n.1 - marzo 2010 IL PONTE - Anno XXXIX Supplemento al n. 11 del 19 marzo 2010 de “IL NUOVO GIORNALE” Autorizzazione Tribunale di Piacenza con decreto n. 4 del 4 giugno 1948 Exultet! Era morto ed è tornato in vita. Bimestrale d’informazione e attualità Fondato nel 1971: da don Dante Concari Direttore responsabile: don Davide Maloberti Direzione editoriale don Renzo Corbelletta - don Gino Costantino Redazione: Paolo Labati e Renato Passerini Coordinatori: don Cesare Lugani, don Paolo Camminati, Sabrina Mazzocchi, Loris Caragnano, Ennio Torricella, suor Luisella, Annalisa Cristofoli, Lorenzo Migliorini, Federico Zanelli, Michela Migliorini, Gianmarco Zanelli, Alberto Burgazzi, Michele Malvicini, Michele Anselmi, Chiara Ratti, Elena Fogliazza, Gianmarco Ratti, Gian Carlo Anselmi, Claudia Cigalla, Manuela Gentissi. Per le fotografie: Renato Passerini, Foto Cavanna, Oreste Grana, Foto Gaudenzi. Redazione, amministrazione e pubblicità: Pontedell’Olio - Tel. 0523 875803 Stampa: Grafiche Lama - Piacenza, Strada Dossi di Le Mose 5/7 Tel. 0523 592859 Le collaborazioni sono sempre gradite. Articoli, suggerimenti, notizie, lettere.... possono essere inviate ai recapiti: - fax 0523 871610 - E-mail: [email protected] (temporaneo) Testi e fotografie non si restituiscono se non dietro espressa richiesta. Celebrazioni PASQUALI Vigolzone: Domenica delle Palme: ore 10,30: celebrazione del solenne ingresso di Gesù a Gerusalemme e S. Messa Giovedì Santo: ore 20,30: solenne messa in Coena Domini con lavanda dei piedi Venerdì Santo: ore 17: solenne adorazione della croce ore 20,30: Via Crucis per le vie del paese Sabato Santo: ore 22,30: inizio solenne veglia pasquale Domenica di Pasqua: ore 8,30-11,00-18,00: messa parrocchiale ore 15,30: messa di Pasqua a Spettine Lunedì di Pasqua: ore 8,30-11,00-18,00: messa parrocchiale Pontedell’Olio: Giovedì Santo: ore 8,00: San Giacomo - Celebrazione lodi ore 18,00: Riva ore 20,30: San Giacomo - Messa in Coena Domini ore 20,30: Villò 2 Venerdì Santo: - 15,00 - 16,00 - 18,00 - 20,30 ore 8,00: San Giacomo - Celebrazione lodi ore 15,00: San Giacomo- adorazione croce ore 16: Riva ore 18,00: Folignano ore 18,00: Villò, adorazione croce e ore 21 via Crucis ore 20,30: Via Crucis per vie capoluogo Sabato Santo: ore 8,00: San Giacomo - Celebrazione lodi ore 22,00: Veglia pasquale a Villò ore 22,00: Veglia pasquale a Carmiano ore 23,30: San Giacomo - Veglia pasquale Domenica di Pasqua: Sante Messe alle: Riva ore 7,30 San Giacomo ore 8,00 Folignano ore 9,00 Albarola ore 9,30 Castione ore 9,30 San Giacomo ore 10,00 Villò ore 10,30 Riva ore 11,00 Veano ore 17,00 San Giacomo ore 18,00 Editoriale “ … ed ecco una donna, una peccatrice di quella città … fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di Lui e cominciò a bagnarli con le lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.” ( Lc 7, 38-39) Abbiamo perso le lacrime: abbiamo perso, quindi, l’inizio, il nostro iniziare ad essere, lo sguardo primordiale, quello con cui non solo abbiamo salutato il mondo per la prima volta, ma attraverso il quale ci siamo lasciati anche guardare, raggiungere, nutrire, curare, al quale ci siamo affidati e lasciati condurre. Ma dov’è finita questa fiducia iniziale? La donna con le sue lacrime bagnava i piedi di Gesù, con i suoi capelli li asciugava, con le sue mani li cospargeva di olio profumato. Commuove questa donna, tocca il nostro cuore: tutto di lei è affidato al Signore, non c’è parola che si frapponga tra lei e Gesù in quel momento eppure tutto è dialogo, tutto vive in quel gesto, tutto vive nel calore di quella relazione, di quel legame, di quell’affetto intuito e incontrato, nella sorpresa di qualcuno che ti accoglie per quello che sei, che non ti giudica, che non fa domande, che non indaga sul tuo passato e nemmeno sul tuo presente, ma che semplicemente ti lascia essere. Abbiamo perso le lacrime: quanti spazi di tanta tenerezza accompagnano, infatti, i nostri giorni? A volte non sappiamo nemmeno bene cosa dobbiamo chiedere e a chi chiedere nella e alla nostra vita: ci fermiamo, ci ascoltiamo, smettiamo di correre e un bisogno quasi fisico di lasciarci andare e consegnarci a qualcuno ci assale. Poco hanno a che fare le lacrime con quella isteria collettiva da cui spesso, mediaticamente, siamo violentati: le lacrime si nutrono di pudore, sono silenziose, discrete, solcano con calore il nostro volto, fermano le nostre corse affidandoci sempre, nell’abbraccio di un amico, nell’intimità della nostra casa, nell’incanto del mare, nell’infinito di un cielo stellato, nella nostalgia e nel ricordo di chi abbiamo amato e accompagnato nei nostri giorni, al Mistero di un Incontro. Quest’anno Pasqua mi si prefigura nello sguardo di Pietro, nei suoi occhi che da lontano non riuscivano a staccarsi dal corpo e dalla croce del suo amico, nella paura delle sue parole, nel suo amore, nel suo tradimento, nello strazio del suo cuore, nel dramma di aver perso per sempre colui al quale aveva promesso eterna fedeltà. Al momento Pietro, infatti, accompagna la mia incertezza nei confronti del tempo presente, è uno sguardo attento e serio al mio essere credente, uno sguardo che interpella la mia paura di non vedere, all’interno della chiesa, sufficientemente accolto e amato l’uomo e la sua fragilità. Mi fa terribilmente paura, infatti, quando nelle nostre azioni pastorali non ascoltiamo e non diamo abbastanza fiducia ai nostri giorni, quando di fronte ad essi ci volgiamo indietro rivisitando semplicemente senza anima e senza passione il nostro passato –qualunque esso sia!- riproponendo vecchi schemi poco udibili per i nostri tempi. Mi fa paura perché è esattamente l’opposto di quanto ha fatto Gesù affidando il suo futuro e il futuro della sua Chiesa, paradossalmente, proprio all’incoerenza e alla paura di Pietro, forse perché proprio lì, in quei tratti così precariamente umani, gli occhi di Gesù andavano oltre intuendo e lasciando parlare l’amore forte e sincero del suo amico. E se Pietro in questa Pasqua è uno sguardo a me, le lacrime della donna sono il “mio Signore” innanzi al quale non voglio più pensare, ma con tenerezza lasciarmi abbracciare. A breve, nei riti della Settimana Santa, ripercorreremo come ogni anno le antiche strade di Gerusalemme: che il nostro cuore possa in quei giorni sostare un attimo, calmarsi, ascoltarsi, donarsi e lasciarsi avvolgere dalle lacrime di un Dio che nel nostro respiro chiede di vivere e nel nostro cuore chiede di pulsare. Buona Pasqua, don Gino 3 Il Cielo è d’oro: Exultet! La discesa agli Inferi Dal Polittico di Serafino dei Serafini - Cattedrale di Piacenza, sec. XIV - O 4 ro: cielo regale, cielo celestiale, sopra la terra, oltre la terra; il cielo di Dio, la sua dimora, senza spazio e senza tempo. Il cielo etereo, il cielo che abbraccia lo spazio e il tempo: li scalda, dà loro il calore della vita, il colore del senso, la leggiadra pesantezza della materia. Ma quando la forza d’essere tramonta, e lo spazio e il tempo inghiottiscono la vita di un uomo, ogni volta è la fine del mondo. Si chiude la terra: un masso è rotolato, la pietra pesante fa precipitare tutto. La materia perde la sua forma e con essa il suo senso. Che delusione: tutto finito. E noi che ci speravamo in questa vita. E noi che amavamo quel calore, che ci lasciavamo rallegrare da quel colore, che ci agitavamo trasformando la pesantezza della materia nella spensieratezza della danza. Pare di sentirle quelle parole: quelle dei discepoli che, vista la pietra rotolare, han chiuso gli occhi e con essi la speranza. Hanno passi pesanti: i loro piedi non danzano più su quella via verso Emmaus. Ma quando Lui c’era, camminare era leggero. E sperare bello. La notte però divenne d’oro; come il fondo di un’immagine custodita nel nostro Duomo di Piacenza. Divenne proprio d’oro. E quel cielo che abbraccia la terra, non lasciò sola la terra. La convocò. Con lei il cosmo intero. Quella pietra non poté più restare a vegliare un morto: quel morto ora vive! Lo spazio e il tempo vennero convocati a testimoni del grande evento: “Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste … Gioisca la terra … Gioisca la madre Chiesa” E con lei voi, fratelli. Gesù è lì, ed è il Cristo: su di lui non veglia una pietra, ma con lui il cielo diventa oro, la terra fecondata si schiude. E come ha germogliato il Redentore, ora consente al popolo dei redenti di uscire, di germogliare di nuovo a eterna vita. E’ in piedi il Cristo, leggermente piegato e con la mano sinistra porta il vessillo del vincitore. Prodigioso duello: si scontrarono la durezza della morte e la vertiginosa forza della vita, della fonte della vita; duellarono il Redentore e l’ultimo Nemico. Vinse il Redentore: ed eccolo ergersi nella feconda bellezza che ha attraversato le asperità della vita. Quelle asperità sono lì: sono quelle rocce aride, senz’acqua e senza vita che rinchiudono i morti da gran tempo. Una schiera intera: pallidi, ormai immemori della leggerezza della vita e del danzare della speranza. Pallidi, scavati, provati, consumati. Con lo sguardo che si rianima alla vista di quello sguardo. Che sapiente artista quel Serafino dei Serafini: quegli sguardi così piccoli da rappresentare, così grandi nel comunicare. Si incontrano: quanto si sono cercati! Quante volte Dio ha cercato l’uomo nel riecheggiare di quella domanda piena di apprensione “Dove sei?” E quante volte l’uomo si è nascosto: tu, io, noi ci siamo nascosti, non ci siamo lasciati trovare da quello sguardo. Ma eccolo, quello sguardo: ora incontra la sua creatura. Anche Dio fatto uomo ha condiviso la sorte della sua creatura: fin lì, fin negli inferi. Quegli sguardi si cercarono fin dall’origine del mondo, fin da quel giorno in cui l’antico Nemico tentò Adamo ed Eva e la morte annodò i suoi vincoli più nefasti. Fu il giorno in cui l’uomo cercò lo sguardo di Dio, ma per fuggirlo. Ora, in questa notte lucente, lo cerca per essere redento: “Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro”. E’ risorto dal sepolcro, il cosmo, lo spazio e il tempo sono convocati a testimoni: la morte è vinta. Così il Cristo non si dimentica di coloro per i quali combatté il prodigioso duello: in quella tenzone duellò a fianco di ciascuno di noi. Ci prese per mano e non ci lascia. Quella mano: è la mano che, tesa ad Adamo, lo trae di nuovo dalla terra, come fosse una nuova creazione. E ancora una volta il pallore del primo uomo è il pallore di una terra arsa, consumata, ma che amata diviene feconda. La mano non lascerà più Adamo, non lascerà più Eva. Riconoscibile accanto a quell’uomo scarno, a lui si appoggia. Fu tratta dalla sua costola: è questa l’immagine che dice dell’umanità che ogni vivente condivide nell’intimo. Anch’ella è lì, col seno ormai consumato, con il volto irriconoscibile, vinto in duello: duello per l’uomo invincibile, ma per Dio e per il suo Figlio possibile. Dietro, quella schiera: la schiera di coloro che seguono Adamo, la schiera degli uomini che si perdono nei mille rivoli dello spazio e del tempo di un cosmo che lì è abbracciato dal giorno che non tramonta. Avevano peccato. Sono morti. Erano prigionieri di quell’arco di pietra rappresentato tra Cristo e Adamo. Geniale nel suo rappresentare l’artista! Sì, perché l’arco è spezzato, l’ostacolo, la chiusura, il confine è attraversato dalla mano del Cristo. E Dio, in Cristo, salva. “Davvero era necessario il peccato di Adamo , che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore.” Oro di una notte che splende come il giorno: “Di questa notte è stato scritto: la notte splenderà come il giorno, e sarà fonte di luce per la mia delizia.” E’ la notte in cui è il possibile: è la notte del calore della vita, del colore del senso, della leggerezza della materia che danza. Quei poveri volti si accalcano dietro ad Adamo, vogliono vedere, potranno danzare un tempo nuovo. Ora possono sperare. Sono quei volti che conobbero la misteriosa ora in cui Cristo è risorto dagli inferi. E promettono a noi di conoscere quel giorno e quell’ora. Si vede anche un’aureola tra la piccola folla. Anche per la vita santa nessun vantaggio essere nata, aver danzato la propria esistenza, aver percorso il proprio tempo, se in quella gloriosa notte che divenne giorno Cristo non ci avesse redenti. Chiusa nella terra, ora si schiude al tempo divenuto eterno movimento mai stanco di vita, benché sempre di essa sazio. O notte beata, in cui Cristo discese agli inferi, prese per mano Adamo e con lui Eva. Li strappò dall’abbraccio mortale della terra e li