leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 3 Cattivi presagi AlessAndrA pepino cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 4 CATTIVI PRESAGI © 2014 Alessandra pepino © 2014 Atmosphere libri Via seneca 66 00136 roma www.atmospherelibri.it atmospherelibri.wordpress.com [email protected] redazione a cura de il Menabò (www.ilmenabo.it) i edizione nella collana Biblioteca del giallo ottobre 2014 Finito di stampare nel mese di ottobre 2014 presso Csr - roma per conto di Atmosphere libri isBn 978-88-6564-111-8 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 5 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 6 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 7 A Massimo e a Paola, per aver reso ogni cosa possibile. cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 8 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 9 “Non è necessario credere in una fonte sovrannaturale del male: gli uomini da soli sono perfettamente capaci di qualsiasi malvagità”. Joseph Conrad cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 10 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 11 Chissà perché nessuno mai si premura di spiegarti che cosa è, veramente, la morte. Nessuno che si prenda la briga di raccontartela per davvero, piuttosto che nasconderla dietro il velo rassicurante di un oltre dall’inafferrabile consistenza. Sarebbe utile, invece, arrivare a questo snodo cruciale della vita con un libretto delle istruzioni già letto e interiorizzato. Io, per esempio, nemmeno lo immaginavo si potesse provare così tanto dolore tutto insieme. L’ho capito troppo tardi, quando ormai le sue mani – quelle mani malvagie, piena di vene e di collera – mi avevano già avvolta per cingermi nel loro abbraccio mortale. Quello che è successo dopo non sarei in grado di raccontarlo, tanto è avvenuto rapidamente: dicono prenda forma così la danza propiziatoria della morte, quella che ti alita addosso col suo f iato caldo e inconsistente. Quando ho sentito il suo ginocchio puntarsi con violenza dietro la mia schiena e un corpo estraneo cingermi il collo, come un cappio, il mondo aveva già preso a rotearmi davanti agli occhi, come un caleidoscopio. Il primo pensiero che mi ha attraversato la testa, mentre l’aria trovava già sbarrata la strada per arrivare ai polmoni, è stato che non avrei mai più potuto sapere cosa si provi a sentirsi crescere dentro un f iglio f ino a vederlo venire al mondo. Me ne sarei andata prima, con i miei inutili anni alle spalle e un futuro inesploso davanti. Poi ho pensato ai posti che non ho mai visto, quelli che nel tempo avevo segnato con il pennarello rosso sulla cartina, con un cerchio di diverse dimensioni, in ordine di priorità. Uno si immagina di morire pensando alle persone più care, un genitore, un marito, un fratello. Io invece, mentre morivo, ho pensato a nient’altro che a me stessa. cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 12 Il destino ha voluto farsi gioco di me, decidendo di prendermi con sé proprio stasera che sembra che qualcuno, ai piani alti, abbia dimenticato di chiudere i rubinetti dell’acqua. Io che ho sempre avuto una paura irrazionale dei temporali, f in da quando ero bambina. Strano, vero? Sembravo impermeabile a tutto, alle diff icoltà come alle critiche, e invece me la facevo sotto per quattro gocce d’acqua. In realtà non era tanto la pioggia che scroscia sulle ali del tuono a mettermi a disagio, quanto il senso di precarietà che le nuvole portano con sé, la loro totale arrendevolezza alle scorrerie del vento. Sono sempre stata una roccia, non c’è mai stato vento che abbia saputo smuovermi dal punto in cui avrei voluto essere. Perché se non ti fai roccia, f inisce che la vita ti inganna e fa di te quella che desidera che tu sia. Per quanti errori possa aver commesso, so con certezza di non essermi mai piegata al volere degli altri. Ho sempre deciso io come condurre il gioco. Persino adesso, che sto morendo sul selciato di questo cortile inzaccherato di acqua e fango, le redini della situazione restano salde nella mia mano: non gliel’ho data vinta, come la persona che mi ha ridotto così avrebbe voluto. Nonostante il dolore, la paura e la disperazione io non ho mai gridato, né l ’ho implorata di fermarsi, di smetterla di inf ierire su di me. La morte mi è venuta incontro, e io l’ho salutata in silenzio. 12 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 13 Capitolo 1 18 giugno 2013 ore 22:18 L’orologio digitale del lettore dvd lampeggiava le 22:18 quando Cesare Melchionna richiuse la porta dell’appartamento alle sue spalle. L’oscurità che trovò ad attenderlo, tradita dai lampi che si rincorrevano al di là della finestra, fece da eco alle scariche di adrenalina che sentiva deflagrare lungo la spina dorsale. Per quanto si sforzasse di rimanere lucido, le mani non smettevano di tremargli, né gli incisivi di tormentare il labbro inferiore. Muovendosi come un ladro nella sua stessa casa l’uomo cercava a tentoni l’interruttore sulla parete. Quando i faretti che pendevano dalla controsoffittatura dispiegarono la loro luce tutt’intorno, lo spazio circostante fuoriuscì dall’ombra recuperando una parvenza di normalità. Melchionna si appoggiò al muro e inspirò profondamente: gli spettri che lo stavano rincorrendo sembravano seminati, almeno per il momento. Dietro di lui, un sentiero di piccole pozze d’acqua, regalo delle suole inzuppate delle sue scarpe; senza volerlo, Cesare si scoprì a fissarle come se fossero giganteschi abissi pronti a risucchiarlo. Il cordless era sulla sua base, nello scaffale della parete attrezzata dove ricordava di averlo riposto poco prima di uscire. Anche se avrebbe avuto tutt’altro a cui pensare, non riuscì a fare a meno di notare come non ci fosse alcuna luce lampeggiante a richiamare la sua attenzione. Nessuno che, in quel breve lasso di tempo, avesse cercato di mettersi in comunicazione con lui. Col cuore ancora in gola, Melchionna si lanciò in direzione dell’apparecchio, deciso a comporre il numero della polizia ma, a un passo dall’afferrare la cornetta, avvertì uno strano bruciore all’altezza dello stomaco. “Devo farlo” pensò, “è mio dovere”. A implorarlo da sopra la scrivania, come un cane legato a una catena che sta per strozzarlo, c’era il computer portatile, lasciato come sempre acceso. Il salvaschermo, una penna che attinge a un calamaio 13 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 14 e riempie righe su righe di un foglio immaginario, si offriva al suo sguardo come una crudele presa in giro. Nell’attimo esatto in cui afferrava il telefono e iniziava a comporre le cifre del 113, lo scrittore sentì una forza magnetica attrarlo verso lo schermo luminoso: il foglio Word paurosamente bianco che gli apparve davanti dopo aver sfiorato il mouse gli provocò una nuova scarica di angoscia. “Potrei scendere un attimo e dare giusto un’altra occhiatina. Cinque minuti, non uno di più, e poi farò quella maledetta telefonata. Non cambierà niente, visto come era ridotta. Cinque minuti in più per quella poveretta non faranno certo la differenza. Per me, invece, potrebbero essere fondamentali: sai quanti dettagli si possono registrare in soli cinque minuti? Sai quante idee che possono affacciarsi alla mente? Poi torno a casa e la faccio, ‘sta cazzo di telefonata. Lo giuro”. Il boato di un tuono si infranse sul vetro della balconata, facendolo sussultare. Un temporale del genere, nel mese di giugno, non si vedeva in città da chissà quanto tempo. Cesare sprofondò nella poltroncina girevole della scrivania e si prese la testa tra le mani, massaggiandosi le tempie con i polpastrelli. Ripensando a tutte le volte in cui quel gesto dal sapore scaramantico era stato capace di aiutarlo a mettere insieme le tante idee che gli mulinavano come schegge nella mente riscoprì il sapore del fallimento affacciarsi alla bocca dello stomaco. Uno scrittore di gialli che non è più in grado di inventare storie è come un calciatore a cui vengono amputate entrambe le gambe. Senza idee non esistono trame e senza trame, ahimè, le case editrici ci mettono un secondo a liquidarti come l’ultimo degli sconosciuti, anche se ti chiami Cesare Melchionna e hai un curriculum di tutto rispetto alle spalle. E allora, cosa fare se l’ispirazione ti si presenta più reale che mai, in una piovosa notte come un’altra, sotto le spoglie di un cadavere ancora caldo, abbandonato tra le piante del cortile del tuo condominio? Cesare lo sapeva che la cosa più ovvia sarebbe stata avvisare subito la polizia, eppure c’era una vocina insistente, che si levava dall’angolo più nascosto della sua coscienza, che lo incitava a non lasciarsi scappare un’occasione del genere: il corpo era nascosto alla meglio tra i vasi in coccio del cortile, con tutta la pioggia che stava cadendo giù era piuttosto improbabile che qualcun altro lo avvistasse. 