SINDACATO CULTURA LAVORO
NOTIZIARIO ON-LINE DI CARATTERE
GENERALE AD USO DEI QUADRI
SINDACALI
NUMERO CIV
OTTOBRE 2014
00186—ROMA Via del Collegio Romano, 27 Tel/Fax 06 67232348 Tel. 06 67232889 e-mail. [email protected] - www.unsabeniculturali.it
UNA RIFORMA CHE NON C’È
SENZA UNA CHIARA VISIONE DI NATURA CULTURALE, UNA
NUOVA RIORGANIZZAZIONE NON POTRÀ CHE TRADURSI
IN UNA DANZA DI POLTRONE, DIREZIONI, UFFICI.
Finalmente ci siamo: dopo mesi e
mesi di lavoro e dopo aver visto darsi
il cambio ai vertici
ministeriali con il
subentro dell’ On.
Dario Franceschini
al suo predecessore
Massimo Bray, sta
per diventare operativa l’ormai famosa
riforma
del
MiBACT.
Ciò dovrebbe accadere in tempi ormai
brevissimi, sembra
addirittura entro i
primi del mese di
novembre
2014,
dopo il passaggio
alla Corte dei Conti.
Fin qui è cronaca
ma, così com’è nel
nostro stile, vediamo se questa ennesima riforma era
veramente necessaria o se si tratta del
solito fumo negli
occhi per far vedere
che tutto cambia
mentre nulla cambia.
Dario Franceschini,
rispondendo il 22
ottobre scorso al
question time, appunto sulla riforma
del Mibact, approvata dal Consiglio
dei ministri del 29
agosto scorso ha
anche ribadito che
“il cuore della riforma è l’intervento
sulla
distinzione
fra tutela e valorizzazione”, con solo
la prima in testa
alle Soprintendenze
che non gestiranno
più i musei per i
quali ci sarà “una
filiera
distinta”,
mentre i maggiori
venti musei e siti
archeologici di interesse nazionale saranno “dotati di
piena
autonomia
gestionale e finanziaria con direttori
altamente specializzati e selezionati
con procedure pubbliche”
Detto questo, vediamo innanzitutto
se veramente si
sentiva la necessità
di un’ulteriore riforma di un dicastero più volte riformato, rimaneggiato, spesso quasi
violentato da governi e ministri che, a
volte solo per la-
sciare un segno indelebile del loro
passaggio, hanno
preferito fare riforme su riforme piuttosto che far funzionare l’ordinario.
Non
dimentichiamoci che il ministero voluto da Spadolini
aveva
una
struttura alquanto
snella, con poche
direzioni generali e
una struttura territoriale ancora gestibile e comprensibile nei ruoli e
competenze.
Le
innumerevoli
riforme,
invece,
hanno moltiplicato
Istituti e competenze, passando peraltro tramite l’esperienza dei dipartimenti salvo poi ripensarci e tornare
di nuovo da una
struttura
dipartimentale ad una
che vede al vertice
amministrativo un
Segretario Generale
e, a seguire, una
serie di direzioni
generali. Certo, soprattutto in quest’ultima riforma,
Continua→→
→→
Giuseppe Urbino Segretario Nazionale
Confsal-Unsa Beni Culturali
Sommario:
•I BENI CULTURALI IN ITALIA: UN
IMMENSO PATRIMONIO DA SALVAGUARDARE
3
•MUSEI
5
GRATIS NELLA
DOMENICA DEL MESE
PRIMA
•ANCHE
LA PRENOTAZIONE PER
VISITARE I MUSEI E’ GRATIS. NON
VA PAGATA!
•LUSTRINI E PAILLETTE
6
•LA
7
•LA VIA OBBLIGATA DEL GOVERNO
8
RISPOSTA ALLA SFIDA DI
RENZI LEGGE SULLA RAPPRESENTANZA SINDACALE
ATTUARE LE RIFORME PER SUPERARE LA CRISI
•REVISIONE
9
•RSU - MARZO 2015
10
•BANDO DI
11
•DA
12
CATASTO. ALTRE
TASSE SULLA PRIMA CASA?
CONCORSO PER DIRIGENTI: ILLEGITTIMA LA CLAUSOLE
CO NCOR SUALI CHE RI SERV A
ALL'AMMINISTRAZIONE LA FACOLTÀ DI SCEGLIERE UN CANDIDATO
DIVERSO DAL PRIMO
RISARCIRE IL LAVORATORE,
TANTO QUANTO DURA IL DEMANSIONAMENTO.
•LICENZIAM ENTO
LETTO E-MAIL
LAVORO
PER AVER
PERSONALI AL
•LEGGE DI STABILITÀ 2015
13
•INFORTUNI SUL LAVORO PREVEN-
14
ZIONE ANCHE PER I TERZI
•
15
PER RITARDO NEI PROCEDIMENTI
L’AMMINISTRAZIONE DEVE RISARCIRE
•TFR UN BUSTA PAGA.
•RICHIESTA
16
DI
ACCESSO
AGLI
ATTI
•LIBRETTO
17
•LA PROGRESSIONE DI CARRIERA
19
DI CIRCOLAZIONE:
OBBLIGO DI AGGIORNAMENTO DAL
3 NOVEMBRE PESANTI SANZIONI
È DI COMPETENZA DEL GIUDICE
AMMINISTRATIVO
•CARRELLATA
DAL FESTIVAL DI
ROMA FORSE IN SALA
20
PAGINA 2
le organizzazioni sindacali sono state ascoltate e tutti noi
abbiamo potuto fare le nostre
proposte ma, com’è fin troppo
evidente e comprensibile, la
definizione del tutto non è
certo opera di una trattativa
ma della volontà politica che
alla fine decide.
Peraltro era stata istituita
un’apposita commissione di
venti esperti, nominati dall’ex
ministro Massimo Bray il 9
agosto 2013 che aveva concluso i suoi lavori il 31 ottobre
2013.
Dopo una lunga serie di audizioni, la Commissione aveva
consegnato l’ampio documento che l’ex ministro Bray aveva condiviso e presentato alla
stampa agli inizi di novembre
2013 come base per la riforma.
Il testo presentato poi a gennaio 2014 dal Ministero è risultato però assai diverso,
nella sostanza, da quello delineato dalla Commissione. Coperto dalle critiche è stato
successivamente ritirato.
Inoltre non si è mai sviluppato un vero e proprio dibattito
pubblico sul prezioso, importante documento preparato
dalla Commissione Bray e
questo dipende anche dal fatto che pochi lo conoscono:
infatti, pur essendo un documento ufficiale, il Ministero
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
non l’ha mai pubblicato.
Peraltro, bisognerebbe affermare una volta per tutte che
un’ ennesima riorganizzazione
non possa essere realizzata
solo per rispetto della spending review, con una impostazione puramente amministrativa e burocratica, ma dovrebbe essere il risultato di un
progetto culturale, di una visione, di una idea di patrimonio.
Senza una chiara visione di
natura culturale, una nuova
riorganizzazione non potrà
che tradursi in una danza di
poltrone, direzioni, uffici.
Si tratta, in buona sostanza,
di un’operazione che non tocca ancora una volta i nodi
culturali, di metodo e politici
del ruolo e del valore del patrimonio culturale e paesaggistico nella società italiana.
In Italia ci sarebbe bisogno
una vera riforma, della tutela
e della valorizzazione del patrimonio culturale e per fare
questo non basta un DPCM.
Sarebbe necessaria una riforma in grado di dar vita a
strutture territoriali multidisciplinari, affermando finalmente una visione globale del
patrimonio culturale e paesaggistico, ponendo, in breve,
il paesaggio al centro dell’azione di tutela. Una vera riforma
che favorisca la collaborazione
N. 104 — OTTOBRE — 2014
tra Mibact e Università e che
dia garanzie al mondo del precariato dei beni culturali.
In buona sostanza, bisogna
avere il coraggio di un cambiamento serio e radicale che
al momento ancora non si vede.
Inoltre, da circa venti anni il
ricambio di risorse umane è
sostanzialmente bloccato e il
MiBACT conta su un personale attuale che è ormai prossimo al pensionamento. Questo
è un problema endemico in
tutta la pubblica amministrazione, ma che si fa ancor più
tragico, se si pensa che giovani leve vengono formate senza
aver poi un serio, concreto e
duraturo sbocco professionale.
A questa realtà, spesso non
voluta dal personale in servizio che, se ne avesse la possibilità (legge Fornero permettendo) , farebbe la scelta del
pensionamento, si contrappone quella di superburocrati
ormai pensionati da tempo
che direttamente o meno continuano a tenere in mano le
redini del comando ed influenzare in qualche modo la
politica ministeriale.
Più volte abbiamo infatti parlato di carrozzoni come Ales e
Arcus, società cosiddette “In
house” delle quali abbiamo
chiesto la soppressione salvaguardando naturalmente il
diritto al posto di lavoro dei
dipendenti che, a nostro avviso, potrebbero essere assorbiti dal MiBACT. Concludendo
questa lunga riflessione, possiamo affermare, se mai ce ne
fosse ancora bisogno, che il
MiBACT è forse uno tra i ministeri più interessanti che
abbiamo in Italia ma la strada
che sta percorrendo per essere al passo con i tempi è ancora lunga, tortuosa e irta di
spine.
Giuseppe Urbino
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 3
I BENI CULTURALI IN ITALIA:
UN IMMENSO PATRIMONIO DA SALVAGUARDARE TRA INFINITE RIFORME E RISCHIO ESTERNALIZZAZIONE
A ridosso dell’ennesima riforma
del Ministero dei Beni Culturali,
la cui denominazione come tutti
sappiamo è divenuta Ministero
dei Beni e delle Attività Culturali
e del Turismo, anche conosciuto
come MiBACT, si ritiene utile
fare il punto della situazione sulla tutela e valorizzazione dell’immenso patrimonio storico, artistico e archeologico di cui il nostro Paese può andare fiero.
Pur avendo accennato al
MiBACT, dobbiamo per forza di
cose ricordarci che non tutto il
patrimonio culturale italiano è di
diretta competenza statale.
Esistono infatti musei comunali,
altri privati, etc.
Infatti, non c’è luogo nel territorio italiano che non presenti bellezze degne di tutela.
Siti naturali, aree archeologiche,
edifici, piazze ed inoltre musei
ricchi di arte e di cultura che attirano turisti da tutto il mondo.
