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Ma come si fa a ridere ?
scheda
I - LAT
©&®
[03]
lett.
19.0 – 2015
Il “realismo” dell’epigramma
Marziale e la “poetica degli oggetti”
1. origini dell’epigramma
a. questione etimologica
i. ejpivgramma, usi arcaici e questione del genere
ii. disciplina a lungo ancilla historiae è l’epigrafia (oggi autonomia epistemologica)
b. canonizzazione letteraria
i. molto “tarda”
ii. coppa di Nestore da Pithecusa: Di Nestore sono la coppa…
iii. esistenza antropologica molto antica
iv. saggi di Claude Levi-Strauss e di Marcel Mauss sul dono
c. quando s’è cominciato a scrivere per la prima volta su qualcosa
i. graffiti pompeiani
ii. graffiti primitivi (nasce con scopi pratici)
iii. ejpitavfion (una delle funzioni primarie)
iv. uso giunto fino a noi (incisione, biglietto d’auguri)
v. importanza
1. storia della scrittura (VIII secolo)
2. la storia della lingua
3. ricostruzione della lingua “volgare” (sermo vulgaris e “lingua d’uso”)
4. storia dell’arte
5. storia delle religioni
d. caratteristiche generali
i. brevità (motivo tecnico; telegraficità, “lettera laconica”, “lapidario”)
ii. concisione
iii. valenze semantiche (chi dedica, a chi dedica, cosa dedica, perché dedica)
iv. metro (esametro, poi strutture dattiliche dopo il VI sec.)
v. occasione
vi. COSTANTI: brevità, eleganza retorico-stilistica, limae labor, immediatezza, temi sepolcrali e votivi, temi
politici, letterarietà
vii. INNOVAZIONI: toni personali, temi erotici, malinconia, temi conviviali, satira (fulmen in clausula, clausola
epigrammatica ajproçdovkhton), e[kfraçiç artistica, raffinatezza, riprese letterarie estranee al genere,
virtuosismi linguistico-grafici
e. fasi
i. fase arcaica esula dalla “letteratura” vera e propria
ii. fase classica: influsso di più generi (elegia soprattutto, poi lirica in senso generale)
iii. fase intermedia: epigramma letterario (convenzionalità, fittizio), destinazione non lapidaria
iv. fase ellenistica: è la concretizzazione della poetica callimachea (leptovç)
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f.
raccolte
i. harena sine calce
1. come raccogliere questi epigrammi greci (4.000 epigrammi)
2. moltissimi autori (400 autori)
3. epoche molto differenti (V a.C. - V d.C.)
4. argomento molto dissimili (vedi sopra)
ii. nasce l’ “antologia”
1. etimo e storia coincidono: ajnqologiva [a[nqoç + levgw], florilegio [flores + levgw]
2. raccolte alessandrine: proemi e associazioni poeti – qualcos’altro per omologia
a. Meleagro (Çtevfanoç: non “corona” ma “ghirlanda”; I a.C.)
b. Filippo di Tessalonica (idem; I d.C.): ordine alfabetico dei poeti presenti
c. Agatia Scolastico: (Ku'kloç o jAçtavnoç murivnaioç; VI d.C.): cucina e pranzo
d. Costantino Cefala Protopapas (intorno al 900): somma delle tre precedenti raccolte
3. raccolte medievali (la letteratura greca non finisce, continua nel mondo bizantino)
g. a Roma
i. storia antica
ii. Lucilio, neoteroi, Catullo
iii. Le forme della stira e gli epodi
iv. I sec. d. Chr.: Nerone eil rifiorire dell’epigramma satirico
2. la poetica di Marziale
a. la storia e la cronologia della pubblicazione dell’opera
Le principali informazioni biografiche su Marziale ci giungono dalle sue stesse opere. Egli nacque a Bilbilis, in Spagna, tra il 38 e il 41
d.C., dove ricevette una buona educazione letteraria. Nel 64 d.C. si trasferì a Roma dove entrò in relazione con Seneca e dove praticò
l’avvocatura. Cominciò presto a scrivere versi d’occasione e nell’80, sotto Tito, celebrò in un libro di epigrammi l’inaugurazione del
Colosseo. Tra l’84 e l’85 cominciò a pubblicare regolarmente i suoi carmi e ad intrattenere relazioni con gli scrittori più famosi
dell’epoca. Tuttavia, il successo letterario non si traduceva in totale indipendenza economica. Assieme alla sua popolarità cresceva
all’interno dei suoi versi anche la dose di adulazioni verso chi era al potere: prima si schierò a favore di Domiziano e del suo
entourage, poi però, dopo la sua morte, si dichiarò disponibile a celebrare Nerva, rinnegando tutto ciò che aveva affermato su
Domiziano. Si trasferì nuovamente in Spagna quando una vedova benestante gli donò una casa, rendendo effettiva la sua
indipendenza economica. Morì probabilmente a Bilbilis, attorno al 104 d.C..
Contemporaneo a Seneca e Petronio, anche se lievemente più giovane. Nasce intorno al 40 ed è attivo soprattutto sotto la
dinastia dei Flavi, negli anni 80-90. Anche i Flavi non capirono fino in fondo l’importanza della cultura, cioè la capirono
privilegiando solo Quintiliano. Cercarono di propagandare la monarchia: Domiziano e Tito cercarono di costruire un
immagine forte, visibile nell’anfiteatro Flavio, simbolo della loro grandezza.
Marziale fece un’operazione diversa da tutti gli altri intellettuali. Il suo obiettivo era una rappresentazione comica dei suoi tempi:
utilizzare la letteratura per formare una coscienza critica, rifiuto del vuoto della poesia. Ritorse contro la società gli stessi strumenti:
scrisse una poesia apparentemente di consumo, utilizzò lo stesso gusto per lo spettacolo. Marziale, per parlare ai contemporanei
doveva utilizzare qualcosa che la gente amasse, utilizzò un canale espressivo comune alle persone a cui voleva comunicare. Scelse di
usare la tecnica dell’audience per criticarla.
A differenza di molti altri intellettuali, che vivevano di rendita, Marziale era economicamente fragile; si trasferì a Roma con la necessità
di procurarsi denaro e capì la declassazione dell’intellettuale, sempre più prostituito, e l’impossibilità per esso di sostentarsi attraverso
la sua attività intellettuale; non aveva più il prestigio che poteva dargli una posizione superiore.
In modo simile a Giovenale, che denotava come i campioni sportivi guadagnassero più degli intellettuali, Marziale sfociò così in
un’accusa al regime al quale rimproverava la mancanza di una politica intellettuale, che sappia salvaguardare l’artista e lo possa
mettere in una condizione di prestigio e sicurezza economica, invece di essere costretto a prostituirsi ai gusti malati della società.
Nonostante tutto, anche Marziale per tutta la vita ha fatto poesia elogiativa e celebrativa, ha fatto il cliente: ha cercato la protezione dei
nei potentati politici per guadagnarsi una sicurezza economica che non ha mai avuto.
Nel 98, stanco della vita di miseria e di umiliazione, e rifiutato dalla società, decise di lasciare Roma (vi era dal 64) e di tornare in
Spagna. Dopo un viaggio pagato da Plinio il Giovane e dopo aver acquisito un podere grazie ad una ricca signora, a 60 anni si trovò
così di nuovo in una condizione di vita miserabile (visse in una casupola).
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b. l’estremo realismo
1. modo lirico di impadronirsi del reale
2. singolare disposizione ne confronti degli oggetti
3. forma poetica insita nelle cose
4. poesia degli oggetti e con gli oggetti
ii. [X 4] O tu che leggi Edipo e Tieste tenebroso, donne di Colchide e Scille, cosa leggi se non mostruosità?
