SINDACATO CULTURA LAVORO NOTIZIARIO ON-LINE DI CARATTERE GENERALE AD USO DEI QUADRI SINDACALI NUMERO CIV OTTOBRE 2014 00186—ROMA Via del Collegio Romano, 27 Tel/Fax 06 67232348 Tel. 06 67232889 e-mail. [email protected] - www.unsabeniculturali.it UNA RIFORMA CHE NON C’È SENZA UNA CHIARA VISIONE DI NATURA CULTURALE, UNA NUOVA RIORGANIZZAZIONE NON POTRÀ CHE TRADURSI IN UNA DANZA DI POLTRONE, DIREZIONI, UFFICI. Finalmente ci siamo: dopo mesi e mesi di lavoro e dopo aver visto darsi il cambio ai vertici ministeriali con il subentro dell’ On. Dario Franceschini al suo predecessore Massimo Bray, sta per diventare operativa l’ormai famosa riforma del MiBACT. Ciò dovrebbe accadere in tempi ormai brevissimi, sembra addirittura entro i primi del mese di novembre 2014, dopo il passaggio alla Corte dei Conti. Fin qui è cronaca ma, così com’è nel nostro stile, vediamo se questa ennesima riforma era veramente necessaria o se si tratta del solito fumo negli occhi per far vedere che tutto cambia mentre nulla cambia. Dario Franceschini, rispondendo il 22 ottobre scorso al question time, appunto sulla riforma del Mibact, approvata dal Consiglio dei ministri del 29 agosto scorso ha anche ribadito che “il cuore della riforma è l’intervento sulla distinzione fra tutela e valorizzazione”, con solo la prima in testa alle Soprintendenze che non gestiranno più i musei per i quali ci sarà “una filiera distinta”, mentre i maggiori venti musei e siti archeologici di interesse nazionale saranno “dotati di piena autonomia gestionale e finanziaria con direttori altamente specializzati e selezionati con procedure pubbliche” Detto questo, vediamo innanzitutto se veramente si sentiva la necessità di un’ulteriore riforma di un dicastero più volte riformato, rimaneggiato, spesso quasi violentato da governi e ministri che, a volte solo per la- sciare un segno indelebile del loro passaggio, hanno preferito fare riforme su riforme piuttosto che far funzionare l’ordinario. Non dimentichiamoci che il ministero voluto da Spadolini aveva una struttura alquanto snella, con poche direzioni generali e una struttura territoriale ancora gestibile e comprensibile nei ruoli e competenze. Le innumerevoli riforme, invece, hanno moltiplicato Istituti e competenze, passando peraltro tramite l’esperienza dei dipartimenti salvo poi ripensarci e tornare di nuovo da una struttura dipartimentale ad una che vede al vertice amministrativo un Segretario Generale e, a seguire, una serie di direzioni generali. Certo, soprattutto in quest’ultima riforma, Continua→→ →→ Giuseppe Urbino Segretario Nazionale Confsal-Unsa Beni Culturali Sommario: •I BENI CULTURALI IN ITALIA: UN IMMENSO PATRIMONIO DA SALVAGUARDARE 3 •MUSEI 5 GRATIS NELLA DOMENICA DEL MESE PRIMA •ANCHE LA PRENOTAZIONE PER VISITARE I MUSEI E’ GRATIS. NON VA PAGATA! •LUSTRINI E PAILLETTE 6 •LA 7 •LA VIA OBBLIGATA DEL GOVERNO 8 RISPOSTA ALLA SFIDA DI RENZI LEGGE SULLA RAPPRESENTANZA SINDACALE ATTUARE LE RIFORME PER SUPERARE LA CRISI •REVISIONE 9 •RSU - MARZO 2015 10 •BANDO DI 11 •DA 12 CATASTO. ALTRE TASSE SULLA PRIMA CASA? CONCORSO PER DIRIGENTI: ILLEGITTIMA LA CLAUSOLE CO NCOR SUALI CHE RI SERV A ALL'AMMINISTRAZIONE LA FACOLTÀ DI SCEGLIERE UN CANDIDATO DIVERSO DAL PRIMO RISARCIRE IL LAVORATORE, TANTO QUANTO DURA IL DEMANSIONAMENTO. •LICENZIAM ENTO LETTO E-MAIL LAVORO PER AVER PERSONALI AL •LEGGE DI STABILITÀ 2015 13 •INFORTUNI SUL LAVORO PREVEN- 14 ZIONE ANCHE PER I TERZI • 15 PER RITARDO NEI PROCEDIMENTI L’AMMINISTRAZIONE DEVE RISARCIRE •TFR UN BUSTA PAGA. •RICHIESTA 16 DI ACCESSO AGLI ATTI •LIBRETTO 17 •LA PROGRESSIONE DI CARRIERA 19 DI CIRCOLAZIONE: OBBLIGO DI AGGIORNAMENTO DAL 3 NOVEMBRE PESANTI SANZIONI È DI COMPETENZA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO •CARRELLATA DAL FESTIVAL DI ROMA FORSE IN SALA 20 PAGINA 2 le organizzazioni sindacali sono state ascoltate e tutti noi abbiamo potuto fare le nostre proposte ma, com’è fin troppo evidente e comprensibile, la definizione del tutto non è certo opera di una trattativa ma della volontà politica che alla fine decide. Peraltro era stata istituita un’apposita commissione di venti esperti, nominati dall’ex ministro Massimo Bray il 9 agosto 2013 che aveva concluso i suoi lavori il 31 ottobre 2013. Dopo una lunga serie di audizioni, la Commissione aveva consegnato l’ampio documento che l’ex ministro Bray aveva condiviso e presentato alla stampa agli inizi di novembre 2013 come base per la riforma. Il testo presentato poi a gennaio 2014 dal Ministero è risultato però assai diverso, nella sostanza, da quello delineato dalla Commissione. Coperto dalle critiche è stato successivamente ritirato. Inoltre non si è mai sviluppato un vero e proprio dibattito pubblico sul prezioso, importante documento preparato dalla Commissione Bray e questo dipende anche dal fatto che pochi lo conoscono: infatti, pur essendo un documento ufficiale, il Ministero SINDACATO– CULTURA—LAVORO non l’ha mai pubblicato. Peraltro, bisognerebbe affermare una volta per tutte che un’ ennesima riorganizzazione non possa essere realizzata solo per rispetto della spending review, con una impostazione puramente amministrativa e burocratica, ma dovrebbe essere il risultato di un progetto culturale, di una visione, di una idea di patrimonio. Senza una chiara visione di natura culturale, una nuova riorganizzazione non potrà che tradursi in una danza di poltrone, direzioni, uffici. Si tratta, in buona sostanza, di un’operazione che non tocca ancora una volta i nodi culturali, di metodo e politici del ruolo e del valore del patrimonio culturale e paesaggistico nella società italiana. In Italia ci sarebbe bisogno una vera riforma, della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale e per fare questo non basta un DPCM. Sarebbe necessaria una riforma in grado di dar vita a strutture territoriali multidisciplinari, affermando finalmente una visione globale del patrimonio culturale e paesaggistico, ponendo, in breve, il paesaggio al centro dell’azione di tutela. Una vera riforma che favorisca la collaborazione N. 104 — OTTOBRE — 2014 tra Mibact e Università e che dia garanzie al mondo del precariato dei beni culturali. In buona sostanza, bisogna avere il coraggio di un cambiamento serio e radicale che al momento ancora non si vede. Inoltre, da circa venti anni il ricambio di risorse umane è sostanzialmente bloccato e il MiBACT conta su un personale attuale che è ormai prossimo al pensionamento. Questo è un problema endemico in tutta la pubblica amministrazione, ma che si fa ancor più tragico, se si pensa che giovani leve vengono formate senza aver poi un serio, concreto e duraturo sbocco professionale. A questa realtà, spesso non voluta dal personale in servizio che, se ne avesse la possibilità (legge Fornero permettendo) , farebbe la scelta del pensionamento, si contrappone quella di superburocrati ormai pensionati da tempo che direttamente o meno continuano a tenere in mano le redini del comando ed influenzare in qualche modo la politica ministeriale. Più volte abbiamo infatti parlato di carrozzoni come Ales e Arcus, società cosiddette “In house” delle quali abbiamo chiesto la soppressione salvaguardando naturalmente il diritto al posto di lavoro dei dipendenti che, a nostro avviso, potrebbero essere assorbiti dal MiBACT. Concludendo questa lunga riflessione, possiamo affermare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che il MiBACT è forse uno tra i ministeri più interessanti che abbiamo in Italia ma la strada che sta percorrendo per essere al passo con i tempi è ancora lunga, tortuosa e irta di spine. Giuseppe Urbino N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 3 I BENI CULTURALI IN ITALIA: UN IMMENSO PATRIMONIO DA SALVAGUARDARE TRA INFINITE RIFORME E RISCHIO ESTERNALIZZAZIONE A ridosso dell’ennesima riforma del Ministero dei Beni Culturali, la cui denominazione come tutti sappiamo è divenuta Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, anche conosciuto come MiBACT, si ritiene utile fare il punto della situazione sulla tutela e valorizzazione dell’immenso patrimonio storico, artistico e archeologico di cui il nostro Paese può andare fiero. Pur avendo accennato al MiBACT, dobbiamo per forza di cose ricordarci che non tutto il patrimonio culturale italiano è di diretta competenza statale. Esistono infatti musei comunali, altri privati, etc. Infatti, non c’è luogo nel territorio italiano che non presenti bellezze degne di tutela. Siti naturali, aree archeologiche, edifici, piazze ed inoltre musei ricchi di arte e di cultura che attirano turisti da tutto il mondo. La vera ricchezza dell’Italia sta proprio nella sua bellezza. Basta fare un breve inventario di queste bellezze per capire quanto sia unico al mondo, come già nell’’800, da Goethe in poi, quando per la formazione dell’uomo moderno si faceva il Grand Tour. Secondo l’Unesco proprio nel nostro Paese è concentrato il maggior numero di Siti degni di tutela e per la precisione, da una stima aggiornata al 2014, ben 50, contro i 47 della Cina, i 44 della Spagna e i 39 della Francia. Si va dai centri storici di Roma, Napoli e Firenze, ai Sassi di Matera. Dalla villa romana di Piazza Armerina, alla Basilica di Assisi. Dalla laguna di Venezia alla città ideale di Pienza. Tra gli ultimi Siti segnalati dall’Unesco come patrimonio dell’umanità, ci sono le ville Medicee in Toscana, le Langhe piemontesi e il monte Etna in Sicilia. In Italia si contano moltissime aree archeologiche: famose sono la Valle dei Templi di Agrigento, le città di Pompei ed Ercolano, le necropoli etrusche, i Nuraghi sardi. Del tutto particolari e di recente