2011/2012 concerti Orchestra Giovanile Italiana Mario Brunello Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2012 A cura dell’Area Comunicazione Coincidenze e citazioni a cura di Giulia Bassi Fonti delle citazioni: Massimo Mila, Brahms e Wagner, Einaudi, Torino 1988; Christian Martin Schmidt, Brahms, EDT, Torino, 1990; Arnold Schönberg, Stile e idea, Feltrinelli, Milano, 1975; Dino Villatico “Haydn, la civiltà della sonata” in Musica & Dossier n.40, maggio 1990, Giunti, Firenze. L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte. L’incontro di Mario Brunello con il pubblico si svolge in collaborazione con Insieme per il Teatro. 2 marzo 2012 ore 20.30 Teatro Municipale Valli Franz Joseph Haydn Concerto n. 1 per violoncello e orchestra in do maggiore Hob. VIIb/1 Moderato Adagio Allegro molto Franz Joseph Haydn Concerto n. 2 per violoncello e orchestra in re maggiore Hob. VIIb/2 Allegro moderato Adagio Rondò: Allegro Johannes Brahms Quartetto per archi e pianoforte in sol minore op. 25 (trascrizione per orchestra di Arnold Schönberg) Allegro Intermezzo: Allegro, ma non troppo Andante con moto Rondo alla Zingarese: Presto Orchestra Giovanile Italiana Mario Brunello direttore e solista La “tematicità”, dal classicismo fino alla mitizzazione di Roberto Scoccimarro Haydn e i concerti per violoncello e orchestra Escludendo composizioni spurie e di dubbia attribuzione, Haydn ha lasciato trentatré concerti per strumento solista e orchestra. Tra questi, i concerti per violoncello oggi tramandati sono due, in do e re maggiore; un terzo concerto, catalogato da Antony von Hoboken con il numero tre, è da identificarsi forse con il primo, oppure con una fonte oggi perduta. Due altri concerti sono ritenuti spuri; in particolare il presunto quinto concerto è in realtà una tarda composizione di David Popper (1843-1913) basata su alcuni schizzi di Haydn, oggi perduti, e realizzata forse a scopo di falsificazione. Fino al 1961, anno in cui il musicologo Oldřich Pulkert scoprì una serie di parti staccate nel museo nazionale di Praga, nulla si sapeva dell’esistenza del primo concerto per violoncello, sulla cui paternità, dopo i primi dubbi, quasi tutti gli studiosi si sono espressi favorevolmente. Composto tra il 1762 e il 1765, il concerto era quasi certamente destinato al primo violoncellista dell’orchestra del principe Esterházy, Joseph Franz Weigl, padre del compositore Joseph Weigl, che fu attivo come maestro di cappella presso lo Hoftheater di Vienna negli anni novanta e autore di numerosi Singspiele di successo. Le date di composizione ipotizzate hanno messo in discussione l’idea secondo cui Haydn, nella fase precoce della sua carriera, non fosse completamente in grado di cimentarsi con il genere del concerto solistico. La chiarezza costruttiva della composizione, i nobili archi melodici, così privi di galanterie, infine un grado di Haydn Il principe era pienamente soddisfatto del mio lavoro, ero apprezzato, avevo a disposizione un’orchestra per fare esperimenti e osservare cosa rafforzava e cosa indeboliva un effetto e quindi potevo perfezionare, cambiare, eliminare e provare soluzioni nuove; ero isolato dal mondo, non c’era nessuno intorno a me che potesse sviare o turbare il mio lavoro e così fui costretto a diventare originale. Franz J. Haydn Le libere arti e la bella scienza della composizione non sopportano ceppi materiali. La mente e l’anima devono avere la loro libertà. Franz J. Haydn Quando Haydn si pose al lavoro, un nuovo genere di musica stava avanzando da iniziali tentativi a cosciente maturità; la sua musica doveva anch’essa passare attraverso ogni stadio di codesta crescita, ora seguendo i sentieri tracciati dagli altri, ora indicando la via. Forse a eccezione di Haendel, nessun grande compositore fu mai tanto produttivo; forse, a eccezione di Beethoven, nessun grande compositore fu mai così vigile. Tenendo il passo con gli sviluppi del suo tempo, Haydn terminava sempre con un progresso su quanto aveva iniziato. W. Oliver Strunk 8 virtuosismo strumentale per l’epoca insuperabile, hanno portato a una revisione del pregiudizio, basato soprattutto sull’esiguità dei lavori haydniani di genere concertistico tramandati e di sicura attribuzione, più che sulla loro qualità. Insieme alle anticipazioni del linguaggio maturo, nel concerto in do maggiore si osserva anche l’influenza del principio, in quegli anni sempre più in disuso, del basso continuo, e la tendenza a comporre le sezioni solistiche non sempre su base tematica, piuttosto secondo la tecnica della progressione barocca. Il primo movimento (4/4, Moderato) ha lo stesso impianto dei