INCONTRO VICARIALE RESIDENZIALE Anno pastorale 2015-­‐2016 In cerca di perle preziose
proposta formativa per il Coordinamento Pastorale Vicariale materiale per la programmazione ad uso dei moderatori dell’incontro e dei coordinatori dei gruppi di lavoro San Luca, 18 ottobre 2015 Mt 13,45
introduzione Il presente sussidio di “proposta formativa per il Coordinamento pastorale vicariale” giunge a maturazione dopo gli eventi di accoglienza del nuovo Vescovo Claudio. Ha il sapore di questo inizio, ma nello stesso tempo porta con sé la scia saporosa del cammino già fatto. È uno strumento per la progettazione dell’Incontro vicariale residenziale, da intendere come un tirocinio formativo annuale. In esso il Coordinamento pastorale vicariale (CPV) può prendere l’intonazione giusta per sostenere il cammino condiviso tra le parrocchie e unità pastorali del vicariato. Auspichiamo in forma residenziale! Gli Orientamenti pastorali 2015-­‐2016 ispirano le tre unità di formazione proposte in questo sussidio. Esse si rifanno alle tre progettualità da “consolidare”, secondo la richiesta chiara e decisa espressa nelle sessioni di discernimento fatte dal Consiglio pastorale diocesano dopo l’Incontro congiunto di sabato 7 febbraio 2015: 1. La sinodalità 2. L’Iniziazione cristiana 3. Il rapporto con il territorio. Avviare un nuovo organismo vicariale per corrispondere all’esigenza di sinergia delle risorse e di condivisione dei beni, conforme allo stile evangelico, è senz’altro imprimere la dinamica sinodale a “beni” e “strutture” che, altrimenti, originerebbero pericolose involuzioni di utilizzo nelle nostre comunità. Il Coordinamento vicariale per la Gestione economica non può che nascere nel grembo fecondo della sinodalità. L’ascolto genuino dei “preadolescenti”, che la seconda unità di lavoro prospetta come condizione per elaborare il quarto tempo del nuovo cammino di Iniziazione cristiana, rappresenta un inedito volto di Chiesa di cui abbiamo estremo bisogno per guardare nel prossimo futuro con fiducia e speranza. E, per terzo, ci scopriamo sempre più “abitanti” una casa in continua costruzione che chiamiamo “territorio”. Non abbiamo ancora liberato tutte le risorse di cui esso è portatore. Molto del nostro atteggiamento di comunità ecclesiale è abbarbicato su spazi e muri di difesa. A riguardo il Concilio Vaticano II resta una grande promessa e rappresenta una grande libertà e responsabilità: discernere i segni dei tempi! Allora il cammino da consolidare è dato anche da passi nuovi da osare. Infine, La sfida più incalzante che sta minando tante nostre difese proviene dalla chiamata evangelica mediata da quel popolo di bambini, uomini e donne, che chiamiamo “profughi”… L’umanesimo che ci apprestiamo a ripensare nel prossimo Convegno ecclesiale di Firenze paradossalmente sta svelandosi proprio lì. Ecco perché una quarta unità di lavoro è posta come “complementare” e resta in costruzione. L’inserimento in questo sussidio è venuta come richiesta dal Collegio dei vicari foranei che si è incontrato in forma straordinaria il 2 settembre c.a. Ma impegnerà tutto il decorrere di questo anno pastorale. Ecco, dunque, le unità formative che occorre elaborare ulteriormente per adeguarle al contesto locale: prima unità «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito» (Lc 18,28)
il Coordinamento vicariale per la Gestione economica seconda unità «Una perla di grande valore…» in ascolto dei preadolescenti terza unità «Scrutare i segni dei tempi…» il discernimento comunitario in rapporto al territorio unità complementare «Migranti e rifugiati ci interpellano» comunità aperte all’accoglienza. 2
prima unità «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito» (Lc 18,28) il Coordinamento vicariale per la Gestione economica Nella comunità cristiana anche l’economia e la gestione dei beni e delle risorse è parte integrante della pastorale, strumento e condizione indispensabile. Pertanto la gestione economica della comunità cristiana – a livello sia parrocchiale sia vicariale sia diocesano – deve essere sempre caratterizzata da competenza professionale e da eticità e legalità unitamente a carità e giustizia. [«Norme per la costituzione e l’attività del CVGE», I Criteri Ispiratori n. 2, in Orientamenti pastorali 2015-­‐2016, p. 58] finalità 1. Preparare il Coordinamento pastorale vicariale (CPV) ad avviare e sostenere la costituzione e l’attività del Coordinamento Vicariale per la Gestione Economica (CVGE), evidenziando la finalità pastorale di questo organismo. 2. Favorire il CPV a collocare il CVGE nel cammino di comunione e sinodalità della nostra Chiesa in spirito e stile evangelici. 3. Riscoprire la valenza pastorale e la portata comunionale che assume la gestione dei beni nelle nostre comunità e ripensare, alla luce di questo, anche i rapporti tra le parrocchie del vicariato. metodo Ascolto e laboratorio. struttura Tre passaggi: I.
riflessioni (con materiale proposto A e B) II.
provocazione dall’attualità III.
laboratorio con domande per il discernimento: in quattro atti da svolgere in gruppo e in assemblea note introduttive 1.
Come avveniva nelle prime comunità cristiane sempre più oggi diventa decisivo mettere in comune doni, talenti e risorse umane: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore» [At 4, 32-­‐33]. Questo piccolo sommario della vita della comunità, generata dalla Pasqua di Gesù e manifestata nella Pentecoste, rapporta in modo profondo la testimonianza che i discepoli rendono alla risurrezione di Gesù allo stile di vita della comunità caratterizzato dalla condivisione dei beni. Questa comunicazione delle origini resta oggi un prezioso paradigma su cui misurare la vita delle nostre comunità parrocchiali, anzi in cui radicarla. 3
2.
Le comunità parrocchiali sempre più sentono l’esigenza di saper armonizzare e coordinare le tante strutture che finora sono state realizzate. Il CVGE è un organismo di competenze allargate su scelte economiche e strutturali sempre più esposte alla pubblica valutazione e che denotano lo stile di vita della comunità cristiana. 3.
A livello di gestione si tratta anche di far fronte alle implicanze burocratiche. Sono eccessive le incombenze burocratiche, che gravitano sui presbiteri. Un’organizzazione pastorale adeguata non può più prescindere dalla corresponsabilità ecclesiale che si esprime in particolare negli organismi di comunione. I.
RIFLESSIONI −
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Si tratta di avviare un momento di riflessione in cui evidenziare il valore pastorale della gestione dei beni nella comunità ecclesiale. È offerto qui del “materiale” a cui attingere. La conduzione di questo momento potrebbe essere affidata o ad alcuni membri del Coordinamento pastorale vicariale o anche chiedendo la collaborazione a qualcuno tra i componenti dei Consigli parrocchiali per la Gestione economica delle parrocchie del vicariato, che abbia disponibilità e competenza e sappia enucleare alcune idee di fondo utili per il CPV. Per orientare i componenti del Coordinamento vicariale pastorale sulle caratteristiche e peculiarità dei due Organismi che sono a tema in questa unità di lavoro, è opportuno considerare con attenzione la differenza di esercizio e la condivisione di finalità che intercorre tra: -­‐ il “consigliare” del Consiglio parrocchiale per la Gestione economica -­‐ e il “coordinare” del Coordinamento vicariale per la Gestione economica. Inoltre potrebbe essere interessante rilevare l’analogia nel rapporto tra: -­‐ il “consigliare” del Consiglio pastorale parrocchiale (o dell’unità pastorale) -­‐ e il “coordinare” del Coordinamento pastorale vicariale. Questo momento di riflessione ha l’obiettivo di “riscaldare i motori”, per cui è bene non aprire tante questioni che potrebbero sfociare in un interminabile dibattito. Si tratta invece di offrire alcune chiavi di lettura per impostare correttamente il lavoro laboratoriale che questa unità prevede. I precedenti due punti possono rientrare come aspetti nello sviluppo della riflessione che potrebbe comprendere: a. l’introduzione a tutta l’unità di lavoro da parte del vicario foraneo o del delegato vicariale o del moderatore, riprendendo le note introduttive e ricordando il valore formativo di questo incontro; b. la riflessione indicata in questo punto per “riscaldare i motori” dell’unità di lavoro, utilizzando il materiale qui sotto riportato; c. un tempo limitato di risonanze in assemblea. La durata di questo momento di riflessioni non dovrebbe superare i 30 minuti, compreso il momento di risonanza in assemblea a seguito dell’intervento iniziale. [materiale A] Economia e gestione dei beni: parte integrante della pastorale Principi 1.
Occorre fare riferimento ad un principio fondamentale: nella comunità cristiana anche l’economia e la gestione dei beni è parte integrante della pastorale, ne è strumento e condizione indispensabile; d’altra parte la gestione delle risorse della comunità cristiana ha delle esigenze e delle caratteristiche 4
etiche e pastorali che non possono essere disattese e che neppure possono risultare alternative alle competenze professionali e tecniche. È necessario, a riguardo, riferirsi alla Dottrina sociale della Chiesa. In questa ottica “pastorale” si intravede la possibilità di rispondere alle attese per un alleggerimento delle incombenze burocratico-­‐amministrative dei presbiteri. 2.