Come fanno a piacerti questi vani scherzi di pura carta? Leggi ciò di cui la vita possa dire: “è mio”! Qui non
troverai Centauri, non Gorgoni, né Arpie: la mia pagina ha sapore di uomo [pagina nostra sapit…hominem]
iii. [prol. XII] Valerio Marziale al suo Prisco, salute So di dovermi far avvocato della mia contumacissima
pigrizia triennaIe, che non riuscirei a far assolvere nemmeno in mezzo alle occupazioni della città, grazie
alle quali riusciamo a sembrar molesti più che premurosi; figurarsi quindi in questa solitudine provinciale,
dove se non mi dessi accanitamente agli studi vivrei segregato senza consolazione e senza scusa. Ascolta
quindi le mie ragioni. La prima e la maggiore delle quali è che qui cercherei invano le orecchie della
Capitale, alle quali ero avvezzo, e mi sembra di litigare in un tribunale straniero: poiche se nei miei libretti v'
è qualcosa di piacevole è stato lo stesso ascoltatore a dettarmela; questa sottigliezza del gusto, questa
ingegnosità di argomenti, le biblioteche, i teatri, le riunioni in cui il piacere diventa senza accorgersene
conoscenza, in una parola tutto quel che ho lasciato in un momento di nausea, ora rimpiango come uno
spossessato. Aggiungi a questo il morso velenoso dei paesani e uno o due malevoli, che son troppi in un
posto piccolo, condizione nella quale è difficile avere tutti i giorni il fegato a posto; sicche non ti stupirai se
ho rigettato rabbiosamente occupazioni cui di solito mi applicavo con ardore. E tuttavia non volevo opporre
un rifiuto a te, che arrivi da Roma chiedendomi cose mie e verso il quale sarei un ingrato non facendo il
possibile, e mi son forzato a dedicarmi a ciò cui prima solevo dedicarmi con ardore, stendendo in pochi
giorni dei versi per offrire alle tue orecchie, così profondamente amiche, il pane del benvenuto. A te però
non sia grave esaminare e soppesare queste poesie, che soltanto presso di te non conoscono pericoli; e
giudicare senza troppa bontà (cosa per te difficilissima) le mie sciocchezze, in modo di mandare a Roma,
se così deciderai, un libro scritto in Spagna e non un libro spagnolo.
iv. allontanamento dalla poetica elevata
v. critica alla tragedia
vi. la mia opera, però, non è come la mia vita;
1. [I 4] Se per caso, Cesare, ti imbatterai nei miei libretti, smetti il tuo cipiglio di dominatore del
mondo. Anche nei vostri trionfi si usa accettare gli scherzi e non è vergogna per il generale offrire
spunto alle battute. Con la disposizione d'animo con cui ammiri Timele e il beffeggiatore Latino,
leggi, ti prego, i miei versi. Il censore può consentire gli scherzi innocui: le mie pagine sono
scabrose, ma onesta è la vita
vii. consapevole della propria grandezza
1. [I 1] Ed eccoti Marziale, che vuoi leggere e rileggere, noto in tutto il mondo per gli acuti libretti
d'epigrammi. Saggio lettore, gli hai donato invita quell’onore che ben pochi poeti ottengono da
morti
2. [X 33] e voglia confermare a viso aperto che non c'è poeta alcuno che versi componga di tal
genere, quando viene letto in tutto il mondo. Dirai che i libri miei appresero a serbare questa
norma: smascherare i vizi apertamente, risparmiare sempre le persone.
3. [I 61] Ama Verona i carmi del suo dotto poeta, Mantova è felice per Virgilio; la terra di Abano è
apprezzata per il suo Livio e non meno per Stella ed il suo Flacco. Plaude ad Apollodoro il Nilo
acquoso, hanno fama i Peligni per Ovidio, parla sovente Cordova faconda dei due Seneca e
dell'unico Lucano. Cadice, che è dei giuochi amante, gode della fama del suo Canio, come
Emerita per il mio Deciano: la nostra Bilbili di te si glorierà, Liciniano, né tacerà di me.
4. [V 13] O Callistrato, io te lo confesso, povero sono e sempre sono stato, ma non ignoto e cavalier
stimato. Son letto di frequente in tutto il mondo e «Questi è» si suole dir di me. Io ancor vivente ho
conseguito la fama che a pochi dà la morte.
viii. un gusto un po’ elitario (che, però, contraddice con la voglia di successo…
1. [IX 97] Crepa qualcuno d'invidia, carissimo Giulio,
perché Roma mi legge, crepa d'invidia;
crepa d'invidia perché
sempre in mezzo a una folla
sono indicato col dito, crepa d'invidia;
crepa d'invidia perché
l'uno Cesare e l'altro
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mi hanno concesso il diritto
dei figli tre, crepa d'invidia;
crepa d'invidia perché
c'è nel suburbio al sole
un poderetto per me, crepa d'invidia;
crepa d'invidia perché
ho una casetta in città, crepa d'invidia;
crepa d'invidia perché
sono diletto agli amici, crepa d'invidia;
crepa d'invidia perché
sono spesso invitato,
crepa d'invidia perché
tutti mi vogliono bene,
crepa d'invidia perché
piacciono i versi miei.
Chiunque or crepa d'invidia
crepi pure d'invidia.
2. [V 13] O Callistrato, io te lo confesso,
povero sono e sempre sono stato,
ma non ignoto e cavalier stimato.
Son letto di frequente in tutto il mondo
e «Questi è» si suole dir di me.
Io ancor vivente ho conseguito
la fama che a pochi dà la morte.
Ma poggia il tuo palazzo
su gruppi di colonne a centinaia
e il tuo forziere tiene ben serrate
le tue grandi ricchezze di liberto.
Il vasto suolo dell'egizia Siene
ti fornisce ogni gener di prodotti
e la gallica Parma va tosando
in tuo servizio greggi innumerevoli.
Siamo in cotesto stato io e tu:
non mai tu esser puoi quel ch'io sono,
può diventare invece quel che sei
qualsiasi zucca della nostra plebe.
3. [XI 24] Mentre ti scorto e riconduco a casa
ed ascolto le ciarle che garrisci
e lodo quel che dici e quel che fai,
quanti versi, Fabullo, in questo tempo
comporre avrei potuto!
Non ti pare che questo sia un bel danno,
se ciò che Roma legge
e lo stranier ricerca,
se ciò che non deride un cavaliere
e a memoria l'ha appreso un senatore
e viene lodato da avvocati
e un poeta qua e là rubacchia,
per causa tua se ne vada in fumo?
Questo, Fabullo, può sembrarti giusto?
E qualcuno potrebbe sopportare
che sia minore
il numero de' miei libri,
perché possa essere maggiore
quello dei tuoi miseri clienti?
A stento in quasi trenta giorni
una sola pagina ho composto.
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Questo, purtroppo, avviene
quando un poeta non vuol cenare in casa.
4. [IX 81] Aulo,
chi legge o ascolta i versi miei,
ne riman soddisfatto.
Pure un certo poeta va dicendo
che il ritmo loro non è esatto.
A dir vero, non me ne cura affatto:
curo che le portate dei miei pranzi
piacciano ai commensali, non al cuoco.
5. [XIV 194] C’è chi dice che non sarei poeta: il mio libraio non la pensa così.
c. anti-moralismo
i. [prol. I] Spero di aver mostrato tanta discrezione nei miei libretti che nessuno che abbia buona coscienza di
se possa lagnarsene, visto che gli scherzi che contengono non mancano del dovuto rispetto nemmeno alle
persone del più basso ceto: discrezione che in effetti mancò agli autori antichi, i quali abusarono di nomi
reali e persino di grandi nomi. Possa la mia fama conquistarsi a minor prezzo e si approvi in me un ingegno
nuovissimo! State lontani dai miei scherzi innocenti imitatori maligni e non copiateli: chi vuol sembrare
spiritoso coi libri altrui è un mascalzone. La nuda scabrosità della parola, che è la lingua propria
dell'epigramma, dovrei scusarla se fossi il primo ad esserne responsabile: ma così scrisse Catullo, così
Marso, Pedo, Getulico e chiunque si faccia leggere. Se poi c' è qualcuno così puritano da non poter
sopportare nessuna pagina scritta in latino schietto, si accontenti di questa prefazione e magari del solo
titolo del libro. Gli epigrammi sono scritti per quelli che vanno ai giochi di Flora. Non entri Catone nel mio
teatro, entrato stia Il buono a guardare. Ma mi sembra di avere il diritto di chiudere in versi la mia
prefazione: Conoscendo tu i riti cari a Flora giocosa, i loro scherzi, la sfrenata licenza popolare, perché mai
o severo Catone, sei entrato a teatro? Soltanto per uscirne?
d. la mordacità
i. [VIII 3] Gli epigrammi devono essere specchio della vita. Cinque erano abbastanza, sei o sette libretti sono
troppi. A che pro, Musa, scherzare ancora? Abbi ritegno e finisci, del resto la fama non può darmi di più: il
mio libro è maneggiato dappertutto. Quando le pietre della tomba di Messala corrose dalla muffa saranno
un mucchio di rovine e saranno polvere gli splendidi marmi di Licino, le bocche declameranno ancora e
moltissimi stranieri porteranno i miei carmi con se nella loro patria. Scriva queste cose chi è troppo austero
e pedante, chi, infelice, la lucerna vede sveglio in piena notte. Ma tu condisci con lo spirito romano i tuoi
piacevoli libretti: la vita possa leggervi e riconoscervi i suoi costumi. Lascia pure che il tuo canto sembri
accompagnato da un piccolo flauto, purché il tuo flauto superi le trombe di molti altri
3. tratti salienti dell’opera di Marziale
a. la brevitas e le sue ragioni
i. poesia di consumo
ii. genere umile e classicismo imperiale
b. la varietas e le sue ragioni
i. temi variegati
ii. caleidoscopico
iii. “complesso del provinciale”
iv. Libertus e libertinus
1. [III 33]
Preferisco la donna nata libera (ingenuam) / ma se non me la dà, ripiegherò / su una
liberta (libertina). L’ultima / è la schiava (ancilla): ma potrei preferirla / all’una e all’altra se
avrà la libertà (ingenua) d’un bel faccino.
