domenica 12 agosto
ore 21,15 chiesa di San Francesco
LA SFIDA FRA VIOLA DA GAMBA E VIOLONCELLO:
il Settecento di Bach, Geminiani, Telemann e Marais.
Perikli Pite
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . violoncello
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .viola
da gamba
Silvia Rambaldi . . . . . . . . . . . . . . . . . . .cembalo
Johann Sebastian Bach (1685–1750)
Fantasia cromatica e fuga in re min. per cembalo BWV 903 - 1720 c.
Suite per violoncello solo in re min. n. 2 BWV 1008 - 1720 c.
- Prélude
- Allemande
- Courante
- Sarabande
- Menuet I/II
- Gigue
Francesco Geminiani (1687-1762)
Sonata per violoncello e cembalo in fa magg. op. 5 n. 5 - 1746
- Adagio
- Allegro moderato
- Adagio
- Allegro
Georg Philipp Telemann (1681-1767)
Sonata in re magg. per viola da gamba TWV 40:1 - 1728
- Andante
- Vivace
- Recitativo - Arioso
- Vivace
Marin Marais (1656 – 1728)
Labyrinthe per viola da gamba e cembalo, da Pièces de viole IV - 1717
Johann Sebastian Bach (1685–1750)
Sonata in re magg. per viola da gamba e cembalo BWV 1028 - 1720 c.
- Adagio
- Allegro
- Andante
- Allegro
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no degli archi più poliedrici è
certamente il violoncello, utilizzato a partire dal Seicento in
tutti i generi musicali, fino a quelli a noi
contemporanei. Già il suo aspetto, standardizzato nella metà del secolo XVIII, lo
identifica come uno dei “violini”, ovvero
quegli strumenti ad arco con quattro
corde, accordati ad intervalli di quinta,
che presentano dei tagli ad "effe" sulla
tavola armonica.
La forma esteriore e le parti che lo
compongono sono infatti simili a quelle
del violino e della viola, da cui differisce
per le dimensioni notevolmente maggiori che gli donano un timbro profondo
e corposo nel registro grave, caldo e
brillante in quello medio, intenso e penetrante in quello acuto.
Pur se al primo impatto simile, esso si
differenzia sostanzialmente dalla viola
da gamba, strumento più antico dalla
voce morbida e delicata, risalente alla
fine del Quattrocento, con tagli a "C",
normalmente a sei corde e accordato
ad intervalli di quarta.
Da questo comunque, dopo i primissimi strumenti a spalla, il violoncello
prese la tecnica del suonare da seduti tenendo la cassa fra le
gambe e strofinando l’archetto
U
sulle corde; tecnica poi in parte modificata con l’introduzione, nel secolo XIX,
del puntale regolabile per l’appoggio.
Già dal primo Settecento, al violoncello vennero dedicate molte composizioni solistiche, benché fosse ancora
larga consuetudine utilizzarlo per l’accompagnamento, affidando le parti più
melodiche dello stesso registro alla viola
da gamba e al suo suono più lieve, e
oscillante; situazione presto superata
grazie all’importanza raggiunta con la
sua introduzione nel quartetto d’archi e
in altre formazioni cameristiche.
Con il dilagare del gusto orchestrale,
la sonorità pronta e rotonda del violoncello soppiantò definitivamente quella
della viola da gamba, facendo diventare lo strumento una parte fondamentale dell’orchestra, in cui generalmente
accompagna e sostiene l’armonia.
Ad esso la musica sinfonica dedica un
ampio spazio, stupende melodie e citazioni solistiche, senza dimenticare i molti
celeberrimi concerti in cui da protagonista assoluto riesce a mettere in mostra
tutto il proprio virtuosismo.
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Questa sera ci concentreremo sul momento di “passaggio” da uno strumento
all’altro; su quella prima parte del Settecento che vide convivere creazioni
conservatrici e sperimentali, dedicate
all’uno o all’altro strumento, quasi istigandoli ad un superbo duello spesso
svolto sotto l’arbitrato del cembalo.
Prima di iniziare soffermiamoci proprio
sullo strumento accompagnatore, quel
clavicembalo già protagonista della
scorsa stagione di Musica&Musica e al
cui uso solistico è dedicato il brano
d’apertura. Composta da Johann Sebastian Bach attorno al 1720, la Fantasia
Cromatica e Fuga BWV 903 è una composizione unica e irripetibile, talmente
ricca di virtuosismi, varianti e contrasti da
rendere difficoltosa la distinzione fra
canto e armonia. In realtà, nonostante
l’onda tempestosa dei passaggi, l’intensità emotiva e le improvvisazioni, la composizione ha una struttura ben definita.
Alla fantasia toccatistica introduttiva ricca di scale, accordi, arpeggi e dall’estrema audacia nelle concatenazioni
armoniche - segue un drammatico recitativo di esplicita ascendenza vocalistica, prima che gli elementi, come un
contrappeso alla precedente e delirante libertà armonica, si combinino
nella fuga finale, in cui la scrittura cromatica appare come imprigionata in
una struttura di granitica compostezza,
quasi a celebrare un rinnovato equilibrio
musicale e il recupero dell'ordine e della
simmetria.
Sempre a Bach, e non poteva essere
altrimenti, è destinato il compito di presentare l’uso solistico del violoncello;
con uno dei sei capitoli della “Bibbia” e
aspirazione di ogni cellista: la Seconda
Suite per violoncello.
Le composizioni di questa raccolta
sono infatti le più note opere per lo strumento e sottolineano proprio la sua evoluzione dall’accompagnamento alle
pagine solistiche. Ma proprio la loro prepotente innovazione fu il freno al successo immediato, in anni in cui ancora
la viola da gamba era ritenuta l’unico
arco di registro grave degno di essere
considerato solista.
Dal punto di vista della struttura le sei
Suites sono una serie di danze sempre
identiche: Allemande (cinquecentesca
danza tedesca dal ritmo processionale),
Courante (danza di corte dinamica
evolutasi da modelli popolari), Sarabande (danza lenta e solenne di origini
orientali), Gigue (danza vivace di origine irlandese o scozzese); precedute
da un Preludio. Unica variante è la coppia di danze del penultimo numero: nel
nostro caso Minuetti (danza elegante,
“a piccoli passi”, della corte francese).
Al di là delle danze, la vera carta
d’identità delle Suite sono però i Preludi,
ideati con principi sempre differenti e in
grado di stabilire le caratteristiche stilistiche ed espressive della composizione.
Nel caso della nostra Suite, il numero iniziale stabilisce all’istante quel clima meditativo che, permeato da una tensione
drammatica, nel corso del brano raggiunge picchi di particolare intensità.
L’uso combinato, violoncello-cembalo, è rappresentato da un autore
ancor oggi piuttosto trascurato e dedito
esclusivamente alla scrittura strumentale: il lucchese Francesco Geminiani,
violinista e teorico dello strumento, già
allievo di Corelli e di Scarlatti, divenuto
molto celebre in Europa, in particolare a
Londra, al pari del contemporaneo Händel. Visti i suoi grandi maestri il fondamento della musica di Geminiani non
poteva che essere costituito dalle forme
classiche definite fra Sei e Settecento,
ma ciò non significa che il musicista toscano sia stato un conservatore; al contrario egli seppe imprimergli uno sviluppo
personalissimo, soprattutto con il suo virtuosismo acrobatico del violino, comunque sempre subordinato ai solidi principi
contrappuntistici.
A tali principi non si sottraggono nemmeno i quattro movimenti della Sonata
per violoncello e basso continuo n. 5,
tratta dalla serie di sei sonate composte
a Parigi e, solo successivamente, trascritte anche per violino. Sonate determinanti per un’altra decisiva spinta nella
direzione ormai segnata del passaggio
dalla viola da gamba allo strumento più
moderno a quattro corde.
