inv. 1882, n.38
E’ questa la prima delle berline di gran gala, eseguita nel 1817- 1818 e destinata al
granduca in persona, facente parte di una serie di carrozze della stessa tipologia, prevista
nell’ambito del programma di rinnovamento del parco dei mezzi di trasporto in dotazione al
Granducato.
A conferma di un procedimento costruttivo restato immutato nei secoli, la costruzione è
affidata al concorso di maestri specializzati ognuno nel suo settore di competenza. Il
“cassaio” Cantini, e il “verniciajo” Giovanni Sborgi, il “carrozziere” Gaetano Salimbeni e i
“bronzisti“ Cioci e Gori e il “magnano” Giuseppe Rofanelli, l’intagliatore Paolo Sani e il
pittore Antonio Marini, il vetraio Francini e lo “spinettaio” Mazzuoli, i doratori Casati e Favi e
il fornitore di velluti e tappeti Podestà, si consorziano per questa importante commissione
sotto la responsabilità dei “valigiaj” Busi e Dani. La berlina di gran gala fu consegnata alle
Scuderie Granducali il 30 giugno 1818 e la spesa totale fu di 7500 zecchini, comprendendo
la fornitura di una muta di finimenti da gala per sei cavalli.
Fra i maestri impegnati nell’impresa spiccano di nomi, oltre che del pittore Antonio Marini,
quello dei bronzisti Cioci e Gori, e dell’intagliatore Paolo Sani. Il Sani, in particolare, sarà di
lì a poco molto impegnato nella costruzione degli splendidi tavoli destinati ad arredare le
sale del “Quartiere di Pietro da Cortona” della nascente Galleria Palatina (1818) e di
numerosi altri raffinati arredi per gli ambienti di Palazzo Pitti.
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Sulla cassa dorata della berlina il giovane Antonio Marini - anch’egli in seguito molto attivo
per i granduchi lorenesi- rappresenta in chiave allegorica il tema della continuità dinastica e
della successione ininterrotta fra i Medici e i Lorena, sotto il segno unificante della liberalità
politica e culturale. Il programma iconografico comprende tre dei granduchi medicei,
ciascuno rappresentante il secolo in cui vissero, assisi in quadrighe trionfali accompagnati
dalle figure dei loro insigni protetti: sul lato sinistro Cosimo I con Giorgio Vasari e sul destro
Cosimo II con Galileo, sulla cassa posteriore Lorenzo il Magnifico con Poliziano, cui
corrisponde sulla cassa anteriore la raffigurazione del granduca lorenese, Pietro Leopoldo
circondato da eroti con simboli dell’abbondanza e dei commerci.
Di grande eleganza è anche l’ interno dell’abitacolo, rivestito di velluto verde con galloni e
passamanerie di elaborata fattura e grande preziosità per la profusione dei ricami con fili
d’oro e di seta, dove è ripetuto il motivo a meandri fitomorfi che appare sul bordo di bronzo
dorato che corre lungo la cassa.
A completamento del programma iconografico finalizzato alla celebrazione della dinastia
mediceo-lorenese e della loro munificenza, anche gli sportelli delle altre due carrozze
costruite per le alte cariche del seguito del granduca- di simile struttura portante e forma
della cassa- presentano figure allegoriche. La Vittoria alata, la Giustizia e la Pace, la
Temperanza e la Prudenza, e l’Abbondanza / Cerere e la Sapienza / Mercurio appaiono
dipinte nella seconda berlina realizzata nel 1819 (carrozza Inv.1882, n. 40). Infine la terza
berlina, dell’anno seguente, reca le immagini delle Muse, delle Tre grazie e l’allegoria della
Poesia e della Pittura (Carrozza Inv. 1882, n.39).
Fausta Navarro
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Berlina dorata di gala
Ditta Cesare Sala, Milano 1877
Roma, Museo della Motorizzazione Militare, inv. n. PR28192
legno intagliato dipinto e dorato, ferro e bronzo dorato; raso bianco; misure: 490 x
230 x 180
Restaurata nel 2011 (Consorzio Recro, Roma)
Nel 1868 il Grande Scudiere del Re, il conte Federico di Castellengo, su espresso ordine
del re Vittorio Emanuele II, commissiona alla ditta Cesare Sala di Milano una serie di berline
di gran gala e, con quest’atto, s’inaugura la collaborazione fra Ministero della Real Casa e
la ditta Sala che durerà per quasi quaranta anni. Il Grande Scudiere segue i lavori con
grande cura e competenza in modo che le nuove carrozze possano divenire le berline di
rappresentanza del Re d’Italia primeggiando fra i legni contemporanei delle più prestigiose
case regnanti d’Europa e entrando in competizione anche con le antiche e magnifiche
berline di gran gala sabaude.