La comunità cristiana è un “soggetto unitario”, dunque nella sua vita non si può disgiungere e separare l’aspetto più strettamente pastorale da quello economico e di gestione delle risorse. Pertanto i due organismi di comunione che accompagnano e sostengono la vita della comunità, il Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) e il Consiglio Parrocchiale per la Gestione Economica (CPGE) -­‐ è assunta tale traduzione dell’espressione latina Consilium a rebus œconomicis (cann. 492; 537) -­‐ sono entrambi necessari e devono camminare insieme per il bene della comunità stessa. 3.
L’aspetto economico e di gestione delle risorse riguarda e coinvolge tutti i livelli: quello rappresentato dalla parrocchia-­‐unità pastorale, dal vicariato e dalla diocesi, secondo il principio della sussidiarietà orizzontale e verticale. Il buon funzionamento dei CPGE delle singole parrocchie è condizione necessaria e provvida per il vicariato e per la diocesi. Il testo che viene presentato fa riferimento al primo livello, quello parrocchiale; seguirà, in un secondo tempo, il livello vicariale e quello diocesano. [DIOCESI DI PADOVA, Norme per la costituzione e l’attività del CPGE per il mandato quinquennale 2013-­‐2018, approvate dal Vescovo Antonio Mattiazzo, 14 dicembre 2012] I criteri ispiratori 1. Come il vicariato non si sostituisce alle parrocchie, ma le mette in rete per il comune cammino pastorale, così il CVGE non si sovrappone e non si sostituisce ai CPGE, ma li mette in rete – secondo il principio di sussidiarietà orizzontale e verticale – per individuare e realizzare scelte omogenee e comuni per il bene del territorio e del vicariato, dunque di tutte le parrocchie e unità pastorali. 2. Il vicariato si esprime pertanto attraverso i due organismi: il Coordinamento pastorale vicariale (CPV) e il Coordinamento vicariale per la gestione economica (CVGE). Sono due organismi distinti e complementari; sono entrambi necessari e fanno riferimento alle medesime comunità presenti e operanti sul territorio. Nella comunità cristiana anche l’economia e la gestione dei beni e delle risorse è parte integrante della pastorale, strumento e condizione indispensabile. Pertanto la gestione economica della comunità cristiana – a livello sia parrocchiale sia vicariale sia diocesano – deve essere sempre caratterizzata da competenza professionale e da eticità e legalità unitamente a carità e giustizia. 3. Il CVGE si pone tra i CPGE e il complesso di Organismi e Servizi diocesani. Il CVGE svolgerà i suoi compiti se ci sono e funzionano i CPGE. D’altra parte, gli Organismi e i Servizi diocesani di riferimento svolgeranno i loro compiti nella misura in cui funzionano i CVGE. Il rapporto tra parrocchia – unità pastorale, vicariato e Diocesi, anche a livello di gestione economica, è regolato dal principio di sussidiarietà: esso porta a valorizzare i singoli soggetti mettendoli in relazione tra loro (sussidiarietà orizzontale) e a proiettarli in una visione più ampia e globale (sussidiarietà verticale). È il principio che concretizza sinergie e rende reale, attraverso lo stile di sinodalità, la comunione ecclesiale. [DIOCESI DI PADOVA, Norme per la costituzione e l’attività del CVGE approvate dal Vescovo Antonio Mattiazzo ad experimentum nell’VIII Incontro Congiunto (7-­‐02-­‐2015) [materiale B] CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, 5
«A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più» (Lc 12, 48). Linee orientative per la gestione dei beni negli istituti di vita consacrata e nelle Società di vita apostolica, Città del Vaticano 2-­‐08-­‐2014 [Introduzione] La dimensione economica è intimamente connessa con la persona e la missione. Attraverso l’economia passano scelte molto importanti per la vita, nelle quali deve trasparire la testimonianza evangelica, attenta alle necessità dei fratelli e delle sorelle. L’attenzione alla dimensione evangelica dell’economia non deve, pertanto, essere trascurata nella dinamica formativa, in modo particolare nella preparazione di coloro che avranno responsabilità di governo e che dovranno gestire le strutture economiche in ordine ai principi di gratuità, fraternità e giustizia, ponendo le basi di un’economia evangelica di condivisione e di comunione. Il carisma fondazionale è inscritto a pieno titolo nella «logica del dono» che «non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e dall’esterno»: nell’essere dono, come consacrati, diamo il nostro vero contributo allo sviluppo economico, sociale e politico che, «se vuole essere autenticamente umano», deve «fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità. […]  Il dono per sua natura oltrepassa il merito, la sua regola è l’eccedenza». [Trasparenza e vigilanza: garanzia di correttezza, n. 2.1] La testimonianza evangelica esige che le opere siano gestite in piena trasparenza, nel rispetto delle leggi canoniche e civili, e poste a servizio delle tante forme di povertà. La trasparenza è fondamentale per l’efficienza e l’efficacia della missione. La vigilanza e i controlli non vanno intesi come limitazione dell’autonomia degli enti o segno di mancanza di fiducia, ma come espressione di un servizio alla comunione e alla trasparenza, anche a tutela di chi svolge compiti delicati di amministrazione. La prassi di vigilanza – secondo le modalità determinate dal diritto universale e proprio – non solo risponde al dovere di controllo proprio dei Superiori, ma costituisce un elemento imprescindibile per la natura dei beni ecclesiastici e del loro carattere pubblico, quali mezzi a servizio delle finalità proprie della Chiesa. II.
PROVOCAZIONE DALL’ATTUALITÀ −
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III.
Questo secondo passaggio dovrebbe aiutare il CPV a dislocare il proprio sguardo, assumendo quello con cui dall’esterno si guarda alla Chiesa e alle sue molteplici articolazioni, tra queste anche la parrocchia. Tale sguardo rileva spesso la condizione di privilegio della Chiesa, ad esempio evidenzia i tanti beni e le tante strutture… Non di rado insiste a denunciare forme di mancata trasparenza e legalità nel mondo ecclesiale, spesso coperte da idealità e da raffinata intenzionalità. È opportuno utilizzare o un articolo di giornale o un video o altro materiale che rappresenti una lettura critica “dal di fuori” a riguardo dei beni della Chiesa: alcuni materiali a riguardo si possono chiedere a: [email protected] Preso atto di questa lettura, evitando di scartarla in partenza, occorre mettere a fuoco la “provocazione” che essa lancia alle comunità ecclesiali, al loro stile di vita, al fine a cui sono orientati e destinati i beni e le strutture. Più concretamente ci si potrebbe chiedere: che cosa sta dicendo questo tipo di visione critica alle nostre comunità ecclesiali? In quale aspetto della gestione dei beni è provocata la Chiesa? Si può svolgere questo esercizio sia in assemblea del CPV sia in piccoli gruppi: se in assemblea questa attività va congiunta direttamente al punto precedente – Riflessioni – se, invece, in sede di gruppo potrebbe costituire l’inizio del laboratorio previsto come passaggio successivo. LABORATORIO CON DOMANDE PER IL DISCERNIMENTO 6
In piccoli gruppi, dove sia possibile impostare un’attività laboratoriale con la partecipazione di tutti i componenti, si entra nel vivo di questa unità di lavoro. − Questo laboratorio ha un doppio risvolto: è un’attività formativa, ma nello stesso tempo pone le premesse per l’azione pastorale. Su questo duplice filone si svolge. 1. Un primo atto del laboratorio intende ricuperare e valorizzare il soggetto che tiene la titolarità di questi organismi: la comunità cristiana. Alcune domande suscitano tale attenzione e dovrebbero favorire un più consapevole coinvolgimento della comunità. Al CPV è chiesto di verificare quale percezione di comunità ecclesiale ha e quale rappresentazione di essa sta maturando. − Questo primo atto si può impostare così: o Il coordinatore di gruppo invita ciascuno a dare una risposta a questa domanda, sollecitando a far emergere le scelte pastorali di fondo e il sogno-­‐idea di Chiesa che le motiva e sostiene: Cosa vuol dire per una comunità ecclesiale essere «oggi, per la Chiesa e per il mondo, – come dice papa Francesco – gli avamposti dell’attenzione a tutti i poveri e a tutte le miserie, materiali, morali e spirituali, come superamento di ogni egoismo nella logica del Vangelo che insegna a confidare nella Provvidenza di Dio»? o Dopo gli interventi di tutti, il coordinatore sollecita il gruppo a comporre in una visione condivisa i contenuti emersi. 2. Il secondo atto del laboratorio è attento alla prossima costituzione del Coordinamento vicariale per la Gestione economica e ai suoi primi passi. Spetta al CPV accompagnare questi inizi e impostare un corretto rapporto con questo nuovo organismo vicariale [cfr. sopra I criteri ispiratori n. 2]. − Alcune domande – se ne possono prevedere altre… – su cui verificarsi riguardano il corretto rapporto tra gli organismi di comunione che operano a livello parrocchiale, conforme a quanto è detto nelle norme diocesane: «Il CVGE svolgerà i suoi compiti se ci sono e funzionano i CPGE»[cfr. sopra I criteri ispiratori n. 3]. o Quale rapporto intercorre, nella conduzione ordinaria della vita parrocchiale, tra Consiglio pastorale parrocchiale e Consiglio parrocchiale per la Gestione economica? o Il Consiglio pastorale parrocchiale è a conoscenza della situazione economico–finanziaria della parrocchia e di quella patrimoniale? Il bilancio solitamente passa anche per l’approvazione pastorale del Consiglio pastorale parrocchiale? o In quali aspetti di metodo occorre vigilare e che cosa è opportuno curare meglio nel rapporto tra i due organismi parrocchiali? o I parroci e il Consiglio pastorale che ha designato i membri del CPGE sono attenti alla loro formazione cristiana, ecclesiale e pastorale? Sono solleciti ad aiutarli a vivere con competenza, con gioia e con passione il loro compito di consiglieri? Riescono a coinvolgerli nella vita della comunità e nella progettazione pastorale? − Queste domande non necessariamente richiedono altrettante risposte puntuali. Si tratta di rispondere con una valutazione complessiva sul rapporto che intercorre tra CPP e CPGE. È bene che si esprimano sia i parroci sia i vicepresidenti dei CPP. Alla fine ne risulterà un interessante “stato di salute” dei due organismi parrocchiali (CPP e CPGE) e del rapporto che vige tra di essi, nell’insieme del vicariato. 3. Il terzo atto del laboratorio guarda direttamente al processo di costituzione del CVGE. Anche qui alcune domande possono orientare l’azione di promozione che è chiamato a svolgere il CPV. o Nel Vicariato ci sono dei beni che possono essere valorizzati e messi in comune? o Le parrocchie sono dotate di molte strutture (chiesa, canonica, centro parrocchiale, spazi e impianti sportivi, scuole d’infanzia, case per campi scuola, ecc…): ritengo che siano tutte necessarie o indispensabili ai fini pastorali ed ecclesiali? o È possibile attivare una strategia comune ed una gestione coordinata dell’uso delle strutture? −
