Antonio de' Ferraris, Galateo Umanista Salentino (Della biografia e dell' amicizia con, Giovanni Gioviano Pontano) Antonio de' Ferraris nacque nel 1444 in Galatone di Lecce, per cui venne chiamato il Galateo. Compì gli studi classici presso la famosa scuola greca di Nardò, ove si distinse per ingegno e per disposizione naturale verso le materie letterarie; disposizione trasmessagli senza dubbio dagli avi, per il fatto che, essendo egli discendente da sacerdoti greci, come spesso si vanta, ereditò dai medesimi insieme alla sensibilità classica, il più alto tono affettivo verso tutto ciò che proveniva dal mondo culturale ellenistico. Studiò inoltre scienze matematiche e medicina, la quale ultima prescelse come pubblica sua professione. Ma l'acume del suo ingegno, l'ansia della sua anima per le concLzioni politico-morali della sua patria, la delicatezza del suo sentire, evidente nei suoi scritti a volte squisiti e dolci come canto d'usignolo, la gravità del suo portamento (era infatti solenne nella sua struttura fisica, attraente nella gran testa rotonda dalla fronte spaziosa e dagli occhi profondi e cerulei) lo misero subito in mostra, così che, nell'uscire già maturo dalla sua terra salentina, acquistò presto simpatia ed ammirazione massimamente in Napoli. Gli divennero amici i più grandi letterati del tempo, il Sannazzaro, il Summonte, il Cariteo, Ermolao Barbaro, il Pontano, nella cui Accademia fu presto accolto. Entrò quindi nella Corte Aragonese come medico privato di re Alfonso e dallo stesso fu nominato protomedico di quel Regno. Ma all'anzi detta pubblica professione che aveva impreso ad esercitare in modo non mediocre, aggiunse le non poche realizzazioni letterarie, sospiro necessario dell'animo suo delicato e sensibile. Così, nella prosa classica, concettosa, spesso originale, richiamò insegnamenti di politica, di filosofia, di morale, di medicina, cognizioni di storia, di geografia, di archeologia; e nel dolce, talvolta melanconico, verso latino cantò avvenimenti ed affetti indimenticabili, pervasi di un tono elegiaco ove s'avverte talora la certezza di una fede sublime, tal'altra il singhiozzo di un intimo schianto. I suoi scritti lo fanno precettore di Re; accorato cantore delle sven37 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce tare d'Italia, dilaniata da cupidigie di Sovrani e di Barbari; scrittore originale e portentoso delle antichità del suo caro Salento nella squisita rassegna di campagne e città costiere e mediterranee, da Brindisi a Taranto. Tutto questo complesso di generi che impegnò la sua mente ponedrica è compendiato nel laconico epitaffio inciso sul suo cenotafio entro la Chiesa di S. Giovanni d'Aimo, ora del SS. Rosario, in Lecce « Qui novit medicas artes et sidera coeli Hac Galateus humo conditus ille jacet. Qui mare, qui terras animo concepit et astra : Cernite mortales, quam brevis urna tegit ». che così suona : Giace racchiuso il Galateo qui in terra, il quale l'arte medica conobbe e le stelle del ciel co' il loro corso; colui che il mar, la terra e il firmamento ne l'alma concepì, mirate umani quale ora accoglie piccoletto avello. Certo la positiva fecondità di questo Genio del Salento trova fra l'altro conferma nella vasta cerchia di amicizie non comuni che lo accolsero e lo onorarono. Tra di esse spicca evidente, documentata, quella che gli accostò in modo fraterno il sommo poeta Giovanni Gioviano Pontano; abbiamo detto documentata amicizia, poichè risuonano ancora nelle lettere e nell'elegante metro latino del nostro Umanista la grande ammirazione per il Padre dell'Accademia Napoletana, ed i lamenti lagrimevoli per la morte dello Stesso. Infatti, alla notizia della morte del caro Pontano, così scrisse al Sannazzaro : « Pur se ebbi da te delle lettere, donde attinsi spesso gran piacere unito ad altrettanta consolazione, questa tua ultima, con cui è annunziata la morte del nostro Pontano, mi ha reso così triste, mi