14 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 15 Lui stesso non se ne sarebbe mai accorto, se la fede che stava rigirandosi sull’anulare non gli fosse scivolata via dal dito per andarsi a infilare in una pozzanghera poco lontano dal cadavere. Istintivamente l’uomo sfiorò con le dita della mano destra l’anello recuperato per miracolo e si scoprì a chiedere un consiglio immaginario ad Adele. Lei sì che avrebbe saputo rassicurarlo. Poggiando impercettibilmente le mani sopra le sue e regalandogli uno soltanto dei suoi caldi sorrisi, avrebbe finito col rendere tutto meno terribile. Da quando se ne era andata, non era passato giorno senza che Cesare mettesse in ordine le sue cose, ripiegando con cura il suo pigiama sotto il cuscino o apparecchiando la tavola per due, nel caso in cui avesse deciso di fargli una sorpresa e farla finita con quell’assurdo esilio che si era imposta, per riflettere sul loro matrimonio, secondo lei alla deriva. Melchionna si era scoperto del tutto incapace di vivere senza sua moglie: ventidue anni di vita insieme non erano certo uno scherzo da archiviare così, a cuor leggero. I ritmi della sua esistenza, privi di regole come accade a ogni libero professionista, erano stati sempre dettati dal buon senso e dall’organizzazione impareggiabile di quella donna che all’apparenza sembrava uno scricciolo da proteggere ma che, dentro, era un gigante buono in grado di sollevare le montagne pur di rendergli le giornate meno faticose. Cesare era stato talmente tanto concentrato su se stesso e sul suo lavoro da non accorgersi dell’insoddisfazione che covava silente dentro l’anima di sua moglie. Alla soglia dei cinquant’anni, con una vita di dedizione e sacrificio alle spalle, Adele appariva al di sopra di qualsiasi sospetto. E invece, senza dare il minimo preavviso, nel giro di poche ore la madre di sua figlia aveva fatto le valige ed era sparita in un luogo segreto, dove lui non avrebbe potuto raggiungerla. Erano giorni che l’uomo si arrovellava sui motivi che avessero potuto convincere sua moglie a lasciarlo, e non riusciva a togliersi in nessun modo dalla testa che il buco nero creativo che aveva finito col risucchiarlo negli ultimi mesi avesse di certo influito nel vertiginoso abbassamento di stima nei suoi confronti. Se il suo ragionamento si fosse rivelato veritiero, quel cadavere da cui sgorgavano sangue e possibili trame per il suo libro sembrava capitato sulla sua strada per il volere di una mano amica. Una seconda chance che, se 15 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 16 sfruttata a dovere, avrebbe potuto tradursi in un nuovo decollo della sua vita professionale e, cosa più importante, nel ritorno di Adele nelle sue grigie giornate. Più ci pensava, più Cesare sembrava convincersene. Erano settimane, ormai, che se ne stava seduto alla scrivania, incapace di scrivere anche solo un capitolo che fosse abbastanza decente da convincere la casa editrice a non impugnare il contratto e ritirargli la commessa per il nuovo giallo, il quale avrebbe dovuto essere lanciato sugli scaffali delle librerie non più tardi di Natale. Un vuoto totale mai capitatogli fino ad allora e che affondava radici nella sua testa ancor prima che sua moglie lo piantasse in asso. Già per la stesura dell’ultimo romanzo aveva dovuto cedere all’idea di farsi affiancare da una squadra di ghost writers – dicitura che, solo a nominarla, gli metteva i brividi – che lo aiutasse a elaborare un finale capace di soddisfare un pubblico sì fidelizzato, ma non per questo meno esigente. La cosa lo aveva gettato in un vortice di sconforto e mortificazione: aveva sempre guardato con un certo disprezzo i colleghi rosi dalla mancanza di ispirazione che avevano accettato di farsi soccorrere come tossici con il metadone. Le idee non gli erano mai mancate, la sua focosa immaginazione, capace di partorire storie e personaggi sull’onda dell’improvvisazione, non lo aveva mai tradito in precedenza. “Accidenti a me” ricominciò a pensare freneticamente. “Se invece di scappare a gambe levate come un ragazzino davanti a un fantasma fossi rimasto lì qualche attimo in più, adesso non sarei qui a tormentarmi. Mi sarebbe bastato registrare qualche altro dettaglio, il modo in cui era adagiato il corpo, le ferite che riportava, la possibile dinamica del delitto, per avere materiale sufficiente a buttare giù un primo capitolo da urlo. Perfino l’ambientazione sarebbe stata perfetta. Una boccata d’ossigeno prima di annegare. E invece adesso, se decido di comporre quel dannato numero e non tornare sui miei passi, mi toccherà affidarmi ancora una volta alla fantasia, la mia attuale nemica numero uno”. 16 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 17 Capitolo 2 18 giugno 2013 ore 22:24 «No! No! No!» urlò Massimo battendo freneticamente le dita sulla tastiera del computer. «Ma non è possibile! Stu figlio ‘e ‘ntrocchia!» Le braccia lunghe del buio più pesto lo cinsero all’improvviso, oscurando la schermata luminosa davanti a lui. A far luce nella stanza era soltanto la costellazione fluorescente attaccata al soffitto negli anni dell’adolescenza. Massimo si alzò di scatto dalla scrivania e si lanciò verso la finestra, nella speranza di non avere conferma di quel che il suo stomaco stava già suggerendogli. Buio pesto anche di fuori. Pioggia e fulmini in quantità, e nemmeno un dannato lampione acceso nel raggio di chilometri. «O’ ssapevo sulo io!» “Ci mancava solo il fottutissimo black out”. «Massimino? Tutto a posto, a mamma?» Impastata dal sonno, la voce di sua madre arrivò forte e chiara dalla soglia della stanza. L’uomo non fece in tempo a maledirsi per aver dimenticato di chiudere a chiave la porta, che lei era già entrata nel suo bunker, invadendolo con la sua aerea presenza. «Sì, sì, è tutto a posto» mugugnò mentre brancolava nel buio. «Vire nu poco si te truove n’ accendino. Vado a vedere se è saltato il contatore». «Non serve, ma’. È così in tutto il quartiere, deve essere un maledetto black out… Ahia! Ma che sfaccimma!» «Ch’è stato?» «Niente! So’ inciampato al filo dello stereo e ho sbattuto la gamba allo spigolo della scrivania». «Uh maronna! Te si ffatto male? A mammà, fammè vedè!» «Ma che vuo’vedè, che sì ‘mpazzuta? A parte che è tutto buio, io ho trent’anni, mica tre! Te lo ricordi questo, sì?» le urlò contro, massaggiandosi il ginocchio dolorante. 