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o
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In CPV siamo al corrente se ci sono parrocchie particolarmente “floride” oppure molto indebitate? Come aiutare i membri che verranno nominati a far parte del nuovo organismo CVGE a viverlo non come un ulteriore gravoso impegno ma con spirito di servizio e generosità verso le nostre comunità ecclesiali? 4. Il quarto atto del laboratorio comprende le comunicazioni in assemblea da parte di ciascun gruppo di lavoro: vanno riportate sintesi brevissime sui tre aspetti di cui si è fatto discernimento. La parrocchia (le parrocchie in unità pastorale) attraverso la gestione economica e dei beni della comunità manifestano: a. questo sogno-­‐idea-­‐immagine di Chiesa: … … … b. questa fotografia del rapporto che intercorre nelle parrocchie del vicariato tra i due Consigli parrocchiali, quello pastorale e quello per la gestione economica: … … … c. queste attenzioni e questi impegni in vista della costituzione del CVGE: … … … − Spetta al moderatore dell’IVR o al vicario foraneo o al delegato vicariale raccogliere il frutto di questa unità di lavoro in alcuni punti sintetici da porre in agenda del CPV. 8
seconda unità «Una perla di grande valore…» in ascolto dei preadolescenti Ogni segmento della vita umana rappresenta propriamente qualcosa di nuovo […]. Ogni ora, ogni giorno, ogni anno sono vive fasi della nostra esistenza concreta; ciascuna di esse accade una volta sola , venendo a costituire, nella totalità dell’esistenza, una parte che non si lascia scambiare con altre. [ROMANO GUARDINI, L’età della vita, Ed. Vita e Pensiero, Milano 2003, p. 32] finalità Aiutare il Coordinamento pastorale vicariale -­‐ a cogliere la “preziosità” della stagione di vita dei preadolescenti con i suoi passaggi; -­‐ a leggere i segni, a comprendere i vissuti e a discernere gli orientamenti che la caratterizzano; -­‐ ad avere uno sguardo attento e compassionevole nei loro riguardi; -­‐ a lasciarsi interrogare dai preadolescenti, riconoscendo la “perla preziosa” che rappresentano in rapporto al quarto tempo dell’IC metodo laboratorio (assemblea, gruppo, assemblea) struttura Sono previsti tre momenti (durata: 2 ore c.a): I.
Approfondimento: la preadolescenza II.
Elaborazione in gruppo III.
Condivisione in assemblea note introduttive 1. Gli Orientamenti pastorali 2015-­‐2016 ci invitano a cercare perle preziose presenti nelle nostre comunità cristiane. Le perle non sempre sono evidenti e per essere trovate hanno bisogno di uno sguardo attento, capace di scovarle nei luoghi più impensati. È questa un’ottima metafora che si può riferire alle nuove generazioni e in particolare ai preadolescenti posti in una condizione di confine: non più bambini, non ancora adolescenti. Anche loro infatti, a prima vista, non sembrano perle, anzi, per molti adulti, sono problemi e pesi da scaricare il più presto possibile. Per questo motivo devono essere guardati attentamente, avvicinati, ascoltati e conosciuti senza pregiudizi, per scoprire che sono in realtà perle uniche e preziose per tutta la comunità cristiana. 2. La comunità educante è chiamata a guardare alla realtà preadolescenziale con stupore, con uno sguardo rinnovato e libero, amplificando il “buono”, spesso offuscato dalle difficoltà e incertezze che i ragazzi stessi vivono. Ciò non significa nascondere gli elementi di problematicità e complessità, ma assumerli come occasione di messa in discussione e presa di consapevolezza. 9
3. Incontrare i preadolescenti, ascoltarli e conoscerli profondamente è condizione irrinunciabile per poter proseguire nel cammino di IC ed elaborare il quarto tempo previsto dal progetto, per sostenere la duplice tensione di fedeltà al reale e di apertura al possibile. I.
APPROFONDIMENTO: LA PREADOLESCENZA -­‐
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Questo primo atto si svolge in assemblea e viene aperto dal saluto e dall’introduzione o del vicario foraneo o del delegato vicariale o del moderatore, riprendendo i punti riportati sopra nelle note introduttive (6/7 minuti). L’approfondimento proposto mira ad entrare nel tema, impostando in termini opportuni e positivi la questione “in ascolto dei preadolescenti”, in riferimento al quarto tempo del nuovo cammino di Iniziazione cristiana dei ragazzi. Sono proposte due modalità (10 minuti) 1. lettura di un testo: ALESSANDRA AUGELLI, Erranze. Attraversare la preadolescenza, ed. Franco Angeli, Bologna 2011, pp. 121-­‐123 2. video con intervista: DANIELA LUCANGELI (Università di Padova) intervistata da d. Giorgio Bezze Dopo l’ascolto di approfondimento del tema in assemblea, il moderatore dà avvio alla fase successiva di elaborazione in gruppo. 1. In cammino con i preadolescenti Molti educatori, insegnanti, genitori, nell'interrogarsi sul significato dell'essere-­‐in-­‐cammino con i preadolescenti, raccontano che nell'esperienza quotidiana «vuol dire 'semplicemente' stare con loro» (R., educatore), «significa incontrarli» (E., educatrice), «vivere con loro, condividere anche i piccoli momenti intensamente, dedicarmi a loro con la consapevolezza che stiamo andando insieme in una certa direzione e soprattutto che ho la responsabilità di essere un punto di riferimento in questo viaggio. L'importante è esserci: questo a volte è difficile, ma è ciò che rende degno il viaggio di essere vissuto!» (T., educatrice). Il desiderio di "presenza" è nell'animo dei preadolescenti: cercano persone che si prendano cura di loro, che partecipino della loro vita e delle loro esperienze, con ascolto, comprensione, disponibilità; la volontà di presenza traspare anche nei pensieri e nei gesti degli educatori, che si interrogano sull' incisività del loro agire, sul senso dell'operare, sull'efficacia del progettare. Su un comune bisogno di esserci può intessersi un'autentica relazione educativa. L'essere presenti si ritiene, spesso, di potersi tradurre in un "fare" qualcosa per l'altro, colmare tutti i vuoti della sua solitudine, affannarsi perché l'altro stia bene, affaticarsi perché non gli manchi nulla, prodigarsi perché sia protetto, non abbia nessun intoppo, non viva alcun disagio o problema. Si rischia di cadere cosi in un attivismo, in un agire fine a se stesso o in pseudo-­‐presenze basate sui parametri della mera esteriorità, in una sorta di presenzialismo, con l'ansia di essere ovunque nella vita dell'altro, con la preoccupazione di recuperare informazioni, di formarsi una conoscenza asettica, che si ferma alla superficie e all' esteriorità e non è frutto di una "frequentazione" assidua e paziente. Il presenzialismo, come forma inautentica di essere-­‐in-­‐educazione, può facilmente sfociare nel "controllo" e, soprattutto, può ritorcersi nei facili ricatti morali, quando si avverte che il proprio "fare" per l'altro non è giustamente ripagato, opportunamente apprezzato; tentazione, questa, molto frequente soprattutto in età preadolescenziale e adolescenziale, dettata dalla paura dell'abbandono e dalla progressiva perdita di quelle aree di vita dei ragazzi in cui si poteva essere "presenti". I ragazzi 10
avvertono tale atteggiamento come non libero e non liberante e, spesso, aumentano il distacco nei confronti dell'adulto. Un' inquietudine volta a conoscere qualcosa dell'altro e a fare può isterilirsi se non è accompagnata dal pensiero e la premura di saper essere con l'altro e per l'altro presenza autentica. Di qui, infatti, sgorgheranno interrogativi per cercare le diverse modalità per camminare affianco ai ragazzi comprendendo le diverse situazioni, sintonizzandosi e intravedendo ove c'è bisogno di una carezza, di un sorriso, di un rimprovero o di un incoraggiamento. L' intenzione di essere presenti sulla strada altrui induce a individualizzare il proprio agire educativo, a chiedersi e a chiedere cosa può essere più giusto e vero per quella persona e per lei sola, per quel ragazzo e per lui solo; invita a domandarsi su quando tacere o prendere posizione, intervenire o sospendere ii giudizio e l'azione, ascoltare o esprimere un pensiero, ma spinge soprattutto a interrogarsi sull'essenza dei propri gesti, del proprio lavoro, di un passo compiuto, di una disposizione assunta. Significative le parole di C., mamma: «Non potrò mai essere presenza, essere presente nella vita degli altri, dei miei figli, di mio marito, se non sono presente nella mia vita. 'Esserci' nella mia vita per me significa vivere chiedendone il senso. Mi accorgo che quando sto nelle cose con questa domanda, ho la grazia di vedere l'essenziale, mi accorgo che mi voglio più bene [...] Cosi senza forzature divento presenza per quelli che amo. Non sono perfetta, non sono efficiente, ma con tutti i miei limiti, portando la domanda di senso, sono di rimando a Qualcosa di cui tutti abbiamo bisogno». [ALESSANDRA AUGELLI, Erranze. Attraversare la preadolescenza, ed. Franco Angeli, Bologna 2011, pp. 121 -­‐ 123] 2. Video con intervista a DANIELA LUCANGELI (Professore Ordinario di Psicologia dello Sviluppo all’Università di Padova) nb.: riportiamo quanto comunicato dall’Ufficio diocesano di pastorale della comunicazione: a questo indirizzo https://youtu.be/vAd2ZV3qKBk
potete trovare il video utile per la "tre giorni" vicariale
Attenzione! Si tratta di un contributo ad uso interno da non diffondere.
