18/05/2011 L’opera italiana nel Settecento L’OPERA SERIA Audio 1 18/05/2011 La diffusione dell’opera in Italia fra Sei e Settecento fu talmente capillare al punto che non esisteva città priva di un proprio teatro e di una pur piccola stagione operistica. Nell’Italia centro settentrionale il fenomeno è straordinariamente diffuso mentre nel sud Italia non esiste un vero e proprio circuito teatrale ad esclusione delle due capitali: Palermo e Napoli. Il recarsi a teatro nel Settecento divenne ben presto un’irrinunciabile abitudine. I nobili affittavano i palchi e praticamente vi si recavano ogni sera, invitando amici e organizzando dei veri e proprio rinfreschi. Sono attive anche delle sale da gioco e delle bottiglierie. Luoghi importanti perché garantivano al teatro quegli introiti che non sempre lo spettacolo teatrale era in grado di offrire da solo. Tradotto in altri termini il teatro d’opera è il luogo deputato al divertimento dei nobili ma anche della piccola borghesia: in definitiva di tutti coloro che potevano permettersi il lusso di pagare il biglietto d’ingresso. Le stagioni nei piccoli centri si concentravano prevalentemente nel periodo di carnevale, ossia dal 26 dicembre a martedì grasso, oppure in coincidenza di fiere, mercati ecc. Assistere agli spettacoli Molto diverso da oggi era il modo in cui gli spettatori assistevano allo spettacolo. Oltre al fatto che chi poteva andava a teatro ogni sera, e che il livello di distrazione era molto alto, dato che nei palchi si mangiava, si beveva, si conversava, si giocava a carte o a scacchi, il pubblico settecentesco non cercava sul palcoscenico uno spaccato della realtà, ma qualcosa di profondamente diverso dalla vita di tutti i giorni. Il teatro era il regno della fantasia e i suoi spettatori erano lì per sognare. Impresari, compositori e cantanti, ben consci del fatto che la loro sopravvivenza era legata al gusto degli spettatori, facevano di tutto per accontentarli I libretti I libretti sono sempre rigorosamente in poesia e mai in prosa. Gli intrecci si concludevano quasi immancabilmente con un lieto fine, anche se non era escluso che nel corso dell’intreccio i personaggi potessero vivere anche situazioni profondamente tragiche. I soggetti erano per lo più storici (storia greco-romana) o mitologici (con particolare riguardo all’epica rinascimentale dell’Ariosto o del Tasso). 2 18/05/2011 L’intreccio Rispetto all’opera seicentesca , che spesso era assai intricata (“il bello scompiglio” come si diceva allora), l’opera del Settecento mostra una maggiore coerenza drammaturgica. I librettisti e gli arcadi (ossia i teorici della letteratura riunitisi attorno ai circoli dell’Arcadia, la più importante delle quali era a Roma) tolsero dagli intrecci… a. le vicende parallele b. i personaggi comici e le loro scene buffe (Zeno e i suoi contemporanei non li abolirono del tutto ma li utilizzarono molto meno rispetto al passato) c. il deux ex machina d. gli argomenti mitologici e gli elementi soprannaturali. Uno dei primi librettisti a orientarsi verso simili scelte che poi saranno caratteristiche di tutto il Settecento è Apostolo Zeno (1668– 1750); ma attorno a lui anche Silvio Stampiglia, Girolamo Frigimelica Roberti, Pietro Pariati, condividevano i medesimi orientamenti estetici di Zeno. Anche il romano Pietro Metastasio (1698– 1782) va inserito appieno nel processo di semplificazione delle trame e di razionalizzazione dello spettacolo. La trama standard dei suoi drammi consiste in due coppie di amanti (a cui si aggiungono pochi altri comprimari, per un totale di 6 o 7 personaggi) a cui circostanze esteriori, spesso politiche o amorose, impediscono la desiderata unione. Solo al termine della vicenda tutto si ricompone nel migliore dei modi, quasi sempre grazie alla magnanimità del sovrano di turno e alla risolutiva agnizione (riconoscimento dell’identità di un personaggio) di uno o più personaggi. 3 18/05/2011 Schema libretti opera del Settecento x A B C D y Schema libretti opera del Settecento x A B C D y 4 18/05/2011 Schema libretti opera del Settecento x A B C D y Schema libretti opera nel Settecento Adriano in Siria Metastasio – Pergolesi (Napoli 1734) Aquilio Sabina Adriano Farnaspe Emirena Osroe 5 18/05/2011 Schema libretti opera nel Settecento Aquilio Adriano Sabina Farnaspe Emirena Osroe Schema libretti opera nel Settecento Aquilio Sabina Adriano Farnaspe Emirena Osroe 6 18/05/2011 La funzione degli atti Gli atti sono generalmente tre. Il primo atto ha la funzione di presentare i fatti e i personaggi principali; il secondo svolge la funzione di complicare l’intreccio sospingendolo a un punto che, apparentemente, sembrerebbe di non ritorno; il terzo è caratterizzato dallo scioglimento Timbri Altra scelta innaturale era quella dei timbri vocali, i quali rispondevano più ad esigenze artistiche che a un criterio di verosimiglianza: la voce del protagonista maschile doveva svettare su tutte le altre. La principale parte maschile era affidata a un ‘musico’, ossia a un evirato cantore, mentre la prima donna poteva essere un altro soprano o un contralto. Anche le parti maschili secondarie, comunque, sfruttavano poco il registro grave: vi si impiegavano altri castrati (soprani e contralti) o tenori, mentre la voce di basso non appariva di frequente (la tipologia vocale del baritono non esisteva). A Roma, città papale, vigeva per di più una particolare tradizione: non si considerava morale far calcare le scene teatrali alle donne, ragion per cui anche i ruoli femminili venivano ricoperti da castrati travestiti da donna. Un fatto che non era ritenuto come strano ma che anzi eccitava la morbosità di molti spettatori. 