ha colmato di dolore, che or mi sembra di non aver ricevuto da quelle gaudio alcuno e di aver appreso invece da questa sola un dolore perpetuo. Quindi l'intensità della mia tristezza mi rende impossibile esprimerti quale colpo abbia io ricevuto nell'animo mio per questo triste avvenimento. Abbiamo perduto, o mio Azio, un uomo veramente erudito e sapiente da paragonarsi, non senza merito, per entrambi gli epiteti, a quegli antichi uomini tanto lodati dalla storia romana e greca. Ora ho tedio di vivere più a lungo; infatti, unito a quell'uomo da intima famigliarità, già sento ora, e non a torto, di vivere-solo per metà. Non aggiungo altro, poichè, mentre mi adopero di parlare, l'acerbità del colpo, la stessa inconsueta intensità del dolore, mi fanno impazzire; anzi, per poco non vengo soffocato dalle lacrime, frattanto spuntate dalle quali è già cancellata questa mia lettera. 38 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce Sai bene, se puoi: e tu dopo sì gran colpo ricevuto puoi star bene. Vogli bene anche tu al tuo Galateo come gliene voleva il Pontano ». Nello stesso tempo così scriveva a Geronimo Carbone : Ma in Pontano cosa si estinse? Fu in lui felice, gioconda fecondità d'ingegno, conoscenza di molte nozioni, singolare erudizione, eloquenza superiore a quella confaciente ai suoi tempi; prontezza e grazia in ogni genere. Ebbe grande capacità persuasiva, fu affabile, lieto, gioviale, fiorito, autorevole, faceto, posato, dovizioso, e veritiero quanto la stessa verità, carissimo degli amici. Fu dotato di natura così versatile e varia, che in qualunque dottrina avesse applicato l'ingegno, tutto gli riusciva con felice fecondità. Custodì i precetti filosofici e li trattò con molto lustro e chiarezza e li ridusse alla portata di tutti con quella seria, severa consuetudine di scrivere degli antichi, e visse così come scrisse. Trattò con eleganza l'astronomia in versi ed in prosa e dette in quell'arte molto del suo ingegno. Ma quello che massimamente ammiro in Pontano è che egli, sebbene assai occupato in affari importanti, in negoziati di Re, pur non alieno da cure familiari e rurali, perseguì con diligenza gli studi letterari, più di quanto avesse potuto farlo un uomo libero da impegni, per nulla impedito da faccende pubbliche e familiari. Pertanto torno a me, e nel rievocare i soavissimi costumi, i dottissimi sermoni di Pontano, non posso per questo non dolermi, struggermi e lamentarmi, e verso frattanto abbondanti lacrime, le sole cose che posso per lui. A Plaucenzio Guidone e ad alcuni altri amici che ho qui in questo esilio, ho mostrato la tua lettera, da me letta più di cento volte, e tutti piangono insieme con me. A me e ad essi tre cose sono di massima consolazione per non dire di piacere: prima che Pontano sia morto proprio in questo tempo perchè non potesse vedere i mali peggiori che ci sovrastano; poi che lo Stesso, come tu dici, lasciate le miserie umane ai Campi Elisi, sia passato a vita migliore; terzo che abbia egli lasciato dietro di se un nome immortale ed una gloria perenne. Ogni giorno ho reso a Pontano i dovuti onori e spesso per nulla ho trascurato le sue meritate lodi. Stai bene, vivi, spera destini migliori e cerca a nome mio che sia salva la mesta Accademia, orbata del Padre suo. In Bari ». Ma non solo le lettere del nostro Umanista suonano continua lode ed accorato rimpianto per l'amico perduto; ad esse sì aggiunge special:39 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce mente la sua poesia che aleggia mesta intorno alla tomba dell'Estinto e, lì presso, lo rievoca insistente e lo richiama invano : I IN OBITUM JOANNIS JOVIANI PONTANI Sie erat in fatis, prae me, Joviane, sibire Funera debueras. Quis dolor, heu, cruciat. Exop l abam annos, annis cessisse sodalis, Nec favit votis invidia Parca meis. Te possem, heu, saltem lacrymis revocare sepulchro, Assiduis lacrymis solverer in fluvium. At quonìam lacrymae nequeunt revocare