Questo, invece, è il link per scaricarlo (basta cliccarci sopra e salvare il file: impiega - in
media - dai 3 ai 5 minuti)
http://ftp1.diocesipadova.it/podcast/lucangeli.zip
II.
Può essere facilmente decompresso e riprodotto con qualsiasi computer.
Consigliamo, per la riproduzione, il programma Vlc http://www.videolan.org/vlc/
ELABORAZIONE IN GRUPPO -­‐
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Si costituiscono dei gruppi – di 6/7 componenti – che elaboreranno quanto ascoltato o dalla lettura del testo di Alessandra Augelli o dall’intervista a Daniela Lucangeli. Il coordinatore introduce il lavoro di gruppo e invita ciascun componente a una breve autopresentazione: oltre al nome e alla parrocchia di appartenenza può essere utile che ognuno dica – con brevità e semplicità – uno stato d’animo pensando ai preadolescenti che ha avuto l’occasione o l’opportunità di incontrare. Queste alcune domande sono un punto di partenza affinché ognuno dia il suo contributo di approfondimento a seguito dell’input offerto dall’ascolto del testo di Alessandra Augelli o dell’intervista a Daniela Lucangeli. Non ci si deve preoccupare di dare risposte puntuali a ciascuna di queste domande che 11
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servono, invece, come indicazione per orientare la riflessione personale, per individuare degli atteggiamenti di fondo e per, poi, formulare il proprio contributo al gruppo. Il gruppo potrebbe fare due passaggi, quindi due giri di interventi, tenuto conto del tempo a disposizione (60 minuti): 1. dimensione personale o Quale aspetto o passaggio di ciò che ho ascoltato mi ha provocato? Su quale punto sento di dover lavorare personalmente? o Quali atteggiamenti mi colpiscono nei preadolescenti che conosco? Cosa mi piace e cosa mi fa problema del loro modo di essere e di fare? 2. dimensione pastorale o Quale spazio hanno i preadolescenti in parrocchia? Come si pone il mondo degli adulti nei loro confronti? Le proposte offerte ai preadolescenti tengono conto della loro situazione di passaggio? o Di cosa c’è bisogno nel vicariato, nelle UP o nelle parrocchie perché ci sia maggior attenzione verso i PA? Il coordinatore favorirà l’intervento di ciascuno, cercando di non far partire dibattiti su questioni particolari. È importante che tutti si esprimano e che ciascuno ascolti il contributo di tutti gli altri. Per ognuna di queste due dimensioni, il coordinatore riserverà un congruo tempo, dopo che tutti sono intervenuti, per far maturare nel gruppo alcune priorità condivise che poi andranno riportate in assemblea e costituiranno materiale da riprendere nel Coordinamento pastorale vicariale. III.
CONDIVISIONE IN ASSEMBLEA -­‐
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In assemblea, dopo la ripresa dei lavori introdotta dal moderatore, ogni coordinatore espone quanto emerso nell’elaborazione in gruppo. È opportuno che il moderatore faccia, poi, riferimento alla prospettiva aperta durante l’Incontro congiunto di sabato 7 febbraio 2015 (cfr. contributi alle pp. 29-­‐36 di: In cerca di perle preziose, Orientamenti pastorali 2015-­‐2016) sul “quarto tempo” del nuovo cammino di Iniziazione cristiana dei ragazzi, facendo emergere gli elementi importanti da tenere presenti. Alla fine o il vicario foraneo o il delegato vicariale o lo stesso moderatore, dopo aver dato all’assemblea la possibilità di conferma o di integrazione o di ulteriore elaborazione, riassume i punti principali emersi e indica alcune attenzioni/indicazioni da riportare nei Consigli pastorali e nei gruppi di operatori pastorali o da riprendere in Coordinamento pastorale vicariale (30 minuti). 12
terza unità «Scrutare i segni dei tempi» il discernimento comunitario in rapporto al territorio La comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia. [Gaudium et spes, n. 1] Il santo Concilio, proclamando la grandezza somma della vocazione dell'uomo e la presenza in lui di un germe divino, offre all'umanità la cooperazione sincera della Chiesa, al fine d'instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione. [Gaudium et spes, n. 3] È dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico. Ecco come si possono delineare le caratteristiche più rilevanti del mondo contemporaneo. L'umanità vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che progressivamente si estendono all'insieme del globo. Provocati dall'intelligenza e dall'attività creativa dell'uomo, si ripercuotono sull'uomo stesso, sui suoi giudizi e sui desideri individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e d'agire, sia nei confronti delle cose che degli uomini. Possiamo così parlare di una vera trasformazione sociale e culturale, i cui riflessi si ripercuotono anche sulla vita religiosa. [Gaudium et spes, n. 4] finalità -­‐ Sollecitare il Coordinamento pastorale vicariale ad acquisire un metodo di conoscenza accurata del territorio. -­‐ Accrescere in questo organismo la consapevolezza della necessità-­‐utilità dii strumenti operativi per tale conoscenza. metodo -­‐ Dinamiche di gruppo. -­‐ Confronto in assemblea. struttura L’unità prevede tre passaggi: 1. La conoscenza del territorio (in assemblea e in gruppo) 2. Buone prassi e strumenti (comunicazione in assemblea) 3. Impegni in prospettiva (in assemblea) note introduttive 1. Discernimento in rapporto al territorio: con questa espressione si prolunga anche nel presente anno pastorale l’invito alle comunità cristiane ad una lettura consapevole del territorio e dei “segni dei tempi” 13
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I.
che lo caratterizzano, per pensarsi e vivere “incarnate” nel contesto storico e sociale, e per essere segni concreti che la Buona notizia del Vangelo è capace di incidere anche sulle dinamiche sociali. In questi anni come comunità ci siamo convinti che tale attenzione è essenziale affinché il Vangelo parli alla vita concreta delle persone, che vivono nei diversi territori. Abbiamo ribadito che il luogo fondamentale dove questa attenzione prende forma è il Consiglio Pastorale parrocchiale o dell’unità pastorale e il Coordinamento pastorale vicariale. I Centri di Ascolto vicariali della Caritas hanno iniziato a fornire una serie di dati sulle povertà e sulle risorse presenti in ogni singolo vicariato, raccolti poi annualmente nel report diocesano: cfr. CARITAS PADOVA, «Chi è il mio prossimo. Osservatorio Caritas delle povertà e delle risorse», Report anno 2014 – n. 2. Abbiamo però compreso che la lettura dei segni dei tempi in rapporto al territorio, richiede una conoscenza più ampia del contesto sociale ed economico, di dati e dinamiche che non sono solo quelle della povertà e che permettono di intuire le situazioni concrete con cui le persone fanno i conti e anche ciò che il futuro potrebbe riservare per quel territorio. Tale conoscenza non è di poco conto per chi voglia annunciare la Buona notizia del Regno nella concretezza della vita della gente. Abbiamo compreso tutto questo illuminati dalla Parola e anche dagli insegnamenti della Chiesa: ci siamo trovati però un po’ sguarniti e sprovvisti di strumenti operativi per rendere normale, stabile e snella un’attenzione alla situazione complessiva dei nostri territori. Non mancano fonti autorevoli di dati, ma ci manca una mediazione semplice che ci sia utile per gli obiettivi pastorali. Per non appesantire ulteriormente la vita dei nostri organismi, si vede l’utilità di uno strumento pastorale efficace, immediato, semplice da usare e che ci offra una lettura pertinente con il nostro essere comunità cristiana, senza replicare inutilmente altre fonti di conoscenza di dati e dinamiche del territorio provinciale o regionale. Lo scopo di questo momento vicariale è duplice: saggiare quanto effettivamente siamo in grado, allo stato attuale, di avere una conoscenza accurata del nostro territorio, per poi apprezzare, anche grazie alla sperimentazione già fatta in alcuni vicariati, lo strumento per la conoscenza del territorio messo a punto dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro. LA CONOSCENZA DEL TERRITORIO (60 minuti) in assemblea (10 min.) -­‐ In assemblea si dà inizio all’unità di lavoro con una introduzione da parte del vicario foraneo o del delegato vicariale o del moderatore che riprenda i punti delle “note introduttive”. -­‐ Si costituiscono, poi, dei gruppi formati da 6/7 componenti con un coordinatore ciascuno. in gruppo (50 min.) -­‐ Dopo una veloce autopresentazione da parte di ogni componente, il coordinatore dà avvio al confronto in gruppo su tre filoni di indagine. Ognuno è invitato a rispondere a queste tre domande così da costruire un quadro di conoscenze circa il rapporto tra i componenti del Coordinamento pastorale vicariale e il territorio del vicariato, poi tra il Consiglio pastorale della propria parrocchia e il territorio con una messa a fuoco dei dati importanti da conoscere da parte del Consiglio pastorale parrocchiale. 1. Quale conoscenza puoi dire di avere riguardo a dati e dinamiche sociali del tuo territorio vicariale? 14
2. Quale consapevolezza ritieni abbia il Consiglio pastorale della tua comunità parrocchiale o della tua unità pastorale circa il territorio? 3. Per un “discernimento in rapporto al territorio” e finalizzato ad un’azione pastorale incarnata, quali elementi di conoscenza, secondo te, sarebbe utile che il Consiglio pastorale avesse circa il territorio? -­‐
II.