2. diritto e stravolgimento parodico
3. subodrdinazione della donna e domina elegiaca
4. esperienza reale di vita ? No alla norma catoniana dialettica (divisio personarum) schiavo O libero
c. nella “cucina del poeta”
i. il sale dell’epigramma e iriferimenti alla satira
ii. farrago, sartago
iii. aceto, fiele, sale
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iv. il parere di Plinio jun. ep. III 21 (lettera a Cornelio Prisco)
(1) Audio Valerium Martialem decessisse et moleste fero. Erat homo ingeniosus acutus acer, et
qui plurimum in scribendo et salis haberet et fellis nec candoris minus. (2) Prosecutus eram
viatico secedentem; dederam hoc amicitiae, dederam etiam versiculis, quos de me composuit. (3)
Fuit moris antiqui eos, qui vel singulorum laudes vel urbium scripserant, aut honoribus aut
pecunia honorare; nostris vero temporibus ut alia speciosa et egregia ita hoc in primis exolevit.
Nam postquam desiimus facere laudanda, laudari quoque ineptum putamus. (4) Quaeris, qui sint
versiculi, quibus gratiam rettuli? Remitterem te ad ipsum volumen, nisi quosdam tenerem; tu, si
placuerint hi, ceteros in libro requires. (5) Alloquitur Musam, mandat, ut domum meam Esquiliis
quaerat, adeat reverenter: [segue testo]
(6) Meritone eum, qui haec de me scripsit, et tunc dimisi amicissime et nunc ut amicissimum
defunctum esse doleo? Dedit enim mihi, quantum maximum potuit, daturus amplius, si potuisset.
Tametsi, quid homini potest dari maius quam gloria et laus et aeternitas? At non erunt aeterna,
quae scripsit; non erunt fortasse, ille tamen scripsit, tamquam essent futura. Vale.
d. la lingua
i. mistilinguismo
ii. chiarezza
iii. volgarismi e storia della cultura
iv. varietà metrica e stilistica
v. linguaggio forte: Catullo antecedente ?
e. la comicità
i. barzelletta
ii. l’ajproçdovkhton [aprosdòketon]
iii. il fulmen in clausola
1. l’epigramma pare uno specchio tanto nitido quanto mobile, capace di afferrare e di fissure tutto […]
la punta epigrammatica non annulla il piacere di guardare […], il qudro non sussiste solo in
funzione della punta finale…[La Penna]
2. struttura bipartita: Erwartung + Aufschluss
iv. “struttura sillogistica”
1. [domanda + fulmen]
2. [proposta + domanda + risposta]
f. il “realismo”
i. contingenza della vita quotidiana
ii. descrizione impietosa della vita umana
1. galleria di difetti umani (scommatico)
2. maschere della realtà
3. passeggiata per Roma
4. “…è come vivere in un’Arancia meccanica…” (Vivaldi)
5. mondo buio, sordido, divertente, pericoloso, volgare
6. è il mondo dei clientes (patronus come “padrino”)
iii. gusto descrittivo
g. “poetica degli oggetti” (Salemme)
i. realismo espressivo sotto i Flavi (reazione all’imitazione neoclassica di Virgilio)
ii. rapporto con il potere: lodi di Domiziano, ma freddezza dell’imperatore
iii. ovvero
iv.
v.
vi.
vii.
viii.
MARZIALE
consenso
influenza di corte
integrato
tono aulico
propaganda (ama Domiziano)
dissenso
successo di pubblico
emarginato
sermo plebeius
epigrammi “repubblicani”
elenchi e indagine minuta: cumulatio
attenzione realistica verso gli oggetti
presenza del sermo vulgaris (ma non ha lo “scandalo” della pagina petroniana)
spontaneità popolaresca + lusus intellettualistico
remore: non realismo disincantato, ma lente deformante
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ix. il grecismo: non letterario e dotto, ma poplolare
x. modello (metrico, linguistico) è Catullo
xi. l’oggetto
1. si presta a giochi di parole
2. esprime una visione del mondo del poeta
h. galleria di varia umanità
i. nasi enormi, grassume, statura enorme, vecchie vogliose, anziani che sembrano giovani, donne deformi,
ricchi gaudenti, sedicenti filosofi e maghi, grammatici incapaci, poeti da strapazzo, medici pericolosi, ladri
incapaci, barbieri singolari, uomini maleodoranti, cene funestate da…, ladri di posate, ubriachi, seduttorie
ed erotismo, …
i.
j.
due voci della critica
F. Zagato, Marziale e i cento epigrammi proibiti, Newton&Compton, Roma 1985, pp. 7-13
i. “parole in ritirata”
ii. “la CNN dei poveri”
iii. “Novella 2000”: satira e pettegolezzi spicci
iv. Forattini è erede di Marziale
v. estrema modernità: basta sostituire nomi e date, i componenti vanno sempre bene
vi. non è un fustigatore di costumi
vii. non psicologo, ma cronista, reporter della vita
viii. calembour e il Montanellio delle “Stanze”
k. C. Vivaldi (cur.), Marziale, Epigrammi, Newton&Compton, Roma 1993, pp. 7-11
i. …è uno degli spiriti singolari della letteratura latina
ii. è un poeta puro, inadatto alla vita concreta
iii. ebbe riconoscimenti solo onorifici, mai pecuniari o concreti (interpretazione marxista, NdScanzo)
iv. grande favore della critica popolare, fu molto amato a Roma
v. temperamento iberico dell’attacco
vi. …delicato e finissimo, talvolta anche lezioso, spesso crudo e osceno, anche se mai compiaciuto o
pornografico; Marziale non è un vero poeta satirico, ma un lirico che sa fare dell’ironia garbatissima, che
conosce il rovescio della medaglia degli altri; egli non ci offende, non è amorale…
vii. …spesso l’interesse umano si abbassa a curiosità spicciola, l’osservazione illuminante a pettegolezzo e
Marziale diventa petulante, ciarliero, ridondante persino…
viii. c’è una assoluta mancanza di sentimentalismo
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4. alcuni epigrammi di Marziale
I 10
I 13
I 33
I 62
II 56
I 24
I 29
Gemello vuol sposare Maronilla,
la brama e la corteggia assiduamente,
la prega e le fa doni.
«Ma è veramente così bella?»
«Macché! non v'è nulla di più brutto.»
«Cos'ha dunque che piace e attira tanto?»
«Essa tossisce per tubercolosi.»
La casta Arria, consegnando al suo Peto
la spada estratta con le proprie mani
dalle viscere sue,
«Se merito fede,» disse,
«la ferita che ho fatto non duole,
ma quel che farai tu, Peto,
questo sì che mi duole».
Quando Gellia sta sola soletta,
non piange per il padre che ha perduto,
ma se qualcuno s'avvicina a lei,
scorre giù a comando
un pianto senza fine.
Chiunque cerca di essere lodato,
non piange, o Gellia;
sente il dolor veramente
chi piange in segreto.
La casta Levina, non da meno
delle antiche sabine,
sebbene più rigida essa stessa
del severo marito,
mentre nel bagno si rilassa,
ora nelle acque del Lucrino,
ora d'Averno,
e mentre spesso prende un bagno caldo
nelle terme di Baia,
ecco che cade in amoroso fuoco:
pianta il marito e segue un giovanotto:
come Penelope a Baia era venuta,
come novella Elena partì.
Tra i popoli libici tua moglie
è infamata, o Gallo, gravemente
di un'avidità senza misura.
Ma sono pure e semplici calunnie:
essa non suol ricever cosa alcuna.
Che cosa dunque suole fare?
Dare, dare se stessa.
Tu vedi, o Deciano, quell'uomo
dai capelli arruffati
e del quale temi tu stesso
il sopracciglio severo
e che sempre nomina i Curii
e i difensori Camilli?
L'aspetto austero di lui non t'inganni:
ieri fu donna.
Sento dire di te, Fidentino,
che recitando vai i versi miei,
spacciandoli per tuoi,
dinanzi a un uditorio numeroso.
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I 37
I 83
IX 15
III 8
III 28
III 39
IV 24
IV 36
IV 41
IV 79
I 30
VIII 74
Se permetti che siano detti miei,
gratis
io ti manderò gli epigrammi;
se brami invece che siano detti tuoi,
comprali:
così miei non lo saranno più.
Tu scarichi il superfluo del tuo ventre
in un infelice vaso d'oro,
né, Basso, tu te ne vergogni.
Tu bevi in un bicchiere, che è di vetro,
cachi dunque a prezzo più costoso.
Manneia, il tuo canino
ti lecca bocca e labbra:
or più non mi stupisco,
se piace al cane di mangiar la merda.