7 18/05/2011 Carlo Broschi, detto Farinelli (Andria, 24 gennaio 1705 – Bologna, 16 settembre 1782), Carlo Broschi detto Farinelli 8 18/05/2011 Luigi Marchesi detto il Marchesini Le folli richieste di Luigi Marchesi Le sue sue richieste più folli (e più celebri) riguardavano l'entrata in scena. Marchesi imponeva agli impresari e ai compositori di farlo comparire, a prescindere dall'opera, in cima a una collina, con una spada, uno scudo, una lancia lucente e sulla testa un elmo di piume bianche e rosse «di almeno sei piedi di altezza », come precisa Stendhal. Pretendeva anche di cominciare con le parole Dove son io? e poi, dopo l'inevitabile frastuono di trombe, esclamava: Odi lo squillo della tromba guerriera! A quel punto invariabilmente cantava la sua aria di baule preferita, Mia speranza pur vorrei, scritta da Sarti e collocata in seguito nell'Achille in Sciro. Marchesi scendeva lentamente i gradini del palcoscenico tra l'ondeggiare delle piume e il clangore delle armi, per andare ad accogliere vicino alla balaustra le ovazioni degli spettatori in delirio, inebriati dallo sfarzo e dalla bellezza dell'apparizione. 9 18/05/2011 Girolamo Crescentini (Urbania, 2 febbraio 1766 – Napoli, 24 aprile 1846) Vedrò con mio diletto l'alma dell'alma mia Il core del mio cor pien di contento. E se dal caro oggetto lungi convien che sia Sospirerò penando ogni momento... da Giustino di A. Vivaldi Philippe Jaroussky - Vedro con mio diletto - Vivaldi - Giustino 10 18/05/2011 Cara sposa, amante cara, dove sei? Deh! Ritorna a’ pianti miei. Del vostro Erebo sull’ara Colla face del mio sdegno Io vi sfido o spirti rei! Handel, Rinaldo David Daniels (video) Irrealtà Questo bisogno di irrealtà era acuito inoltre dal fatto che spesso, nei momenti più tragici, i protagonisti delle opere reagivano non sempre con una musica coerente con la situazione, ma al contrario con una musica di grande bellezza e dal carattere sereno. In altre parole, anziché piangere o vederli piangere, spesso gli spettatori del teatro settecentesco preferivano sentirsi offrire dai protagonisti delle opere cui assistevano, arie di grande dolcezza: alla tragedia i protagonisti di un’opera dovevano reagire donando al pubblico momenti di grande bellezza. La musica doveva svolgere una funzione consolatoria. In fondo, il pubblico andava a teatro per assistere a un evento artistico musicale, e quindi, in altre parole, a una deliberata finzione. 11 18/05/2011 Adriano in Siria (libretto di Metastasio – musica di Giovanni Battista Pergolesi) La 1a rappresentazione avvenne il 25.10.1734. E' questo uno dei libretti più in voga di Metastasio: fu musicato almeno 40 volte. Interprete principale fu il castrato Gaetano Majorano piú noto come Caffarelli. Proprio per aderire alle sue straordinarie doti vocali, Pergolesi inserì delle arie altrimenti non presenti nell'originale metastasiano. Circa la metà delle arie e degli episodi d'insieme hanno testi sostitutivi. Caffarelli non mantenne nessun testo metastasiano (in forza del suo gusto personale e della sua voce). Sia Osroa che Sabina hanno ciascuna un'aria sostitutiva (per es. Osroa Atto I, scena 12). Anche i recitativi sono spesso modificati (per es atto II scena 11). Le arie furono ridotte di numero rispetto all'originale metastasiano.Passarono da 27 a 20. Conseguentemente alcuni personaggi (tra cui anche Farnaspe [Caffarelli]) escono di scena senza cantare: vedi atto I scena 2. La distribuzione delle arie è abbastanza omogenea fra i vari personaggi ed è ancora una volta diversa da quella originariamente voluta da Metastasio che dava ben 6 arie ad Emirena contro le 3 di Osroa. Osroa e Sabina: 4 arie Farnaspe (Caffarelli) e Emirena: 3 arie e un duetto Aquilio e Adriano: 3 arie Diverse parti dell'Adriano furono riutilizzate in seguito nell'Olimpiade. Addirittura un'aria scritta per Caffarelli (Atto II scena 11 "Torbido in volto e nero" divenne così famosa che lo stesso Pergolesi la riprese in toto nell'Olimpiade, testo compreso. Libertà nell’uso delle fonti letterarie e rapporto musica– dramma Testo originale di Metastasio Testo musicato da Pergolesi Esempio Adriano in Siria di Pergolesi (1734) recitativo e aria (manoscritto) audio 12 18/05/2011 Anche la realizzazione musicale del libretto è dominata da un criterio non realistico. Ogni opera si compone di una catena di recitativi e arie. Ai recitativi spetta il compito di portare avanti l’azione esteriore. E’ il luogo deputato alla realizzazione dei dialoghi. Il tempo del recitativo è il tempo della realtà: se un dialogo cantato nel recitativo dura nell’opera due minuti, non diversa durata avrebbe nella realtà. I versi del recitativo sono per lo più sciolti. L’aria porta avanti l’azione interiore, è il luogo deputato all’esternazione dei sentimenti prodotti dall’azione. Il tempo è come sospeso, dilatato dai virtuosismi vocali che rendono incomprensibili le parole del testo, la forma è chiusa e simmetrica. I versi sono regolari e organizzati in strofe regolari. Esistono due tipi di recitativo: Il recitativo secco: accompagnato dal solo basso continuo il recitativo accompagnato: retto cioè dagli archi. Quest’ultimo recitativo, più elaborato del precedente, veniva usato solitamente con molta parsimonia. In ciascuna opera del Settecento appare al massimo una o due volte, per non rovinarne l’effetto, ed è collocato nei momenti più drammatici dell’opera stessa. 13 18/05/2011 L’aria Si afferma l’aria col da capo, anch’essa perfettamente connaturata al bisogno di inverosimiglianza che è proprio del periodo storico. Da un punto di vista musicale essa è tripartita. I primi 4 versi, intercalati da un ritornello (R) strumentale sono intonati (due volte, ma con musica sovente diversa) nella prima sezione (A); i 4 versi successivi, basati su di una musica ritmicamente e tonalmente contrastante con la sezione A, nella seconda sezione (B). Ma l’aria col da capo, soddisfaceva anche il bisogno di varietà imposto da un pubblico che a teatro andava tutte le sere, anche a rivedere più volte la medesima opera o per riascoltare lo stesso libretto messo in musica da un altro compositore. Perché nel ripetere la prima strofa (da capo) i cantanti potevano abbellire la melodia, volutamente semplice, come meglio erano in grado di fare: più il cantante era bravo e più elevato sarebbe stato il numero delle fioriture liberamente improvvisate. Per questa ragione le arie rappresentavano il momento di maggior godimento per il pubblico. 