Il Rigoletto
Opera di Giuseppe Verdi
domenica 6 maggio 2012
Teatro San Babila – Milano
ore 14,00 partenza da Piazza Martiri Vimercatesi con mezzi propri
ore 15,30 inizio opera
venerdì 27 aprile 2012
ore 21,00
presso la Sede del Civico Corpo Musicale di Vimercate
presentazione dell’opera a cura dei Maestri
Daisy Citterio e Matteo Dossena
che suonano nell’orchestra dell’opera
costo € 15,00
info e prenotazioni in segreteria CCMV
lunedì - venerdì ● ore 16,00 – 19,00
Il Rigoletto di Giuseppe Verdi
Rigoletto è un'opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratta dal dramma di Victor
Hugo Le Roi s'amuse ("Il re si diverte").
La prima ebbe luogo l'11 marzo 1851 al Teatro La Fenice di Venezia. Questi gli artisti impegnati :
Il Duca di Mantova, Raffaele Mirate, tenore;
Rigoletto, Felice Varesi, baritono;
Gilda, Teresina Brambilla, soprano;
Sparafucile, Paolo Damini, basso;
Maddalena, Annetta Casaloni, contralto;
Giovanna, Laura Saini, mezzosoprano;
Conte di Monterone: Feliciano Ponz;
Il Cavaliere di Marullo, Francesco Kunerth, baritono;
Il Conte di Ceprano, Andrea Bellini, basso;
Contessa di Ceprano: Luigia Morselli;
Matteo Borsa: Angelo Zuliani;
Marullo: Francesco De Kunnerth;
Usciere: Giovanni Rizzi;
Paggio: Annetta Modes Lovati;
Scene: Giuseppe Bertoja;
Direttore di scena: Francesco Maria Piave;
Maestro del coro: Luigi Carcano;
Maestro al cembalo: Giuseppe Verdi (per tre recite);
Primo violino e direttore d'orchestra: Gaetano Mares.
Con Il trovatore (1853) e La traviata (1853) è parte della cosiddetta "trilogia popolare" di Verdi.
Centrato sulla drammatica e originale figura di un buffone di corte, Rigoletto fu inizialmente oggetto della censura
austriaca. La stessa sorte era toccata nel 1832 a Le Roi s'amuse, bloccata dalla censura e riproposta solo 50 anni dopo
la prima.
Nel dramma di Hugo, che non piacque né al pubblico né alla critica, erano infatti descritte senza mezzi termini le
dissolutezze della corte francese, con al centro il libertinaggio di Francesco I, re di Francia. Nell'opera si arrivò al
compromesso di far svolgere l'azione alla corte di Mantova, a quel tempo non più esistente, trasformando il re di
Francia nel duca di Mantova, e cambiando il nome del protagonista da Triboulet a Rigoletto (dal francese rigoler che
significa ridere).
Intenso dramma di passione, tradimento, amore filiale e vendetta, Rigoletto non solo offre una combinazione perfetta
di ricchezza melodica e potenza drammatica, ma pone lucidamente in evidenza le tensioni sociali e la subalterna
condizione femminile in una realtà nella quale il pubblico ottocentesco poteva facilmente rispecchiarsi. Dal punto di
vista musicale abbiamo, fin dal preludio, il ripetersi costante del Tema della maledizione, la ripetizione della nota Do in
ritmo puntato.