restituì al correre sereno del vivere. Promise anche a noi. Promette anche a te. Immagine rara dalle nostre parti quella di Serafino dei Serafini. E’ La Discesa agli inferi: una tradizione antica è andata per noi occidentali perduta dal XIV secolo in avanti. Ma conservata nella nostra Cattedrale, epilogo di un tempo in cui il cielo di Dio era sempre caldo oro. Unica testimonianza nella nostra Diocesi. Testimonianza che attende che il nostro cuore arda quando, ascoltando parole antiche e sempre nuove, riconosceremo in quel volto, in quella croce descritta dall’arco di terra incrociata dallo stringersi delle mano di Gesù e Adamo, la notte gloriosa che fu come giorno e rese per sempre la notte come il giorno. O notte beata, nella quale rimane ad ardere una promessa già realtà. E quei poveri volti, quei toraci scavati, quelle mani esangui; il tuo povero volto, il tuo torace scavato, la tua mano esangue, sentirà il calore vitale di Cristo, si tingerà del colore della sua vita: uomo con te, Dio per te. E il camminare torna di nuovo il danzare leggero della materia redenta. E lo sperare torna di nuovo un sorriso. Da quella morte, la vita. Don Giuseppe Lusignani LA BEFANA ALLA CASA DI RIPOSO BALDERACCHI P untuale come tutti gli anni anche quest’anno la Caritas di Vigolzone capitanata dall’infaticabile Giovanna è approdata alla casa di riposo Balderacchi di Riva. Nel pomeriggio del giorno 6 Gennaio s’è fatto festa: i numerosi ospiti della casa hanno gustato le torte offerte dalle volontarie della Caritas, quelli più arzilli hanno ballato con le fisarmoniche di Oliviero, Gianni e Luigi che hanno allietato il pomeriggio, gli altri hanno cantato allegramente in compagnia di Carlo e Giovanna. Tra i tanti ospiti che hanno partecipato abbiamo ritrovato molti volti conosciuti di compaesani, amici e parenti ora ospiti della casa di riposo. Numeroso anche il gruppo Caritas che tutti gli anni conta qualche nuovo addetto, e che si prodiga a portare un sorriso a chi soffre; naturalmente, chiunque voglia partecipare è sempre ben accetto. Tra le tante iniziative promosse dal gruppo di carità parrocchiale, questa è tra quelle più belle e più sentite, per questo viene ripetuta anche il giorno della festa della mamma. Trovarsi a portare un po’ di gioia a tante persone, alcune sole, altre con gravi problemi di salute, altre semplicemente sulla via del tramonto, fa sentire bene, fa ritrovare parte di quella fede che il sistema di vita moderno tende ad affievolire dando più valore alle cose materiali ed a quelle superflue, mentre il Vangelo ci dice “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” ed una volta a casa ci offre lo spunto per meditare sul compito di noi cristiani. In attesa di ritrovarci nel prossimo incontro un arrivederci e un ciao. Il gruppo Caritas. 5 spazio giovani I nostri bimbi Riflessioni sul cammino quaresimale Caterina Caragnano Credere nella capacità di potere creare e donare una possibilità, una nuova occasione permette ad ogni singolo individuo di non chiudersi in se stesso, isolando in tal modo non solo gli altri che lo circondano ma creando attorno a sé una barriera invisibile, che è forse più difficile da abbattere. Poiché incapaci di vederla, forse perché non è sufficiente osservare con gli occhi, alle volte è possibile che non si trovino soluzioni e risposte. Questo isolarsi fa sì che diventi problematico relazionarsi con il resto del mondo e delle persone che stanno intorno: un comportamento che può risultare sia da parte di chi è da solo, sia da parte di coloro che stanno al di fuori. È, perciò, necessario essere in grado di capire quando non lasciare distante qualcuno: che abbia più o meno bisogno di assistenza, avere al proprio fianco qualcuno su cui potere fare affidamento è sempre importante e può portare anche un sorriso. Dare una nuova possibilità significa potere iniziare o ricominciare a sperare e ad agire, costruire ciò che non è mai stato possibile edificare o riportare alla luce ciò che era caduto e distrutto. L’oscurità dell’essere soli, del non sapere come muoversi intorno può arrivare o ritornare con l’aiuto di chi è accanto ad ogni persona. Non è facile fidarsi dell’altro, non è semplice dare la possibilità di entrare a fare parte della propria vita, ma alle volte la necessità di potere avere qualcuno vicino è più forte e fa rinascere la speranza di potere di nuovo agire e portare fuori quello che si era nascosto, perché lo si era voluto proteggere. Que- sta chiusura è come l’inverno, che porta la natura a chiudersi, ad isolare ogni singola gemma in una barriera protettiva, affinché non venga sferzata dal gelo e dal maltempo. Ciascun germoglio, però, è pronto a riprendersi il proprio spazio, a sbocciare per dare la possibilità ad ogni nuovo fiore e ad ogni nuovo frutto di potere apprezzare l’istante del vento che lo accarezza, la rugiada che lo accoglie di primo mattino, la pioggia che lo bagna. Le persone sono come questi boccioli: hanno bisogno di proteggersi e di essere protette ma devono anche avere l’occasione per potere dimostrare quanto di bello può uscire da ognuno, di potere dimostrare di sapere continuare. La tragedia che in questi giorni ha colpito le città di Santiago e Concepcion in Cile, prima il terremoto ad Haiiti e in Italia il terremoto in Abruzzo, porta a considerare quanto importante sia potere dare aiuto alle persone e dare la possibilità a queste persone di avere ancora speranza e l’occasione per ricominciare. Gli occhi di un bambino salvato da un militare che guardavano fissi, lo shock fortissimo che lo ha provato ha reso il suo sguardo e il suo volto immobile, la speranza ad un primo impatto era quasi impossibile da trovare. Il pianto disperato di tre fratelli che cercavano il padre, ma pronti a cercarlo e a trovarlo. La possibilità di credere in una nuova occasione deve trovare spazio in ogni persona, in ogni gesto, in ogni sguardo , in ogni relazione per potere crescere e germogliare dando opportunità ad ogni singolo frutto di potere essere apprezzato. con i cuginetti Nicolò ed Emma Baldini Davide Coronati Manuela Battesimo di Maria Sole Piazza Giulio e Giorgio Giumini La sorelline Maggi 7 Vita cristiana Nel giorno del Battesimo di Gesù, hanno ricevuto il sacramento i bambini Roselli Raffaele, Argellati Martina, Assirati Alice Pima di partire per un lungo viaggio “Prima di partire per un lungo viaggio porta con te la voglia di non tornare più...” è così che inizia una famosa canzone di Irene Grandi, ma di quale lungo viaggio si parla? Facciamo un passo indietro: domenica 31 gennaio si è tenuta, a Vigolzone, la presentazione dei ragazzi di prima media che il prossimo anno riceveranno il sacramento della Cresima. Questi ragazzi stanno per partire per un lungo viaggio dal quale si preparano, grazie al cammino del catecumenato, a non voler tornare più. Li abbiamo chiamati ad uno a uno Alessia, Andrèe, Asia, Chiara, Daniele, Fabio, Federico, Giulia, Yuri, Lorena, Luca, Lucia, Martina, Riccardo, Roberta, Roman, Salvatore, Stefania, 8 perché a uno a uno saranno chiamati nella responsabilità del loro Sì al cammino che Gesù ha preparato per loro. È importante soffermarci sul cartellone presentato durante la processione offertoriale: esso recava al centro la parola “ECCOMI” al singolare, che ci fa pensare a come ognuno di loro, e anche ognuno di noi ogni giorno, sia chiamato a rispondere personalmente delle proprie scelte. La scritta tutto intorno aveva i sette doni dello spirito con le varie interpretazioni pittografiche che i ragazzi hanno voluto metterci. È bello notare come ad ogni dono possano corrispondere immagini e colori completamente diversi che però alla fine arrivano a completarsi vicendevolmente arrivando a costruire un cartellone armonioso. È un po' come vedere la nostra comunità: al suo interno possiamo trovare personalità anche opposte che però, insieme a tutte le altre, arrivano a formare il corpo intero e pulsante della nostra Chiesa. Insomma questi ragazzi sanno che le loro differenze sono e saranno la loro forza all'interno della comunità cristiana, sanno che questa firma, che domenica hanno apposto, non significa l'inizio della fine di un percorso, anzi a partire da questo segno su un foglio inizierà per loro un lungo viaggio, per il quale occorre la voglia di non tornare più! Allora come catechiste, ma soprattutto, come due che il viaggio lo hanno iniziato da più tempo, coraggio ragazzi, perché soprattutto serve quello, il viaggio sarà difficile, ma la vicinanza di Gesù lo renderà molto piacevole! Chiara e Simona 9 Finalmente non sono più giovane 10 “Tra i venti e i trent’anni, a volte, accade di ricevere straordinari doni di grazia: ciò che seguirà, nella maturità incipiente dei trent’anni, così esposta a eccessi di fiducia, o nella solidità dei quaranta, segnata spesso da trattenuta amarezza, difficilmente riuscirà a eguagliare l’intuizione bruciante di quei primi pensieri, né saprà conservarne la sorprendente freschezza – avrà altre virtù, se solo potrà esistere. Così fu per Etty Hillesum e per il suo straordinario Diario – al quale, purtroppo, nulla poté seguire: la lucidità generosa delle riflessioni che vi furono raccolte sbalordisce chi le legge; gli slanci e le molteplici incertezze, dalle quali spiccano all’improvviso le sempre più frequenti accelerazioni della visione interiore, possono sembrare miracoli di ingenuità o di giovinezza, e indurci a scuotere la testa – colmi d’ammirazione. Oppure, possiamo renderci conto di essere al cospetto di prodigi di profezia: oracoli ineguagliati, dei quali nulla può rendere ragione; doni di grazia, appunto, che ci riempiono di gratitudine – tanto più se li sappiamo nati di getto, d’istinto, in condizioni disagevoli e in tempi rapidissimi; frutto di concreta esperienza di vita, senza pose né menzogne; costellati di ingenuità che non ci urtano, perché le riconosciamo parte di un’autenticità senza finzioni”. (R.M. Rilke, Il libro d’ore, dalla prefazione di L. Gobbi, pp. 7-8) Finalmente non sono più giovane. Lo so che qualcuno, tra un po’ di anni, quando magari mi scapperà qualche lamentela per il peso degli anni o dei ricordi, potrebbe rinfacciarmi questa ardita affermazione, ma adesso, pensando a quello di cui vorrei parlare, voglio ribadirlo: finalmente non sono più giovane. Perché finalmente? Perché così posso parlare del rapporto tra giovani e adulti senza il rischio di sentimi dire: “Tu parli così perché sei giovane”, sentendomi così immediatamente inascoltato. La mia tesi è molto semplice: i giovani sono sempre una novità e per questo mettono, e metteranno, sempre in discussione il mondo adulto, che a fatica sembra aver raggiunto una sua stabilità. Certo i giovani non sono l’inizio del mondo, della cultura, della società; sono figli di padri e madri che li hanno messi al mondo e li hanno educati, o almeno ci hanno provato; essendo un segmento della storia dell’umanità, possono godere delle scoperte e delle conquiste – ahimè, anche degli errori – di chi li ha preceduti. Nessuna pretesa di attribuire ai giovani alcuna autonomia o anarchia, solo il tentativo di ricordare che il cucciolo d’uomo che si affaccia al mondo e comincia a perlustrarlo con le sue mani e il suo fiuto, nonostante tutte le eredità di cui può disporre, ha, in fondo, il desiderio di rifarlo, questo mondo nel quale è chiamato ad abitare, soffrire e gioire. E niente e nessuno potrà impedirglielo, se non pagandone un prezzo altissimo. Con questo desiderio e con niente di meno di questo desiderio, il mondo degli adulti deve fare i conti. Se si nega questo desiderio, se ci si gira attorno, considerandolo solamente un prurito adolescenziale che presto passerà, non solo gli adulti sono poco rispettosi, ma impediscono all’umanità di godere di quelle idee, passioni, intuizioni, scoperte, che solo l’età giovanile può produrre. E tutto questo vale anche per la Chiesa. Anche sulla nostra nave sballottata dai marosi di questo nostro tempo, né più facile né più difficile di altri, a volte si ha l’impressione che le mete e le certezze raggiunte dai credenti adulti, invece che delle eredità da rielaborare e migliorare per il benessere di tutti, siano dei vincoli dai quali non ci si può distaccare, se non al costo enorme di perdere “la nostra identità”. E così, tralasciando il fatto che se davvero le cose “una volta” andavano meglio non si capisce perché ci abbiano portato a questi risultati, mi piacerebbe porre alcune domande, solo per suscitare un dialogo e un confronto, senza la pretesa di fissare qualcosa di definitivo. La fede si trasmette, non è una fotocopia L’incontro con il Signore e l’abbandono in Lui è un’origine, un punto di partenza, una novità assoluta che mai una volta si è ripetuta uguale per due persone differenti. “Puoi dirmi come, perché, quando hai iniziato a credere tu, ma non puoi aspettarti che succeda così anche per me. Dimmi cosa e chi ti ha donato la scoperta di te stesso, cosa o chi ha acceso in te il desiderio di assoluto e di una vita piena, cosa o chi ti ha fatto capire che affidarsi non è una debolezza ma una ricchezza… insomma fammi venire voglia di innamorami della bellezza che hai incontrato, ma concedimi di farlo in modo differente dal tuo”. Perché noi adulti pensiamo che se i giovani non vivono la fede come l’abbiamo vissuta noi, quella non è fede? Attese o pretese? A volte si ha l’impressione che, anche nella Chiesa, come nel mondo, noi adulti non abbiamo attese verso i giovani – cosa assolutamente naturale –, ma pretese. I giovani dovrebbero pregare di più, i giovani dovrebbero andare di più a messa, i giovani dovrebbero nutrirsi di più della Parola di Dio, i giovani dovrebbero imparare ad assumersi le responsabilità, i giovani dovrebbero… Ma perché chiediamo a loro ciò che noi adulti, lentamente ma inesorabilmente, stiamo perdendo? Desiderio di cura o senso di colpa? Ad un certo punto…ci ingessiamo Venerdì 5 marzo – ma questo pensiero confesso che mi è venuto altre volte, durante le veglie di avvento o i Tour de Vie, ecc.