movimenti iniziali in forma-sonata riscontrabile nella maggior parte dei concerti haydniani, con quattro ritornelli orchestrali che si alternano a tre interventi solistici. Nell’introduzione orchestrale si possono individuare quattro gruppi tematici, dei quali i più rilevanti sono il primo e il terzo, entrambi in do maggiore, collegati tra loro da una zona in cui si tocca transitoriamente la dominante. Il violoncello fa il suo ingresso con il primo tema, ancora nella tonalità di base; poi, per raggiungere a sua volta il quinto grado impiega un materiale che solo parzialmente ha elementi comuni con il corrispondente passaggio orchestrale dell’introduzione, fino alla formulazione di un nuovo tema in sol maggiore di esclusiva “competenza” solistica. In altre parole violoncello e orchestra raggiungono e sostano sulla zona del quinto grado utilizzando materiali differenti; a un tempo, nel corso del movimento essi condividono il primo e il quarto gruppo tematico. Attraverso questa distribuzione dei materiali Haydn mostra, già negli anni sessanta, una piena consapevolezza del principio fondamentale del concerto solistico: la dialettica tra contrasto e cooperazione dei due mezzi. All’attacco dello sviluppo il violoncello riprende il tema principale in sol maggiore, per poi inoltrarsi in lunghe figurazioni modulanti atematiche. Il passaggio conduce al quarto materiale, ora ripreso in la minore, seguito dal tema “esclusivo” del violoncello nella stessa tonalità. Nella ripresa risuonano solo il primo e il quarto gruppo tematico. Nell’attacco del movimento centrale (2/4, Fa maggiore, Adagio), costruito nella forma ABA’, si nota facilmente la filiazione del tema dal primo materiale del movimento precedente. Il solista entra con una lunga nota tenuta, alla quale segue l’immediata 9 ripetizione del tema. Nell’Adagio, e ancora nel rondò seguente, tale attacco si riscontra più volte, sempre con la medesima combinazione simultanea tra pedale armonico del violoncello e tema avviato dall’orchestra. Non è da escludere che questa forma di entrata solistica fosse non solo una predilezione di Haydn, ma anche del violoncellista Weigl. Nel terzo movimento (4/4, Allegro molto), in forma-sonata, si è osservata una tendenza alla monotematicità, poiché il secondo nucleo tematico, oltre ad avere elementi intervallari in comune con il primo, è costruito sul medesimo disegno ritmico. Una terza idea in do minore scaturisce come naturale proseguimento del secondo tema e aggiunge al movimento un’area dal carattere se non patetico quanto meno meditativo, generando un equilibrio con il generale tono virtuosistico e affermativo del movimento. Nel primo intervento solistico il secondo tema è esposto dal violoncello in sol maggiore, mentre il terzo è presentato in sol minore e in pianissimo. Lo sviluppo prende avvio e termina con elaborazioni modulanti del secondo tema, cui è inframmezzato un lungo passaggio di figurazioni solistiche in progressione che conduce al terzo tema, ripresentato in mi minore. In questa sezione Haydn non sfrutta il primo tema; includendolo nello sviluppo, probabilmente il legame così evidente tra questo e il secondo materiale avrebbe conferito scarso spicco all’attacco della ripresa. Il piano costruttivo haydniano rende invece la riapparizione del primo tema particolarmente efficace; ad esso seguono il secondo e terzo tema, quest’ultimo nuovamente in do minore. Il concerto n. 2 in re maggiore fu composto da Haydn nel 1783, diciotto anni dopo il primo, e destinato forse al violoncellista Antonín Kraft, amico, oltre che del compositore, anche di Mozart e Beethoven; per il virtuoso quest’ultimo scrisse la parte solistica del triplo concerto in do maggiore. Proprio a Kraft, autore egli stesso di un concerto per violoncello (in do maggiore op. 4), fu lungamente attribuito il secondo concerto di Haydn. La falsa attribuzione poté essere rivista solo nel 1963, quando si scoprì l’autografo a Vienna. Nell’Ottocento, quando ancora si riteneva che il concerto fosse opera di Kraft, la composizione fu sottoposta a forti rimaneggiamenti che toccarono anche la sostanza mu10 sicale, soprattutto nell’elaborazione di François August Gevaert, pubblicata nel 1890. Nel primo movimento si ascoltano tre temi. I primi due, presentati nel ritornello orchestrale rispettivamente in re e la maggiore, sono chiaramente affini, essendo il secondo basato sulla formula cadenzale con cui termina il primo. Il terzo tema, enunciato dal solista solo molto dopo il suo attacco e più tardi ripreso dall’orchestra, mostra anch’esso una relazione motivica profonda con il primo: il suo profilo è infatti