Trama dell’opera
Atto I
A Mantova, nel XVI secolo. Una festa in un salone del palazzo ducale. Il Duca di Mantova (tenore) confida al cortigiano
Matteo Borsa (tenore) che intende arrivare presto alla conclusione dell’avventura con la bella e sconosciuta fanciulla
che da tre mesi egli incontra tutte le domeniche in chiesa. Gli espone quindi, in una vivace ballata, la sua concezione
dell’amore: per lui tutte le donne sono uguali, e non intende concedere a nessuna il suo cuore per più di un giorno
(«Questa o quella per me pari sono»). Riprendono le danze, ed a tempo di Minuetto il Duca si mette a corteggiare la
Contessa di Ceprano (mezzosoprano), la più bella della festa. Fa una breve comparsa in scena Rigoletto (baritono), il
gobbo buffone di corte, commentando le abitudini goderecce del suo signore. Si balla quindi un Perigordino, una
vivace danza francese, ed il cortigiano Marullo (baritono) informa i presenti, con loro grande stupore, che Rigoletto
possiede un’amante. Il buffone rientra quindi in scena, suggerendo al Duca di liberarsi del geloso Conte di Ceprano,
per poterne meglio insidiare la moglie: potrebbe farlo incarcerare, esiliarlo, o addirittura fargli tagliare la testa. La
pesante ironia di Rigoletto suscita ovviamente le ire del Conte, e fa nascere un desiderio di vendetta in tutti i
cortigiani, da tempo infastiditi dai modi del buffone. Mentre i cortigiani cantano in coro il loro odio per Rigoletto,
questi si dice sicuro di essere intoccabile come protetto del Duca, ed il Duca lo rimprovera bonariamente. La tensione
si risolve ben presto, comunque, ed il gaio spirito della festa prende di nuovo il sopravvento. Improvvisamente
irrompe in scena il Conte di Monterone (baritono), venuto a chiedere ragione al Duca, che ha sedotto la sua giovane
figlia. Rigoletto si prende ferocemente gioco di lui, deridendolo, facendogli il verso, e fingendosi il Duca per rispondere
alle sue accuse. Il Duca fa arrestare Monterone, e questi scaglia allora una solenne maledizione contro di lui e contro
Rigoletto, che ha osato ridere del dolore di un padre. Tutti i presenti, dapprima quasi sussurrando e poi sempre più
forte, uniscono le loro voci per invitare Monterone ad andarsene, ed a temere le gravi conseguenze dell’ira del Duca; il
Conte continua intanto a ripetere la sua maledizione, e Rigoletto incomincia a meditare spaventato sul suo orribile
gesto («Oh tu che la festa audace hai turbato»).
Quella sera stessa, in una strada buia. Rigoletto ripensa alla maledizione di Monterone, temendo che le sue parole
possano rivelarsi presaghe di sventura. Egli incontra quindi il brigante Sparafucile (basso), che gli offre i suoi servigi:
per denaro egli è disposto ad uccidere qualsiasi nemico. Rigoletto rifiuta l’offerta, ma gli chiede comunque
informazioni sul suo modo di agire, e si fa dire dove possa ritrovarlo in caso di bisogno («Signor? Va, non ho niente»).
Il buffone ripensa ancora alla maledizione del vecchio, e medita sulla sua scellerata condizione: se egli è così acido e
crudele, la colpa non è sua, ma dei cortigiani che lo hanno reso tale («Pari siamo!»). Da una casa della via esce in quel
momento una fanciulla, gettandosi fra le sue braccia: quella che i cortigiani credevano l’amante di Rigoletto, è in
realtà sua figlia, Gilda (soprano). La ragazza vorrebbe sapere chi sia in realtà suo padre, quale vita conduca, e chi sia
stata sua madre, che ella non ha mai conosciuto: ma per paura che possa venirle fatto del male, Rigoletto la tiene
all’oscuro di tutto, e le impedisce addirittura di uscire di casa se non per recarsi in chiesa, facendola sorvegliare ed
accudire dalla fida Giovanna (mezzosoprano). I due si scambiano a lungo le espressioni del loro grande e reciproco
amore; quindi il buffone raccomanda ancora una volta a Giovanna di vegliare su sua figlia, e dato un ultimo abbraccio
a Gilda si allontana. Durante le ultime battute di Rigoletto, compare in giardino il Duca, che ode non visto la
conversazione tra i due, e capisce quindi che Gilda è la figlia del gobbo buffone. Allontanatosi Rigoletto, Gilda confessa
a Giovanna di avere dei rimorsi, per non aver raccontato al padre del giovane che da tempo la segue in chiesa. Proprio
in quel momento il Duca, che era rimasto celato in giardino, si fa avanti e dichiara a Gilda il suo amore, dicendo di
essere uno studente povero di nome Gualtiero Maldé («T’amo... È il sol dell’anima»). Dopo l’ardente duetto d’amore il
Duca si allontana, e Gilda, rimasta sola, canta il suo amore per lui («Caro nome»). I cortigiani del Duca, intanto, hanno
deciso di rapire la ragazza, credendola l’amante di Rigoletto. Il buffone proprio allora ritorna verso casa, ed i cortigiani
lo convincono che essi sono lì per rapire la Contessa di Ceprano: dopo averlo bendato, senza che egli se ne accorga,
essi fanno reggere proprio a lui la scala che servirà loro per introdursi nella casa («Zitti, zitti, moviamo a vendetta»).