- mentre partecipavo alla preghiera dei giovani del nostro Vicariato a Podenzano, pensavo: ma perché noi adulti non possiamo vivere un momento di preghiera così? Gesti, immagini, movimenti, canti, tutti più o meno armoniosamente orchestrati attorno alla Parola di Dio, che deve rimanere il centro, mi sembravano improponibili ad una assemblea di adulti. Di solito si dice che, con i giovani, si fa così altrimenti non parteciperebbero. Ma chi pensa queste preghiere per i giovani non sono dei responsabili di marketing che cercano di piazzare un prodotto; il fatto è che con i giovani “si può”, perché, tra le loro mille oscillazioni, sono comunque disponibili ad accettare che l’Assoluto possa darsi anche in un gesto, un’immagine, un canto che un qualunque adulto considererebbe solamente coreografia! Perché ad un certo punto ci ingessiamo, ingessando così ogni stimolo dello Spirito in noi? Se il grande re Davide non si vergognò di danzare nudo per la gioia di fronte al ritorno dell’arca dell’Alleanza, perché io adulto dovrei vergognarmi di celebrare in momenti e con gesti inconsueti? E infine, la gioia! E sì, qui voglio toccare un punto nevralgico della testimonianza e quindi della grande questione della Missione Popolare Diocesana che stiamo vivendo. Perché è facile incontrare facce gioiose durante le celebrazioni e gli incontri dei giovani, mentre nei raduni di noi adulti il colore dominante è il grigio? Delle due, una: o abbiamo il coraggio di dire che la gioia dei giovani è falsa, cioè è superficiale e passeggera – e io questo coraggio non ce l’ho!-, o noi adulti abbiamo perso la scintilla e arranchiamo, tirando avanti una tradizione che non potrà contagiare nessuno. Certo, noi adulti possiamo avere più problemi e forse più seri – a parte che anche questo sarebbe tutto da dimostrare –, ma qui non si tratta di una festa o di un momento di divertimento, qui si sta parlando di celebrazione, di preghiera, cioè di quei momenti della nostra vita dove, non a causa delle nostre capacità, si aprono le porte sull’orizzonte impensabile e impensato dell’amore di Dio. E quindi, perché questa tristezza? “Forse più radicalmente bisogna sentire meglio. Sì, sentire meglio il grido che i giovani stanno lanciando al mondo degli adulti[…]Questo grido, bisogna raccogliere,per ripartire, per la fondazione di una nuova solidarietà e giustizia tra i giovani e gli adulti[…]Raccogliendo un tale grido, esse (la società e la Chiesa, ndr) possono raccogliersi, recuperando terreno rispetto alle frantumazioni, rispetto alla dispersione di energie, rispetto alle lotte tra laici furiosi e clericali impenitenti” (A. Matteo, La prima generazione incredula, ed. Rubbettino). Ripeto, per non essere frainteso: nessun giudizio, nessun rimprovero – l’ho detto all’inizio, non sono più giovane –, ma solo il tentativo di provocare un confronto che troppo spesso si arena nelle secche del già detto e delle ovvietà. Don Paolo Camminati CARITAS PER LA VITA. Come ogni anno, la Caritas ha allestito un banchetto per la vendita delle torte ed il cui ricavato va a migliorare una vita: attraverso le suore del Buon Pastore infatti sono stati adottati dalla parrocchia due bambini che possono frequentare la scuola con le offerte raccolte in questa occasione; un enorme tavolo ha accolto un’ottantina di torte, preparate dalle massaie del paese, che l’inossidabile Giovanna ed il suo staff hanno provveduto a confezionare e a vendere. E’ stata un’occasione di grande festa sia per i piccoli, ma anche per i tanti genitori e nonni presenti alla messa che hanno potuto toccare con mano la voglia di fare e la tenacia dei bambini, anche piccoli, che hanno fatto tutto quello che ogni domenica fanno gli adulti: animare tutta la messa. Sabrina Mazzocchi 11 Modi di abitare la vita Don Domenico Pozzi con Remo e Pietro Celaschi) di voler vedere tutto, ma di percepire il fascino della stessa Luce. Fitto riaccendersi di ricordi, quasi una convocazione di memorie, che non significa tuttavia guardare indietro malinconicamente, ma vuole essere impegno nel presente perché questa saggezza di vita non vada persa. Il Mistero conduce la storia e gioca, sceglie gli ultimi per confondere i forti, ama che tutti siano salvi, svela la Passione, Morte e Resurrezione di Gesù perché ogni cultura resti immersa nel Suo amore e contempli i tempi, le ore ed i modi in cui il disegno sarà pienamente realizzato. Il Mistero chiama alla sequela, “vieni e vedi”. Il Mistero va oltre, cammina nel presente, attua il definitivo che ancora non è, che è promessa, speranza, passio- P ossiamo trovare in questo cammino quaresimale, una spiritualità serena, non drammatica, non penitenziale, nella quale “conversione” significa fare delle scelte, cioè rimetterci dentro la vita per vedere come possiamo abitare la storia. Non si tratta di fare dei sacrifici. Dove sta scritto? Il sacrificio più grande è quello di un’attenzione profonda al presente. Come imparare a stare nella vita e con la vita? Raccogliendo frammenti di sapienza che la vita stessa lascia intravedere o custodisce in sé: la sapienza che altri uomini, donne, culture, popoli, religioni, riflettono nel tempo. Sapienze posate nel tempo, non le uniche, né quelle definitive, che però stanno lì, misteriosamente feconde e presenti, pronte a lasciarsi evocare tutte le volte che qualcuno le chiama, le cerca con molta sete o si siede in atteggiamento di ascolto alla loro ombra. L’invito è a non dimenticare. Per questo, ho scelto la storia di Don Domenico Pozzi e di due fratelli, Remo e Pietro Celaschi, la storia della loro amicizia e del loro impegno di tutta un’esistenza, a non tradire il sogno di Dio, sogno di giustizia nelle profonde ingiustizie che la storia conosce. Vite lunghissime, pronte -anche nei giorni della sofferenza- a giocare con Dio il gioco di andare avanti, di non invecchiare mai nell’anima, di essere sempre aperti al nuovo e al dono. Fino alla fine. Don Domenico, al capolinea del suo servizio pasto- 12 rale in parrocchia, fa una scelta coraggiosa e a settant’anni parte missionario per uno dei tanti inferni di una squallida periferia africana. Energico e risoluto nelle sue battaglie, fragile e sereno nei giorni della sua malattia, inginocchiato per ore, da mattina a sera, di fronte al Mistero, o ritto sulla soglia ad accogliere la parte più fragile e spesso sconosciuta di questa umanità: non per volontarismo. Il suo è stato mettersi in sintonia con la passione di ricreare storia e legami che Dio ha messo nell’umanità e nella creazione con quell’affidamento che non ha nulla a che vedere con la passività ma che è attitudine che consente l’attesa.. Remo e Pietro, esempio di sobrietà che ha permesso a chi li ha conosciuti, di imparare a cogliere il gusto profondo delle cose, persone per le quali la quotidianità è stata il luogo della fedeltà e lo spazio quotidiano di una fabbrica è divenuto luogo dove dimostrare il proprio amore, la propria passione profonda per gli altri. In questi spazi quotidiani che diventano solenni, dove l’orizzonte si allarga, dove tutto si fa più grande, nasce la collaborazione con Don Pozzi: il dono di macchinari per avviare una scuola professionale di falegnameria e di meccanica, non sarà mai semplicemente una questione economica, ma una logica differente nei confronti della vita, delle cose, e dei momenti della vita. Ho assaporato la bellezza di condividere con questi uomini un tratto del loro cammino, di accompagnarli in alcuni passi difficili della malattia, di tessere con loro legami profondi, di guardare nello stesso orizzonte, non con la pretesa ne. In molti rimaniamo ancorati alle nostre dimore stabili e fisse. Il Pastore, da Abramo in poi, ci chiede di seguire, di andare, ma non indica in anticipo la terra. La peregrinazione non è girovagare ma seguire il passo, anche quando non è tutto chiaro e limpido nel nostro seguire. I frutti non precedono mai la semina, se non nel desiderio. Per averli occorre seminare il seme e lasciarlo crescere. Non a tutti è chiesta la stessa cosa, ma ogni chiamata esprime sempre un invito perché il tutto cresca. Buona Pasqua …! Paola Dalla Missione chi - cosa - come - dove - quando Veano, 6 Marzo 2010 “Scrivo a caldo, appena rientrata a casa dopo la giornata di spiritualità. La sensazione prevalente è di aver vissuto una bella esperienza, ripensando a tutti i momenti vissuti insieme una parola si ripresenta: comunione. E' stata proprio un'esperienza di unità e comunità. Quando mi è stata chiesta la disponibilità per preparare il "ritiro di Unità Pastorale per la Missione Popolare Diocesana" ho accettato aspettandomi una serie di riunioni tecniche in cui decidere chi - cosa - come - dove-quando, niente di più sbagliato. Con don Gino e gli altri collaboratori inviati dalla mia e dalle altre parrocchie è stato invece un vero cammino, in cui insieme abbiamo costruito un clima di ascolto e condivisione, in cui ognuno di noi ha lavorato su se stesso. Ho vissuto le fasi di preparazione con gioia, condividendo esperienze, pensieri ed emozioni in un clima di grande rispetto e collaborazione. Abbiamo cercato di estendere questo clima a tutti quelli che poi hanno partecipato, non so se ci è riuscito, ma i volti di chi è stato presente mi sono sembrati sereni e distesi. Mi auguro che questo momento e questo modo di lavorare non rimangano un caso isolato, ma siano solo l'inizio.” La suggestiva Villa Alberoni di Veano ha fatto da cornice al momento di spiritualità che noi dell’Unità Pastorale 1 di Valnure insieme agli amici di Bettola abbiamo vissuto sabato 6 marzo. Anche il sole ha contribuito alla buona riuscita della giornata, partecipata e sentita da una cinquantina di persone che hanno avuto un’opportunità unica in questo mondo sempre di corsa: fermarsi per un’intera giornata per riscoprire se stessi alla luce del vangelo di Luca. Dopo il caffè di benvenuto che ha creato un clima 13 Speciale Natale rilassato e familiare, ci siamo trovati in cappella per pregare, per introdurre il passo di Vangelo che ci avrebbe guidati: la predicazione di Gesù a Nazareth tra la sua gente e la sua cacciata dalla sinagoga. Al momento di preghiera ha fatto seguito un percorso d’interventi fatti da noi laici, di vita vissuta, di testimonianze che hanno messo in luce come tutti noi siamo nel cuore di Dio, di come noi crediamo di far funzionare la nostra vita, quando invece è lo Spirito di Dio che giuda i nostri passi e di come noi cristiani “custodi” della Parola diventiamo “custoditi” dalla Parola stessa. La giornata è proseguita poi con il momento di ricerca personale che ciascuno ha vissuto in totale libertà, aiutati anche dagli spazi aperti e chiusi che Villa Alberoni ci offre: la chiesetta, il viale lunghissimo come i nostri tormenti interiori, il parco che si sta risvegliando alla nuova vita primaverile, ma che reca ancora qualche candida traccia dell’inverno appena trascorso, le tante sale, finanche al lieto vociare dei bimbi presenti che si sono divertiti custoditi dalle cure di Silvia. Il momento della meditazione personale ci ha portato a guardare nel nostro profondo, ci ha fatto fermare per respirare l’aria nuova, per ammirare l’immenso spazio che ci circonda, ciò che Dio ha pensato e creato per noi. In men che non si dica è arrivata l’ora del pranzo che abbiamo condiviso nell’ampio refettorio della villa, preparato con cura dalle cuoche di Castagnola. E’ stato un momento importante che ci ha portato a condividere non solo il cibo, ma anche le prime impressioni sulla giornata. Il pomeriggio lo abbiamo dedicato ai lavori di gruppo: qui, in tutta libertà abbiamo dato voce ai nostri pensieri più reconditi, alle nostre riflessioni, a ciò che la Parola ha suscitato in noi. Ben presto si è fatta l’ora dei Vespri e quindi della 14 conclusione della nostra esperienza. La giornata di meditazione è finita, ma non il nostro viaggio, perché, come dice una poesia di Saramago, Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, ricordo, narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia, e ha detto “ non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. Bisogna vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si era già visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva vedere le messi verdi, il frutto maturato, la pietra che ha cambiato posto l’ombra che non c’era. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre Insieme…. “Nell’atteggiamento degli Ebrei di Nazareth è facile riconoscere quello di molti cristiani: spesso il pregiudizio ci impedisce di ascoltare le persone che incontriamo e, a nostra volta, subiamo la freddezza ed il giudizio degli altri, anche molto vicini a noi, come Gesù nella sua città. La convinzione di essere “giusti” e nella “verità” spesso ci impedisce di amare il prossimo e quindi l’incontro con Gesù, presente in ognuno: pretendiamo di cambiare gli altri, invece di fare il “vuoto” in noi per accogliere il fratello. Il clima di libertà che si respirava nei diversi gruppi, ha reso possibile la condivisione di esperienze di vita e di fede: da questo abbiamo capito che bisogna costruire dei rapporti veri, puntando sulla qualità delle relazioni, indipendentemente dal numero delle persone. In questa giornata abbiamo vissuto una profonda comunione fraterna che ha lasciato nel cuore di tutti, laici e sacerdoti, una gioia vera.“ Elena, Giovanna, Luigi, Sabrina 15 Speciale Natale Speciale Natale Pontedell’Olio: Festa di Natale per i bambini della materna Alla scuola “Giovanni Rossi” celebrati anche i vent’anni di collaborazione con la coordinatrice “C’era una volta – tanti anni fa – un genitore che, guardando fuori dalla finestra prima di addormentarsi, vide apparire improvvisamente la stella dei desideri. Aveva dei bimbi piccoli e per questa ragione la sua richiesta fu di avere nel suo paese una scuola materna ben amministrata, dove i bambini potessero crescere serenamente imparando tante cose da maestre qualificate e dove vi fosse qualcuno che potesse condurre questa struttura al meglio…..” Queste alcune delle parole che l’Associazione dei Genitori di Ponte dell’Olio (a nome di tutti i genitori della scuola materna) ha dedicato alla scuola materna “Giovanni Rossi”. Forse più che il desiderio di una stella si può - in maniera più realistica - riassumere quello che è oggi la scuola Giovanni Rossi con due parole che ne sintetizzano la storia: lungimiranza e costanza. Lungimiranza di un imprenditore, Giovanni Rossi, che dagli anni 30 ha sostenuto la scuola nata nel 1895 a favore delle famiglie dei suoi dipendenti e più in generale alla famiglie pontolliesi. La costanza ha poi caratterizzato negli anni l’apporto fornito dall’impresa Cementirossi che, in memoria del suo fondatore, sostiene fattivamente ancora oggi l’asilo fornendo un significativo contributo, cui si aggiunge quello derivante dalla convenzione che attiene al centro sportivo: la Cementirossi ha infatti destinato alla Scuola anche la quota di 15.000 euro annui che il Comune è tenuto a versare ancora per 22 anni per l’acquisto del centro sportivo. La stessa costanza ha caratterizzato e caratterizza 16 tuttora l’operato del presidente: l’Ing Paganini guida con competenza la struttura da 37 anni, affiancato da 25 anni dal Geom. Claudio Lisetti. Oggi la scuola si può avvalere di professionalità qualificate ed ha recentemente ottenuto una attestazione di eccellenza dalla coordinatrice pedagogica della struttura. Le insegnanti Claudia, Alessia, Katia, Lara, Anna Maria, Sara, Marina e Erika si occupano delle 5 classi, 3 omogenee – ossia composte di bambini della stessa età - e 2 eterogenee, in cui si ritrovano bimbi di età diverse, per un totale di 140 bambini. La cuoca Guglielmina prepara ogni giorno ricette che i bambini definiscono “ eccezionali” e “più buone di quelle della mamma”. La recita del Natale è stata l’occasione per apprezzare il lavoro che viene svolto sui piccoli frequentatori della scuola. Esibizioni curate nel dettaglio, coreografie, scenografie, risultati di grande effetto ottenuti con l’impegno delle insegnanti, di tanti collaboratori volontari e, ovviamente, degli artisti “in erba” che hanno salutato il numerosissimo e caloroso pubblico. Durante la recita è stato attribuito pubblico plauso a colei ha condotto la scuola negli ultimi 20 anni: Tiziana Milza. Tra le motivazioni del pubblico riconoscimento conferitole dai genitori sono state lette anche queste parole: “è paziente, decisa, ama educare: ne ha fatto la sua vita a vantaggio dei bambini e di tutta la comunità”. L’immagine che esce da questa giornata che ha voluto celebrare oltre ai bambini e le imminenti festività anche la Scuola Giovanni Rossi, non è quella edulcorata e buonista che qualche volta il clima natalizio può ispirare. Emerge invece – con chiarezza – la riconoscenza per la volontà, la serietà e la costanza delle persone che hanno fatto nascere e crescere questa struttura. Elena Fogliazza e Sara Brugnoni Foto Stefano Maggi 17 Solidarietà Vive Felicitazioni Il giorno 22 febbraio 2010 presso la Facoltà di Architettura ambientale del Politecnico di Milano, Sede di Piacenza, si è brillantemente laureato con il massimo dei voti 110/110 Simone Bosi. Il giorno 24 febbraio presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza si è brillantemente laureata con il massimo dei voti 110/110 Camilla Guarnieri. Ai neo dottori le congratulazioni di mamma, papà, nonne, parenti ed amici. Daniele Apollinaro (foto sotto) ha conseguito la laurea in Finanza e Risk Management con il “modesto” voto di 110 e lode. Complimenti secchione da mamma, papà e tutti gli amici del Bar Stazione. 18 19 20 21 Spazio lettori Banco di beneficenza Contrappunti per scaldare la chiesa di San Giacomo - Repubblica Italiana – Elezioni regionali 2010 e cioè “Il pallone è il mio: si comincia a giocare quando lo dico io e si gioca finché non vinco io”. - Nel film “Spartacus” gli schiavi ribelli sconfitti dalle legioni romane, vengono crocifissi lungo la via Appia. Oggi, sull’Appia Antica, di croci non ce ne sono più; abbondano invece i cartelloni pubblicitari, ai quali potrebbero essere utilmente appesi gli schiavi di oggi che a Rosarno, un paio di mesi fa, hanno osato ribellarsi alla condizione di sub-umani (ce ne siamo già dimenticati, vero ?). - Ho letto un resoconto sulle atrocità commesse da religiosi pedofili in Irlanda (e so bene che sono diffuse in tanti altri Paesi), coperte per anni dall’omertà di vescovi ed alte autorità ecclesiastiche. E se questa nostra Chiesa così sempre pronta a giudicare e reprimere le coscienze, provasse a guardarsi un po’ dentro e a darsi essa stessa, per prima, un po’ di libertà e di serenità, ripensando, ad esempio, all’assurdità della regola che obbliga al celibato i preti e nega l’ordinazione sacerdotale alle donne, non respirerebbe un po’ meglio lo spirito del cristianesimo ? - Ero ancora un ragazzo, quando mia madre mi raccontava di una sua compagna di classe, arrivata a Padova nel 1947, dopo essere scappata da Parenzo (Istria), dove suo padre era stato ucciso e gettato nelle foibe. Conosco dunque questa storia drammatica da molti anni prima che l’Italia facesse uno sforzo di memoria e ricordasse quelle 11mila vittime innocenti. Trovo però singolare che questo sforzo sia stato im- provvisamente compiuto qualche anno dopo la proclamazione della giornata della memoria, voluta per ricordare i 4 milioni di ebrei morti nei campi di sterminio nazisti. Ancor più singolare è il fatto che tuttora, l’estrema destra italiana connoti l’eccidio delle foibe quasi in contrapposizione a quello della shoah; forse qualcuno fa ancora fatica a metabolizzare certi periodi storici. Bisognerebbe poi osservare che sulla sorte degli 11 mila uomini e donne italiane assassinati nelle foibe, ha pesato soprattutto il disegno politico di Tito di deitalianizzare l’Istria, ma anche l’ambigua distrazione del nostro paese. Ha pesato altresì un forte sentimento antitaliano, maturato negli oltre due anni di occupazione italiana (1941-1943) in Yugoslavia e nei Balcani, caratterizzata da una repressione feroce, con violenze, distruzioni, rastrellamenti, esecuzioni sommarie di civili, ad opera del nostro esercito e delle milizie fasciste. Ma, di tutto questo, nell’Italia revisionista del 2010, non si parla. Sono queste le ragioni per cui trovo strumentale e faccio fatica ad accettare la proposta di intitolare una via di Ponte “ai martiri delle foibe”. Osservo infine che a Ponte non c’è una via dedicata ai martiri della resistenza, alle vittime dell’olocausto, alle decine di migliaia di donne e uomini etiopi fucilati, bruciati, gassati, dai nostri bravi soldati durante la guerra di occupazione dell’Etiopia (1935-36). Forse allora non sarebbe più giusto dedicare una strada “alle vittime di tutti gli olocausti” ? gianmarco ratti Direzione, Redazione e coordinatori del “Ponte” Augurano a tutti Buona Pasqua! 22 Solidarietà I n primavera il riscaldamento della chiesa di san Giacomo ha avuto alcuni malfunzionamenti, dovuti all'età della caldaia. Io mi sono chiesta che cosa avrei potuto fare per contribuire a risolvere questo problema. Ho pensato che avrei potuto elargire un'offerta, magari 50 euro, per sistemare la mia coscienza. Ma sentivo che non poteva bastare: il sentirmi parte della comunità, e dunque corresponsabile di tutto quello che poteva riguardare la sua vita, mi spingeva ad una partecipazione che fosse più personale, più coinvolgente. Un'intuizione si fece largo nelle mie riflessioni: perché non proporre un "banco di beneficenza", in modo che la comunità si sentisse maggiormente protagonista ed io, fra l'altro, potessi donare anche tante di quelle piante grasse che riempivano la mia abitazione? Ne ho parlato con conoscenti e amici e così è nato il gruppo dei volontari che si sono resi disponibili ad occuparsi del riscaldamento della chiesa. Esposta l'idea a don Renzo e a Claudio Anselmi, esperto di quell'attività che chiamiamo "banco di beneficenza", ed ottenuti la loro approvazione ed il loro sostegno, ho trovato dapprima una condivisione titubante e poi un'adesione sempre più convinta in alcune signore che con me preparano i pazienti, in clinica, per la Santa Messa del sabato. Così Valenti Anna, Imelde Sala, Ghittoni Luigina e Ferrari Teresa hanno accettato di condividere questa avventura. Ferrari Teresa e Valenti Anna con grande generosità si sono impegnate a contattare i commercianti, visitando tutti i negozi del paese. Ed è stato bello constatare che nessuno ha fatto mancare il suo apportuttito. Anche privati cittadini o nostri conoscenti hanno arricchito, donando tanti oggetti e materiali di ogni genere, l'offerta del "banco di beneficenza". Il ricavato della nostra attività è stato di 1.700 euro, che abbiamo depositato su un libretto postale. Questi soldi serviranno per pagare le bollette del gas della chiesa ed eventuali riparazioni della caldaia. Veniamo ora ai ringraziamenti. Uno, caloroso, va a tutti coloro, commercianti e cittadini, che generosamente hanno donato gli oggetti, ma anche a tutti coloro che altrettanto generosamente hanno partecipato al "banco", "pescando" tanti biglietti. Un altro deve essere rivolto alla signora Ghittoni, che ci ha messo a disposizione il suo negozio, locale nel quale ha avuto sede il "banco di beneficenza". Infine un grazie particolare va alla Coop che ci ha donato 50 euro in panini, coppa e salame, per la tombola. L'esperienza, infine, si è rivelata significativa e talmente coinvolgente che abbiamo pensato di ripeterla nelle fiere di maggio e di agosto. Pertanto se voi, gentili lettori, possedete oggetti che non vi servono e che volete donare, potreste portarli in parrocchia, alla signora Liliana, oppure consegnarli ad un membro del gruppo che coordina l'iniziativa. Certamente, oltre al nostro piccolo grazie, riceverete un grande grazie dal Signore, che vi riempirà il cuore di gioia, perché avete permesso ai suoi fedeli di ascoltare la S. Messa al caldo: del resto Lui i doni li sa fare bene. Luigina Calandroni Gli Alpini di Ponte e di Vigolzone sempre in prima linea. 