14 18/05/2011 Razionalizzazione degli affetti Ogni aria rappresenta dunque uno stato d’animo indotto dall’azione esterna. Questi stati d’animo, ossia questi affetti, non possono mescolarsi l’un l’altro: ogni aria, in altre parole, esprime uno o al massimo due soli affetti (sentimenti, stati d’animo) alla volta. Sicché la personalità del personaggio si compone di macro frammenti affettivi isolati l’uno dall’altro, essa è un mosaico che solo al termine dell’opera l’ascoltatore può ricomporre. Il carattere mono-passionale dell'aria permise ai teorici successivi di catalogare con estrema semplicità la situazione espressiva di ogni singola aria. La classificazione più comune e diffusa (assai ibrida però, in quanto costruita di volta in volta impiegando criteri diversi quali lo stile vocale, quello dell'accompagnamento, la situazione drammatica ecc.), nel corso del Settecento, è quella che segue: 15 18/05/2011 - di sortita: annuncia l'ingresso in scena del cantante protagonista; si configura come un brano in cui l'attore (è questa la denominazione corretta che si dà ai cantanti) mette in luce tutte le proprie risorse tecniche e stilistiche, il "tipo" di vocalità che gli è più congeniale. - di bravura (o di agilità): virtuosistica per eccellenza, in tempo allegro, dotata di tutto il campionario degli abbellimenti (trilli, arpeggi ecc.) - di portamento: dall'andamento pacato, ma ritmicamente ben determinato, impiega il principio del portamento, consistente nel "portare" la voce da un suono ad un altro gradatamente, quasi sfiorando le note di passaggio con diverse sfumature nell'intensità e qualità dell'emissione vocale. - cantabile: non virtuosistica, dotata di accompagnamento molto semplice, espressiva di sentimenti teneri ed affettuosi. - di mezzo carattere: con accompagnamento abbastanza elaborato, di natura appassionata - parlante: con accompagnamento elaborato e di natura appassionata - di sdegno o di ira (detta anche infuriata): variante della precedente, in tempo allegro, con disegno ritmico marcato, con vistosi salti d'intervallo nella condotta melodica. - senza accompagnamento: il cantante agisce da solo - di caccia: con impiego del corno come strumento concertante - di guerra: con impiego della tromba come strumento concertante - del sonno: ad andamento lento e cullante - con catene: relativa ad un personaggio incatenato - di confronto (o di paragone): il personaggio si confronta con una scena di natura (mare, vento, onde, tempesta, usignolo ecc.) -di sorbetto: affidata a personaggi secondari e dunque trascurabile da parte del pubblico che in quella circostanza poteva dedicarsi alla degustazione di sorbetti, bevande ecc. -di baule: cavallo di battaglia di cantanti, che la eseguivano anche all'interno di altre opere. Un’ultima annotazione riguarda i testi. I testi delle arie sono di solito molto generici. Spesso non vi compaiono mai i nomi degli altri protagonisti. Se un personaggio è adirato, la metafora più ricorrente è quella di un mare in tempesta, di una barca fra le onde, di una pianta fra i venti e così via; se è innamorato allora spesso il paragone va all’usignolo innamorato e simili. Questa genericità permetteva ai cantanti di sostituire un’aria con un’altra, solitamente traendola da altra opera di altro autore. Proprio per questo si fa strada la cosiddetta aria di baule - aria di baule: prediletta da un determinato cantante (che se la portava dappresso come un capo di vestiario) ed inserita nelle opere più disparate, come pezzo di sicuro successo. 16 18/05/2011 Semiramide riconosciuta musica Niccolò Porpora libretto Metastasio Audio Ascolti: Arie d’ira (C. Bartoli – video) (SubTitles) Vivaldi: Tra le follie diverse… siam navi (5) Vivaldi: Agitata da due venti (3) Vivaldi: Sventurata navicella I compositori Abbiamo lasciato il mondo musicale seicentesco dominato dalla città di Venezia. A partire dalla metà del Seicento, però, il baricentro iniziò a spostarsi su Napoli che divenne grande fucina di operisti. Fin dalla metà del Seicento, dietro impulso del viceré spagnolo, era giunta a Napoli la troupe dei Febiarmonici, allestendovi opere veneziane di Cavalli e Monteverdi. Ma fu soprattutto per iniziativa e i finanziamenti di un altro viceré, il duca di Medinaceli, che alla fine del secolo Napoli iniziò a imporsi come una delle principali piazze teatrali del momento. A Napoli operavano fino al tardo secolo XVIII ben quattro Conservatori: I Poveri di Gesù Cristo, La Pietà dei Turchini, Sant'Onofrio a Porta Capuana e Santa Maria di Loreto, più uno femminile denominato dell'Annunziata. Qui studiano e si formano quasi tutti i principali operisti della cosiddetta Scuola Napoletana, termine tuttavia rifiutato da molti musicologi che preferiscono l’espressione di “opera metastasiana” o opera neoclassica. 17 18/05/2011 Audio 18 18/05/2011 opera nel Settecento OPERA COMICA A differenza del Seicento, secolo in cui non esiste l'opera comica ma esistono scene comiche inserite all'interno dello spettacolo serio, il Settecento dà vita ad uno spettacolo leggero, divertente, veloce, ambientato nella contemporaneità, che fu, a seconda delle epoche e delle città, così definito: 1. Intermezzo (Venezia, Napoli) 2. Commedia per musica (Napoli) (commedeja pe’ mueseca) 3. Dramma giocoso (Venezia) 4. Dramma eroicomico 5. Farsa (spesso in un atto e con alternanza di parti cantate e parti recitate, sovente in forme dialettali) 19 18/05/2011 L’INTERMEZZO L’Intermezzo Lo spettacolo comico più antico è limitato a una o due scene buffe inserite fra un atto e l’altro dell’opera seria, e proprio per questo fatto è chiamato Intermezzo. In pratica lo spettatore assisteva a due spettacoli: uno serio (quello principale) e uno comico (quello secondario). Queste scene comiche indipendenti dall’intreccio serio che le ospita, erano già presenti nell’opera seria del Seicento. Ma mentre nel Seicento esse erano inglobate all’interno dello spettacolo, nel Settecento diventano indipendenti e trovano una collocazione autonoma, fra un atto e l’altro dell’opera seria. 