un’inversione della prima idea, e ulteriore elemento comune sono le semicrome per grado congiunto legate da portamenti a due a due. Lo sviluppo prende avvio dal primo tema esposto dal violoncello alla dominante, dopodiché si dipanano figurazioni solistiche che riuniscono con equilibrio l’esaltazione del virtuosismo e l’elaborazione tematica. In questa sezione il secondo dei tre temi non è oggetto di elaborazione, mentre nella ripresa a non essere ricapitolato è il terzo materiale. La testa del primo tema, dopo la cadenza solistica, ricorre a chiusura del pezzo, come fosse una sorta di motto. All’inizio del breve, tripartito Adagio in la maggiore il tema in terze, dai ritmi puntati, potrebbe perfettamente collegarsi a tale “motto” appena udito nelle battute conclusive del movimento precedente. È una sottile forma di relazione motivica che travalica l’ambito del singolo movimento, e che Haydn realizza più di una volta nei lavori degli ottanta e novanta. Il tema-refrain del rondò finale (Allegro, 6/8) è imparentato con il tema principale del primo movimento: appare così chiara la ferrea connessione creata da Haydn nella struttura dell’intera composizione. Nel terzo dei tre couplets si osserva un impianto interno tripartito. L’episodio prende avvio con un’enunciazione del tema in re minore, cui segue una sezione in fa maggiore, in cui è esposto un nuovo tema a carattere popolareggiante, e una riformulazione della sezione in re minore. La coda del rondò rappresenta un esempio del raffinato senso dell’humour haydniano. Gli oboi “tentano” due volte di esporre nuovamente il tema, ma vi riescono solo nella prima frase, “interrotti” una prima volta dal solista con figurazioni idiomatiche, la seconda dall’orchestra, che inaspettatamente si appropria degli stessi disegni di bravura del violoncello. Haydn sembra speculare con atteggiamento ludico 11 Brahms Brahms, il classicista, l’accademico, fu un grande innovatore nella sfera del linguaggio musicale. Arnold Schönberg La solitudine, perfino la povertà non nuocciono certamente ai caratteri veramente forti, anzi li costringono ad approfondirsi, provocando in essi una sana collera, il sacro zelo di vincere ad ogni costo l’opposizione del mondo. Johannes Brahms Due volte il posto vacante alla Filarmonica è stato offerto a un forestiero, lasciandomi in disparte. Se mi fosse stato offerto quand’era il momento, sarei diventato un buono e fedele cittadino, avrei potuto sposarmi ed essere un uomo come gli altri, adesso sono un vagabondo. Johannes Brahms In fondo, io ero nato per il chiostro. Solo che il tipo di convento di cui avevo bisogno non esiste. Johannes Brahms Brahms sofferse e misurò nel profondo l’angoscia esistenziale, ma non passivamente: non si abbandonò al gorgo, cercò di opporre una virile resistenza al dissolvimento della ragione. Massimo Mila 12 sull’essenza della forma di rondò, che in linea teorica potrebbe protrarsi all’infinito con plurimi scambi di materiale tra medium orchestrale e solistico, e che di fatto può trovare conclusione solo con un intervento “d’autorità” da parte dell’orchestra. Brahms-Schönberg: quartetto op. 25 in sol minore, trascrizione per orchestra Nel corso della sua carriera Schönberg vide in Brahms, con crescente convincimento, un modello ispiratore. La sua opera gli appariva radicata nella tradizione classico-romantica, e affondava le radici anche più indietro nelle composizioni bachiane; nello stesso tempo l’illustre predecessore indicava, fra le righe, una via parzialmente inesplorata ai musicisti delle nuove generazioni. Dopo una lunga esperienza come trascrittore di operette, Schönberg aveva realizzato versioni per orchestra di composizioni di Bach, Händel e Brahms, in vista di esecuzioni con direttori di rilievo. L’elaborazione orchestrale del quartetto op. 25 risale al 1937, quando il compositore era già emigrato negli Stati Uniti, e fu commissionata dal direttore Otto Klemperer. Famosa è la frase di Schönberg, che chiamato a spiegare da quali intenti fosse mosso nella sua trascrizione, dichiarò: «Per una volta volevo sentire tutte le voci, e ritengo di esservi pienamente riuscito». L’obiettivo consisteva in altre parole nel portare alla luce elementi di un tessuto musicale che nell’originale restavano solitamente celati, per via di esecuzioni in cui la parte pianistica spesso sommergeva le linee degli archi. Con la sua usuale sovranità, Schönberg riteneva che il suo scopo fosse semplicemente «restare rigorosamente nello stile di Brahms e non andare più oltre di quanto non avrebbe fatto egli stesso, se oggi fosse stato ancora vivo». Sebbene in tali parole il compito