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13-06-2010 sezione: HOME_SPETTACOLO
Musica del "senatore" per Mishima: il "ragazzo" dirige
Mahler e Bernstein
ROMA (13 giugno) - L'anziano compositore e il giovane interprete. Il Festival affida le
sue fortune musicali a due artisti separati da quasi sessant’anni di età. Perché se ad
aprire la rassegna sarà l’84enne Hans Werner Henze con la sua opera Gogo no eiko,
per la prima volta in Italia in forma scenica nella versione in lingua giapponese, sul
podio per il tradizionale concerto in piazza di chiusura salirà il 26enne venezuelano
Diego Matheuz. In fondo è la ricetta di sempre del “Due mondi”: puntare sulla
freschezza di nuovi talenti (come fu nel caso di Thomas Schippers) e insieme sul
prestigio di figure già entrate nella storia.
Ed è già entrato nella storia della musica Henze, il compositore tedesco più importante
della seconda metà del ‘900 con Karlheinz Stockhausen. Il maestro, che vive da molti
anni in Italia, ha nel suo catalogo un’opera con libretto in giapponese, caso più unico
che raro per un musicista europeo: Gogo no Eiko, appunto. In realtà l’opera, tratta da
un racconto dello scrittore giapponese Yukio Mishima, vide la luce in tedesco nel 1990
col titolo Das verratene Meer (Il mare tradito). Poi nel 2003, a Tokyo, Henze volle che il
libretto fosse tradotto in giapponese e arricchì il lavoro di 20 minuti di musica. In
seguito, per la rappresentazione al Festival di Salisburgo del 2006, scrisse altri 30
minuti di nuova musica. Venerdì 18 l’opera viene proposta al Teatro Nuovo nella
versione salisburghese in un nuovo allestimento con la direzione di Johannes Debus,
la regia di Giorgio Ferrara e Ji Hye Son, Carlo Kong e Ugo Kim nei ruoli principali.
La storia. Fusako, giovane vedova, vive col figlio Noboru, che ogni sera dalla sua
stanza la spia nell’intimità. Di Fusako s’innamora l’ufficiale di marina Ryuji, che,
inizialmente benvisto da Noboru, quando decide di sposare la donna e lasciare il mare
delude il ragazzo e la sua banda di amici che vedevano in lui un eroe, uno spirito
avventuroso; in più Noboru lo considera un inetto perché non l’ha punito dopo aver
scoperto che spiava lui e la madre. Così Ryuji viene attirato in un tranello dai ragazzi
che lo uccidono.
Spiega il maestro Henze: «Ho letto tutti i libri di Mishima con crescente interesse e
ammirazione. In Gogo no eiko ho trovato una specie di stilizzazione del teatro barocco
francese. Già leggendo il romanzo per la prima volta mi hanno attratto eleganza e
naturalezza della forma: mi sembrava ideale per essere musicato perché i contrasti
sono fortissimi e invitano il compositore a creare simili sonorità (robuste e tenere)
adatte al teatro».Che problemi ha comportato la traduzione del libretto in giapponese?
«A Tokyo è stata fatta da un mio ex-studente, Toshiro Saruya. Non so se il suo lavoro
sia buono o no perché non so il giapponese. L’unica cosa che posso dire è che il
suono che fanno i cantanti (giapponesi e coreani) è bello e si fonde con gli strumenti in
maniera meravigliosa,molto commovente». Come è strutturata l’opera? «Volendo, in
questo dramma in musica si può vedere l’orchestra come un terzo elemento. C’è una
parte femminile in forte contrasto con quella maschile, mentre la musica rappresenta il
mare misterioso,pericoloso. In alcuni dei miei lavori teatrali i personaggi principali
hanno uno strumento o un gruppo di strumenti eletti come fedeli accompagnator. Ma in
Gogo no eiko l’orchestra è omnipresente e rappresenta, come ho detto, il mare. Ciò
non esclude la presenza di strutture tradizionali per aiutare il pubblico a seguire meglio
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l’andirivieni di anima e corpo».
Quasi a esorcizzare le atmosfere cupe di Gogo no eiko,il festival si chiuderà con un
programma di tutt’altro genere, imperniato da una parte sugli scatenati ritmi
sudamericani delle Danze Sinfoniche da West Side story di Bernstein e dall’altra sulla
Sinfonia n. 1 “Il Titano” di Mahler,che pur con i suoi contrasti, le sue lacerazioni, il suo
umorismo grottesco suona come un inno gioioso al sentimento della natura. Sul podio
dell’Orchestra Verdi di Milano, in Piazza Duomo domenica 4 luglio, un giovane in
ascesa:Diego Matheuz, direttore venezuelano che sta un po’ ripercorrendo la carriera
di Gustavo Dudamel. Come quest’ultimo è uscito dal sistema delle orchestre giovanili
venezuelane creato da José Antonio Abreu. Ha già diretto importanti orchestre italiane
tra cui quella di Santa Cecilia ed è stimato da Claudio Abbado, che, malato, gli ha
lasciato la bacchetta per l’inaugurazione del Ravenna Festival con l’Orchestra Mozart,
di cui Matheuz è direttore principale ospite. Anche Dudamel, inoltre, ha diretto al
Festival dei Due Mondi: nel 2006, quando aveva più o meno la stessa età che adesso
ha Matheuz.
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