istituzione, sono i parchi archeologici sottomarini. Qui, a ciò che resta di una nave e del suo carico, si è aggiunto il lavoro compiuto nei secoli da molluschi, alghe e dall’acqua del mare. All’immenso patrimonio pubblico, va aggiunto quello privato: magnifiche residenze ricche di storia, testimoni di un passato glorioso, non sempre aperte al pubblico. Vanno inoltre contabilizzati nell’immenso patrimonio culturale italiano, tutti i beni custoditi all’interno delle chiese e conventi. Ma è’ vero che in Italia si trovano i due terzi del patrimonio culturale e artistico del mondo? In realtà è molto difficile dare una risposta perché non esiste un modo per calcolare e quantificare la bellezza. Quello che invece è vero è che in Italia il patrimonio va dalla preistoria fino all’epoca moderna, passando dall’età antica, al medioevo, al rinascimento e questo è qualcosa di rarissimo, forse unico e non solo: il nostro patrimonio è diffuso sul territorio nel senso che ogni piccolo paese ha la sua pinacoteca con i suoi capolavori. Inoltre vi sono una quantità enorme di opere che, fondamentalmente per mancanza di spazio, non vengono esposte e si trovano nei depositi. Ad esempio nei musei capitolini, per la precisione nei depositi dell’antiquarium, edificio che conservava tutti i reperti archeologici scoperti sotto il suolo di Roma a partire dalla fine del 1800, e che nel 1939 sono stati chiusi in casse e sono più di mille, perché non era più possibile esporli in nessun museo per la loro quantità. Basti pensare che nel 2009 sono stati trovati moltissimi oggetti di uso comune nell'antica città eterna, migliaia di lampade, ma anche bronzi, avori, parti di affreschi e statue sigillate nel 1939. Contengono straordinari reperti trovati durante gli scavi voluti dal fascismo e finalmente è stato possibile inventariarle. Ma qual è stata l'evoluzione del concetto di bene culturale nella legislazione italiana? Già nella nostra Costituzione, all’art. 9, troviamo scritto che "la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Tutela e valorizza il patrimonio storico e artistico della nazione". Nel successivo articolo 117 si precisa la competenza dello Stato e delle Regioni in materia di tutela e legislazione dei "beni culturali". Inoltre una serie di norme si sono succedute nel tempo come la legge 1º giugno 1939, n.1089 (Legge "Bottai"), che è rimasta per lungo tempo il testo di riferimento per la tutela e la protezione dei beni culturali oppure la legge n. 1497/39. All’epoca però non si utilizzava ancora il termine “Beni Culturali” che di contro iniziò a farsi strada a partire dagli anni cinquanta e che, nel 1975 portò all’istituzione del "Ministero per i Beni Culturali e Ambientali" ad opera del Senatore Giovanni Spadolini, che ne fu anche il primo Ministro. Senza dilungarci ulteriormente, possiamo dire che tutto il resto è storia alquanto recente: riforme su riforme che hanno cambiato radicalmente l’assetto di questo Ministero fino ad arrivare ai giorni nostri dove, tra le tante competenze, si è unita quella riguardante il turismo. L’UNSA – CONF.SAL Beni Culturali ha sempre manifestato forti perplessità circa il continuo Continua→→ →→ PAGINA 4 rimaneggiamento di questa materia e di questo Dicastero che è divenuto con il tempo una sorta di “ Reverendae Fabrica Sancti Petri” ovvero una Fabbrica di San Pietro che nel gergo romanesco sta a significare sostanzialmente un lavoro che si protrae troppo a lungo e che di solito richiede soldi a non finire. Certo, si potrà obiettare, il recente DPCM di riorganizzazione del MiBACT trae origine dalle politiche di spending review attuate da ultimo con il decreto legge n. 66 del 2014, convertito nella legge n. 89 del 2014. Una riforma annunciata, quindi, e per alcuni versi passaggio obbligato dalla vigente normativa ma non per questo meno indolore delle precedenti e che, ancora una volta, crea disorientamento tra gli addetti ai lavori e non solo. Ma al di là di questo, ciò che è veramente preoccupante è che si sta facendo strada una nuova visione di valorizzazione del Beni Culturali, ovvero quella che vede, come dicono alcuni addetti ai lavori, una sinergia tra pubblico e privato. SINDACATO– CULTURA—LAVORO Il rischio, ad avviso i questa Organizzazione Sindacale, è che dietro questa elegante terminologia si nasconda in realtà un disegno politico che a lungo andare potrebbe comportare il “Gettare la spugna” delegando ai privati ciò che è di competenza pubblica. Se è vero, come abbiamo visto, che secondo l'articolo 9 della Costituzione italiana, "la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Tutela e valorizza il patrimonio storico e artistico della nazione" è quindi vero che ben difficilmente in tutto dovrebbe entrare la competenza del privato. Tecnicamente si chiamano “esternalizzazioni” ancor più conosciute come “outsourcing” (termine inglese che letteralmente significa "approvvigionamento esterno") e, a nostro parere, a lungo andare potrebbero comportare una sempre minore fruibilità dei cittadini dei Beni Culturali italiani ma, ancor di più, è il messaggio negativo che si trasmette all’opinione pubblica: io Stato ammetto di N. 104 — OTTOBRE — 2014 non essere in grado di far fronte all’impegno costituzionalmente riconosciuto e delego quindi qualcun altro a svolgere tale compito in mia vece. Inoltre, come è ben comprensibile, mentre lo Stato deve avere il primario compito di dare la possibilità ai propri cittadini di poter fruire delle bellezze di cui il territorio italiano è pieno, senza per questo arricchirsi, il privato non può che vedere il tutto come un nuovo “business” e arrivare pertanto, come spesso si sente dire, a considerare il patrimonio culturale italiano alla stregua del petrolio nostrano. La cultura non si baratta per un pugno di euro e già stiamo andando verso una direzione sbagliata. Basti pensare al recente provvedimento voluto dall’attuale Ministro Franceschini che ha revocato la gratuità dell’ingresso agli anziani (ovvero proprio quelle persone che avrebbero tempo a disposizione per visitare i musei ma pochi soldi in quanto pensionati). Certo, diciamola tutta, ad onor del vero non tutto quello che si sta facendo è da considerarsi negativo come ad esempio la disposizione dell’ingresso gratuito ogni prima domenica del mese a monumenti, musei, gallerie, scavi archeologici, parchi e giardini monumentali di proprietà statale (iniziativa seguita anche da alcuni musei civici). Così anche la famosa iniziativa “Una notte al Museo”, che ha ricevuto ampi consensi anche perché ha dato la possibilità ad una fascia di persone, perlopiù giovani, di visitare un museo piuttosto che altro durante l’uscita serale. Questo per dire che non riteniamo tutto negativo ciò che è stato fatto per le nostre bellezze ma riteniamo che molto ancora si potrà fare, soprattutto se si comincerà una buona volta ad ascoltare chi può veramente dare un contributo costruttivo, come le parti sociali oppure gli addetti ai lavori che, con una esperienza ormai pluriennale, mettono al servizio della collettività la propria esperienza e professionalità. Stefano Innocentini N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 5 MUSEI GRATIS NELLA PRIMA DOMENICA DEL MESE Museo Nazionale del Bargello A Firenze, anche il Museo Nazionale del Bargello a ingresso libero, però solo dal 1° gennaio 2015. PERCHÉ ? Invece, pare che il Museo di San Marco (con i suoi bellissimi affreschi e tavole del Beato Angelico e la maestosa Biblioteca con i suoi Codici miniati) debba rimanere chiuso. PERCHÉ ? Intervento chiarificatore della nostra Segreteria Regionale della Toscana per scongiurare queste imposizioni a danno dei visitatori della “Domenica gratis al museo”, iniziativa fortemente voluta dal Ministro Franceschini ma opacizzata dai suoi burocrati! A PARTIRE dal 1 gennaio anche il Museo Nazionale del Bargello sarà inserito nell'elenco dei musei con apertura gratuita nella prima domenica del mese, così come richiesto dalla Direzione Generale per la Valorizzazione del patrimonio culturale. Rispetto a questa “novità”, la segreteria regionale Confsal-Unsa Beni culturali, ha chiesto alla Dott.ssa Maria Buzzi, Direttore Generale per la Valorizzazione del Mibact, «perché è stata inoltrata la richiesta solo per il Museo Nazionale del Bargello e non anche per il Museo di San Marco, data l'importanza e l'alto contenuto pittorico ed architettonico di quest'ultimo museo». Domanda inoltre perché l'apertura della prima domenica del mese viene fatta partire dal 1° gennaio 2015 e non dal 1° novembre 2014. «Per caso – viene sottolineato nella nota -, si vuole arrivare ad aprire con "straordinario" super pagato con fondi in uso dal concessionario solo per "certi" custodi coinvolti?» Learco Nencetti ANCHE LA PRENOTAZIONE PER VISITARE I MUSEI GRATIS NELLA “PRIMA DOMENICA DEL MESE” E’ GRATIS. NON VA PAGATA! Arriva la buona notizia di un risparmio per tutti coloro che vorranno usufruire dell'iniziativa dei musei gra- tis una domenica al mese, voluta dal ministro del Mibact. Alcuni musei, fa intendere la circolare della Direzione Generale per la Valorizzazione (n. 34) nella loro apertura della prima domenica del mese facevano pagare la prenotazione a coloro che preferivano evitare la fila. Ma una specifica Circolare ministeriale – la n. 34 del 17 ottobre 2014 – specifica che «al fine di evitare disomogeneità di comportamenti sul territorio e contestualmente disagi per l'utenza, su indicazione dell'onorevole ministro, si ritiene opportuno che nelle predette giornate la prenotazione delle visite venga assicurata a titolo gratuito». Learco Nencetti PAGINA 6 