2011/2012
concerti
Orchestra Giovanile Italiana
Mario Brunello
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2012
A cura dell’Area Comunicazione
Coincidenze e citazioni a cura di Giulia Bassi
Fonti delle citazioni: Massimo Mila, Brahms e Wagner, Einaudi, Torino 1988; Christian Martin
Schmidt, Brahms, EDT, Torino, 1990; Arnold Schönberg, Stile e idea, Feltrinelli, Milano, 1975;
Dino Villatico “Haydn, la civiltà della sonata” in Musica & Dossier n.40, maggio 1990, Giunti,
Firenze.
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti
di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
L’incontro di Mario Brunello con il pubblico si svolge in collaborazione con
Insieme per il Teatro.
2 marzo 2012 ore 20.30
Teatro Municipale Valli
Franz Joseph Haydn
Concerto n. 1 per violoncello e orchestra in do maggiore Hob. VIIb/1
Moderato
Adagio
Allegro molto
Franz Joseph Haydn
Concerto n. 2 per violoncello e orchestra in re maggiore Hob. VIIb/2
Allegro moderato
Adagio
Rondò: Allegro
Johannes Brahms
Quartetto per archi e pianoforte in sol minore op. 25 (trascrizione per orchestra di Arnold Schönberg)
Allegro
Intermezzo: Allegro, ma non troppo
Andante con moto
Rondo alla Zingarese: Presto
Orchestra Giovanile Italiana
Mario Brunello direttore e solista
La “tematicità”, dal classicismo fino alla mitizzazione
di Roberto Scoccimarro
Haydn e i concerti per violoncello e orchestra
Escludendo composizioni spurie e di dubbia attribuzione, Haydn
ha lasciato trentatré concerti per strumento solista e orchestra.
Tra questi, i concerti per violoncello oggi tramandati sono due,
in do e re maggiore; un terzo concerto, catalogato da Antony von
Hoboken con il numero tre, è da identificarsi forse con il primo,
oppure con una fonte oggi perduta. Due altri concerti sono ritenuti spuri; in particolare il presunto quinto concerto è in realtà
una tarda composizione di David Popper (1843-1913) basata su
alcuni schizzi di Haydn, oggi perduti, e realizzata forse a scopo
di falsificazione.
Fino al 1961, anno in cui il musicologo Oldřich Pulkert scoprì una
serie di parti staccate nel museo nazionale di Praga, nulla si sapeva
dell’esistenza del primo concerto per violoncello, sulla cui paternità, dopo i primi dubbi, quasi tutti gli studiosi si sono espressi
favorevolmente. Composto tra il 1762 e il 1765, il concerto era
quasi certamente destinato al primo violoncellista dell’orchestra
del principe Esterházy, Joseph Franz Weigl, padre del compositore Joseph Weigl, che fu attivo come maestro di cappella presso
lo Hoftheater di Vienna negli anni novanta e autore di numerosi
Singspiele di successo.
Le date di composizione ipotizzate hanno messo in discussione
l’idea secondo cui Haydn, nella fase precoce della sua carriera,
non fosse completamente in grado di cimentarsi con il genere del
concerto solistico. La chiarezza costruttiva della composizione, i
nobili archi melodici, così privi di galanterie, infine un grado di
Haydn
Il principe era pienamente soddisfatto del mio lavoro, ero apprezzato, avevo a disposizione un’orchestra per fare esperimenti e osservare cosa rafforzava e cosa indeboliva un effetto e quindi potevo perfezionare, cambiare, eliminare e provare soluzioni nuove; ero isolato dal mondo, non c’era
nessuno intorno a me che potesse sviare o turbare il mio lavoro e così fui
costretto a diventare originale.
Franz J. Haydn
Le libere arti e la bella scienza della composizione non sopportano ceppi
materiali. La mente e l’anima devono avere la loro libertà.
Franz J. Haydn
Quando Haydn si pose al lavoro, un nuovo genere di musica stava avanzando da iniziali tentativi a cosciente maturità; la sua musica doveva anch’essa
passare attraverso ogni stadio di codesta crescita, ora seguendo i sentieri tracciati dagli altri, ora indicando la via. Forse a eccezione di Haendel,
nessun grande compositore fu mai tanto produttivo; forse, a eccezione di
Beethoven, nessun grande compositore fu mai così vigile. Tenendo il passo
con gli sviluppi del suo tempo, Haydn terminava sempre con un progresso
su quanto aveva iniziato.
W. Oliver Strunk
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virtuosismo strumentale per l’epoca insuperabile, hanno portato
a una revisione del pregiudizio, basato soprattutto sull’esiguità dei lavori haydniani di genere concertistico tramandati e di
sicura attribuzione, più che sulla loro qualità. Insieme alle anticipazioni del linguaggio maturo, nel concerto in do maggiore
si osserva anche l’influenza del principio, in quegli anni sempre
più in disuso, del basso continuo, e la tendenza a comporre le sezioni solistiche non sempre su base tematica, piuttosto secondo
la tecnica della progressione barocca.