20 18/05/2011 Come nascono gli Intermezzi? Come abbiamo già detto, durante il Seicento era uso inserire, all'interno delle opere serie, delle scene comiche: tali sono, ad esempio, la scena del valletto nell'Incoronazione di Poppea, la scena del fioraio (Elviro travestito, Clito ecc.) dello Xerse. Verso la fine del secolo tali scene comiche tendono a configurarsi sempre di più come delle piccole piéce di teatro indipendenti dalla vicenda seria, in altre parole le scene comiche acquistano sempre di più una loro autonomia. Camilla regina de’ Volsci A mo' di esempio valgano le scene comiche dell'opera seria Il trionfo di Camilla regina de' volsci: Linco, servo di Camilla, è corteggiato dalla vecchia laida Tullia, cameriera di Lavinia. Ciascuno di questi personaggi ha una parte nell'azione principale, ma vi sono anche diverse scene tutte per loro, nelle quali Linco, dopo vari tentativi da parte di Tullia, acconsente a sposarla per amore del denaro. Ovviamente questa breve narrazione comica non ha nulla a che vedere col soggetto serio de La regina de volsci. Proprio questa autonomia doveva favorire lo sganciamento delle scene comiche dall'impianto serio. Sempre più spesso, infatti, i cantanti destinati a ruoli buffi, imparavano a memoria queste scene e le inserivano in altre opere serie nelle quali erano scritturati. E' presumibilmente che proprio in seguito a questa pratica, nascano i primi Intermezzi. 21 18/05/2011 Gli elementi che favorirono la nascita degli Intermezzi sono sostanzialmente due: la fervida attività dei cantanti specializzati in ruoli buffi Per quanto riguarda i cantanti è ampiamente testimoniata l'attività di due "buffonisti" nel Nord Italia. Si tratta della coppia Rosa Ungarelli e Antonio Ristorini che vivevano grazie alle rappresentazioni di Intermezzi che portavano in giro per l'Italia e anche all'estero. la "riforma" librettistica operata da Zeno e da Metastasio Per quanto riguarda la riforma di Zeno e Metastasio essa agì attraverso il divieto d’inserire all'interno delle opere serie, scene e personaggi comici: è dal rispetto verso questa imposizione che si diffonde la pratica di eseguire questi Intermezzi comici (indipendenti dall'opera seria) fra un atto e l'altro dell'opera seria rappresentata. La pratica di rappresentare Intermezzi non si diffuse contemporaneamente in tutte le città di Italia. Il primato spetta, come al solito, a Venezia dove i primi Intermezzi autonomi compaiono fin dal 1707 con Francesco Gasparini e Tommaso Albinoni. A Napoli, invece, si rimase a lungo fedeli alle scene comiche inserite all'interno dell'opera seria, alla maniera de La Camilla, e soltanto nel 1715 compare il primo Intermezzo autonomo, ma ancora nel 1725-30 i massimi esponenti della cosiddetta scuola napoletana, quali Leonardo Vinci e Leonardo Leo, erano fedeli alle scene buffe tradizionali (inserite cioè nell'intreccio serio). Le ragioni del ritardo di Napoli, rispetto a Venezia o a Firenze, si devono alla mancanza in questa città di una coppia di buffi di poche pretese economiche come la coppia Ungarelli–Ristorini. C'erano – è vero – due cantanti esperti nel nuovo genere buffo, Giocacchino Corrado e Santa Marchesini, ma entrambi svolgevano attività fissa anche a corte e dunque, per l'alta carica che ricoprivano, volevano essere ingaggiati a somme molto alte. E ciò era in contraddizione con la natura semplice ed economica dello spettacolo comico. 22 18/05/2011 I personaggi: sono generalmente due; a volte ne compare un terzo ma solitamente è una comparsa che non canta (a volte perché è muto). Lo scarso numero di personaggi è una conseguenza della pratica iniziale di cantare le scene comiche delle opere serie. Gli atti: sono tre o due. Il loro nome corretto è quello di Intermezzi (non è affatto sbagliato dire gli Intermezzi di Pimpinone) L'ambientazione: è realistico-borghese. I personaggi sono sempre ambientati nella contemporaneità. L'intreccio E’ semplicissimo. Il più diffuso ruota attorno al desiderio delle classi subalterne di occupare posizioni più elevate. Un esempio è quello della serva che vuole sposare il proprio padrone; oppure quello del borghese che desidera diventare gentiluomo e che per ottenere ciò si sforza di imparare tutto l'armamentario delle buone maniere. Come è caratteristico anche della commedia dell'arte l'uomo è generalmente sciocco, avaro e ingenuo, mentre la donna è intelligente, spendacciona e furba. Uno dei luoghi più comuni riguarda il travestimento. Un personaggio travestito (una donna travestita da uomo, o viceversa, oppure un personaggio del popolo da nobile) gode di privilegi di cui non ha diritto, dando così vita all'equivoco. Ed è proprio attorno all'equivoco che vediamo snodarsi numerosi intrecci. 23 18/05/2011 I cantanti I cantanti, come i librettisti, sono di solito figure di secondo piano. Non era pensabile infatti che i protagonisti dell'opera seria si accollassero la fatica di interpretare anche gli Intermezzi. Inoltre, proprio perché spettacolo minore, che non doveva gravare oltre una certa misura sui costi complessivi dello spettacolo, i protagonisti dell'intermezzo non erano mai i castrati, ma cantanti scelti, più che per le loro doti vocali, per la loro capacità di caratterizzare, mediante la mimica e la vocalità, i "tipi", ovvero i personaggi della farsa ben più variegati degli stereotipi eroi ed eroine dello spettacolo serio. I personaggi maschili erano interpretati da voci baritonali o di basso, così inusuali da apparire grottesche e divertenti, mentre i personaggi femminili, se di giovane età, erano affidati ai soprani, ai mezzo-soprani invece se donne mature. La musica e l’azione I recitativi secchi sono numerosissimi al contrario delle arie che spesso non sono più di tre per intermezzo (ma vi sono intermezzi anche con una sola aria per parte). La conseguenza di ciò è che l’azione scorre rapidissimamente. Inoltre, il fatto che interpreti degli intermezzi non fossero i castrati ma cantanti dalle spiccate doti di attori, fece perdere all'aria quel suo ruolo di supporto delle doti dei cantanti. Per questo, a livello letterario, non v'è la drastica differenza fra recitativo ed aria così frequente nei libretti delle opere serie né è rispettata la sua collocazione al termine della scena. Ma fatto ancor più nuovo è che, svuotatesi di gran parte dell'esteriorità loro propria, le arie finirono col muoversi in una misura prevalentemente sillabica e ad escludere la coloratura (a meno che non vi sia l'intento deliberato di canzonare, parodiandolo, lo spettacolo serio). Le arie sillabiche, perciò, non interrompono l’azione come quelle ipervirtuosistiche dell’opera seria, ma contribuiscono a loro volta a portarla avanti. 