17 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 18 Anche se non poteva distinguerne i lineamenti, Massimo riusciva lo stesso a figurarsi la vena pulsante spuntata sulla fronte di sua madre. I contorni della sua figura robusta, avvolta nella vestaglia rosa e sovrastata da un nugolo i bigodini, gli si materializzarono davanti agli occhi nonostante l’oscurità. «E vabbuò, mo’ però vire ‘e te calmà» sbottò lei, «te pareva a te, c’a cervella nun te parteva ‘e subbeto! Chissà comm’è ca eri stato accussì gentile, stammatina…» «O’ssaje ch’è, ma’? Sì na cosa ‘mpossibble, tu! Stai sempre a rinfacciare qualcosa a qualcuno. E io mi sono rotto i coglioni di starti a sentire!» «E no, uagliò! ‘O problema nun songo io ca rinfaccio, ma tu ca bell ‘e bbuono addeviente ‘na ufera accussì comme te dice ‘a capa! E poi sono tua madre, che vai trovando? Ch’è, mo’ non mi posso preoccupare manco un po’ per mio figlio?» «Foss’a maronna fosse solo un po’…» «Ch’è ritto?» «Niente, oi ma’. Mo’ m’o faje ‘o piacere ‘e te luvà nu poco a’nanze? Ho già i miei problemi senza che ti ci metta pure tu». «E che probblema tenisse tu, se po’ ssapè? Staje jettato dint’a sta stanza vintiquatt’ore ‘o juorno, nun magne, nun te lave, nun te vieste, nun fatiche! Ogni tanto jastimme e staje tutt’o tiemp c’a capa dinto a chillu coso… e tutto questo pe cchi? Pe chella…» «Non ti permettere, sai? Tu non sai niente di lei». «Saccio chello c’abbasta! E saccio ca m’aggia sfasteriata! Io tengo un’età, che tte crire? Ca pozzo stà areto a te ch’e tarantelle toje, comm’a quanno tenive quinnicianne? Aggia già passato tante ‘e chilli uaje dint’a vita mia, ca nun dico assaje ma me facesse piacere e passà na bbona vicchiaja». Massimo guardò con odio nell’angolo della stanza dove immaginava levarsi il viso di sua madre. Aveva tollerato con pazienza la sua invadenza continua e ingiustificata, ora però gli sembrava che la donna avesse veramente varcato ogni limite. Le voleva un bene dell’anima, guai a chi pensasse di torcerle un solo capello, ma c’erano momenti in cui si sentiva soffocare. La quotidianità, divisa con quella donna carica di ansie e di attenzioni, che invecchiando sembrava essere diventata sì un po’ più 18 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 19 fragile, ma che restava pur sempre una guerriera, lo aveva reso giorno dopo giorno più insofferente. Se avesse avuto uno straccio di indipendenza economica se ne sarebbe già scappato a gambe levate da quella casa. Avrebbe potuto offrire tutt’altra prospettiva di vita a Benedetta e forse, chissà, lei non l’avrebbe scaricato come invece aveva fatto. «‘O Pataterno s’è scurdato ‘e ll’acqua!» esclamò la sagoma della donna, avvicinandosi a piccoli passi alla finestra. «Ogni vota ca scenne nu poco a cchiovere, pare tanto ca ‘sta città se n’adda cadè ‘a nu momento a n’ato». Massimo sospirò platealmente. «Mi ha fatto assai piacere scambiare quattro chiacchiere con te sul tempo, dico davvero. Ora, però, che ne diresti di toglierti dalle palle e lasciarmi in pace?» «Sì nu ngrato, Massimo! Se tuo padre mo’ steva ccà cu nnuje, staje sicuro ca nun t’o permetteva e me tratta’ accussì…» «Ma lui non c’è, quindi ti dispiacerebbe dirmi di cosa cazzo stiamo parlando?» Massimo era più aggressivo di quanto avrebbe voluto, tutta colpa di sua madre e del suo maledetto vizio di mettere continuamente in mezzo quell’uomo. Nel vano tentativo di dominare la rabbia si avvicinò al profilo della donna, abbozzato dalla poca luce rubata all’esterno, le afferrò il gomito e l’accompagnò con malagrazia verso la porta. «Ora vedi di toglierti dai piedi, fammi il favore, ma’». «Sì, ma io non voglio sta’ di là da sola, mmiez’ a tutto ‘stu scuro…» provò a impietosirlo lei, con la voce incrinata. «Chiudi gli occhi e conta le pecore, non ti serve mica la luce per dormire» la liquidò lui, sbattendola definitivamente fuori dalla stanza. I singhiozzi che si levavano sommessi al di là della porta lo fecero sentire un mostro. Ma fu solo un momento, aveva troppe cose da pensare. Tornato in sé, appoggiò la schiena contro la porta di legno e sospirò forte. “Finalmente solo. Al buio, e senza computer, accidenti al temporale”. 19 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 20 * Un’intuizione improvvisa gli attraversò la mente come una scintilla. Possibile che non ci avesse pensato prima? Massimo si gettò come una furia sul mucchio di vestiti appallottolati sul pavimento, cercando a tentoni nell’oscurità. Quando le dita trovarono finalmente la superficie liscia della cover, l’uomo vide il suo sorriso trionfante riflettersi nel display dello Smartphone, illuminatosi come per magia. “Con questo non ho mica bisogno dell’elettricità” esultò tra sé. Per un attimo ripensò a tutte le volte in cui si era trovato a maledire quell’aggeggio con cui sembrava non avere un briciolo di familiarità, comprato in un impeto di disperazione soltanto per potersi mettere più facilmente in comunicazione con Benedetta: WhatsApp, Skype, Facebook, una fucina di armi improprie per chi, come lui, aveva deciso di farla finita con la vita vera e dedicarsi all’addestramento della sua anima virtuale. Le dita frugarono freneticamente sul desktop alla ricerca dell’icona azzurra di Facebook, il posto nel quale erano andate a morire le ultime sinapsi valide innescate dal suo cervello. Da quando due mesi prima Benedetta lo aveva lasciato, decidendo di chiudere una volta e per tutte la loro relazione clandestina, ogni singola giornata per Massimo sembrava essersi trasformata in un percorso a ostacoli con un unico grande obiettivo: controllare ossessivamente ogni movimento della donna che era stata sua, scoprire quanti più aspetti possibili della sua nuova vita e poi approntare un piano infallibile per riportarla a sé. Non appena la schermata gli restituì la foto del profilo di Benedetta il cuore sembrò tornare in carreggiata: i capelli biondi agitati dal vento e la pelle candida costellata di lentiggini gli riempirono gli occhi fino a rendergli la regolarità del respiro. Come aveva potuto troncare così freddamente la loro relazione? Un amore tanto grande non poteva certo finire in quel modo. «Cosa pensi di fare di nuovo tra le braccia di quell’individuo?» bofonchiò Massimo, rivolgendosi alla fotografia che gli sorrideva a pochi centimetri dal viso. 20 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 21 Che Benedetta fosse una donna sposata non aveva mai rappresentato un grosso problema per lui. Si può dire che, anzi, lo considerasse un particolare capace di regalare addirittura del pepe alla loro relazione. Per quanto si sforzasse proprio non riusciva a prendere sul serio l’improvvisa decisione di lei di rimettere in piedi il suo sbilenco matrimonio. Non c’era più nulla da salvare in quel rapporto: Benedetta era una creatura libera, e non poteva finire imbrigliata in un tale marasma di obblighi e convenzioni. Era scritto nel destino che il loro amore dovesse vincere tutte quelle stronzate. Lo aveva fatto fino ad allora e, Massimo ne era più che certo, avrebbe continuato a farlo. 21 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 22 Capitolo 3 18 giugno 2013 ore 21:40 Nonostante il temporale scrosciante, la Golf grigio metallizzato stava ferma davanti al portone, come ogni venerdì. Anche se era giugno inoltrato sembrava non esserci traccia di estate in quella notte infestata da fulmini e fantasmi. Le gambe della ragazza, appena coperte da una minigonna di raso nero, si stendevano in tutta la loro lunghezza mettendo in bella mostra un paio di décolleté rosso sangue dal tacco vertiginoso. Il suo corpo era proteso verso il sedile del guidatore, dove una sagoma dai lineamenti inafferrabili stava producendosi in una vasta gamma di contorsioni pur di costruire un approccio che si rivelasse proficuo. Dopo qualche minuto di doverosi convenevoli, la mano dell’accompagnatore si arrampicò, sinuosa come un serpente, nel tentativo di infilarsi sotto l’astratta gonnellina. Anche a una certa distanza era possibile distinguere le dita del ragazzo che cercavano accanite. Al di là del vetro della finestra, Costanza sfilò una sigaretta dal pacchetto, l’accese e inspirò avidamente una boccata di fumo, preparandosi ad assistere al prosieguo dello spettacolo. Prima ancora dei due protagonisti, sapeva con esattezza cosa sarebbe successo di lì a poco all’interno di quella macchina. Anche se la pioggia rendeva difficoltoso decifrare i movimenti dei due sconosciuti, non dovette compiere nessuno sforzo particolare per immaginare il surriscaldamento dell’atmosfera all’interno dell’abitacolo, la crescita esponenziale dell’eccitazione di lui, il mugugno di finto risentimento di lei quando, con un gesto che non ammetteva repliche, arrestava la cavalcata delle dita del malcapitato a un passo dal pizzo delle sue mutandine. “Tutto come previsto” assodò Costanza con un sorriso. Prendendo un’altra boccata di fumo, la donna si divertì ad accompagnare con lo sguardo la piccola mantide che si ricomponeva, tirando prima verso il basso la gonna, poi