sembri esaurirsi in funzioni di semplice “artigianato” compositivo, la trascrizione di Schönberg rappresenta molto di più: essa era il frutto di un atteggiamento fatto di ammirazione e assimilazione-soggettivizzazione della grande tradizione musicale tedesca, di cui Brahms 13 era ideale continuatore. È all’interno di questa stessa tradizione che Schönberg sentiva una sorta di impulso innovativo verso il futuro. Soprattutto in Bach, Beethoven e Brahms, egli vedeva l’incarnazione di una tecnica compositiva che era anche un’esperienza conoscitiva: la “entwickelnde Variation”, variazione-sviluppo, vale a dire il principio di derivazione logica dell’intera struttura musicale sulla base di elementi generatori di natura diastematica, ritmica, armonica e anche timbrica. Tale tecnica, analogamente a una struttura organica, permetteva un rapporto d’interdipendenza tra tutti gli elementi costitutivi e generava a ogni livello una ferrea coesione interna. Nel 1933, centenario della nascita di Brahms, Schönberg lesse una relazione dal titolo «Brahms, il progressivo», in cui, oltre a voler spiegare il principio della “entwickelnde Variation”, intendeva gettare una nuova luce sul compositore, tutt’altro che meritevole dell’errata reputazione di artista conservatore, in opposizione all’altrettanto schematizzante concetto di “progressismo” wagneriano. La trascrizione del quartetto op. 25 è dunque anche elaborazione perché con essa Schönberg analizzava e rendeva trasparente il pensiero musicale brahmsiano, pensiero cui egli sentiva di dover dare prosecuzione in veste di consapevole innovatore interno alla tradizione. Nel quartetto op. 25 in sol minore il principio della “entwickelnde Variation” si attua attraverso la derivazione motivica del pezzo dalla scomposizione del tema iniziale in cellule generative. Come ha osservato Klaus Velten (1974), gli intervalli che compongono il primo tema, una volta estrapolati durante la transizione tonale come elementi suscettibili di sviluppo autonomo, sono ricomposti in forma nuova e portati a sintesi all’interno del secondo nucleo tematico. La transizione modulante porta qui gradualmente alla luce componenti che formeranno il secondo tema; in ciò essa acquista una funzione strutturale che trascende la semplice preparazione di una nuova tonalità, guadagnando le caratteristiche di una sezione di sviluppo interna all’esposizione. Questo principio di scomposizione e ricomposizione di una sostanza tematica è stato riscontrato anche nella tecnica compositiva schönberghiana, ed è affermato da Schönberg stesso nei suoi Fondamenti della composizione musicale (1967): «Ideal14 mente, i temi subordinati sono derivati dal motivo di base, anche se la connessione può apparire invisibile alla lettura». Nella sua elaborazione Schönberg intende chiarificare la tecnica brahmsiana della “entwickelnde Variation” attraverso dettagli di strumentazione. Una figurazione in quartine di semicrome, introdotta nell’esposizione del movimento e apparentemente ornamentale, è risolta dal trascrittore attraverso l’aggiunta di una linea di rinforzo della tromba. Con il suo ritmo puntato, tale linea rivela chiaramente le due componenti contenute nel disegno “ornamentale”: l’intervallo di quarta discendente, trasformato ora in terza, e la seconda ascendente, entrambi provenienti dal tema principale. La ripresa del primo movimento inizia dal secondo tema, in sol maggiore, mentre il primo è richiamato solo a partire dal suo secondo segmento, come visto a carattere di sviluppo. Il terzo tema ricorre in mi bemolle maggiore, ma la sua ripresentazione termina in sol minore. In questa tonalità Brahms lascia udire nuovamente quel passaggio Animato, che precedentemente era in re maggiore e di carattere eroico, trasformandolo ora in un Tranquillo dalla Stimmung contenuta e rassegnata. Schönberg scrive questo passaggio per gli archi, con pizzicati molto brevi non previsti nell’originale, ai quali si aggiungono il fagotto e più tardi il flauto, rendendo in pieno il mutamento di atmosfera desiderato da Brahms. L’intermezzo con Trio (9/8, do minore, Allegro ma non troppo) si apre con una melodia di violino e viola in terze parallele, piano, dolce ed espressivo, da eseguirsi con sordina. Schönberg scrive la melodia per oboe e corno inglese; più tardi, alla ripetizione del tema, tale strumento è impegnato insieme al clarinetto basso nell’esecuzione di una contro-melodia omoritmica. Una seconda idea, in fa minore, con il suo avvio volutamente stentato, scaturisce dalla sostanza ritmica della prima con stupefacente naturalezza, e si dipana nella consueta lunghezza e compiutezza