Dopo che tutti hanno offerto il loro contributo, il coordinatore cerca di dare un riscontro di quanto detto in gruppo rilevando elementi e dati da tutte tre le domande: o io e il territorio… o il Consiglio pastorale e il territorio… o elementi da conoscere del territorio da parte del Consiglio pastorale… BUONE PRASSI E STRUMENTI (45 minuti) -­‐
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III.
Questo passaggio permette di far circolare delle buone prassi maturate in alcuni vicariati e di presentare lo strumento operativo che l’Ufficio di Pastorale sociale e del lavoro ha elaborato: è richiesta qui la partecipazione di un operatore di pastorale sociale e del lavoro, molto opportunamente lo stesso coordinatore in vicariato e membro del Coordinamento pastorale vicariale. È opportuno che chi prepara questa unità di lavoro si metta in contatto con l’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro per avere indicazioni sulle persone competenti a riguardo. Questa opportunità può favorire una maggiore presa di consapevolezza da parte del Coordinamento pastorale vicariale di questo ambito pastorale da prevedere e sviluppare in vicariato. Raccontate le esperienze e presentato lo strumento operativo per la conoscenza del territorio, viene riportato in assemblea quanto emerso nei gruppi: questo confronto permette di “adeguare” lo strumento operativo al contesto particolare in cui dovrebbe essere applicato. Spetta al moderatore condurre questo momento. IMPEGNI IN PROSPETTIVA (15 minuti) -­‐
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Come conclusione di questa attività è importante prevedere lo sviluppo di quanto elaborato. Si è iniziato con l’interrogativo sulla conoscenza del territorio che la comunità ecclesiale dovrebbe avere, poi si sono considerati gli strumenti operativi per attivare e aggiornare tale conoscenza. Occorre, alla fine, domandarsi quali operatori pastorali sia opportuno e adeguato individuare, formare e sostenere Al fine di mettere in atto un processo di conoscenza del territorio adeguato al cammino ecclesiale che si sta facendo in Diocesi è decisivo che il Coordinamento pastorale vicariale assuma l’impegno di individuare una persona per ogni Comune toccato dal territorio del Vicariato, che, insieme con il referente/coordinatore vicariale per la Pastorale sociale, componga e aggiorni lo strumento, traducendolo successivamente in una presentazione ad uso dello stesso Coordinamento pastorale vicariale e dei singoli Consigli pastorali. Può essere interessante in questo caso individuare persone esterne ai “soliti” impegnati, e magari anche dei giovani, per i quali potrebbe essere attraente un simile impegno. 15
unità complementare «Migranti e rifugiati ci interpellano» comunità aperte all’accoglienza Profughi, richiedenti asilo, immigrati… parole che da mesi si accompagnano a numeri e immagini tragiche e ad altrettante tensioni sul piano politico e amministrativo, anche nei nostri territori; a volte anche a divisioni all’interno delle nostre comunità. Ma profughi, richiedenti asilo, immigrati... sono parole che dicono – prima di tutto – di uomini, donne, bambini, anziani, giovani, in una parola “persone” e come tali “fratelli”. È a partire da questa prima consapevolezza che la questione ci interessa come singoli e come comunità cristiane. Come vicari foranei della Chiesa di Padova ci siamo sentiti interpellati. Ci siamo riuniti, confrontati e interrogati, ascoltando anche rappresentanti delle istituzioni e amministratori del territorio. Siamo di fronte a un fenomeno epocale, irreversibile e inarrestabile che va affrontato insieme nella ricerca di soluzioni – anche creative – perseguendo il cammino del dialogo e della condivisione. Non sottovalutiamo la fatica e il disagio, le paure e le insicurezze, la crisi economica che acuisce ed enfatizza le tensioni. A questi timori guardiamo con rispetto, attenzione e comprensione. Nelle paure o nella ricerca di soluzioni nessuno va lasciato solo. La paura però non può guidare le nostre scelte né può far venire meno l’impegno della comunità cristiana, che vede nell’altro un fratello e che fa dell’accoglienza il suo stile. Per questo esprimiamo gratitudine alle comunità parrocchiali, ai volontari, alle istituzioni che in questi mesi si sono prodigate nel trovare soluzioni, per quanto faticose. Dalle loro esperienze vorremmo trarre esempio e testimonianza. Desideriamo altresì sostenere e incoraggiare le istituzioni e gli amministratori locali nel favorire una micro-­‐
accoglienza diffusa, adeguata al territorio, sostenibile nei numeri, che attivi reti tra pubblico e privato. Un’equa distribuzione dei richiedenti ospitalità può rappresentare una strada per la loro integrazione e per stemperare situazioni che nel lungo periodo possono diventare insostenibili o ghettizzanti. Per questo desideriamo incoraggiarci a vicenda e con fiducia impegnarci, anche come comunità parrocchiali, nel ricercare soluzioni, mobilitare energie e tutte le possibili risorse (culturali, religiose, logistiche, di volontariato, di cura). Un primo passo concreto che ci aiuterebbe a fugare incertezze e paure può essere quello di andare a conoscere e parlare direttamente con queste persone, là dove sono già accolte: la loro storia e la loro vita aiuteranno a costruire ponti di umanità. Anch’esse saranno un dono per noi e per le nostre comunità. Da parte nostra ci faremo tramite per avviare percorsi di informazione, comprensione, sensibilizzazione, accoglienza. L’ulteriore appello di papa Francesco di questi giorni ci sostiene e ci sprona ad aprire le porte del cuore e delle comunità. [I VICARI FORANEI della Diocesi di Padova, 8 settembre 2015] 16
finalità -­‐ Attivare il Coordinamento pastorale vicariale affinché promuova e sostenga in vicariato una risposta fattiva ai molti appelli che giungono alle comunità ecclesiali chiamate ad essere aperte all’accoglienza e a diventare “luoghi di Vangelo”. -­‐ Incoraggiare ed eventualmente progettare eventi e percorsi informativi e formativi a tutti i livelli nelle comunità parrocchiali e/o nel contesto vicariale sulla questione “accoglienza profughi”. note introduttive -­‐
Per contestualizzare questa unità di lavoro è utile riportare due “appelli” che nei primi giorni del mese di settembre 2015 hanno raggiunto le nostre comunità ecclesiali scuotendole da esitazioni, paure, indifferenza, senso di lontananza e tentazioni di resistenza e chiusura: o innanzitutto l’appello di papa Francesco, pronunciato all’Angelus il 6 settembre 2015; o poi – in versione locale – la comunicazione emessa dalla Diocesi di Padova e rivolta a tutte le parrocchie e unità pastorali. I.
appello Cari fratelli e sorelle, la Misericordia di Dio viene riconosciuta attraverso le nostre opere, come ci ha testimoniato la vita della beata Madre Teresa di Calcutta, di cui ieri abbiamo ricordato l'anniversario della morte. Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere "prossimi", dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: "Coraggio, pazienza!...". La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura. Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all'Anno Santo della Misericordia. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d'Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma. Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d'Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell'Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi. Papa Francesco Città del vaticano, 6 settembre 2015 II.
appello Carissimi,
vi invio il messaggio che come Collegio dei Vicari foranei abbiamo deciso insieme.
Si tratta del riassunto frutto sia della riunione del 2 settembre u.s. e sia delle indicazioni di correzione che ci sono pervenute dopo la lettura della bozza.
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L’invito è quello di farvi tramite con i parroci del vostro vicariato affinché il messaggio venga letto domenica 13 settembre e venga pubblicato nei bollettini parrocchiali. Questo messaggio verrà pubblicato anche su Lettera Diocesana, La Difesa del popolo e sul sito diocesano.
Come ci siamo detti l’argomento coinvolge direttamente tutti, sia noi che le nostre comunità. Come Collegio dei Vicari foranei ci siamo dati l’impegno di una risposta univoca.
Questo è il primo passo di una serie di passaggi che insieme abbiamo concordato.
Certo della vostra collaborazione vi auguro un buon lavoro.
L’Amministratore diocesano Padova, 9 settembre 2015 I.
