2011/2012
concerti
Le Concert Des Nations
Jordi Savall
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2012
A cura dell’Area Comunicazione
Coincidenze e citazioni a cura di Giulia Bassi
Fonti delle citazioni:
Albero Basso, J.S.Bach e la corte di Federico II in Musica & Dossier, n.3, gennaio 1987,
Firenze, Giunti; Thomas Mann, Doctor Faustus, Milano, Mondadori, 1978; Pier Paolo
Pasolini, Studi sullo stile di Bach, in: Saggi sulla letteratura e sull’arte, a cura di W. Siti,
Milano, Mondadori, 1986; Enzo Siciliano, Carta per musica, Milano, Mondadori, 2004.
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti
di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
L’incontro di Jordi Savall con il pubblico si svolge in
collaborazione con Insieme per il Teatro.
17 aprile 2012 ore 20.30
Teatro Municipale Valli
Johann Sebastian Bach
Musikalisches Opfer (L’Offerta musicale) BWV 1079
Regis Jussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta
Thematis Regii Elaborationes Canonicae
Thema Regium
Ricercar a 3 (Clavicembalo)
Canon perpetuus super Thema Regium (VII)
Canon (II) a 2 violini in unisono
Canon (I) a 2, Cancrizans (Clavicembalo)
Canon (III) a 2, Per motum contrarium
Ricercar a 6 (Cembalo)
Canon (IV), Per augmentationem, contrario motu (A)
Sonata sopr’il Soggetto Reale
Largo - Allegro - Andante - Allegro
Canon (IX) a 2, Quaerendo invenietis (A) (Clavicembalo)
Canon (V) a 2, Per Tonos ‘Ascendenteque Modulatione ascendat Gloria Regis’
Canon (IX) a 2, Quaerendo invenietis (B) (Clavicembalo)
Fuga canonica In Epidiapente (VI)
Canon (IV), Per augmentationem, contrario motu (B)
Canon perpetuus (VIII)
Canon a 4 (X)
Ricercar a 6 (Ensemble)
Le Concert Des Nations
Pierre Hantaï clavicembalo
Marc Hantaï flauto traverso
Riccardo Minasi e Mauro Lopes Ferreira violini
Balázs Máté violoncello
Xavier Puertas violone
Jordi Savall
viola da gamba e direzione
Bach
Scrisse Leopardi che la bellezza della musica consiste nell’esprimere il
“sentimento in persona” che “trae da se stessa e non dalla natura”. L’esemplificazione o la conferma di questo pensiero è per intero contenuta nelle
pagine strumentali di Bach. Pare lo strumento ragionare sulle proprie possibilità tecniche oltrepassandole.
Enzo Siciliano
Bach era quasi cancellato dalla memoria dei contemporanei, e Vienna in
particolare non voleva sapere di musica protestante. Per Beethoven, il re
dei re era stato Händel, e una grande predilezione aveva avuto il maestro
per Cherubini. Tutto ciò è molto interessante e anche paradossale: infatti
si può ben dire che se, a quell’epoca avesse avuto maggior familiarità con
Bach, la musa beethoveniana avrebbe incontrato più facilmente la comprensione dei contemporanei.
Thomas Mann
L’immagine di Bach non è così perfetta come la perfezione apriorista di
tutta la sua musica vorrebbe farci credere. Una sensualità profonda sta anche in Bach a giustificare certe evasioni purissime che in lui aiutate dalla
tecnica ferma e senza tentazioni, costituiscono la direzione continua della
liberazione artistica.
Pier Paolo Pasolini
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…come un cristallo di roccia…
di Guido Barbieri
0.
Una goccia d’acqua che diventa un cristallo di neve, un minerale
di calcio che si trasforma in una stalattite, una massa silicatica,
fatta di acqua, idrogeno e anidride carbonica, che prende la forma di un cristallo di roccia. Tutti questi fenomeni, da sempre
accolti in natura, rientrano in quel processo lento, graduale e
irreversibile che i fisici definiscono “cristallizzazione”. È un procedimento di “transizione della materia” – come si dice - che
porta una sostanza dallo stato liquido o volatile allo stato solido
e che comporta conseguenze “drammatiche”: una struttura “caotica” e ad altissimo tasso di entropia si trasforma infatti in una
struttura cristallina ordinata, a minore tasso di entropia, anche
se spesso meravigliosamente complessa. Nonostante lo slittamento metaforico possa sembrare azzardato, la silloge di lavori
eterogenei che costituiscono il Musikalische Opfer (Bwv 1079)
di Johann Sebastian Bach nasce seguendo un procedimento
sorprendentemente simile. Anzi alla base di quest’opera profondamente speculativa c’è un doppio processo di cristallizzazione
(anche se i due itinerari, come vedremo, sono di segno opposto):
il primo presiede la genesi del cosiddetto “tema regio” che rappresenta il fondamento, il nucleo profondo, il germe dell’intera
raccolta, il secondo riguarda invece le forme musicali (il ricercare, il canone, la fuga, la sonata a tre) che costituiscono l’ossatura
dell’opera. Per svelare come una serie di meccanismi squisitamente musicali siano regolati da leggi fisiche che riguardano la
materia occorre sottoporre L’Offerta Musicale ad una sorta di
stratigrafia che ne metta in luce, come in un minerale, i diversi
livelli di sedimentazione. Il primo strato è inevitabilmente quello di carattere biografico.
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1.