ravviandosi la voluminosa chioma riccia. Costanza quasi si rammaricò del fatto che la ridotta visuale le precludesse l’espressione mortificata del ragazzo, rifiutato 22 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 23 ancora una volta sul più bello, come voleva da cinque settimane a quella parte l’ormai obsoleto copione del venerdì sera. Per un attimo si scoprì a sperare di vederlo reagire e prendere a schiaffi la sua virtuosa fidanzatina con le calze a rete. Ma, in fondo, sapeva che nulla di tutto questo sarebbe avvenuto: lo sbarbatello si sarebbe limitato a sospirare rumorosamente e poi l’avrebbe lasciata andare, accontentandosi di un blando bacio della buonanotte a fior di labbra. Costanza decise di risparmiare a quel disgraziato l’ultima umiliazione, così ripose il binocolo sul tavolino di cristallo e si costrinse ad alzarsi dal divano. Le gambe le sembrarono pesanti come due zavorre, la testa un tumulto di pensieri. Nel salone, intorno a lei, regnava il caos più assoluto: fogli sparsi sul pavimento, libri impilati un po’ dappertutto, una tazza abbandonata sul tavolino da chissà quanto tempo. Raccogliendola, la donna desiderò, per un momento, che l’alone concentrico rimasto impresso sul ripiano trasparente la risucchiasse. La città, oltre l’enorme vetrata graffiata di pioggia, ricordava la sagoma di un titano addormentato. In lontananza si alternavano luci che, simili alle decorazioni intermittenti di un albero di Natale, accendevano il contorno di uno straordinario presepe sul mare. Costanza ripensò al momento in cui suo padre aveva firmato per comprarle quell’appartamento, dissipando i risparmi di tutta una vita; le speranze che traboccavano dagli occhi della mamma e della sorella, Benedetta, la prima volta che vi avevano messo piede. L’entusiasmo per il panorama mozzafiato della grande città che avrebbe dovuto ispirarla nella sua carriera universitaria le risalì in gola come un conato acido. Il vento, che ululava tutto il suo disappunto, si assunse l’incombenza di riportarla alla realtà. Costanza dedicò un’occhiata distratta alla stazione meteorologica digitale che la osservava dal ripiano più basso della libreria. Il simbolo inequivocabile dell’avviso di pioggia in arrivo lampeggiava impietoso davanti a lei. Almeno per adesso, nessuna tregua all’orizzonte. Gli occhi della donna si spostarono meccanicamente sull’orologio che batteva il tempo accanto alla nuvola luminosa: appena le nove e quaranta, l’alba di una lunga nottata che non sarebbe stata per lei diversa dalle altre. 23 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 24 Capitolo 4 18 giugno 2013 ore 20:50 La voce di Tracy Chapman aveva da sempre il potere di rilassarlo. Calda e ipnotica come una carezza data a fior di pelle, sapeva come metterlo a suo agio anche nelle situazioni peggiori. Mentre fuori il temporale infuriava, l’ingegner Botta mise su la Collection della cantante americana e aspettò che le note si diffondessero come un soffio nella stanza: fu subito Fast Car, la sua preferita. La prima volta che aveva avuto modo di ascoltarla, non ricordava con precisione dove né quando, aveva pensato che a cantare fosse un uomo. Quel timbro così… borderline – come altro definirlo? – lo aveva stregato fin dal principio. Da allora quando aveva avuto bisogno di sgombrare la testa dalle preoccupazioni aveva scelto un album a caso della sua discografia, come accompagnamento dei suoi pensieri. Quella sera più che mai l’ingegner Botta aveva necessità di non pensare. La decisione era stata presa già da qualche giorno, ma occorreva aspettare il momento giusto, essere certi di aver valutato tutte le possibili alternative. C’è sempre una parte di noi che cerca di sfuggire alla razionalità e spera di essere stata eccessivamente pessimista nel valutare la situazione. Era importante per lui che ogni pezzo fosse al giusto posto. Aveva organizzato il tutto fin nel più piccolo particolare, avendo cura che nulla sfuggisse alla sua attenzione. Soltanto un dettaglio non aveva potuto gestire: il diluvio che aveva cominciato a venir giù a metà del pomeriggio e che non accennava in nessun modo ad arrestarsi. Una cosa del genere non la si vedeva da anni. La morsa del caldo che di solito in quel periodo aveva già stretto la città appariva una smisurata chimera. “Poco male” pensò l’ingegner Botta, lasciando che lo sguardo si perdesse fuori dalla finestra. “Vorrà dire che almeno non suderò”. 24 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 25 L’uomo si guardò intorno, cingendo con un abbraccio mentale lo spazio circostante. La sua casa, costruita su misura per lui e per le sue esigenze, e la miriade di oggetti che negli anni aveva comprato nei suoi viaggi per il mondo e che adesso riempiva gli scaffali di quella stanza e della sua vita non gli erano mai parse sconosciute e misteriose come in quell’istante. Prima di dedicarsi al momento della serata che più gli stava a cuore – la preparazione della cena – l’ingegnere avviò il computer, deciso ad accedere subito alla cartella della posta elettronica. La mail era ancora lì dove l’aveva lasciata. Per un attimo Botta ne restò stupito, come se avesse segretamente sperato che, per qualche fenomeno paranormale, avesse potuto autodistruggersi nel corso della giornata. Dopo aver riletto quelle poche parole, scritte per lui in una lingua che non era la sua, gli occhi gli carambolarono istintivamente sulle mani, abbarbicate con tenacia alle ginocchia, pur di nascondere l’ingestibile tremore che aveva preso a scuoterle. L’uomo si forzò a spegnere il computer e a rimettersi sulle tracce di una calma da cui sapeva di non poter prescindere, se voleva che le cose andassero esattamente così come le aveva programmate. Una volta riportato il respiro alla normalità, l’ingegnere rivolse un’ultima occhiata alla tavola apparecchiata per essere certo che non mancasse nulla: la tovaglia era di lino bianca, quella delle grandi occasioni. Le posate rigorosamente d’argento, il calice del vino di un cristallo splendente. Il profumo di mare che arrivava dalla cucina si era già intrufolato nelle altre stanze della casa, inebriandole. Era quasi tutto pronto: le polpette di polpo – quelle che aveva assaggiato per la prima volta durante un’estate di tanti anni prima nel Salento – dovevano essere soltanto scaldate. I cicinielli aspettavano di essere sacrificati negli inferi dell’olio bollente, così come gli anellini di calamari, tagliati tutti della stessa dimensione. Il caviale lo aveva pagato uno sproposito, ma ne era valsa la pena: nel consegnare la banconota al venditore gli era parso di avvertire la consistenza granulosa e paradisiaca delle piccole uova sulla lingua. E poi c’erano i frutti di mare, appena sporcati da una manciata di pomodorini del piennolo del Vesuvio, che non vedevano l’ora di accogliere la generosa porzione di linguine che di lì a poco avrebbe 25 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 26 incontrato l’acqua portata a bollore. Il tutto condito da un bel po’ di peperoncino, proprio come piaceva a lui. * Botta aveva sempre amato cucinare. Una passione presa da sua madre che, dei fornelli, poteva dirsi la regina incontrastata. Non esisteva ricetta che quella donna non sapesse affrontare, il mare come la terra non le nascondevano alcun segreto. Da piccolo l’ingegnere trascorreva la domenica mattina seduto su uno sgabello di legno, incantato a osservare la mamma che compiva le operazioni più disparate: sbucciare, friggere, montare, affettare, sbollentare. Ogni tecnica richiedeva una competenza specifica anche se, alla base, la ricetta appariva la stessa, universale: una buona dose di amore per la materia prima, tanta pazienza e un’innata manualità. Nei suoi ricordi c’era sempre la radio accesa, che trasmetteva con la sua voce roca le canzoni del momento. Quando, quando, quando di Tony Renis sarebbe stata associata per sempre, nella sua mente, alla preparazione del tacchino ripieno di uova, prosciutto e formaggio. L’ingegnere aveva immagazzinato e catalogato per anni i segreti e gli espedienti di cui grondavano le pareti