23 Solidarietà Il Filo della solidarietà Alla “Casa del Sorriso” di Braila in Romania sono giunte le babbucce di nonna Mariuccia insieme alla generosa offerta raccolta in occasione dell’iniziativa “Adotta la babbuccia” proposta ai pontolliesi domenica 6 dicembre lungo la borgata. Nel ringraziare tutti coloro che hanno sostenuto l’iniziativa abbiamo chiesto ospitalità sulle pagine de Il Ponte per pubblicare parte della lettera inviata dalle Suore Clarisse Francescane del SS. Sacramento, che da anni accolgono minori in difficoltà, a tutti coloro che hanno prolungato il filo della solidarietà. Gli amici della “Casa del Sorriso” 24 Carissimi Amici, desideriamo ringraziarvi di cuore per l’attenzione che avete avuto per noi, grazie anche alla generosità e all’impegno instancabile della nostra Marialidia che da anni ormai accompagna con la sua Amicizia e creatività noi e i nostri bambini! La prima cosa per cui desideriamo ringraziare ciascuno è l’offerta di una nuova amicizia: questo è il primo passo e anche quello che resta veramente quando le strade di diverse esperienze s’incontrano e nascono storie di solidarietà e di aiuto reciproco, nel sostegno umano ed esistenziale … e anche nel concreto! Per questo desideriamo presentarci a tutti voi, riassumendo brevemente i dodici anni di storia che ci hanno accompagnato fino ad oggi. La nostra casa di Accoglienza nasce nel 1998 a Braila in Romania, una città della regione del Sud-Est, per venire in aiuto ai molti bambini collocati negli orfanotrofi di Stato, bisognosi di moltissime cure e soprattutto di un ambiente più familiare. Inizialmente abbiamo avuto la possibilità di accogliere 8 bambine, alcune delle quali ancora oggi sono con noi, vivevamo in una casina piccola in cui ogni spazio era calcolato al millimetro ma era comunque ricolmo di profondo affetto e di cura per le nostre bimbe e per i tanti amici che sempre hanno trascorso un po’ del loro tempo con noi. Nel giro di qualche anno, grazie alla Provvidenza di Dio che ci ha sempre sostenute, ci fu fatta la proposta di ampliare la nostra Casa d’Accoglienza; infatti la redazione dello Zecchino d’Oro del 2000 decise di devolvere a noi il ricavato di quell’anno e così costruimmo la casa in cui viviamo oggi, nella quale ospitiamo 24 bambini, dai 3 ai 17 anni. I bambini accolti oggi non sono più orfani, ma hanno genitori migrati in altri Paesi europei oppure sono stati abbandonati dunque non hanno alcun riferimento familiare vicino. Noi ci occupiamo di ogni aspetto della loro vita, cercando di riproporre un clima di vita familiare, consapevoli che in questo gruppo numeroso ognuno ha le proprie esigenze e che le loro difficoltà sono molte e molto delicate. I bambini e le ragazze vanno a scuola nelle strutture educative del territorio dalla scuola materna al liceo, nel pomeriggio ci occupiamo del loro sostegno scolastico e svolgiamo attività di rinforzo allo studio con l’aiuto di un’educatrice e di una volontaria, soprattutto i più piccoli infatti hanno difficoltà nell’apprendimento e nell’attenzione, mentre il gruppo dei bimbi della materna nel frattempo partecipa ad altre attività ricreative insieme a un’altra educatrice. Come sostegno ulteriore, anche in conformità alle leggi della Romania, la nostra equipe educativa comprende inoltre una logopedista, una psicologa e un’assistente sociale che ci affiancano nel lavoro quotidiano di aiuto e sostegno ai nostri bambini. La nostra Casa è meta di molti Amici che in questi anni, ciascuno con il proprio particolare dono, hanno contribuito a rendere più bella e colorata la nostra vita e ad ampliare il campo di esperienza dei nostri bambini e delle ragazze. Periodicamente un gruppo di clown Italiani trascorre alcuni giorni presso di noi organizzando momenti di gioco, attività, laboratori di clowneria e sono una bellissima risorsa ed un’occasione preziosa per aiutare a crescere i nostri bimbi nella stima di se’ e anche nella capacità di esprimersi davanti agli altri, oltre ad essere chiaramente una simpaticissima e sconvolgente presenza nella casa anche per noi “grandi”! Dallo scorso anno abbiamo iniziato anche l’esperienza di un campo missionario estivo, destinato ad una quindicina di giovani italiani, che per due settimane possono venire a condividere l’esperienza del ser- vizio e di preghiera con la nostra comunità, conoscendo anche le realtà più significative presenti sul nostro territorio (monasteri ortodossi, lebbrosario, casa per anziani ecc,). Noi suore siamo sei e ci occupiamo direttamente di tutte queste attività, oltre che della cucina, lavanderia e tutto ciò che può servire in una grande casa con tanti bambini. Da questo appena trascorso gennaio 2010 abbiamo avviato un nuovo progetto: un Centro Diurno che accoglierà altri 12 ragazzini della fascia d’età della scuola elementare, con situazioni di difficoltà in famiglia e disagio sociale. Dalle 12 alle 18, ogni giorno dal lunedì al venerdì, questo ulteriore gruppo di bambini segnalati dall’Assistenza Sociale di Braila, ha la possibilità di mangiare, lavarsi, fare i compiti, se necessario riposare e usufruire di un programma educativo vario e ricco di attività ricreative, questo importante progetto ha richiesto l’assunzione di altri 2 educatori. Tutto quello che raccontiamo è sostenuto essenzialmente dalla Provvidenza: non abbiamo sovvenzioni dallo Stato, se non un minimo contributo mensile pari a € 30,00 per persona che non ci consente di mantenerci. Tutto ciò di cui viviamo viene dalle adozioni a distanza inviateci da famiglie e amici italiani o famiglie americane che ci conoscono da molti anni. Fino ad oggi non ci è mancato nulla e continuiamo a confidare con certezza nel Signore e nella sua bontà, vi ringraziamo anticipatamente per la vostra Amicizia che è vitale per i nostri piccoli ospiti e chissà che questo nuovo inizio non possa svilupparsi in futuro magari anche in un incontro, conoscendoci di persona, con qualcuno di voi, com’è successo con Marialidia! Auguriamo a ciascuno ogni Bene e tutta la Pace che viene dal Signore! Le suore e i bambini della Fondazione “Il Sorriso di Mariele” di Braila Congratulazioni Nel corso di una cerimonia tenutasi presso Palazzo Gotico, il vigolzonese Roberto Palisto, contitolare assieme al figlio di un’impresa edile, è stato premiato dal prefetto di Piacenza Luigi Viana con una targa-ricordo per aver raggiunto il traguardo del 40° anno di iscrizione alla Confederazione Nazionale Artigiani (C.N.A). 25 La Pubblica Assistenza Valnure da lezioni di primo soccorso ai genitori.* Sinergia tra la neonata Associazione Genitori e la Pubblica Assistenza Valnure 26 altri, da parte di Dio ed in vista di Dio.” I genitori ed i bimbi della Scuola Materna P bella iniziativa possa continuare e diventare un appuntamento ciclico negli anni, per i nuovi genitori pontolliesi e non solo, infatti recentemente alcuni genitori di Vigolzone si sono avvicinati alla nostra associazione semplicemente per la comunanza di obiettivi ed esigenze, al di là del comune di residenza. Sara Brugnoni (Benedetto XVI) B asterebbero, forse, le parole pronunciate dal Santo Padre per sintetizzare la “missione” svolta in questi anni da Suor Luisella e da Suor Francesca nella nostra comunità. Non sarebbero però sufficienti le pagine di un giornale per ringraziarle di tutto quanto ci hanno donato. Sappiamo che la loro profonda umiltà le porterebbe a sminuire il prezioso lavoro svolto ( come direbbe Suor Luisella: “Era nostro dovere!”) eppure oggi che è arrivato il momento della loro partenza, è profonda in noi la sensazione del distacco…. Sappiamo che in questo viaggio saranno accompagnate dal sorriso dei nostri bimbi e dall’immensa nostra gratitudine per tutto l’amore che ci hanno donato!! S i è concluso nei giorni scorsi l'ultimo dei 4 incontri della 2^ EDIZIONE DEL CORSO DI PRONTO SOCCORSO PEDIATRICO dedicato ai genitori. L'idea è nata dalla diffusa e manifestata esigenza raccolta da alcuni componenti dell'Associazione Genitori di Ponte dell'Olio di avere informazioni basilari su come comportarsi nell'emergenza pediatrica. Da qui la richiesta subito accettata con entusiasmo dal Gruppo Formazione della Pubblica Assistenza Valnure che ha accettato di buon grado di tenere un corso che ha poi strutturato in 4 incontri serali sui temi di primo intervento in caso di avvelenamento, shock, trauma, ostruzione da corpo estraneo. A questo proposito - riferisce Michela Tagliaferri, responsabile dell'iniziativa che milita tra i volontari della PAV ed è componente del gruppo di supporto dell'Associazione Genitori - è stato creato un breve percorso formativo individuando le basi che possono servire in caso di emergenza, al fine di offrire ai genitori quella tranquillità che può essere utile in caso di imprevisto. Quello che si è appena concluso è il 2° ciclo di incontri, ed ho già prenotazioni per un 3° Corso di Pronto Soccorso Pediatrico, che è previsto nel mese di maggio 2010, posso dire che questa iniziativa sta riscuotendo un grande successo. Il corso è strutturato in modo da permettere la comprensione teorica, con proiezioni di video, poi applicata ai manichini che anche noi volontari utilizziamo nelle nostre esercitazioni. Il Presidente dell'AGP - Gianni Trioli - che ha frequentato anche lui questo corso, auspica che questa “Servire, ed in ciò donare se stessi, essere non per se stessi, ma per gli urtroppo è accaduto ciò che pian piano succede inevitabilmente in quasi ogni asilo dove sono presenti le suore: Suor Luisella e Suor Francesca ci devono lasciare. Ma purtroppo nel nostro caso non sono state sostituite con altre religiose, l’asilo è rimasto bensì privo della loro preziosa presenza. Possiamo ricondurre questa situazione al calo delle vocazioni, alla sfortuna, od a ciò che si preferisce, ma la questione che maggiormente conta per noi insegnanti è la mancanza che proveremo ogni giorno nei riguardi di persone che non erano solo nostre “colleghe”, ma persone con cui condividere opinioni, problemi, battute, insomma erano per noi non solo un aiuto ma anche e specialmente un appoggio. Anche solo l’atmosfera, con la loro presenza rendevano tutto più familiare, un rimprovero o un osservazione poste da loro non era motivo di offesa, ma di crescita, erano sempre le “nostre” Suor Luisella e Suor Francesca!!. Mancava la cuoca, “c’è Suor Luisella”, un’ insegnante si ammalava “non ti preoccupare, finché ci siamo noi…”, quando nevicava “ho aperto arrivate pure, Suor Francesca ha già spalato il vialetto”,erano dei veri e propri infaticabili jolly. Tanti erano i bambini che le ricordano affettuosamente e che nei primi tempi le chiamavano le “nonnine dell’ asilo”, magari non si ricordavano i nostri nomi, cioè quello delle insegnanti, ma il loro si, ciò ad indicare la familiarità e la sicurezza che sapevano trasmettere. I genitori stessi erano consapevoli di lasciare i loro figli in un ambiente accudito amorevolmente, è nostra speranza continuare nella direzione da loro intrapresa, consapevoli dell’impegno che comporta. Nostro impegno sarà inoltre quello di non far perdere quel carattere religioso che contraddistingueva il nostro istituto. Talvolta qualcuno, insegnante o genitore che sia, si scordava qualcosa, bastava tornare e suonare il campanello, magari ci scappava un sorriso ed una chiacchiera. Erano inoltre ottime dispensatrici di consigli e fidate confidenti, nei momenti di bisogno sapevano starti vicino in modo discreto, ma sempre presente, anche solo con una parola o una pacca sulle spalle. E ciò non lo pensiamo soltanto noi insegnanti, ma anche tanti e tanti genitori che le rimpiangeranno. Un bacio ed un grande e sentito GRAZIE da tutte noi insegnanti, bambini e genitori, consapevoli che non si tratta di un addio, ma che ci saranno occasioni per incontrarci e sorridere ancora insieme. Vi ricordiamo con affetto. Le Insegnanti ed il Personale della Scuola 27 Ponte in cammino Ricerca su luoghi, strade e vie di interesse storico a cura di Giovanni Pilla e Chiara Ratti Via Pippo Panni P roseguiamo la serie di approfondimenti relativi alle vie dedicate ai partigiani, occupandoci in questa sede della via dedicata a Pippo Panni, arteria stradale che si diparte da Via A.Boggiani, situata nella lotizzazione adiacente al Centro Sportivo Giovanni Rossi. Come si legge nella biografia riportata nel retrocopertina del suo libro “La Brigata Mazzini e la Brigata Inzani in Val Nure e Val D’Arda”, Giuseppe (Pippo) Panni, avvocato, medaglia d’argento al Valor Militare, è stato uomo della resistenza armata piacentina dall’iniziale cospirazione sino alla liberazione. 