Il primo movimento (4/4, Moderato) ha lo stesso impianto dei
movimenti iniziali in forma-sonata riscontrabile nella maggior
parte dei concerti haydniani, con quattro ritornelli orchestrali
che si alternano a tre interventi solistici. Nell’introduzione orchestrale si possono individuare quattro gruppi tematici, dei
quali i più rilevanti sono il primo e il terzo, entrambi in do maggiore, collegati tra loro da una zona in cui si tocca transitoriamente la dominante. Il violoncello fa il suo ingresso con il primo
tema, ancora nella tonalità di base; poi, per raggiungere a sua
volta il quinto grado impiega un materiale che solo parzialmente
ha elementi comuni con il corrispondente passaggio orchestrale
dell’introduzione, fino alla formulazione di un nuovo tema in sol
maggiore di esclusiva “competenza” solistica. In altre parole violoncello e orchestra raggiungono e sostano sulla zona del quinto
grado utilizzando materiali differenti; a un tempo, nel corso del
movimento essi condividono il primo e il quarto gruppo tematico. Attraverso questa distribuzione dei materiali Haydn mostra,
già negli anni sessanta, una piena consapevolezza del principio
fondamentale del concerto solistico: la dialettica tra contrasto e
cooperazione dei due mezzi. All’attacco dello sviluppo il violoncello riprende il tema principale in sol maggiore, per poi inoltrarsi in lunghe figurazioni modulanti atematiche. Il passaggio
conduce al quarto materiale, ora ripreso in la minore, seguito
dal tema “esclusivo” del violoncello nella stessa tonalità. Nella
ripresa risuonano solo il primo e il quarto gruppo tematico.
Nell’attacco del movimento centrale (2/4, Fa maggiore, Adagio),
costruito nella forma ABA’, si nota facilmente la filiazione del
tema dal primo materiale del movimento precedente. Il solista
entra con una lunga nota tenuta, alla quale segue l’immediata
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ripetizione del tema. Nell’Adagio, e ancora nel rondò seguente,
tale attacco si riscontra più volte, sempre con la medesima combinazione simultanea tra pedale armonico del violoncello e tema
avviato dall’orchestra. Non è da escludere che questa forma di
entrata solistica fosse non solo una predilezione di Haydn, ma
anche del violoncellista Weigl.
Nel terzo movimento (4/4, Allegro molto), in forma-sonata, si è
osservata una tendenza alla monotematicità, poiché il secondo
nucleo tematico, oltre ad avere elementi intervallari in comune
con il primo, è costruito sul medesimo disegno ritmico. Una terza idea in do minore scaturisce come naturale proseguimento
del secondo tema e aggiunge al movimento un’area dal carattere
se non patetico quanto meno meditativo, generando un equilibrio con il generale tono virtuosistico e affermativo del movimento. Nel primo intervento solistico il secondo tema è esposto
dal violoncello in sol maggiore, mentre il terzo è presentato in
sol minore e in pianissimo. Lo sviluppo prende avvio e termina
con elaborazioni modulanti del secondo tema, cui è inframmezzato un lungo passaggio di figurazioni solistiche in progressione
che conduce al terzo tema, ripresentato in mi minore. In questa
sezione Haydn non sfrutta il primo tema; includendolo nello sviluppo, probabilmente il legame così evidente tra questo e il secondo materiale avrebbe conferito scarso spicco all’attacco della
ripresa. Il piano costruttivo haydniano rende invece la riapparizione del primo tema particolarmente efficace; ad esso seguono
il secondo e terzo tema, quest’ultimo nuovamente in do minore.
Il concerto n. 2 in re maggiore fu composto da Haydn nel 1783,
diciotto anni dopo il primo, e destinato forse al violoncellista
Antonín Kraft, amico, oltre che del compositore, anche di Mozart e Beethoven; per il virtuoso quest’ultimo scrisse la parte solistica del triplo concerto in do maggiore. Proprio a Kraft, autore
egli stesso di un concerto per violoncello (in do maggiore op. 4),
fu lungamente attribuito il secondo concerto di Haydn. La falsa
attribuzione poté essere rivista solo nel 1963, quando si scoprì
l’autografo a Vienna. Nell’Ottocento, quando ancora si riteneva
che il concerto fosse opera di Kraft, la composizione fu sottoposta a forti rimaneggiamenti che toccarono anche la sostanza mu10
sicale, soprattutto nell’elaborazione di François August Gevaert,
pubblicata nel 1890.
Nel primo movimento si ascoltano tre temi. I primi due, presentati nel ritornello orchestrale rispettivamente in re e la maggiore, sono chiaramente affini, essendo il secondo basato sulla
formula cadenzale con cui termina il primo. Il terzo tema, enunciato dal solista solo molto dopo il suo attacco e più tardi ripreso
dall’orchestra, mostra anch’esso una relazione motivica profonda con il primo: il suo profilo è infatti un’inversione della prima
idea, e ulteriore elemento comune sono le semicrome per grado
congiunto legate da portamenti a due a due. Lo sviluppo prende avvio dal primo tema esposto dal violoncello alla dominante,
dopodiché si dipanano figurazioni solistiche che riuniscono con
equilibrio l’esaltazione del virtuosismo e l’elaborazione tematica. In questa sezione il secondo dei tre temi non è oggetto di
elaborazione, mentre nella ripresa a non essere ricapitolato è il
terzo materiale. La testa del primo tema, dopo la cadenza solistica, ricorre a chiusura del pezzo, come fosse una sorta di motto.