È la primavera del 1747. Johann Sebastian, sessantaduenne, in
discreta salute, ma non proprio abituato ad attraversare il mondo, affronta un viaggio abbastanza faticoso da Lipsia a Potsdam.
Insieme a lui c’è il figlio maggiore, Wilhelm Friedmann. La meta,
come si dice, vaut le voyage: il vecchio kantor della Thomaskirche è stato infatti invitato nientemeno che da Federico II di
Prussia in persona. L’incontro, il cui scopo rimane misterioso,
è stato combinato dall’altro figlio di Bach, Carl Philip Emanuel,
da sette anni musicista di corte del re. La “famiglia” si riunisce a
Potsdam all’inizio di maggio e pochi giorni dopo, esattamente il
7 del mese, Federico accompagna il capostipite a visitare la sua
celebre collezione di clavicembali e di strumenti da tasto. Tra di
essi figurano i quindici (o forse più…) nuovissimi pianoforti che
il re aveva appena acquistato da Gottfried Silbermann, il geniale
organaro tedesco erede di Bartolomeo Cristofari, il cosiddetto
”inventore” del pianoforte moderno. Non sapremo mai se Johann Sebastian si sia seduto davvero, quel giorno, sul panchetto
di un Silbermann e se abbia mai messo le mani sui tasti della
nuova “macchina”. Sappiano però che il re gli propone su due
piedi, secondo la prassi, di sviluppare un piccolo tema apparentemente innocente, ma in realtà piuttosto complesso: un arpeggio ascendente che copre l’intervallo di sesta, un brusco salto
discendente di settima diminuita, e poi una rapida successione
discendente di carattere cromatico. Undici suoni, un numero,
come vedremo “sospetto”… Sappiano anche che Bach non si sottrae all’imperativo regio (e come avrebbe potuto, del resto…) e
che improvvisa, all’istante, non la fuga a sei voci che pare Federico gli abbia chiesto, bensì una fuga a tre voci di fattura abbastanza scolastica e di sapore piuttosto arcaico. Una volta tornato
a Lipsia Bach padre, lasciati i figli alle rispettive occupazioni, decide di mettere sulla carta la fuga improvvisata sotto gli occhi del
re. Ma l’operazione non è affatto semplice, né lineare.
2.
Per descriverla comme il faut il nostro esame stratigrafico deve
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salire di livello e cercare di illuminare lo strato immediatamente superiore dell’opera, ossia quello di carattere squisitamente
formale. Difficile dire che cosa sia rimasto e che cosa sia invece
svanito rispetto alla performance del 7 maggio: quando si cerca di imprimere una forma scritta ad un processo di invenzione
estemporanea, come sanno bene i jazzisti e musicisti popolari, il
processo di metamorfosi non è mai indolore e qualche cosa del
testo “originale” (un ornamento, una variazione, un “errore”, un
dettaglio) si smarrisce fatalmente, e per sempre. Rimane in piedi, di solito, la struttura dell’improvvisazione, ossia la trave portante del discorso musicale. E così deve essere accaduto anche
nei confronti della fuga sul “tema regio”. Bach le da innanzitutto un nuovo nome, abbastanza sorprendente: non “fuga”, bensì
“ricercare”. E poi, quasi a sanare la “lacuna” patita al cospetto
del re, sdoppia la fuga in due diversi ricercari, uno a tre voci e
l’altro a sei. Nel riferimento alla più antica tra le forme dell’invenzione strumentale, i cui primi esempi risalgono alla fine del
Quattrocento, sono nascoste probabilmente due indicazioni non
casuali: da un lato il richiamo consapevole ad uno stylus antico,
ossia ad una tecnica contrappuntistica di matrice rinascimentale, dall’altro il signal, nascosto, ma facilmente decifrabile, che
conduce alla genesi dell’opera. Nell’edizione a stampa de L’offerta musicale, ovviamente dedicata al re di Prussia, appare infatti,
in esergo, la parola “Ricercar”, acronimo latino dell’espressione
“Regis Jussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta”, ossia,
parafrasando liberamente, “Pezzo realizzato per ordine del re e
altri pezzi realizzati secondo l’arte del canone”. Ben più di un
semplice “motto” di convenienza: al contrario una esplicita dichiarazione di stile. Ecco dunque che il flusso liquido della improvvisazione, si è solidificato, si è cristallizzato nell’opera scritta e stampata: e non è affatto escluso che in questo processo di
trasformazione, come accade in natura, l’alto tasso entropico
della “composizione istantanea” nata sotto lo sguardo del re si
sia ridotto per adattarsi alle rigide strutture cristalline della fuga
ispirata alla tecnica severa del ricercare antico. Ed è presumibile,
di conseguenza, che la fuga scritta, rispetto alla fuga improvvisa9
ta, risulti più accademica, più convenzionale, più rigida rispetto
ad un testo “originale” perduto per sempre. Se la composizione
“istantanea” nata a Potsdam si ispirava probabilmente allo stylus phantasticus praticato da Bach nelle opere speculative della
maturità, in primis L’arte della fuga, la composizione messa sulla carta a Lipsia fa un passo indietro, inverte la freccia del tempo
e individua come modello fondante il progenitore (addirittura…)
del già arcaico ricercare, ossia il mottetto quattrocentesco di matrice fiamminga.
Ma questo processo di cristallizzazione, grazie al quale lo stile
improvvisativo si solidifica nelle strutture della musica scritta e
lo stile moderno si cristallizza nelle forme arcaiche, non riguarda soltanto, come si diceva più sopra, il rapporto tra il “tema
regio” e il Ricercare iniziale, bensì investe l’intera struttura del
Musikalische Opfer. Come in un perfetto sistema frattale, o in
una struttura “auto simile” (l’albero, la conchiglia, il corpo umano…) i caratteri della parte appartengono compiutamente anche al tutto. O meglio: la conformazione di ogni parte del tutto
è esattamente identica alla conformazione del tutto. Una conferma ulteriore della natura curiosamente fisica, “biologica” di
quest’opera: ciò che forse le attribuisce, nonostante la sua matrice rigorosamente speculativa, una formidabile coesione stilistica. In che cosa consiste dunque questa coincidenza tra la parte
e il tutto, tra il Ricercare iniziale e le altre parti dell’opera? La
riposta viene dall’esame del terzo strato “minerale” dell’opera,
ossia quello che riguarda le sue componenti più precisamente
storico- musicali.
3.
L’architettura della Offerta musicale è apparentemente assai
meno rigorosa, lineare e omogenea rispetto alla struttura, ad
esempio, de L’arte della fuga: in luogo della serie coesa dei diversi Contrapuncta qui ritroviamo una serie di elementi estremamente eterogenei. Al primo Ricercare a tre voci, come si diceva, ne segue un secondo, questa volta a sei voci, distribuite in sei
diversi sistemi di linee e spazi: un artifizio grafico e notazionale
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Bach
Bach non ha crisi. La sua opera è tutta ad una medesima altezza e il suo
unico pericolo è l’aridità… La sua aridità, se talvolta c’è stata, era semplicemente tecnica: era un bachismo come c’è stato un petrarchismo.
Pier Paolo Pasolini
Ma la qualità, angelica e sulfurea, dell’ingegno musicale bachiano si rivela
nel flusso che vivifica, poiché se non ci si allontana dal clima mondano che
comunque una danza suggerisce, ecco il pretesto divorato da un moto ulteriore, dalla necessità di esprimere il farsi stesso della musica.
Enzo Siciliano
Il fatto che Bach intorno al 1800 fosse del tutto dimenticato, è una delle
circostanze più ricche di conseguenze della storia della musica. Altrimenti
tutto, anche la “classicità” sarebbe andata diversamente. Egli però non era
antiquato, bensì troppo difficile. Il presupposto di tutta la civiltà è la vittoria del “galante” sull’erudito.
Theodor W. Adorno
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che consente di indicare con chiarezza le entrate successive dei
diversi soggetti e il movimento contrappuntistico delle parti. A
queste due entreès segue il corpus vero e proprio dell’Offerta,
ossia una sequenza di nove canoni chiusi dalla celebre “Fuga
canonica in Epidiapente”, che altro non è se non un semplice
canone stretto alla quinta. Ciascun canone assume il tema regio
o come cantus firmus oppure come soggetto della costruzione
canonica: nel primo caso il procedimento richiama, come accade
nel primo Ricercare, la tecnica arcaica del mottetto, nel secondo
il riferimento è invece alla tecnica più moderna, ma pur sempre
storicamente acquisita, della fuga. Tra i nove canoni spiccano, in
ragione del loro carattere astrattamente speculativo, i due Canoni perpetui: per il secondo, in particolare, intitolato Canon perpetuus super Thema Regium, Bach prevede una precisa destinazione strumentale (flauto traversiere, violino e basso continuo),
assente invece negli altri episodi. Gli altri canoni esibiscono invece, nel loro complesso, una sorta di summa ragionata dell’ars
canonica arcaica: un semplice canone a due voci, un canone a
due voci per moto contrario, un canone a due per aumentazione
e per moto contrario, un canone all’unisono e via di seguito.
Ma la vera sorpresa deve ancora arrivare: intercalato tra i due
canoni perpetui appare infatti nella edizione a stampa del 1747
un oggetto musicale del tutto insolito nel contesto canonico, ossia una inattesa e imprevedibile “Sonata sopr’il soggetto Reale a
traversa, violino e continuo”. In altre parole una “Sonata a tre”
per flauto traversiere, violino e basso continuo (lo stesso organico del secondo canone perpetuo…) che fa compiere all’intera
opera un brusco salto stilistico, insinuando nel rigoroso contesto
polifonico-contrappuntistico dei ricercare e dei canoni il principio latamente “concertante” della trio sonata seicentesca: una
virata decisa dall’astrattezza della scrittura canonica verso la
concretezza della architettura sonatistica.
Ecco dunque in che cosa consiste l’identità tra la parte e il tutto, l’osmosi, sia pure di segno opposto, tra il processo di cristallizzazione che ha portato alla scrittura del primo Ricercare e il
processo di cristallizzazione che riguarda l’intero corpus de L’Of12
ferta musicale. Nell’epoca storica in cui questa’opera capitale
prende corpo le forme musicali che ne costituiscono le scheletro
portante sono ormai reperti del passato: il canone, il ricercare,
la fuga, la sonata a tre (seguendo l’ ordine cronologico di avvento…) non possiedono più alcuna vitalità, non fanno più parte,
e da tempo, del vocabolario d’uso del compositore “moderno”.
Hanno già subito insomma, in altri termini, un processo storico
di cristallizzazione che ne ha fortemente ridotto il tasso di entropia. Bach, nel ridare a queste forme una perfetta funzionalità
stilistica agisce da un lato come uno storico della musica, dall’altro come uno scienziato atipico. Per un verso infatti scrive, letteralmente, un dottissimo trattato storico sulla evoluzione delle
forme musicali e degli idiomi strumentali cameristici dal Quattrocento fino ai suoi giorni: un compendium vivo, pulsante, delle
forme storiche in cui la scrittura canonica e quella sonatistica si
sono nel tempo cristallizzate. Per l’altro dimostra, nella prassi,
che il processo di cristallizzazione delle forme musicali, a differenza di quanto avviene in natura, è un fenomeno perfettamente
reversibile: invertire la freccia del tempo si può e dunque anche
il canone, il ricercare, la fuga, la sonata a tre possono ritornare
dallo stato solido allo stato fluido, tornare ad essere strumenti vivi nelle mani dell’homo faber, dell’artifex che domina uno
strumentario formale potenzialmente illimitato. Nelle mani del
vecchio kantor di Lipsia, in definitiva, i reperti del passato, dai
più arcaici procedimenti polifonici fino alle spoglie della sonata
a tre di matrice corelliana, rivivono, letteralmente, una seconda
vita.
4.
L’esame stratigrafico del Musikalische Opfer non sarebbe però
completo se non cercasse di illuminare anche lo strato superiore del minerale, quello forse più esteriore, ma non per questo
meno fondante, ossia il livello di lettura che potremmo definire filosofico-scientifico. Si è molto discusso, e probabilmente si
continuerà a discutere, intorno alla natura funzionale dei tredici
brani che compongono il ciclo. Si tratta di una raccolta unitaria,
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destinata ad una esecuzione integrale, oppure di una collazione
di brani eterogenei dotati, ciascuno, di una propria autonomia?
Il quesito non è solamente “accademico”. Dalla risposta dipende
infatti la soluzione di una crux dolorosa che da sempre tormenta
gli interpreti “moderni”: quale è la disposizione ideale da dare ai
singoli brani, quale l’ordine più rigoroso, quale la successione filologicamente più corretta e musicalmente più efficace? Le prove documentarie e i paradigmi indiziari sono discordanti. Come
ci informa Alberto Basso la seconda delle tre edizioni a stampa,
ossia i cento esemplari pubblicati da Schubler e presentati alla
Fiera di San Michele, a Lipsia, nel 1747, suddivide i tredici brani
in cinque sezioni raggruppate in tre fascicoli distinti e sembra
dunque escludere l’ipotesi del ciclo unitario. Ma la ricerca forse
più originale intorno alla natura dell’opera, ossia quella condotta da Ursula Kirkendale, porta verso una conclusione diametralmente opposta. Lo studio pubblicato dal “Journal of the American Musicological Society” nel 1980, The Source for Bach’s
“Musical Offering”: the “Institutio Oratoria” of Quintilian, individua per l’appunto nella ars retorica di Quintiliano la fonte
della architettura originale che Bach avrebbe voluto imprimere
alla raccolta. Secondo questa ipotesi ognuno dei tredici episodi
corrisponde ad una delle parti della oratio prescritta dall’autore
della Insititutio Oratoria: il “Ricercare a tre” all’exordium, ossia
all’incipit del discorso, il “Canon perpetuus” e i “Canoni 1-5”, rispettivamente alla narratio brevis (la Inventio) e alla narratio
longa (la parte cioè in cui il retore ricorre all’arte della persuasione), la “Fuga canonica” all’egressus, ossia al luogo in cui, secondo le parole di Quintiliano, l’oratore “una volta esposto l’ordine delle cose, si dilunga su qualche passo propizio e degno di
plauso”. Sempre secondo l’ipotesi di Kirkendale il “Ricercar a 6”
svolge poi la funzione dell’Exordium II, in cui l’oratore cerca di
accattivarsi l’animo degli ascoltatori, i “Canoni a 2 e a 4” il ruolo
dell’ argumentatio, ossia il momento in cui la tesi viene sottoposta al procedimento della confutazione, mentre la “Sonata”
e il “Canon perpetuum” interpretano le due parti finali, e complementari, della oratio: la peroratio in adfectibus e la perora14
tio in rebus, ossia, rispettivamente, il richiamo ai sentimenti e
l’appello conclusivo alla ratio. Una conferma della attendibilità
della ipotesi formulata da Kirkendale viene dal fatto che a questa
struttura si applica perfettamente il misterioso acronimo della
prima edizione a stampa, ossia, come si ricorderà, “Regis Jussu
Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta”. Ogni lettera coinciderebbe non soltanto con la parola corrispondente, ma anche
con la lettera chiave di ogni singola parte: la “R” di Regis con il
primo “Ricercare”, la “I” di Jussu con la “Inventio” della narratio brevis, la “C” di Cantio con i cinque Canons della narratio
longa e via di seguito… Se si prova a ridurre questo impianto
concettuale ad uno schema visivo, si ottiene, a sorpresa, secondo
una ipotesi ermeneutica estremamente suggestiva, una immagine di carattere fortemente realistico. L’acronimo è il tronco dal
quale si dipartono da un lato i rami delle parole corrispondenti e dall’altro i rami delle parti retoriche del discorso: in questo
modo il simbolo iconico del Musikalische Opfer sarebbe quello
dell’albero, del medievale albero della vita, che dalle radici del
ricercare (“quaerendo invenietis”) conduce verso i rami più alti
del canone perpetuo.
5.
È evidente, in cauda, che la pretesa di sottoporre l’opus magnum
di Johann Sebastian Bach ad un esame stratigrafico completo
è del tutto immaginaria, nonché sciaguratamente pretenziosa.
Non solo perché i materiali che costituiscono il corpus dell’opera
sono disposti, come si è visto, in modo simultaneo e non contiguo, ma anche perché si dovrebbe supporre l’esistenza di un
numero potenzialmente infinito di strati… Scartate le risposte
più prevedibili, gli interrogativi destinati a rimanere aperti possono dare le vertigini. Quale è ad esempio significato del “Ricercare a sei voci” che Bach non compone istantaneamente sotto
gli occhi dell’Imperatore, ma che invece “ricompone” per la edizione a stampa? Fino a quel momento il kantor di Lipsia non
aveva composto fughe “artificiose” destinate ad un così elevato
numero di voci. C’è chi sostiene che il significato vada ricerca15
to molto lontano dalla “lettera” della musica e cioè nella ottica
astronomica di Keplero secondo il quale l’ “armonia delle sfere”,
ossia la rappresentazione della “completezza dell’universo”, è
costituita da una ininterrotta polifonia a sei voci nella quale si
riflette il moto dei sei pianeti originari. Ma è facile rilevare come
il numero sei richiami prepotentemente anche un’altra allegoria
fondante, quella della creazione: una ulteriore rappresentazione
dell’universo vista però, in questo caso, sub specie religiosa. Ancora: perché il “tema regio” è costituito proprio da undici suoni?
È davvero scaturito da un “suggerimento” di Federico II oppure
è stato lo stesso Bach, una volta tornato a Lipsia, a disporre in
sequenza undici suoni in modo da poter completare la sequenza
con un dodicesimo suono che rappresenta, con tutta evidenza,
un’altra metafora della “completezza”, questa volta quella del
sistema musicale? E per finire (al momento…): quale è la relazione profonda tra i due ricercari (i pezzi cardine della raccolta)
che nello schema retorico proposto da Kirkendale corrispondo
ai due exordia, ossia ai due incipit fondamentali dell’opera? Se
il Ricercar a 6 voci rappresenta simbolicamente il moto della
creazione il Ricercar a 3 voci non può essere invece la metafora
della Trinità, la rivelazione iconica della croce, motivo particolarmente caro al Bach delle Passioni? E allora non si potrebbero
interpretare i due Ricercari (lo fa in un saggio illuminante Giuseppe Fagnocchi) come il tentativo di realizzare la sintesi ideale
tra il Vechio e il Nuovo Testamento, entrambi fondamento di
una filosofia dell’Essere che trova il proprio veicolo espressivo
nell’ esercizio di una sistematica ars memoriae? Come si vede,
annidata nelle pieghe di una ermeneutica forse esasperata, si affaccia l’ipotesi che il Musikalische Opfer possieda un profondo
significato concettuale e che possa essere interpretato come una
riflessione su un tema per niente estraneo agli interessi filosofici,
scientifici e religiosi che Bach coltiva negli ultimi anni della sua
vita: l’interrogativo cioè se il sistema musicale sia in grado di riflettere non soltanto se stesso, ma anche la completezza dell’universo che lo accoglie. Un quesito squisitamente ontologico che
si richiama direttamente alla filosofia scolastica di Tommaso
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e che riguarda, in definitiva, la relazione tra le due dimensioni
complementari dell’ Essere e dell’Esistere. Forse non è inutile
ricordare che proprio il mese successivo al fondamentale “viaggio a Potsdam”, Bach aderisce ufficialmente alla famosa “Correspondierende Societät der Musikalischen Wissenschaften in
Deutschland” fondata nel 1738 da uno dei suoi allievi, Lorenz
Christoph Mizler: una “accademia di studio e di ricerca che si
proponeva di conciliare discipline lontane e a volte irriducibili
tra loro come la musica, la filosofia, la matematica e le scienze. Si
affaccia dunque, dietro e oltre la facciata delle architetture formali, l’idea che L’Offerta musicale si iscriva in realtà in una sorta di “quadrato magico” i cui lati sono costituiti dalle discipline
fondamentali della riflessione bachiana dei tardi anni di Lipsia:
un intreccio di relazioni complesse in cui Musica, Matematica,
Filosofia e Religione contribuiscono in egual misura a fondare
una compiuta teoria speculativa dell’esistenza.
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Coincidenze
1747
Bach, L’Offerta Musicale
Händel, Judas Maccabaeus, oratorio.
Porpora, Filandro, opera.
Gluck, Le nozze d’Ercole e d’Ebe, opera.
La Francia invade i Paesi Bassi che eleggono Guglielmo IV di OrangeNassau come statolder (la carica diventerà ereditaria).
Gran Bretagna e Russia firmano un trattato di alleanza contro la Francia.
In Persia lo scià Nadir viene assassinato e l’Afganistan si dichiara
indipendente.
Voltaire, Zadig o il destino.
Christian F.Gellert, La vita della contessa svedese.
N.S. Adam esegue la statua in bronzo del Martirio di Santa Vittoria
(Cappella di Versailles).
Il chimico Andrea Sigismund Margraaf scopre un procedimento per
estrarre lo zucchero dalle barbabietole.
Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei
musicisti, Utet, 1994. www.musicweb-international.com/Classpedia/A-Zindex. htm
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Interpreti
Jordi Savall
Jordi Savall è una figura eccezionale nel panorama musicale attuale. Per oltre
30 anni si è dedicato alla scoperta di tesori musicali abbandonati: trent’anni
di ricerca e studio, sia come violista che come direttore. A partire dal 1970
incide come solista o direttore i capolavori del repertorio per viola da gamba,
divenendo rapidamente uno dei più grandi interpreti di questo strumento.
Con i tre gruppi musicali Hesperion XXI, La Capella Reial de Catalunya e Le
Concert des Nations, fondati insieme a Montserrat Figueras, Savall esplora
e crea un universo di emozioni e bellezza, restituendolo a milioni di amanti
della musica, facendo conoscere al mondo la viola da gamba e le musiche
dimenticate di diversi paesi e accreditandosi così come uno dei principali
difensori della musica antica.
Jordi Savall è senza dubbio una delle personalità musicali più eclettiche della sua generazione. Le sue attività di concertista, insegnante, ricercatore e
creatore di progetti nuovi sia dal punto di vista musicale che culturale ne
fanno uno dei principali protagonisti dell’attuale rivalutazione della musica
storica. Con la sua partecipazione al film di Alain Corneau Tutte le mattine
del mondo (César per la migliore colonna sonora), la sua intensa attività concertistica (140 concerti l’anno) e discografica (sei incisioni ogni anno) e, più
recentemente, con la creazione della sua etichetta Alia Vox, ha dimostrato
che la musica antica non è necessariamente elitaria o minoritaria e che può
interessare anche un pubblico sempre più giovane e vasto.
Come molti altri musicisti, inizia gli studi all’età di 6 anni facendo pratica in
un coro di bambini della sua città natale, Igualada (Barcellona) e studiando
violoncello al Conservatorio di Barcellona dove si diploma nel 1964. Nel 1965
intraprende come autodidatta lo studio della viola da gamba e della musica
antica, completando la sua formazione presso la Schola Cantorum Basiliensis, dove nel 1973 succede al suo maestro August Wenzinger e dove continua
a tenere master class.
Jordi Savall ha inciso più di 170 CD e ha ricevuto numerosi riconoscimenti
tra cui: Officier de l’Ordre des Arts et Lettres (1988), Croce di Sant Jordi
(1990), «Musicista dell’anno» da Le Monde de la Musique (1992) e «Solista
dell’anno» di Victoires de la Musique (1993), Medaglia d’Oro delle Belle Arti
(1998), Membro Onorario della Konzerthaus di Vienna (1999), Victoires de
la Musique alla carriera (2002), Dottore Honoris Causa all’Università Cattolica di Louvain, Belgio (2000), all’Università di Barcellona (2006) e all’Università di Evora (2007).
Le sue uscite discografiche hanno ricevuto diversi «Midem Classical Awards»
(1999, 2000, 2003, 2004, 2005, 2006 e 2008), e svariate nomine ai Grammy
Awards. Tra i suoi ultimi progetti ricordiamo i Libri-CD Le Royaume Oublié.
La Tragédie Cathare et la Croisade contre les Albigeois e Dinastia Borja:
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Església i poder al Renaixement.
Il libro-CD Jerusalem. La Ville des deux Paix: La Paix céleste et la Paix terrestre, ha ricevuto nel 2009 i premi Orphée d’Or de l’académie du disque
lyrique 2008, il Caecilia 2008 come migliore disco dell’anno scelto dalla
stampa e il Midem Classical Award 2010. Ha recentemente ricevuto anche
l’Händelpreis der Stadt Halle 2009 in Germania e il premio Nacional de la
Música Catalana del Consell Nacional de la Cultura i de les Arts.
Nel 2008 Savall è stato nominato dall’Unione Europea “Ambasciatore per
il dialogo interculturale” e “Artista per la pace” all’interno del programma
Ambasciatori di buona volontà dell’UNESCO. Nel 2009 è stato nuovamente nominato “Ambasciatore del 2009 della creatività e dell’innovazione”
dall’Unione Europea. Sempre nel 2009 ha ricevuto il premio Händelpreis
der Stadt Halle in Germania e il Premio Nazionale di Musica del Consiglio
Nazionale della Cultura e delle Arti di Catalogna, per la sua carriera professionale.
Nel 2010 ha ricevuto il premio della Reale Accademia delle Arti e della Scienza come migliore interprete solista per il disco The Celtic Viol, oltre al Praetorius Musikpreis Niedersachsen 2010.
Nel 2011 il libro-CD “Dinastia Borgia” ha ricevuto il Grammy Award nella
categoria Best Small Ensemble Performance.
Pierre Hantaï
Nato nel 1964, a 10 anni si appassiona della musica di Bach. Sotto l’influenza
di Gustav Leonhardt, inizia a studiare il clavicembalo prima da solo poi sotto
la direzione di Arthur Haas. Molto presto si esibisce nei primi concerti solo o
coi fratelli Marc e Jérôme.
Studia due anni ad Amsterdam con Gustav Leonhardt, che lo invita a continuare a suonare sotto la sua direzione. Gli anni successivi vedono la collaborazione con numerosi musicisti e direttori d’orchestra quali Philippe Herreweghe, i fratelli Kuijken, François Fernandez, Marc Minkowski, Philippe
Pierlot. È spesso invitato da Jordi Savall e ama rinnovare la collaborazione
con Amandine Beyer, Hugo Reyne, Sébastien Marq, Skip Sempé, Olivier Fortin o Jean-Guihen Queyras, per fare musica da camera. Ha recentemente
ricostituito l’ensemble che aveva fondato negli anni ‘80, le Concert Français,
con repertorio suites, concerti e cantate di Bach.
Della sua ricca discografia ricordiamo le ultime incisioni per Mirare: le variazioni Goldberg e il Primo Libro del Clavicembalo Ben Temperato di J. S.
Bach, tre volumi di Sonate di Scarlatti e un programma di Suites d’orchestra
di Bach con le Concert Français.
Marc Hantaï
Marc Hantaï è stato allievo di Barthold Kuijken presso il Conservatorio Reale
di Musica di Bruxelles, dove nel 1986 ha ricevuto il «Diplôme Supérieur avec
distinzione grande».
Si è esibito come flauto solista con importanti orchestre quali La Petite Bande (Sigiswald Kuijken), The Amsterdam Baroque Orchestra (Ton Koopman),
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Le Concert des Nations (Jordi Savall), Collegium Vocale (Philippe Herreweghe), Les Arts Florissants (William Christie), Anima Eterna (Jos van Immerseel), Ricercar Consort (Philippe Pierlot). Tiene regolarmente concerti come
solista e in gruppi da camera in Europa, Giappone, Corea e Stati Uniti. Ha
effettuato numerose registrazioni, compresi i 6 duetti per flauto di WF Bach,
i trii di Haydn, «Les Nations» di Couperin con i fratelli Kuijken, la suite in
si minore e l’«Offerta Musicale» di JS Bach con Jordi Savall e le sonate per
flauto di Bach con i suoi fratelli Jérôme (viola da gamba) e Pierre (clavicembalo). È stato per molti anni professore assistente di Barthold Kuijken presso
il Conservatorio di Bruxelles ed è ora professore presso la Scuola Superiore
di Música di Catalunya a Barcellona.
Riccardo Minasi
Nato a Roma nel 1978, ha svolto un’intensa attività sia come solista che come
primo violino con Le Concert des Nations, Accademia Bizantina, Concerto
Italiano, Il Giardino Armonico, Orchestra dell’Accademia Nazionale di S.
Cecilia, Al Ayre Español, Zefiro, La Risonanza, Elyma, Assemblée des Honnéstes Curieux e collaborando con K. & M. Labèque, L. Pianca, A. Mayer,
V. Mullova, C. Coin, S. Azzolini, R. Lislevand, K. Nagano e R. Goebel. Come
direttore d’orchestra ha diretto Harmony of Nations Orchestra, Helsinki
Baroque Orchestra, Camerata Strumentale Fiesolana, Attersee Akademie
Orchestra, Kammerakademie di Potsdam, Recreation-Grosses Orchester di
Graz e Il Complesso Barocco.
Recentemente è stato invitato a dirigere la Kammerorchester di Zurigo, la
Australian Brandenburg Orchestra e, come assistente di T. Hengelbrock, il
Balthasar Neumann Ensemble per l’opera Norma con C. Bartoli. Dal 2005
insegna musica d’insieme presso il Conservatorio ‘V. Bellini’ di Palermo.
Ha tenuto inoltre seminari, lezioni di violino, prassi esecutiva e orchestra
barocca presso la ‘Longy School of Music’ di Cambridge (USA), la ‘Sibelius
Academy’ di Helsinki, l’Universita di Cultura Cinese di Taipei (Taiwan), la
Residenza di Kùks (Rep. Ceca), la Scuola di Musica di Fiesole e alle audizioni
dell’Orchestra Barocca della Comunità Europea (EUBO).
Mauro Lopes Ferreira
Mauro Lopes Ferreira, nato a Roma, studia il violino con Felix Ayo e approfondisce lo studio della musica antica con Enrico Gatti e Sigisvald Kuijken.
Inizia giovanissimo la sua attività con varie orchestre di musica barocca in
Italia e in Francia; suona con Jordi Savall (Concert des Nations, Hesperìon
XX), la Cappella dè Turchini, i Sonatori della gioiosa marca, Café Zimmemann e il Concerto Italiano, sia in orchestra che in formazione cameristiche,
esibendosi nelle più prestigiose sale del mondo: Concertgebouw ad Amsterdam, Societé Philarmonique a Bruxelles, Accademia di Santa Cecilia a Roma,
Cité de la Musique a Parigi, Lincoln Center a New York, Palau de la Musica
a Barcellona, Teatro Colòn a Buenos Aires, Gran Sala del Conservatorio di
Mosca.
È primo violino di Concerto Italiano e primo violino ospite dell’Orchestra ba22
rocca di Siviglia, dell’ensemble Zefiro e dell’orchestra barocca Divino Sospiro
di Lisbona. Ha registrato per la Sony, Armonia Mundi, Naïve, Alpha, Alia
Vox.
Balazs Maté
Nato nel 1965 a Budapest, ha studiato nel Conservatorio B. Bartok e si è diplomato presso l’Accademia di Musica F. Liszt, nella sua città natale. Dal
1986 al 1991 è stato membro della National Hungarian Philharmonic Orchestra. Ha continuato gli studi di violoncello barocco con Jaap ter Linden
a L’Aia (Paesi Bassi) e ha studiato musica da camera con Nikolaus Harnoncourt al Mozarteum di Salisburgo. È membro fondatore di vari ensemble:
Concerto Armonico Budapest, Trio Cristofori e The Rare Fruits Council.
È primo violoncello in prestigiose formazioni barocche: Le Concert des Nations (J. Savall), Wiener Akademie (Mr. Haselböck) nel 1996 e Les Musiciens
du Louvre (Minkowski). Nel 1995 Maté Balazs ha fondato l’ensemble Aura
Musicale e il Quartetto Luigi Tomasini (con Laszlo Paulik, Erzsebet Racz e Eva
Posvanecz). Entrambi i gruppi hanno una reputazione eccellente, rinforzata da
una discografia che comprende opere rare frutto della ricerca di musica antica
ad opera di Maté Balazs. Nel 2000 ha debuttato come solista al «Musikverein»
di Vienna e nello stesso concerto, si è esibito diretto da Christopher Hogwood.
Ha tenuto numerosi concerti con successo in Europa, Stati Uniti, Canada,
Brasile, Argentina, Colombia e Giappone. È titolare di violoncello barocco
per l’Orchestra barocca dell’Unione europea e l’Accademia barocca austriaca.
Xavier Puertas
Nato nel 1967 ha studiatio nei conservatori di Barcellona e Vienna.
Nel 1997 entra a far parte dell’Orchestra Sinfonica di Barcellona. Si è poi
specializzato nel contrabbasso barocco e collabora regolarmente con gruppi quali Al Ayre Espanol, Orchestra Barocca di Siviglia, Balthasar Neuman
Ensemble e Français Concert. Attualmente insegna presso i conservatori di
Barcellona e Cervera.
Collabora abitualmente con le Concert des Nations e Hesperion XXI sotto la
direzione di Jordi Savall.
Le Concert des Nations
Le Concert des Nations, fondato nel 1989, è la formazione più giovane tra
quelle dirette dal Maestro Savall. È a Couperin che il nome della formazione
fa riferimento: les Nations, rappresenta una riunione di stili e la premonizione di un Europa artistica che risale all’Illuminismo.
Creata durante la preparazione del progetto Canticum ad Beatam Virginem
Mariam di M.A.Charpentier, questa formazione esegue un repertorio orchestrale e sinfonico dal barocco fino al romanticismo (1600-1850). Le Concert
des Nations è la prima orchestra con queste caratteristiche a raccogliere
musicisti provenienti per la maggior parte da paesi latini (spagnoli, ispanoamericani, italiani, portoghesi, francesi, senza escludere altre nazionalità),
tutti altamente specializzati nell’utilizzo di strumenti antichi.
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Lo spessore delle sue incisioni e dei concerti realizzati nelle principali città e festival di musica antica fa sì che Le Concert des Nations sia una delle
migliori orchestre con strumenti d’epoca, capace di afforntare un repertorio
eclettico che spazia dalla prima musica per orchestra (L’orchestre de Luis
XIII, 1600-1650) ai capolavori del Romanticismo, passando per gli autori
fondamentali del Barocco e del Classicismo.
Il desiderio di far conoscere un repertorio storico di alta qualità, a partire da
esecuzioni allo stesso tempo rigorose e innovative, è l’obiettivo principale sin
dalle prime incisioni dell’orchestra: Charpentier, Bach, Haydn, Mozart, Händel, Marais, Arriaga, Beethoven, Purcell, Dumanoir, Lully e H.I.F. von Biber
Fanno parte delle ultime uscite opere di Bach, Vivaldi, Boccherini e Mozart,
incise per Alia Vox, l’etichetta esclusiva di Jordi Savall, che ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti.
Con Una Cosa Rara di Martìn e Soler Le Concert des Nations ha debuttato
nel repertorio operistico, esperienza che continua con L’Orfeo di Monteverdi (che ha debuttato nel 1993 ed è stata rappresentata successivamente nel
2001, 2002 2007 al Teatro del Liceu di Barcellona, al Teatro Real di Madrid, a Beaune, Vienna, Metz, Bruxelles, Bordeaux. Nel 1995 Il Burbero di
Buon Cuore, altra opera di Martin e Soler fu rappresentata a Montpellier e
nel 2000 Celos aun del Ayre matan di J. Hidalgo e testo di Calderón de la
Barca fu rappresentata a Salamanca e in versione concertistica a Barcellona
e Vienna.
Tra le sue ultime produzioni vale la pena di citare Farnace di Vivaldi che ha
debuttato al Teatro de la Zarzuela di Madrid (2001) ed è stato poi rappresentato a Bordeaux (2003), Vienna (2005), Parigi (2007) e inciso con Alia
Vox. Il già citato Orfeo di Monteverdi è uscito su DVD per la BBC/Opus Arte
(2002) come anche Die sieben letzten Worte unseres Erlösers am Kreuze di
Haydn in coproduzione con Element Productions e Alia Vox (2007). L’ultimo
album de Le Concert des Nations è Le Concert Spirituel au temps de Louis
XV (2010).
Con il supporto del Departament de Cultura della Generalitat de
Catalunya, l’Institut Ramon Llull e il “Programma Cultura” dell’Unione
Europea.
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GRUPPO BPER
Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono
realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori
Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari, Vando Veroni
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Annalisa Pellini
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella
Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il
Teatro, Paola Scaltriti, Gigliola Zecchi Balsamo
Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea
Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica
Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza,
Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari
Stampa: Grafiche San Benedetto, Castrocielo (FR)
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