La vera ricchezza dell’Italia sta
proprio nella sua bellezza. Basta
fare un breve inventario di queste bellezze per capire quanto sia
unico al mondo, come già
nell’’800, da Goethe in poi, quando per la formazione dell’uomo
moderno si faceva il Grand Tour.
Secondo l’Unesco proprio nel nostro Paese è concentrato il maggior numero di Siti degni di tutela e per la precisione, da una stima aggiornata al 2014, ben 50,
contro i 47 della Cina, i 44 della
Spagna e i 39 della Francia.
Si va dai centri storici di Roma,
Napoli e Firenze, ai Sassi di Matera. Dalla villa romana di Piazza
Armerina, alla Basilica di Assisi.
Dalla laguna di Venezia alla città
ideale di Pienza.
Tra gli ultimi Siti segnalati
dall’Unesco come patrimonio
dell’umanità, ci sono le ville Medicee in Toscana, le Langhe piemontesi e il monte Etna in Sicilia.
In Italia si contano moltissime
aree archeologiche: famose sono
la Valle dei Templi di Agrigento,
le città di Pompei ed Ercolano, le
necropoli etrusche, i Nuraghi
sardi.
Del tutto particolari e di recente
istituzione, sono i parchi archeologici sottomarini. Qui, a ciò che
resta di una nave e del suo carico, si è aggiunto il lavoro compiuto nei secoli da molluschi,
alghe e dall’acqua del mare.
All’immenso patrimonio pubblico, va aggiunto quello privato:
magnifiche residenze ricche di
storia, testimoni di un passato
glorioso, non sempre aperte al
pubblico.
Vanno inoltre contabilizzati
nell’immenso patrimonio culturale italiano, tutti i beni custoditi
all’interno delle chiese e conventi.
Ma è’ vero che in Italia si trovano
i due terzi del patrimonio culturale e artistico del mondo? In
realtà è molto difficile dare una
risposta perché non esiste un
modo per calcolare e quantificare
la bellezza.
Quello che invece è vero è che in
Italia il patrimonio va dalla preistoria fino all’epoca moderna,
passando dall’età antica, al medioevo, al rinascimento e questo
è qualcosa di rarissimo, forse
unico e non solo: il nostro patrimonio è diffuso sul territorio nel
senso che ogni piccolo paese ha
la sua pinacoteca con i suoi capolavori.
Inoltre vi sono una quantità
enorme di opere che, fondamentalmente per mancanza di spazio, non vengono esposte e si trovano nei depositi.
Ad esempio nei musei capitolini,
per la precisione nei depositi
dell’antiquarium, edificio che
conservava tutti i reperti archeologici scoperti sotto il suolo di
Roma a partire dalla fine del
1800, e che nel 1939 sono stati
chiusi in casse e sono più di mille, perché non era più possibile
esporli in nessun museo per la
loro quantità.
Basti pensare che nel 2009 sono
stati trovati moltissimi oggetti di
uso comune nell'antica città
eterna, migliaia di lampade, ma
anche bronzi, avori, parti di affreschi e statue sigillate nel
1939.
Contengono straordinari reperti
trovati durante gli scavi voluti
dal fascismo e finalmente è stato
possibile inventariarle.
Ma qual è stata l'evoluzione del
concetto di bene culturale nella
legislazione italiana?
Già nella nostra Costituzione,
all’art. 9, troviamo scritto che "la
Repubblica promuove lo sviluppo
della cultura e della ricerca
scientifica e tecnica. Tutela e valorizza il patrimonio storico e artistico della nazione".
Nel successivo articolo 117 si
precisa la competenza dello Stato
e delle Regioni in materia di tutela e legislazione dei "beni culturali".
Inoltre una serie di norme si sono succedute nel tempo come la
legge 1º giugno 1939, n.1089
(Legge "Bottai"), che è rimasta
per lungo tempo il testo di riferimento per la tutela e la protezione dei beni culturali oppure la
legge n. 1497/39.
All’epoca però non si utilizzava
ancora il termine “Beni Culturali” che di contro iniziò a farsi
strada a partire dagli anni cinquanta e che, nel 1975 portò
all’istituzione del "Ministero per i
Beni Culturali e Ambientali" ad
opera del Senatore Giovanni
Spadolini, che ne fu anche il primo Ministro.
Senza dilungarci ulteriormente,
possiamo dire che tutto il resto è
storia alquanto recente: riforme
su riforme che hanno cambiato
radicalmente l’assetto di questo
Ministero fino ad arrivare ai giorni nostri dove, tra le tante competenze, si è unita quella riguardante il turismo.
L’UNSA – CONF.SAL Beni Culturali ha sempre manifestato forti
perplessità circa il continuo
Continua→→
→→
PAGINA 4
rimaneggiamento di questa materia e di questo Dicastero che è
divenuto con il tempo una sorta
di “ Reverendae Fabrica Sancti
Petri” ovvero una Fabbrica di
San Pietro che nel gergo romanesco sta a significare sostanzialmente un lavoro che si protrae
troppo a lungo e che di solito richiede soldi a non finire. Certo,
si potrà obiettare, il recente
DPCM di riorganizzazione del
MiBACT trae origine dalle politiche di spending review attuate
da ultimo con il decreto legge n.
66 del 2014, convertito nella legge n. 89 del 2014. Una riforma
annunciata, quindi, e per alcuni
versi passaggio obbligato dalla
vigente normativa ma non per
questo meno indolore delle precedenti e che, ancora una volta,
crea disorientamento tra gli addetti ai lavori e non solo. Ma al di
là di questo, ciò che è veramente
preoccupante è che si sta facendo strada una nuova visione di
valorizzazione del Beni Culturali,
ovvero quella che vede, come dicono alcuni addetti ai lavori, una
sinergia tra pubblico e privato.
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
Il rischio, ad avviso i questa Organizzazione Sindacale, è che
dietro questa elegante terminologia si nasconda in realtà un disegno politico che a lungo andare
potrebbe comportare il “Gettare
la spugna” delegando ai privati
ciò che è di competenza pubblica. Se è vero, come abbiamo visto, che secondo l'articolo 9 della
Costituzione italiana, "la Repubblica promuove lo sviluppo della
cultura e della ricerca scientifica
e tecnica. Tutela e valorizza il
patrimonio storico e artistico della nazione" è quindi vero che ben
difficilmente in tutto dovrebbe
entrare la competenza del privato. Tecnicamente si chiamano
“esternalizzazioni” ancor più conosciute
come
“outsourcing” (termine inglese che letteralmente significa "approvvigionamento esterno") e, a nostro parere, a lungo andare potrebbero comportare una sempre
minore fruibilità dei cittadini dei
Beni Culturali italiani ma, ancor
di più, è il messaggio negativo
che si trasmette all’opinione
pubblica: io Stato ammetto di
N. 104 — OTTOBRE — 2014
non essere in grado di far fronte
all’impegno costituzionalmente
riconosciuto e delego quindi
qualcun altro a svolgere tale
compito in mia vece.
Inoltre, come è ben comprensibile, mentre lo Stato deve avere il
primario compito di dare la possibilità ai propri cittadini di poter
fruire delle bellezze di cui il territorio italiano è pieno, senza per
questo arricchirsi, il privato non
può che vedere il tutto come un
nuovo “business” e arrivare pertanto, come spesso si sente dire,
a considerare il patrimonio culturale italiano alla stregua del
petrolio nostrano.
La cultura non si baratta per un
pugno di euro e già stiamo andando verso una direzione sbagliata. Basti pensare al recente
provvedimento voluto dall’attuale
Ministro Franceschini che ha
revocato la gratuità dell’ingresso
agli anziani (ovvero proprio quelle persone che avrebbero tempo
a disposizione per visitare i musei ma pochi soldi in quanto pensionati).
Certo, diciamola tutta, ad onor
del vero non tutto quello che si
sta facendo è da considerarsi
negativo come ad esempio la disposizione dell’ingresso gratuito
ogni prima domenica del mese a
monumenti, musei, gallerie, scavi archeologici, parchi e giardini
monumentali di proprietà statale
(iniziativa seguita anche da alcuni musei civici).
Così anche la famosa iniziativa
“Una notte al Museo”, che ha
ricevuto ampi consensi anche
perché ha dato la possibilità ad
una fascia di persone, perlopiù
giovani, di visitare un museo
piuttosto che altro durante l’uscita serale.
Questo per dire che non riteniamo tutto negativo ciò che è stato
fatto per le nostre bellezze ma
riteniamo che molto ancora si
potrà fare, soprattutto se si comincerà una buona volta ad
ascoltare chi può veramente dare
un contributo costruttivo, come
le parti sociali oppure gli addetti
ai lavori che, con una esperienza
ormai pluriennale, mettono al
servizio della collettività la propria esperienza e professionalità.
Stefano Innocentini
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 5
MUSEI GRATIS NELLA
PRIMA DOMENICA DEL MESE
Museo Nazionale del Bargello
A Firenze, anche il Museo Nazionale del Bargello a ingresso
libero, però solo dal 1° gennaio 2015. PERCHÉ ?
Invece, pare che il Museo di
San Marco (con i suoi bellissimi affreschi e tavole del Beato
Angelico e la maestosa Biblioteca con i suoi Codici miniati)
debba rimanere chiuso. PERCHÉ ?
Intervento chiarificatore della
nostra Segreteria Regionale
della Toscana per scongiurare
queste imposizioni a danno
dei visitatori della “Domenica
gratis al museo”, iniziativa
fortemente voluta dal Ministro
Franceschini ma opacizzata
dai suoi burocrati!
A PARTIRE dal 1 gennaio anche il Museo Nazionale del
Bargello sarà inserito nell'elenco dei musei con apertura
gratuita nella prima domenica
del mese, così come richiesto
dalla Direzione Generale per
la Valorizzazione del patrimonio culturale. Rispetto a questa “novità”, la segreteria regionale Confsal-Unsa Beni
culturali, ha chiesto alla
Dott.ssa Maria Buzzi, Direttore Generale per la Valorizzazione del Mibact, «perché è
stata inoltrata la richiesta solo per il Museo Nazionale del
Bargello e non anche per il
Museo di San Marco, data
l'importanza e l'alto contenuto
pittorico ed architettonico di
quest'ultimo museo».