Udite le urla di sua figlia, e resosi conto della verità quando è ormai troppo tardi, Rigoletto cade a terra privo di sensi.
Atto II
Un salotto nel Palazzo Ducale. Il Duca è in ansia per Gilda: spinto da uno strano presentimento era infatti tornato sui
suoi passi, e si era accorto che ella era stata rapita («Ella mi fu rapita!... Parmi veder le lagrime»). Giungono
frettolosamente i cortigiani, e rivelano al Duca di aver rapito l’amante di Rigoletto e di averla condotta a Palazzo: il
Duca capisce che si tratta di Gilda, e si precipita nella stanza in cui i cortigiani l’hanno rinchiusa («Possente amor mi
chiama»). Entra quindi in scena Rigoletto, fingendo indifferenza, ma in realtà attentissimo alle parole ed ai gesti dei
cortigiani, per cercar di scoprire dove essi abbiano condotto Gilda. I cortigiani, naturalmente, fingono di non ricordare
nulla di quella notte; ma quando entra un paggio della Duchessa (mezzosoprano), venuto per cercare il Duca,
dall’imbarazzata reazione dei cortigiani il buffone comprende immediatamente che sua figlia si trova con il Duca nella
stanza accanto. Rigoletto fa per slanciarsi verso la stanza, ma i cortigiani lo trattengono, dicendogli di trovarsi un’altra
amante. Rigoletto urla allora che si tratta di sua figlia, e quindi impreca contro di loro, li minaccia; ma poi li prega, li
supplica di aiutarlo, addirittura piangendo e prostrandosi ai loro piedi («Cortigiani, vil razza dannata»). In quel
momento Gilda esce dalla stanza e si getta tra le braccia del padre. Rigoletto allontana imperiosamente tutti i presenti
per poter rimanere solo con lei, e la ragazza gli narra del suo amore con il Duca, che ella credeva uno studente, e della
vergogna ora subìta. («Tutte le feste al tempio»). Mentre Rigoletto consola amorevolmente la figlia, il Conte di
Monterone attraversa la scena, condotto al carcere da due guardie, e constata con amarezza che la sua maledizione
non ha avuto alcun effetto sul Duca. Ma il buffone gli grida che anch’egli desidera ora vendicarlo, mentre Gilda sedotta, ma ancora innamorata del Duca - cerca di calmare la sua ira («Sì, vendetta, tremenda vendetta»).
Atto III
Una casa mezzo diroccata sulla riva destra del Mincio, un mese dopo. Rigoletto ha condotto Gilda nei pressi della casa
in cui Sparafucile abita con la sorella Maddalena (contralto), per mostrarle che il Duca non l’ama affatto ed è invece
sensibile alle lusinghe della sorella del bandito. Non visti, i due odono infatti giungere il Duca, che canta un allegro e
sprezzante motivetto («La donna è mobile»). Sparafucile esce intanto dalla casa e si avvicina a Rigoletto per chiedergli
se vuole che il suo uomo viva oppure muoia, ma il buffone gli dice di ritornare più tardi per avere una risposta. Il Duca
incomincia a corteggiare la ragazza, e nel quartetto che segue odiamo mescolarsi le schermaglie amorose tra lui e
Maddalena con il dolore di Gilda e la determinazione di vendetta di Rigoletto («Bella figlia dell’amore»).