24 18/05/2011 L'orchestra: è di dimensioni modeste. L'organico di solito non va oltre i violini primi e secondi, le viole, i violoncelli e il clavicembalo per il basso continuo. Gli strumenti a fiato e le percussioni non sono usati. Negli intermezzi, non vi sono brani strumentali. Persino la consueta Sinfonia avanti l'opera, così caratteristica dell’opera napoletana, è assente. Il pubblico: più volte, infatti, gli storici hanno affermato che con l'affermarsi dell'opera comica, anche la borghesia poté finalmente godere di uno spettacolo proprio attraverso il quale divulgare i valori che la contraddistinguono. In realtà agli inizi l'opera fu finanziata dall'aristocrazia che trovava diletto nei soggetti leggeri degli intermezzi anche quando (ossia il più delle volte) ne deridevano i vizi o lo scarso acume. Fu soltanto in seguito, a partire dalla seconda metà del Settecento, e poi negli anni di riscatto della borghesia illuminata, che l'opera comica finì col diventare uno spettacolo borghese se non addirittura popolare. L'operista Per tutta la prima metà del Settecento non vi sono operisti specializzati unicamente nella composizione di opere comiche. I compositori si dedicano prevalentemente nella composizione di opere serie, lo spettacolo più impegnativo, quello cioè che poteva dare al suo autore il maggior lustro, e solo saltuariamente si dedicava alla composizione di opere comiche. Gli intermezzi destinati a essere eseguiti fra gli atti delle opere serie sono, nella maggior parte dei casi, composti dall'autore dell'opera seria. Il caso forse più emblematico è quello della "Serva Padrona" di Pergolesi, il più celebre intermezzo comico che mai sia stato composto: Pergolesi, allora appena ventitreenne, lo compose in occasione della rappresentazione de "Il Prigioniero superbo" sua terza opera seria e che attendeva di andare in scena nel più importante teatro napoletano, il San Bartolomeo, in occasione delle celebrazioni per il compleanno dell'Imperatrice Cristina. Il "Prigioniero Superbo" ebbe scarso successo; tutto il contrario invece l'intermezzo che nelle sere successive la prima rappresentazione, fu replicato e in seguito rappresentato senza l'involucro serio che lo racchiudeva. In questa veste ottenne fama Europea. 25 18/05/2011 Il librettista - I libretti In quanto spettacolo minore, subordinato cioè all'opera seria, ebbe l'apporto di mediocri versificatori. Non è infrequente imbattersi in errori di grammatica, o in lunghi passi carichi di sfumature dialettali, se non addirittura in dialetto da capo a fondo (anche se si deve ricordare che nel Settecento i dialetti hanno, nei diversi luoghi in cui si parlano, piena dignità linguistica). E la situazione rimarrà tale fino a quando, dopo la metà del secolo, non succederà che poeti di valore, come il Goldoni, non decideranno di impiegarsi anche in questo tipo di spettacolo. La serva padrona e gli intermezzi napoletani La grande stagione degli Intermezzi a Napoli ebbe inizio più o meno intorno al 1724. Il grande merito spetta a Johann Adolf Hasse e ai suoi intermezzisti (interpreti) Celeste Resse e Gioacchino Corrado: tra il 1726 e il 1730 produsse non meno di otto intermezzi. Gli intermezzi di Hasse, Larinda e Vanesio (l'artigiano gentiluomo) dati a Napoli nel 1726 rivelano la loro discendenza letteraria da Molière. Il librettista era Antonio Salvi. 26 18/05/2011 La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) libretto di Gennarantonio Federico Intermezzi in due parti Prima: Napoli, Teatro San Bartolomeo, 28 agosto 1733 Personaggi: Uberto, ricco scapolo (B); Serpina, sua serva (S); Vespone, servo di Uberto (m) La serva padrona di Pergolesi è l’intermezzo più conosciuto nel suo genere. Composta su libretto di Gennaro Antonio Federico, fu rappresenta la prima volta al Teatro San Bartolomeo di Napoli il 28 agosto 1733, quale intermezzo all'opera seria Il prigionier superbo, dello stesso Pergolesi. All'epoca della sua prima rappresentazione sia Pergolesi che il librettista dell’Intermezzo, Gennarantonio Federico, si occupavano di drammi seri per musica. L'intreccio della serva è classico: Serpina vuole diventare padrona e per far questo si serve di alcuni trucchi per conquistare il suo padrone, Uberto. Nel suo intento Serpina è aiutata da Vespone, servo di casa. Vespone non parla perché è muto. Nel secondo intermezzo, Vespone si traveste da Capitan Tempesta, promesso sposo di Serpina, rendendo così, ancora una volta centrale, il tema del travestimento. L'unità di luogo, tempo e azione è rispettata rigorosamente. 