L’impegno del Sala è pari all’importanza della commissione avuta dalla Real Casa tanto che
due berline dorate sono già pronte nel settembre del 1868 e possono far parte del corteo
reale che si svolge a Firenze in occasione dell’ingresso dei Principi Umberto e Margherita a
Firenze Capitale. Lo stesso Grande Scudiere scrive una nota al Sala ringraziandolo per il
lavoro svolto e per il rispetto della scadenza di consegna, sottolineando che le berline non
avevano certo sfigurato nel corteo rispetto alla berlina “degli Sposi” o al “Telemaco” (ACS,
Ufficio Reali Scuderie e Grande Scudiere, anno 1868, Posizione Firenze, Classe IV
Carrozze).
L’impegno di Cesare Sala e la sua grande perizia ed eleganza quale costruttore di carrozze
viene premiata in quanto egli riceve la commissione per la realizzazione dell’intero treno
delle sette carrozze reali che completa nel 1890 consegnando la Berlina dorata di gran
gala.
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Il carro esposto viene consegnato alle Reali Scuderie nel 1877 divenendo il carro del re
prima di Vittorio Emanuele II e poi si Umberto I fino alla consegna della berlina dorata di
gran gala. Nell’Inventario della Dotazione Corona del 1882 è infatti rubricato con il n.1 ed ha
un valore patrimoniale molto più alto rispetto alle altre berline dorate: è stimato L. 35.000 a
fronte del valore di L. 20.000 di quelle consegnate fra il 1878 – 79 o, addirittura, dell’importo
ascritto per quelle più antiche del 1868 che ammonta a L. 18.000 e a L. 15.000 (ASPR,
Casa Reale, Roma, Reali Scuderie, Inventario A, Stato di consistenza dei valori delle
carrozze e finimenti storici, nonché di quelli moderni di gala e di gran gala considerati di
pertinenza demaniale, 1882, n.5).
Si tratta di una carrozza a quattro posti e otto molle, intagliata, dorata e profilata in blu, con
cassa in ancora in blue delimitata da cornici dorate, sette luci con cristalli molati mobili e
corone reali ornano gli angoli dell’imperiale. Stemmi reali completi sulle portiere, con corone
e scettri più piccoli ad indicare che la carrozza può ospitare il Ministro della Casa Reale e il
Prefetto di Palazzo. La serpa in panno bianco con grandi stemmi sabaudi in bronzo mentre
gli interni sono in raso bianco con appoggi e cielo a trapunta.
Il Belloni (1901, p. 137) ricorda la bellezza del treno delle berline reali sottolineando come
“è di una eleganza e modernità ammirevoli”, mentre Biscaretti di Ruffia (1963, p. 20), nel
citare le più importanti berline di gala sabaude, inserisce la berlina dorata fra le vetture più
prestigiose di casa Savoia.
L.Belloni, La carrozza nella storia della locomozione, Torino – Milano – Roma, Fratelli Bocca, 1901
C. Biscaretti di Ruffia, Carrozzieri di ieri e di oggi, aggiornamento di D. Jappelli, Torino, Anfia, 1963
Carrozze libri e corredi di scuderia del Quirinale, Roma Capitale 1870 – 1911, catalogo della mostra,
Venezia, Marsilio Editori, 1983, p.54
E.Carnelli - E.Coppola, Carrozze e livree, coordinamento di K. Aschengreen Piacenti, Roma Milano, Editoriale Lavoro - Electa, 1992, p.77
M. Lattanzi, Le carrozze della Galleria, in Le carrozze del Quirinale, a cura di L. Godart, Roma,
Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, 2009, p.177-219, in part. pp.191-195
Marco Lattanzi
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Berlina argentata di gala
Ditta Cesare Sala, Milano 1879
Roma, Tenuta presidenziale di Castelporziano, Spazio espositivo delle carrozze,
inv. n. PR30245
legno intagliato dipinto, ferro e metallo argentato; seta blu; misure: 430 x 210 x 170
Restaurata nel 2009 (Ditta individuale Matteo Rossi Doria, Roma)
La carrozza fa parte del treno delle sei berline argentate di gala e di gran gala ordinate a
Cesare Sala e realizzate fra il 1878 e il 1879 come corteo della Regina. E’ dunque possibile
che la commissione sia già del periodo umbertino dovendosi dotare la corte di carrozze per
la prima regina d’Italia.