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 104 — OTTOBRE — 2014 RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LUSTRINI E PAILLETTE "Riapre la Domus Aurea! " Questo e' quello che si sente vociferare da qualche giorno. Già. Poiché a tutt'oggi da parte della SSBAR e dei dirigenti locali non c'e' stato nulla di ufficiale, ma solo un passaparola, un brusio quasi in sordina e quel che e' peggio non solo per i "non addetti ai lavori", ma anche per il personale del sito che vi opera ormai da anni. Ne' un incontro con il personale per poter illustrare l'eventuale progetto e lo stato di REALE AGIBILITA' (sono visite di cantiere) e quindi le necessarie misure organizzative per tale tipo di evento, il quale, e' doveroso ricordare, avverrà in un sito archeologico chiuso da quasi dieci anni e che ha subito numerosi crolli, anche con il pubblico dentro. Dove il personale ASV e' composto di sole sette unità, suddivise in due-tre unità per ogni turno. Viceversa, si assiste in questi giorni a numerose riprese televisive presso il sito in oggetto e anche a delle interviste ai funzionari locali. Ennesima contraddizione. Soprattutto quando in passato tali tipi di interventi, considerata l'esiguità' del personale ASV in loco, veniva pagato in conto terzi, al fine di poter sopperire ai carichi di lavo- ro, ma ora stranamente eluse, nonostante vi sia stata un'interrogazione in merito da parte del sindacato UNSA. Nessuno risponde, nessuno cerca di chiarire. Tutto permane avvolto in una sordida ambiguità. Pertanto, il personale ASV del sito ripropone con maggior fermezza, anche in considerazione delle sue peculiari responsabilità i seguenti quesiti ai dirigenti della SSBAR : 1)Convocare nell'immediato un incontro con TUTTO IL PERSONALE ASV del sito e non come ora, parlare alla spicciolata con chi capita; 2) Illustrare e definire NERO SU BIANCO, cioè tramite UN VERBALE O DISPOSIZIONI DI SERVIZIO l'esatto itinerario di fruibilità al pubblico e la disciplina dei flussi, considerando la situazione climatica interna al sito e la sua tollerabilità, nonché i percorsi e i deflussi in sicurezza; 3) I responsabili del sito, prevedendo le aperture al pubblico nei giorni festivi, hanno predisposto delle unità tecniche di pronto intervento, considerato che in passato sono avvenuti numerosi black-out o situazioni di emergenza, a rischio di incolumità, non solo per il pubblico, ma anche per il personale ASV che vi opera? 4) Definire ufficialmente gli orari di apertura e di chiusura al pubblico, considerando l'ubicazione del sito, posto all'interno di un parco e noto per l'alta incidenza di illegalità e di criminalità che opera intorno ad esso e quindi, per la sicurezza di TUTTI. 5)Attualmente nei giorni festivi all'interno della Domus non opera il servizio di pulizie ordinarie. E' stato previsto, in previsione dell'apertura al pubblico, un potenziamento del servizio di pulizie? 6) Attualmente la Domus Aurea è un cantiere a cielo aperto, con i giardini interni inadeguati ad ospitare il pubblico. E' stato previsto dove dovranno stazionare prima della visita, evitando dispersioni e rischi per l'incolumità per il pubblico? 7) E' stato definito il "modus agendi" per il personale ASV in caso di gravi emergenze e soprattutto, memori dell'esperienza passata, la presenza dei funzionari responsabili, come referenti per qualsiasi tipo di evenienza, considerando che il tutto avverrà nei giorni festivi? 8) Perché c'e' un ambiguo silenzio da parte dei dirigenti della SSBAR, nel voler chiarire e definire il coinvolgimento del personale ASV in eventi o situazioni che anche in passato prevedevano l'operatività in regime di conto terzi, a maggior ragione dove in altri siti tali tipi di eventi vengono regolarmente stipulati da parte della soprintendenza? Fino ad ora invece, solo un rimpallo di responsabilità e quel che e' peggio, tramite dei "mormorii" sotto voce. Concludendo: se l' Amministrazione SSBAR risponderà ai suddetti interrogativi e in tempo utile, posti nell' interesse generale, allora forse si potrà stare TUTTI (lavoratori e visitatori) un po' tranquilli. I Lavoratori della SSBAR N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 7 NOTIZIE DALLA CONFEDERAZIONE CONFSAL LA RISPOSTA ALLA SFIDA DI RENZI LEGGE SULLA RAPPRESENTANZA SINDACALE POTENZIAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA LA CONFSAL NEL MERITO SOLLECITA UN CONFRONTO A PALAZZO CHIGI In questi ultimi giorni, il premier Renzi ha dichiarato di voler aprire un confronto con le confederazioni sindacali sulla legge per la rappresentanza sindacale e sul potenziamento della contrattazione di secondo livello. Due annose questioni che finora non hanno visto concordi le maggiori confederazioni sindacali. La Confsal auspica l’immediata apertura di un tavolo di confronto fra Governo e Parti Sociali (tutti i soggetti rappresentativi sindacali e datoriali) per affrontare le due questioni politico-sindacali. La Confsal, quale soggetto sindacale autonomo, largamente rappresentativo dei lavoratori italiani del privato e pubblico impiego e quale soggetto generale delle politiche del lavoro e del welfare, portatore di concrete proposte in merito alle due questioni, coglie la “sfida” del Presidente del Consiglio e si dichiara pronta a portare il suo responsabile contributo. La Confsal, a sua volta, “sfida” il premier Renzi sulla “legittima” tenuta delle relazioni sindacali e in particolare sul metodo dell’inclusione, secondo criteri oggettivi - utilizzando i dati Cnel e Inps - di tutte le organizzazioni sindacali rappresentative. Ci permettiamo di ricordare al Presidente del Consiglio che il peggiore atteggiamento “ideologico” è costituito dal mancato ascolto o peggio dall’esclusione immotivata di soggetti legittimati da un tavolo di confronto fra Istituzioni e Parti Sociali. Pertanto, la Confsal chiede la parità di trattamento con le altre confederazioni sindacali rappresentative e non vorrebbe registrare un ulteriore grave esclusione, che a questo punto avrebbe il significato di una inaccettabile discriminazione. Tornando al tema della legge sulla rappresentanza, finora sostenuta con convinzione da Cgil e Confsal, riteniamo che, per il buon esito della via legislativa possa essere fondamentale e funzionale il Testo Unico sulla rappresentanza sindacale sottoscritto il 10 gennaio 2014 da Confindustria e da tutte le maggiori confederazioni sindacali, inclusa la Confsal. Infatti, nell’accordo si stabilisce, tra l’altro, che la rappresentatività di ciascun sindacato si calcola in base alla media percentuale fra il numero degli iscritti e i voti riportati alle elezioni delle RSU. La soglia del 5% consente la partecipazione ai negoziati e l’eventuale sottoscrizione dei contratti. Il contratto nazionale è ritenuto valido ed esigibile erga omnes se sottoscritto dal 50%+1 della rappresentanza sindacale. C’è anche da considerare che la questione della rappresentanza e rappresentatività sindacale è legata al potenziamento della contrattazione decentrata secondo l’Accordo Interconfederale fra Confindustria e Sindacati rappresentativi, inclusa la Confsal, del 28 giugno 2011, recepito nel recente Testo Unico sulla rappresentanza. La Confsal ritiene che l’iniziativa del Premier possa rendere possibile il varo di una leggequadro sulla rappresentanza e rappresentatività sindacale al fine di costruire un sistema universale e omogeneo di relazioni industriali, basato sulla certezza della titolarità dei soggetti per l’accesso ai negoziati e per la sottoscrizione dei contratti, nonché sulla cogenza delle norme contrattuali e privatistiche. La Confsal, inoltre, sostiene che sia possibile una mediazione fra le diverse proposte delle parti sociali sul potenziamento della contrattazione di secondo livello. Si tratta di affrontare e risolvere la questione centrale del rapporto fra la normativa contrattuale nazionale e quella decentrata, prevedendo la materia negoziale dei due livelli ed eventuali specifiche deroghe. Nei prossimi giorni potremo verificare se il Premier Renzi alla “sfida annunciata” farà seguire l’apertura di un tavolo a Palazzo Chigi di autentico e franco confronto sui due temi che riguardano la democrazia economica e il pluralismo sindacale, due questioni centrali di rango costituzionale. Infine, colgo l’occasione per annunciare la convocazione del prossimo Consiglio Generale della Confsal che si terrà nei giorni 22-23-24 ottobre p. v. sul tema “La legittima aspettativa dei cittadini e dei lavoratori italiani: dal riformismo annunciato alle “buone” riforme. Marco Paolo Nigi PAGINA 8 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 104 — OTTOBRE — 2014 LA VIA OBBLIGATA DEL GOVERNO ATTUARE LE RIFORME PER SUPERARE LA CRISI PER TRASFORMARE L’ITALIA IN UN PAESE NORMALE ECONOMICAMENTE COMPETITIVO Le dinamiche sociali e l’andamento dell’economia del nostro Paese richiedono certamente riforme strutturali che dovranno interessare le frontiere della civiltà e della cultura, quali l’istruzione, la salute, la sicurezza, la giustizia e la legalità complessiva, nonché i settori strategici dell’economia e della finanza pubblica e privata. Le riforme devono trovare fondamento nella centralità del cittadino e della famiglia nella società civile e del lavoratore e dell’impresa nell’economia regolare. Se tutto questo è vero, la politica deve recuperare la dimensione etica e le Istituzioni della Repubblica sono obbligate a dotarsi di moderne strutture funzionali allo sviluppo civile, culturale, sociale ed economico. In sintesi, l’impegno politico è quello di rendere l’Italia un Paese “normale”, socialmente giusto ed economicamente