della sua cucina, di cui peraltro la madre era gelosissima. Una volta diventato adulto aveva potuto finalmente cominciare a metterli in pratica, scoprendosi ben presto all’altezza della sua insegnante. Da lei aveva ereditato non soltanto la tecnica, ma soprattutto la voglia e il piacere di sperimentare, accostare sapori in apparenza inconciliabili. Il suo frigo, al contrario di come si potrebbe immaginare il frigo di un uomo che vive da solo, non era mai sprovvisto di frutta fresca e verdura di stagione; la dispensa, organizzata secondo un ordine maniacale, soffriva zeppa dei formati più disparati di pasta e scatolame. Qualche anno prima si era addirittura iscritto a un corso di cucina: ne aveva letto ottime recensioni sul più importante quotidiano della città e gli era venuta improvvisamente voglia di mettersi alla prova, confrontarsi con un professionista da cui apprendere quello che sua madre non era stata capace di insegnargli o che, più verosimilmente, lui aveva mancato 26 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 27 di imparare. L’esperimento, durato poco meno di un mese, si era rivelato fallimentare su tutta la linea. Alla fine della seconda lezione l’ingegnere aveva già capito che le uniche cose che il pluristellato chef avrebbe potuto insegnargli avevano poco a che vedere con inesplorati orizzonti culinari; i suoi veri punti di forza confluivano nel campionario di presunte tecniche di seduzione da lui stesso sperimentate sulle sue adoranti allieve. Sotto il profilo strettamente culinario era abbastanza evidente che non ci fosse nulla che quell’individuo in balia degli ormoni sapesse fare meglio di lui, almeno non al punto da giustificare la sua presenza nella sua aula. A rendergli ancora più insopportabile l’idea di perseverare nella frequentazione di quell’inutile corso ci si metteva anche il clima di eccessiva amicalità che si respirava nella classe. Per quanto si sforzasse di apparire diverso, Botta era un animale solitario, un misantropo che bastava a se stesso e che trascorreva le sue giornate rendendosi invisibile, così da studiare di sottecchi le persone che lo circondavano nel tentativo di odorarne i segreti, capire se e come avrebbero potuto tornargli utili. Al terzo tentativo fallito di coinvolgerlo in una cena di gruppo, organizzata subito dopo l’orario di lezione, i suoi compagni di corso sembravano essersi arresi all’evidenza: non c’era modo di smuovere dal suo guscio quello strano omino dall’andatura sbilenca. L’unica a non darsi per vinta era stata la donna che era solita prendere posto strategicamente alla sua destra, in modo da avere la scusa sempre a portata di mano per poterlo interpellare. Da poco divorziata, e di aspetto tutt’altro che sgradevole, la signora si era da subito lanciata alla conquista del burbero ingegnere, tentando con ogni mezzo a sua disposizione di creare un ponte con lui che si protraesse oltre l’orario di lezione. Imbarazzato e irritato da una così sfacciata insistenza, Botta aveva dovuto ricorrere a tutto il suo self control per non mandare a quel paese la sua nuova ammiratrice, dando prova della sua scarsa dimestichezza con il genere umano nel suo insieme, e con l’universo femminile in particolare. Per contro si era arreso di fronte alla consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a togliersela dai piedi se non avesse archiviato una volta e per sempre l’esperienza nella classe dello chef marpione. Libero da particolari rimpianti, aveva così detto addio alla retta già versata, ben lieto di poter tornare a rifugiarsi tra le silenziose e accoglienti pareti della sua cucina che, se non altro, era sicuro non lo avrebbero mai importunato. 27 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 28 Capitolo 5 18 giugno 2013 Ore 22:15 Un trillo proveniente dal computer la costrinse a spalancare gli occhi. Il dormiveglia le si era arrampicato addosso senza che Costanza se ne accorgesse. Le capitava sempre più spesso di alternare lunghi momenti di insonnia a baleni di sonno leggerissimo. A ogni risveglio aveva la sensazione di aver dormito per ore, mentre in realtà non erano passati che pochi minuti. Una faccina sorridente la stava salutando virtualmente dalla finestra della chat, rimasta accesa a vegliare sul suo sonno. Costanza sospirò, stropicciandosi l’occhio sinistro come se non fosse il suo. Non aveva molta voglia di parlare quella sera. C’era qualcosa di strano nell’aria, il tetro presagio di una cattiva notizia. Tuttavia le dispiaceva abbandonare Milo in balia della sua insonnia. Con Milo, di solito, le piaceva chiacchierare. Si erano trovati per caso, più di un anno prima, in una notte come quella, stretti nella morsa di un sonno latitante. Avevano fatto amicizia, nello strano modo in cui ci si può legare trincerati ognuno dietro al proprio schermo luminoso. Due solitudini in rotta di collisione. Da allora non si erano più perduti. Si erano fatti compagnia, chiedendo soltanto l’uno all’altro di aiutarsi reciprocamente a sospendere il tempo, compagno ingrato delle loro infinite giornate. “Ehi, Wonder Woman, non mi dire che stasera sei capitolata pure tu tra le braccia dell’orrido narcolettico, altrimenti sarò costretto a rivedere i miei propositi suicidi”. “Puoi anche sciogliere il cappio, stavo per cedere al nemico ma è stato solo un attimo di distrazione”. Costanza non sapeva che aspetto avesse Milo. Non conosceva la sua voce e nemmeno le interessava. Per quanto ne sapesse, avrebbe potuto essere un ottantenne con la prostata ingrossata così come un adolescente brufoloso che rimaneva alzato fino a tardi di nascosto dai genitori. Non le importava. 28 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 29 In sua compagnia i pensieri più bui sembravano prendere il largo, anche se per poco. “Che sollievo, ero sul punto di lasciare testamento. Dove ti eri cacciata? Ti ho cercata, ieri”. “Lo so, mi spiace. Non era un buon momento”. “Sei finita nel crepaccio?” “Già. Si è aperto di nuovo, a tradimento. Ma stasera ne sono fuori. Se hai pensato di esserti liberato di me ti sei sbagliato alla grande”. Era una specie di codice, il loro, fatto di parole criptate che soltanto l’altro avrebbe potuto afferrare. Costanza lo chiamava “crepaccio”, l’unico modo di dare una forma e un nome ai suoi momenti di black out. Ma non aveva voglia di parlarne, non quella sera. Se solo gliene avesse dato la possibilità, Milo avrebbe cominciato a subissarla di domande e il solo pensiero la caricava di ansia. “Che dice il bollettino di stasera? Livello di lobotomizzazione?” “Medio-alto. Ho affrontato un’altra tappa della maratona Kubrick, ma sono venuto meno su Eyes Wide Shut. Barry Lyndon mi ha provato più del previsto”. “Poco male, ho sempre pensato che Mister Top Gun non renda giustizia all’operato del maestro”. “Adesso non bestemmiare, bambina. Il maestro non fallisce. Se ha scelto il nanerottolo avrà avuto i suoi buoni motivi”. Costanza non riuscì a trattenere un sorriso. Milo era un cinefilo incallito. Grazie a lui aveva scoperto filoni inesplorati come il Cinéma vérité, ed era venuta a conoscenza per la prima volta dell’esistenza di capolavori indiscussi della storia del cinema, tra cui Citizen Kane di Orson Welles, che ormai conosceva a memoria. Non aveva mai avuto il coraggio di confessargli che su La corazzata Potëmkin la pensava come il ragioniere Fantozzi ma, in generale, considerava il suo gusto e la sua competenza cinematografica a dir poco illuminanti. “La tua enciclopedia Treccani? Aumenta di volume?” La domanda le arrivò a tradimento, franando sul nervo scoperto delle sue frustrazioni. “Figurati. Spiaggiata come una balena a riva. Mi sa che posso pure mettermi l’anima in pace, prima di veder conclusa la mia tesi di dottorato dovremo aspettare ancora un bel po’. Che poi, non so a cosa 29 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 30 serva perdere tempo e salute cercando di scrivere una cosa che non avrò mai il coraggio di andare a discutere di persona”. “Risparmiami la solfa del blocco dello scrittore. Se uno sa scrivere, sa farlo sempre e comunque. Il