sodalem, His illi, o utinam subrutus addar aquis. che noi così rimandiamo in versi italiani : IN MORTE DI GIOVANNI GIOVIANO PONTANO Nel libro del destino era già scritto che pria di me, Giovian, saresti morto. Quale acerbo dolore il cor mi strazia : Amico io t'augurava molti ancora aggiunti agli anni tuoi, eppur la Parca non accolse invidiosa i voti miei. Ah ! s'io potessi almen con le mie lacrime dal tuo sepolcro richiamarti, o Amico, di lacrime in un rio mi scioglierei. Ma, se il pianto non può darmi l'Amico, deh almeno potess'io riunirmi a lui dal pianto mio disfatto, consumato. II IN IDEM ARGUMENTUM Ergo mori fas est? licuit, Joviani, sepulchro Condere te? lacrymis quis valet esse modus? Quot bona perdidimus? quot funera funere in uno Flebimus ! heu Terris mors odiosa nimis ! Quod si quo tegeris tumulo, quis sensus inesset, Et tumulus gemeret, te potuisse mori. e noi così rimandiamo in versi italiani : SULLO STESSO ARGOMENTO Dunque è legge il morir? Ed al sepolcro toglierti a noi fu dato, o mio Gioviano? Chi frenare potrà queste mie lacrime! 4() Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce Quanta ricchezza noi perdemmo e quanti utti soltanto in uno or piangeremo. Ahi dura morte, troppo invisa in terra! Se qualche sentimento v'albergasse in quella tomba ove racchiuso stai o mio Gioviano, anch'essa gemerebbe che potesti morir, mio dolce Amico. III IN IDEM ARGUMENTUM Sic, Joviane, tuum dilexti semper amicum? Tu cadis, Infelix, nec Galateus obit. Vivere me, sine te, et contra, te posse negabas, Vivo ego, te merso funere, dimidium. Res mira! unum cor, et amor fuit unus utrique, Et modo non morior, te moriente simul. e noi così rimandiamo in versi italiani : SULLO STESSO ARGOMENTO Così, Gioviano, amasti il caro amico? Cadi infelice e Galateo non muore. Dicevi pur che viver senza te io non potea, né tu senza di me. Or di me solo vive la metà dal dì che nel gran lutto tu cadesti. Non creduta realtà! Unico il cuore avemmo entrambi ed unico il desio, eppur non muoio insiem con te morente! IV IN IDEM ARGUMENTUM Sic est, dum fueras, fueram Galateus et ipse Unaque corporibus vita duobus erat. Nunc quoniam cessit Pontanus, cessit et alter, Qui nisi dimidia parte superstes inest. Heu amor, heu lethi violati jura! Deinceps vivere parte carens, quis poterit medium? Aut igitur fera Parca mihi concede Sodalem, Aut quo sit Socius integer, ipse necer. e noi così rimandiamo in versi italiani : SULLO STESSO ARGOMENTO Così è purtroppo, finchè tu vivesti io ero adunque Galateo e tu: 11 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce unico spirto risiedea in due corpi. Or che Pontano, ahimè, cessò la vita finì pur l'altro il qual se sopravvive vive solo superstite a metà. Oh amor meraviglioso ! O violata legge di nostra morte e chi potria campar solo a metà senza una parte? Parca crudele o mi ridai l'Amico oppur m'uccidi ov'è l'onesto Socio! E dopo tanta rievocazione, ecco alfine la musa galateana scolpire in lacrime per la tomba dell'Amato il solenne epitaffio : V PONTANI EPITAPHIUM Hospes siste precor. Paucis te quaeso, sub isto Marmore componitur Jovianus. Pontanus. Modo cuncta tener, caetera nosces. Sat nomen pro laude loquetur. Qui nomen pro laude gereit, non indiget ultra. Laudis. Virtus nuda nitescit. Haec tibi, Pontane, tuus Galateus obortis Dat lacrymis pia dona Poetae Carmina, cum lacrymis tumulo signanda. Decebat Te Musas ornasse perenni Elogio, sed musae etiam tua funera passae, Tristi animo exanimes tacuerunt. Tanta tui Musas, et nos reverentia tangit, Et tanget, donec celebrabunt Quas coluisti artes. Nomen dabit inclyta virtus Perpetuum, atque aequale Camoenis. (traduz.) EPITAFFIO A PONTANO Il piè ferma o Straniero or io ti prego con pochi detti : sotto questo marmo Giovian Pontano seppellito sta. Ora sai tutto e ancora altro saprai basta quel nome a dirti la sua fama; tale nome del resto sì famoso non ha bisogno ancor d'ogni altra lode: g li basta