Rigoletto ordina a Gilda di indossare degli abiti maschili e di partire subito per Verona, dove egli la raggiungerà al più
presto, e si incontra poi con Sparafucile per perfezionare il suo contratto: in cambio di venti scudi questi ucciderà il
Duca e gli consegnerà il cadavere chiuso in un sacco, per gettarlo nel fiume. Canticchiando il suo motivetto, il Duca va
intanto a dormire, mentre si odono i primi tuoni di un temporale che si avvicina. Maddalena, però, si è invaghita del
giovane sconosciuto, e prega il fratello di non ucciderlo («è amabile invero cotal giovinotto»). Il fratello esita, perché
non vuol venire meno alla parola data a Rigoletto, e soprattutto perché non vuol perdere il denaro promessogli; alla
fine, però, cede alle insistenti preghiere della sorella, e decide di uccidere al suo posto il primo viandante che passerà
per la strada e busserà alla loro porta. Mentre il temporale si fa sempre più minaccioso, Gilda, in abiti maschili, si
avvicina alla casa, ed ode non vista i progetti dei due briganti. Ella è ancora innamorata del Duca, e decide quindi di
bussare alla porta, sacrificando volutamente la sua vita per salvare quella del suo amato. Il temporale giunge al suo
culmine, e Gilda entra nella casa dove verrà uccisa dai due briganti. A mezzanotte ritorna Rigoletto, per pagare il
prezzo concordato e per ritirare il sacco con il cadavere del Duca; ma mentre si allontana per gettare il sacco dove
l’acqua è più profonda, ode in lontananza lo sprezzante motivetto del Duca. Terrorizzato, apre il sacco, ed alla luce dei
lampi scorge il volto di Gilda. Prima di esalare l’ultimo respiro, ella trova ancora la forza di chiedergli perdono, e gli
promette che pregherà per lui dal cielo («Mia figlia!... Dio!... Mia figlia!...). Disperato, Rigoletto cade svenuto sul corpo
esanime della ragazza.
Personaggi
Scenografie
Il Rigoletto
Opera di Giuseppe Verdi
domenica 6 maggio 2012
Teatro San Babila – Milano
ore 14,00 partenza da Piazza Martiri Vimercatesi con mezzi propri
ore 15,30 inizio opera
venerdì 27 aprile 2012
ore 21,00
presso la Sede del Sede Civico Corpo Musicale di Vimercate
presentazione dell’opera a cura dei Maestri
Daisy Citterio e Matteo Dossena
che suonano nell’orchestra dell’opera
costo € 15,00
info e prenotazioni in segreteria CCMV
lunedì - venerdì ● ore 16,00 – 19,00
Il Rigoletto di Giuseppe Verdi
Rigoletto è un'opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratta dal dramma di Victor
Hugo Le Roi s'amuse ("Il re si diverte").
La prima ebbe luogo l'11 marzo 1851 al Teatro La Fenice di Venezia. Questi gli artisti impegnati :
Il Duca di Mantova, Raffaele Mirate, tenore;
Rigoletto, Felice Varesi, baritono;
Gilda, Teresina Brambilla, soprano;
Sparafucile, Paolo Damini, basso;
Maddalena, Annetta Casaloni, contralto;
Giovanna, Laura Saini, mezzosoprano;
Conte di Monterone: Feliciano Ponz;
Il Cavaliere di Marullo, Francesco Kunerth, baritono;
Il Conte di Ceprano, Andrea Bellini, basso;
Contessa di Ceprano: Luigia Morselli;
Matteo Borsa: Angelo Zuliani;
Marullo: Francesco De Kunnerth;
Usciere: Giovanni Rizzi;
Paggio: Annetta Modes Lovati;
Scene: Giuseppe Bertoja;
Direttore di scena: Francesco Maria Piave;
Maestro del coro: Luigi Carcano;
Maestro al cembalo: Giuseppe Verdi (per tre recite);
Primo violino e direttore d'orchestra: Gaetano Mares.