IL CORAGGIO DI UNA VERIFICA in assemblea (il tempo necessario…) -­‐ Il Coordinamento pastorale vicariale è invitato a fare verità ed eventualmente a sperimentare la correzione fraterna rappresentate da questa domanda: Noi presbiteri, noi vicepresidenti dei Consigli pastorali, noi operatori e /o coordinatori nei vari ambiti pastorali: o che cosa abbiamo fatto dei due appelli che ci sono stati affidati affinché li trasmettessimo alle nostre comunità? o che cosa abbiamo ritenuto più importante ed urgente rispetto ad essi? o quali sono i motivi di un’eventuale esitazione in cui possiamo essere incorsi? -­‐ In un secondo momento ci chiediamo: o Che cosa è avvenuto nelle nostre comunità quando abbiamo comunicato l’appello dei vicari foranei della Diocesi oppure quando abbiamo riferito le parole di papa Francesco? o Quali sono state le corrispondenze concrete a questi appelli? o Quale risposta alla chiamata del Vangelo e frutto di conversione si è manifestato in comunità? -­‐ È importante non tralasciare quanto può emerge da questa verifica, anzi occorre coglierne l’elemento di fermento, di risorsa, di chiamata che ne scaturisce. Anche questo va custodito nel vissuto pastorale del vicariato. II.
UN’AZIONE INFORMATIVA E FORMATIVA CHE CONTINUA -­‐ L’unità di lavoro resta qui aperta a sollecitare un percorso con ulteriori sviluppi. Proponiamo qui il frutto di un lavoro di équipe tra Uffici diocesani coordinati dalla Caritas che intende rispondere alla richiesta di informazione e formazione avanzata dai vicari foranei nell’incontro tenuto mercoledì 2 settembre sul tema dell’accoglienza dei profughi, a cui hanno partecipato anche il Prefetto di Padova e due Sindaci. -­‐ Alleghiamo a questa scheda complementare il sussidio ACCOGLIENZA passo dopo passo. È composto da 7 capitoli che permettono di scegliere ciò che è ritenuto prioritario da mettere in atto da subito, rimandando il resto ad altre opportunità. È importante non perdere la dinamica del percorso, di una sorta di “formazione permanente” che dovrebbe favorire l’insorgere e il consolidarsi di atteggiamenti di fondo nuovi, aiutare ad attivare “buone prassi”, a vivere concretamente l’amore, a lasciarsi convertire e riconciliare… 18
proposta di preghiera -­‐
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La preghiera non ha un posto fisso. Essa gode di una libertà per cui anticamente si diceva che «sempre occorre pregare». Ci sembra che questo motivo renda la preghiera libera, dunque gratuita, inoltre non scontata, ma sempre nuova e creativa. Ispirati dall’unità complementare proponiamo qui una proposta di preghiera preparata da altri, ma che può essere integrata e riorganizzata secondo modalità più particolari. Qualora venisse posta all’inizio dell’esperienza dell’Incontro vicariale residenziale la si consideri opportuna anche se direttamente collegata con l’unità complementare. Il tema di ciascuna unità è comunque contenuto nelle altre… ASCOLTARE IL SILENZIO INTRODUZIONE Più di 20.000 i morti nel Mediterraneo dal 1988 ad oggi. Una stima simile si ha di quanti sono morti pure nella traversata del deserto del Sahara e molti in altre rotte di terra o di mare. Sono uomini, donne e bambini in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni per le quali in molte parti del mondo ancora si muore. Si tratta di persone in cerca di un luogo sicuro, che, in molti casi, sono andati comunque incontro alla morte. Questa preghiera è nata pensando a ciascuno di loro. Anche una sola di queste vite perse in mare, in un viaggio di dolore e disperazione, è una sconfitta per tutti che non può lasciarci indifferenti. Queste morti sono un richiamo alla responsabilità, per guardare alla realtà delle migrazioni mettendo sempre in primo piano la vita di ognuno e il pieno rispetto dei diritti umani. Siamo sicuri che “le grandi acque non possono e non debbono spegnere l’amore e la speranza”. Invochiamo l’aiuto di Dio perché non anneghi nel nostro cuore e nel cuore del mondo l’impegno per una pace fondata sulla giustizia e sul rispetto di ogni persona e di ogni popolo. Custodiamo tutto questo nella preghiera e nel silenzio, affinché possa portare frutto nei nostri passi quotidiani. SOTTOFONDO MUSICALE LETTURA Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4, 35 – 40) In quel giorno, verso sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E lasciata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che moriamo?». Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». Condivisione: ognuno può formulare una risonanza… SALMO 117 (118) rit. Mia forza e mio canto è il Signore, d’Israele in eterno è il Salvatore. Celebrate il Signore, perché è buono; 19
perché eterna è la sua misericordia. Dica Israele che egli è buono: eterna è la sua misericordia. Lo dica la casa di Aronne: eterna è la sua misericordia. Lo dica chi teme Dio: eterna è la sua misericordia. Nell'angoscia ho gridato al Signore, mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo. Il Signore è con me, non ho timore; che cosa può farmi l'uomo? Il Signore è con me, è mio aiuto, sfiderò i miei nemici. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell'uomo. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti. Tutti i popoli mi hanno circondato, ma nel nome del Signore li ho sconfitti. Mi hanno circondato, mi hanno Accerchiato, ma nel nome del Signore li ho sconfitti. Mi hanno circondato come api, come fuoco che divampa tra le spine, ma nel nome del Signore li ho sconfitti. Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato mio aiuto. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. INVOCAZIONI Lettore -­‐ Ripetiamo insieme: Figlio del Dio vivente, che Tu sia benedetto. Ti preghiamo per tutti i cristiani: vivano nella gioia della risurrezione. Ti preghiamo per tutti gli uomini, perché vivano nella fraternità. Ti preghiamo per i responsabili delle Nazioni: siano servitori della pace fondata sulla giustizia. Ti preghiamo per tutti coloro che soffrono la malattia, la vecchiaia, il lutto, l’ingiustizia: non perdano la speranza. Ti preghiamo per chi è costretto a fuggire dalla sua casa, dalla sua patria, per guerre, carestie, disastri naturali o provocati dall’incuria o dalla cupidigia di altri: possa trovare rifugio ed accoglienza. Ti preghiamo per tutte le vittime delle traversate della speranza, per mare e per terra, e per tutti i morti, perché vivano con Te per sempre. PADRE NOSTRO GESTO SIMBOLICO Si possono preparare dei rotoli o dei fogli con riportato il vangelo scelto per l’anno pastorale: Mt 13,1-­‐3. 44-­‐46 CANTO FINALE 20
ACCOGLIENZA passo dopo passo
Alla luce dell’appello di Papa Francesco all’Angelus del 6 settembre scorso, nel quale invita le parrocchie, le comunità religiose i monasteri e i santuari ad aprirsi all’accoglienza «di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita», le nostre Chiese si sono mosse con grande motivazione e determinazione nell’offrire un segno tangibile di vicinanza e prossimità. Per accompagnare le parrocchie e le comunità in questo discernimento, per poter meglio comprendere cosa sia utile fare per potersi affiancare alle tante persone disperate che giungono nel nostro paese e nei nostri territori, la Chiesa di Padova attraverso la Caritas Diocesana, in sintonia con il vademecum della Conferenza Episcopale Italiana (http://www.caritaspadova.it/Servizi-­‐e-­‐opere/profughi.html) ha predisposto una raccolta di domande frequenti (FAQ), che in modo veloce e semplice, possano dare risposte a termini, domande, dubbi e favorire l’apertura all’accoglienza, nel rispetto della legislazione presente e in collaborazione con le istituzioni e il privato sociale. Indice: I richiedenti protezione internazionale p. 22 Enti locali, comuni e prefettura p. 23 La Diocesi p. 23 Vicariato, parrocchia, enti diocesani e comunità religiose p. 24 Le cooperativa sociali p. 27 Accoglienza in famiglia p. 29 Per informazioni e aggiornamenti p. 30 21
I richiedenti protezione internazionale
Chi è il richiedente protezione internazionale (richiedente asilo)? Il richiedente protezione internazionale è una persona che ha presentato richiesta di protezione internazionale (prevista dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951) ed è in attesa della decisione sul riconoscimento dello status di rifugiato o di altra forma di protezione. In Italia tutti i migranti possono fare domanda di protezione internazionale appena accolti nei centri di primo soccorso e accoglienza. La richiesta di protezione internazionale viene fatta dalla persona che ha un timore fondato di essere perseguitata nel proprio Paese di origine o di residenza abituale, per motivi di: razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale, opinione politica, e non vuole o non può ricevere protezione e tutela dallo Stato di origine o dallo Stato in cui abbia risieduto abitualmente. Qual è l’iter che il richiedente protezione internazionale deve seguire? La procedura ha inizio con la domanda di protezione internazionale da parte della persona e si conclude con il pronunciamento della Commissione Territoriale per il riconoscimento che può confermare lo status di rifugiato, concedere la protezione sussidiaria, concedere la protezione umanitaria oppure esprimersi con un diniego. In questo caso la persona può fare ricorso al giudice ordinario (entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento) o ricorso al TAR contro il rigetto della richiesta di accoglienza (entro 60 giorni dalla comunicazione del diniego). Che differenza c'è tra migrante, profugo, rifugiato? • Profugo è un termine generico che indica chi lascia il proprio Paese a causa di guerre o catastrofi naturali. •
Rifugiato è colui al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951. •