armonica delle melodie brahmsiane. Nella trascrizione essa risuona alla voce del clarinetto in si bemolle, e nella sua ripetizione nel do minore di base al corno inglese, al corno e alle viole, con un timbro particolarmente scuro e introverso. L’inizio della linea melodica del Trio, in la bemolle maggiore, vede 15 l’impiego della medesima sequenza ritmica propria dei due temi della prima sezione, ma questa volta il tono non è melanconico, bensì festoso, non lontano dagli squarci pianistici schumanniani a mo’ di fanfara. Il fluire delle crome pianistiche che accompagnano questo tema è risolto da Schönberg prima con la leggerezza dei clarinetti e dei flauti, poi con l’impiego di tutta la sezione dei fiati, compresi i corni e le trombe. L’Andante con moto, in mi bemolle maggiore, è tripartito. Tra le due sezioni a carattere lirico si dispiega una marcia, Animato, in do maggiore, il cui ritmo è inscritto nella battuta di 3/4. La trascrizione di questa sezione, realizzata da Schönberg già nell’attacco in pianissimo con il consueto, abbondante coinvolgimento dei fiati, è poi affidata al Tutti; qui, la melodia risuona ai violini e tromboni, i fiati eseguono un fuoco d’artificio di trilli e arpeggi, con una sonorità quasi circense. L’elaborazione di questa marcia ha dato adito a interpretazioni che non ritengono di identificare nella tecnica della “entwickelnde Variation” il vero centro intellettuale e poetico nell’approccio di Schönberg al modello. Peter Gülke, in particolare, in un saggio del 1966, ha suggerito che nel culmine sonoro della marcia Schönberg volesse creare sonorità apocalittiche evocanti lo stile di Mahler; non solo, lo studioso ha pensato di scorgere qui un sentimento di premonizione dell’invasione tedesca dell’Austria nel 1938, avvenuta un anno dopo la trascrizione del quartetto. Critiche a questa forzata interpretazione non hanno tardato a manifestarsi: Matthias Hansen ha più volte notato che la marcia non ha nulla di apocalittico, piuttosto vi si avverte un carattere sereno, trionfale, niente affatto aggressivo o violento. Nel rondò «alla zingarese» Schönberg accentua la forte ritmicità e la brillantezza sonora del movimento, aggiungendo dettagli come quartine di riempimento armonico agli archi o arpeggi veloci dei fiati. La cadenza pianistica, che come tale dovrebbe implicare libertà esecutiva e flessibilità ritmica, è affidata nella trascrizione al clarinetto e irrobustita dai tremoli dei legni e dagli arpeggi degli archi, ciò che sottopone il passaggio ai vincoli della prescrizione ritmica. I temi del Refrain e degli episodi di questo rondò sono concepiti da Brahms come una sintesi degli elementi del primo tema della 16 composizione e, a un tempo, delle differenti forme d’apparizione del tema stesso nel secondo e terzo movimento. La melodia, semplice e trascinante, del Refrain contiene infatti, del tema originario, le componenti intervallari, vale a dire i due intervalli ampi, ascendenti e discendenti (il primo è ora contratto in una terza) e i due intervalli di seconda, anch’essi in entrambe le direzioni. Nel primo episodio Brahms dà una nuova forma al motivo “ornamentale” in quartine di semicrome osservato nel primo movimento; Schönberg scompone i due elementi di seconda ascendente e discendente contenuti nelle quartine, rendendone così intelligibile l’origine tematica. Il medesimo procedimento è applicato nella Coda, in cui Brahms riassume, nel Poco più presto e nel Molto presto, gli elementi uditi all’inizio della composizione e incessantemente metamorfosati, fino a quando non rievoca il profilo originale del primo tema stesso dissimulandolo all’interno del vorticoso crescendo finale. Anche in questo caso la strumentazione prevede la scomposizione dei disegni pianistici nelle voci dei legni, portando con la massima coerenza a compimento il senso di un’orchestrazione che è anche elaborazione in quanto analisi strutturale, esplicazione di un pensiero musicale con cui il trascrittore sente di essere in perfetta sintonia. Ma domandiamoci ora se questo “rovello” tematico e motivico, così centrale nella creazione schönberghiana e nella sua comprensione della musica altrui, fosse così prioritario per Brahms e se fosse da lui realmente sentito come una sorta di filo rosso ininterrotto tra “grandi” del passato e del presente. Una testimonianza, per quanto non verificabile, esiste. Secondo quanto riportato da Walter Frisch in una monografia su Brahms del 1915, il critico e musicologo Adolf Schubring analizzò composizioni di Brahms con un approccio che non tralasciava le relazioni tra i più piccoli dettagli motivici. Brahms gli confidò