La carrozza esposta figura nei più antichi inventari sabaudi successivi all'Unità d'Italia prima
con il numero 36 e quindi con il 245; nell’inventario di Dotazione Corona del 1882 è
rubricata al numero 12 con un valore di l. 7.200 ed è datata 1879 (ASPR, Casa Reale,
Roma, Reali Scuderie, Inventario A, Stato di consistenza dei valori delle carrozze e
finimenti storici, nonché di quelli moderni di gala e di gran gala considerati di pertinenza
demaniale, 1882, n.12).
La carrozza, a quattro posti e otto molle, intagliata e verniciata in rosso con profili neri,
presenta la cassa, a tre luci con cristalli molati, è in nero nella parte superiore e
internamente è rivestita in stoffa di seta blu a fiorami, mentre la parte inferiore è blu vivo con
stemmi Savoia completi e corone con scettri a indicare la possibilità che la carrozza può
ospitare il Ministro della casa Reale e il Prefetto di Palazzo. Stemmi reali a scudo, di cui uno
mancante, ornano la parte superiore della cassa e quattro coroncine decorano gli angoli del
cielo.
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Le Berline argentate argentate di gala erano adibite al servizio della presentazione delle
credenziali dei nuovi ambasciatori al re recandosi alla residenza del diplomatico per
accompagnarlo in Quirinale e poi di nuovo alla sua abitazione. Questo compito viene svolto
dalle berline argentate fino al 1939 - 1940. E. Carnelli (1992, p.80, n. 1) sottolinea una
derivazione stilistica e strutturale fra le berline argentate e la Berlina detta di Louise-Marie,
moglie di Leopoldo I, sovrano del Belgio, databile al 1856.
Carrozze libri e corredi di scuderia del Quirinale, Roma Capitale 1870 – 1911, catalogo della mostra,
Venezia, Marsilio Editori, 1983, p.56
E.Carnelli - E.Coppola, Carrozze e livree, coordinamento di K. Aschengreen Piacenti, Roma Milano, Editoriale Lavoro - Electa, 1992
M. Lattanzi, Le carrozze della Galleria, in Le carrozze del Quirinale, a cura di L. Godart, Roma,
Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, 2009, p.177-219, in part. p.194
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Carrozzella a tre ruote per bambini
Ditta Cesare Sala, Torino 1878
Roma, Palazzo del Quirinale, Museo della Carrozze, inv. n. PR30310
legno intagliato dipinto e dorato; seta blu; misure: 170 x 90 x 80
Restaurata nel 2008 (Ditta individuale Matteo Rossi Doria, Roma)
La Carrozzella a tre ruote per bambini viene realizzata da Cesare Sala nel 1878 per il
Principe di Napoli Vittorio Emanuele. Come si legge in una nota manoscritta posta a
margine di una Nota del 1885, la carrozzina è “adoperata da S.A.R. il Principe di Napoli
quando era piccolo” (E. Carnelli, 1992, p. 88) Si tratta di un triciclo a forma di conchiglia
intagliata e dorata con fondo blu e con le cifre “V.E.” sormontate dalla corona entro un
medaglione poste sul retro e sul davanti. Il mantice a soffietto è in satin blu con frangia e
passamaneria di identico colore mentre la tappezzeria interna è in seta blu trapuntata. La
Carrozzella, da condursi a mano, ha un manubrio di bronzo profilato in blu, dorato e
cesellato. Il veicolo giunge alla Scuderie della pace di Firenze intorno al 1868 e viene
trasferita a Roma nel 1921.
Il legno reca il marchio di fabbrica “Cesare Sala – Torino” che indica la produzione presso la
manifattura torinese del Sala aperta già dal 1852 e nel cui stabilimento erano impiegati
settanta operai e la produzione si aggirava nel 1857 intorno alle 300.000 lire annue (cfr. R.
Luraghi, Agricoltura, industria e commercio in Piemonte dal 1848 al 1861, Torino, Istituto
Nazionale per la Storia del Risorgimento, 1966, p. 144; devo alla competenza e all’amicizia
di Andrea Merlotti questa informazione).