competitivo, attraverso un progetto politico, organico e coerente di riforme strutturali correttamente connesse. Tutto questo si può realizzare con un progetto politico che si fondi su un sistema di valori condivisi e preveda obiettivi concreti e percorsi compatibili. Il progetto non può prescindere dalle dinamiche politiche relative al processo d’integrazione europea e dall’attuazione più o meno flessibile dei Patti fiscali vigenti nell’Ue e nell’Eurozona. D’altra parte, è storicamente provato che le grandi riforme strutturali non si possono realizzare in assenza di un organico progetto politico verificato nella sua fattibilità, della necessaria stabilità politica delle Istituzioni, di un buon livello di condivisione sociale, nonché di una finanza pubblica legale e di un equilibrato rigore nella tenuta dei conti pubblici. negli ultimi anni è stato anche dimostrato che un progetto politico di riforme strutturali non si può realizzare adottando, con la discutibile motivazione dell’emergenza, il metodo drastico del “fare cassa” con tagli lineari, irrazionali e iniqui. Il governo deve effettivamente farsi carico della vera svolta politica, quella dei fatti concreti e degli atti legislativi e amministrativi puntuali e corretti, come deve abbandonare la sterile strada delle grandi riforme annunciate e finora disattese, della discutibile, immotivata decretazione d’urgenza. Non si può annunciare la riforma della P.A. con il ricambio generazionale e poi emanare un Decreto, come il n. 90/2014, la cui previsione disattende gli stessi intenti governativi e soprattutto le attese dei cittadini e penalizza ulteriormente i lavoratori pubblici, con norme la cui materia non presenta i caratteri dell’urgenza. Non è così che si dimostra di possedere un chiaro progetto politico e di adottare il metodo corretto del reale coinvolgimento dei cittadini e dei lavoratori, al di là della consultazione online che ha visto coinvolto un universo scarsamente rappresentativo. È nelle nostre legittime aspettative che il governo Renzi esprima finalmente quella progettualità indispensabile per fare uscire effettivamente il Paese dalla crisi economica e occupazionale e realizzi così le riforme strutturali con la dovuta coerenza politica. Infatti, se si vuole far ripartire l’economia e incidere positivamente sul trend occupazionale non si può sperare nel miracolo della comunicazione, al contrario si rende indispensabile sollevare concretamente lavoratori, pensionati e imprese dall’oppressione fiscale; •perseguire gli sprechi e le ruberie della politica; •rendere ragionevolmente flessibile il sistema previdenziale; •sbloccare il rinnovo dei contratti e del turnover nel pubblico impiego. L’aumento del potere di acquisto dei lavoratori, dei pensionati e delle famiglie e la maggiore capacità di investimento di capitali propri e di terzi delle imprese non si determinano se non si rinnovano i contratti di lavoro, non si riduce la pressione fiscale sul lavoro, sulla produzione e sul piccolo risparmio e non si riconsidera la pesante e ormai insostenibile tassazione sulla casa. Tutto questo può essere compatibile finanziariamente se si realizza nell’ambito di un progetto politico etico, equo e condiviso. In conclusione, per il governo la via obbligata delle grandi riforme non può prescindere dalla progettualità, dall’organicità, dalla connettività e dalla condivisione per un’efficace attuazione delle stesse. Al di fuori di questa prospettiva l’Esecutivo guidato da Matteo Renzi correrebbe il rischio reale di non incidere più di tanto sulle annose questioni economiche, sociali e culturali del Paese e di non realizzare “la svolta delle riforme”, la sola che può cambiare la storia dell’Italia. Marco Paolo Nigi N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 9 LA “MAZZATA” REVISIONE CATASTO. ALTRE TASSE SULLA PRIMA CASA? Dal 2011 triplicata l’imposizione fiscale nel prossimo anno, ma con probabile slittamento al 2016 o 2017, dovrebbe concludersi l’operazione di revisione del catasto che, al momento, è in fase avanzata. Interesserà la quasi totalità delle locazioni, circa 63 milioni di edifici tra case di abitazione, uffici, stabilimenti industriali e balneari, alberghi, magazzini e quant’altro. Una riforma del settore immobiliare in tale direzione è stata più volte auspicata e sollecitata anche da parte dell’Unione Europea perché tra vecchi e più recenti accatastamenti vi sono discrasie e squilibri tali che fanno sì che un appartamento di pregio posto nel centro storico di una città venga tassato 60/70 volte meno di un appartamento di tipo economico di eguali dimensioni posto in una zona periferica. Si tratta di immobili classificati come popolari o civili che, con l’estendersi della città, si sono venuti a trovare col tempo al centro della stessa acquistando sempre più valore ma mantenendo la stessa rendita catastale risalente anche ai primi anni del secolo scorso. Per converso le locazioni accatastate negli ultimi cinquant’anni hanno una rendita catastale aggiornata in base alla quale il fisco adegua la tassazione. E specialmente per i locali posti anche alle estreme periferie delle città, quelli di minor costo per il cui acquisto le famiglie in genere di modeste condizioni economiche hanno sacrificato un’intera vita di lavoro, la tassazione è tale da essere spesso insopportabile. È chiaro che una situazione del genere non può che provocare l’indignazione e il risentimento di tutti coloro che subiscono una simile situazione di disparità anche perché in genere i fortunati possessori degli immobili posti nelle zone centrali delle città sono ormai di proprietà di facoltosi personaggi appartenenti al mondo dell’industria, del commercio e della politica. Ben venga dunque una riforma del catasto che rimetta le cose a posto all’insegna dell’equità e della giustizia fiscale. Ma un intervento di tal fatta in campo immobiliare presenta rischi ed incognite da non sottovalutare. Prioritariamente è necessario tener conto delle costanti pretese della politica di far cassa sempre e comunque anche quando così facendo si ledono i diritti dei più deboli. C’è la probabilità assai concreta, infatti, che come verificatosi più volte in passato, invece che riequilibrare una situazione di disparità intollerabile, la politica miri esclusivamente a spremere i contribuenti indipendentemente dalla loro condizione economica e sociale per far cassa a tutti costi. Vi è poi il caso abbastanza frequente di persone di modesta condizione economica che abitano locali siti in zone centrali ereditati da generazioni che si troverebbero di fronte ad incrementi fiscali pari anche a cento volte di più di quanto pagano al fisco oggi. nel qual caso non resterebbe loro che cercare di vendere un immobile dai costi eccessivi e quindi impossibile da mantenere. E qui la speculazione si scatenerebbe indisturbata data la quantità degli immobili che verrebbe messa sul mercato. Infine bisogna anche tenere presente che dal 2011 ad oggi le imposizioni fiscali sulla casa sono semplicemente triplicate grazie a quel principe delle tasse che è stato l’ex premier Monti e che un altro aumento, se generalizzato, non solo getterebbe sul lastrico milioni di famiglie ma finirebbe per affossare definitivamente un mercato immo- biliare già in profonda crisi dal momento che gli immobili invenduti che sono già moltissimi aumenterebbero a dismisura provocando il blocco totale del settore. Pesantissime le ripercussioni sul settore edilizio che, esauritasi anche la richiesta di seconde case destinate ad investimento e ormai non più redditizie, sarebbe oggetto di un crollo totale. Catastrofiche le conseguenze. Centinaia di migliaia di disoccupati non solo tra i lavoratori del settore ma anche tra quelli del gigantesco indotto, con punti di Pil perduti ed economia della nazione sempre più depressa. La riforma del catasto, quindi, potrebbe rappresentare un problema piuttosto complesso perché nelle sue linee generali non potrà in alcun modo tener conto di situazioni particolari ma dovrà necessariamente prendere in considerazione la classificazione di tutto il settore edilizio su scala nazionale valutando in maniera esclusivamente aritmetica. Di qui la necessità che gli opportuni correttivi vengano presi, sia pure in via transitoria, dai Comuni cui spetterà il difficile compito di valutare assai spesso caso per caso. Ed infine rimettere ordine nel catasto edilizio non significa per forza aumentare le rendite comunque sia pure in maniera differenziata solo per impinguare l’erario. Significa principalmente operare all’insegna della giustizia sociale ovvero riducendo le rendite catastali spesso eccessive attribuite ai locali di più recente edificazione e rivalutando le rendite obsolete. Diversamente sarebbe la solita “mazzata” lineare destinata a calare impietosamente sulla parte più debole della popolazione. F.D.L PAGINA 10 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 104 — OTTOBRE — 2014 NOTIZIE DALLA FEDERAZIONE CONFSAL-UNSA RSU - MARZO 2015 In data 28 ottobre 2014, è stato definito all’Aran il protocollo sulle procedure di rinnovo delle RSU. Tutti siamo consapevoli dell’importanza vitale che rivestono queste elezioni per la nostra Federazione. Esse rappresentano l’occasione per confermare e rafforzare il proprio ruolo di soggetto sindacale di rilievo nazionale. Dobbiamo pertanto già da ora convogliare tutte le nostre personali risorse, di energia, tempo e passione, per dar corso ad una campagna elettorale capace di portare all’UNSA quei successi in termini di voti capaci di tradurre ciò che sul piano politico e mediatico la nostra