di non condividere tale atteggiamento, chiarendo che molte delle relazioni motiviche individuate nascevano non da un piano razionale ma da una disposizione irriflessa dell’atto creativo. Non solo, egli aggiungeva: «Dunque non voglio essere lodato per questo, anzi devo riconoscere che le mie idee musicali, durante il mio lavoro creativo, evidentemente non volano abbastanza lontano; insomma, senza volerlo il mio pensiero torna spesso 17 sullo stesso materiale». Se era questa l’opinione del compositore, ciò che all’ascolto non dovesse risultare riconoscibile come parentela motivica, non doveva neppure essere oggetto di apprezzamento del musicologo-analista. Nel caso in cui Brahms volesse realmente creare un’intera composizione partendo da un unico nucleo motivico, si doveva allora «riconoscere chiaramente l’idea di base in ogni sua trasformazione, aumentazione, inversione. Il resto sarebbe solo un pessimo gioco, e sempre un segno di povertà d’invenzione». In queste riflessioni il “rovello” tematico, inteso come organicità e autogenerazione della composizione in ogni dettaglio, non sembra in primo piano, o quanto meno non sembra essere l’unica priorità; viene anzi da interrogarsi se Brahms non avrebbe preso le distanze da quell’unilaterale “progresso” che Schönberg vedeva nello sviluppo storico dell’arte musicale. 18 Coincidenze 1765 Haydn, Concerto per violoncello e orchestra Hob.VIIb/1 (iniziato a comporre nel 1761) Haydn, Sinfonia n.26 in re minore “Lamentazione”; Sinfonia n.30 in do maggiore “Alleluja”; Sinfonia n.31 in re maggiore “col segnale del corno”; Sinfonia n.34 in re minore; Quartetti d’archi dal n.14 al n.19. Gluck, Semiramide, balletto. Johann Christian Bach, Adriano in Siria, opera. Boccherini, La confederazione, opera. Mozart, Sinfonia n.5 in si bemolle maggiore K22; Sonata per pianoforte a 4 mani in do maggiore K19d. Morte di Francesco I, marito di Maria Teresa, che associa alla reggenza dei domini asburgici il figlio Giuseppe, divenuto imperatore del Sacro Romano Impero. Eulero pubblica il Theoria motus corporum solidorum seu rigidorum. L’arcivescovo inglese Thomas Percy (1729-1811) raccoglie molte ballate della letteratura inglese, tramandate sino ad allora oralmente nel The Reliques of Ancient English Poetry. Lazzaro Spallanzani, Saggio di osservazioni microscopiche concernenti il sistema della generazione spontanea de’ signori Needham e Buffon. Parini scrive Il mezzogiorno. Carlo Goldoni fa rappresentare a Venezia la commedia in tre atti Il ventaglio. 1783 Haydn, Concerto per violoncello e orchestra in re maggiore Hob. VIIb/2 Haydn, Sonate per pianoforte n.38 - n.40; Armida, opera. Piccinni, Didone, opera. Mozart, Sinfonia n.36 in do maggiore “di Linz” K425; Due Concerti per corno K417 e K447; Quartetti per archi K 421 in re minore e K428 in mi maggiore; Messa votiva. La Spagna riconosce l’indipendenza degli Stati Uniti d’America. 19 Con la Pace di Versailles l’Inghilterra riconosce l’indipendenza degli Stati Uniti. Un forte terremoto distrugge la città vecchia di Reggio Calabria, che verrà così ricostruita in stile ottocentesco. Vi sono gravi danni anche a Messina, con circa 700 vittime. Il vulcano Laki, in Islanda, comincia la sua eruzione che causerà la morte di 9350 persone. Viene firmato il trattato di Georgievsk tra la Russia e il Regno di Kartli e Kakheti (Georgia). Con la firma del Trattato di Versailles ha termine la guerra di indipendenza americana. La Gran Bretagna riconosce l’indipendenza degli Stati Uniti d’America. La Crimea viene annessa alla Russia da Caterina II. I fratelli Montgolfier compiono il primo volo in mongolfiera. Henry Cort inventa un metodo di affinazione del ferro con il quale si utilizza carbon fossile al posto del carbone a legna. Pubblicazione dei Prolegomeni ad ogni futura metafisica che voglia presentarsi come scienza di Immanuel Kant. 1861 Brahms, Quartetto per pianoforte e archi n. 1 op. 25 Brahms, Variazioni e fuga sul tema di Händel per pianoforte; Soldaten Lieder, cinque lieder. Ponchielli, La Savoiarda, opera. Dvořák, Quintetto d’archi. Boito, Le Sorelle d’ltalia, opera. Rimskij-Korsakov, Sinfonia n.1 (terminata nel 1865). Stati Uniti d’America: il Delaware vota contro la secessione dagli Stati Uniti. Prime elezioni dei deputati per il primo Parlamento nazionale italiano. Gaeta: termina il lungo assedio piemontese (102 giorni) della nota fortezza borbonica, che capitola con l’onore delle armi. Il 18 febbraio: prima convocazione del nuovo Parlamento del Regno d’Italia (dopo le prime elezioni politiche del 27 gennaio), che comprendeva deputati di tutte le regioni annesse (dopo i relativi plebisciti). 