Domanda inoltre perché l'apertura della prima domenica
del mese viene fatta partire
dal 1° gennaio 2015 e non dal
1° novembre 2014. «Per caso –
viene sottolineato nella nota -,
si vuole arrivare ad aprire con
"straordinario" super pagato
con fondi in uso dal concessionario solo per "certi" custodi coinvolti?»
Learco Nencetti
ANCHE LA PRENOTAZIONE PER VISITARE I
MUSEI GRATIS NELLA “PRIMA DOMENICA
DEL MESE” E’ GRATIS. NON VA PAGATA!
Arriva la buona notizia di
un risparmio per tutti coloro che vorranno usufruire
dell'iniziativa dei musei gra-
tis una domenica al mese,
voluta dal ministro del
Mibact.
Alcuni musei, fa intendere la
circolare della Direzione Generale per la Valorizzazione
(n. 34) nella loro apertura della prima domenica del mese
facevano pagare la prenotazione a coloro che preferivano
evitare la fila. Ma una specifica Circolare ministeriale – la
n. 34 del 17 ottobre 2014 –
specifica che «al fine di evitare
disomogeneità di comportamenti sul territorio e contestualmente disagi per l'utenza, su indicazione dell'onorevole ministro, si ritiene opportuno che nelle predette giornate la prenotazione delle visite venga assicurata a titolo
gratuito».
Learco Nencetti
PAGINA 6
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 104 — OTTOBRE — 2014
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
LUSTRINI E PAILLETTE
"Riapre la Domus Aurea! " Questo e' quello che si sente vociferare da qualche giorno. Già.
Poiché a tutt'oggi da parte della
SSBAR e dei dirigenti locali non
c'e' stato nulla di ufficiale, ma
solo un passaparola, un brusio
quasi in sordina e quel che e'
peggio non solo per i "non addetti
ai lavori", ma anche per il personale del sito che vi opera ormai
da anni. Ne' un incontro con il
personale per poter illustrare l'eventuale progetto e lo stato di
REALE AGIBILITA' (sono visite di
cantiere) e quindi le necessarie
misure organizzative per tale tipo
di evento, il quale, e' doveroso
ricordare, avverrà in un sito archeologico chiuso da quasi dieci
anni e che ha subito numerosi
crolli, anche con il pubblico dentro. Dove il personale ASV e'
composto di sole sette unità,
suddivise in due-tre unità per
ogni turno. Viceversa, si assiste
in questi giorni a numerose riprese televisive presso il sito in
oggetto e anche a delle interviste
ai funzionari locali. Ennesima
contraddizione.
Soprattutto
quando in passato tali tipi di interventi, considerata l'esiguità'
del personale ASV in loco, veniva
pagato in conto terzi, al fine di
poter sopperire ai carichi di lavo-
ro, ma ora stranamente eluse,
nonostante vi sia stata un'interrogazione in merito da parte del
sindacato UNSA. Nessuno risponde, nessuno cerca di chiarire. Tutto permane avvolto in una
sordida ambiguità. Pertanto, il
personale ASV del sito ripropone
con maggior fermezza, anche in
considerazione delle sue peculiari responsabilità i seguenti quesiti ai dirigenti della SSBAR :
1)Convocare nell'immediato un
incontro con TUTTO IL PERSONALE ASV del sito e non come
ora, parlare alla spicciolata con
chi capita;
2) Illustrare e definire NERO SU
BIANCO, cioè tramite UN VERBALE O DISPOSIZIONI DI SERVIZIO l'esatto itinerario di fruibilità al pubblico e la disciplina dei
flussi, considerando la situazione
climatica interna al sito e la sua
tollerabilità, nonché i percorsi e i
deflussi in sicurezza;
3) I responsabili del sito, prevedendo le aperture al pubblico nei
giorni festivi, hanno predisposto
delle unità tecniche di pronto
intervento, considerato che in
passato sono avvenuti numerosi
black-out o situazioni di emergenza, a rischio di incolumità,
non solo per il pubblico, ma anche per il personale ASV che vi
opera?
4) Definire ufficialmente gli orari
di apertura e di chiusura al pubblico, considerando l'ubicazione
del sito, posto all'interno di un
parco e noto per l'alta incidenza
di illegalità e di criminalità che
opera intorno ad esso e quindi,
per la sicurezza di TUTTI.
5)Attualmente nei giorni festivi
all'interno della Domus non opera il servizio di pulizie ordinarie.
E' stato previsto, in previsione
dell'apertura al pubblico, un potenziamento del servizio di pulizie?
6) Attualmente la Domus Aurea è
un cantiere a cielo aperto, con i
giardini interni inadeguati ad
ospitare il pubblico. E' stato previsto dove dovranno stazionare
prima della visita, evitando dispersioni e rischi per l'incolumità
per il pubblico?
7) E' stato definito il "modus
agendi" per il personale ASV in
caso di gravi emergenze e soprattutto, memori dell'esperienza
passata, la presenza dei funzionari responsabili, come referenti
per qualsiasi tipo di evenienza,
considerando che il tutto avverrà
nei giorni festivi?
8) Perché c'e' un ambiguo silenzio da parte dei dirigenti della
SSBAR, nel voler chiarire e definire il coinvolgimento del personale ASV in eventi o situazioni
che anche in passato prevedevano l'operatività in regime di conto
terzi, a maggior ragione dove in
altri siti tali tipi di eventi vengono regolarmente stipulati da parte della soprintendenza? Fino ad
ora invece, solo un rimpallo di
responsabilità e quel che e' peggio, tramite dei "mormorii" sotto
voce.
Concludendo: se l' Amministrazione SSBAR risponderà ai suddetti interrogativi e in tempo utile, posti nell' interesse generale,
allora forse si potrà stare TUTTI
(lavoratori e visitatori) un po'
tranquilli.
I Lavoratori della SSBAR
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 7
NOTIZIE DALLA CONFEDERAZIONE CONFSAL
LA RISPOSTA ALLA SFIDA DI RENZI
LEGGE SULLA RAPPRESENTANZA SINDACALE
POTENZIAMENTO DELLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA
LA CONFSAL NEL MERITO SOLLECITA
UN CONFRONTO A PALAZZO CHIGI
In questi ultimi giorni, il premier Renzi ha dichiarato di voler aprire un confronto con le
confederazioni sindacali sulla
legge per la rappresentanza
sindacale e sul potenziamento
della contrattazione di secondo
livello. Due annose questioni
che finora non hanno visto concordi le maggiori confederazioni
sindacali. La Confsal auspica
l’immediata apertura di un tavolo di confronto fra Governo e
Parti Sociali (tutti i soggetti
rappresentativi sindacali e datoriali) per affrontare le due
questioni politico-sindacali.
La Confsal, quale soggetto sindacale autonomo, largamente
rappresentativo dei lavoratori
italiani del privato e pubblico
impiego e quale soggetto generale delle politiche del lavoro e
del welfare, portatore di concrete proposte in merito alle due
questioni, coglie la “sfida” del
Presidente del Consiglio e si
dichiara pronta a portare il suo
responsabile contributo.
La Confsal, a sua volta, “sfida”
il
premier
Renzi
sulla
“legittima” tenuta delle relazioni
sindacali e in particolare sul
metodo dell’inclusione, secondo
criteri oggettivi - utilizzando i
dati Cnel e Inps - di tutte le organizzazioni sindacali rappresentative. Ci permettiamo di
ricordare al Presidente del Consiglio che il peggiore atteggiamento “ideologico” è costituito
dal mancato ascolto o peggio
dall’esclusione immotivata di
soggetti legittimati da un tavolo
di confronto fra Istituzioni e
Parti Sociali.
Pertanto, la Confsal chiede la
parità di trattamento con le altre confederazioni sindacali
rappresentative e non vorrebbe
registrare un ulteriore grave
esclusione, che a questo punto
avrebbe il significato di una
inaccettabile discriminazione.
Tornando al tema della legge
sulla rappresentanza, finora
sostenuta con convinzione da
Cgil e Confsal, riteniamo che,
per il buon esito della via legislativa possa essere fondamentale e funzionale il Testo Unico
sulla rappresentanza sindacale
sottoscritto il 10 gennaio 2014
da Confindustria e da tutte le
maggiori confederazioni sindacali, inclusa la Confsal.
Infatti, nell’accordo si stabilisce, tra l’altro, che la rappresentatività di ciascun sindacato
si calcola in base alla media
percentuale fra il numero degli
iscritti e i voti riportati alle elezioni delle RSU.
La soglia del 5% consente la
partecipazione ai negoziati e
l’eventuale sottoscrizione dei
contratti. Il contratto nazionale
è ritenuto valido ed esigibile
erga omnes se sottoscritto dal
50%+1 della rappresentanza
sindacale. C’è anche da considerare che la questione della
rappresentanza e rappresentatività sindacale è legata al potenziamento della contrattazione decentrata secondo l’Accordo Interconfederale fra Confindustria e Sindacati rappresentativi, inclusa la Confsal, del 28
giugno 2011, recepito nel recente Testo Unico sulla rappresentanza.
La Confsal ritiene che l’iniziativa del Premier possa rendere
possibile il varo di una leggequadro sulla rappresentanza e
rappresentatività sindacale al
fine di costruire un sistema
universale e omogeneo di relazioni industriali, basato sulla
certezza della titolarità dei soggetti per l’accesso ai negoziati e
per la sottoscrizione dei contratti, nonché sulla cogenza
delle norme contrattuali e privatistiche.
La Confsal, inoltre, sostiene
che sia possibile una mediazione fra le diverse proposte delle
parti sociali sul potenziamento
della contrattazione di secondo
livello. Si tratta di affrontare e
risolvere la questione centrale
del rapporto fra la normativa
contrattuale nazionale e quella
decentrata, prevedendo la materia negoziale dei due livelli ed
eventuali specifiche deroghe.
Nei prossimi giorni potremo verificare se il Premier Renzi alla
“sfida annunciata” farà seguire
l’apertura di un tavolo a Palazzo Chigi di autentico e franco
confronto sui due temi che riguardano la democrazia economica e il pluralismo sindacale,
due questioni centrali di rango
costituzionale. Infine, colgo
l’occasione per annunciare la
convocazione
del
prossimo
Consiglio
Generale
della
Confsal che si terrà nei giorni
22-23-24 ottobre p. v. sul tema
“La legittima aspettativa dei
cittadini e dei lavoratori italiani: dal riformismo annunciato
alle “buone” riforme.