Con Il trovatore (1853) e La traviata (1853) è parte della cosiddetta "trilogia popolare" di Verdi.
Centrato sulla drammatica e originale figura di un buffone di corte, Rigoletto fu inizialmente oggetto della censura
austriaca. La stessa sorte era toccata nel 1832 a Le Roi s'amuse, bloccata dalla censura e riproposta solo 50 anni dopo
la prima.
Nel dramma di Hugo, che non piacque né al pubblico né alla critica, erano infatti descritte senza mezzi termini le
dissolutezze della corte francese, con al centro il libertinaggio di Francesco I, re di Francia. Nell'opera si arrivò al
compromesso di far svolgere l'azione alla corte di Mantova, a quel tempo non più esistente, trasformando il re di
Francia nel duca di Mantova, e cambiando il nome del protagonista da Triboulet a Rigoletto (dal francese rigoler che
significa ridere).
Intenso dramma di passione, tradimento, amore filiale e vendetta, Rigoletto non solo offre una combinazione perfetta
di ricchezza melodica e potenza drammatica, ma pone lucidamente in evidenza le tensioni sociali e la subalterna
condizione femminile in una realtà nella quale il pubblico ottocentesco poteva facilmente rispecchiarsi. Dal punto di
vista musicale abbiamo, fin dal preludio, il ripetersi costante del Tema della maledizione, la ripetizione della nota Do in
ritmo puntato.
Trama dell’Opera
La scena è ambientata a Mantova e dintorni nel XVI secolo. I personaggi principali sono il duca, il buffone, Gilda (la
figlia), Sparafucile e la sorella Maddalena. E' composto in 3 atti dove i lirici interpretano la maledizione del Rigoletto, il
buffone.
Atto I
Al Palazzo Ducale di Mantova, durante una festa, il Duca discorre con il fido Borsa su una fanciulla (Gilda) che egli vede
sempre all'uscita della chiesa (Della mia bella incognita borghese). Borsa lo distrae mostrandogli le beltà delle dame
presenti. Dopo aver dichiarato il suo spirito libertino in una canzone (Questa o quella per me pari sono), il Duca
corteggia la Contessa di Ceprano, provocando la rabbia del marito, che viene schernito da Rigoletto, il buffone di
corte. Intanto, in disparte, il cortigiano Marullo racconta ai suoi amici che Rigoletto, sebbene gobbo e deforme,
avrebbe un'amante. In realtà la giovane, creduta erroneamente sua amante, non è altro che la figlia Gilda.
Improvvisamente appare il Conte di Monterone, vecchio nemico del Duca, che lo accusa pubblicamente di avergli
sedotto la figlia. Rigoletto lo irride (Voi congiuraste contro noi, signore) e Monterone maledice lui e il Duca. Il Duca
ordina di arrestare il Conte, mentre Rigoletto, spaventato per le parole di Monterone, fugge.
Mentre è sulla strada di casa il buffone viene avvicinato da Sparafucile, un sicario prezzolato, che gli offre i suoi servigi.
Rigoletto lo allontana. Quindi, giunto sulla soglia di casa, ripensa alla sua vita infelice da buffone e alla maledizione di
Monterone, che lo ha profondamente turbato (Quel vecchio maledivami).
Tornato a casa, riabbraccia Gilda e raccomanda alla cameriera Giovanna di vegliare su di lei (Veglia, o donna, questo
fiore); ma il Duca si è già introdotto nella casa e osserva di nascosto la scena. Poco dopo Rigoletto se ne va e Gilda
viene avvicinata dal Duca, che le dichiara il suo amore, spacciandosi per uno studente povero, Gualtier Maldè.