17 marzo: il neonato Parlamento italiano apre i lavori con la proclamazione del Regno d’Italia, mentre il re di Sardegna Vittorio Emanuele II di Savoia assume il titolo di re d’Italia, in attesa della completa unità d’Italia. Inizia la Guerra di secessione americana. Nella seduta del Parlamento italiano si registra un’agitata discussione tra 20 Garibaldi e Cavour riguardo l’inquadramento degli irregolari garibaldini nell’Esercito regolare. Viene introdotta in Italia la coscrizione militare obbligatoria. La durata del servizio di leva viene fissata inizialmente a sei anni, successivamente ridotta a cinque. A Roma inizia le pubblicazioni “L’Osservatore Romano”, fondato da due avvocati, il forlivese Nicola Zanchini ed il bolognese Giuseppe Bastia. In Russia: abolizione della servitù della gleba. Inizia la prima battaglia di Bull Run, battaglia terrestre della guerra civile americana. Il chimico belga Ernest Solvay studia un procedimento per la produzione della soda. In Francia Pierre Michaud costruisce il primo velocipede. Il chimico Alexander Parkes inventa la celluloide. L’industriale Thomas Sutcliffe Mort costruisce a Sidney il primo stabilimento per la congelazione della carne. A Parigi inizia la costruzione del teatro dell’Opera. Charles Baudelaire pubblica una versione dei Fiori del male epurata di sei liriche condannate per oscenità. Dostoevskji pubblica Memorie dalla casa dei morti. Christian F. Hebbel compone la trilogia in versi Nibelunghi. Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei musicisti, Utet, 1994. www.musicweb-international.com/Classpedia/A-Zindex. htm 21 Interpreti Mario Brunello Nel 1986 è il primo artista italiano a vincere il Concorso Čaikovskij di Mosca che lo proietta sulla scena internazionale. Viene invitato dalle più prestigiose orchestre, tra le quali London Philharmonic, Royal Philharmonic, Munich Philharmonic, Philadelphia Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Orchestre National de France, NHK Symphony di Tokyo, Filarmonica della Scala, Accademia di Santa Cecilia; lavora con direttori quali Valery Gergiev, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Yuri Temirkanov, Riccardo Chailly, Ton Koopman, Seiji Ozawa, Daniele Gatti, Myung-Whun Chung e Claudio Abbado. Brunello si presenta sempre più di frequente nella doppia veste di direttore e solista dal 1994, anno di fondazione dell’Orchestra d’Archi Italiana, con la quale ha una intensa attività sia in Italia che all’estero. Nell’ambito della musica da camera Brunello collabora con celebri artisti, tra i quali Gidon Kremer, Martha Argerich, Frank Peter Zimmermann, Yuri Bashmet, Maurizio Pollini, Andrea Lucchesini, Valery Afanassiev e i Quartetti Borodin e Alban Berg. Nella sua vita artistica Brunello riserva ampio spazio ai progetti che coinvolgono forme d’arte diverse (letteratura, filosofia, scienza, teatro), integrandoli con il suo repertorio tradizionale. Interagisce con attori e musicisti di altra estrazione culturale, quali Uri Caine, Paolo Fresu, Marco Paolini, Gianmaria Testa, Margherita Hack, Moni Ovadia e Vinicio Capossela. Attraverso nuovi canali di comunicazione Brunello cerca di avvicinare il pubblico a un’idea diversa e multiforme di fare musica, creando spettacoli interattivi, che in gran parte nascono nello spazio alternativo di Antiruggine, una ex-officina ristrutturata, luogo ideale per la sperimentazione. Tra i suoi spettacoli di maggior successo “Pensavo fosse Bach”, creazione multimediale di musica, luci e video-immagini dedicata alle Suites di Bach, di cui Brunello è oggi considerato uno dei massimi interpreti. 22 I diversi generi artistici sperimentati da Brunello si riflettono nell’ampia discografia che include opere di Vivaldi, Bach, Beethoven, Brahms, Schubert, Franck, Haydn, Chopin, Janáček, Sollima e molti altri. Nel 2008 Deutsche Grammophon ha pubblicato il Triplo Concerto di Beethoven diretto da Claudio Abbado, mentre l’etichetta EGEA Records ha dedicato all’artista la collana “Brunello Series” composta da cinque Cd: “Odusia”, odissea musicale nella cultura del Mediterraneo, “Brunello and Vivaldi”, “Violoncello and” per violoncello solo, “Schubert e Lekeu” con Andrea Lucchesini e le Suites di Bach. Queste ultime hanno riscosso un grande successo sia di pubblico che di critica, ricevendo il Premio della Critica 2010. La prossima uscita riguarderà un’incisione live del Concerto per violoncello e orchestra di Nino Rota, realizzata a Tokyo, con Mario Brunello nel doppio ruolo di direttore e solista. Tra i principali impegni della stagione 2011-12 figurano il Concerto di Dvořák