27 18/05/2011 Serva padrona (libretto) Spartito UN RIASSUNTO: L’OPERA COMICA E SERIA FRA SEI E SETTECENTO 28 18/05/2011 Il Seicento tragedia commedia Fine Seicento tragedia commedia 29 18/05/2011 Il Settecento opera comica nel Settecento LA COMMEDIA PER MUSICA 30 18/05/2011 Parallelamente all'intermezzo buffo veneziano nasce a Napoli – agli inizi del Settecento – uno spettacolo comico di dimensioni appena inferiori a quelle dell'opera seria rappresentato indipendentemente da questa. Dal 1709 la commedia per musica (questo il nome dello spettacolo), che soddisfaceva le esigenze di chi desiderava trovare nell'opera un'occasione per divertirsi, ebbe un proprio palcoscenico, il Teatro dei Fiorentini a Napoli, e anche propri poeti, compositori e impresari. A quanto si sa, le prime commedie per musica napoletane dovettero venir allestite privatamente in palazzi nobiliari. Abbiamo notizia soltanto di una di queste, La Cilla (1707), ma può darsi che altre siano state rappresentate prima di allora. Ma l'innovazione determinante fu l'uscita in pubblico, al Teatro dei Fiorentini nel 1709, con Patrò Calienno de la Costa di un certo Agasippo Mercotellis. Si tratta certamente di uno pseudonimo fino ad oggi non decifrato: considerata uno spettacolo minore, i compositori e i librettisti che scrivevano commedie per musica preferivano non comparire direttamente col proprio nome di battesimo sui libretti. Ancora nel 1718 Francesco Antonio Tullio, il librettista del Trionfo dell'onore di Alessandro Scarlatti, firmò il libretto con lo pseudonimo di Colantuono Feralintisco, l'anagramma del suo nome. 31 18/05/2011 Lo stesso Alessandro Scarlatti deve, probabilmente, aver impiegato uno pseudonimo per alcune commedie per musica di sua composizione. Unica importante eccezione è costituita proprio da il Trionfo dell'onore che firmò col proprio nome solo perché, nell'anno della sua rappresentazione (17181719), al Teatro dei Fiorentini si rappresentarono commedie per musica in toscano anziché, com'era caratteristico del genere, in lingua napoletana. Questo esperimento di nobilitazione linguistica doveva tuttavia risultare prematuro: il dialetto napoletano fu infatti impiegato nelle commedie per musica fino alla fine del Settecento. Il messaggio specifico della commedia per musica può essere così definito: la vita quotidiana di strati sociali relativamente più bassi (barbieri, pescatori ecc.). Col passare degli anni, la commedia coinvolse anche personaggi di rango più elevato facendone alla fine oggetto di ilarità al pari degli altri. 32 18/05/2011 Il dialetto locale non era soltanto l'unico contrassegno della napoletanità del genere. Le commedie per musica, infatti, impiegano stabilmente anche melodie tratte dal folklore napoletano e campano in genere. La lingua e le melodie popolari, accompagnate spesso da strumenti popolari (come il colascione, una sorta di mandolino basso, che compare ne Li zite'n galera di Leonardo Vinci o nell’Osteria di Marechiaro di Paisiello), finivano con connotare i personaggi più semplici, più umili delle commedie. I nobili, al contrario, parlavano in toscano. Ciò non toglie, tuttavia, che non esistessero libretti in napoletano da capo a fondo. colascione L’Osteria di Marechiaro Giovanni Paisiello, musica Giuseppe Cerlone, libretto Napoli Teatro dei Fiorentini 1768 CHIARELLA Me faccio forte, e intanto pur'io so' nnamorata! Stu Conte aggrazziato che da Romma aspetta la sua sposa stamattina ah! mme fa suspirà! (Il Conte appare con il calascione, che va strimpellando) Ah! Eccolo che viene! Porta lo calascione, e io a tiempo a tiempo tengo vicino cà lo mandulino. All'aria de’ lo mare, fingimmo non vederlo e de cantare! Priesto, ammore, portamillo, nun me fa cchiù spasemà! Ninno bello, aggrazziatiello, viene mo’ ca nenna toia se volesse consolà! CONTE (cantando sul calascione) Quanno vene nenna bella, che ha li mosse de na fata? Chella bella romanella ca me face suspirà? Moglierella accunciulella, viene viene al Conte tuo ca se vole consolà! Audio (selezione) (Va a prendere lo strumento e canta) quanno vene lo nennillo, che stu core m'ha feruto? 33 18/05/2011 Lo Frate ’nnamorato, di Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) libretto di Gennarantonio Federico Commedia per musica in tre atti Prima: Napoli, Teatro dei Fiorentini, 27 settembre 1732 (seconda versione: ivi, carnevale 1734) Personaggi: Marcaniello, vecchio, padre di Luggrezia e di Don Pietro (B); Ascanio, giovane innamorato di Nena e di Nina, che si scopre in seguito essere il loro fratello Lucio (S); Nena, innamorata di Ascanio (S); Nina, sorella di Nena, innamorata di Ascanio (A); Luggrezia, figlia di Marcaniello, innamorata di Ascanio (A); Carlo, zio di Nena e Nina, innamorato di Luggrezia (T); Vannella, serva di Carlo (S); Cardella, serva di Marcaniello (S); Don Pietro, giovane strambo, figlio di Marcaniello (B) Nel 1732, col Frate ’nnamorato (e l’opera seria La Salustia ) il giovane Pergolesi faceva il suo ingresso nell’agone del teatro musicale, cimentandosi nel genere della commedia per musica ‘in lingua napoletana’ ospitato al Teatro dei Fiorentini. Il successo di questi primi passi fu straordinario, degno esordio di una carriera operistica folgorante e destinata, nonostante la sua brevità (appena quattro anni), a fortuna duratura. Lo frate ’nnamorato riuscì di «somma soddisfazione», venne ripreso nel carnevale del 1734 con modifiche alla partitura per mano di Pergolesi stesso e nuovamente nel 1748, un evento di carattere eccezionale, motivato dall’inesausta popolarità dell’opera nel corso di due decenni: tanto circondato da un’aura, anch’essa straordinaria, di massimo rispetto per il compositore scomparso, che per la ripresa del ’48 «religiosamente si è pensato di non toccare in parte alcuna la musica del presente Dramma» (così nel libretto). 