resto lo affronteremo a tempo debito”. “Sai che ti dico? Hai ragione. Sulla solfa, intendo. Infatti mi sa che me ne torno in postazione, magari riesco pure a buttare giù qualcosa di decente. Pensi di poter affrontare il resto della serata in solitudine?” “Per amore della letteratura che verrà, questo e altro. E poi, non crederti così indispensabile, bambina. Mi scolerò una bottiglia del miglior whisky per poi lanciarmi nell’adescamento virtuale di qualche donzella più giovane e meno impegnata. Carne fresca, insomma”. Costanza avrebbe sorriso ancora, se non avesse avvertito il sopraggiungere di quel maledetto groppo alle pendici della gola. “Buona fortuna, allora! Non rivelarti subito per il maniaco che sei”. “Buona scrittura a te, domani voglio un resoconto dettagliato dei nuovi capitoli del mattone”. Un attimo dopo averlo visto diventare invisibile sulla finestra della chat, Costanza si rese conto di non avergli nemmeno chiesto come si sentisse dopo la trasfusione. “Che stronza, eppure me l’aveva detto”. Milo era affetto da una malattia di cui lei non conosceva nemmeno l’esistenza, prima. Si chiamava talassemia, un disturbo ereditario che provoca un abbassamento dell’emoglobina, quella che ha il compito di assicurare una corretta circolazione di ossigeno nel sangue. Costanza si era fatta un giro su Internet per cercare di capirne di più, ma poi aveva deciso di non soffermarsi sulla descrizione degli effetti dovuti all’incedere della patologia: Milo non era il tipo da piangersi addosso, aveva una dignità e un ottimismo tali da farla vergognare come una ladra tutte le volte che i fantasmi si sguinzagliavano nella sua mente, mettendola a soqquadro. Quando non lo sentiva per più di due giorni di fila capiva che c’era stata una crisi 30 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 31 improvvisa e che non avrebbe potuto fare altro che mettersi in un angolo e aspettare che la tempesta passasse. Sforzandosi di cancellare il pensiero del suo amico – di cui nemmeno conosceva il viso – steso su un letto con un sacchetto pieno di sangue attaccato al braccio, la ragazza accese l’ennesima sigaretta. Nuove secchiate d’acqua colarono giù dal cielo come bombe. Il fragore del temporale si impastava col boato dei ricordi, i ricordi si schiantavano contro le pareti della sua testa. Istintivamente Costanza si ritrovò ad abbassare lo sguardo sui suoi piedi: una piccola crepa stava riaprendosi sotto di lei, era in pericolo. Per esorcizzarla la ragazza soffiò fuori una nuvola eterea di fumo, poi spense il computer e si lasciò nuovamente sprofondare tra i cuscini del divano. Se non fosse stato per il rumore di qualche allarme che si rincorreva al di là delle finestre, quasi non si sarebbe accorta del velo di buio calato d’improvviso sulla città, come il lenzuolo sul corpo di un moribondo. 31 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 32 Capitolo 6 18 giugno 2013 Ore 22:22 Lo squillo improvviso del telefono lo fece sobbalzare, come se la cornetta fosse diventata di colpo rovente tra le sue mani. «Pronto? Adele?» «Ciao, papà». «Ah, Ilaria, sei tu» fece Melchionna, senza riuscire a dissimulare la delusione. «È una gioia anche per me sentirti» ribatté lei, facendo scoppiare la gomma da masticare sotto il palato. «Ma no, che dici… Mica non mi fa piacere. È che speravo fosse tua madre». «…» «Ilaria? Sei sempre lì?» «E dove vuoi che vada?» «Che ne so, non parli!» «Non parlo perché tu dici sempre le stesse cose». «Non sarei ridotto in questo stato se tu la smettessi con questa follia di non dirmi dove cazzo si è cacciata tua madre». «Faccio solo quello che lei mi ha chiesto» spiegò lei, con un nuovo schiocco di gomma da masticare. «Cristo! La vuoi smettere di fare rumore con quella schifezza che hai in bocca?» «Oh, papà, ma che c’hai stasera? Hai le tue cose?» «Sai com’è, ho giusto qualche pensiero ultimamente…» «Col libro come va? Le mie compagne di università continuano a fracassarmi le palle, vogliono sapere qualche anticipazione sulla nuova indagine del commissario Corsi». «E tu digli che non puoi… segreto professionale!» «Vabbè, ho capito, non hai scritto un cazzo neanche oggi». «Senti, Ila’, io non ho nessuna voglia di discutere con te, anzi ho perso già fin troppo tempo, devo fare una telefonata importante, quindi ti saluto». 32 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 33 «Vabbè, stammi bene allora». «Eh, pure tu… E, quando la senti, salutami tanto quella stronza di tua madre!» Melchionna riprese a camminare nervosamente, il telefono ormai muto in una mano, l’altra impegnata a rovistare nella barba incolta di giorni. Nonostante i ripetuti tentativi, non c’era stato verso di estorcere alla figlia mezza informazione su dove potesse essersi cacciata la madre; all’inizio Melchionna avrebbe scommesso tutto quello che aveva sul fatto che Adele fosse corsa a rifugiarsi proprio a casa della loro bambina, che viveva da quasi un anno a Perugia insieme ad altre tre studentesse universitarie. Ma il blitz che aveva compiuto in terra umbra, sull’onda della rabbia e della disperazione, si era rivelato fallimentare. Adele era come svanita nel nulla. Si era limitata a scrivergli qualche sms per chiedergli come gli andassero le cose e per rassicurarlo sul fatto che stesse bene e che staccare la spina stesse aiutandola a vedere con altri occhi la loro vita insieme. Se allo sguardo di un qualsiasi altro lettore quest’ultima frase sarebbe apparsa quanto meno sibillina, Melchionna aveva scelto di leggerla come uno spiraglio di speranza per il recupero del loro matrimonio. Il fatto che fossero più di dieci giorni che di lei non aveva alcuna notizia non sembrava aver intaccato più di tanto la sua coriacea fiducia. * Per quanto si sforzasse di rimanere lucido, lo scrittore continuava a vagare per la stanza come un leone braccato. La risata di Gerry Scotti, che arrivò ovattata dalla parete che divideva con l’appartamento accanto, lo scosse improvvisamente dai suoi pensieri. Era stato talmente inebetito dal panico da dimenticare persino il volume di quella maledetta televisione, capace come poche altre cose al mondo di trapanargli le orecchie e il cervello. Quella di alzare al massimo la voce del conduttore di turno, e provare a coprire le grida e i rumori che rimbalzavano tra le mura attigue, sembrava essere diventata, ormai da mesi, una prassi quotidiana per i suoi vicini. 33 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 34 La disamina di quel macabro rituale, che si ripeteva ogni santo giorno a pochi metri da lui, fece suonare all’improvviso un campanello d’allarme nella sua testa. Senza poter far nulla per impedirlo, Cesare avvertì il cuore tirargli un calcio al centro del petto: ecco cosa era quella strana sensazione che sentiva strisciargli dentro. Era stato talmente preso dal rincorrersi degli eventi da non essersi fermato a porsi la domanda più ovvia, a chi potesse mai appartenere il cadavere in cui si era fortuitamente imbattuto nel cortile. La pioggia battente e le condizioni in cui era ridotto il viso, sfigurato dai colpi ricevuti e insozzato dal sangue rappreso, non rendevano di certo semplice attribuirgli un’identità. L’attenzione di Melchionna era stata catalizzata soprattutto dalla lingua, nera e gonfia, che spuntava fuori dalla bocca come macabra e inoppugnabile testimonianza di uno strangolamento. Eppure, nonostante la pioggia e la concitazione di quegli attimi, a Cesare era parso di cogliere qualcosa di familiare in quella figura rannicchiata come una foglia caduta e poi schiacciata con ferocia. Soltanto adesso, a distanza di qualche minuto, il ronzio sotterraneo che sentiva strisciargli incessante nel cervello riusciva a trasformarsi in una certezza che non lasciava scampo. La sua vicina di casa, la ragazza piccola e procace che, anche soltanto camminando, era in grado di far girare tutti gli uomini del palazzo; la donna con quei capelli biondi vaporosi che sembravano fatti di nuvola e gli occhi da gatta selvatica, la stessa che ogni sera sembrava trasformarsi nel ricettacolo degli insulti e delle urla di suo marito: ecco chi gli era sembrata la sconosciuta che aveva rinvenuto riversa in una pozza di acqua e sangue pochi minuti prima. Nel momento stesso in cui il pensiero prendeva forma, Cesare sentì il sangue gelarsi nelle vene. Troppe liti, nelle ultime settimane trascorse senza Adele, gli avevano tenuto compagnia attraverso la parete. Troppo furiose per essere considerate ordinarie discussioni tra innamorati. In un paio di occasioni gli era anche passato per la mente di andare a bussare alla porta dei vicini e pregarli di darsi una calmata, ma poi aveva deciso che, tutto sommato, il clima movimentato che si agitava a pochi metri da lui era sempre meglio del silenzio stagnante che galleggiava nel suo appartamento. 