con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano, concerti con la Kremerata Baltica, con la Filarmonica Toscanini, con l’Orchestra Sinfonica della Rai, con l’Orchestre du Capitole de Toulouse e una tournée in Giappone. Brunello completerà l’integrale delle Suites di Bach all’Accademia di Santa Cecilia e a Modena. Mario Brunello ha studiato con Adriano Vendramelli, perfezionandosi in seguito con Antonio Janigro. È direttore musicale del festival “Artesella arte e natura” e direttore artistico del Premio Borciani e del Festival del Quartetto di Reggio Emilia. È stato nominato Accademico di Santa Cecilia. Brunello suona il prezioso violoncello Maggini dei primi del Seicento appartenuto a Franco Rossi. L’Orchestra Giovanile Italiana L’Orchestra Giovanile Italiana, ideata da Piero Farulli all’interno della Scuola di Musica di Fiesole, in 30 anni di attività formativa ha contributo in maniera determinante alla vita musicale del Paese con oltre mille musicisti occupati stabilmente nelle orchestre sinfoniche italiane e straniere. Tenuta a battesimo da Riccardo Muti, l’Orchestra è stata invitata in alcuni fra i più prestigiosi luoghi della musica, da Montpellier, Edimburgo, Berlino, Lubiana, Madrid, Francoforte, Praga, Budapest, al mitico Teatro Colon di Buenos Aires, con unanimi consensi di critica e di pubblico. Nell’aprile del 2010 ha eseguito il concerto in onore del quinto anniversario del pontificato di Benedetto XVI offerto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L’hanno diretta fra gli altri: C. Abbado, R. Abbado, S. Accardo, Y. Ahronovitch, P. Bellugi, L. Berio, A. Boreyko, G. Ferro, D. Gatti, C.M. Giulini, E. Inbal, Z. Mehta, R. Muti, G. Noseda, K. Penderecki, G. Sinopoli, J. Tate. Ha inciso per la Nuova Era, la Aulos, la Fonit Cetra, la Stradivarius; ha registrato per la RAI, Radio France e l’Unione Europea delle Radio. Dal 2000 Maestro per l’orchestra è Nicola Paszkowski. Le hanno dedicato loro opere compositori come S. Bussotti e G. Battistelli. Nel 2004 l’Orchestra è stata insignita del “Premio Abbiati” dall’Associazione Nazionale Critici Musicali quale “miglior iniziativa musicale che dal 1984 ha formato migliaia di professionisti, costituendo un punto di riferimento unico per la formazione del giovane musicista e una delle espressioni più felici del 23 ruolo didattico, insostituibile da 30 anni, della Scuola di Musica di Fiesole”. Nel settembre 2008 le è stato conferito il prestigioso Praemium Imperiale Grant for Young Artists dalla Japan Art Association. La sostengono la Regione Toscana, la Provincia di Firenze e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze oltre al Ministero per i Beni e le Attività Culturali; la Compagnia di San Paolo mette a disposizione le borse di studio a concorso per le prime parti. Violini primi Teona Kazishvili ** Alice Milan ** Luigi Presta * Giulia Alessio Ilaria Bonanno Elisa Francese Aurora Landucci Ivan Palaia Matteo Penazzi Diego Ortu Alessandro Sgarabottolo Emanuele Simonelli Silvia Stella Jacob Ventura Violini secondi Tommaso Angelini ▲ Beatrice Manai ▲ Lorenzo Vicari * Stefania Alessi Martina Amadesi Eleonora Amato Giulia Gori Stefano Grimaldi Arianna Mazzarese Daniela Nicolò Roberta Pranzitelli Eleonora Turtur Viole Laura Hernandez Garcia ▲ Francesca Profeta ▲ Tommaso Valenti * Clara Belladone Andrea Bertanzon Andrea Cagnin Irene François Filippo Martini Luna Michele 24 Violoncelli Enrico Graziani ▲ Peter Krause ▲ Ludovico Armellini * Camillo Cabassi Valerio Cassano Enrico Cocco Simone De Sena Lisa Napoleone Contrabbassi Lucio Corenzi ▲ Andrea Macellaro * Gabriele Grassi Francesca Li Causi Alessio Menegolli Cosimo Ravenni Flauti Annamaria Di Lauro ▲ Jona Venturi Ottavino Alice Sabbadin Oboi Lorenzo Alessandrini ▲ Valeria Manai ▲ Corno inglese Roberta Brafa Clarinetti Roberta Patrini ▲ Sara Cazzanelli Clarinetto basso Giuliana Nicotra Fagotti Cynthia Colombo ▲ Elena Comelli Controfagotto Nicolò Pallanch Corni Giulio Montanari ▲ Tea Pagliarini ▲ Federico Lamba Lorenzo Valentini Trombe Luca Festa ▲ Luca Pinaffo Guido Masin Tromboni Lorenzo Passerini ▲ Domenico Brancati Trombone basso Davide Albrici Basso tuba Domenico Puzzo Timpani Simone Buttà ▲ Percussioni Andrea Brogi Matteo Manzoni Marco Crivelli Spalla ** Prime parti ▲ Concertini * GRUPPO BPER Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari, Vando Veroni 25 Annalisa Pellini Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il Teatro, Paola Scaltriti, Gigliola Zecchi Balsamo Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza, Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari Stampa: Grafiche San Benedetto, Castrocielo (FR)