28 Nato a Carpaneto nel marzo 1922, da famiglia di artigiani, studiò a Piacenza, prima presso il collegio S. Vincenzo, poi alle scuole medie superiori cittadine, conseguendo l’abilitazione magistrale presso l’Istituto “G. Colombini”. Prestò servizio militare presso il 5° Reggimento Alpini (Divisione Tridentina) e seguì il corso allievi ufficiali al LXII Battaglione d’Istruzione Alpini di stanza a Merano. L’8 settembre 1943 era a Tarquinia (Viterbo), al sopravvenire dello sbandamento generale, con il suo battaglione, che si era aggregato compatto alla Divisione Ariete, comandata dal Generale Raffaele Cadorna, combatté sull’Aurelia in difesa di Roma. Cessata la resistenza organizzata e scioltisi i reparti, tornò a casa. Salì subito ai monti, a Sperongia di Morfasso, presso la famiglia dell’amico Italo Croci, col quale, unendosi a Pietro Inzani, Giuseppe Prati e ad altri giovani della zona renitenti alle chiamate e ai bandi della Repubblica di Salò, promosse l’organizzazione della Resistenza in Val d’Arda e fu sul monte Lama con i primi gruppi armati. In detta valle agì fino alla fine del rastrellamento estivo del luglio 1944, quindi passò in Val Nure, chiamato, con Pietro Inzani, a far parte del Comando Unico della XIII Zona, che si costituiva intorno al Colonnello Emilio Canzi, antifascista nel ’19, combattete in Spagna con gli anarchici libertari, internato dai tedeschi nel ’41 a Dachau, poi a Treviri, Hingert, Vipiteno e infine trasferito a Piacenza come prigioniero politico nel 1942, confinato a Vipiteno e fondatore del primo C.L.N. Piacentino. Compito di Panni e Inzani fu studiare la dislocazione delle formazioni sul territorio al fine di proporre il miglior impiego dei reparti secondo la necessità e i fini del momento, l’esperienza al Comando Unico, con sede nel paese di Bettola, da poco liberato, è però breve, nell’agosto del 1944, infatti, inseguito all’esodo dalla val Nure di “Istriano” - e con lui buona parte dei componenti della 59° Brigata garibaldina “CAIO” da lui comandata (esodo di cui si è già scritto con maggiori dettagli nel numero precedente) - Panni divenne comandante della 61° Brigata Autonoma d’Assalto “G. Mazzini”, accettando la proposta degli esponenti dei distaccamenti della “CAIO” rimasti in Val Nure, coprendo così il settore rimasto sguarnito e schierandosi nel territorio compreso tra la sinistra del Nure e la destra del Trebbia, sulla linea Zazzera – Mansano – Mandrola – Aguzzafame – Chiulano – Felino, seguendo il dorsale sud del Denavolo, tenendo presente che Ponte dell’Olio e Rivergaro erano presidiati dai nazifascisti per tenere aperte le vie di fondovalle del Nure e del Trebbia. L’attività di maggior rilievo era quella di pattugliamento, con colpi di mano su reparti nemici di transito e azioni di disturbo ai presidi, specie quello di Ponte dell’Olio. Dopo l’avvio, la formazione Mazzini ebbe una crescita subitanea e sorprendente per l’afflusso di molti giovani che decisero di arruolarsi, così che, secondo quanto scrive Panni stesso nel suo libro, l’organico della Brigata Mazzini alla fine dell’agosto del 1944 arrivò a contare circa 630 uomini, distribuiti in tre battaglioni, considerando anche le forze impiegate in servizi carcerari, logistici e di staffetta. Durante l’estate l’attività partigiana nel piacentino era esplosa in una miriade di azioni che disturbavano ed ostacolavano la libertà di movimento dei tedeschi i quali, per tenersi aperte le grandi arterie del retrofronte, erano costretti ad impiegare truppe che avrebbero altrimenti impegnate al fronte. Il crescente fermento del movimento partigiano, unitamente alle ottimistiche notizie provenienti dal fronte convinsero le formazioni operanti sul nostro territorio che era giunta l’ora di attaccare il presidio fascista con sede a Ponte dell’Olio. La Brigata comandata da Panni era infatti posta a controllo dell’intervalliva Rivergaro – Veano – Bagnolo – Ponte dell’Olio, del fondo Val Nure e della Statale 45; tale schieramento era dunque pericoloso poiché Rivergaro era costantemente battuto dai tedeschi, necessitati a mantenere aperta la Statale per Genova, mentre Ponte dell’Olio era presidiato dai fascisti, al fine di bloccare l’imbocco della valle e contenere la pressione partigiana sulla pianura sottostante. In questa situazione, incuneata fra due punti chiave degli obiettivi nemici e chiamata ad operare sulla Statale 45 e sulla pianura a sud della città, oltre a non avere sfogo per il tipo di azioni che invece le altre formazioni conducevano sulla via Emilia, la Brigata Mazzini era più spesso esposta agli attacchi dei nemici che, appunto per tenere aperta la Statale e per alleggerirne la pressione, la impegnavano frequentemente con puntate sulle postazioni di attestamento. La presenza del presidio fascista era dunque un spina nel fianco per lo schieramento e fonte di costante preoccupazione per il pericolo di attacchi contemporanei su due fronti. Fu così che il Comando Unico preparò con cura il piano d’azione insieme a Pippo Panni per la Brigata Mazzini e a Gianmaria Molinari per la Brigata della Stella Rossa, altra formazione partigiana operante nella zona; di comune accordo si decise dunque l’attacco per l’alba di domenica 1/10/‘44,data in cui cominciarono a sparare le mitraglie sulla caserma e sulle scuole in cui i fascisti erano asserragliati e rispondevano al fuoco, tenendosi al coperto. Non abbiamo la pretesa di rievocare dettagliatamente i particolari e le modalità del combattimento, basterà ricordare che, attraversando fasi alterne, l’azione si prolungò per quattro giorni, le condizioni di lotta furono notevolmente peggiorate dalla pioggia e dalla nebbia, senza contare che i rinforzi provenienti dalla città tentarono ripetutamente di rompere l’accerchiamento partigiano e liberare il presidio, fino a quando, giovedì mattina, i fascisti si arresero. Caduto Ponte dell’Olio la Brigata Mazzini si assestò ancor meglio sullo schieramento da Ponte a Rivergaro continuando le azioni di disturbo alle truppe nemiche in transito sulla statale 45, al campo di aviazione di S. Damiano e alle polveriere di Gossolengo e di S. Bonico fino al rastrellamento invernale del ’44-’45. Dopo la prima fase del rastrellamento da parte delle truppe tedesche con carattere offensivo le due Brigate, Stella Rossa e Mazzini si erano, di fatto, disciolte e i distaccamenti superstiti delle due brigate frammisti. Sotto la spinta del commissario del CUM-XIII zona si tentò di formare una nuova unità priva di ogni colorazione politica, nacque così il “Settore Val Nure”, il cui comando era così strutturato: comandante Pietro Inzani “Aquila Nera”, vice Pippo Panni e capo di S.M. Gianmaria Molinari. Aderirono subito al "Settore Valnure" quasi tutti i distaccamenti superstiti o nel frattempo costituitisi. All'inizio della seconda fase del rastrellamento (6/01/'45), con la morte di Gianmaria Molinari e di "Aquila Nera", il settore cessò di esistere e i distaccamenti ritornarono autonomi. Dopo il ripiego sui monti nel tentativo di salvarsi dalle forze di rastrellamento, alla ripresa della lotta Pippo Panni formò la Brigata “Pietro Inzani”, con la quale, tornato in Val d’Arda, combatté fino alla liberazione della città dopo essere stato designato comandante di una nuova formazione. Alla fine della guerra riprese l’insegnamento e gli studi. Conseguita la maturità presso il Liceo “M. Gioia” di Piacenza e successivamente la laurea di giurisprudenza presso l’Università di Milano, iniziò a Piacenza la professione d’avvocato, continuando per il resto della sua vita a testimoniare i valori d’ispirazione democratica che erano stati la base della sua adesione al movimento partigiano. Le informazioni riportate sono state desunte dal libro di Giuseppe Panni “La Brigata Mazzini e la Brigata Inzani in Val Nure e Val D’Arda” 29 30 31 32 33 Culture per lo sviluppo locale: L LA COOPERATIVA DELLA MEMORIA I n questi giorni a Vigolzone sta nascendo un’associazione dal nome decisamente impegnativo: Culture per lo sviluppo locale che ha lo scopo di evitare la perdita della memoria locale per meglio comprendere e valorizzare i segni del nostro tempo, per capire chi siamo e da dove veniamo. La nuova associazione, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, ha già le idee chiare su come muoversi: a tal scopo ha ideato il progetto “Cooperativa della memoria”, intendendo con esso promuovere la raccolta, la digitalizzazione, l’archiviazione e la valorizzazione di ricordi che riguardano Vigolzone, il suo territorio e le persone che lo hanno abitato. Per riuscire a creare un “Botteghino di storia e geografia locale di Vigolzone”, l’associazione Culture si rivolge ai vigolzonesi di ieri e di oggi perché mettano a disposizione di tutti i loro “RICORDI” (fotografie, disegni, mappe geografiche, documenti, ma anche testimonianze verbali ed oggetti che, opportunamente schedati al momento della consegna, verranno digitalizzati e quindi restituiti ai proprietari, fatta salva la volontà di una loro eventuale donazione. A partire dal 1 marzo verrà istituito un punto di raccolta presso il Municipio che sarà operativo il giovedì ed il sabato dalle 9,30 alle 12,30; sarà altresì possibile avere maggiori delucidazioni rivolgendosi a Ferruccio Pizzamiglio (tel. 0523 870342), Andrea Rossi (tel. 0523 870766) Negozio Sì Scarpa (via Roma, 73 tel. 0523 87022 Per questo primo anno il tema dei ricordi sarà “Il lavoro dell’uomo trasforma il territorio” ed in particolare 1) il lavoro delle donne: il prezioso contributo attivo delle donne alla costruzione della nostra storia 2) il lavoro industriale: il territorio di Vigolzone che sembra essere tradizionalmente agricolo, in realtà è stato nel passato luogo di cave, fornaci, miniere, officine, opifici, cementifici, mulini, opere idrauliche 3) il lavoro per nutrirsi: la nutrizione è l’azione che genera il lavoro, dal taglio della legna da ardere e da scaldare fino all’importazione dell’olio, tutto ruota attorno a questo problema ed il territorio di Vigolzone è la forma di questo processo quotidiano, saltuario, periodico, annuale o stagionale che si ripete. Tematiche coinvolgenti che i “donatori di memoria” contribuiranno a riportare alla luce con le donazioni e che permetterà loro, facendone espressa richiesta, di essere gratificati con una copia del materiale raccolto in formato digitale; inoltre, tra tutti i membri della Cooperativa della memoria saranno sorteggiati premi in buoni acquisto di prodotti tipici locali. ’Amministrazione comunale di Vigolzone e la Banca di Piacenza hanno recentemente siglato un accordo contenente misure anticrisi per famiglie ed aziende in difficoltà. «Come banca locale – ha evidenziato Tansini – intendiamo dimostrare la nostra sensibilità verso il problema della crisi economica generalizzata, offrendo una gamma di nostri prodotti che permettano ai privati e alle ditte di affrontare questo momento di difficoltà». Chi fosse interessato a saperne di più si potrà rivolgere alla filiale locale della Banca di Piacenza, oppure agli uffici comunali (Nella foto il sindaco Francesco Rolleri, l’assessore alle Attività produttive Loris Caragnano, Renzo Tansini dell’ufficio Rapporti con associazioni ed enti della Banca di Piacenza ed Elisabetta Molinari, capo della filiale del paese) Un ricordo del nostro inverno Sabrina Mazzocchi 34 35 Il Sacello in onore della Madonna a Zaffignano In occasione della Festa di San Francesco di Sales Missione, imbarbarimento e alibi dell’informazione L ‘Ufficio comunicazioni della diocesi e il settimanale “Il Nuovo Giornale” hanno proposto nello scorso gennaio l’edizione 2009 del concorso per i bollettini parrocchiali. Dopo l’edizione 2008 dedicata a mons. Gianfranco Ciatti, che ha guidato il giornale negli ultimi decenni del secolo scorso, la nuova edizione del concorso è dedicata a mons. Francesco Gregori, fondatore e uno dei primi direttori del giornale. L a festa dedicata a San Giovanni di Sales, patrono dei giornalisti, è stata occasione