Sulle tombe dei sette suoi mariti
la scellerata Cloe
questa lapide pose:
«Sono opera mia.»
Si può esser più schietti di così?
«Quinto ama Taide.»
«Quale Taide?»
«Taide guercia.»
«Taide è cieca d'un occhio,
egli di tutti e due.»
Ti meravigli che l'orecchio di Mario
puzzi da far nauseare.
La colpa è tua soltanto:
tu, Nestore, ciarli nel suo orecchio.
Licoride la guercia, o Faustino,
ama un giovanotto, un Ganimede:
Come ci vede bene quella guercia!
Licoride, o Fabiano, ha seppellito
ad una ad una tutte le sue amiche:
o diventasse di mia moglie amica!
Bianca hai la barba, ma nera la chioma,
Olo. La causa è questa:
tinger la chioma puoi, la barba no.
Perché, quando t'accingi a recitare,
ti ravvolgi una sciarpa intorno al collo?
Più a noi tocca avvolgerla agli orecchi.
Tu nella mia casa tiburtina,
Matone, eri un ospite annuale,
di sera e di mattina.
Ora la compri: t'ho fregato!
T'ho venduto un podere ch'era tuo.
Fu già chirurgo Diaulo,
ora è becchino.
Nel modo che gli era possibile
cominciò ad essere medico.
Ora sei gladiatore e cavi gli occhi,
prima eri oculista.
Quello che ora fai da gladiatore,
da medico l'hai fatto.
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XI 62
I 73
V 34
I 94
II 42
V 43
V 61
Lesbia sostiene di non aver mai fatto l’amore
gratis; Vero: quando vuol far l’amore è solita
pagare
Non vi fu alcuno in tutta la città
che volesse toccare la tua moglie,
persino gratis, o Ceciliano,
mentre questo era lecito.
Ma ora che le hai posto dei custodi,
una turba di ganzi fa la fila:
sei certo un ingegnoso ruffiano.
A te padre Frontone,
a te madre Flaccilla
affido questa bimba,
bacio e delizia mia.
Che la piccola e tenera Erotion
non provi orrore per le ombre nere
e per le bocche mostruose
del tartareo cane.
Avrebbe intero compiuto il sesto inverno,
se fosse vissuta ancor sei giorni.
Oh, ch'essa giuochi e folleggi
tra i suoi patroni tanto vecchi
e cinguetti il mio nome
con la boccuccia ancora balbettante.
Ricopra una zolla non dura
le sue tenere ossa:
tu, terra,
non essere pesante su di lei:
essa su di te pesò sì poco.
Egle tu male hai cantato
finché sei stata fottuta.
Ma ora che canti bene,
non sei più da baciare.
Zoilo,
perché insudici tutta la tinozza
lavandoci dentro il deretano?
Per sporcarla di più
tuffaci il capo in giù.
Taide ha i denti neri,
Lecania li ha bianchi come neve.
Qual è la causa?
Questa li ha comprati, ha una dentiera,
quella mantiene i suoi.
Chi è, Mariano, cotesto ricciutello,
che sempre alla tua sposa sta attaccato?
Chi è cotesto ricciutello,
che sussurra all'orecchio delicato
di tua moglie non so che parole
e appoggia sulla sedia
il suo gomito destro
e anelli fa ruotare in ogni dito
e ha le gambe da peli non violate?
Non mi rispondi nulla?
- Egli sbriga gli affari di mia moglie.
- E sì, davvero è un uomo di fiducia
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VI 67
VII 3
VIII 12
VIII 51
IX 78
X8
X 43
XI 89
XII 7
XII 23
e lo mostra proprio nell'aspetto
di essere rigido amministratore:
Aufidio di Chio non certamente
è di lui più solerte.
Oh, quanto tu saresti stato degno,
o Mariano,
degli schiaffi sonori di Latino:
sei fatto per succedere a Pannicolo.
Sbriga gli affari di tua moglie?
Proprio quel ricciutello buono a nulla?
Costui non di tua moglie, o Mariano,
ma fa gli affari tuoi.
Non sai, o Pànnico, perché la tua Gellia
abbia d'intorno a sé soltanto eunuchi?
Essa vuol soddisfare i suoi capricci,
ma non ne vuol saper di partorire.
Perché, Pontiliano,
non ti mando i miei libri?
Per non ricevere in cambio,
Pontiliano, i tuoi.
Non voglio sposare una donna ricca.
Tu mi chiedi il perché?
Non voglio fare il principe consorte.
Deve la moglie al marito sottostare:
non altrimenti son marito e moglie.
Aspro ama una donna
bella, bella veramente;
ma egli l'ama ciecamente,
di fatto egli dunque l'ama
più di quel che veda.
Dopo i funerali
di sette suoi mariti,
Galla ha te sposato, Picentino:
penso voglia seguire i suoi mariti.
Paola brama di volermi sposo,
ma sposarla non voglio: è già invecchiata.
La sposerei, se fosse assai più vecchia.
Filero,
già viene seppellita nel tuo campo
la tua settima moglie.
A nessuno, Filero, a nessuno
un campo rende tanto quanto a te.
Polla,
corone di rose tu mi mandi,
pure da ogni contatto. Io preferisco
aver le rose che hai toccato tu.
Se Ligea ha tanti anni
quanti sono i capelli del suo capo,
essa ha tre anni.
Fai uso di dentiera e di parrucca
e non te ne vergogni.
Che farai, Lelia,
per l'occhio che ti manca?
Questo non si compra.
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Le vie della satira in epoca imperiale
1. premessa
a. dove l’avevamo lasciata
b. le difficoltà e i pericoli
c. le trasformazioni menippee
d. la concorrenza dei generi “realistici”
e. la fine e la trasformazione del genere
f. le costanti e le differenze
Persio (34-62 d. Chr.), il satirico oscuro
“…in Persio c’è il disagio a vivere in una società corrotta; abbiamo sintomi di rivolta contro la realtà, ma siamo estranei a
preoccupazioni materiali”
1. si non vis intellegi, non debes legi e la condanna di un Padre della Chiesa
a. poetica dell’espressione abnorme
b. non comprensibile facilmente
i. volutamente difficile
ii. metafore e cortocircuito del significato
iii. riprende Orazio in doppio registro: satirico e giambico
c. filosofo in versi, come Lucrezio (ma volto all’oscurità)
i. metro = per penetrazione piacevole del discorso
ii. concezione chirurgica della funzione filosofico-letteraria: curare costumi malati
1. vaporata aure
2. purgata aure
3. radere mores
4. secuit e fregit
d. ma: mezzo per attirare l’attenzione del lettore su temi difficli e morali
i. contraddizione interna
ii. per essere basilare il fine morale, dovrebbe essere chiaro
iii. evangelizzazione stoica
iv. sottrarre la letteratura ai lenocinii di qualunque genere
v. progetto ambizioso
1. satira moralmente impegnata
2. in uno stile aspro
3. raffinatissima
e. questo già con las celta difficile dei Choliambi
f. solipsismo
i. stile iper-elitario
ii. consapevolezza della frustrazione
iii. sperimentalismo verbale (V 21: secrete loquimur)
g. genere difficile ma sincero, contro l’insencerità di certi poeti e generi moderni
h. chiama la priopria opera carmen
i. letto Lucilio, cominciò a comporre
ii. ammirazione per l’arcaico
iii. riprende Lucilio ripensato da Orazio (continuamente si rispecchia in Orazio)
i. l’ “espressionismo” di Persio: potenzia e intensifica
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2. formazione
a. filosofica
b. stoicismo spagnolo
c. scuola dei Cornuti
d. ambiente “senecano”
e. favola >>> satira
f. cinismo e stoicismo
3. fortuna
a. toni pacati rispetto a Orazio
b. riprese medievali
Satire I 114-134
Lucilio morse
a sangue la città, e te, o Lupo, e te, o Mucio,
e ci si ruppe un molare. Lo scaltro Flacco punge i vizi
dell’amico inducendolo a sorridere, e accolto così nel cuore,
scherza esperto nel sospendere lagente al suo naso pulito.
E io non posso fiatare? Neanche di nascosto, o con la buca
di Mida? In nessun luogo? Ma scaverò qui: o mio libretto,
ho visto coi miei occhi: chi non ha le orecchie d’asino?
Questo segreto e questo mio riso – un nulla – non te li vendo
per nessuna Iliade. O tu, chiunque sii, toccato
dal soffio dell’audace Cratino, o impallidito per lo studio dell’iracondo
Eupoli e del sommo vegliardo, guarda anche me, le mie satire,
se per caso ci trovi qualcosa di ben cotto, a cui si appassioni
un lettore dall’orecchio purgato, non chi si diverte, sudicio,
a celiare sulle pianelle dei Greci, e pensa di poter dire «Guercio»
al guercio, credendosi qualcuno, imbaldanzito dall’italico onore,
per aver infranto – edile ad Arezzo – delle mezzette fasulle,
o quello che si crede furbo se ride dei numeri sull’abaco
e dei disegni tracciati sulla sabbia, pronto alle risa
se una sfacciata meretrice tira la barba a un cinico. A costoro
assegno di mattina l’editto del pretore, dopopranzo Callìroe.