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Nelle scuderie Savoia, fra il 1860 e il 1871 erano presenti nove carri che recavano il
marchio dell’impianto torinese del Sala, sette dei quali erano stati assegnati alle rimesse di
Roma. Si tratta di un brougham (1871), quattro break a sedili (acquisiti fra il 1860 e il 1865),
un tandem a due ruote (1864) e un carro da trasporto (1868). A Torino vi erano un break a
prolunga (1860) e uno a sedili (1866). Il carrozzino di Vittorio Emanuele è, dunque, l’ultimo
legno che proviene dalla manifattura Sala di Torino ed è l’unico ancora presente nella
collezione del Quirinale (ASPR, Casa Reale, Roma, Reali Scuderie, Inventario C, Inventario
delle carrozze, finimenti, selleria, morseria ed altro di proprietà particolare di S.M., voll. I –
III, 1882).
Carrozze libri e corredi di scuderia del Quirinale, Roma Capitale 1870 – 1911, catalogo della mostra,
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M. Lattanzi, Giocattoli costosi e pregiati alla Corte dei Savoia, in “Notiziario del Gruppo Italiano
Attacchi”, n. 6, 2012, pp.30-34, in part. p.31
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Lineika detta “Troika”
Ditta Ivan Brejyigam, San Pietroburgo, 1890 – 1900
Roma, Tenuta presidenziale di Castelporziano, Spazio espositivo delle carrozze,
inv. n. PR30206
legno intagliato e dipinto, cuoio e ferro; panno blu; misure: 363 x 155 x 168
Restaurata nel 2009 (Ditta individuale Matteo Rossi Doria, Roma)
Questo unico e rarissimo carro di fabbricazione russa presente nella collezione della
Presidenza della Repubblica, viene realizzato nell’ultimo decennio del XIX secolo dalla ditta
Ivan Brejtigam di san Pietroburgo, come si rileva dall’iscrizione posta sui mozzi del carro,
attiva tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento e conosciuta prima per la produzione
di carrozze e, successivamente, di automobili.
La carrozza viene rubricata negli inventari del Quirinale solo nel 1960 nel registro relativo ai
beni di proprietà privata del re Livree, carrozze e materiali di scuderie, già S.M. in deposito
e rimesse del palazzo del Quirinale con la denominazione di “Troika” che viene ripetuta in
tutte le successive definizioni del carro ai fini inventariali. Sappiamo però che con questa
denominazione s’intende il famoso attacco a “tre cavalli di fronte” della tradizione russa che
utilizza l’attacco detto “D’eveque” in modo assai più complesso. Il carro, viceversa, non
presenta un simile attacco per i cavalli, ma è contraddistinto dalla doppia seduta ‘dos a dos’
posta perpendicolarmente alla serpa del cocchiere e tale struttura è propria della carrozza
che Alfred Nesselmann, (Historische und moderne Wagen des großherzoglichen Hofes zu
Weimar, Berlin, Nesselmann, 1899) denominava “Lineika” (in tedesco "Linienwagen")
pubblicando per la prima volta l’esemplare della fine del ‘700 conservato nella Collezione di
Weimar in Germania e proveniente dalla corte russa.
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Il veicolo, secondo Nesselmann, era usato dalle dame di corte per compiere passeggiate
estive nei parchi e nei boschi o per accompagnare i signori quando andavano a caccia
(devo la segnalazione della carrozza di Weimar alla competenza e all’amicizia della dr.ssa
Monica Kurzel-Runtscheiner, Direttrice del Wagenburg und des Monturdepots di Vienna).
Assai più tardo è l’ulteriore esemplare conservato nel Museo di Lancut in Polonia: la
presenza di un sistema di sospensione a otto molle delle quali quattro ellittiche, lascia
supporre che il carro sia databile verso la metà del XIX secolo.
Il carro della collezione presidenziale viene donato al re Vittorio Emanuele III dallo zar
Nicola II nel corso della visita che egli compie a Racconigi dal 23 al 25 di ottobre 1909 e
nella quale si determina il cambiamento del complesso gioco delle alleanze nei Balcani fra
le grandi potenze europee. La carrozza è quindi utilizzata dalle dame e dai principi come
veicolo di svago per passeggiate fra i boschi della tenuta di Castelporziano secondo l’uso
tradizionale di questo raro e particolare carro: ancora in una foto conservata negli archivi
Savoia compare Maria Pia di Savoia bambina che, con al lato il piccolo Vittorio Emanuele,
guida la prestigiosa carrozza russa nei viali della tenuta (cfr. Maria Gabriella di Savoia-R.