All’inizio del breve, tripartito Adagio in la maggiore il tema in
terze, dai ritmi puntati, potrebbe perfettamente collegarsi a tale
“motto” appena udito nelle battute conclusive del movimento
precedente. È una sottile forma di relazione motivica che travalica l’ambito del singolo movimento, e che Haydn realizza più di
una volta nei lavori degli ottanta e novanta. Il tema-refrain del
rondò finale (Allegro, 6/8) è imparentato con il tema principale
del primo movimento: appare così chiara la ferrea connessione
creata da Haydn nella struttura dell’intera composizione. Nel
terzo dei tre couplets si osserva un impianto interno tripartito.
L’episodio prende avvio con un’enunciazione del tema in re minore, cui segue una sezione in fa maggiore, in cui è esposto un
nuovo tema a carattere popolareggiante, e una riformulazione
della sezione in re minore. La coda del rondò rappresenta un
esempio del raffinato senso dell’humour haydniano. Gli oboi
“tentano” due volte di esporre nuovamente il tema, ma vi riescono solo nella prima frase, “interrotti” una prima volta dal solista con figurazioni idiomatiche, la seconda dall’orchestra, che
inaspettatamente si appropria degli stessi disegni di bravura del
violoncello. Haydn sembra speculare con atteggiamento ludico
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Brahms
Brahms, il classicista, l’accademico, fu un grande innovatore nella sfera del
linguaggio musicale.
Arnold Schönberg
La solitudine, perfino la povertà non nuocciono certamente ai caratteri veramente forti, anzi li costringono ad approfondirsi, provocando in essi una
sana collera, il sacro zelo di vincere ad ogni costo l’opposizione del mondo.
Johannes Brahms
Due volte il posto vacante alla Filarmonica è stato offerto a un forestiero,
lasciandomi in disparte. Se mi fosse stato offerto quand’era il momento,
sarei diventato un buono e fedele cittadino, avrei potuto sposarmi ed essere
un uomo come gli altri, adesso sono un vagabondo.
Johannes Brahms
In fondo, io ero nato per il chiostro. Solo che il tipo di convento di cui avevo
bisogno non esiste.
Johannes Brahms
Brahms sofferse e misurò nel profondo l’angoscia esistenziale, ma non passivamente: non si abbandonò al gorgo, cercò di opporre una virile resistenza al dissolvimento della ragione.
Massimo Mila
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sull’essenza della forma di rondò, che in linea teorica potrebbe
protrarsi all’infinito con plurimi scambi di materiale tra medium
orchestrale e solistico, e che di fatto può trovare conclusione solo
con un intervento “d’autorità” da parte dell’orchestra.
Brahms-Schönberg: quartetto op. 25 in sol minore,
trascrizione per orchestra
Nel corso della sua carriera Schönberg vide in Brahms, con crescente convincimento, un modello ispiratore. La sua opera gli
appariva radicata nella tradizione classico-romantica, e affondava le radici anche più indietro nelle composizioni bachiane;
nello stesso tempo l’illustre predecessore indicava, fra le righe,
una via parzialmente inesplorata ai musicisti delle nuove generazioni.
Dopo una lunga esperienza come trascrittore di operette, Schönberg aveva realizzato versioni per orchestra di composizioni di
Bach, Händel e Brahms, in vista di esecuzioni con direttori di
rilievo. L’elaborazione orchestrale del quartetto op. 25 risale al
1937, quando il compositore era già emigrato negli Stati Uniti, e fu commissionata dal direttore Otto Klemperer. Famosa è
la frase di Schönberg, che chiamato a spiegare da quali intenti
fosse mosso nella sua trascrizione, dichiarò: «Per una volta volevo sentire tutte le voci, e ritengo di esservi pienamente riuscito». L’obiettivo consisteva in altre parole nel portare alla luce
elementi di un tessuto musicale che nell’originale restavano solitamente celati, per via di esecuzioni in cui la parte pianistica
spesso sommergeva le linee degli archi. Con la sua usuale sovranità, Schönberg riteneva che il suo scopo fosse semplicemente
«restare rigorosamente nello stile di Brahms e non andare più
oltre di quanto non avrebbe fatto egli stesso, se oggi fosse stato
ancora vivo». Sebbene in tali parole il compito sembri esaurirsi
in funzioni di semplice “artigianato” compositivo, la trascrizione
di Schönberg rappresenta molto di più: essa era il frutto di un
atteggiamento fatto di ammirazione e assimilazione-soggettivizzazione della grande tradizione musicale tedesca, di cui Brahms
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era ideale continuatore. È all’interno di questa stessa tradizione
che Schönberg sentiva una sorta di impulso innovativo verso il
futuro. Soprattutto in Bach, Beethoven e Brahms, egli vedeva
l’incarnazione di una tecnica compositiva che era anche un’esperienza conoscitiva: la “entwickelnde Variation”, variazione-sviluppo, vale a dire il principio di derivazione logica dell’intera
struttura musicale sulla base di elementi generatori di natura
diastematica, ritmica, armonica e anche timbrica. Tale tecnica,
analogamente a una struttura organica, permetteva un rapporto d’interdipendenza tra tutti gli elementi costitutivi e generava
a ogni livello una ferrea coesione interna. Nel 1933, centenario
della nascita di Brahms, Schönberg lesse una relazione dal titolo «Brahms, il progressivo», in cui, oltre a voler spiegare il
principio della “entwickelnde Variation”, intendeva gettare una
nuova luce sul compositore, tutt’altro che meritevole dell’errata
reputazione di artista conservatore, in opposizione all’altrettanto schematizzante concetto di “progressismo” wagneriano. La
trascrizione del quartetto op. 25 è dunque anche elaborazione
perché con essa Schönberg analizzava e rendeva trasparente il
pensiero musicale brahmsiano, pensiero cui egli sentiva di dover
dare prosecuzione in veste di consapevole innovatore interno
alla tradizione.