Satire V 1-29
È costume dei poeti chiedere cento voci, cento
bocche, e desiderare cento lingue per i loro versi,
si tratti di un dramma che reciti a bocca aperta
il tragedo atteggiato a cordoglio, o delle ferite di un Parto
che si svelle il ferro dall’inguine. «A che miri con ciò? Che bocconi
di robusta poesia ingurgiti, perché ti servano cento
gole? I magniloquenti raccolgano nebbie sull’Elicona, se c’è
ancora qualcuno per cui dovrà bollire
la pentola di Progne o quella di Tieste, vivanda frequente di quell’insulso
Glicone. Ma tu non comprimi l’aria con l’ansante mantice
mentre il metallo fonde sul fuoco, né brontoli cupo
gracchiando fra te e te non so che cosa di solenne,
né tendi le gote rigonfie sino a farle scoppiare.
Usi le parole comuni, esperto nei costrutti energici,
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Choliambi, 1-14
Non ricordo di avere bagnato le labbra
nella fonte del cavallo né di avere sognato sul Parnaso
dalla doppia cima, cosi da diventare all’improvviso
poeta; le dèe dell’Elicona e la pallida Pirene
lascio a coloro le cui immagini lambiscono
attorte edere; io, mezzo paesano,
porto da me stesso i miei versi alla sagra dei vati.
Chi suggerì al pappagallo quel suo «Salve»,
e insegnò alle gazze a tentare le nostre parole?
Maestro d’arte e largitore d’ingegno il ventre,
un artista nell’imitare voci innaturali.
Poiché se brilli speranza del danaro ingannatore,
ti potrà capitare di credere che poeti corvi
e poetesse gazze stiano cantando il nettare di Pegaso..
qualche nota sui Choliambi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
posizione nel testo
struttura ad anello
imitatori contemporanei
sfraghis
rapporti con Ennio e i sogni
la coppia Properzio-Ovidio
II 119-120
E non mi sarà lecito nemmeno borbottare il mio pensiero ?
Nemmeno in una buca ? da nessuna parte ?
Qui allora lo seppellirò.
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nell’eleganza misurata, nello strigliare i vizi spettrali
e trafiggere la colpa con libero gioco. Trai
da qui il tuo dire, lascia a Micene le sue mense
di teste e piedi, attieniti ai pasti plebei».
Davvero non voglio che le mie pagine si gonfino di funebri
ciance buone soltanto ad emettere fumo.
Parliamo in disparte fra noi: ti offro ora, per esortazione
della Camena, il mio cuore da scrutare. Mi piace mostrarti,
Cornuto, dolce amico, quanta parte della mia anima
ti appartenga. Percuoti tu, accorto nel distinguere
ciò che suona pieno dall’intonaco d’una lingua dipinta.
Per questo si ardirei chiedere cento lingue,
per esprimere con voce chiara con quale profondità ti ho accolto
nei meandri del petto, e perché le parole rivelino quanto
d’ineffabile si celi nelle intime fibre del mio cuore.
4. la sua poetica
a. critica al genere epico altisonante (normale per l’epoca)
b. questione linguistica
i. il sermo
ii. lingua particolare e mista
iii. inserti bassi e volgari
iv. tono resta sempre alto
v. sartago loquendi: “frittura di parole”
1. solipsismo stilistico
2. distacco poeta-ascoltatore
vi. la satira come decoctius
1. pozione ristretta, brodo
2. infuso o ricotta
3. brevitas
vii. cachinnus: sfrenato, democriteo, “canino”
1. messa a punto di Orazio del ridicolo
2. lusus e ridiculum
3. funzione “medica” del ridere-purgare: svanito lo choc del’espressione, resta la soluzione
c. critica alle investiture (mitiche e tradizionali) poetiche
d. la questione del semipaganus
i. pagano, contro poeti sacri
ii. pagano = non letterato
iii. semipoeta
iv. guastafeste ?
e. critica all’effeminatezza dei costumi Romani
olute repubblicana antiorientale
i.
1. lingua e contenuto
a. verba togae
b. scelte formali (lessico, stile): lessico del reale
c. scelte sostanziali (contenuto, genere)
d. scelte culturali (reminiscenze latine e greche): iunctura acris
e. tipo di voce
i. os modicum vs. os magna sonaturum
f. scopo del poeta: radere, cauterizzar come un medico la società malata
2. olute
3. abbigliamento e trucco
4. amore e sessualità
ii. contraddizione
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f.
1. la sua lingua è leziosa
2. il suo stile artificioso
iii. convinzione maschilista del potere
la questione del contenuto
i. critica a tutta la sua società
ii. realismo dell’epoca e scelta del verum manzoniano
iii. parla a un pubblico raffinato: “realismo di facciata e maniera”
5. temi e contenuto delle satire
a. Nei Coliambi l’autore afferma di non aver conosciuto le consuete investiture poetiche, e di lasciare i luoghi sacri e gli onori della
poesia greca agli scrittori venerandi del passato, o a quelli che si illudono di saperli imitare. La prima satira affronta il tema della
produzione letteraria contemporanea. Persio mette in mostra il cattivo gusto, l’intima depravazione e il narcisismo dei poeti del
suo tempo, disposti a tutto pur di guadagnarsi il più tiepido degli applausi. Dal canto suo, indica i propri modelli: Lucilio e Orazio
fra i Romani, i poeti della commedia antica fra i Greci. La seconda satira, indirizzata all’amico Macrino, raccomanda di chiedere
agli dèi con semplicità, la salute del corpo e le migliori doti dell’animo. Non bisogna fare come quelli che pregano in silenzio per
non far sentire agli altri le loro richieste, inconfessabili o superstiziose; oppure come quelli che coprono d’oro le immagini divine,
credendo che anche gli dèi abbiano le stesse debolezze degli uomini. La terza satira è un ‘elaborata esortazione a non sprecare
la propria vita. Bisogna fare buon uso delle proprie giornate, e forgiare in tempo il proprio carattere, così da prevenire, finche si è
giovani, il radicarsi dei vizi. La quarta satira affronta, in due quadri, il tema del «conoscere se stessi». Il primo movimento
presenta un dialogo fra Socrate e Alcibiade che viene esortato ad aspirare a valori come la saggezza e la giustizia, piuttosto che
rincorrere il favore della folla, contando sulla propria bellezza e nobiltà. Il resto della satira sviluppa l’invito all’autocoscienza e ad
abbandonare l’abitudine di criticare i difetti altrui, senza riconoscere i propri. La quinta satira è la più ampia della raccolta ed è
nettamente divisa in due parti. Nella prima Persio torna a respingere i toni gonfi e altisonanti della poesia epica e tragica,
professando un’ispirazione modesta e riservata, insieme alla profonda amicizia che lo lega al suo Cornuto. Nella seconda,
svolge il tema della libertà, che dev’essere innanzitutto libertà interiore. Nella sesta satira, rivolta all’amico Cesio Basso, Persio
afferma di voler fare un uso moderato di ciò che possiede, biasimando gli avari e l’avidità degli eredi
b. critica dell’epoca
c. critica alla filosofia
i. eccezione per lo stoicismo
ii. eccezione per la politica
iii. libertate opus est
iv. tipologia diatribica
v. centralità della struttura dialogica
d. gusto impressionista per il macabro e lo scabroso
e. è un aristocratico che si finge plebeo
i. ovvero: è estraneo al mondo che racconta
ii. confronti
1. con il realismo del distacco
2. con Marziale, Fedro, Petronio
3. con Giovenale
iii. esalta l’aurea mediocritas: ma la pratica ?
iv. olute (?) deformazione della realtà
Persio colloca la sua produzione sotto il segno del verum, e si ricollega a Lucilio ed Orazio. Da Lucilio recupera l’aggressività, da Orazio il moralismo
ironico; è chiaro che Persio vuole riprendere dei modelli, ma non compie questo processo passivamente, fa innovazione rispetto ai modelli
(emulazione).
Pubblico:
Lucilio chiede un pubblico medio
Orazio rivolge le satire ad un gruppo d’amici
Persio richiede una competenza specifica, una certa preparazione e disposizione morale, ciò significa che il suo pubblico è moralmente e
culturalmente elevato, deve essere d’accordo con la sua critica alla letteratura contemporanea, deve aderire alla poetica del vero.
Tra i generi elevati prende in giro la tragedia, che usa dei miti assurdi e cita particolari macabri. Le tragedie per Persio sono delle sciocchezze:
questo genere è criticato per i toni troppo elevati. Persio vuole seguire i verba togae, le parole della toga, vale a dire il sermo, in altre parole la lingua
del popolo.