di un incontro coordinato da don Davide Maloberti, responsabile dell’Ufficio comunicazioni della Diocesi nel corso del quale il vescovo mons. Gianni Ambrosio ha richiamato i giornalisti alla necessità di raccontare i fatti della vita senza forzarli, all’insegna del rispetto di ogni persona, instaurando un rapporto vero tra parole e fatti, fuggendo dagli stereotipi, vincendo la deriva della volgarità, dello stile gridato, della cattiveria, della diffamazione. All’omelia della messa celebrata nella Cappella di Palazzo Vescovile, mons. Ambrosio è tornato ad analizzare il mestiere del giornalista: “Un lavoro bello, ma delicato e sempre più sottoposto a spinte contrapposte: quella dello scoop o dell’audience a ogni costo e quella del rispetto della verità e delle persone”. Ha preso spunto dalle parole del vangelo di Matteo in cui Gesù dice ai discepoli: “Voi siete il sale della terra, la luce del mondo”. Impegni talmente elevati da sembrare impossibile riuscire a realizzarli. Eppure si tratta solo di accoglierli questi doni di Gesù, che sono per tutti. “Se accolti, cambiano la vita, nel senso che la rendono illuminata, significativa, costruttiva. Anche il mestiere di giornalista cambia. Diventa una missione: cercare di leggere i segni di speranza pur nelle pesanti oscurità che segnano la nostra storia; essere sale e luce non vuol dire ignorare i tanti lati oscuri 36 A Paolo Labati il premio giornalistico de “Il Nuovo Giornale” del nostro cammino umano. Piuttosto far emergere i motivi per cui vale la pena di vivere, portare alla luce ciò che promuove la dignità della persona, scorgendo nei fatti i segni che aprono alla speranza, al dialogo, alla fiducia reciproca. Il sale conserva e dà gusto. L’invito è quindi di apprezzare gli aspetti della vita cui dare sapore perché siano pienamente gustati e stimati. Il simbolo della luce evoca il desiderio di verità, conoscenza, speranza: è un desiderio impresso nell’intimo del cuore di ogni persona e di ogni popolo. Per il giornalista, spesso prigioniero della “cultura del cronometro”, è facile trincerarsi dietro l’alibi “oggi il lettore o il pubblico vuole così..., oggi la società è così”. Il comunicatore deve essere sempre consapevole delle proprie responsabilità: non può rassegnarsi e poi giustificarsi. Il sale che non dà sapore merita di essere gettato via. La luce che è posta sotto il moggio, come dice il Vangelo, non riesce ad illuminare, è inutile. Renato Passerini Ai bollettini parrocchiali e ai loro collaboratori il concorso chiedeva interventi giornalistici, non eccessivamente lunghi, in grado di documentare l’attività di educatori o della parrocchia o della diocesi, attivi nel secolo scorso e non più viventi, con un linguaggio chiaro e semplice. Il riconoscimento è stato assegnato a Palo Labati, dallo scorso anno coordinatore della nostra testata, per un articolo dedicato a don Pio Marchettini. Oltre a congratularci con Paolo pensiamo fare cosa gradita ai lettori riprendendo integralmente, nelle pagine successive, l’articolo pubblicato nel dicembre 2009 da “Montagna nostra”, il periodico della Parrocchia di Ferriere. R. P. In foto con il Vescovo Paolo e la sua famiglia. Ricordando il direttore don Pio Marchettini di Paolo Labati Ogni anno, con l'arrivo dell'autunno e la riapertura delle scuole, tornano più incidenti i ricordi di un particolare periodo della mia vita. Il mio pensiero va al lontano 30 settembre 1964, quando insieme a Dino, Lucio e Angelo varcammo per la prima volta il portone d’ingresso del Collegio Morigi per iniziare in città l’avventura scolastica degli studi superiori. Ragazzi abituati alla vita di paese dove il campo da calcio era la piazza e il muretto davanti alla chiesa il luogo d'incontro serale. Era lì che nascevano i nostri sogni, lì che passavano le confidenze sui progetti futuri, lo scambio dei commenti sull'esperienza della scuola media frequentata in paese, lì dove ci si sentiva forti e ancora non disturbava l'imprevisto delle scuole superiori con l'inevitabile trasferimento in città. Erano gli anni in cui anche la gente di montagna voleva assicurare ai figli un'istruzione che avrebbe inciso sul loro futuro e, nel trasferimento dal proprio paese alla città, il collegio rimaneva la sistemazione scelta da tanti. Quel primo giorno ad attendere noi “matricole” in Collegio c'erano gli amici: Lucio Scaramuzza, Giuseppe Bocciarelli, Logli di Farini, Adriano Speroni di Bettola ed altri che, di qualche anno più anziani, già conoscevano l'esperienza della vita collegia- 37 I nostri anziani 38 le. La nuova avventura, prima ancora che con la scuola, incominciava con l'incontro di ambienti e di persone che avrebbero in qualche modo segnato il nostro futuro di studenti collegiali. Ricordo la guardarobiera Annunciata, le cuoche Anita, Adele e Lucia, i camerieri Vincenzo e Severino, la dinamica Luisa addetta alle pulizie delle camerate: tutte persone che hanno facilitato il passaggio dalla sicurezza dell'ambiente familiare alle novità della vita collegiale. Fra tutti questi personaggi uno in particolare ha segnato la mia formazione: il direttore Don Pio Marchettini. Un uomo di poche parole che già nel primo impatto con il nuovo ambiente, senza sdolcinature, con lo sguardo severo, ma rassicurante e con essenziali informazioni ci indicava l’aula studio, la camerata, la cappella, il refettorio e il cortile dove si disputavano le partite di calcio. Nel nuovo ambiente, nell’angolo del porticato interno, appena dentro a destra, un calendario, scritto a mano, metteva in evidenza i mesi e i giorni compresi nel periodo dal primo ottobre al mese di giugno. Era per il direttore la pista delle sue attività di educatore dall'inizio alla fine dell'anno scolastico. Alcune domeniche scritte in rosso mettevano in evidenza le festività in cui si poteva chiedere di rientrare in famiglia ed erano le date che noi studenti aspettavamo con ansia. E' difficile descrivere i sentimenti che prova un adolescente quando, lasciata la sicurezza della propria famiglia e del proprio paese, si trova a dover confrontarsi con coetanei sconosciuti. Ricordo di essermi subito affezionato a quei ragazzi che provenivano da una cultura simile alla mia: Gian Domenico Antonioni di Pedina di Morfasso, Bartolomeo Guglielmetti di Pradovera, Mazzocchi di Aglio. Eravamo tutti ragazzi con la paura dell’acqua gettati in mare a nuotare da soli ad affrontare una nuova vita con abitudini nuove, con le regole di una comunità più ampia e diversa da quella familiare. Ricordo che molti abbiamo pianto soprattutto la prima sera all’arrivo del buio fra quei cameroni dove occorreva celare le lacrime per non sembrare deboli con i compagni che combattevano la stessa fatica emotiva. Eppure ricordo quell'esperienza come una tappa importante nella mia vita perchè mi ha insegnato a sperimentare il valore dell'amicizia che si era stabilita fra noi, ad essere autonomo. Un'autonomia promossa, ma anche vigilata, dalla presenza autorevole del direttore Don Pio Marchettini; la persona che per me , e per tanti, è stato un vero educatore. Come in tutte le comunità di ragazzi, portati alla goliardia, anche per l'amato direttore erano stati coniati alcuni soprannomi che mettevano in risalto le sue funzioni. Era "l'uomo nero" quando nel buio dei lunghi corridoi, con passo felpato, passava per assicurarsi che nessuno, con scherzi pesanti, infierisse sui più deboli. Controllava la nostra applicazione nello studio, ma si fermava anche per confortare, ascoltandolo, chi piangeva per la nostalgia di casa o per gli insuccessi scolastici. Rimaneva comunque l’indiscusso maestro, l'istitutore, l' insegnante, a volte anche il medico pronto a intervenire in ogni occasione vuoi con severità, o con gentilezza, comunque sempre con molta umanità. La sua presenza era “rispettata”, a volte “temuta”, ma sempre proiettata verso una formazione e una educazione improntata allo studio, al rispetto reciproco, alla disciplina intesa come ordine e dovere. Con lui non c’era tempo e spazio per contestare o per barare. Sempre presente nel suo studio a cui si poteva accedere senza tante formalità, solo bussando, ci riceveva alla luce fioca di una lampada a basso consumo per risparmiare. Il “direttore”, era questo il titolo con cui voleva essere chiamato ci riceveva a tutte le ore, dal mattino alle sette sino alla sera alle 11. Era disponibile per spiegazioni scolastiche, ci teneva a dimostrare la sua bravura soprattutto nelle espressioni e nei problemi di matematica. Essenziale e diretto nelle spiegazioni, con lui non c’era tempo da perdere e non e non ci era permesso non capire. Profondo conoscitore delle strategie studentesche per evitare interrogazioni o compiti in classe non concedeva credito alle influenze o alle “false malattie”; era sufficiente lo spauracchio di una iniezione del “Pio” perché passasse ogni tentativo di baro.. Sono ormai passati tanti anni. Don Pio, il Direttore con la lettera maiuscola, che viveva 24 ore in Collegio rientrando in famiglia un paio di ore al sabato sera o alla domenica pomeriggio, dopo una vita interamente spesa per generazioni e generazioni di giovani, ha passato il testimone ad altri. Sono cambiate le modalità di gestione, sono cambiati anche i metodi educativi più improntati alla tolleranza, all'elasticità nell'osservanza delle regole, al rallentamento delle forme di rispetto verso i superiori e siamo entrati in quella fase che oggi viene definita di emergenza educativa. E allora è inevitabile il confronto fra i metodi educativi del Direttore Don Pio che ci hanno preparato ad affrontare la vita con responsabilità, con la capacità di affrontare le difficoltà e le successive strategie educative che, in nome di un falso rispetto del ragazzo, per evitargli i disagi emotivi, oggi chiamati "traumi", diventano accondiscendenti e togliendogli il gusto della fatica per raggiungere un obiettivo, lo condannano alla noia, alla mancanza di sogni e di ideali. Sorge un interrogativo "Quale giudizio per la pedagogia di Don Pio, un Direttore che ha saputo davvero dirigerci verso la vita insegnandoci il senso del dovere, del rispetto reciproco, dell'osservanza delle regole, del ricorso alla volontà per operare scelte e la pedagogia odierna che non sa più coltivare i sogni, l'impegno, la gratificazione di vincere sulle tentazioni per godere poi delle conquiste personali?". Forse è il caso di riflettere sulle due realtà. Conosciamo un pontolliese doc: Mario Gazzola “Sono una persona fortunata: sono nato a Pontedell’Olio 90 anni fa e sono ancora qua”. Con questo pensiero Mario Gazzola ci accoglie nella sua stanza, soddisfatto di vivere al Balderacchi, a due passi dalla casa e dagli affetti che sono stati i motivi “trainanti” della sua vita. Classe 1920, Mario è il secondo di otto fratelli. Appartiene ad una storica famiglia di “sacrestani”, famiglia che ha impegnato papà Aldo al servizio della chiesa di Pontedell’Olio per ben 40 anni e per altri 40 anni il fratello Giovanni. Una famiglia numerosa, dieci persone a cui bisognava assicurare il necessario per vivere. Ed è per questo stato di necessità, appesantito dal particolare periodo storico, che Mario, dopo alcuni anni di scuole elementari, si avventura, con il fratello Dino nel mondo del lavoro. Entrambi scelgono la professione del sarto, entrando come apprendisti nelle affermate sartorie locali Tacchini e Piana. Dopo alcuni anni i due fratelli compiono un “salto di qualità” e si mettono in proprio. Si stabiliscono in locali del Comune, sulla Circonvallazione, e compensano l’affitto della casa curando il peso pubblico ubicato davanti all’abitazione. Con il passare degli anni e soprattutto con l’avvento di una ventata di “industrializzazione”, il raffinato e manuale lavoro di sarto non costiutiva più per il futuro una certa fonte di reddito. Fu così che Mario si “adattò” in una officina di carpenteria per il piegamento delle lamiere. Ricorda con piacere quegli anni nella ditta Sbalbi alla Madonna della Neve, dove rimase sino alla pensione. Negli anni successivi, ritenendosi ancora “efficiente”, Mario vuole essere utile alla comunità e per otto anni è un “fidato” milite della Pubblica Asistenza. Purtroppo, rimasto solo e con gli acciacchi che avan- zano, ha scelto la strada della “comunità assistita”. “Non ho voluto pesare su nessuno e sono felice di essere qui, considerato e curato come in famiglia”. Ora trascorre le giornate leggendo e facendo frequenti “puntate” nel borgo, dove ritrova la soddisfazione e la gioia di sentirsi ancora pontolliese a tutti gli effetti come lo è stato per tutta la vita. P.L. Rettifica Con la presente vogliamo ratificare l’erronea affermazione pubblicata sullo scorso numero nel nostro notiziario riportando un servizio sulla ditta I.A.P. Spa di Pontedell’Olio. I rappesentanti dell’azienda rilevano che la stessa non è stata “rilevata in concordato fallimentare dalla Raffaele Caruso” come scritto erroneamente sull’articolo, ma la stessa ha effettuato la cessione di un ramo d’azienda alla Raffaele Caruso Spa, operazione effettuata quando l’azienda era nel pieno della sua attività produttiva e garantendo la salvaguardia di tutti i posti di lavoro ai dipendenti. Diamo altresì atto dell’impegno sociale profuso dal legale rappresentante per la tutela dei posti di lavoro di una realtà che ha rappresentato per diversi decenni una delle aziende produttive più importanti del paese. 