Marco Paolo Nigi
PAGINA 8
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 104 — OTTOBRE — 2014
LA VIA OBBLIGATA DEL GOVERNO
ATTUARE LE RIFORME PER SUPERARE LA CRISI
PER TRASFORMARE L’ITALIA IN UN PAESE NORMALE ECONOMICAMENTE COMPETITIVO
Le dinamiche sociali e l’andamento dell’economia del nostro
Paese richiedono certamente
riforme strutturali che dovranno interessare le frontiere della
civiltà e della cultura, quali l’istruzione, la salute, la sicurezza, la giustizia e la legalità complessiva, nonché i settori strategici dell’economia e della finanza pubblica e privata.
Le riforme devono trovare fondamento nella centralità del cittadino e della famiglia nella società civile e del lavoratore e
dell’impresa nell’economia regolare.
Se tutto questo è vero, la politica deve recuperare la dimensione etica e le Istituzioni della Repubblica sono obbligate a dotarsi di moderne strutture funzionali allo sviluppo civile, culturale, sociale ed economico.
In sintesi, l’impegno politico è
quello di rendere l’Italia un Paese “normale”, socialmente giusto ed economicamente competitivo, attraverso un progetto
politico, organico e coerente di
riforme strutturali correttamente connesse.
Tutto questo si può realizzare
con un progetto politico che si
fondi su un sistema di valori
condivisi e preveda obiettivi
concreti e percorsi compatibili.
Il progetto non può prescindere
dalle dinamiche politiche relative al processo d’integrazione
europea e dall’attuazione più o
meno flessibile dei Patti fiscali
vigenti nell’Ue e nell’Eurozona.
D’altra parte, è storicamente
provato che le grandi riforme
strutturali non si possono realizzare in assenza di un organico progetto politico verificato
nella sua fattibilità, della necessaria stabilità politica delle Istituzioni, di un buon livello di
condivisione sociale, nonché di
una finanza pubblica legale e di
un equilibrato rigore nella tenuta dei conti pubblici.
negli ultimi anni è stato anche
dimostrato che un progetto politico di riforme strutturali non si
può realizzare adottando, con la
discutibile motivazione dell’emergenza, il metodo drastico del
“fare cassa” con tagli lineari,
irrazionali e iniqui.
Il governo deve effettivamente
farsi carico della vera svolta politica, quella dei fatti concreti e
degli atti legislativi e amministrativi puntuali e corretti, come
deve abbandonare la sterile
strada delle grandi riforme annunciate e finora disattese, della discutibile, immotivata decretazione d’urgenza.
Non si può annunciare la riforma della P.A. con il ricambio
generazionale e poi emanare un
Decreto, come il n. 90/2014, la
cui previsione disattende gli
stessi intenti governativi e soprattutto le attese dei cittadini e
penalizza ulteriormente i
lavoratori pubblici, con norme
la cui materia non presenta i
caratteri dell’urgenza.
Non è così che si dimostra di
possedere un chiaro progetto
politico e di adottare il metodo
corretto del reale coinvolgimento dei cittadini e dei lavoratori,
al di là della consultazione online che ha visto coinvolto un
universo scarsamente rappresentativo. È nelle nostre legittime aspettative che il governo
Renzi esprima finalmente quella
progettualità indispensabile per
fare uscire effettivamente il Paese dalla crisi economica e occupazionale e realizzi così le riforme strutturali con la dovuta
coerenza politica.
Infatti, se si vuole far ripartire
l’economia e incidere positivamente sul trend occupazionale
non si può sperare nel miracolo
della comunicazione, al contrario si rende indispensabile sollevare concretamente lavoratori,
pensionati e imprese dall’oppressione fiscale;
•perseguire gli sprechi e le ruberie della politica;
•rendere ragionevolmente flessibile il sistema previdenziale;
•sbloccare il rinnovo dei contratti e del turnover nel pubblico
impiego.
L’aumento del potere di acquisto dei lavoratori, dei pensionati
e delle famiglie e la maggiore
capacità di investimento di capitali propri e di terzi delle imprese non si determinano se
non si rinnovano i contratti di
lavoro, non si riduce la pressione fiscale sul lavoro, sulla produzione e sul piccolo risparmio
e non si riconsidera la pesante e
ormai insostenibile tassazione
sulla casa.
Tutto questo può essere compatibile finanziariamente se si realizza nell’ambito di un progetto
politico etico, equo e condiviso.
In conclusione, per il governo la
via obbligata delle grandi riforme non può prescindere dalla
progettualità,
dall’organicità,
dalla connettività e dalla condivisione per un’efficace attuazione delle stesse. Al di fuori di
questa prospettiva l’Esecutivo
guidato da Matteo Renzi correrebbe il rischio reale di non incidere più di tanto sulle annose
questioni economiche, sociali e
culturali del Paese e di non realizzare “la svolta delle riforme”,
la sola che può cambiare la storia dell’Italia.
Marco Paolo Nigi
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 9
LA “MAZZATA”
REVISIONE CATASTO.
ALTRE TASSE SULLA PRIMA CASA?
Dal 2011 triplicata l’imposizione
fiscale nel prossimo anno, ma
con probabile slittamento al
2016 o 2017, dovrebbe concludersi l’operazione di revisione
del catasto che, al momento, è
in fase avanzata. Interesserà la
quasi totalità delle locazioni,
circa 63 milioni di edifici tra case di abitazione, uffici, stabilimenti industriali e
balneari,
alberghi, magazzini e quant’altro. Una riforma del settore immobiliare in tale direzione è stata più volte auspicata e sollecitata anche da parte dell’Unione
Europea perché tra vecchi e più
recenti accatastamenti vi sono
discrasie e squilibri tali che fanno sì che un appartamento di
pregio posto nel centro storico
di una città venga tassato
60/70 volte meno di un appartamento di tipo economico di
eguali dimensioni posto in una
zona periferica. Si tratta di immobili classificati come popolari
o civili che, con l’estendersi della città, si sono venuti a trovare
col tempo al centro della stessa
acquistando sempre più valore
ma mantenendo la stessa rendita catastale risalente anche ai
primi anni del secolo scorso.
Per converso le locazioni accatastate negli ultimi cinquant’anni
hanno una rendita catastale
aggiornata in base alla quale il
fisco adegua la tassazione. E
specialmente per i locali posti
anche alle estreme periferie delle città, quelli di minor costo per
il cui acquisto le famiglie in genere di modeste condizioni economiche
hanno
sacrificato
un’intera vita di lavoro, la tassazione è tale da essere spesso
insopportabile. È chiaro che
una situazione del genere non
può che provocare l’indignazione e il risentimento di tutti coloro che subiscono una simile situazione di disparità anche perché in genere i fortunati possessori degli immobili posti nelle
zone centrali delle città sono
ormai di proprietà di facoltosi
personaggi
appartenenti
al
mondo dell’industria, del commercio e della politica.
Ben venga dunque una riforma
del catasto che rimetta le cose a
posto all’insegna dell’equità e
della giustizia fiscale. Ma un
intervento di tal fatta in campo
immobiliare presenta rischi ed
incognite da non sottovalutare.
Prioritariamente è necessario
tener conto delle costanti pretese della politica di far cassa
sempre e comunque anche
quando così facendo si ledono i
diritti dei più deboli. C’è la probabilità assai concreta, infatti,
che come verificatosi più volte
in passato, invece che riequilibrare una situazione di disparità intollerabile, la politica miri
esclusivamente a spremere i
contribuenti indipendentemente
dalla loro condizione economica
e sociale per far cassa a tutti
costi.
Vi è poi il caso abbastanza frequente di persone di modesta
condizione economica che abitano locali siti in zone centrali
ereditati da generazioni che si
troverebbero di fronte ad incrementi fiscali pari anche a cento
volte di più di quanto pagano al
fisco oggi. nel qual caso non resterebbe loro che cercare di vendere un immobile dai costi eccessivi e quindi impossibile da
mantenere. E qui la speculazione si scatenerebbe indisturbata
data la quantità degli immobili
che verrebbe messa sul mercato. Infine bisogna anche tenere
presente che dal 2011 ad oggi le
imposizioni fiscali sulla casa
sono semplicemente triplicate
grazie a quel principe delle tasse
che è stato l’ex premier Monti e
che un altro aumento, se generalizzato, non solo getterebbe
sul lastrico milioni di famiglie
ma finirebbe per affossare definitivamente un mercato immo-
biliare già in profonda crisi dal
momento che gli immobili invenduti che sono già moltissimi
aumenterebbero a dismisura
provocando il blocco totale del
settore. Pesantissime le ripercussioni sul settore edilizio che,
esauritasi anche la richiesta di
seconde case destinate ad investimento e ormai non più redditizie, sarebbe oggetto di un crollo totale.
Catastrofiche le conseguenze.
Centinaia di migliaia di disoccupati non solo tra i lavoratori del
settore ma anche tra quelli del
gigantesco indotto, con punti di
Pil perduti ed economia della
nazione sempre più depressa.
La riforma del catasto, quindi,
potrebbe rappresentare un problema piuttosto complesso perché nelle sue linee generali non
potrà in alcun modo tener conto
di situazioni particolari ma dovrà necessariamente prendere
in considerazione la classificazione di tutto il settore edilizio
su scala nazionale valutando in
maniera esclusivamente aritmetica. Di qui la necessità che gli
opportuni correttivi vengano
presi, sia pure in via transitoria,
dai Comuni cui spetterà il difficile compito di valutare assai
spesso caso per caso.
Ed infine rimettere ordine nel
catasto edilizio non significa per
forza aumentare le rendite comunque sia pure in maniera
differenziata solo per impinguare l’erario. Significa principalmente operare all’insegna della
giustizia sociale ovvero riducendo le rendite catastali spesso
eccessive attribuite ai locali di
più recente edificazione e rivalutando le rendite obsolete. Diversamente sarebbe la solita
“mazzata” lineare destinata a
calare impietosamente sulla
parte più debole della popolazione.
F.D.L
PAGINA 10
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 104 — OTTOBRE — 2014
NOTIZIE DALLA FEDERAZIONE CONFSAL-UNSA
RSU - MARZO 2015
In data 28 ottobre 2014,
è stato definito all’Aran il
protocollo sulle procedure di rinnovo delle RSU.
Tutti siamo consapevoli
dell’importanza vitale che
rivestono queste elezioni
per la nostra Federazione. Esse rappresentano
l’occasione per confermare e rafforzare il proprio
ruolo di soggetto sindacale di rilievo nazionale.