Questo autore vuole uno stile non troppo elevato, ma nemmeno sciatto. Non rinnega le indicazioni di Callimaco ed Orazio, quindi non rifiuta la
ricercatezza formale; parla di iunctura acris vale a dire la tendenza ad associare le parole in maniera ardita. Nonostante ciò, la forma non basta
perché tutto ciò che scrive deve avere un fine. La realtà cui Persio fa riferimento è quella dei mores, cioè dei comportamenti umani (vizi, virtù
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soprattutto). Del resto i mores che sono presi in considerazione sono i pallentes mores, i costumi corrotti. Compito del satirico è di intervenire per
curare questi costumi, è una specie di medico che cura le malattie della morale, e il mezzo è lo scherzo non volgare, per cogliere sul vivo il vizio; il
fine è moralistico, ed è rivolto non verso i colpevoli ma verso la colpa, viene meno l’attacco personale a differenza della satira antica.
Elemento essenziale del meccanismo satirico è la battuta, l’ironia, lo scherzo: è chiaro che se si analizzano le satire di Persio, queste risultano
percorse da una tensione morale e civile che esclude tutto un settore della tradizione satirica di Lucilio ed Orazio, ovvero la satira narrativa, dedicata
all’intrattenimento del lettore. Persio tralascia questo ambito e il suo obiettivo è quello di perseguire un fine etico e didascalico, con i suoi discorsi
vuol guarire i vizi dei suoi uditori.
Si mescolano:
1. influssi della satira precedente
2. spunti della diatriba stoico-cinica
3. dottrine stoiche.
Questi tre elementi emergono a turno, quindi è chiaro che l’importanza moralistica del problema non si limita a ripetere i temi della filosofia stoica,
ma diventa più complessa e sfaccettata.
Caratteristiche del personaggio del satirico
Ci sono alcuni tratti autobiografici; la figura del satirico presenta delle affinità con la figura del filosofo. Mentre Orazio canzonava la filosofia, Persio
mostra una fedeltà assoluta a un ideale di vita tutto votato alla ricerca della saggezza. C’è il prevalere di un atteggiamento negativo: lui prova l’ansia
di correggere ma difficilmente v’è una proposta ad agire, vuole però creare ripugnanza nei confronti del vizio.
Tutti i componimenti di Persio tendono a caratterizzarsi come la trattazione di un argomento morale. Da un punto di vista della struttura, le satire di
Persio non sono sistematiche, quindi non c’è un abbondante uso di esempi e digressioni, di aneddoti, mentre i nessi logici che costituiscono il filo
del ragionamento restano sottintesi, manca la struttura argomentativa, poiché dalla lettera lui vuol scaturire una riflessione attiva, vuole spronare
all’impegno morale per suscitare orrore nei confronti dei vizi; altro motivo è quello che spinge Persio a dare una visione concreta del suo pensiero,
che risulta sempre astratto, poiché nell’immagine c’è più chiarezza.
Linguaggio
Il linguaggio utilizzato è il sermo. Sono ripresi motivi delle satire di Orazio, ma il materiale linguistico oraziano è rimaneggiato, quindi c’è emulazione.
Persio manipola la lingua latina creando delle relazioni inedite tra le parole e anche tra i diversi aspetti della realtà; la parola serve a cogliere nuovi
rapporti all’interno della realtà stessa, che gli permettono di dare al lettore una visione insolita e provocatoria della vita (ricorda il Decadentismo, per
la ricerca di nuovi rapporti tra gli elementi della realtà).
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1. il velo eccita come la nudità che copre, e più
2. constatazione ironica delle false, comuni credenze della poesia
3. Choliambi
a. nome
b. metro
c. o Prologus ?
d. spezzatura del ritmo, rottura con la tradizione, sorpresa finale con aritmia del ritmo sincopato (con grecismi, con
melos e nectar)
4. chi ? io poetante e persona satirica
5. cosa sono ?
a. anticipo dell’invettiva
b. metro dello scherno
c. callimachismo
d. spiega la sua poetica con la negazione di quello che rifiuta
6. autentici ?
7. posizione ?
a. prologo alla prima satira o al libro ?
b. due parti ?
c. prologo a secondo libro ?
8. topos dell’iniziazione poetica
a. Platone, Ione
b. Ippocrene ed Esiodo
c. Verg
9. semipaganus
a. semi-poeta
b. urbanitas, autorità aulica dei vates
c. accusa a lui quando arriva a Roma ?
d. down to earth to realism
e. contro i contemporanei, contro i vates
f. paganus, pagus, pangere: versare, comporre (mezzo poeta)
g. paganus e Paganalia: la satura lanx e la satura letteraria
h. paganus prima del Cristianesimo: estraneo a…
10. pappagalli-gazze
a. animali ripetono quello che non capiscono
b. pappagallismo culturale
c. contro i seguaci, gli imitatori
d. accusa a poeti della generazione augustea (cfr. Giovenale: togli a Verg lo schiavetto…)
e. teoria del venter magister artis: cosa domina il guadagno o il bisogno ?
f. la vera Musa è il venter / nummus
g. topos del cliens
h. corruzione: letteraria, sociale e morale
11. Ringkomposition
12. Poesia e cibo
area semantica del bere vs. area semantica del mangiare
poesia “alta” = fons caballinus vs. carmen nostrum = piatto di primizie
area semantica del mangiare vs. area semantica del bere
venter = imitazione dei modelli vs. speranza del nummus = apparente bevuta alla fonte di Pegaso
“Il sottoscritto, sia chiaro, non ha mai risciacquato la bocca all’ Ippocrene, la famosa fonte che il quadrupede Pegaso creò con
un colpo di zoccolo. E faccio uno sforzo, tento di ricordare: in vita mia, mi sono mai assopito sul monte Parnaso? A
me sembra proprio di no. Anzi, zero assoluto: poeta in un batter d’occhio non lo son di certo diventato, io! I discorsi sulle
Muse non mi interessano per niente. Eccole! Tenetele per voi! Le lascio volentieri ai nomi dei grandi vati, quelli ritratti in
busti di marmo pregiato nelle biblioteche, con tanto d’edera a cingerne la testa. Io, mezzo paesano, scrivo lo stesso. È
tutta farina del mio sacco, questa che leggerete tra poco: la satira, fresca, genuina; la offro alla sagra paesana, il mio dono alla
Poesia. Qual è il motivo per cui i pappagalli ripetono hallo! hallo! tutto il tempo? E le gazze? Scimmiottano anch’esse il
linguaggio umano come possono. Lo stomaco, quando si fa sentire, morde; è il maestro, ti dona l’arte e la tecnica persino per
andare contro natura! Perciò, se il dio denaro in persona facesse la propria offerta, la speranza di una vita da ricco,
chiunque direbbe convinto: sentite come canto! Puro nettare! Divino!”
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Giovenale (50-127 d. Chr.), la fine della forma satirica
“…della sua vita non sappiamo quasi nulla, a eccezione delle notizie (pericolose) autoschediastiche; poche note ci vengono
dagli epigrammi di Marziale. Rivoluzionò la satira; fu umiliato dalla condizione di cliente: e questo spiega molto della sua misera
esistenza. Tutta la sua vita è rabbia: Giovenale ce l’ha con il mondo…”
“…questo lo pone nella situazione astorica e impietosa poiché soltanto polemica di chi ha fatto satira antifascista a regime
abbattuto, o ha tuonato contro Stalin dopo l’accertamento definitivo dei suoi crimini…”
1. differenze di tono: le nuove vie della satira
a. Persio: rivolta contro la realtà
b. Giovenale: protesta sociale
i. lungo la traccia segnata da Lucilio
ii. solennità pseudo-epica e parodia/ironia come in Petronio (tono alto-tema basso)
iii. satira del pieno e dell’eccesso
iv. il più impersonale ed elusivo dei satirici romani
2. dichiarazioni programmatiche e scelte di poetica
Satire I [passim]
Succube sempre starò io ad ascoltare?
Vessato a non finire
dalla Teseide di quel Cordo ottuso,
mai ne otterrò vendetta?
Chiunque potrà leggermi commedie o elegie
senza correre rischi?
Consumeranno i miei giorni un Tèlefo smisurato
o un Oreste, che deborda sul recto
e sul verso dai margini del libro
e non finisce mai,
senza subirne pena?
[…]
Ma perché abbia scelto di lanciarmi nel campo,
dove il grande figlio di Aurunca
costrinse i suoi cavalli,
se avete tempo e pazienza d'udire
le mie ragioni, lo dirò.
[…]
Ma chi può sopportare una città
cosí perversa?
Bisognerebbe essere di ferro
per trattenersi, quando davanti ti passa
Matone, l'avvocato,
stravaccato nella lettiga nuova,
con quel delatore degli amici piú cari
che lo segue, pronto ad arraffare i brandelli
di una nobiltà dissoluta
(e se Massa lo teme, Caro lo blandisce,
Latino gli prostituisce pavido Timele).