34 18/05/2011 Per questo lavoro di vaste dimensioni e grande impegno compositivo (l’edizione critica conta 35 numeri musicali oltre alla sinfonia; si consideri inoltre che l’esecuzione prevedeva la presenza di intermezzi autonomi tra gli atti), Pergolesi inaugurò la collaborazione col librettista Gennarantonio Federico, drammaturgo di talento, autore affermato di testi comici, come Amor vuol sofferenza per Leo e responsabile di due importanti futuri lavori di Pergolesi (la celeberrima Serva padrona e una seconda commedia musicale, Il Flaminio). opera nel Settecento IL DRAMMA GIOCOSO 35 18/05/2011 E’ a partire dalle seconda metà del Settecento che lo spettacolo comico, indipendente dallo spettacolo serio, diventa spettacolo diffuso a livello europeo, accolto con pari dignità dell'opera seria e addirittura assai più frequentemente rappresentato (anche grazie ai costi minori per il suo allestimento). E' infatti nella seconda metà del Settecento che, grandi compositori (quali Mozart, Salieri, Paisiello e Cimarosa - per non parlare di Rossini) e grandi librettisti (quali Goldoni, Da Ponte, Petrosellini, Mazzolà ecc.) si dedicano allo spettacolo comico. In questo suo fiorire lo spettacolo comico conobbe una identità nuova: oggi lo definiamo opera buffa, ma all'epoca della sua piena realizzazione, esso era definito "dramma giocoso per musica", "dramma comico per musica", "opera bernesca" (sinonimo settentrionale di ‘buffa’), "commedia per musica" ed altro ancora. L'opera buffa è nata a Venezia e forse rappresenta, insieme col teatro comico di Goldoni, l'ultimo contributo veneziano alla cultura europea. Allo stesso tempo essa ha qualcosa di universale giacché riunisce in sé tradizioni di diversa provenienza. Tra queste c'é naturalmente l'intermezzo, che intorno al 1735 era già diventato un affare europeo e aveva cominciato a distaccarsi anche organizzativamente dal dramma per musica. C'è soprattutto la commedia per musica napoletana, che a quell'epoca, abbandonato il dialetto napoletano (fuorché talvolta nelle parti secondarie) aveva trovato pronta accoglienza anche in altri centri: dapprima a Roma e poi nelle città del settentrione, dove le pièces vi arrivarono grazie alle compagnie di giro. Una delle prime commedie per musica a trovare la via di Roma e Venezia fu Amor vuol sofferenza di Leonardo Leo, dove fu rappresentata, rispettivamente nel 1744 e 1748 col titolo di La finta frascatana, lavoro importante per il modo in cui enfatizza gli aspetti più sentimentali e piccolo-borghesi della vicenda. In effetti gli anni '40 vedono concentrarsi a Venezia tutte le forme di teatro che sono alla base dell'opera buffa. 36 18/05/2011 La progressiva fioritura dell'opera buffa non lasciò insensibile il grande commediografo veneziano Carlo Goldoni (1707-1793). Proprio l'apporto di Goldoni fu determinante per dare un assetto "definitivo" all'opera comica. Carlo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio 1793) Con Goldoni la commedia conobbe una straordinaria rivalutazione grazie alla inedita qualità linguistica dei suoi libretti, alla perfezione degli intrecci, alla chiara definizione dei personaggi (in senso psicologico, caratteriale ecc), alla qualità dei dialoghi. Passando continuamente dall'italiano al veneziano e viceversa, Goldoni dà spazio a diversi usi sociali del linguaggio, in base alle varie situazioni in cui vengono a trovarsi i personaggi delle sue opere. Il suo italiano, influenzato dal veneziano e caratterizzato da elementi settentrionali, è quello del mondo borghese, lontano dalla purezza della tradizione classicistica toscana. Il dialetto veneziano non è per Goldoni uno strumento di gioco, ma un linguaggio concreto e autonomo, diversificato dagli strati sociali dei personaggi che lo utilizzano. 37 18/05/2011 Il concertato Con Goldoni, e con l'operista che per primo musicò i suoi libretti – Baldassarre Galuppi che tra il 1749-55 collaborò stabilmente con Goldoni realizzando capolavori del genere quali Il Conte Caramella e Il Filosofo di Campagna – l'opera comica è sempre in 2 o tre atti, ognuno dei quali è concluso da un concertato ossia da un pezzo d'insieme, già praticato nella commedia per musica napoletana, la cui peculiarità principale è la brillantezza virtuosisitca. Nel concertato i personaggi si rivolgono ora fra di loro, ora fra sé e sé, ora al pubblico. La eccitazione che caratterizza la psiche dei personaggi durante questi concertati è tale che, a partire da Paisiello in poi, si introdusse la stretta finale, ossia una progressiva accelerazione ritmica sviluppata in un altrettanto progressivo "crescendo" dinamico. Nel concertato confluisce tutta l'azione e l'eccitazione dei protagonisti della vicenda (il recitativo vi è escluso), come dimostra la definizione che ne ha dato un altro grande librettista "veneziano", Lorenzo Da Ponte: 38 18/05/2011 Proprio l’abbondanza di concertati (i più lunghi si trovano di solito alla fine del secondo atto o alla fine dell’opera stessa) e di pezzi d’insieme, rese particolarmente gradita al pubblico l’opera buffa che infatti si diffuse rapidamente, tanto da superare per numero di rappresentazioni, l’opera seria. E se quest’ultima continuava a essere considerata lo spettacolo di prestigio, quello con cui s’inauguravano le stagioni d’opera dei teatri più grandi e importanti, l’opera buffa si diffondeva in ogni dove, specie nelle città più piccole dove andava via via rafforzando la presenza di teatri specializzati proprio nel loro allestimento. La diffusione del genere dramma giocoso nel Settecento 1764 1770 1774 1777 1781 1784 1787 1790 opere serie 21 21 20 23 18 20 25 18 opere buffe 30,6 30 30 30 55 56 55 79 fonte: Indice de’ teatrali spettacoli per le sole stagioni di Carnevale (che normalmente privilegiano il repertorio serio) 39 18/05/2011 La diffusione del genere dramma giocoso nel Settecento 80 70 60 50 40 30 20 10 0 1764 1770 1774 1777 1781 1784 1787 1790 opere serie opere buffe La diffusione del genere dramma giocoso nel Settecento opera buffa: 269 titoli opera seria: 104 titoli 1078 allestimenti 199 allestimenti fonte: Indice de’ teatrali spettacoli per le stagioni comprese fra la Primavera del 1790 e il Carnevale del 1795 40 18/05/2011 La Cecchina Oltre ad aver impiegato stabilmente i concertati, Goldoni ha enfatizzato nell'opera comica l'elemento tenero, patetico, commovente, specchio della contemporanea produzione romanzesca francese (Chaussée) e inglese (Richardson). Tutta sentimentale e lacrimevole, ad esempio, è la trama de La Cecchina, ossia La buona figliuola, una delle opere goldoniane più popolari del Settecento basata su un romanzo epistolare di Richardson, Pamela, posta in musica da Niccolò Piccinni. Data nel 1760 al Teatro delle Dame di Roma, la Cecchina ottenne un successo clamoroso; lo stesso Piccinni cercò di ripetere il successo con una specie di "seconda puntata": La buona figliuola maritata (Bologna 1761). La storia narra la commovente vicenda di Cecchina, una fanciulla figlia di genitori ignoti, che a dispetto delle convenzioni sociali, ama ed è riamata dal nobile Conchiglia. Ma il matrimonio fra i due - ostacolato da altri due nobili, Lucinda e Armidoro - si farà solo quando un soldato riconoscerà le nobili origini della trovatella. I personaggi sono suddivisi in base a 3 diversi livelli espressivi: 2 personaggi nobili (Armidoro e Lucinda); 2 coppie di personaggi buffi ; 2 mezzi caratteri (Conchiglia e Cecchina) ossia né totalmente seri, né totalmente comici. Tali piani espressivi si contrappongono nei pezzi solistici e si sovrappongono nei concertati. 