il merto suo che solo splende. In un dirotto pianto o mio Pontano, t'offre il tuo Galateo, doni pietosi da scolpire tai carmi d'un poeta con le lacrime sue su la tua tomba. Meglio sarebbe stato che le Muse Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce co '1 lor perenne canto un epitaffio avessero scolpito a l'onor tuo. Ma le Muse medesme da l'amara indicibil tua perdita colpite, tacquero l'alma triste e senza fiato. Tanta stima cli te l'inclite Muse commosse insiem con noi, fin quando l'arte che Tu qui coltivasti, onoreranno. A Te fama perenne il merto tuo chiaro darà cd anco a le tue Rime. In fine, a testimonianza cli quanto da noi affermato, riportiamo il giudizio ammirevole che di questa nobile Gloria salentina ebbe ad esprimere il Gregorovius : « Il più gran vanto, la gloria più fulgida della Penisola calabra (Salento) fu ed è oggi tuttora Antonio de' Ferraris. Nacque l'anno 1444 a Galatone presso Nardò; e di qui il nome da. lui preso di Galateo. Latinista, filosofo, medico, retore, cosmografo e archeologo, amico del Pontato, del Sannazzaro e del Summonte, del Valla e del Platina, egli come dotto umanista fu l'ornamento della patria sua fino al 1517, nel quale anno morì in Lecce Fra i suoi scritti editi e inediti, fra le sue innumerevoli dissertazioni, alla maniera degli umanisti, la migliore è il suo piccolo libretto, De Situ Japygiae Esso ha servito veramente di base e di modello a lavori del suo genere. Ha insieme il carattere nazionale, imperocchè con esso cominciò a sorgere e formarsi la coscienza storica e popolare di questo paese ». Oggi la fama dell'illustre Scrittore è tramandata oltre tutto nei titoli di vie cittadine del Capoluogo e di non pochi Centri del Salento, e nei due busti marmorei, opera del Maccagnani e del Bortone, innalzati nella Villa Comunale e nella Biblioteca provinciale di Lecce. Per queste vie, presso questi marmi, ancor'oggi riecheggia, più d'ogni altro perenne, il canto della sua umana mestizia, racchiuso squisitamente in pochi versi rivolti al Presule di. Nardò DE MORTALIS VITAE INCERTITUDINE, AC BREVITATE (ad Gabrielem Setariuuz Neritonorum Pontificem) Sic est, o Gabriel, volat inrevocabile tempus: Nec datur ad primos posse redire dies. A3 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce C'u flores orimur, morimurquc, senescimus annis. Certaque vivendi non datur ulla dies. Tempore di trahimus, si tempore perdimus annos, Assidua heu mors est vivere, vita mori. SULLA INCERTEZZA E BREVITA' DELLA VITA (a Gabriele Setario Vescovo di Nardòy Così, o Gabriel, l'inesorabil tempo fugge veloce ed ai trascorsi giorni giammai poter tornare ci è concesso. Come, i fiori del campo pur nasciamo, come gli stessi ci si invecchia e muore : certo di viver nessun dì ci è dato. Ma se nel tempo trasciniamo gli anni e pur nel tempo tutti li finiamo, vivere è morte ahimè, vita è il morir. ANTONIO CORCHIA Per la bibliografia cfr.: FREZZA GIANCAMILLO - Antonio de Ferraris. Cenno della sua vita avanti la traduzione del De Situ Japygiae. Lecce, tip. Di Gennaro De Vecchio, 1853, da p. 7 a p. 12. FR. GREGOROVIUS - Nelle Puglie (versione dal tedesco di Raffaele Marino). Vol. unico. Firenze, Barbera, 1882, pp. 380, 381. Cos. DE GIORGI - Geografia fisica e descrittiva della Provincia di Lecce. Tip. Editr. Salentina, 1897, vol. I, p. 194. LUIGI MAGGIULLI - Otranto - Ricordi. Lecce, Tip. Cooperativa, 1893, p. 60, p. 456, 457, 458 (Appendice IV). ANT. SUMMONTE - Dell'Historia della Città e Regno di Napoli. Napoli, Antonio Buliton Librario all'insegna della Sirena, 1675. Tomo III, libro V. DOM. DE ANGELIS - Vite dei Letterati Salentini. Firenze, 1710, Vol. I. Per gli scritti cfr.: I MEDESIMI MICH. TAFURI - Opere dei Tafuri. Napoli, dalla Stamperia dell'Iride, 1851. Vol. 2a. Epigrammi a p. 174 e ss. Epistole da p. 199 a p. 202. ANT. DE FERRARIS - De Sittt Japygiae. Ediz. di Basilea, 1558. 44 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce