Accounting e “buon governo” delle comunità locali
dello Stato Pontificio alla fine del XVI Secolo
Simone Poli∗
Abstract
With reference to the finances of the local communities of the Papal States, the Pro commissa
Bull, issued by Pope Clement VIII on 15th August 1592, defined and introduced, on the one hand, a
new government programme and, on the other hand, a new administration and control system. The
aim of this paper is to explore the relationship between them, paying particular attention to the nature and role that accounting had in such a relationship. More specifically, adopting a sociohistorical interpretation of accounting consistent with the New Accounting History paradigm, it
seems possible that accounting had the nature and played the role of “technology of government”.
The new administration and control system was probably defined and introduced in order to elaborate and operazionalize the aforementioned new government programme.
1. Introduzione
Le relazioni tra “Accounting and the State” o, usando le parole di Willmott e Sikka (1997, p.
833), il “significato politico-economico dell’accounting” rappresentano un oggetto di ricerca tradizionalmente esplorato in letteratura, da prospettive teoriche differenti1.
In tale filone di ricerca possono essere inclusi gli studi volti a esplorare le relazioni tra accounting e programmi di governo dello Stato, che perseguono la finalità di comprendere la natura assunta e il ruolo ricoperto dall’accounting in tale relazione. Tra questi, alcuni comprendono l’accounting tra le tecnologie di governo (per esempio, Miller, 1990; Miller e Rose, 1990; Rose e Miller,
1992). Come rileva Miller (1990, p. 317), “[i]l termine tecnologie può essere usato per riferirsi a [una] gamma ampia di calcoli, procedure e meccanismi di governo”, che costituiscono “il corpo disparato di tecniche che fa sì che gli oggetti e gli obiettivi di governo siano suscettibili di interventi”.
In altre parole, le tecnologie di governo cercano di dare effetto ai programmi di governo (per esempio, Barretta e Busco, 2011).
Alle tecnologie di governo è chiesto di realizzare obiettivi tendenzialmente astratti, quali l’ordine,
l’efficienza, ecc. Coloro che ideano e implementano tali tecnologie sostengono e promuovono il loro significato in relazione ai fini molto generali e astratti che promettono di realizzare. Miller (1990,
p. 333), in particolare, ha rilevato che le tecnologie di governo ricoprono un ruolo centrale nella elaborazione (cioè sviluppo/concretizzazione) e nella operazionalizzazione (cioè traduzione in comportamenti congruenti da parte dei soggetti interessati) dei programmi di governo.
In tale prospettiva, la definizione e l’introduzione di determinati strumenti di accounting sarebbero motivati dall’utilità, almeno potenziale, che gli stessi mostrano in riferimento a particolari programmi di governo (Miller, 1990, p. 334).
Lo studio intende contribuire alla comprensione delle relazione tra accounting e programmi di
governo dello Stato, con particolare riferimento alla natura assunta e al ruolo ricoperto dall’accounting in tale relazione. In particolare, intende esplorarne la natura e il ruolo di tecnologia di governo. Gli studi precedenti appaiono focalizzati maggiormente sull’esplorazione del funzionamento
delle tecnologie di governo di natura contabile (per esempio, Neu, 1999, 2000; Neu e Graham,
2006; Neu et al., 2006; Preston et al., 1997), piuttosto che sul momento di definizione e introduzione delle stesse. Lo studio, invece, si focalizza proprio su questo momento.
*
L’autore, che resta responsabile di eventuali errori, ringrazia i proff. S. Branciari e S. Marasca per gli stimoli ricevuti, nonché due reviewer anonimi per i commenti e i suggerimenti avuti.
1
Tale oggetto corrisponde a un filone di ricerca, affermatosi soprattutto a livello internazionale, etichettato proprio “Accounting and the
State”. Una posizione di base di gran parte degli studi riconducibili a tale filone è che l’accounting, nella società, facilita i cambiamenti
nei fenomeni sociali (P. D. Dwyer e R. W. Roberts, 2004, p. 868).