Dobbiamo pertanto già
da ora convogliare tutte
le nostre personali risorse, di energia, tempo e
passione, per dar corso
ad una campagna elettorale capace di portare
all’UNSA quei successi in
termini di voti capaci di
tradurre ciò che sul piano politico e mediatico la
nostra organizzazione è
stata capace di realizzare
in questi anni.
La Segreteria generale
della Federazione UnsaConfsal, dal canto suo,
fornirà a tutti i suoi responsabili sindacali il
massimo sostegno e per
questo sta già predisponendo
l’aggiornamento
della modulistica, del vademecum, dei dati e dei
riferimenti dei responsabili sindacali dei Coordinamenti che verranno
forniti nelle prossime settimane.
Parte quindi, una nuova
sfida. Non possiamo af-
frontarla come se fosse
routine. Non possiamo
affrontarla come se fosse
una cosa scontata o una
incombenza in più che
sarebbe stato meglio evitare. Va affrontata come
un momento storico. Il
risultato che verrà fuori
dalle elezioni RSU condizionerà la nostra azione
politica per i prossimi anni perché sarà la misura
del peso politico e del
consenso tra i lavoratori
che questa Federazione è
riuscita a costruire.
Rinnovo pertanto l’invito
a tutti Voi, di considerare
prioritarie tutte le attività
connesse con le elezioni
RSU, mediante la sensibilizzazione dei colleghi e
la diffusione delle iniziative realizzate dall’UNSA
per difendere i diritti dei
lavoratori, che vanno da
azioni giudiziarie arrivate
anche alla Corte Costituzionale (2,50% e blocco
stipendi) a manifestazioni
nazionali.
Coraggio. Le sfide grandi
sono avvincenti. E se
l’UNSA
vuole
essere
grande,
deve
vincere
grandi sfide.
Al lavoro.
Massimo Battaglia
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 11
RACCOLTA INFORMATIVA GIURIDICA—LEGALE
In questa rubrica pubblichiamo gli articoli che rivestono particolare importanza, per il loro
contenuto giuridico-legale a cura di M. Antonietta Petrocelli
BANDO DI CONCORSO PER DIRIGENTI: ILLEGITTIMA LA
CLAUSOLE CONCORSUALI CHE RISERVA
ALL'AMMINISTRAZIONE LA FACOLTÀ DI SCEGLIERE UN
CANDIDATO DIVERSO DAL PRIMO CLASSIFICATO
Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza n. 20735 del
1 Ottobre 2014.
Quali limiti incontra la pubblica
amministrazione, in sede di emanazione di bando concernente
concorso finalizzato al reclutamento di pubblici impiegati e figure dirigenziali, nella scelta del
candidato da ritenersi idoneo?
Nel caso di specie la Suprema
corte ha sottolineato come sia
illegittima la clausola concorsuale che riserva all'amministrazione
la facoltà di procedere alla scelta,
non ragionevolmente giustificata,
di candidato diverso rispetto al
primo classificato, oppure di non
procedere affatto alla nomina.
La sentenza in oggetto mette in
evidenza la natura ambivalente
del bando di concorso pubblico,
che da un lato è un provvedimento amministrativo e dall'altro
è un atto negoziale.
Nel primo caso, la pubblica amministrazione è vincolata al perseguimento dell'interesse pubblico primario insito nel bando
stesso, e cioè la copertura di determinati posti al fine del buon
andamento dell'azione amministrativa, non potendosi la stessa
trasformare in mera attività di
verifica di idoneità professionale
relativa ad assunzioni future ed
incerte; nel secondo caso, la
clausola, presente nel bando impugnato, di subordinare l'obbligo
di assunzione alla mera volontà
dell'amministrazione è da dichiararsi nulla ex art. 1355 codice
civile (condizione meramente potestativa).
L'inserimento di tale clausola in
un bando di concorso integra
dunque arbitrio da parte del potere pubblico procedente, quindi
eccesso di potere del relativo
provvedimento conclusivo del
procedimento.
In capo al soggetto giunto primo
in graduatoria, dichiarata la nullità di tale clausola, viene dunque a perfezionarsi in tal modo
un vero e proprio diritto soggettivo, non altrimenti comprimibile.
PAGINA 12
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 104 — OTTOBRE — 2014
DA RISARCIRE IL LAVORATORE, TANTO QUANTO DURA IL DEMANSIONAMENTO.
Sentenza della Corte di Cassazione n. 18965/2014
E’ quanto emerge dalla sentenza
n. 18965 della Corte di Cassazione, depositata il 9 settembre
2014.
Il caso. I Giudici di primo grado
accoglievano la richiesta risarcitoria per danni alla professionalità della lavoratrice per essere
stata dequalificata e quantificavano equitativamente il risarcimento nella misura della metà
delle retribuzioni ricevute per le
giornate di effettiva attività durante il periodo del demansionamento. La Corte d’appello confermava la determinazione equitativa del risarcimento del danno
subito dalla lavoratrice per essere stata adibita a mansioni dequalificate rispetto al grado rivestito ed alla professionalità raggiunta.
La società, datrice di lavoro, ri-
correva in Cassazione censurando l’impugnata sentenza per aver
taciuto del tutto sui parametri in
base ai quali aveva operato la
liquidazione equitativa.
Da indicare i criteri seguiti
per determinare il risarcimento. Il motivo è infondato. E’ pacifico in sede di legittimità che
«qualora proceda alla liquidazione del danno in via equitativa, il
giudice di merito, affinché la sua
decisione non presenti i connotati dell’arbitrarietà, deve indicare i
criteri seguiti per determinare
l’entità del risarcimento, risultando il suo potere discrezionale
sottratto a qualsiasi sindacato in
sede di legittimità solo allorché si
dia conto che sono stati considerati i dati di fatto acquisiti al processo come fattori costitutivi
dell’ammontare dei danni liqui-
dati»
(Cass., n 8213/2013).
E’ equo il risarcimento riferito
alle sole giornate dedicate alle mansioni dequalificanti. Nel
caso in esame, la Corte d’appello,
nel confermare la pronuncia di
primo grado, ha correttamente
affermato che «considerato anche
che il demansionamento si è perpetuato per meno di sei mesi,
appare rispondente ad equità
ritenere che il suo bagaglio professionale sia stato compromesso
solo durante la poche giornate in
cui la lavoratrice si è dedicata
alle nuove mansioni che, peraltro, non richiedevano alcun impegno e non la occupavano per
tutte le ore di lavoro ».
Alla stregua di quanto affermato,
la Corte Suprema rigetta il ricorso.
SUL LICENZIAMENTO PER AVER LETTO E-MAIL PERSONALI
AL LAVORO LA CASSAZIONE RESPINGE IL RICORSO DELLA SOCIETA’
La Corte di cassazione, con sentenza n. 6222 del 18 marzo
2014, ha affermato che "il datore
di lavoro non può irrogare
un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca
una sanzione più grave di quella
prevista dal contratto collettivo
applicabile in relazione ad una
determinata infrazione."
Nel caso di specie un lavoratore
impugnava
il licenziamento disciplinare intimatogli, dopo una sospensione
cautelare, a seguito di contestazione disciplinare con l'addebito
di uso improprio di strumenti di
lavoro e in particolare del P.C.
affidatogli, delle reti informatiche
aziendali e della casella di posta
elettronica.
Deduceva la nullità della sanzione, chiedendo la reintegrazione
nel posto di lavoro e il risarcimento del danno; il Tribunale
adito accoglieva la domanda e la
Corte di Appello confermava tale
decisione, rilevando che il fatto
contestato corrispondeva alla
fattispecie disciplinare prevista
dal contratto collettivo applicabile, ove è stabilita solo una sanzione conservativa per l'infrazione consistente nell'utilizzazione
"in modo improprio di strumenti
di lavoro aziendali".
La Società datrice di lavoro ricorre in Cassazione richiamando il
contenuto
della
lettera
(riprodotta nel ricorso) di comunicazione dell'addebito di "uso
improprio da parte sua di strumenti di lavoro aziendali e, nella
specie, del P.C. a lei affidato, delle reti informatiche aziendali e
della casella di posta elettronica".
In tale comunicazione si rendeva
noto l'accertamento di esistenza
nel PC affidato al dipendente di
"programmi coperti da copyright
non forniti dall'azienda e non necessari" per lo svolgimento di attività; di installazione nello stesso PC, oltre ai programmi in dotazione, di "software diversi non
forniti dall'azienda e non necessari; dell'avvenuta utilizzazione
per innumerevoli volte durante
l'orario lavorativo della casella di
posta elettronica di dominio
aziendale per scopi personali non
giustificati, "eludendo le chiare
informative e molteplici preavvisi
effettuati dall'azienda".
La Suprema Corte, respingendo
il ricorso dell'Azienda, ha precisato che "la valutazione della
gravità dell'inadempimento dal
lavoratore e dell'adeguatezza della sanzione attiene a questioni di
merito che, ove risolte dal giudice
di merito con apprezzamento in
fatto adeguatamente giustificato
con motivazione sufficiente e non
contraddittoria, si sottraggono al
riesame in sede di legittimità. (...)
Nella specie, le critiche formulate
dalla società ricorrente rilevano
sotto il profilo del denunciato
vizio di motivazione della sentenza in ordine a tale valutazione di
gravità dell'inadempimento contrattuale, che il giudice dell'appello ha accertato affermando la
rilevanza disciplinare del comportamento del dipendente. La
censura investe peraltro gli stessi
fatti già considerati dalla corte
territoriale (...) e non indica quindi punti decisivi di cui sia stato
trascurato l'esame.".
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 13
LEGGE DI STABILITÀ 2015: I CONTENUTI IN BREVE.
Approvata il 15 ottobre scorso
dal Consiglio dei Ministri, la
legge di stabilità 2015 sta
proseguendo il suo iter che,
dopo la “bollinatura” ufficiale
della Ragioneria generale dello Stato e la firma del presidente della Repubblica, continuerà in Parlamento per l’approvazione del ddl.
Intanto, nell’attesa del vaglio
dell’Ue rispetto ai vincoli di
bilancio, che, pur escludendo
una bocciatura netta come
ormai ritenuto dagli addetti ai
lavori, potrebbe portare ad un
sostanziale ridimensionamento delle previsioni dell’esecutivo, vediamo i punti principali
della manovra finanziaria.