organizzazione è stata capace di realizzare in questi anni. La Segreteria generale della Federazione UnsaConfsal, dal canto suo, fornirà a tutti i suoi responsabili sindacali il massimo sostegno e per questo sta già predisponendo l’aggiornamento della modulistica, del vademecum, dei dati e dei riferimenti dei responsabili sindacali dei Coordinamenti che verranno forniti nelle prossime settimane. Parte quindi, una nuova sfida. Non possiamo af- frontarla come se fosse routine. Non possiamo affrontarla come se fosse una cosa scontata o una incombenza in più che sarebbe stato meglio evitare. Va affrontata come un momento storico. Il risultato che verrà fuori dalle elezioni RSU condizionerà la nostra azione politica per i prossimi anni perché sarà la misura del peso politico e del consenso tra i lavoratori che questa Federazione è riuscita a costruire. Rinnovo pertanto l’invito a tutti Voi, di considerare prioritarie tutte le attività connesse con le elezioni RSU, mediante la sensibilizzazione dei colleghi e la diffusione delle iniziative realizzate dall’UNSA per difendere i diritti dei lavoratori, che vanno da azioni giudiziarie arrivate anche alla Corte Costituzionale (2,50% e blocco stipendi) a manifestazioni nazionali. Coraggio. Le sfide grandi sono avvincenti. E se l’UNSA vuole essere grande, deve vincere grandi sfide. Al lavoro. Massimo Battaglia N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 11 RACCOLTA INFORMATIVA GIURIDICA—LEGALE In questa rubrica pubblichiamo gli articoli che rivestono particolare importanza, per il loro contenuto giuridico-legale a cura di M. Antonietta Petrocelli BANDO DI CONCORSO PER DIRIGENTI: ILLEGITTIMA LA CLAUSOLE CONCORSUALI CHE RISERVA ALL'AMMINISTRAZIONE LA FACOLTÀ DI SCEGLIERE UN CANDIDATO DIVERSO DAL PRIMO CLASSIFICATO Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza n. 20735 del 1 Ottobre 2014. Quali limiti incontra la pubblica amministrazione, in sede di emanazione di bando concernente concorso finalizzato al reclutamento di pubblici impiegati e figure dirigenziali, nella scelta del candidato da ritenersi idoneo? Nel caso di specie la Suprema corte ha sottolineato come sia illegittima la clausola concorsuale che riserva all'amministrazione la facoltà di procedere alla scelta, non ragionevolmente giustificata, di candidato diverso rispetto al primo classificato, oppure di non procedere affatto alla nomina. La sentenza in oggetto mette in evidenza la natura ambivalente del bando di concorso pubblico, che da un lato è un provvedimento amministrativo e dall'altro è un atto negoziale. Nel primo caso, la pubblica amministrazione è vincolata al perseguimento dell'interesse pubblico primario insito nel bando stesso, e cioè la copertura di determinati posti al fine del buon andamento dell'azione amministrativa, non potendosi la stessa trasformare in mera attività di verifica di idoneità professionale relativa ad assunzioni future ed incerte; nel secondo caso, la clausola, presente nel bando impugnato, di subordinare l'obbligo di assunzione alla mera volontà dell'amministrazione è da dichiararsi nulla ex art. 1355 codice civile (condizione meramente potestativa). L'inserimento di tale clausola in un bando di concorso integra dunque arbitrio da parte del potere pubblico procedente, quindi eccesso di potere del relativo provvedimento conclusivo del procedimento. In capo al soggetto giunto primo in graduatoria, dichiarata la nullità di tale clausola, viene dunque a perfezionarsi in tal modo un vero e proprio diritto soggettivo, non altrimenti comprimibile. PAGINA 12 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 104 — OTTOBRE — 2014 DA RISARCIRE IL LAVORATORE, TANTO QUANTO DURA IL DEMANSIONAMENTO. Sentenza della Corte di Cassazione n. 18965/2014 E’ quanto emerge dalla sentenza n. 18965 della Corte di Cassazione, depositata il 9 settembre 2014. Il caso. I Giudici di primo grado accoglievano la richiesta risarcitoria per danni alla professionalità della lavoratrice per essere stata dequalificata e quantificavano equitativamente il risarcimento nella misura della metà delle retribuzioni ricevute per le giornate di effettiva attività durante il periodo del demansionamento. La Corte d’appello confermava la determinazione equitativa del risarcimento del danno subito dalla lavoratrice per essere stata adibita a mansioni dequalificate rispetto al grado rivestito ed alla professionalità raggiunta. La società, datrice di lavoro, ri- correva in Cassazione censurando l’impugnata sentenza per aver taciuto del tutto sui parametri in base ai quali aveva operato la liquidazione equitativa. Da indicare i criteri seguiti per determinare il risarcimento. Il motivo è infondato. E’ pacifico in sede di legittimità che «qualora proceda alla liquidazione del danno in via equitativa, il giudice di merito, affinché la sua decisione non presenti i connotati dell’arbitrarietà, deve indicare i criteri seguiti per determinare l’entità del risarcimento, risultando il suo potere discrezionale sottratto a qualsiasi sindacato in sede di legittimità solo allorché si dia conto che sono stati considerati i dati di fatto acquisiti al processo come fattori costitutivi dell’ammontare dei danni liqui- dati» (Cass., n 8213/2013). E’ equo il risarcimento riferito alle sole giornate dedicate alle mansioni dequalificanti. Nel caso in esame, la Corte d’appello, nel confermare la pronuncia di primo grado, ha correttamente affermato che «considerato anche che il demansionamento si è perpetuato per meno di sei mesi, appare rispondente ad equità ritenere che il suo bagaglio professionale sia stato compromesso solo durante la poche giornate in cui la lavoratrice si è dedicata alle nuove mansioni che, peraltro, non richiedevano alcun impegno e non la occupavano per tutte le ore di lavoro ». Alla stregua di quanto affermato, la Corte Suprema rigetta il ricorso. SUL LICENZIAMENTO PER AVER LETTO E-MAIL PERSONALI AL LAVORO LA CASSAZIONE RESPINGE IL RICORSO DELLA SOCIETA’ La Corte di cassazione, con sentenza n. 6222 del 18 marzo 2014, ha affermato che "il datore di lavoro non può irrogare un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo applicabile in relazione ad una determinata infrazione." Nel caso di specie un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli, dopo una sospensione cautelare, a seguito di contestazione disciplinare con l'addebito di uso improprio di strumenti di lavoro e in particolare del P.C. affidatogli, delle reti informatiche aziendali e della casella di posta elettronica. Deduceva la nullità della sanzione, chiedendo la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno; il Tribunale adito accoglieva la domanda e la Corte di Appello confermava tale decisione, rilevando che il fatto contestato corrispondeva alla fattispecie disciplinare prevista dal contratto collettivo applicabile, ove è stabilita solo una sanzione conservativa per l'infrazione consistente nell'utilizzazione "in modo improprio di strumenti di lavoro aziendali". La Società datrice di lavoro ricorre in Cassazione richiamando il contenuto della lettera (riprodotta nel ricorso) di comunicazione dell'addebito di "uso improprio da parte sua di strumenti di lavoro aziendali e, nella specie, del P.C. a lei affidato, delle reti informatiche aziendali e della casella di posta elettronica". In tale comunicazione si rendeva noto l'accertamento di esistenza nel PC affidato al dipendente di "programmi coperti da copyright non forniti dall'azienda e non necessari" per lo svolgimento di attività; di installazione nello stesso PC, oltre ai programmi in dotazione, di "software diversi non forniti dall'azienda e non necessari; dell'avvenuta utilizzazione per innumerevoli volte durante l'orario lavorativo della casella di posta elettronica di dominio aziendale per scopi personali non giustificati, "eludendo le chiare informative e molteplici preavvisi effettuati dall'azienda". La Suprema Corte, respingendo il ricorso dell'Azienda, ha precisato che "la valutazione della gravità dell'inadempimento dal lavoratore e dell'adeguatezza della sanzione attiene a questioni di merito che, ove risolte dal giudice di merito con apprezzamento in fatto adeguatamente giustificato con motivazione sufficiente e non contraddittoria, si sottraggono al riesame in sede di legittimità. (...) Nella specie, le critiche formulate dalla società ricorrente rilevano sotto il profilo del denunciato vizio di motivazione della sentenza in ordine a tale valutazione di gravità dell'inadempimento contrattuale, che il giudice dell'appello ha accertato affermando la rilevanza disciplinare del comportamento del dipendente. La censura investe peraltro gli stessi fatti già considerati dalla corte territoriale (...) e non indica quindi punti decisivi di cui sia stato trascurato l'esame.". N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 13 LEGGE DI STABILITÀ 2015: I CONTENUTI IN BREVE. Approvata il 15 ottobre scorso dal Consiglio dei Ministri, la legge di stabilità 2015 sta proseguendo il suo iter che, dopo la “bollinatura” ufficiale della Ragioneria generale dello Stato e la firma del presidente della Repubblica, continuerà in Parlamento per l’approvazione del ddl. Intanto, nell’attesa del vaglio dell’Ue rispetto ai vincoli di bilancio, che, pur escludendo una bocciatura netta come ormai ritenuto dagli addetti ai lavori, potrebbe portare ad un sostanziale ridimensionamento delle previsioni dell’esecutivo, vediamo i punti principali della manovra finanziaria. Una manovra (suddivisa in 47) che vale 36 miliardi di euro, orientata soprattutto al taglio del cuneo fiscale e agli incentivi