Bracalini, Casa Savoia. Diario di una monarchia, Milano, Mondadori Editore, 1996, fig,
p.172).
M. Lattanzi, “Troika” in Il Quirinale dall’Unità ai nostri giorni, La casa degli italiani, Roma, Segretariato
Generale della Presidenza della Repubblica, 2011, cat. della mostra, pp.198-199.
Marco Lattanzi
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Itala. Mod. 34/35 HP
Itala, Italia 1909
Collezione Museo Nazionale dell’Automobile di Torino
Storica automobile – battezzata Palombella – costruita nel 1909 per la regina Margherita di
Savoia su telaio 35/45 HP della casa torinese Itala e carrozzeria, regale ed elegante,
allestita dal milanese Cesare Sala.
Il motore è un 4 cilindri del tipo biblocco, di sette litri e mezzo di cilindrata, che erogava però
appena 45 CV al bassissimo regime di 1500 giri/minuto. Come tutte le automobili prodotte
dalla Itala, diventata famosa in tutto il mondo due anni prima (1907) per aver costruito la
vettura che vinse il famoso raid Pechino – Parigi, la trasmissione era a cardano;
l’accensione a bassa tensione, la frizione a dischi multipli, il cambio a 4 marce più la
retromarcia. La velocità massima si aggirava sui 70 km/h. La Palombella non aveva i freni
anteriori né l’impianto elettrico, che si sarebbero diffusi solo dopo qualche anno; la messa in
moto avveniva per mezzo della manovella anteriore e l’illuminazione era ad acetilene per i
fari più grandi e a petrolio per quelli di posizione e di targa.
Cesare Sala, che realizzò la raffinata carrozzeria, era uno dei maggiori artigiani carrozzai
dell’epoca, e la sua attività è esemplificativa della capacità di evoluzione e di adattamento
dei carrozzieri alle tecnologie via via disponibili. Sala infatti, ancora con la ragione sociale
Taramella & C., fu uno dei più antichi stabilimenti milanesi per la costruzione di carrozze a
cavalli. Appena l’automobile si presentò all’orizzonte, Cesare Sala fu uno dei primi a
rivestire con le sue carrozzerie i pochi telai sul mercato. L’industriale Giuseppe Ricordi,
importatore per l’Italia delle prime Benz e poi delle principali marche tedesche e francesi, gli
affidò fin da subito le vetture che faceva venire dalla Germania. L’attività di Sala prese così
piede che nel 1905 l’azienda, irrobustitasi anche societariamente mediante l’apporto
finanziario di un gruppo di capitalisti capeggiati da Uberto Visconti di Modrone, si trasferì dal
primo modesto stabilimento di corso Porta Nuova in un grandioso stabilimento di corso
Sempione 45, con una superficie coperta di 11.000 mq.
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Da lì uscì una delle vetture più note carrozzate da Sala, la Palombella su telaio Itala
esposta in questa mostra, in lussuosa versione landaulet, con i sedili anteriori coperti solo
dal tetto e senza sportelli, maniglie d’argento foggiate ad aquila (simbolo della casa reale
dei Savoia) e scaletta di accesso ribaltabile sotto lo sportello. Il retro della vettura,
all’altezza dei sedili posteriori, era apribile per mezzo di un compasso esterno che serviva
ad alzare o abbassare il mantice. Nelle finitura interne si trova il meglio di quanto
l’artigianato carrozziero potesse fornire a quel tempo: sedili e tappezzeria in panno
finissimo, ricca passamaneria artisticamente lavorata, fiancate imbottite e trapuntate, un
interno raffinato come un salotto.
Questa vettura fece parte del Garage reale fino al 1926, insieme a molte altre vetture, di
varie marche (oltre a Itala, anche Fiat, Rapid, Talbot). Era proprio la Regina ad avere
l'abitudine di battezzare i modelli con poetici nomi di volatili. Per esempio, vi era il Condor,
"trasformabile a camion e torpedo"; il Cigno, "trasformabile omnibus con letto", il Falco "per
S.M. la Regina per piccole gite"; l'Aquila e lo Sparviero "per S.M. la Regina per viaggi";
l'Allodola, l'Airone e il Falchetto "per i Reali Principi". E poi ancora la Palombella, "per S.M.
la Regina, servizio Ufficiale in Roma"; lo Stornello "per Dama di servizio"; l'Alcione, "per
S.M. la Regina per piccole passeggiate"; il Francolino e il Passero, "per servizio della Real
Corte". Dunque la Palombella era adibita all'uso personale della Regina. la passione della
Regina per le belle auto era così nota che ne parlarono parecchie riviste di automobilismo
dell'epoca, e persino Beltrame, il disegnatore delle celeberrime copertine della "Domenica",
amava ritrarre la coraggiosa ed intraprendente Regina mentre si traeva miracolosamente
d'impaccio da una panne automobilistica o da un incidente stradale.