41 18/05/2011 La Cecchina di Niccolò Piccinni (1728-1800) libretto di Carlo Goldoni, dal romanzo Pamela, or Virtue Rewarded di Samuel Richardson ossia La buona figliuola Dramma giocoso in tre atti Prima: Roma, Teatro delle Dame, 6 febbraio 1760 Personaggi: la marchesa Lucinda (S); il cavaliere Armidoro, suo amante (T); il marchese della Conchiglia, fratello di Lucinda, amante di Cecchina (T); Cecchina, giardiniera (S); Paoluccia, cameriera di Lucinda (S); Sandrina, lavoratrice rustica (S); Mengotto, contadino, amante di Cecchina (B); Tagliaferro, soldato tedesco (B); cacciatori, uomini in armi, servi Cecchina (sentimentale – Atto I) Una povera ragazza, Padre e madre che non ha, Si maltratta, si strapazza... Questa è troppa crudeltà. Sì, signora, sì, padrone, Che con vostra permissione Voglio andarmene di qua. Partir ... me ne andrò A cercar la carità. Poverina, la Cecchina. Qualche cosa troverà. Sì, signore, sì, padrona, So che il Ciel non abbandona L'innocenza e l'onestà. (parte) Partitura Audio 42 18/05/2011 La Marchesa sola (seria) No, non gli riuscirà, lo giuro al Cielo. A costo di morire No, non la vo' soffrire Vanne, perfida, e aspetta Che lontana non è la mia vendetta. Furie di donna irata In mio soccorso invoco. Ah, che mi accresce il foco Un disperato amor. Resa per un'ingrata Gioco d'avversa sorte Stragi, vendetta e morte Medita il mio furor. (parte) Audio Partitura Tagliaferro (buffo caricato) Atto II O nix tu donne più pensar, paesan. Fenir, fenir con me, Che alla querra, contenti Star tutte sorte de difertimenti. Star trompette, star tampurri, Star chitarre e ciuffoletti, Star strumenti in quantità Racazzine craziosine Per ballare, hessassà. Se nemiche star lontan Trinche vain, paesan. Se nemiche star vicin, Zitte zitte nasconder. Quando in campo star fenuto, Je andate, tu restate, E tu panze conservate Per ballare, per trincar. Sempre allegre fatte star. (parte) Partitura Audio 43 18/05/2011 Concertato Atto I Cecchina Vo cercando, e non ritrovo La mia pace, il mio conforto, E per tutto meco porto Una spina in mezzo al cor. Sandrina - Paoluccia (a 2) Che si fa per di qua? Signorina, dove va? Cecchina Care amiche, addio per sempre: Già vi lascio, e m'incammino A cercar miglior destino, A cercar sorte miglior. (s'avvia verso la scena) Sandrina - Paoluccia (a 2) Vada pur, se se ne va, Mille miglia via di qua. Cecchina D'una povera meschina Sia Mengotto il difensor. Sandrina - Paoluccia (a 2) Sia Mengotto il conduttor Dell'amante del padrone, Ed il povero babbione Sia mezzan del protettor. Mengotto Del padrone? Sandrina - Paoluccia (a 2) Il suo cor non è per te. Mengotto (a Cecchina) Resta pur, se d'altri sei. Cecchina Ah! congiura a' danni miei Tutto il mondo traditor. (sopraggiunge il Marchese) Mengotto (s'incontra in Cecchina, e la trattiene) Dove vai, Cecchina bella? Dove vai, mio dolce amor? Sandrina - Paoluccia (a 2) Sì, signore, già si sa Coll'amante se ne andrà. Cecchina Donne ingrate, m'insultate, Non avete carità. Sandrina - Paoluccia (a 2) Mi condoni, mi perdoni Della mia temerità. (deridendola) Mengotto Vieni via, che mi contento Dell'amor di sorellina. Il Marchese Vuol Cecchina abbandonarmi? Ah, crudel, no, non lasciarmi! Dove vai, mio bel tesor? Sandrina - Paoluccia (a 2) Con Mengotto se ne va, Ch'è l'amato fortunato Che il suo cor si goderà. Il Marchese Con Mengotto? Sandrina - Paoluccia (a 2) Sì, signore. Il Marchese Vanne pur, ingrato core: Più di te non ho pietà. Cecchina Sventurata... sciagurata... Ah, di me cosa sarà? Il Marchese Vanne pur col tuo amorino. 44 18/05/2011 Mengotto Vanne pur col padroncino. Sandrina - Paoluccia (a 2) Bella... bella in verità! Cecchina (al Marchese) Ah, signor... Il Marchese Più non t'ascolto. Cecchina (a Mengotto) Senti tu... Mengotto Non son sì stolto. Cecchina Care amiche: in carità!... Sandrina - Paoluccia (a 2) Mi perdoni, mi condoni Della mia temerità. Sandrina - Paoluccia - Il Marchese - Mengotto (a 4) No, per te non v'è pietà. Chi di un sol non si contenta Si martelli, se ne penta: A chi finge così va. No, per te non v'è pietà. Cecchina Chi mi aiuta, per pietà? FINE DELL'ATTO PRIMO Audio – Partitura Mozart – Le Nozze di Figaro libretto di Lorenzo Da Ponte dalla commedia Le Mariage de Figaro di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais Commedia per musica in quattro atti Prima: Vienna, Burgtheater, 1 maggio 1786 Personaggi: il conte d’Almaviva, grande di Spagna (B); la contessa d’Almaviva, sua moglie (S); Susanna, cameriera della contessa (S); Figaro, cameriere del conte (B); Cherubino, paggio del conte (S); Marcellina, governante (Ms); Bartolo, medico di Siviglia (B); Basilio, maestro di musica (T); Don Curzio, giudice (T); Antonio, giardiniere del conte e zio di Susanna (B); Barbarina, sua figlia (S); paesani, contadinelle 45 18/05/2011 Contessa Barbarina Conte ? Susanna Cherubino ? Figaro Marcellina ? Atto I – dal duetto al Terzetto Susanna Susanna – Susanna – Susanna – Susanna – Cherubino (Cherubino)* – Conte (Cherubino) – (Conte) – Basilio Cherubino** – Conte – Basilio * I personaggi fra parentesi si nascondono ** Cherubino viene sorpreso dal suo nascondiglio. E’ quindi sulla scena ma tace. libretto 46 18/05/2011 47