Nel quartetto op. 25 in sol minore il principio della “entwickelnde Variation” si attua attraverso la derivazione motivica del
pezzo dalla scomposizione del tema iniziale in cellule generative.
Come ha osservato Klaus Velten (1974), gli intervalli che compongono il primo tema, una volta estrapolati durante la transizione tonale come elementi suscettibili di sviluppo autonomo,
sono ricomposti in forma nuova e portati a sintesi all’interno del
secondo nucleo tematico. La transizione modulante porta qui
gradualmente alla luce componenti che formeranno il secondo
tema; in ciò essa acquista una funzione strutturale che trascende
la semplice preparazione di una nuova tonalità, guadagnando le
caratteristiche di una sezione di sviluppo interna all’esposizione. Questo principio di scomposizione e ricomposizione di una
sostanza tematica è stato riscontrato anche nella tecnica compositiva schönberghiana, ed è affermato da Schönberg stesso nei
suoi Fondamenti della composizione musicale (1967): «Ideal14
mente, i temi subordinati sono derivati dal motivo di base, anche se la connessione può apparire invisibile alla lettura». Nella sua elaborazione Schönberg intende chiarificare la tecnica
brahmsiana della “entwickelnde Variation” attraverso dettagli
di strumentazione. Una figurazione in quartine di semicrome,
introdotta nell’esposizione del movimento e apparentemente ornamentale, è risolta dal trascrittore attraverso l’aggiunta di una
linea di rinforzo della tromba. Con il suo ritmo puntato, tale linea rivela chiaramente le due componenti contenute nel disegno
“ornamentale”: l’intervallo di quarta discendente, trasformato
ora in terza, e la seconda ascendente, entrambi provenienti dal
tema principale.
La ripresa del primo movimento inizia dal secondo tema, in sol
maggiore, mentre il primo è richiamato solo a partire dal suo
secondo segmento, come visto a carattere di sviluppo. Il terzo
tema ricorre in mi bemolle maggiore, ma la sua ripresentazione
termina in sol minore. In questa tonalità Brahms lascia udire
nuovamente quel passaggio Animato, che precedentemente era
in re maggiore e di carattere eroico, trasformandolo ora in un
Tranquillo dalla Stimmung contenuta e rassegnata. Schönberg
scrive questo passaggio per gli archi, con pizzicati molto brevi
non previsti nell’originale, ai quali si aggiungono il fagotto e più
tardi il flauto, rendendo in pieno il mutamento di atmosfera desiderato da Brahms.
L’intermezzo con Trio (9/8, do minore, Allegro ma non troppo) si apre con una melodia di violino e viola in terze parallele,
piano, dolce ed espressivo, da eseguirsi con sordina. Schönberg
scrive la melodia per oboe e corno inglese; più tardi, alla ripetizione del tema, tale strumento è impegnato insieme al clarinetto basso nell’esecuzione di una contro-melodia omoritmica.
Una seconda idea, in fa minore, con il suo avvio volutamente
stentato, scaturisce dalla sostanza ritmica della prima con stupefacente naturalezza, e si dipana nella consueta lunghezza e compiutezza armonica delle melodie brahmsiane. Nella trascrizione
essa risuona alla voce del clarinetto in si bemolle, e nella sua
ripetizione nel do minore di base al corno inglese, al corno e alle
viole, con un timbro particolarmente scuro e introverso. L’inizio della linea melodica del Trio, in la bemolle maggiore, vede
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l’impiego della medesima sequenza ritmica propria dei due temi
della prima sezione, ma questa volta il tono non è melanconico,
bensì festoso, non lontano dagli squarci pianistici schumanniani
a mo’ di fanfara. Il fluire delle crome pianistiche che accompagnano questo tema è risolto da Schönberg prima con la leggerezza dei clarinetti e dei flauti, poi con l’impiego di tutta la sezione
dei fiati, compresi i corni e le trombe.