39 Rubrica di cucina a cura di Antonietta Spelta Colomba alle mandorle INGREDIENTI: per la pasta: 250 gr. di farina 00; 120 gr di burro; 100 gr. di zucchero semolato; N. 1 uovo; N. 1 pizzico di sale per l’impasto alle mandorle: 150 gr. di zucchero semolato 120 gr. di polvere di mandorle 40 gr. di farina 00 N. 3 uova per la finitura: N. 2 cucchiai di mandorle a lamelle N. 2 cucchiai di zucchero granella Zucchero a velo quanto basta Attrezzi: uno stampo per colombe 40 ESECUZIONE: Per la pasta frolla: amalgamare il burro con la farina e un pizzico di sale quindi aggiungere l’uovo precedentemente sbattuto con lo zucchero. Amalgamare il composto lavorandolo brevemente, confezionare un panetto schiacciato, avvolgerlo nella pellicola e farlo raffreddare in frigorifero per 30 minuti circa; successivamente stendere la pasta, foderare uno stampo a forma di colomba e bucherellare il fondo. Per l’impasto alle mandorle: separare i tuorli dagli albumi, quindi passare al mixer lo zucchero, i tuorli e aggiungere la polvere di mandorle oltre alla farina setacciata . Trasferire il composto in una ciotola e incorporarvi gli albumi montati a neve. Riempire lo stampo foderato di pasta frolla con il composto di mandorle. Cospargere la superficie con le mandorle a lamelle e lo zucchero in granella. Cuocere in forno a 180 °C per 60 minuti circa, sfornare, far raffreddare e spolverizzare di zucchero a velo. 41 Ricordiamoli Gandolfi Orlando n.18.01.1938-m.11.12.2009 Botti Angela n.30.01.1917-m.29.12.2009 Burzoni Giulio n.24.06.1932-m.13.12.2009 Costa Giuseppina n.04.03.1920-m.30.12.2009 Marzaroli Giovanni n.22.03.1924-m.15.12.2009 Mazzocchi Giuseppa n.18.01.1929-m.31.12.2009 Albertelli Francesco n.08.02.1928-m.17.12.2009 Benvisi Maria ved.Foglia n.24.03.1920-m.05.01.2010 Milza Pietro n.15.03.1925-m.03.03.2010 Galli Andreina Trabucchi n.31.01.1942-m.19.02.2010 Mazzocchi Pietro n.08.07.1929-m.25.02.2010 Maggi Eugenio n.05.11.1921-m.28.02.2010 Baldini Clementina n.30.03.1926-m.22.02.2010 Marzaroli Giovanni n.12.04.1931-m.31.01.2010 Predieri Claudio Michele n.13.11.1946-m.29.01.2010 Zanangeli Ida ved. Perazzi 26.12.1924-m.07.03.2010 Grazie papà per il tuo sorriso, Grazie per averci insegnato l’onestà, l’umiltà e l’essere rispettosi con tutti, Grazie per il tempo e la pazienza che hai dedicato a noi e ai tuoi nipoti Francesca, Laura, Chiara, Elia e Luca, Grazie per aver sopportato con silenzio la malattia, Grazie per essere stato un papà sempre presente, Grazie per aver accolto con amore come tuoi figli Antonio e Gilberto. Ora riposa in pace con la mamma e da lassù proteggici. Ciao Papà. 42 Grilli Primo n.05.10.1921-m.07.01.2010 Barbieri Angiolina n.24.03.1920-m.12.01.2010 Gobbi Fermina Anselmi n.04.10.1919-m.31.01.2010 Lovati Adele n.27.05.1931-m.04.02.2010 Ghezzi Franco n.22.08.1933-m.30.12.2009 Torricella Armando n.19.04.1922-m.10.12.2009 Il papà di Ennio ha raggiunto il Regno dei Cieli: gli amici della redazione di Vigolzone sono vicini all’amico Ennio. 43 Piccoli Angela ved.Cordani - n.18.04.1920-m.11.02.2010 A mamma Angela - Hai deciso di lasciarci per sempre. Ti capisco. Dopo 60 anni con il papà lo hai raggiunto per l’eternità. Gioie (poche), dolori (tanti), sacrifici (immensi). Però una vita vissuta intensamente. Sempre serena, sorridente con una gran voglia di vivere. Mamma di tre figli tuoi e di tanti altri. “La Giuliana ad Savian” per tanti eri un riferimento. Grazie per tutto quello che ci hai dato con il cuore. Hai lasciato un vuoto immenso in me e nella mia famiglia. Tre nipotini che ti ricorderanno sempre come la “nonna vecchia”: un onore come dicevi tu. Ti saluto con una frase che mi è stata detta nel giorno del tuo ultimo viaggio terreno: “Giorgio hai perso una grande mamma, unica ed indimenticabile”. Voglio ricordarti così sorridente e allegra, pur con tanti problemi. Ciao mà, ciao vecia, salutami il veciu. Tuo figlio Giorgio e famiglia. Ricordiamo il comm. Gatti Luigi, scomparso a Piacenza in un tragico e assurdo incidente stradale. Un lungo curriculum ha segnato la sua persona, presidente della Camera di commercio per decenni, amministratore delegato della Banca di Piacenza, industriale per professione, uomo buono e generoso per vocazione. Possedeva un piccolo podere a Torrano, dove amava trascorrere qualche ora di meritato riposo. Partecipiamo al dolore della famiglia. Ricordando Marcello Chiesa Ciao Cello, quest' anno è volato, sarà una frase fatta e scontata, ma è volato davvero. Sei stata la nostra stella, quella più luminosa, quella che Noi guardiamo sempre, quella che ci fa scendere qualche lacrima e che ci fa sorridere, quella che ci ha guidato e aiutato a stare sempre uno vicino all'altro nonostante le tantissime difficoltà incontrate. Il tuo mondo è ancora in mezzo a noi, e ci resterà fino a quando porteremo anche solo una briciola dei tuoi insegnamenti e dei tuoi consigli e, fidati, lo faremo per sempre. Il 31 Gennaio non è un giorno diverso dagli altri, almeno non per noi, non cambierà proprio nulla. Perchè non ti vedremo neanche questa Domenica a messa e tutti parleranno di te, di quanto eri bravo e perfetto. Noi non lo faremo. Non crediamo che le parole siano utili in momenti come questo; sarebbe meglio, come dicevi tu, tacere e fermarsi a riflettere, piuttosto che cadere nelle banalità. In questi giorni ho in mente un'immagine di te, che mi riporta ai tuoi occhi, carichi sempre di fiducia per l'altro. L'altro è stato al centro della tua vita, e anche adesso che non ci sei più, non siamo solo noi che manteniamo vivo il tuo ricordo pensandoti, ma sei soprattutto tu che ci tieni attaccati alla vita con i tuoi occhi, quegli occhi che non possono mentire mai. Gli amici che tu sai 44 que, eri una presenza costante ma non di certo invadente perchè entravi sempre in punta di piedi e nello stesso modo te ne sei andato. Ti scrivo tutto questo perchè è passato un anno ormai e la tua mancanza si sente ancora molto forte. E credo che si sentirà per sempre. "La vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia". Ciao dolcissimo Angelo. M.O. I primi passi…ed i primi traguardi… L’associazione Amici di Marcello è lieta di ringraziare tutti i cittadini che nella giornata del 13 dicembre acquistando un trancio di pancetta oppure nei mesi successivi attraverso il tesseramento hanno contribuito a far muovere i primi passi ad una associazione il cui unico scopo è quello di dar vita a manifestazioni con fini di beneficenza, promuovere iniziative culturali e di interesse generale sempre con l’obiettivo di arricchire la vita pontolliese e pensare di volta in volta a persone un po’ meno fortunate di noi. Proprio in questi giorni una lettera inattesa ci è giunta dalla Romania:sono i bambini e le suore di Braila a cui sono andati i primi soldi raccolti dall’associazione che attraverso sincere e preziose parole ringraziano l’associazione e tutta la nostra comunità e augurano di continuare a fare scelte di bene e speranza. Proprio in questi mesi è iniziato un nuovo corso in questo centro in cui si assistono i ragazzi nello studio, nel gioco , durante la cena.. cose che appaiono normali nella vita di un ragazzo eppure in quel territorio normali non sono. “Grazie di cuore per la vostra generosa offerta che abbiamo ricevuto, un sostegno importantissimo per noi soprattutto ora che abbiamo finalmente iniziato con il centro Diurno, il Signore benedica tanta vostra generosità che è goccia costante soprattutto in questi tempi così difficili che tutti stiamo vivendo”.. “E dal paesaggio bianchissimo che ci circonda da oltre un mese e dall’aria freddissima e gelida di questo periodo vogliamo inviarvi un abbraccio caldo e profondo perché il nostro cuore è sempre abitato dalla gioia del dono della vostra amicizia”… Sono parole importanti che ci spingono a continua- re in questo progetto; quando si prova a fare del bene non esiste un ritorno,lo si fa perché ci si sente, perché lo vogliamo e quando ci si rende conto di averlo fatto bene questo è ancora più bello. Ovviamente quello che si fa è una goccia nel mare del bisogno però si lavora sempre per aggiungere nuove gocce sempre più ricche e costruttive e che si vanno ad aggiungere al lavoro di tutti! Per questo vogliamo ricordare che è sempre aperto il tesseramento all’organizzazione: per chi fosse interessato è sufficiente passare al bar Stazione di Pontedell’olio per richiedere il modulo da compilare. Tutti, tesserati e non, possono contribuire al nostro lavoro:al momento guardiamo già ai prossimi eventi. Stanno prendendo forma due manifestazioni:la prima ad agosto nei pressi del bar Stazione di Pontedell’olio e sul viale Roma mentre la seconda nel secondo weekend di settembre con la festa Amici di Marcello che potrà essere un momento importante per ritrovarsi tutti insieme dopo la lunga estate. Non si esclude però che si possa lavorare anche per iniziative in periodo primaverile o di altro tipo. Vi aggiorneremo comunque sempre del nostro lavoro e aspettiamo la vostra partecipazione. Amici di Marcello "Cosa centra quel tramonto inutile? Non ha l’aria di finire più, chi ci tiene a dare il suo spettacolo mentre qui manchi tu?". Ecco questa canzone sembra scritta per te, caro Marcello. Eri una persona speciale, diverso dalla massa. Il tuo sorriso e i tuoi occhi erano semplicemente meravigliosi. Io ti ricordo in chiesa dietro al leggio, quel leggio che per un soffio non crollò sui tuoi piedi, ti ricordo a passeggio sulla nostra borgata sempre con qualche libro sotto il braccio, ti ricordo con la divisa della pubblica, ti ricordo divertito a fare le gare di briscola con la Patty, al Centro piuttosto che in Stazione, insomma ti ricordo ovun45 Orario delle S. Messe feriali, domenicali e prefestive Messe feriali Ore 8,30 Ricovero Balderacchi Riva solo martedì Ore 9,30 Chiesa San Rocco Pontedell’Olio altri giorni Ore 18,00 Chiesa San Rocco Pontedell’Olio Ore 16,30 San Giovanni Evangelista Carmiano Ore 17,00 SS. Mario e Giovanni Vigolzone di CORDANI Marco BESSI Fabio e Dante Snc Produzione e posa serramenti Via Artigiani, 4 – LOC. Cabina – Vigolzone (Pc) augura Buona Pasqua! Messe prefestive del sabato Ore 10,30 Clinica San Giacomo Pontedell’Olio Ore 16,30 San Giovanni Evangelista Carmiano Ore 17,00 SS. Mario e Giovanni Vigolzone Ore 18,00 Chiesa San Rocco Pontedell’Olio Ore 18,00 SS. Cosma e Damiano Grazzano Visconti Messe domenicali Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore Ore 7,30 SS. Cosma e Damiano Grazzano Visconti 7,30 Madonna della Neve Riva 8,00 Chiesa di San Giacomo Pontedell’Olio 8,30 SS. Mario e Giovanni Vigolzone 8,30 S. Lorenzo Martire Veano / Albarola (**) 8,30 S. Maria Immacolata Bicchignano / Castione (***) 9,00 S. Pietro in Vincoli Folignano 9,30 S. Martino Vescovo Torrano 9,30 S. Antonino Martire Albarola / Veano (**) 9,30 S. Giovanni Battista Castione / Bicchignano (***) 9,30 Chiesa Parrocchiale Biana 10,00 Chiesa di San Giacomo Pontedell’Olio 10,00 S. Maria Assunta Recesio 10,30 S. Maria Assunta Villò 10,30 San Giovanni Evangelista Carmiano 10,30 SS. Cosma e Damiano Grazzano Visconti 11,00 SS. Mario e Giovanni Vigolzone 11,00 San Martino Riva 11,30 San Lorenzo Cassano 15,30 Oratorio Montesanto 17,00 SS. Mario e Giovanni Vigolzone 18,00 Chiesa San Rocco Pontedell’Olio ** prima e seconda domenica del mese a Veano e Albarola *** terza e quarta domenica del mese a Bicchignano e Castione Abbiamo cercato di tenere vive tutte le preziose realtà parrocchiali della nostra zona e di ripartire in modo adeguato le messe sul territorio. Questo comporta spostamenti e cambiamenti di orari e non piccoli sacrifici. I Vostri sacerdoti La chiesa di Torrano 46 47 Banca di Piacenza 48