Una manovra (suddivisa in
47) che vale 36 miliardi di
euro, orientata soprattutto al
taglio del cuneo fiscale e agli
incentivi a famiglie e lavoratori, con il fine di rilanciare l’occupazione e l’economia del
Paese, stimolando crescita e
consumi, e procrastinando,
invece, gli annunciati interventi sulla riforma delle pensioni (salvo lo slittamento al
10 del mese per le doppie
pensioni Inps — Inpdap) e
sull’unificazione delle imposte
sulla casa (Tasi e Imu).
Quanto alle coperture, i rientri più massicci previsti dalla legge verranno dalla
spending review (con tagli di
15 miliardi di euro), dall’inasprimento della lotta all’evasione (3,8 miliardi di euro) ed
alla ludopatia (un miliardo di
euro), mentre oltre 11 miliardi dal deficit aggiuntivo.
Ecco i dieci punti principali
della legge:
Bonus Irpef 80 euro
Il bonus fiscale degli 80 euro,
introdotto dal d.l. n. 66/2014,
viene confermato e diventa
stabile.
Lasciata invariata la platea
dei destinatari (nonostante i
tentativi di estenderlo ai redditi superiori), ossia i lavoratori dipendenti e assimilati
con reddito lordo complessivo
tra 8.000 e 24.000 euro (circa
10 milioni di italiani), il bonus
cambia la propria veste, diventando una detrazione e
non più un’entrata aggiuntiva;
Sgravi alle famiglie e bonus
bebè
Sul piatto della bilancia della
stabilità previsti anche 500
milioni di euro per sostenere
le famiglie numerose (c.d.
“Fondo famiglia”) che, secondo
quanto
dichiarato
dall’esecutivo, dovrebbero essere quasi interamente devoluti per finanziare il bonus
bebè, in arrivo in via sperimentale dal 2015, dell’importo di 80 euro al mese per le
neomamme con redditi familiari fino a 90mila euro lordi
annui.
Valido per i bambini nati tra il
2013 e il 2015, il bonus sarà
esteso fino al terzo anno di
età e in presenza di più figli
(dal terzo in poi) sarà eliminato il tetto reddituale;
Taglio Irap
Consistente l’intervento previsto sull’Irap, successivo a
quello già operato nel corso
dell’anno, che consente la deducibilità dall’imposta del
costo del lavoro per un importo pari a 5 miliardi di euro per il 2014 e a 6,5 a regime.
In realtà, la norma abroga il
taglio del 10% operato con il
decreto Irpef dell’aprile scorso
e pertanto i numeri vanno ridimensionati, decurtando l’incidenza dei due miliardi della
precedente riduzione, ma in
ogni caso la misura è notevole
ed ha la finalità di rilanciare
massicciamente l’occupazione;
Sgravi per i neoassunti
Altro importante capitolo riguardante il lavoro e gli incentivi
all’occupazione,
è
quello della decontribuzione
sulle nuove assunzioni.
Le imprese che assumono con
contratto a tempo indeterminato infatti potranno godere
dell’azzeramento dei contributi a loro carico per tre anni.
Un’operazione che vale quasi
2 miliardi e che, secondo i dati dovrebbe riguardare circa
300.000 lavoratori (800.000
secondo il Governo).
A ciò si aggiungono 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali;
Regime dei minimi e semplificazioni Iva
Per le oltre 900mila partite
Iva, la legge di stabilità anticipa anche il riordino del regime dei minimi, previsto nella
delega fiscale.
L’imposta sostitutiva dal 5%
passa al 15% ma si estende
la platea (da 15mila a 40 mila
euro in base ai settori), senza
limiti di età né di tempo, con
un beneficio stimato a livello
di sgravio fiscale complessivo pari a 800 milioni di euro.
In materia di semplificazioni,
inoltre, dal 2016 cancellato
l’obbligo della dichiarazione
unificata e della comunicazione dati Iva, e fissato a febbraio il termine per la presentazione delle dichiarazioni;
Tfr in busta paga
L’anticipazione del Tfr in
busta paga, uno dei punti più
discussi della legge, sarà su
base volontaria e sottoposta a
tassazione ordinaria.
Saranno i lavoratori (esclusi
gli agricoli, i domestici e i dipendenti pubblici) a scegliere
se avere disponibile direttamente in busta paga il trattamento di fine rapporto.
Continua→→
→→
PAGINA 14
La misura partirà dal marzo
2015 e, di fatto, non comporterà alcun aggravio per lo
Stato né costi per le imprese
grazie alla garanzia di 100
milioni di euro e all’accordo
con le banche;
Risorse per ricerca e sviluppo
Ammonta a circa mezzo miliardo il credito d’imposta
sugli investimenti in ricerca e sviluppo.
Le risorse saranno destinate
alle Pmi che investiranno
nell’innovazione, con agevolazioni fiscali del 50% per
incrementi annuali di spesa
nel settore.
Possibile anche il “patent
box”, ossia un meccanismo
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
destinato a sostenere i brevetti, mediante agevolazioni
sui guadagni;
Ecobonus e bonus ristrutturazioni
La legge ha confermato per
tutto il 2015 gli sgravi per le
ristrutturazioni edilizie e il
c.d. “ecobonus” per chi effettua interventi in materia di
efficienza energetica.
Lasciate invariate anche le
percentuali di agevolazioni
fiscali (per le quali, invece,
secondo la legislazione attuale erano previste delle riduzioni), pari rispettivamente,
al 65% per l’ecobonus e al
50% per le ristrutturazioni
(e l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici) fino al 31
N. 104 — OTTOBRE — 2014
dicembre 2015;
Scuola e precari
Ammonta a un miliardo di
euro per l’anno 2015 e a tre
miliardi a decorrere dal
2016 la dotazione del fondo
per la realizzazione del piano
“La buona scuola” inserito
nel “menu” della stabilità.
Il fondo dovrà essere finalizzato prioritariamente alla
stabilizzazione dei docenti
precari e al potenziamento
dell’alternanza scuola-lavoro.
Annunciati anche 200 milioni di euro per le scuole non
statali a partire dal 2015 e
incrementi di 150 milioni
di euro al fondo per il finanziamento ordinario delle università;
Allentamento patto di stabilità per i Comuni
Le previsioni della spending
review inserite in manovra
dovrebbero portare a forti tagli agli enti locali (circa 4 miliardi per le Regioni e 1,2 per
i comuni), ma i comuni, di
contro, beneficeranno di una
riduzione del patto di stabilità interno del 70%, pari circa
ad un miliardo di euro.
Possibile anche la previsione
di un piano per la dismissione e la valorizzazione
del patrimonio immobiliare
pubblico, finalizzata sia a
ridurre il debito che a finanziare nuovi investimenti.
INFORTUNI SUL LAVORO
PREVENZIONE ANCHE PER I TERZI
In ordine alla sicurezza
nell’ambito lavorativo, si
rileva come anche i terzi,
allorché si trovino esposti
ai rischi di un’attività lavorativa, devono ritenersi destinatari delle norme di
prevenzione.
ne deriva, afferma la Cas-
sazione penale con sentenza n. 36438, che è irrilevante che ad infortunarsi
sia stato un lavoratore subordinato, un soggetto a
questi equiparato o, addirittura, una persona estranea all’ambito imprenditoriale, a condizione che sia
ravvisabile il nesso causale
con l’accertata violazione
delle misure di prevenzione.
In definitiva, sussiste un
cd. Rischio aziendale connesso all’ambiente di lavoro
che deve essere coperto da
chi organizza il lavoro.
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 15
PER RITARDO NEI PROCEDIMENTI
L’AMMINISTRAZIONE DEVE RISARCIRE
TUTTAVIA OCCORRONO ANCHE ULTERIORI ELEMENTI DI PROVA
Qualunque ritardo, doloso o colposo, nella conclusione del procedimento, che cagiona un danno ingiusto al richiedente, obbliga l’Amministrazione che ha
commesso il ritardo a risarcire il
danno al richiedente medesimo.
Questa è la conclusione che può
ritenersi ormai definitivamente
acquisita nella tematica del c.d.
risarcimento del “danno da ritardo”.
Queste conclusioni risultano ora
ulteriormente avvalorate dalla
recente sentenza della IV Sezione
del
Consiglio
di
Stato
(n.2964/2014).
Per l’ammissibilità del risarcimento, non basta che vi sia il
ritardo nella conclusione del procedimento.
Occorrono altri elementi identificabili, rispettivamente:
•nel dolo o, quanto meno, nella
colpa della condotta, attiva od
omissiva tenuta dall’Amministra-
zione, e ravvisabili, in genere, nel
comportamento o condotta dilatoria, inconcludente;
•nella sussistenza di un danno
ingiusto, per tale intendendosi il
danno arrecato dall’Amministrazione in violazione di una norma
di legge (danno contra ius), e in
assenza di una causa di giustificazione (danno non iure);
•nel rapporto di causalità tra la
condotta e il danno ingiusto.
TFR UN BUSTA PAGA.
LE VIE DI MONETIZZAZIONE A CONFRONTO
Premessa – Come appreso nei
giorni scorsi, accanto alla possibilità di destinare il Tfr in un
fondo di previdenza complementare oppure di lasciarlo semplicemente in azienda per poi fruirne
in caso di interruzione del rapporto di lavoro, il Ddl Stabilità
2015 varato il 15 ottobre 2014
apre una terza via ai lavoratori
privati: anticipare, su base volontaria, il proprio trattamento di
fine rapporto mensilmente in busta paga. Una misura, questa,
che ha fatto parlare non poco sia
a livello politico che economico.
Nonostante il testo sia ancora in
via di definizione (si è in possesso solo della bozza) per dare un
giudizio definitivo, alcuni economisti hanno mosso più di una
critica verso questa particolare
via di monetizzazione del Tfr. Dai
primi calcoli è stato evidenziato
che a guadagnarci sono tutt’altro
che i lavoratori (se non per alcuni redditi bassi), bensì lo Stato e
in parte le imprese. È chiaro che
la nuova facoltà concede alle famiglie in difficoltà ad avere una
maggiore liquidità immediata,
ma è ancora da verificare il fatto
che ciò possa spingere alla ripresa dei consumi. È lecito porsi il
dubbio alla luce del fatto che anche il “bonus 80 euro” introdotto
lo scorso maggio aveva tra i suoi
obiettivi quello di innalzare i consumi nel nostro Paese ma a conti
fatti ha avuto un effetto quasi
invisibile sui consumi (più 0,1%
rispetto a maggio, più 0,4% rispetto a giugno dello scorso anno).