L’Andante con moto, in mi bemolle maggiore, è tripartito. Tra le
due sezioni a carattere lirico si dispiega una marcia, Animato, in
do maggiore, il cui ritmo è inscritto nella battuta di 3/4. La trascrizione di questa sezione, realizzata da Schönberg già nell’attacco in pianissimo con il consueto, abbondante coinvolgimento
dei fiati, è poi affidata al Tutti; qui, la melodia risuona ai violini
e tromboni, i fiati eseguono un fuoco d’artificio di trilli e arpeggi,
con una sonorità quasi circense. L’elaborazione di questa marcia
ha dato adito a interpretazioni che non ritengono di identificare
nella tecnica della “entwickelnde Variation” il vero centro intellettuale e poetico nell’approccio di Schönberg al modello. Peter
Gülke, in particolare, in un saggio del 1966, ha suggerito che nel
culmine sonoro della marcia Schönberg volesse creare sonorità
apocalittiche evocanti lo stile di Mahler; non solo, lo studioso ha
pensato di scorgere qui un sentimento di premonizione dell’invasione tedesca dell’Austria nel 1938, avvenuta un anno dopo la
trascrizione del quartetto. Critiche a questa forzata interpretazione non hanno tardato a manifestarsi: Matthias Hansen ha più
volte notato che la marcia non ha nulla di apocalittico, piuttosto
vi si avverte un carattere sereno, trionfale, niente affatto aggressivo o violento.
Nel rondò «alla zingarese» Schönberg accentua la forte ritmicità e la brillantezza sonora del movimento, aggiungendo dettagli come quartine di riempimento armonico agli archi o arpeggi
veloci dei fiati. La cadenza pianistica, che come tale dovrebbe
implicare libertà esecutiva e flessibilità ritmica, è affidata nella
trascrizione al clarinetto e irrobustita dai tremoli dei legni e dagli arpeggi degli archi, ciò che sottopone il passaggio ai vincoli
della prescrizione ritmica.
I temi del Refrain e degli episodi di questo rondò sono concepiti
da Brahms come una sintesi degli elementi del primo tema della
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composizione e, a un tempo, delle differenti forme d’apparizione del tema stesso nel secondo e terzo movimento. La melodia,
semplice e trascinante, del Refrain contiene infatti, del tema
originario, le componenti intervallari, vale a dire i due intervalli
ampi, ascendenti e discendenti (il primo è ora contratto in una
terza) e i due intervalli di seconda, anch’essi in entrambe le direzioni. Nel primo episodio Brahms dà una nuova forma al motivo “ornamentale” in quartine di semicrome osservato nel primo movimento; Schönberg scompone i due elementi di seconda
ascendente e discendente contenuti nelle quartine, rendendone
così intelligibile l’origine tematica. Il medesimo procedimento
è applicato nella Coda, in cui Brahms riassume, nel Poco più
presto e nel Molto presto, gli elementi uditi all’inizio della composizione e incessantemente metamorfosati, fino a quando non
rievoca il profilo originale del primo tema stesso dissimulandolo
all’interno del vorticoso crescendo finale. Anche in questo caso la
strumentazione prevede la scomposizione dei disegni pianistici
nelle voci dei legni, portando con la massima coerenza a compimento il senso di un’orchestrazione che è anche elaborazione in
quanto analisi strutturale, esplicazione di un pensiero musicale
con cui il trascrittore sente di essere in perfetta sintonia.
Ma domandiamoci ora se questo “rovello” tematico e motivico,
così centrale nella creazione schönberghiana e nella sua comprensione della musica altrui, fosse così prioritario per Brahms
e se fosse da lui realmente sentito come una sorta di filo rosso
ininterrotto tra “grandi” del passato e del presente.
Una testimonianza, per quanto non verificabile, esiste. Secondo
quanto riportato da Walter Frisch in una monografia su Brahms
del 1915, il critico e musicologo Adolf Schubring analizzò composizioni di Brahms con un approccio che non tralasciava le relazioni tra i più piccoli dettagli motivici. Brahms gli confidò di
non condividere tale atteggiamento, chiarendo che molte delle
relazioni motiviche individuate nascevano non da un piano razionale ma da una disposizione irriflessa dell’atto creativo. Non
solo, egli aggiungeva: «Dunque non voglio essere lodato per
questo, anzi devo riconoscere che le mie idee musicali, durante il mio lavoro creativo, evidentemente non volano abbastanza
lontano; insomma, senza volerlo il mio pensiero torna spesso
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sullo stesso materiale». Se era questa l’opinione del compositore, ciò che all’ascolto non dovesse risultare riconoscibile come
parentela motivica, non doveva neppure essere oggetto di apprezzamento del musicologo-analista. Nel caso in cui Brahms
volesse realmente creare un’intera composizione partendo da
un unico nucleo motivico, si doveva allora «riconoscere chiaramente l’idea di base in ogni sua trasformazione, aumentazione,
inversione. Il resto sarebbe solo un pessimo gioco, e sempre un
segno di povertà d’invenzione». In queste riflessioni il “rovello”
tematico, inteso come organicità e autogenerazione della composizione in ogni dettaglio, non sembra in primo piano, o quanto
meno non sembra essere l’unica priorità; viene anzi da interrogarsi se Brahms non avrebbe preso le distanze da quell’unilaterale “progresso” che Schönberg vedeva nello sviluppo storico
dell’arte musicale.