34 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 35 Restava il fatto che il suo vicino gli aveva sempre comunicato uno strano senso di disagio. Non che lo conoscesse bene, i loro rapporti erano limitati a una cordiale convivenza sullo stesso pianerottolo. È per questo che quando, una sera di qualche mese prima, si erano casualmente incontrati in un bar del centro, Cesare era rimasto molto stupito del fatto che lui avesse insistito per offrirgli una birra, che si era poi moltiplicata, trascinandoli in una lunga e inattesa chiacchierata: la precaria situazione politica ed economica in cui versava il paese, la poca attitudine degli italiani alla lettura, il problema degli orari del riscaldamento centralizzato non ancora risolto. Non c’era nulla che non andasse in lui, eppure lo scrittore avvertiva la fastidiosa sensazione di non riuscire a inquadrarlo. I suoi occhi, sempre sfuggenti, davano l’idea di racchiudere un segreto inconfessabile. Cesare lo aveva sempre considerato un uomo fortunato ad avere accanto una donna affascinante come la sua. Quella sera aveva avuto la sensazione che il suo vicino pensasse la stessa e identica cosa di lui. «Siete proprio una bella coppia, lei e sua moglie. Vi vedo dal balcone, quando uscite la domenica mattina, sempre mano nella mano. Ci vogliono impegno e tanto coraggio per dedicare la propria vita a qualcun altro». Melchionna si era schernito ribattendo quanto, da parte sua, invidiasse a lui e alla sua signora la loro giovane età e la meravigliosa sensazione che si prova nel formulare progetti per il futuro. A quel punto l’uomo si era rabbuiato, bofonchiando tra i denti che le cose non sono sempre perfette come sembrano e che, anzi, coglieva l’occasione per scusarsi se qualche volta i loro litigi irrompevano, senza volerlo, nel suo appartamento. Non stavano attraversando un momento facile, e chissà se ne sarebbero usciti. Quelle parole, cui non aveva dato gran peso al momento, gli risalivano adesso alla memoria con prepotenza. L’antico lumicino fornitogli da anni passati a scrivere storie di morti ammazzati sembrò riaccendersi lentamente nella sua testa, suggerendogli i dettagli di un possibile quadro per il delitto. Istintivamente lo scrittore si avvicinò alla parete che condivideva con i suoi vicini e vi poggiò sopra l’orecchio. A parte il fragore degli applausi che arrivano dallo schermo acceso a tutto volume, 35 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 36 non distinse alcun suono particolare che potesse consentirgli di immaginare una qualsiasi dinamica domestica. Melchionna concluse con se stesso che nessuna decisione poteva essere presa senza aver bevuto prima un dito di quel fantastico whisky che gli aveva tenuto compagnia nelle ultime sere di solitudine. “Devo raccogliere le idee e mantenere il sangue freddo. Non si può accusare un povero cristo di omicidio sulla base di una suggestione” ragionava versando il liquido ambrato nel bicchiere. “E poi non sono nemmeno sicuro che la donna morta sia veramente lei, la mia vicina… come cavolo è che si chiama? Possibile che non me lo ricordi, nemmeno in una situazione come questa?” Il primo sorso di alcol, che scese bollente lungo l’esofago, gli regalò un inatteso senso di pace. Cesare non avrebbe mai creduto di poter avere così tanto freddo in una sera di giugno. La Trilogia del sol levante che vedeva protagonista quel commissario Corsi che aveva imperversato per anni tra le sponde della sua immaginazione, dando vita alle indagini che avevano tenuto svegli milioni di lettori sparsi per l’Europa, sembrava fissarlo torva dallo scaffale più alto della libreria. Che le sue ricerche fossero già naufragate nel buco nero della mente? La vena creativa non può certo esaurirsi così, all’improvviso. Non quando si è ancora abbastanza giovani e si ha una prospettiva di vita ragionevolmente lunga da far nascere dentro la paura di come arrivare alla fine del mese. C’erano altri delitti cui il commissario avrebbe dovuto dare una soluzione, non era ancora arrivato il tempo per lui di mettersi in pensione. Cesare Melchionna lo ripeté silenziosamente dentro di sé, come un mantra. “Costi quel che costi, devo prendere il coraggio a due mani e tornare in cortile. Devo farlo per me e per Adele” pensò mentre buttava giù l’ultimo goccio di whisky. L’uomo non fece in tempo a riempirsi della sua nuova convinzione e mettere tutti e due i piedi fuori sul pianerottolo che l’intero palazzo venne inghiottito da un turbine di oscurità. Il ruggito di un tuono in lontananza fece da eco allo spegnersi simultaneo delle luci sull’intero quartiere. Se anche avesse voluto provare a guardare al di là dei suoi piedi, lo scrittore non sarebbe riuscito a vedere nulla di più di un ingombrante gomitolo di buio. 36 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 37 Capitolo 7 18 giugno 2013 Ore 22:30 Ogni volta che rivedeva il suo viso, che fosse dal vivo piuttosto che in fotografia, avvertiva sempre lo stesso nodo stringersi alla base dell’anima. Lui e Benedetta si erano conosciuti un pomeriggio di poco più di un anno prima, a un vernissage in una piccola galleria in uno dei vicoli del centro storico e subito, complice uno sguardo di troppo, era scattato qualcosa di difficilmente spiegabile tra di loro. Lei era di una bellezza fuori dal comune: il suo viso portava esposte le piccole imperfezioni con una tale grazia e consapevolezza da farle risultare inconsistenti. Avevano scambiato qualche impressione davanti a un dipinto di un giovane pittore emergente, poi Massimo le aveva offerto da bere un calice di vino in un locale poco lontano. Seduti a un tavolino all’aperto che affacciava su una delle piazze più affascinanti, quella che si diceva fosse frequentata da artisti e letterati e che faceva da crocevia a tre delle più importanti strade del centro storico, avevano chiacchierato come se si conoscessero da sempre, lontano anni luce dall’imbarazzo che permea di solito le conversazioni tra estranei. La fede brillava al suo anulare come il satellite di un pianeta e lei non faceva nulla per nasconderla. Quando lui le aveva chiesto come mai una così bella donna non fosse accompagnata, alludendo con un cenno della testa all’anello che portava al dito, lei aveva risposto con candore che, per fortuna, i suoi interessi e le sue passioni non collimavano con quelli di suo marito. Era importante sapersi ritagliare le proprie bolle – così amava definirle – all’interno delle quali spaziare in totale libertà, lontano dal condizionamento altrui. Massimo non aveva potuto fare a meno di pensare che non ci sarebbe stato niente di più sublime che condividere lo spazio di una bolla con quella ragazza dallo sguardo enigmatico, e in quel preciso istante aveva deciso che, a prescindere da quanto gli sarebbe costato, 37 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 38 avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per farla sua. Si erano poi salutati con la stessa levità con cui si erano incontrati, senza sapere se si sarebbero mai rivisti. Massimo aveva provato a chiederle timidamente un numero di telefono, ma lei si era rivelata sfuggente e misteriosa. Il risultato era che non sapeva quasi niente di lei, se non il suo nome. Si era maledetto mille volte per non avere avuto il coraggio di insistere. Avrebbe potuto essere più persuasivo, forse quello che lei desiderava era