Migrante è colui che sceglie di lasciare volontariamente il proprio Paese d'origine per cercare un lavoro e migliori condizioni economiche. Contrariamente al rifugiato, può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza. •
Immigrato illegale è una persona che: è entrata nel territorio dello stato evitando i controlli di frontiera, oppure è entrata regolarmente nello stato, per esempio con visto turistico, ma vi è rimasta anche dopo la scadenza del diritto di permanenza, oppure si trova nel territorio dello stato anche dopo che quest’ultimo ha decretato il suo allontanamento dal territorio nazionale. Quanti sono i richiedenti asilo presenti a Padova (città e provincia)? Attualmente (ottobre 2015) sono circa 1300, ma nell’accordo Stato-­‐Regioni-­‐Comuni a Padova (città e provincia) sono stati assegnati 1500 richiedenti asilo. 22
Enti locali, comuni e prefettura
Qual è il ruolo della Prefettura? La Prefettura -­‐ ufficio territoriale del Governo è organo periferico del Ministero dell’Interno, svolge funzioni di rappresentanza generale del governo sul territorio, ha il compito eseguire le direttive date dal governo e, nel caso dei richiedenti protezione internazionale, ha il compito di distribuire nel territorio i migranti inviati dal Ministero degli Interni. A seguito del perdurante e massiccio afflusso sulle coste italiane di cittadini stranieri richiedenti la protezione internazionale e in attuazione alle direttive impartite dal Ministero dell'Interno – Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, la Prefettura di Padova ha indetto una procedura di gara per l’individuazione di strutture di accoglienza temporanea. Perché i Comuni dovrebbero sostenere il costo dell’accoglienza dei richiedenti asilo se non riescono a sostenere le famiglie povere residenti? Il costo dell’accoglienza dei richiedenti asilo non ricade sui Comuni ma è a carico del Ministero degli Interni tramite le Prefetture. Non solo i Comuni non hanno costi connessi all’accoglienza ma la presenza di una cooperativa che gestisce l’accoglienza sul territorio comunale diviene una possibilità di inserimento lavorativo per il cittadino in cerca di lavoro (ad esempio operatori sociali, mediatori culturali, consulenti legali). Qual è il ruolo dell’amministrazione comunale? L’amministrazione comunale non è obbligatoriamente coinvolta nell’accoglienza, non esistono quindi protocolli su questo aspetto. È necessario il consenso dell’amministrazione comunale all’accoglienza? No, non è necessario ma è auspicabile che l’amministrazione comunale venga informata dal parroco o da una persona da lui delegata nel caso in cui l’accoglienza sia proposta dalla parrocchia. Cosa potrebbe fare il Comune se disponibile all’accoglienza? L’amministrazione potrebbe firmare una convenzione con la Prefettura e la cooperativa per far fare lavori socialmente utili (volontariato) agli ospiti. La Diocesi
Qual è il ruolo della Diocesi? La Diocesi, tramite il Vescovo e il Vicario Generale, mantiene i rapporti con le istituzioni ai suoi più alti livelli. Inoltre ha dato mandato a un gruppo di uffici (Caritas, Pastorale Sociale, Ufficio Missionario, Migrantes, Ufficio Stampa e due Vicari Foranei) di collaborare su questo tema per predisporre un progetto formativo rivolto alle parrocchie e ai vicariati, tenere i contatti con le diverse istituzioni e la stampa locale. 23
Qual è il ruolo della Caritas? La Caritas diocesana oltre alle attività inserite nel mandato, continua il suo impegno operativo di accompagnamento di parrocchie e vicariati. In particolare sul tema dell’accoglienza, coglie le richieste delle comunità cristiane e la disponibilità di nuovi volontari, mantiene i contatti con le cooperative, individua forme di accompagnamento delle comunità che si rendono disponibili all’accoglienza, annota storie ed esperienze da raccontare e sostiene le attività delle Caritas parrocchiali che cercano di favorire l’incontro delle comunità con i richiedenti asilo. Predispone con le parrocchie e i vicariati specifici percorsi formativi. Qual è il ruolo dei diversi uffici diocesani? L’Ufficio di Pastorale dei Migranti mette a disposizione tutta la competenza e conoscenza delle comunità etniche presenti nella diocesi come forma di mediazione culturale. L’Ufficio di Pastorale della Missione mette a disposizione le conoscenze dei diversi ordini religiosi missionari che hanno lavorato in terra di missione e l’apporto dei volontari dei gruppi missionari. L’Ufficio di Pastorale dell’Ecumenismo e della Cultura si rende disponibile per incontri culturali e di sensibilizzazione. L’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro si rende disponibile per incontri di formazione e sensibilizzazione all’accoglienza e favorisce i rapporti con le istituzioni. L’Ufficio stampa mantiene il rapporto con la stampa locale e nazionale. Vicariato, parrocchia, enti diocesani e comunità religiose
Cosa può fare il vicariato? Il Coordinamento pastorale vicariale può mettere a tema questo argomento al proprio interno organizzando un incontro formativo e informativo per tutti i Consigli pastorali parrocchiali. Cosa può fare la parrocchia? Molte e diverse sono le possibilità di una parrocchia: • Condividere il tema all’interno del consiglio pastorale parrocchiale e fare discernimento sul tipo di accoglienza possibile; •
Informare: far circolare le corrette informazioni nel bollettino parrocchiale (o il sito parrocchiale) su questo argomento attraverso le notizie presenti nel sito della Caritas o del settimanale diocesano La Difesa del popolo; •
Formare: utilizzando il materiale predisposto dalla Caritas per sensibilizzare la comunità cristiana (bambini, giovani e adulti) attraverso incontri, film, canzoni e libri. La Caritas sta costruendo, inoltre, un breve filmato e un report al fine di sensibilizzare le persone e fornire informazioni. •
Pregare: con la preghiera presente nel Messale Romano per i profughi e gli esuli, con una preghiera dei fedeli nella messa domenicale, con una veglia di preghiera specifica (una traccia è presente nel sito della Caritas). 24
•
Incontrare i profughi. La parrocchia ha, inoltre, il compito di sensibilizzare la comunità e favorire l’incontro tra parrocchiani e ospiti (nel caso, ad esempio, fossero già presenti nel territorio persone richiedenti asilo, accolte direttamente dalle cooperative). Il suo intervento è di tipo relazionale: evitare che le persone accolte siano ghettizzate ed emarginate; creare occasioni di incontro e condivisione da cui possono nascere amicizie; coinvolgere le persone in attività di volontariato in parrocchia e di incontro con i giovani; (se cristiani) invitare gli ospiti a partecipare alle messe domenicali. •
Animare l’Avvento: in occasione dell’avvento si potrebbe predisporre un semplice percorso di tre incontri con la visione di un film (una lista è presente nel libretto: Aprire alla Misericordia), un incontro di ascolto di alcune testimonianze di persone accolte-­‐profughi, di volontari o operatori; un incontro-­‐
veglia di preghiera (uno schema è presente nel sito della Caritas diocesana) •
Educare: sono stati predisposti dei materiali (bibliografia) presenti nel sito della Caritas con l’indicazioni di testi per bambini e ragazzi sul tema dell’accoglienza, dell’incontro e integrazione. Se una parrocchia decide di accogliere quali sono le possibilità? 1. Mettere a disposizione uno spazio inutilizzato (appartamento, canonica chiusa, appartamento delle suore, ecc). Stipulare un contratto con una cooperativa sociale del territorio, la quale ha la piena e totale responsabilità dell’accoglienza. Informare la Caritas diocesana. 2. Individuare un appartamento presso un privato (nel caso la parrocchia non abbia spazi propri inutilizzati), quest’ultimo firmerà il contratto d’affitto con la cooperativa sociale. 3. Incontrare e conoscere i richiedenti asilo già presenti sul territorio della parrocchia (se già accolti dalle cooperative in modo autonomo). Ci sono esempi concreti di integrazione tra parrocchie e profughi? Sì, ci sono esempi concreti (grazie alla collaborazione tra parocchia e operatori delle cooperative sociali): partecipare alla sagra, invitare a pranzo un profugo alla domenica, partecipare alla messa domenicale e al coro parrocchiale, partecipare alla squadra di calcio locale, giocare a pallone con gli adolescenti della parrocchia, favorire una scuola di italiano in parrocchia, sviluppare piccoli laboratori artigianali con il volontariato, far conoscere il territorio, partecipare alle attività del patronato, insegnare l’educazione civica… Chi individua e segnala la cooperativa alla parrocchia? La Diocesi di Padova tramite la Caritas ha siglato un accordo con Federsolidarietà di Confcooperative. La Caritas tramite Federsolidarietà indica e individua una cooperativa del territorio con cui firmare il contratto dei locali. Quante persone accogliere? Da sempre Caritas diocesana promuove le micro accoglienze, fino a 5-­‐6 persone, sulla base del modello SPRAR (Servizio Protezione Richiedenti Asilo Rifugiati). Questo favorisce un più facile processo di integrazione, non è 25