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Coincidenze
1765
Haydn, Concerto per violoncello e orchestra Hob.VIIb/1
(iniziato a comporre nel 1761)
Haydn, Sinfonia n.26 in re minore “Lamentazione”; Sinfonia n.30 in do
maggiore “Alleluja”; Sinfonia n.31 in re maggiore “col segnale del corno”;
Sinfonia n.34 in re minore; Quartetti d’archi dal n.14 al n.19.
Gluck, Semiramide, balletto.
Johann Christian Bach, Adriano in Siria, opera.
Boccherini, La confederazione, opera.
Mozart, Sinfonia n.5 in si bemolle maggiore K22; Sonata per pianoforte a
4 mani in do maggiore K19d.
Morte di Francesco I, marito di Maria Teresa, che associa alla reggenza
dei domini asburgici il figlio Giuseppe, divenuto imperatore del Sacro Romano Impero.
Eulero pubblica il Theoria motus corporum solidorum seu rigidorum.
L’arcivescovo inglese Thomas Percy (1729-1811) raccoglie molte ballate
della letteratura inglese, tramandate sino ad allora oralmente nel The Reliques of Ancient English Poetry.
Lazzaro Spallanzani, Saggio di osservazioni microscopiche concernenti il
sistema della generazione spontanea de’ signori Needham e Buffon.
Parini scrive Il mezzogiorno.
Carlo Goldoni fa rappresentare a Venezia la commedia in tre atti Il ventaglio.
1783
Haydn, Concerto per violoncello e orchestra in re maggiore
Hob. VIIb/2
Haydn, Sonate per pianoforte n.38 - n.40; Armida, opera.
Piccinni, Didone, opera.
Mozart, Sinfonia n.36 in do maggiore “di Linz” K425; Due Concerti per
corno K417 e K447; Quartetti per archi K 421 in re minore e K428 in mi
maggiore; Messa votiva.
La Spagna riconosce l’indipendenza degli Stati Uniti d’America.
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Con la Pace di Versailles l’Inghilterra riconosce l’indipendenza degli Stati
Uniti.
Un forte terremoto distrugge la città vecchia di Reggio Calabria, che verrà
così ricostruita in stile ottocentesco. Vi sono gravi danni anche a Messina,
con circa 700 vittime.
Il vulcano Laki, in Islanda, comincia la sua eruzione che causerà la morte
di 9350 persone.
Viene firmato il trattato di Georgievsk tra la Russia e il Regno di Kartli e
Kakheti (Georgia).
Con la firma del Trattato di Versailles ha termine la guerra di indipendenza americana. La Gran Bretagna riconosce l’indipendenza degli Stati Uniti
d’America.
La Crimea viene annessa alla Russia da Caterina II.
I fratelli Montgolfier compiono il primo volo in mongolfiera.
Henry Cort inventa un metodo di affinazione del ferro con il quale si utilizza carbon fossile al posto del carbone a legna.
Pubblicazione dei Prolegomeni ad ogni futura metafisica che voglia presentarsi come scienza di Immanuel Kant.
1861
Brahms, Quartetto per pianoforte e archi n. 1 op. 25
Brahms, Variazioni e fuga sul tema di Händel per pianoforte; Soldaten
Lieder, cinque lieder.
Ponchielli, La Savoiarda, opera.
Dvořák, Quintetto d’archi.
Boito, Le Sorelle d’ltalia, opera.
Rimskij-Korsakov, Sinfonia n.1 (terminata nel 1865).
Stati Uniti d’America: il Delaware vota contro la secessione dagli Stati
Uniti.
Prime elezioni dei deputati per il primo Parlamento nazionale italiano.
Gaeta: termina il lungo assedio piemontese (102 giorni) della nota fortezza borbonica, che capitola con l’onore delle armi.
Il 18 febbraio: prima convocazione del nuovo Parlamento del Regno d’Italia (dopo le prime elezioni politiche del 27 gennaio), che comprendeva
deputati di tutte le regioni annesse (dopo i relativi plebisciti). 17 marzo: il
neonato Parlamento italiano apre i lavori con la proclamazione del Regno
d’Italia, mentre il re di Sardegna Vittorio Emanuele II di Savoia assume il
titolo di re d’Italia, in attesa della completa unità d’Italia.
Inizia la Guerra di secessione americana.
Nella seduta del Parlamento italiano si registra un’agitata discussione tra
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Garibaldi e Cavour riguardo l’inquadramento degli irregolari garibaldini
nell’Esercito regolare.
Viene introdotta in Italia la coscrizione militare obbligatoria. La durata
del servizio di leva viene fissata inizialmente a sei anni, successivamente
ridotta a cinque.