Andatosene anche il Duca, Gilda canta il suo amore per lui (Gualtier Maldé... Caro nome...).
Nelle vicinanze, Marullo sta organizzando con un gruppo di cortigiani il rapimento di quella che crede essere l'amante
di Rigoletto (Zitti, zitti, moviamo a vendetta) e si fa aiutare dallo stesso inconsapevole buffone che, bendato, gli tiene
ferma la scala d'accesso alla terrazza. Solo quando tutti sono partiti, egli capisce la verità.
Atto II
All'oscuro di tutto, il Duca di Mantova, tornato a cercare Gilda, si dispera per il suo rapimento. Quando i cortigiani lo
informano di aver rapito l'amante di Rigoletto, egli comprende cosa è successo e si fa portare Gilda in camera
(Possente amor mi chiama).
Entra Rigoletto che, fingendo indifferenza (La rà, la rà), cerca la figlia, deriso dal crocchio di cortigiani. Quando capisce
che Gilda si trova nella camera del Duca, sfoga la sua ira imprecando contro i nobili, che però gli impediscono di
raggiungere la stanza (Cortigiani, vil razza dannata). Esce Gilda e finalmente rivela al padre come ha conosciuto il
giovane di cui ignorava la vera identità (Tutte le feste al tempio). Per vendicare la figlia disonorata, Rigoletto medita
una terribile vendetta.
Passa frattanto Monterone, che sta per essere condotto al supplizio. Il vecchio nobile si ferma e osserva il Duca ritratto
in un quadro, constatando amaramente che la sua maledizione è stata vana. Quindi esce. Udite le sue parole,
Rigoletto replica che la vendetta invece arriverà (Sì, vendetta, tremenda vendetta!). Egli ha già deciso di rivolgersi al
sicario Sparafucile per chiedergli di uccidere il Duca.
Atto III
Rigoletto ha deciso di far toccare con mano alla figlia chi sia veramente l'uomo che ella continua, nonostante tutto, ad
amare. La conduce perciò alla locanda di Sparafucile, nella periferia di Mantova, dove si trova il Duca, adescato dalla
sorella del sicario, Maddalena. Gilda ha così modo di vedere di nascosto il Duca, mentre questi canta un elogio
all'amore libertino (La donna è mobile).
Mentre all'esterno si avvicina un temporale, il Duca amoreggia con Maddalena (Bella figlia dell'amore), quindi va a
riposare al piano superiore. Rigoletto dà ordine alla figlia di tornare a casa e di partire immediatamente alla volta di
Verona, travestita da uomo per la sua incolumità; dopo aver preso accordi con Sparafucile, si allontana anch'egli dalla
locanda. Ma Gilda, già in abiti maschili, torna presso la locanda e ascolta il drammatico dialogo che vi si svolge.
Maddalena infatti, invaghitasi anch'essa del Duca, supplica il fratello affinché lo risparmi e uccida al suo posto il
mandante del delitto, Rigoletto, non appena giungerà con il denaro. Sparafucile non ne vuole sapere, ma alla fine
accetta un compromesso: aspetterà la mezzanotte (Se pria che abbia il mezzo la notte toccato) e ucciderà il primo
uomo che entrerà nell'osteria. Gilda decide immediatamente di sacrificarsi per il Duca: fingendosi un mendicante, ella
bussa alla porta della locanda e viene pugnalata a sangue freddo dal sicario.
Sparafucile consegna il corpo in un sacco a Rigoletto, che è soddisfatto di aver portato a compimento la vendetta.
Tuttavia, quando ode in lontananza la voce del Duca che canticchia La donna è mobile, sconvolto e raggelato, si chiede
di chi sia allora il corpo nel sacco. Lo apre e vede Gilda in fin di vita, che in un ultimo anelito chiede perdono al padre e
muore tra le sue braccia. Rigoletto, disperato, si rende conto che la maledizione del vecchio Monterone si è avverata
(Ah la maledizione!).
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