1
A tale scopo, si utilizza un caso di studio storico. La bolla Pro commissa, emanata da papa
Clemente VIII il 15 agosto 1592, con riferimento al governo delle finanze delle comunità locali dello
Stato Pontificio2, definisce e introduce, da una parte, un nuovo programma di governo e, dall’altra
parte, un nuovo sistema di amministrazione e controllo. Il nuovo programma di governo consiste
nel perseguimento del “buon governo” delle comunità locali dello Stato Pontificio, da intendere in
termini di stabilizzazione dell’equilibrio finanziario delle stesse. Il nuovo sistema di amministrazione
e controllo è basato sulla Tabella (o Libretto), che dal punto di vista tecnico-contabile è una sorta di
bilancio di previsione delle comunità locali dello Stato Pontificio, e sul relativo processo di redazione (da parte delle comunità locali), approvazione preventiva e controllo consuntivo (da parte del
governo centrale). Il caso sinteticamente descritto, quindi, si presta alla esplorazione della relazione tra accounting e programmi di governo dello Stato, con particolare riferimento alla natura assunta e al ruolo ricoperto dall’accounting in tale relazione. Nello specifico, si intende evidenziare
che una serie di caratteristiche del nuovo sistema di amministrazione e controllo sembra portare a
ritenere che papa Clemente VIII possa averlo ideato conformemente a quelle che la letteratura individua come le principali finalità normalmente ascrivibili a una tecnologia di governo, cioè la elaborazione e la operazionalizzazione del nuovo programma di governo.
Lo studio si basa sull’analisi e sull’interpretazione di una fonte primaria e diverse fonti secondarie. La fonte primaria è costituita dalla bolla Pro commissa, emanata da papa Clemente VIII il 15
agosto 15923. La versione usata è la volgarizzazione redatta da Cohellio (1642) di quella originaria
in latino. La fonte primaria è utilizzata per individuare il programma di governo e descrivere il sistema di amministrazione e controllo. Le fonti secondarie sono costituite da studi storici che hanno
trattato tematiche inerenti a quella oggetto dello studio (per esempio, Lodolini, 1919, 1920; Santoncini, 2000; Tabacchi, 2007). Le fonti secondarie sono utilizzate sia per comprendere più approfonditamente alcuni aspetti relativi al programma di governo e al sistema di amministrazione e controllo sia per la contestualizzazione storica dello studio.
Nella prospettiva storica, lo studio aderisce al paradigma della New Accounting History (per esempio, Carmona et al., 2004; Carnegie e Napier, 1996; Esteve, 2003; Funnell, 1996; Miller, Hopper e Laughlin, 1991; Napier, 2006). Napier (2009, p. 44), recentemente, ha reinterpretato i concetti di “traditional” e “new” Accounting History, proponendo la distinzione tra “histories of accounting”,
in cui l’obiettivo di ricerca è documentare gli sviluppi dei principi e delle pratiche dell’accounting, e
“socio-historical accounting research”, in cui l’obiettivo di ricerca è comprendere come l’accounting
operi quale “motore” del cambiamento sociale, economico e politico. I due approcci non si escludono a vicenda, tuttavia si adotta il secondo, considerando l’accounting prevalentemente come fenomeno sociale (per esempio, Burchell et al., 1980; Miller, 1994, 2001).
I contributi offerti alla letteratura appaiono diversi. Si esplora l’accounting nello Stato Pontificio,
che appare essere stato relativamente trascurato nell’ambito della Storia della Ragioneria. Si approfondisce lo studio delle proprietà delle tecnologie contabili (esplorando tanto la loro capacità di
“elaborazione” quanto la loro capacità di “operazionalizzazione” dei programmi di governo). Si estende lo studio delle tecnologie contabili ad una area geografica (uno Stato italiano della prima
età moderna), un periodo storico (fine XVI Secolo) e uno strumento di accounting (bilancio di previsione, seppure embrionale) diversi da quelli su cui la ricerca si è focalizzata. Studi precedenti, infatti, hanno fatto riferimento prevalentemente ad aree geografiche anglosassoni e al periodo storico compreso tra il XIX e il XX Secolo (Carmona, 2004; Carnegie e Potter, 2000; Napier, 2006)4 e
hanno trascurato uno strumento di accounting quale quello oggetto di analisi.
Il lavoro è strutturato come segue. Nel secondo paragrafo si illustra il framework di riferimento.
2
Il concetto di comunità, nella letteratura giuridica del tempo, include realtà eterogenee, comunque caratterizzate da un territorio, una
collettività di esseri umani, una persona giuridica, distinta dalla somma delle persone costituenti la collettività: pertanto la comunità appare essere una istituzione pubblica prossima all’attuale ente pubblico territoriale.