essere corteggiata con più tenacia. Non sapendo cosa altro fare per ritrovarla, aveva deciso di dilapidare quel poco di risparmi messi da parte negli anni con qualche lavoretto estivo e acquistare il dipinto davanti al quale si erano fermati per la prima volta a parlare. Poiché non possedeva un indirizzo dove poterlo spedire, aveva chiesto al proprietario del locale in cui avevano bevuto un bicchiere di vino il favore di esporlo all’ingresso per qualche giorno, sicuro che Benedetta sarebbe prima o poi passata di là e avrebbe capito che si trattava di un messaggio in codice per lei. In quel caso avrebbe trovato ad attenderla un biglietto con tutti i suoi recapiti. L’attesa l’aveva divorato: più i giorni passavano e il silenzio diventata pesante, più il pensiero di quella ragazza diventava un’ossessione. A nulla servivano gli ammonimenti della parte razionale del suo cervello, che lo invitava a riflettere sul fatto che si trattasse di una donna sposata. Doveva rivederla a qualsiasi costo. Nonostante Massimo avesse piantonato il locale più volte al giorno per più di due settimane, Benedetta sembrava svanita nel nulla. Si era quasi rassegnato all’idea di non rivederla mai più, quando l’aveva rincontrata per caso, una domenica mattina, al mercato del pesce. Quando il profilo di lei aveva fatto irruzione nel suo campo visivo, isolandolo in un colpo dal chiasso di fondo fatto delle urla dei venditori e degli schiamazzi dei passanti, Massimo aveva sentito il cuore saltare un battito. Era stato sul punto di urlare il suo nome ma poi si era accorto che, stavolta, Benedetta non era da sola. 38 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 39 Alto e dai lineamenti spigolosi, un uomo le teneva una mano sul fianco con supponenza. Lei lo lasciava fare, come se la cosa a stento la riguardasse. Sembrava stessero lì non per comprare del cibo, semplicemente per osservare quello che gli accadeva intorno. Attento a non dare nell’occhio, Massimo li aveva spiati mentre si muovevano tra il banco del pesce spada e quello dei frutti di mare, sempre stretti in quella specie di presa innaturale. Lei era ancora più bella di quanto ricordasse. I capelli biondi tirati su e un paio di infradito ultrapiatte ne esaltavano la grazia naturale. Mentre la tampinava con lo sguardo continuava a pensare che non poteva lasciarsela scappare ancora una volta, se il destino li aveva rimessi l’uno sulla strada dell’altra un motivo doveva pur esserci. Si era così avvicinato alla coppia con fare disinvolto, avendo cura che questa volta lei si accorgesse della sua presenza. I loro sguardi si erano incrociati quando lui stava ancora avanzando nella loro direzione. Arrivato a pochi passi, aveva finto di inciampare in un sampietrino e si era praticamente lanciato tra le braccia di lei. Nel rimettersi in piedi, tra una scusa e l’altra, era riuscito a infilare con destrezza, nella borsa shopping che lei stringeva sotto braccio, il suo bigliettino da visita: Avvocato Massimo Ierace, recitava il cartoncino con su scritto il suo numero di cellulare. Glielo aveva fatto stampare sua madre subito dopo la laurea, senza sapere che quello sciagurato di suo figlio non avrebbe mai dato l’esame di avvocatura ma, anzi, negli anni a venire si sarebbe crogiolato nella nullafacenza. Benedetta si era limitata a guardarlo con i suoi occhioni castani, a metà strada tra lo stupore e l’incertezza. Il tutto si era infine risolto in un gran profondersi in scuse e finti convenevoli da ambo le parti. L’uomo, che fino a quel momento aveva cinto la vita di lei con un braccio, non si era mostrato particolarmente comprensivo con il maldestro passante, tanto da invitarlo con uno sguardo poco accondiscendente a togliersi dai piedi. Adesso che se ne stava seduto su quel letto, avvolto dalle tenebre in una notte di tempesta con la sua fotografia virtuale davanti, Massimo provava lo stesso batticuore di quella domenica al mercato, quando si era allontanato da lei nella consapevolezza di avercela fatta: Benedetta l’avrebbe cercato, glielo aveva letto in viso, nella ruga di perplessità che le era spuntata spontanea qualche millimetro più sopra degli occhi. 39 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 40 * Più tardi avrebbe saputo che lei era passata decine di volte davanti al quadro esposto fuori dal bar, ben consapevole che si trattasse di una sorta di biglietto figurato lasciato lì apposta perché lo vedesse. Ogni volta lo aveva osservato con la coda dell’occhio, sorridendo tra sé dell’ingegno e della tenacia di quel ragazzo sconosciuto. Quando Massimo le aveva chiesto come mai non avesse chiesto nulla al gestore del locale, lei si era trincerata dietro uno dei suoi sorrisi misteriosi. Benedetta era fatta così, otteneva sempre quello che desiderava, ma con i tempi e i modi decisi da lei. Quello era stato l’inizio della loro relazione: intensa, clandestina, sempre in bilico sull’orlo della fine. La prima volta che avevano fatto l’amore Massimo si era chiesto come avesse potuto provare prima un orgasmo non procuratogli da lei. Benedetta aveva il sesso nel sangue, sulla pelle, nella voce. Il suo corpo, le labbra turgide, il ventre caldo e accogliente, erano le uniche ragioni per cui Massimo riteneva valesse la pena vivere. Tutto d’un tratto la sua vita aveva preso a ruotare unicamente attorno al tempo trascorso insieme a lei, divorando tutto il resto. Benedetta non parlava molto spesso del futuro, la loro storia sapeva essere speciale proprio perché si suffragava della concretezza del presente. D’altro canto, lui non le aveva mai dato fretta: paradossalmente più passava il tempo più il pensiero del marito che l’aspettava a casa ogni sera, per cingerla nel suo abbraccio intessuto di menzogne, gli recava meno fastidio. Non c’era nulla che, nella sua testa, avrebbe potuto dividerlo dalla donna della sua vita. E invece, all’improvviso e senza nessuna avvisaglia, Benedetta si era sbarazzata di lui, lasciandolo nella disperazione più totale. «Ci ho pensato tanto, non posso più andare avanti così, voglio riprovare con mio marito, voglio un figlio da lui» gli aveva detto una fredda mattina di due mesi prima davanti a un cappuccino troppo dolce. Così, come se gli avesse raccontato di un sogno strano fatto la notte precedente. Glielo aveva detto quasi sorridendo, con quel modo di fare che la rendeva unica. Nonostante fosse passato del tempo, Massimo non riusciva ancora a darsi pace. Provare a contattarla in ogni modo, scongiurarla di 40 cattivi presagi_BdA 31/08/2014 17:15 Pagina 41 ripensarci, arrivare addirittura a minacciarla di raccontare di loro a suo marito non era servito a nulla. Benedetta lo aveva come cancellato dalla sua vita. Con tutto quel buio intorno, Massimo si sentiva come un bambino che non vuole dormire da solo. Erano troppi i pensieri che gli passavano per la testa, bombardandola di emozioni. Avrebbe potuto provare a chiamarla per la centesima volta ma sapeva che non sarebbe servito a nulla, tanto lei non avrebbe risposto. Avrebbe potuto creare l’ennesimo account fasullo per chiederle l’amicizia e rientrare nella sua vita virtuale dalla finestra, come un ladro nel mezzo della notte. Ma la sola idea gli provocò un conato. Gli occhi si tuffarono al di là del vetro della balconata, dove il diluvio stava ricoprendo le strade della città con la sua furia. A Benedetta non piacevano i temporali, e lui lo sapeva. “Benedetta, amore, dove sei? Mi stai pensando?” La decisione prese forma dentro di lui in meno di un secondo: infilate un paio di scarpe di tela ai piedi uscì dalla sua stanza come se fosse appena salito a cavallo del fulmine, deciso più che mai a vederla ancora, fosse anche per un’ultima volta. Quaranta secondi più tardi si ritrovò nel bel mezzo della strada deserta, nell’ombelico del temporale che non accennava a placarsi. Il fragore della pioggia che percuoteva i tetti delle macchine era talmente forte da inebetire tutto il resto. Finanche la voce di sua madre, che si levava grondante di angoscia da sopra la ringhiera del balcone, finì col diradarsi tra i mille rumori della notte. 41