O ancora quando t'impone di farti in là
gente che si guadagna i testamenti
ogni notte, gente che la via piú sicura
oggi a far fortuna, la vulva
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VI 634-661
Non crediate che inventi tutto,
perché la mia satira assuma
la dignità della tragedia
o perché, trascendendo
norme e limiti della tradizione,
io voglia a gran voce intonare un carme
nello stile di Sofocle
ancora ignoto ai monti rútuli e al cielo latino.
Magari tutto ciò fosse delirio!
Ma Ponzia grida: 'Io sono stata, lo confesso:
ai miei figli ho dato io il veleno.
M'hanno colta sul fatto, è ovvio:
un delitto, sí, l'ho commesso io!'.
Due in una sola cena, vipera maledetta,
due... 'Anche sette, se sette fossero stati.'
Non ho dubbi: dobbiamo credere
a ciò che raccontano i tragici
sulle atrocità di Procne e Medea.
Mostruosità orrende
perpetrarono ai loro tempi,
è vero, ma almeno non per denaro.
Mi stupiscono meno questi orrori,
quando è l'ira che spinge le donne a commetterli,
la rabbia arroventata della bile
che le trascina a precipizio,
come rocce divelte dalla cima,
perché del monte vien meno il sostegno
e del pendio crolla a valle il terreno.
Ma chi non posso sopportare
è la donna che a mente fredda
per calcolo commette un crimine.
Assistono alla tragedia di Alcesti
che muore al posto del marito:
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d'una vecchia danarosa, porta alle stelle
[…]
Come dar voce all'ira,
che mi rode d'arsura il fegato,
quando vedo un predone
che, costretto il pupillo al marciapiede,
schiaccia la gente con la masnada dei suoi,
o un altro condannato a vuoto in tribunale?
Cosa è mai l'infamia, se il denaro è al sicuro?
[…]
L'onestà vien lodata, ma muore di freddo.
Ai delitti si devono i giardini,
i palazzi, i banchetti, gli argenti d'antiquariato
e le coppe a rilievi di caproni.
Come si può dormire
tra seduttori di nuore venali,
tra promesse spose cosí sfrenate
e amanti adolescenti?
L'indignazione farà poesia,
se manca il genio,
come può, come posso farla io
o qualsiasi Cluvieno.
Tutto ciò che travaglia gli uomini,
sin dal tempo in cui Deucalione,
tra gli scrosci che gonfiavano il mare,
con la nave raggiunse in cima il monte
a chiedere il proprio destino
e a poco a poco il soffio della vita
sciolse al suo calore le pietre
e ai maschi Pirra offrí vergini ignude,
tutto ciò, desideri, collera e terrori,
piaceri, gioie e affanni,
tutto si mescola nel mio libretto.
Fu mai piú prolifico il vizio?
Quando di piú la sete di denaro
protese le sue mani?
Quando mai fascino uguale vi fu nel gioco?
Nelle bische non si va piú con una borsa,
come posta ci si gioca la cassaforte.
[…]
Ma il patrono prima ti scruta bene in faccia
per timore che tu venga al posto di un altro
e lo richieda sotto falso nome.
Se ti riconosce, l'avrai.
[…]
Sfiniti e ormai senza speranza,
malgrado quella di cenare
nell'uomo sia la piú tenace,
i vecchi clienti abbandonano le soglie
per mettere insieme due cavoli e la legna.
Come un re intanto il patrono
ingozzerà quanto di meglio
si trova nei boschi e nel mare,
sdraiato tutto solo nel triclinio vuoto.
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se fosse proposto loro uno scambio simile,
per salvare la vita alla cagnetta
preferirebbero la morte del marito.
Danaidi, Erífili puoi incontrarle
a frotte ogni mattino;
non c'è vicolo che non abbia la sua Clitemnestra.
La sola differenza
è che la famosa Tindaride
impugnava a due mani
una rozza e malridotta bipenne;
oggi si risolve il problema
con un impalpabile polmone di rospo:
al ferro si ricorre solo
nel caso che l'Atride si sia mitridatizzato
sorbendo per prudenza il farmaco
di quel re del Ponto che fu vinto tre volte.
2015, http://www.scanzo.eu
È di una razza, che su tavole
belle, spaziose e antiche
si mangia in solitudine
interi patrimoni.
Niente scrocconi. Ma nulla è piú sordido
di questi eccessi.
[…]
Di peggio niente è possibile che l'umanità
aggiunga in futuro ai nostri costumi:
chi ci seguirà, scimmiottandoci,
vorrà le stesse cose,
perché il vizio ha toccato il fondo.
Sciogli le vele, distendile al vento!
Mi dirai: 'C'è materia, sí,
ma dov'è il genio? E la naturalezza
che, infiammando l'animo loro,
avevano gli antichi
nel dire qualunque cosa volessero?'.
Credi che non osi far nomi?
[…]
'Se lo incontri, premiti il dito sulle labbra;
basta che tu dica: è lui, e finisci incriminato.
Vuoi vivere tranquillo?
fai duellare Enea col sanguinario Turno;
ricorda: la morte di Achille
o la ricerca affannosa di Ila
scomparso insieme all'anfora,
no, non fanno male a nessuno.
Ma ogni volta che Lucilio, la spada in pugno,
freme di sdegno, chi l'ascolta,
con la mente stretta dai propri crimini,
si fa di fuoco
e il cuore trasuda colpe segrete.
Odio e lacrime alla fine. Pensaci bene
prima di dar fiato alle trombe:
con l'elmo in testa non si evita il duello.'
Rimane un tentativo:
vedere se posso almeno dire qualcosa
contro quelli che son sepolti
lungo la Flaminia o la via Latina.
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Giovenale: elementi della sua poetica
satira I, passim
Succube sempre starò io ad ascoltare?
Vessato a non finire
dalla Teseide di quel Cordo ottuso,
mai ne otterrò vendetta?
Chiunque potrà leggermi commedie o elegie
senza correre rischi?
Consumeranno i miei giorni un Tèlefo smisurato
o un Oreste, che deborda sul recto
e sul verso dai margini del libro
e non finisce mai,
senza subirne pena?
[…]
Ma perché abbia scelto di lanciarmi nel campo,
dove il grande figlio di Aurunca
costrinse i suoi cavalli,
se avete tempo e pazienza d'udire
le mie ragioni, lo dirò.
[…]
Ma chi può sopportare una città
cosí perversa?
Bisognerebbe essere di ferro
per trattenersi, quando davanti ti passa
Matone, l'avvocato,
stravaccato nella lettiga nuova,
con quel delatore degli amici piú cari
che lo segue, pronto ad arraffare i brandelli
di una nobiltà dissoluta
(e se Massa lo teme, Caro lo blandisce,
Latino gli prostituisce pavido Timele).
O ancora quando t'impone di farti in là
gente che si guadagna i testamenti
ogni notte, gente che la via piú sicura
oggi a far fortuna, la vulva
d'una vecchia danarosa, porta alle stelle
[…]
Come dar voce all'ira,
che mi rode d'arsura il fegato,
quando vedo un predone
che, costretto il pupillo al marciapiede,
schiaccia la gente con la masnada dei suoi,
o un altro condannato a vuoto in tribunale?
Cosa è mai l'infamia, se il denaro è al sicuro?
[…]
L'onestà vien lodata, ma muore di freddo.
Ai delitti si devono i giardini,
i palazzi, i banchetti, gli argenti d'antiquariato
e le coppe a rilievi di caproni.
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Come si può dormire
tra seduttori di nuore venali,
tra promesse spose cosí sfrenate
e amanti adolescenti?
L'indignazione farà poesia,
se manca il genio,
come può, come posso farla io
o qualsiasi Cluvieno.
Tutto ciò che travaglia gli uomini,
sin dal tempo in cui Deucalione,
tra gli scrosci che gonfiavano il mare,
con la nave raggiunse in cima il monte
a chiedere il proprio destino
e a poco a poco il soffio della vita
sciolse al suo calore le pietre
e ai maschi Pirra offrí vergini ignude,
tutto ciò, desideri, collera e terrori,
piaceri, gioie e affanni,
tutto si mescola nel mio libretto.
Fu mai piú prolifico il vizio?
Quando di piú la sete di denaro
protese le sue mani?
Quando mai fascino uguale vi fu nel gioco?
Nelle bische non si va piú con una borsa,
come posta ci si gioca la cassaforte.
[…]
Ma il patrono prima ti scruta bene in faccia
per timore che tu venga al posto di un altro
e lo richieda sotto falso nome.
Se ti riconosce, l'avrai.
[…]
Sfiniti e ormai senza speranza,
malgrado quella di cenare
nell'uomo sia la piú tenace,
i vecchi clienti abbandonano le soglie
per mettere insieme due cavoli e la legna.