a famiglie e lavoratori, con il fine di rilanciare l’occupazione e l’economia del Paese, stimolando crescita e consumi, e procrastinando, invece, gli annunciati interventi sulla riforma delle pensioni (salvo lo slittamento al 10 del mese per le doppie pensioni Inps — Inpdap) e sull’unificazione delle imposte sulla casa (Tasi e Imu). Quanto alle coperture, i rientri più massicci previsti dalla legge verranno dalla spending review (con tagli di 15 miliardi di euro), dall’inasprimento della lotta all’evasione (3,8 miliardi di euro) ed alla ludopatia (un miliardo di euro), mentre oltre 11 miliardi dal deficit aggiuntivo. Ecco i dieci punti principali della legge: Bonus Irpef 80 euro Il bonus fiscale degli 80 euro, introdotto dal d.l. n. 66/2014, viene confermato e diventa stabile. Lasciata invariata la platea dei destinatari (nonostante i tentativi di estenderlo ai redditi superiori), ossia i lavoratori dipendenti e assimilati con reddito lordo complessivo tra 8.000 e 24.000 euro (circa 10 milioni di italiani), il bonus cambia la propria veste, diventando una detrazione e non più un’entrata aggiuntiva; Sgravi alle famiglie e bonus bebè Sul piatto della bilancia della stabilità previsti anche 500 milioni di euro per sostenere le famiglie numerose (c.d. “Fondo famiglia”) che, secondo quanto dichiarato dall’esecutivo, dovrebbero essere quasi interamente devoluti per finanziare il bonus bebè, in arrivo in via sperimentale dal 2015, dell’importo di 80 euro al mese per le neomamme con redditi familiari fino a 90mila euro lordi annui. Valido per i bambini nati tra il 2013 e il 2015, il bonus sarà esteso fino al terzo anno di età e in presenza di più figli (dal terzo in poi) sarà eliminato il tetto reddituale; Taglio Irap Consistente l’intervento previsto sull’Irap, successivo a quello già operato nel corso dell’anno, che consente la deducibilità dall’imposta del costo del lavoro per un importo pari a 5 miliardi di euro per il 2014 e a 6,5 a regime. In realtà, la norma abroga il taglio del 10% operato con il decreto Irpef dell’aprile scorso e pertanto i numeri vanno ridimensionati, decurtando l’incidenza dei due miliardi della precedente riduzione, ma in ogni caso la misura è notevole ed ha la finalità di rilanciare massicciamente l’occupazione; Sgravi per i neoassunti Altro importante capitolo riguardante il lavoro e gli incentivi all’occupazione, è quello della decontribuzione sulle nuove assunzioni. Le imprese che assumono con contratto a tempo indeterminato infatti potranno godere dell’azzeramento dei contributi a loro carico per tre anni. Un’operazione che vale quasi 2 miliardi e che, secondo i dati dovrebbe riguardare circa 300.000 lavoratori (800.000 secondo il Governo). A ciò si aggiungono 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali; Regime dei minimi e semplificazioni Iva Per le oltre 900mila partite Iva, la legge di stabilità anticipa anche il riordino del regime dei minimi, previsto nella delega fiscale. L’imposta sostitutiva dal 5% passa al 15% ma si estende la platea (da 15mila a 40 mila euro in base ai settori), senza limiti di età né di tempo, con un beneficio stimato a livello di sgravio fiscale complessivo pari a 800 milioni di euro. In materia di semplificazioni, inoltre, dal 2016 cancellato l’obbligo della dichiarazione unificata e della comunicazione dati Iva, e fissato a febbraio il termine per la presentazione delle dichiarazioni; Tfr in busta paga L’anticipazione del Tfr in busta paga, uno dei punti più discussi della legge, sarà su base volontaria e sottoposta a tassazione ordinaria. Saranno i lavoratori (esclusi gli agricoli, i domestici e i dipendenti pubblici) a scegliere se avere disponibile direttamente in busta paga il trattamento di fine rapporto. Continua→→ →→ PAGINA 14 La misura partirà dal marzo 2015 e, di fatto, non comporterà alcun aggravio per lo Stato né costi per le imprese grazie alla garanzia di 100 milioni di euro e all’accordo con le banche; Risorse per ricerca e sviluppo Ammonta a circa mezzo miliardo il credito d’imposta sugli investimenti in ricerca e sviluppo. Le risorse saranno destinate alle Pmi che investiranno nell’innovazione, con agevolazioni fiscali del 50% per incrementi annuali di spesa nel settore. Possibile anche il “patent box”, ossia un meccanismo SINDACATO– CULTURA—LAVORO destinato a sostenere i brevetti, mediante agevolazioni sui guadagni; Ecobonus e bonus ristrutturazioni La legge ha confermato per tutto il 2015 gli sgravi per le ristrutturazioni edilizie e il c.d. “ecobonus” per chi effettua interventi in materia di efficienza energetica. Lasciate invariate anche le percentuali di agevolazioni fiscali (per le quali, invece, secondo la legislazione attuale erano previste delle riduzioni), pari rispettivamente, al 65% per l’ecobonus e al 50% per le ristrutturazioni (e l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici) fino al 31 N. 104 — OTTOBRE — 2014 dicembre 2015; Scuola e precari Ammonta a un miliardo di euro per l’anno 2015 e a tre miliardi a decorrere dal 2016 la dotazione del fondo per la realizzazione del piano “La buona scuola” inserito nel “menu” della stabilità. Il fondo dovrà essere finalizzato prioritariamente alla stabilizzazione dei docenti precari e al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro. Annunciati anche 200 milioni di euro per le scuole non statali a partire dal 2015 e incrementi di 150 milioni di euro al fondo per il finanziamento ordinario delle università; Allentamento patto di stabilità per i Comuni Le previsioni della spending review inserite in manovra dovrebbero portare a forti tagli agli enti locali (circa 4 miliardi per le Regioni e 1,2 per i comuni), ma i comuni, di contro, beneficeranno di una riduzione del patto di stabilità interno del 70%, pari circa ad un miliardo di euro. Possibile anche la previsione di un piano per la dismissione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, finalizzata sia a ridurre il debito che a finanziare nuovi investimenti. INFORTUNI SUL LAVORO PREVENZIONE ANCHE PER I TERZI In ordine alla sicurezza nell’ambito lavorativo, si rileva come anche i terzi, allorché si trovino esposti ai rischi di un’attività lavorativa, devono ritenersi destinatari delle norme di prevenzione. ne deriva, afferma la Cas- sazione penale con sentenza n. 36438, che è irrilevante che ad infortunarsi sia stato un lavoratore subordinato, un soggetto a questi equiparato o, addirittura, una persona estranea all’ambito imprenditoriale, a condizione che sia ravvisabile il nesso causale con l’accertata violazione delle misure di prevenzione. In definitiva, sussiste un cd. Rischio aziendale connesso all’ambiente di lavoro che deve essere coperto da chi organizza il lavoro. N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 15 PER RITARDO NEI PROCEDIMENTI L’AMMINISTRAZIONE DEVE RISARCIRE TUTTAVIA OCCORRONO ANCHE ULTERIORI ELEMENTI DI PROVA Qualunque ritardo, doloso o colposo, nella conclusione del procedimento, che cagiona un danno ingiusto al richiedente, obbliga l’Amministrazione che ha commesso il ritardo a risarcire il danno al richiedente medesimo. Questa è la conclusione che può ritenersi ormai definitivamente acquisita nella tematica del c.d. risarcimento del “danno da ritardo”. Queste conclusioni risultano ora ulteriormente avvalorate dalla recente sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato (n.2964/2014). Per l’ammissibilità del risarcimento, non basta che vi sia il ritardo nella conclusione del procedimento. Occorrono altri elementi identificabili, rispettivamente: •nel dolo o, quanto meno, nella colpa della condotta, attiva od omissiva tenuta dall’Amministra- zione, e ravvisabili, in genere, nel comportamento o condotta dilatoria, inconcludente; •nella sussistenza di un danno ingiusto, per tale intendendosi il danno arrecato dall’Amministrazione in violazione di una norma di legge (danno contra ius), e in assenza di una causa di giustificazione (danno non iure); •nel rapporto di causalità tra la condotta e il danno ingiusto. TFR UN BUSTA PAGA. LE VIE DI MONETIZZAZIONE A CONFRONTO Premessa – Come appreso nei giorni scorsi, accanto alla possibilità di destinare il Tfr in un fondo di previdenza complementare oppure di lasciarlo semplicemente in azienda per poi fruirne in caso di interruzione del rapporto di lavoro, il Ddl Stabilità 2015 varato il 15 ottobre 2014 apre una terza via ai lavoratori privati: anticipare, su base volontaria, il proprio trattamento di fine rapporto mensilmente in busta paga. Una misura, questa, che ha fatto parlare non poco sia a livello politico che economico. Nonostante il testo sia ancora in via di definizione (si è in possesso solo della bozza) per dare un giudizio definitivo, alcuni economisti hanno mosso più di una critica verso questa particolare via di monetizzazione del Tfr. Dai primi calcoli è stato evidenziato che a guadagnarci sono tutt’altro che i lavoratori (se non per alcuni redditi bassi), bensì lo Stato e in parte le imprese. È chiaro che la nuova facoltà concede alle famiglie in difficoltà ad avere una maggiore liquidità immediata, ma è ancora da verificare il fatto che ciò possa spingere alla ripresa dei consumi. È lecito porsi il dubbio alla luce del fatto che anche il “bonus 80 euro” introdotto lo scorso maggio aveva tra i suoi obiettivi quello di innalzare i consumi nel nostro Paese ma a conti fatti ha avuto un effetto quasi invisibile sui consumi (più 0,1% rispetto a maggio, più 0,4% rispetto a giugno dello scorso anno). Elementi da considerare – Alla luce di quanto su affermato, è di fondamentale importanza che i lavoratori facciano una scelta consapevole e ad hoc, considerando anche il fatto che la scelta – se effettuata – è irrevocabile fino al 30 giugno 2018. Dunque, il lavoratore che intende valutare la convenienza della nuova misura deve tenere in considerazione almeno due elementi di calcolo: la rinuncia alla rivalutazione annuale e il regime di tassazione. Infatti, se il lavoratore scegliesse di monetizzare il Tfr in busta paga, egli rinuncia automaticamente alla rivalutazione delle quote di Tfr, al tasso annuo dell'1,5% più il 75% dell'inflazione. Al riguardo, bisogna considerare anche che la rivalutazione paga l'IRPEF all'11% (dal prossimo anno 17%), dunque è anche un risparmio fiscale. Inoltre, sulle quote anticipate il lavoratore deve pagare una tassazione ordinaria. Indagine Consulenti del lavoro – A guidare i lavoratori a fare la scelta migliore possibile ci pensano i Consulenti del lavoro, che in un’analisi economica hanno affermato che fino a 15mila all'anno di reddito il Tfr in busta paga è conveniente. Per cifre superiori, siccome il governo ha deciso, di tassare il maggiore importo come parte integrante dello stipendio e quindi applicando l'Irpef ordinaria, si pagano più tasse. In particolare ipotizzando una retribuzione annua di 20.000 euro, la differenza di incasso tra il Tfr in busta paga e la c.d. “buonuscita” è di 147 euro in favore di quest’ultima. Tale somma, in particolare, è data dagli elementi di cui sopra, cioè: 23 euro per la mancata rivalutazione ed i 124 euro restanti per la maggiore tassazione. È chiaro, quindi, che più alto è il reddito e più si accentua il gap di incasso fra la monetizzazione immediata e quella a fine rapporto. Per i redditi alti, pertanto, la scelta è tra prendere una parte subito o prendere un po' di più quando sarà il momento di incassare il Tfr. La scappatoia – Se il lavoratore intende fruire immediatamente del Tfr senza subire il prelievo fiscale ordinario, esiste un’espediente: è quella del comune accordo con l'azienda ovvero per acquisto o ristrutturazione dell'abitazione o per gravi motivi di salute per coprire spese mediche. In questo modo si può utilizzare fino al 75% del Tfr già versato, applicando la tassazione separata e non quella ordinaria. PAGINA 16 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 104 — OTTOBRE — 2014 RICHIESTA DI ACCESSO AGLI ATTI - AI FINI DELLA INTEGRAZIONE DEL DELITTO DI OMISSIONE DI ATTI D'UFFICIO, È IRRILEVANTE IL FORMARSI DEL SILENZIO-RIFIUTO ENTRO LA SCADENZA DEL TERMINE DI TRENTA GIORNI DALLA RICHIESTA DEL PRIVATO. CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE, 13/11/2013, N. 45629 Ne consegue che il "silenziorifiuto" deve considerarsi inadempimento e, quindi, come condotta omissiva richiesta per la configurazione della fattispecie incriminatrice. Il direttore generale di una Azienda Sanitaria, destinatario di una richiesta di accesso agli atti, ha omesso di rilasciare la documentazione relativa al conferimento dell'incarico di responsabile dell'U.O.S. di Medicina e Chirurgia d'urgenza e accettazione del P.O. e, nel riscontrare l’istanza avanzata dal medico interessato, non ha fornito alcuna risposta alla richiesta di accesso. Per tale comportamento e' stato indagato per il reato di omissione di atti d'ufficio. Il Giudice dell'Udienza Preliminare ha dichiarato il “non luogo a procedere” nei confronti del direttore generale perché' il fatto non sussiste, applicando una risalente giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui, in materia di richiesta di accesso ai documenti amministrativi, deve escludersi la configurabilità del reato di omissione di atti di ufficio se il pubblico ufficiale non compie l'atto richiesto e non risponde al richiedente, perché' con il silenzio-rifiuto, sia pure per una presunzione, si ha il compimento dell'atto e non si è in presenza di una situazione di inerzia della pubblica amministrazione. La Corte di Cassazione successivamente adita ha, invece, precisato che, ai fini della integrazione del delitto in esame, è irrilevante il formarsi del silenzio-rifiuto entro la scadenza del termine di trenta giorni dalla richiesta del privato e lo stesso deve considerarsi inadempimento, quindi, condotta omissiva sufficiente per la configurazione del reato contestato. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso proposto da: Procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Messina; nel procedimento penale nei confronti di: G.S.E., nato a (OMISSIS); contro la sentenza del Tribunale di Messina del 9/4/2013; - letti il ricorso e il provvedimento impugnato; - udita la relazione del cons. F. Ippolito; - udita la requisitoria del Pub- blico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale, Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso per l'annullamento con rinvio. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe indicata, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Messina dichiarò non luogo a procedere nei confronti di G.S.E. per omissione di atti d'ufficio di cui all'art. 328 c.p., perché il fatto non sussiste. 2. Al G. era stato contestato il delitto di cui all'art. 328 c.p., comma 2, perché, in qualità di direttore generale dell'A.S.P. di (OMISSIS), destinatario della richiesta di accesso agli atti, avanzata da C.P. con nota del 21.1.2010, aveva omesso di rilasciare al C. gli atti "relativi al conferimento dell'incarico di responsabile dell'U.O.S. di Medicina e Chirurgia d'urgenza e accettazione del P.O. di (OMISSIS) e all'eventuale conferma dello stesso", e nel riscontrare la predetta nota, con comunicazione del 10 marzo 2010, non aveva fornito alcuna risposta alla predetta richiesta di accesso. 3. Il giudice ha concluso ai sensi dell'art. 425 c.p.p., facendo applicazione di un risalente precedente di questa Corte, secondo cui in materia di richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 25, coincidendo il termine di trenta giorni dalla richiesta dell'interessato formulata ex art. 328 c.p., comma 2, con il termine per il maturarsi del silenzio rifiuto, deve escludersi la configurabilità del reato di omissione di atti di ufficio se il pubblico ufficiale non compie l'atto richiesto e non risponde al richiedente, perché con il silenzio -rifiuto, sia pure per una presunzione, si ha il compimento dell'atto e viene comunque a determinarsi una situazione che è concettualmente incompatibile Continua→→ →→ N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO con l'inerzia della pubblica amministrazione (Cass. sez. 6, n. 12977 del 06/10/1998, rv. 212311, Raimondi). 4. Ricorre per cassazione il Pubblico Ministero, che deduce, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 328 c.p., comma 2, e alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 25. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato. 2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, ai fini della integrazione del delitto di omissione di atti d'ufficio, è irrilevante il formarsi del silenzio-rifiuto entro la scadenza del termine di trenta giorni dalla richiesta del privato. Ne consegue che il "silenzio- rifiuto" deve considerarsi inadempimento e, quindi, come condotta omissiva richiesta per la configurazione della fattispecie incriminatrice (Cass. Sez. 6, n. 7348 del 24/11/2009, dep. 2010, Di Venere, rv. 246025; Sez. 6, n. 5691 del 06/04/2000, Scorsone, Rv. 217339). 3. L'unico contrario precedente, cui ha fatto riferimento il giudice di merito, non può essere condiviso in quanto sovrappone la questione del rimedio apprestato dall'ordinamento contro l'inerzia della pubblica amministrazione, consentendo con la finzione del silenzio-rifiuto che il cittadino possa procedere ad impugnazione, con la responsabilità penale del pubblico funzionario. Senza dire che, con l'esperibilità dei PAGINA 17 rimedi giurisdizionali avverso il silenzio-rifiuto, non si soddisfano neppure interamente le esigenze di tutela nei confronti della pubblica amministrazione (basti pensare al vizio di merito dell'atto amministrativo). 4. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio al tribunale di Messina, che dovrà procedere a nuova deliberazione sulla base del principio sopra enunciato. PQM la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuova deliberazione, al tribunale di Messina. Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2013. Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2013 LIBRETTO DI CIRCOLAZIONE: SCATTA L’OBBLIGO DI AGGIORNAMENTO DAL 3 NOVEMBRE PESANTI SANZIONI PER CHI NON È IN REGOLA MA L’OBBLIGO NON RIGUARDA TUTTI. A partire dal 3 novembre 2014 entrano in vigore le sanzioni in caso di mancato aggiornamento dei libretti di circolazione secondo quanto previsto dall’ultima riforma del codice della strada. Si tratta dell’obbligo di inviare alla Motorizzazione Civile specifiche comunicazioni finalizzate all’aggiornamento dell’Archivio Nazionale dei Veicoli nei seguenti casi: • se il veicolo rientra nella disponibilità per più di 30 giorni di un soggetto diverso dall’intestatario del libretto di circolazione. • in caso di variazione delle generalità della persona fisica intestataria che dovranno sempre coincidere con quanto riportato sulla patente di guida, vale a dire nome, cognome, data e luogo di nascita (ad esempio in caso variazioni toponomastiche del Comune di nascita). NOTA: per il cambio di residenza continua ad applicarsi la consueta procedura. in caso di variazione della denominazione dell’ente o della ragione sociale della società intestataria. Per sgombrare il campo da allarmismi che facilmente si diffondono in rete, è bene evidenziare che le nuove norme non riguardano i familiari dell’intestatario (purché conviventi) che potranno continuare ad utilizzare le auto in famiglia senza alcun obbligo di comunicazione o di aggiornamento del libretto di circolazione. Maggiori dettagli sulle fattispecie contemplate dalle nuove norme sono contenute nella circolare n. 15513 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che illustra nel dettaglio gli adempimenti per ottenere l’emissione dei tagliandi di aggiornamento dei libretti di circolazione nei vari casi previsti dalla legge, ossia: −Variazione delle generalità della persona fisica −Variazione della denominazione o ragione sociale dell’intestatario −Comodato −Comodato di veicoli aziendali −Custodia giudiziale −Locazione senza conducente −Intestazione di veicoli di proprietà di soggetti incapaci di agire −Utilizzo di veicoli da parte degli eredi. I soggetti tenuti alla registrazione sono in primo luogo coloro che utilizzano il mezzo (comodatari, locatari, ecc.), ma possono essere delegati all’adempimento anche i proprietari. Le sanzioni previste per chi non sarà trovato in regola sono pesanti e vanno dalla multa di 705 euro fino al ritiro della carta di circolazione. Ma anche qui è bene fare chiarezza. Continua→→ →→ PAGINA 18 SINDACATO– CULTURA—LAVORO Come espressamente riportato nella circolare, le sanzioni scattano solo per “atti posti in essere a decorrere dal 3 novembre” e quindi nessun “obbligo retroattivo”. Pertanto, chi utilizzava già un veicolo prima di tale data, anche se rientra nelle fattispecie contemplate dalle nuove disposizioni, non è tenuto all’aggiornamento, che rimane comunque possibile a discrezione dell’interessato. Ad esempio, per un’auto concessa a terzi con contratto di comodato stipulato prima del 3 novembre 2014 non sussiste l’obbligo di comunicazione. Stesso ragionamento per le variazioni di generalità o denominazione: l’obbligo scatta per tutte le variazioni che interverranno a partire dal 3 novembre 2014. Inoltre, in caso di comodato di veicoli aziendali, il nome di chi utilizza il veicolo deve essere comunicato alla Motorizzazione, ma non va registrato sul libretto di circolazione, né si deve tenere a bordo del veicolo alcun documento aggiuntivo comprovante l’avvenuta comunicazione del nominativo. Per quanto concerne le “flotte aziendali” si può inoltrare istanza cumulativa tramite un unico modello, pagando una sola imposta di bollo pari a 16 euro, ma tuttavia i libretti di circolazione dovranno essere aggiornati singolarmente versando i diritti (9 euro) per ciascun libretto. Nella circolare si precisa inoltre che, per il momento, le nuove disposizioni non si applicano ai veicoli utilizzati da soggetti che svolgono attività di autotrasporto in base a: - iscrizione al REN (Registro Elettronico Nazionale) o all’albo degli autotrasportatori, - licenza per il trasporto di cose in conto proprio, - autorizzazione al trasporto mediante autobus in uso pro- N. 104 — OTTOBRE — 2014 prio o autovetture in uso di terzi (taxi o autonoleggio con conducente). La norma era stata inizialmente prevista dall’ultima riforma del codice della strada (L.120/2010) che ha introdotto l’art. 94, demandando al successivo DPR n. 198/2012, in vigore dal 7/12/2012, la modifica del regolamento attuativo (nuovo articolo 247bis del c.d.s.). Le nuove disposizioni quindi erano già in vigore dal 7 dicembre 2012 ma la Motorizzazione ha richiesto un certo periodo di tempo per l’adeguamento delle procedure informatiche che è stato completato recentemente. Da precisare infine che la nuova normativa non contempla i casi di errata trascrizione di nominativi o ragioni sociali, per i quali è necessario sempre richiedere la ristampa completa del libretto di circolazione. N. 104 — OTTOBRE — 2014 SINDACATO– CULTURA—LAVORO PAGINA 19 LA PROGRESSIONE DI CARRIERA È DI COMPETENZA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO La progressione verticale da una categoria inferiore a una superiore, anche se nell’ambito della stessa area professionale, è materia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo. Così il giudice del Lavoro di Catania, Dott. Cupri, ha statuito in merito ad una controversia, seguita dagli avvocati Carmelo Giurdanella e Lucia Polizzi, riguardante la valutazione dei titoli all’interno una procedura selettiva interna bandita dall’Università di Catania per il passaggio alla categoria professionale cd. EP (Elevate Specifiche Tipologie Professionali) riservata al personale di ruolo in servizio presso l’Università di studi di Catania in possesso di determinati requisiti. Orbene, nonostante le difese del ricorrente volte a sostenere la cognizione del Giudice Ordinario in funzione di Giudice del Lavoro in materia di avanzamento interno nella stessa area professionale, il Decidente ha dichiarato il difetto di giurisdizione. La statuizione è in linea con quanto ritenuto da recentissime sentente del Giudice di Legittimità: “In tema di lavoro pubblico contrattualizzato, atteso che le procedure concorsuali ai fini dell’attribuzione alla giurisdizione amministrativa “ex” art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 comprendono anche quelle dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area funzionale superiore, con progressione verticale che consista nel passaggio ad una posizione fun- zionale qualitativamente diversa, e che, rispetto a tale passaggio, rilevano le previsioni della contrattazione collettiva, spetta al giudice amministrativo la controversia relativa al concorso per l’accesso a categoria superiore nell’ambito della stessa area relativamente al personale non docente del comparto Università, poiché il sistema di classificazione del relativo c.c.n.l. 9 agosto 2000 è articolato in categorie che si caratterizzano per il diverso grado di autonomia e responsabilità, mentre le aree contrassegnano i diversi campi di specializzazione trasversalmente alle categorie (Cass. S.U. 31/01/2008 n. 2288, richiamata in motivazione da Cass. S.U. 06/05/2013 N. 10409).” PAGINA 20 SINDACATO– CULTURA—LAVORO N. 104 — OTTOBRE — RUBRICA DI CINEMA E CULTURA VARIA CARRELLATA DAL FESTIVAL DI ROMA FORSE IN SALA Largo Baracche è il nome di una piazzetta di Napoli nei quartieri spagnoli e dà il titolo al documentario di Gaetano Di Vaio che ha vinto la sezione Prospettive Italia. Un film realizzato con il contributo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ‐ Direzione Generale per il Cinema di cui possiamo essere orgogliosi I quartieri spagnoli, come dice il loro nome, furono edificati durante l’occupazione spagnola di Napoli, nel XVII secolo, per ospitare le guardie che avrebbero dovuto controllare la popolazione e forse non a caso sono ora il quartier generale della camorra che ha l’uso di controllare il territorio. Gaetano Di Vaio, nei cui trascorsi ci sono alcuni anni di reclusione nel carcere di Poggioreale, segue con occhio attento e non invasivo, seppur caloroso, la vita e gli incontri di sette ragazzi che vivono nei quartieri spagnoli. Uno di loro è addirittura il figlio di un camorrista agli arresti domiciliari e descrive con contenuto dolore il suo desiderio di affetti familiari mancati e la difficoltà di comunicare con il padre. Preziosa e commovente la scena al mare, dove i due ragazzi, cercando di catturare un granchio, si confidano i loro tormenti amorosi e lo sfregiato, con tenerezza, rivela, pur essendo uno sciupa cuori, di non saper farsi avanti con una ragazza di cui è veramente innamorato per paura del rifiuto. Da non perdere è quest’opera cinematografica per profondità di messaggi, comunicati con scrittura lieve, e capacità di coinvolgimento dello spettatore. Per la sezione Gala, una selezione di grandi pellicole “popolari ma originali” della nuova stagione segnaliamo: BLACK AND WHITE di Mike Binder, Stati Uniti, con un Kevin Costner in piena forma e convincente, dove il titolo già preannuncia un problema di razzismo, ma maliziosamente occhieggia all’alcolismo del protagonista. BUONI A NULLA dell’ormai famoso Gianni Di Gregorio, con un cast eccezionale e perfetto: Gianni Di Gregorio, Marco Marzocca, Valentina Lodovini, Daniela Giordano, Gianfelice Imparato, Marco Messeri, Camilla Filippi e con la partecipa- zione di Anna Bonaiuto e quella ancora più straordinaria della plurinovantenne Giovanna Cau il più grande avvocato del cinema italiano. L’opera prima ESCOBAR: PARADISE LOST di Andrea di Stefano sul malavitoso colombiano Escobar, interpretato da un’irrinunciabile Benicio del Toro. STILL ALICE di Richard Glatzer che prendendo a pretesto l’Alzheimer indaga sulle famiglie americane e sulla famiglia tout court, con una Julianne Moore da premio Oscar. GONE GIRL dell’americano David Fincher, che si atteggia a novello Hitchcock e ci riesce benissimo; da non perdere: nonostante la nuova moda delle noiose pellicole interminabili, tiene desta l’attenzione per ben 145 minuti. Da segnalare in quanto premiati dal pubblico e realmente meritevoli: •Premio del Pubblico BNL | Cinema Italia (Fiction): Fino a qui tutto bene di Roan Johnson, una gentile, brillante commedia alla cui visione si ride intelligentemente, senza battute volgari e con argomenti sui quali ripensare. •Premio del Pubblico | Cinema Italia (Documentario): Looking for Kadija di Francesco G. Raganato, un pre-film girato in Eritrea, tratto da un’interessante storia vera e dal romanzo di Vittorio Segre La guerra privata del tenente Guillet. Da fare conoscere anche INDEX ZERO dell’italiano Lorenzo Sportiello che si è cimentato in un curato film di fantascienza, ambientato in una futuribile retriva Europa Unita da brividi, che scava dentro e fa pensare. Antonella D’Ambrosio