.
Della Palombella si sa innanzitutto che fu donata, il 31 marzo 1926, al Parroco, Reverendo
Padre Nazareno Capoccetti, della Chiesa di San Camillo a Roma (parrocchia della Regina
Margherita). Il Parroco, a sua volta, la mise in lotteria a beneficio della sua chiesa. Fu vinta
da un ingegnere romano, Renato Ressmann, abitante in via Nomentana 224, il quale la offrì
in vendita nel marzo 1933 a Carlo Biscaretti, allora direttore del VI Salone dell'Automobile di
Milano e già in cerca di vetture d'epoca per la sua prima "Esposizione Retrospettiva", che
doveva debuttare proprio al Salone di Milano. Prezzo d'acquisto: lire tremila, richiesta poi
notevolmente ridotta. Le trattative andarono avanti per qualche mese, anche perché il
Biscaretti aspettò una comunicazione dalla Real Casa che comprovasse l'effettiva
appartenenza della vettura al garage della Regina; avutala, concluse l'acquisto (per 1800
lire) e l'automobile entrò a far parte di quel gruppo di vetture che costituì l'iniziale nucleo
della collezione permanente del Museo Nazionale dell'Automobile.
Donatella Biffignandi
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BIGLIETTI
La mostra è compresa nel biglietto:
LA VENARIA REALE “TUTTO IN UNA REGGIA” (“tutto compreso”)
Questo ingresso offre:
- Reggia con percorso Teatro di Storia e Magnificenza, eventi espositivi, Musica a Corte
- tutte le Mostre in corso
- Giardini (Parco alto e Parco basso) con Potager Royal, installazioni di arte
contemporanea, Fantacasino, Giornate da Re
- Teatro d’Acqua della Fontana del Cervo
20 euro
39 euro (“PACCHETTO FAMIGLIA”: 2 adulti + massimo 3 minori dai 6 ai 18 anni)
Gratuito per i minori di 6 anni
Con questo biglietto si ha anche diritto al 10% di sconto ai punti ristoro, bottega e
bookshop; e al Ridotto per il servizio di Audiopen nella Reggia, il Trenino, Carrozza e
Gondole nei Giardini.
CARROZZE REGALI. CORTEI DI GALA DI PAPI, PRINCIPI E RE
Intero
12 euro
Ridotto
gruppi di min. 12 persone, dai 6 ai 18 anni e maggiori di 65 anni, quanti previsti da conv.
per Ridotti)
10 euro
Scuole
(classi minimo di 12 studenti, ingresso gratuito per 2 accompagnatori ogni 25 studenti)
5 euro
Minori di 6 anni e quanti previsti da conv. per Gratuiti
Gratuito
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ORARI
Reggia e mostre
 Lunedì: chiusura (tranne eventuali giorni Festivi -escluso Natale- che hanno gli stessi
orari della domenica)
 Da martedì a venerdì: dalle ore 9 alle 17 (ultimo ingresso 1 ora prima circa)
 Sabato e domenica: dalle ore 9 alle 20 (ultimo ingresso 1 ora prima circa)
La Reggia è aperta (con gli stessi orari della domenica) nei giorni Festivi:
Capodanno (1° gennaio, ma dalle ore 11), Epifania (6 gennaio), Pasqua e Pasquetta, Festa
della Liberazione (25 aprile), Festa del Lavoro (1° maggio), Festa della Repubblica (2
giugno), Ferragosto (15 agosto), Ognissanti (1° novembre), Festa dell'Immacolata (8
dicembre) e Santo Stefano (26 dicembre). Resta aperta secondo l'orario settimanale anche
il giorno di Sant'Eusebio, Patrono di Venaria Reale (14 agosto).
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
tel. + 39 011 4992333 - www.lavenaria.it
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Carrozze Regali. Cortei di gala di Papi, Principi