invasivo e impattante per il territorio e realizza un’accoglienza diffusa che coinvolge tutti i territori. È preferibile un’accoglienza discreta, senza ostentare e fare rumore. Esiste un comodato d’uso già preparato? Sì, lo si può scaricare dal sito della Caritas. Prima di iniziare l’accoglienza è necessario firmare il comodato d’uso degli spazi. In ogni caso si può far riferimento all’uffico legale della curia. Come devono essere i locali messi a disposizione? I locali devono essere idonei e agibili. Nel caso fossero necessarie alcune opere di manutenzione (tinteggiatura, impianto elettrico, rifacimento del bagno) la cooperativa è, solitamente, disponibile a valutare e sistemare i locali. Alla parrocchia viene riconosciuto un rimborso spese per l’uso dei locali? Sì. Viene riconosciuto in base al contratto stipulato. Com’è il rapporto tra privato e cooperativa? La cooperativa sociale firma il contratto di locazione per l’immobile. Nel contratto viene specificato anche il canone di locazione e la durata del contratto stesso. Si può scegliere chi accogliere? Si può indicare una preferenza rispetto a uomini, donne e famiglie. Anche se la maggior presenza è di giovani uomini. Quanto dura l’accoglienza? La durata dell’accoglienza è vincolata dalla durata del contratto stipulato. Quali sono i compiti del proprietario dell’immobile? Il proprietario dell’immobile una volta firmato il contratto di locazione con la cooperativa titolare non ha nessun altro compito, se non quelli previsti per legge. Perché la parrocchia si dovrebbe occupare di questi temi? Non se ne dovrebbero occupare le istituzioni? Ci rendiamo conto che è un tema complesso e che spesso siamo schiacciati tra un senso si impotenza e un senso di indifferenza di fronte a una reatà troppo grande e difficile. Ma siamo consapevoli che porre un piccolo segno di accoglienza significa dare concretezza al Vangelo; significa dimostare da che parte sta la Chiesa; collaborare e dare il nostro contributo piccolo e concreto. Perché non aiutarli a casa loro? La Chiesa, da sempre attraverso la presenza missionaria ha aiutato e continua a promuovere lo sviluppo dei paesi di provenienza. Non esiste il rischio che ci dimentichiamo degli italiani poveri e in difficoltà o disoccupati? Un passaggio presente negli atti degli apostoli ci può aiutare a discernere e a guardare attentamente a tutti senza creare e alimentare conflitti e divisioni: Atti (6, 1-­‐7) 26
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Il problema: In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana. •
La soluzione: Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. •
Crescita della comunità: Intanto la parola di Dio cresceva e aumentava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede. Riteniamo che possiamo subire o restare indifferenti a questo richiamo della storia, oppure nella fede, possiamo percepire in tutto questo avvenimento un invito, una chiamata e una opportunità che il Signore ci sta offrendo per far crescere il Regno di Dio e dilatare il nostro cuore. Il fatto che stiamo vivendo un tempo di crisi non può essere un alibi per non impegnarsi e fare la nostra parte. Continuiamo a essere accanto a ogni persona qualsiasi sia il motivo della sua difficoltà. La speranza e il sogno è che da questa situazione possano emergere nuove energie, forze e possibilità di collaborazione. Esistono problemi di ordine pubblico e/o problemi sanitari? La prefettura di Padova ha confemato che il tasso di criminalità legato ai richiedenti protezione internazonale gestiti dalla prefettura è pari a zero. Per quanto riguarda invece l’aspetto sanitario tutte le persone accolte, appena giunte in Italia vengono sottoposte a visita medica, inoltre, una volta arrivate a Padova, ricevono un’ulteriore visita medica. Con l’inizio dell’iter per richiedere la protezione internazionale, iniziano anche l’iter per essere iscritti al servizio sanitario nazionale. Le cooperative sociali
È sempre necessario il coinvolgimento di una cooperativa o si può accogliere in modo autonomo? È sempre necessario il coinvolgimento di una cooperativa. Le cooperative aventi i requisiti per l’accoglienza hanno partecipato a un bando pubblico indetto dalla Prefettura per la gestione dei richiedenti protezione internazionale. Per approfondimenti http://www.prefettura.it/padova/news/167021.htm Quali sono i compiti della cooperativa? La cooperativa ha la titolarità dell’accoglienza per cui ne ha la responsabilità economica, legale e amministrativa. Deve garantire tutte le misure di assistenza e protezione alla persona: assistenza sanitaria di base e specialistica; supporto socio-­‐psicologico; orientamento e accompagnamento ai diversi servizi territoriali; supporto legale fino alla conclusione della procedura; attività di alfabetizzazione ed educazione civica; attività 27
di formazione o riqualificazione professionale; mediazione linguistica e culturale e orientamento alla gestione economico finanziaria. La cooperativa si fa carico, inoltre, di tutte le spese riguardanti il vitto e l’alloggio, le utenze e il vestiario delle persone accolte. Quanto costa l’accoglienza dei profughi? Tutta questa emergenza è gestita a livello nazionale dal Ministero degli Interni con i fondi provenienti dall’Unione Europea. In linea generale, le prefetture riconoscono 35€, al giorno, a persona accolta, alle cooperative sociali che hanno partecipato al bando pubblico al massimo ribasso. I 35€ vengono utilizzati per le spese di vitto, alloggio, vestiario, mediazione culturale, consulenza legale e sociale e accompagnamento. A ciascun ospite vengono riconosciuti 2.50 €, come pocket money per le piccole spese personali. Chi controlla l’operato della cooperativa? Il controllo spetta alla Prefettura. La parrocchia può “verificare” le attività della cooperativa vista la prossimità con la realtà di accoglienza osservando come viene gestita e organizzata la quotidianità (es: viene fatto il corso di italiano? Gli operatori si fanno presenti e ogni quanto?). Nel caso in cui si verifichino delle mancanze la parrocchia deve segnalarlo alla cooperativa e alla Caritas diocesana. La persona accolta può fare servizi di volontariato? Sì, esistono delle convenzioni tra prefettura, cooperativa e Comune per i lavori di pubblica utilità. La copertura assicurativa è a carico della cooperativa. È auspicabile incentivare le persone a rendersi disponibili nelle attività di volontariato che diventano, per gli ospiti, occasione di imparare, conoscere e farsi conoscere e, per la comunità, un aiuto nel superare gli stereotipi e i pregiudizi. L’aiuto diventa, quindi, reciproco: chi è aiutato restituisce a modo suo qualcosa alla comunità. Se un ospite si comporta in maniera non appropriata è possibile allontanarlo? La cooperativa, titolare dell’accoglienza, è tenuta a segnalare alla Prefettura e alla Polizia eventuali fatti negativi. Quest’ultimi decideranno come gestire la situazione. Cosa succede se la persona accolta riceve un diniego? La persona dispone di trenta giorni per decidere se rimanere in Italia e fare ricorso o andarsene. Se sceglie di presentare ricorso ha diritto all’accoglienza (permane nelle stesse condizioni, ospite presso un appartamento sotto la responsabilità della cooperativa) fino al primo grado di giudizio. Le spese legali del ricorso sono a carico della persona, non rientrano più tra quelle garantite dalla convenzione prefettura-­‐cooperativa. Cosa succede nel momento in cui termina l’accoglienza avendo ottenuto lo status di rifugiato? I rifugiati politici entrano nel circuito normale dello SPRAR. Caritas italiana sta predisponendo un progetto “rifugiato a casa mia” per accogliere le persone che hanno ricevuto il riconoscimento di profugo anche in casa di privati. Cosa succede nel momento in cui termina l’accoglienza dopo un diniego definitivo? 28
Le persone hanno 30 giorni per uscire dal circuito dell’accoglienza. La Prefettura ha la titolarità di eseguire queste procedure. Quando finisce la convenzione tra cooperativa e prefettura, che obblighi restano alla parrocchia/famiglia? Alla parrocchia e alla famiglia non rimane nessun obbligo. Che cosa significa SPRAR? Lo SPRAR è il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, è costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. A livello territoriale gli enti locali, con il prezioso supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono interventi di “accoglienza integrata” che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-­‐economico. Lo Sprar dispone di una rete di centri di “seconda accoglienza” e nasce con lo scopo di favorire l’integrazione di soggetti già titolari di una forma di protezione internazionale. Attualmente anche lo Sprar fa la prima accoglienza: dopo l’emergenza Nord Africa e l’aumento dei flussi migratori infatti il Ministero dell’Interno ha cominciato a trasferire i richiedenti asilo appena arrivati direttamente nello Sprar, senza passare per i Cara (Centro per l’Accoglienza dei Richiedenti Asilo) sovraffollati Accoglienza in famiglia
È possibile accogliere in famiglia una persona? Appena saranno definite le linee guida sarà possibile accogliere una persona in casa. Alla famiglia che fornirà vitto e alloggio verrà riconosciuto un contributo. Alla cooperativa, invece, spetteranno tutti i servizi alla persona, l’accompagnamento sociale e legale. Chi sono i minori stranieri non accompagnati? I minori stranieri non accompagnati sono quei minori stranieri che si trovano in Italia privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano. Oltre ai minori completamente soli, dunque, rientrano in tale definizione anche i minori che vivono con adulti diversi dai genitori, che non ne siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale, in quanto questi minori sono comunque privi di rappresentanza legale. In tal caso si applicano le norme previste in generale dalla legge italiana in materia di assistenza e protezione dei minori. I minori stranieri non possono essere espulsi, tranne che per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato. Per informazioni e aggiornamenti
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Dove posso trovare altre informazioni e riferimenti? Per ulteriori informazioni si possono consultare i siti di: Caritas Italiana (www.caritasitaliana.it), Caritas Padova (www.caritaspadova.it), La Difesa del popolo (www.difesapopolo.it). Per richieste e chiarimenti è possibile scrivere a [email protected] 30
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