Come un re intanto il patrono
ingozzerà quanto di meglio
si trova nei boschi e nel mare,
sdraiato tutto solo nel triclinio vuoto.
È di una razza, che su tavole
belle, spaziose e antiche
si mangia in solitudine
interi patrimoni.
Niente scrocconi. Ma nulla è piú sordido
di questi eccessi.
[…]
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Di peggio niente è possibile che l'umanità
aggiunga in futuro ai nostri costumi:
chi ci seguirà, scimmiottandoci,
vorrà le stesse cose,
perché il vizio ha toccato il fondo.
Sciogli le vele, distendile al vento!
Mi dirai: 'C'è materia, sí,
ma dov'è il genio? E la naturalezza
che, infiammando l'animo loro,
avevano gli antichi
nel dire qualunque cosa volessero?'.
Credi che non osi far nomi?
[…]
'Se lo incontri, premiti il dito sulle labbra;
basta che tu dica: è lui, e finisci incriminato.
Vuoi vivere tranquillo?
fai duellare Enea col sanguinario Turno;
ricorda: la morte di Achille
o la ricerca affannosa di Ila
scomparso insieme all'anfora,
no, non fanno male a nessuno.
Ma ogni volta che Lucilio, la spada in pugno,
freme di sdegno, chi l'ascolta,
con la mente stretta dai propri crimini,
si fa di fuoco
e il cuore trasuda colpe segrete.
Odio e lacrime alla fine. Pensaci bene
prima di dar fiato alle trombe:
con l'elmo in testa non si evita il duello.'
Rimane un tentativo:
vedere se posso almeno dire qualcosa
contro quelli che son sepolti
lungo la Flaminia o la via Latina.
satira VI
Descrivere carri, cavalli, i volti degli dei
e delle Erinni che accecano Turno,
è impresa di mente ispirata,
non angosciata di dover trovare una coperta.
Togli a Virgilio lo schiavetto
e una casa decente:
dal capo della Furia
cadrebbero tutti i serpenti
e, muta, piú non squillerebbe
con suoni cupi la tromba di guerra.
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Giovenale, la povertà e la lotta di classe
I.
il problema: satira VII
magnae mentis opus nec de lodice paranda
attonitae currus et equos faciesque deorum
aspicere et qualis Rutulum confundat Erinys.
nam si Vergilio puer et tolerabile desset
hospitium, caderent omnes a crinibus hydri,
surda nihil gemeret graue bucina
a.
b.
c.
d.
e.
Descrivere carri, cavalli, i volti degli dei
e delle Erinni che accecano Turno,
è impresa di mente ispirata,
non angosciata di dover trovare una coperta.
Togli a Virgilio lo schiavetto
e una casa decente:
dal capo della Furia
cadrebbero tutti i serpenti
e, muta, piú non squillerebbe
con suoni cupi la tromba di guerra.
povertà che affligge i poeti
il vate non può esprimersi se la sua pancia è vuota
solo un animo anxietate carens permette di dedicarsi alla poesia
la maesta paupertas non permette gli “entusiasmi”
esempi: Orazio e Virgilio (se hai preoccupazione di come avere una coperta, non scrivi)
II. la questione
f. critica “tradizionale”
i. generalmente si insiste sulla “poetica dell’indignatio”
ii. si pensa a Giovenale poeta arrabbiato
iii. la poesia, dunque, è frutto di un momento fortuito
g. la “lettura di classe”
i. Giovenale è inquadrabile in una classe ben precisa
1. era un cliens
2. era un provinciale
3. era un poveraccio
a. medio-borghese
b. forse nobile decaduto da quando a Roma (epigrafi di Equino [?])
i. le vitae giovenaliane
ii. osmosi sociale
iii. eques Romanus
iv. esilio in Egitto
ii. siamo in una società di apparenze
1. povertà è fonte di amarezze
2. umiliazione e privazione
3. attenti allo stereotipo moderno
iii. vita difficile
1. invidia sociale
2. vita nei cenacula di Roma (Lumpenproletariat)
iv. polemiche e guerre tra poveri
1. a livello di “politica estera”: anti-immigrazione
2. a livello di “politica (sociale) interna”: passatismo “contadino”
a. esalta virtù plebee
b. esalta la semplice vita
c. esalta la repubblica (?)
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3. note sulla poetica
a. è una satira che nasce a caldo (indignatio)
i. non mediata
ii. impressionista
iii. free style
iv. conta poco la cura formale
b. farrago
i. la scelta ha ripercussioni sulla pagina
ii. Giovenale è un fiume in piena
iii. è opposto a Persio nello stile
iv. far: linguaggio misto come bevanda di farro
c. contenuto realistico
i. confronto con Persio
ii. simile alla pagina di Marziale che sa di uomo
iii. attività umane
iv. no temi mitologici
v. descrive vitia, non li critica
vi. non è moralista
d. perché ride e non piange ?
i. “psicologia dei poveri”
1. sdegno
2. disperazione
3. indignazione
4. rabbia
5. scherno
6. derisione
ii. 2 fasi: I [indignatio] + II [rigidus cachinnus]
e. Il rombo e la vestale: satira contro Domiziano ?
f. la neccessità di una rivoluzione della satira
i. storno di linguaggio drastico
ii. storno di linguaggio elevato
iii. restizione al presente
iv. restirizone alla materia repellente
g. contaminazione e carnevale
4. i bersagli polemici di Giovenale, quali capri espiatori del malessere sociale o dei mali della società
a. ricchezza e suo uso indiscriminato
b. le distinzioni sociali (marxista ?)
c. la “guerra tra poveri” dei clienti
d. contro i diversi (come Petronio)
i. stranieri (III 41: Romae quid agam ? Mentiri nescio)
1. Greci
2. orientali
3. ebrei
ii. omosessuali maschili passivi
iii. donne
iv. intellettuali asserviti al potere
v. truffatori
1. cacciatori di eredità
2. sfruttatori
3. soldati
vi. pedofili e corruttori di bambini (XIV 47: maxima debetur puero reverentia)
vii. mostruosità e loro speculatori
viii. contro sfruttatori degli schiavi
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5. note varie sull’opera di Giovenale
a. dall’impressionismo alla deformazione della realtà
b. tono non è così basso come vorrebbe farci credere
c. tanta rabbia e impotenza
d. la povertà rende l’uomo ridicolo
e. mancano basi filosofiche come finora
i. superamento della linea Orazio-Persio
ii. risalita alla sorgente Lucilio
f. desolazione
i. dei poeti
ii. laudatores temporis acti
g. razzista ?
h. emarginato ?
i. democratico ? marxista socialista ?
6. Approfondimento: la satira VI, contro le donne
a. capolavoro di Giovenale
i. più famosa, più estesa (661 vv.)
ii. vertice massimo della misoginia antica
iii. base per la misoginia cristiano-medievale
b. suasoria anti-nuziale
i. (come invito a… per la filosofia)
ii. la sat V è invito anon fare il cliens
1. 5/6; cliens e marito
2. marito e moglie
3. patronus e cliens
iii. epitalamio al contrario
iv. misoginia e misogamia
v. contro il paradosso romano: sposarsi è rinsavire (qui è furor)
c. inventa molto, ma molto è ripreso dalle figure tradizionali
d. tutto è a minori dalla figura della matrona romana
i. atroce e senza pietà
ii. breve carrellata
1. ricchezza, adulteri, deboscie, lesbismi, manie
2. corruzioni, omicidi, vendette, inganni, avvelenamenti
3. prostituzione, perversione
e. mulier ianua diaboli
f. colpa dell’elegia: ha reso l’uomo passivo e ha concentrato nella donna troppi poteri
g. breve schema sinottico del contenuto
i. Pudicitia ha abbandonato la terra alla fine dell’età dell’oro, schifata dalle donne
ii. Postumo, amico di Giovenale, vuole sposarsi:
1. con corde e finestre, perché morire così ?
2. non è meglio dormire con un ragazzo ?
3. nulla più come la moglie montanara (peli, ghiande, flatus ventris, lana)
4. donna dei tuoi sogni non c’è
5. tutte prostitute, perfino le imperatrici
a. il caso di Messalina, madre di Claudio
b. diventa Licisca, parrucca bionda in un bordello
6. prepàrati a portare il giogo
7. la suocera è tremenda
iii. cosa fanno di negativo le donne
1. vogliono parlare greco
2. fanno ginnastica
3. vogliono andare in guerra
4. rinunciano al sesso
5. ricche e sofisticate
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6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
a. hanno perso castità
b. in ogni casa c’è almeno una prostituta
c. farle custodire non serve: chi guarderà le guardie ? Perfino gli eunuchi…
vogliono studiare
parlano con gli uomini
fanno il bagno
bevono vino
amano i gioielli
si truccano
spendono soldi, amano il lusso
seguono oroscopi
conoscono magia
bisogna frustarle, altro che Didone…
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