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Marin Marais
Dopo l’ascolto delle prime composizioni per violoncello, il programma della
seconda parte ci riporta alle ultime apparizioni, più o meno contemporanee,
della viola da gamba; mitizzata per la
sua duttilità e per l’essere stata più volte
avvicinata alla voce umana.
Nel 1740 si scriveva ancora: “se qualcuno afferma che un pezzo non è eseguibile sulla viola da gamba, vuol dire
che non è in grado di suonarlo, perché
non esiste alcuna musica che lo strumento non possa fare.” Non si era evidentemente ancora del tutto spenta la
competizione sviluppatasi tra i due strumenti ad arco.
La parabola artistica della viola da
gamba, strumento di storia eccezionalmente ricca, era comunque ormai quasi
giunta al termine, non prima di toccare
gli ultimi vertici assoluti.
È il caso della Sonata in re maggiore
di Georg Philipp Telemann, autore che
conta una produzione a dir poco miracolosa, di gran lunga superiore a quella
non certamente scarsa del coetaneo
Bach. È significativo che all’indiscusso
predominio in vita di Telemann, la storia
abbia sostituito quello altrettanto palese
del genio di Bonn, relegando la sua figura in secondo piano, soprattutto a
causa del giudizio ottocentesco che,
nella romantica rivalutazione di Bach,
vedeva la rivincita dell’ispirazione, della
razionalizzazione e della perfezione sulla
produzione superficiale, agile ed eclettica del primo. Questo riconoscendo a
Telemann la capacità di sfruttare la
moda del tempo per una vorticosa
quanto momentanea fama; tesi che
potrebbe essere confermata, nell’ambito della serata, dalla più conveniente
scelta di continuare a scrivere per viola
da gamba senza addentrarsi in composizioni ancora sperimentali e poco redditizie come quelle per il violoncello.
La piacevolezza delle modulazioni armoniche e le gradevoli idee musicali,
ben presenti anche nella Sonata in programma, sono invece ora riconosciute
come uno stile autonomo che anticipa
quello destinato a dominare la musica
europea del secondo Settecento.
Gambista di fama e personaggio indissolubilmente legato allo strumento è
invece il francese Marin Marais, che fu
anche uno straordinario e prolifico compositore per viola da gamba.
Con i suoi brani egli aveva contribuito
in anni precedenti e in maniera determinante a consolidare il dominio dello strumento, come testimoniato da una delle
sue composizioni più famose: Labyrinthe,
forse ispirato al perduto labirinto dei giardini di Versailles che, attraverso varie
chiavi, dissonanze e note incerte, passaggi seri e rapidi, riproduce le sensazioni di una persona intrappolata in un
labirinto; il piacere del perdersi, la ricerca sempre più affannosa dell’uscita
ed il suo sospirato ritrovamento, rappresentato dalla graziosa ciaccona finale.
Per chiudere la serata e il cerchio torniamo al genio di J.S. Bach che assieme
alle prime sperimentazioni sul violoncello
ritroviamo intento a scrivere anche
splendidi spartiti per lo strumento in procinto di cadere in disuso, seguendo lo
schema quadripartito di Corelli, tipico
del modello tradizionale delle sonate da
camera, con il loro alternarsi di movimenti (lento, veloce, lento, veloce). Le
tre giunte fino a noi sono dei modelli del
genere per strumento solista con clavicembalo obbligato, cui è affidato un
ruolo solistico.
Nella Seconda Sonata in re maggiore,
che assieme alla prima conserva meglio
il profilo antico della viola da gamba, la
fitta trama sonora è rotta dall’andante
ricco di inconsueta serietà e profondo
dolore, che potrebbe figurare senza difficoltà in una delle pagine più meditative delle Cantate bachiane.
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