Elementi da considerare – Alla
luce di quanto su affermato, è di
fondamentale importanza che i
lavoratori facciano una scelta
consapevole e ad hoc, considerando anche il fatto che la scelta
– se effettuata – è irrevocabile
fino al 30 giugno 2018. Dunque,
il lavoratore che intende valutare
la convenienza della nuova misura deve tenere in considerazione
almeno due elementi di calcolo:
la rinuncia alla rivalutazione annuale e il regime di tassazione.
Infatti, se il lavoratore scegliesse
di monetizzare il Tfr in busta paga, egli rinuncia automaticamente alla rivalutazione delle quote
di Tfr, al tasso annuo dell'1,5%
più il 75% dell'inflazione. Al riguardo, bisogna considerare anche che la rivalutazione paga
l'IRPEF all'11% (dal prossimo
anno 17%), dunque è anche un
risparmio fiscale. Inoltre, sulle
quote anticipate il lavoratore deve pagare una tassazione ordinaria.
Indagine Consulenti del lavoro
– A guidare i lavoratori a fare la
scelta migliore possibile ci pensano i Consulenti del lavoro, che in
un’analisi economica hanno affermato che fino a 15mila all'anno di reddito il Tfr in busta paga
è conveniente. Per cifre superiori,
siccome il governo ha deciso, di
tassare il maggiore importo come
parte integrante dello stipendio e
quindi applicando l'Irpef ordinaria, si pagano più tasse. In particolare ipotizzando una retribuzione annua di 20.000 euro, la
differenza di incasso tra il Tfr in
busta paga e la c.d. “buonuscita”
è di 147 euro in favore di quest’ultima. Tale somma, in particolare, è data dagli elementi di
cui sopra, cioè: 23 euro per la
mancata rivalutazione ed i 124
euro restanti per la maggiore tassazione. È chiaro, quindi, che
più alto è il reddito e più si accentua il gap di incasso fra la
monetizzazione
immediata
e
quella a fine rapporto. Per i redditi alti, pertanto, la scelta è tra
prendere una parte subito o
prendere un po' di più quando
sarà il momento di incassare il
Tfr.
La scappatoia – Se il lavoratore
intende fruire immediatamente
del Tfr senza subire il prelievo
fiscale ordinario, esiste un’espediente: è quella del comune accordo con l'azienda ovvero per
acquisto o ristrutturazione dell'abitazione o per gravi motivi di
salute per coprire spese mediche.
In questo modo si può utilizzare
fino al 75% del Tfr già versato,
applicando la tassazione separata e non quella ordinaria.
PAGINA 16
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 104 — OTTOBRE — 2014
RICHIESTA DI ACCESSO AGLI ATTI - AI FINI DELLA INTEGRAZIONE DEL DELITTO DI
OMISSIONE DI ATTI D'UFFICIO, È IRRILEVANTE IL FORMARSI DEL SILENZIO-RIFIUTO
ENTRO LA SCADENZA DEL TERMINE DI TRENTA GIORNI DALLA RICHIESTA DEL
PRIVATO. CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE, 13/11/2013, N. 45629
Ne consegue che il "silenziorifiuto" deve considerarsi inadempimento e, quindi, come condotta omissiva richiesta per la
configurazione della fattispecie
incriminatrice.
Il direttore generale di una Azienda Sanitaria, destinatario di una
richiesta di accesso agli atti, ha
omesso di rilasciare la documentazione relativa al conferimento
dell'incarico di responsabile
dell'U.O.S. di Medicina e Chirurgia d'urgenza e accettazione del
P.O. e, nel riscontrare l’istanza
avanzata dal medico interessato,
non ha fornito alcuna risposta
alla richiesta di accesso. Per tale
comportamento e' stato indagato
per il reato di omissione di atti
d'ufficio. Il Giudice dell'Udienza
Preliminare ha dichiarato il “non
luogo a procedere” nei confronti
del direttore generale perché' il
fatto non sussiste, applicando
una risalente giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo
cui, in materia di richiesta di accesso ai documenti amministrativi, deve escludersi la configurabilità del reato di omissione di atti
di ufficio se il pubblico ufficiale
non compie l'atto richiesto e non
risponde al richiedente, perché'
con il silenzio-rifiuto, sia pure
per una presunzione, si ha il
compimento dell'atto e non si è
in presenza di una situazione di
inerzia della pubblica amministrazione.
La Corte di Cassazione successivamente adita ha, invece, precisato che, ai fini della integrazione
del delitto in esame, è irrilevante
il formarsi del silenzio-rifiuto entro la scadenza del termine di
trenta giorni dalla richiesta del
privato e lo stesso deve considerarsi inadempimento, quindi,
condotta omissiva sufficiente per
la configurazione del reato contestato.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE
SESTA PENALE
ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso proposto da:
Procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello
di Messina;
nel procedimento penale nei confronti di:
G.S.E., nato a (OMISSIS);
contro la sentenza del Tribunale
di Messina del 9/4/2013;
- letti il ricorso e il provvedimento impugnato;
- udita la relazione del cons. F.
Ippolito;
- udita la requisitoria del Pub-
blico Ministero, in persona del
sostituto procuratore generale,
Dott. MAZZOTTA Gabriele, che
ha concluso per l'annullamento
con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe
indicata, il giudice dell'udienza
preliminare del tribunale di Messina dichiarò non luogo a procedere nei confronti di G.S.E. per
omissione di atti d'ufficio di cui
all'art. 328 c.p., perché il fatto
non sussiste.
2. Al G. era stato contestato il
delitto di cui all'art. 328 c.p.,
comma 2, perché, in qualità di
direttore generale dell'A.S.P. di
(OMISSIS), destinatario della richiesta di accesso agli atti, avanzata da C.P. con nota del
21.1.2010, aveva omesso di rilasciare al C. gli atti "relativi al
conferimento dell'incarico di responsabile dell'U.O.S. di Medicina e Chirurgia d'urgenza e accettazione del P.O. di (OMISSIS) e
all'eventuale conferma dello stesso", e nel riscontrare la predetta
nota, con comunicazione del 10
marzo 2010, non aveva fornito
alcuna risposta alla predetta richiesta di accesso.
3. Il giudice ha concluso ai sensi
dell'art. 425 c.p.p., facendo applicazione di un risalente precedente di questa Corte, secondo
cui in materia di richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della L. 7 agosto
1990, n. 241, art. 25, coincidendo il termine di trenta giorni dalla richiesta dell'interessato formulata ex art. 328 c.p., comma
2, con il termine per il maturarsi
del silenzio rifiuto, deve escludersi la configurabilità del reato di
omissione di atti di ufficio se il
pubblico ufficiale non compie
l'atto richiesto e non risponde al
richiedente, perché con il silenzio
-rifiuto, sia pure per una presunzione, si ha il compimento
dell'atto e viene comunque a determinarsi una situazione che è
concettualmente incompatibile
Continua→→
→→
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
con l'inerzia della pubblica amministrazione (Cass. sez. 6, n.
12977 del 06/10/1998, rv.
212311, Raimondi).
4. Ricorre per cassazione il Pubblico Ministero, che deduce, ex
art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b),
erronea applicazione della legge
penale, con riferimento all'art.
328 c.p., comma 2, e alla L. 7
agosto 1990, n. 241, art. 25.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Secondo la giurisprudenza di
questa Corte, che il Collegio condivide, ai fini della integrazione
del delitto di omissione di atti
d'ufficio, è irrilevante il formarsi
del silenzio-rifiuto entro la scadenza del termine di trenta giorni
dalla richiesta del privato.
Ne consegue che il "silenzio-
rifiuto" deve considerarsi inadempimento e, quindi, come condotta omissiva richiesta per la
configurazione della fattispecie
incriminatrice (Cass. Sez. 6, n.
7348 del 24/11/2009, dep.
2010, Di Venere, rv. 246025;
Sez. 6, n. 5691 del 06/04/2000,
Scorsone, Rv. 217339).
3. L'unico contrario precedente,
cui ha fatto riferimento il giudice
di merito, non può essere condiviso in quanto sovrappone la
questione del rimedio apprestato
dall'ordinamento contro l'inerzia
della pubblica amministrazione,
consentendo con la finzione del
silenzio-rifiuto che il cittadino
possa procedere ad impugnazione, con la responsabilità penale
del pubblico funzionario. Senza
dire che, con l'esperibilità dei
PAGINA 17
rimedi giurisdizionali avverso il
silenzio-rifiuto, non si soddisfano
neppure interamente le esigenze
di tutela nei confronti della pubblica amministrazione (basti pensare al vizio di merito dell'atto
amministrativo).
4. Ne consegue che la sentenza
impugnata va annullata con rinvio al tribunale di Messina, che
dovrà procedere a nuova deliberazione sulla base del principio
sopra enunciato.
PQM
la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuova deliberazione, al tribunale di Messina.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 13
novembre 2013
LIBRETTO DI CIRCOLAZIONE:
SCATTA L’OBBLIGO DI AGGIORNAMENTO
DAL 3 NOVEMBRE PESANTI SANZIONI PER CHI NON È
IN REGOLA MA L’OBBLIGO NON RIGUARDA TUTTI.
A partire dal 3 novembre
2014 entrano in vigore le sanzioni in caso di mancato aggiornamento dei libretti di circolazione secondo quanto previsto dall’ultima riforma del
codice della strada.
Si tratta dell’obbligo di inviare
alla Motorizzazione Civile specifiche comunicazioni finalizzate all’aggiornamento dell’Archivio Nazionale dei Veicoli
nei seguenti casi:
• se il veicolo rientra nella
disponibilità per più di 30
giorni di un soggetto diverso
dall’intestatario del libretto di
circolazione.
• in caso di variazione delle
generalità della persona fisica intestataria che dovranno
sempre coincidere con quanto
riportato sulla patente di guida, vale a dire nome, cognome, data e luogo di nascita
(ad esempio in caso variazioni
toponomastiche del Comune
di nascita). NOTA: per il cambio di residenza continua ad
applicarsi la consueta procedura.
in caso di variazione della
denominazione dell’ente o
della ragione sociale della società intestataria.
Per sgombrare il campo da
allarmismi che facilmente si
diffondono in rete, è bene evidenziare che le nuove norme
non riguardano i familiari
dell’intestatario (purché conviventi) che potranno continuare ad utilizzare le auto in
famiglia senza alcun obbligo
di comunicazione o di aggiornamento del libretto di circolazione.