A Roma inizia le pubblicazioni “L’Osservatore Romano”, fondato da due
avvocati, il forlivese Nicola Zanchini ed il bolognese Giuseppe Bastia.
In Russia: abolizione della servitù della gleba.
Inizia la prima battaglia di Bull Run, battaglia terrestre della guerra civile
americana.
Il chimico belga Ernest Solvay studia un procedimento per la produzione
della soda.
In Francia Pierre Michaud costruisce il primo velocipede.
Il chimico Alexander Parkes inventa la celluloide.
L’industriale Thomas Sutcliffe Mort costruisce a Sidney il primo stabilimento per la congelazione della carne.
A Parigi inizia la costruzione del teatro dell’Opera.
Charles Baudelaire pubblica una versione dei Fiori del male epurata di sei
liriche condannate per oscenità.
Dostoevskji pubblica Memorie dalla casa dei morti.
Christian F. Hebbel compone la trilogia in versi Nibelunghi.
Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei
musicisti, Utet, 1994. www.musicweb-international.com/Classpedia/A-Zindex. htm
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Interpreti
Mario Brunello
Nel 1986 è il primo artista italiano a vincere il Concorso Čaikovskij di Mosca che
lo proietta sulla scena internazionale. Viene invitato dalle più prestigiose orchestre, tra le quali London Philharmonic, Royal Philharmonic, Munich Philharmonic, Philadelphia Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Orchestre National
de France, NHK Symphony di Tokyo, Filarmonica della Scala, Accademia di
Santa Cecilia; lavora con direttori quali Valery Gergiev, Zubin Mehta, Riccardo
Muti, Yuri Temirkanov, Riccardo Chailly, Ton Koopman, Seiji Ozawa, Daniele
Gatti, Myung-Whun Chung e Claudio Abbado.
Brunello si presenta sempre più di frequente nella doppia veste di direttore e
solista dal 1994, anno di fondazione dell’Orchestra d’Archi Italiana, con la quale
ha una intensa attività sia in Italia che all’estero. Nell’ambito della musica da
camera Brunello collabora con celebri artisti, tra i quali Gidon Kremer, Martha
Argerich, Frank Peter Zimmermann, Yuri Bashmet, Maurizio Pollini, Andrea
Lucchesini, Valery Afanassiev e i Quartetti Borodin e Alban Berg.
Nella sua vita artistica Brunello riserva ampio spazio ai progetti che coinvolgono forme d’arte diverse (letteratura, filosofia, scienza, teatro), integrandoli con il suo repertorio tradizionale. Interagisce con attori e musicisti di altra
estrazione culturale, quali Uri Caine, Paolo Fresu, Marco Paolini, Gianmaria
Testa, Margherita Hack, Moni Ovadia e Vinicio Capossela. Attraverso nuovi canali di comunicazione Brunello cerca di avvicinare il pubblico a un’idea diversa
e multiforme di fare musica, creando spettacoli interattivi, che in gran parte
nascono nello spazio alternativo di Antiruggine, una ex-officina ristrutturata,
luogo ideale per la sperimentazione. Tra i suoi spettacoli di maggior successo
“Pensavo fosse Bach”, creazione multimediale di musica, luci e video-immagini
dedicata alle Suites di Bach, di cui Brunello è oggi considerato uno dei massimi
interpreti.
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I diversi generi artistici sperimentati da Brunello si riflettono nell’ampia discografia che include opere di Vivaldi, Bach, Beethoven, Brahms, Schubert, Franck,
Haydn, Chopin, Janáček, Sollima e molti altri. Nel 2008 Deutsche Grammophon ha pubblicato il Triplo Concerto di Beethoven diretto da Claudio Abbado,
mentre l’etichetta EGEA Records ha dedicato all’artista la collana “Brunello
Series” composta da cinque Cd: “Odusia”, odissea musicale nella cultura del
Mediterraneo, “Brunello and Vivaldi”, “Violoncello and” per violoncello solo,
“Schubert e Lekeu” con Andrea Lucchesini e le Suites di Bach. Queste ultime
hanno riscosso un grande successo sia di pubblico che di critica, ricevendo il
Premio della Critica 2010. La prossima uscita riguarderà un’incisione live del
Concerto per violoncello e orchestra di Nino Rota, realizzata a Tokyo, con Mario
Brunello nel doppio ruolo di direttore e solista.
Tra i principali impegni della stagione 2011-12 figurano il Concerto di Dvořák
con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano,
concerti con la Kremerata Baltica, con la Filarmonica Toscanini, con l’Orchestra
Sinfonica della Rai, con l’Orchestre du Capitole de Toulouse e una tournée in
Giappone. Brunello completerà l’integrale delle Suites di Bach all’Accademia di
Santa Cecilia e a Modena.
Mario Brunello ha studiato con Adriano Vendramelli, perfezionandosi in seguito con Antonio Janigro. È direttore musicale del festival “Artesella arte e
natura” e direttore artistico del Premio Borciani e del Festival del Quartetto di
Reggio Emilia. È stato nominato Accademico di Santa Cecilia.
Brunello suona il prezioso violoncello Maggini dei primi del Seicento appartenuto a Franco Rossi.
L’Orchestra Giovanile Italiana
L’Orchestra Giovanile Italiana, ideata da Piero Farulli all’interno della Scuola
di Musica di Fiesole, in 30 anni di attività formativa ha contributo in maniera
determinante alla vita musicale del Paese con oltre mille musicisti occupati stabilmente nelle orchestre sinfoniche italiane e straniere.
Tenuta a battesimo da Riccardo Muti, l’Orchestra è stata invitata in alcuni fra
i più prestigiosi luoghi della musica, da Montpellier, Edimburgo, Berlino, Lubiana, Madrid, Francoforte, Praga, Budapest, al mitico Teatro Colon di Buenos
Aires, con unanimi consensi di critica e di pubblico. Nell’aprile del 2010 ha eseguito il concerto in onore del quinto anniversario del pontificato di Benedetto
XVI offerto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
L’hanno diretta fra gli altri: C. Abbado, R. Abbado, S. Accardo, Y. Ahronovitch,
P. Bellugi, L. Berio, A. Boreyko, G. Ferro, D. Gatti, C.M. Giulini, E. Inbal, Z.
Mehta, R. Muti, G. Noseda, K. Penderecki, G. Sinopoli, J. Tate. Ha inciso per
la Nuova Era, la Aulos, la Fonit Cetra, la Stradivarius; ha registrato per la RAI,
Radio France e l’Unione Europea delle Radio. Dal 2000 Maestro per l’orchestra
è Nicola Paszkowski.
Le hanno dedicato loro opere compositori come S. Bussotti e G. Battistelli.
Nel 2004 l’Orchestra è stata insignita del “Premio Abbiati” dall’Associazione
Nazionale Critici Musicali quale “miglior iniziativa musicale che dal 1984 ha
formato migliaia di professionisti, costituendo un punto di riferimento unico
per la formazione del giovane musicista e una delle espressioni più felici del
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ruolo didattico, insostituibile da 30 anni, della Scuola di Musica di Fiesole”.
Nel settembre 2008 le è stato conferito il prestigioso Praemium Imperiale
Grant for Young Artists dalla Japan Art Association.
La sostengono la Regione Toscana, la Provincia di Firenze e l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze oltre al Ministero per i Beni e le Attività Culturali; la Compagnia di San Paolo mette a disposizione le borse di studio a concorso per le
prime parti.
Violini primi
Teona Kazishvili **
Alice Milan **
Luigi Presta *
Giulia Alessio
Ilaria Bonanno
Elisa Francese
Aurora Landucci
Ivan Palaia
Matteo Penazzi
Diego Ortu
Alessandro Sgarabottolo
Emanuele Simonelli
Silvia Stella
Jacob Ventura
Violini secondi
Tommaso Angelini ▲
Beatrice Manai ▲
Lorenzo Vicari *
Stefania Alessi
Martina Amadesi
Eleonora Amato
Giulia Gori
Stefano Grimaldi
Arianna Mazzarese
Daniela Nicolò
Roberta Pranzitelli
Eleonora Turtur
Viole
Laura Hernandez Garcia ▲
Francesca Profeta ▲
Tommaso Valenti *
Clara Belladone
Andrea Bertanzon
Andrea Cagnin
Irene François
Filippo Martini
Luna Michele
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Violoncelli
Enrico Graziani ▲
Peter Krause ▲
Ludovico Armellini *
Camillo Cabassi
Valerio Cassano
Enrico Cocco
Simone De Sena
Lisa Napoleone
Contrabbassi
Lucio Corenzi ▲
Andrea Macellaro *
Gabriele Grassi
Francesca Li Causi
Alessio Menegolli
Cosimo Ravenni
Flauti
Annamaria Di Lauro ▲
Jona Venturi
Ottavino
Alice Sabbadin
Oboi
Lorenzo Alessandrini ▲
Valeria Manai ▲
Corno inglese
Roberta Brafa
Clarinetti
Roberta Patrini ▲
Sara Cazzanelli
Clarinetto basso
Giuliana Nicotra
Fagotti
Cynthia Colombo ▲
Elena Comelli
Controfagotto
Nicolò Pallanch
Corni
Giulio Montanari ▲
Tea Pagliarini ▲
Federico Lamba
Lorenzo Valentini
Trombe
Luca Festa ▲
Luca Pinaffo
Guido Masin
Tromboni
Lorenzo Passerini ▲
Domenico Brancati
Trombone basso
Davide Albrici
Basso tuba
Domenico Puzzo
Timpani
Simone Buttà ▲
Percussioni
Andrea Brogi
Matteo Manzoni
Marco Crivelli
Spalla **
Prime parti ▲
Concertini *
GRUPPO BPER
Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono
realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori
Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari, Vando Veroni
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Annalisa Pellini
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella
Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il
Teatro, Paola Scaltriti, Gigliola Zecchi Balsamo
Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea
Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica
Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza,
Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari
Stampa: Grafiche San Benedetto, Castrocielo (FR)
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