Maggiori dettagli sulle fattispecie contemplate dalle nuove norme sono contenute nella circolare n. 15513 del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti che illustra nel dettaglio gli adempimenti per ottenere l’emissione dei tagliandi di aggiornamento dei libretti di circolazione nei vari casi
previsti dalla legge, ossia:
−Variazione
delle generalità
della persona fisica
−Variazione della denominazione o ragione sociale dell’intestatario
−Comodato
−Comodato di veicoli aziendali
−Custodia giudiziale
−Locazione senza conducente
−Intestazione di veicoli di proprietà di soggetti incapaci di
agire
−Utilizzo di veicoli da parte
degli eredi.
I soggetti tenuti alla registrazione sono in primo luogo coloro che utilizzano il mezzo
(comodatari, locatari, ecc.),
ma possono essere delegati
all’adempimento anche i proprietari.
Le sanzioni previste per chi
non sarà trovato in regola sono pesanti e vanno dalla multa di 705 euro fino al ritiro
della carta di circolazione.
Ma anche qui è bene fare
chiarezza.
Continua→→
→→
PAGINA 18
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
Come espressamente riportato nella circolare, le sanzioni
scattano solo per “atti posti
in essere a decorrere dal 3
novembre” e quindi nessun
“obbligo retroattivo”. Pertanto,
chi utilizzava già un veicolo
prima di tale data, anche se
rientra nelle fattispecie contemplate dalle nuove disposizioni, non è tenuto all’aggiornamento, che rimane comunque possibile a discrezione
dell’interessato. Ad esempio,
per un’auto concessa a terzi
con contratto di comodato stipulato prima del 3 novembre
2014 non sussiste l’obbligo di
comunicazione. Stesso ragionamento per le variazioni di
generalità o denominazione:
l’obbligo scatta per tutte le
variazioni che interverranno a
partire dal 3 novembre 2014.
Inoltre, in caso di comodato di
veicoli aziendali, il nome di
chi utilizza il veicolo deve essere comunicato alla Motorizzazione, ma non va registrato
sul libretto di circolazione, né
si deve tenere a bordo del veicolo alcun documento aggiuntivo comprovante l’avvenuta
comunicazione del nominativo.
Per quanto concerne le “flotte
aziendali” si può inoltrare
istanza cumulativa tramite un
unico modello, pagando una
sola imposta di bollo pari a 16
euro, ma tuttavia i libretti di
circolazione dovranno essere
aggiornati singolarmente versando i diritti (9 euro) per ciascun libretto.
Nella circolare si precisa inoltre che, per il momento, le
nuove disposizioni non si applicano ai veicoli utilizzati da
soggetti che svolgono attività
di autotrasporto in base a:
- iscrizione al REN (Registro
Elettronico Nazionale) o all’albo degli autotrasportatori,
- licenza per il trasporto di
cose in conto proprio,
- autorizzazione al trasporto
mediante autobus in uso pro-
N. 104 — OTTOBRE — 2014
prio o autovetture in uso di
terzi (taxi o autonoleggio con
conducente).
La norma era stata inizialmente prevista dall’ultima riforma del codice della strada
(L.120/2010) che ha introdotto l’art. 94, demandando al
successivo DPR n. 198/2012,
in vigore dal 7/12/2012, la
modifica del regolamento attuativo (nuovo articolo 247bis del c.d.s.).
Le nuove disposizioni quindi
erano già in vigore dal 7 dicembre 2012 ma la Motorizzazione ha richiesto un certo
periodo di tempo per l’adeguamento delle procedure informatiche che è stato completato recentemente.
Da precisare infine che la
nuova normativa non contempla i casi di errata trascrizione di nominativi o ragioni sociali, per i quali è necessario
sempre richiedere la ristampa
completa del libretto di circolazione.
N. 104 — OTTOBRE — 2014
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
PAGINA 19
LA PROGRESSIONE DI CARRIERA È DI
COMPETENZA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO
La progressione verticale da
una categoria inferiore a una
superiore, anche se nell’ambito della stessa area professionale, è materia devoluta alla
giurisdizione del giudice amministrativo.
Così il giudice del Lavoro di
Catania, Dott. Cupri, ha statuito in merito ad una controversia, seguita dagli avvocati
Carmelo Giurdanella e Lucia
Polizzi, riguardante la valutazione dei titoli all’interno una
procedura selettiva interna
bandita dall’Università di Catania per il passaggio alla categoria professionale cd. EP
(Elevate Specifiche Tipologie
Professionali) riservata al personale di ruolo in servizio
presso l’Università di studi di
Catania in possesso di determinati requisiti.
Orbene, nonostante le difese
del ricorrente volte a sostenere la cognizione del Giudice
Ordinario in funzione di Giudice del Lavoro in materia di
avanzamento interno nella
stessa area professionale, il
Decidente ha dichiarato il difetto di giurisdizione. La statuizione è in linea con quanto
ritenuto da recentissime sentente del Giudice di Legittimità: “In tema di lavoro pubblico
contrattualizzato, atteso che le
procedure concorsuali ai fini
dell’attribuzione alla giurisdizione amministrativa “ex” art.
63 del d.lgs. n. 165 del 2001
comprendono anche quelle dirette a permettere l’accesso
del personale già assunto ad
una fascia o area funzionale
superiore, con progressione
verticale che consista nel passaggio ad una posizione fun-
zionale qualitativamente diversa, e che, rispetto a tale passaggio, rilevano le previsioni
della contrattazione collettiva,
spetta al giudice amministrativo la controversia relativa al
concorso per l’accesso a categoria superiore nell’ambito della stessa area relativamente al
personale non docente del
comparto Università, poiché il
sistema di classificazione del
relativo c.c.n.l. 9 agosto 2000
è articolato in categorie che si
caratterizzano per il diverso
grado di autonomia e responsabilità, mentre le aree contrassegnano i diversi campi di
specializzazione
trasversalmente alle categorie (Cass.
S.U. 31/01/2008 n. 2288, richiamata in motivazione da
Cass. S.U. 06/05/2013 N.
10409).”
PAGINA 20
SINDACATO– CULTURA—LAVORO
N. 104 — OTTOBRE —
RUBRICA DI CINEMA E CULTURA VARIA
CARRELLATA DAL FESTIVAL DI ROMA
FORSE IN SALA
Largo Baracche è il nome di
una piazzetta di Napoli nei
quartieri spagnoli e dà il titolo
al documentario di Gaetano Di
Vaio che ha vinto la sezione
Prospettive Italia. Un film realizzato con il contributo del Ministero dei Beni e delle Attività
Culturali e del Turismo ‐ Direzione Generale per il Cinema di
cui possiamo essere orgogliosi
I quartieri spagnoli, come dice il
loro nome, furono edificati durante l’occupazione spagnola di
Napoli, nel XVII secolo, per
ospitare le guardie che avrebbero dovuto controllare la popolazione e forse non a caso
sono ora il quartier generale
della camorra che ha l’uso di
controllare il territorio.
Gaetano Di Vaio, nei cui trascorsi ci sono alcuni anni di
reclusione nel carcere di Poggioreale, segue con occhio attento e non invasivo, seppur
caloroso, la vita e gli incontri di
sette ragazzi che vivono nei
quartieri spagnoli. Uno di loro è
addirittura il figlio di un camorrista agli arresti domiciliari e
descrive con contenuto dolore il
suo desiderio di affetti familiari
mancati e la difficoltà di comunicare con il padre.
Preziosa e commovente la scena al mare, dove i due ragazzi,
cercando di catturare un granchio, si confidano i loro tormenti amorosi e lo sfregiato,
con tenerezza, rivela, pur essendo uno sciupa cuori, di non
saper farsi avanti con una ragazza di cui è veramente innamorato per paura del rifiuto.
Da non perdere è quest’opera
cinematografica per profondità
di messaggi, comunicati con
scrittura lieve, e capacità di
coinvolgimento dello spettatore.
Per la sezione Gala, una selezione di grandi pellicole
“popolari ma originali” della
nuova stagione segnaliamo:
BLACK AND WHITE di Mike
Binder, Stati Uniti, con un Kevin Costner in piena forma e
convincente, dove il titolo già
preannuncia un problema di
razzismo, ma maliziosamente
occhieggia all’alcolismo del protagonista.
BUONI A NULLA dell’ormai famoso Gianni Di Gregorio, con
un cast eccezionale e perfetto: Gianni Di Gregorio, Marco
Marzocca, Valentina Lodovini,
Daniela Giordano, Gianfelice
Imparato, Marco Messeri, Camilla Filippi e con la partecipa-
zione di Anna Bonaiuto e quella
ancora più straordinaria della
plurinovantenne Giovanna Cau
il più grande avvocato del cinema italiano.
L’opera prima ESCOBAR: PARADISE LOST di Andrea di Stefano sul malavitoso colombiano
Escobar, interpretato da un’irrinunciabile Benicio del Toro.
STILL ALICE di Richard Glatzer
che prendendo a pretesto l’Alzheimer indaga sulle famiglie
americane e sulla famiglia tout
court, con una Julianne Moore
da premio Oscar.
GONE GIRL dell’americano David Fincher, che si atteggia a
novello Hitchcock e ci riesce
benissimo; da non perdere: nonostante la nuova moda delle
noiose pellicole interminabili,
tiene desta l’attenzione per ben
145 minuti.
Da segnalare in quanto premiati dal pubblico e realmente meritevoli:
•Premio del Pubblico BNL | Cinema Italia (Fiction): Fino a
qui tutto bene di Roan Johnson, una gentile, brillante commedia alla cui visione si ride
intelligentemente, senza battute volgari e con argomenti sui
quali ripensare.
•Premio del Pubblico | Cinema
Italia (Documentario): Looking
for Kadija di Francesco G. Raganato, un pre-film girato in
Eritrea, tratto da un’interessante storia vera e dal romanzo
di Vittorio Segre La guerra privata del tenente Guillet.
Da fare conoscere anche INDEX ZERO dell’italiano Lorenzo
Sportiello che si è cimentato in
un curato film di fantascienza,
ambientato in una futuribile
retriva Europa Unita da brividi,
che scava dentro e fa pensare.
Antonella D’Ambrosio
Scarica

una riforma che non c`è - UNSA. Coordinamento Nazionale Beni