3
Come rileva S. Tabacchi (2007, p. 116), dal punto di vista diplomatistico, la bolla Pro commissa ha la struttura tradizionale delle bolle
papali. Per le finalità dello studio, rilevano il proemio e il dispositivo. Il primo è utile per individuare il programma di governo. Il secondo è
utile per descrivere il sistema di amministrazione e controllo. Il dispositivo si articola in trentuno paragrafi che, secondo l’aspetto trattato,
possono essere raggruppati in tre blocchi che prescrivono, rispettivamente: il sistema di amministrazione e controllo per la parte incentrata sulla Tabella (§§ 1-11); una serie di regole generali sulla gestione della finanza e sul contenimento delle spese delle comunità locali (§§ 12-18); una serie di regole su aspetti diversi e residuali, di rilievo minore, comunque connessi ai precedenti (§§ 19-31).
4
Importanti eccezioni sono gli studi di M. Sargiacomo (2006, 2008, 2009) riferiti allo Stato Farnesiano d’Abruzzo del XVI Secolo.
2
Nel terzo si analizza il processo di problematizzazione del modello di governo delle finanze delle
comunità locali dello Stato Pontificio. Nel quarto si analizza il nuovo programma di governo di papa
Clemente VIII espresso nella bolla Pro commissa. Nel quinto si descrive e analizza il sistema di
amministrazione e controllo definito e introdotto dalla bolla Pro commissa. Nel sesto si evidenzia e
discute la serie di caratteristiche del sistema di amministrazione e controllo che sembrano portare
a ritenere che papa Clemente VIII possa averlo ideato conformemente a quelle che la letteratura
individua come le principali finalità normalmente ascrivibili a una tecnologia di governo. Nel settimo
e ultimo si propongono alcune considerazioni conclusive, i limiti dello studio e le prospettive di ricerca ulteriore.
2. Il framework di riferimento
La natura delle relazioni tra “Accounting and the State” è stata oggetto di interpretazione, tra gli
altri, da parte di Miller (1990), secondo il quale i due fenomeni sono interrelati. Lo Stato è concepito, in senso nominalistico, come una realtà composita che si concretizza e manifesta attraverso
una rete di rationales e practices che cercano di programmare la vita sociale ed economica e intervenire nella stessa. L’attività di governo che ne discende può essere scissa in due aspetti distinti
ma complementari, rappresentati dall’aspetto “programmatico” e dall’aspetto “tecnologico”, che
possono essere intesi come “due facce di una stessa medaglia”. L’aspetto programmatico attiene
all’insieme degli oggetti (per esempio, la società, l’economia, ecc.) e degli obiettivi (per esempio,
l’ordine, l’efficienza, ecc.), di norma molto generali e astratti, del governo, che prendono la forma di
programmi che mirano a intervenire nella vita sociale ed economica. L’aspetto tecnologico, invece,
attiene all’insieme delle tecnologie che costituiscono “il corpo disparato di tecniche che fa sì che gli
oggetti e gli obiettivi di governo siano suscettibili di interventi” (Miller, 1990, p. 317). “Il termine tecnologie può essere usato per riferirsi a [una] gamma ampia di calcoli, procedure e meccanismi di
governo” (Miller, 1990, p. 317), quindi anche all’accounting5. In questi termini, “le tecnologie ricoprono un ruolo centrale nella elaborazione e nella operazionalizzazione di ‘progetti statali’ specifici,
consentendo a questi di essere traslati in tentativi di intervenire in una impresa, una economia e
una società” (Miller, 1990, p. 333). Con riferimento ai concetti generalmente astratti che costituiscono oggetto/obiettivo dei programmi di governo, le tecnologie di governo consentono, da una
parte, di svilupparli/concretizzarli (elaborazione) e, dall’altra parte, di tradurli in comportamenti dei
soggetti su cui i programmi di governo dovrebbero produrre il proprio effetto (operazionalizzazione). A tale proposito, Miller e Rose (1990, p. 8), sviluppando e generalizzando il concetto di operazionalizzazione, rilevano che le tecnologie di governo sono i meccanismi “attraverso cui autorità di
vari generi hanno cercato di dirigere, regolare, normalizzare e strumentalizzare la condotta, il pensiero, le decisioni e le aspirazioni di altri al fine di realizzare gli obiettivi considerati desiderabili”.
Quello programmatico (sintetizzato nei programmi di governo) e quello tecnologico (sintetizzato
nelle tecnologie di governo, tra cui l’accounting) sono aspetti distinti ma complementari del governo, giustificandosi reciprocamente. I due aspetti, quindi, sono fenomeni interrelati.
Per spiegare il funzionamento delle tecnologie di governo, in letteratura è stato adottato e adattato il concetto di Latour (1987) di “azione a distanza” (per esempio, Miller, 1990; Miller e Rose,
1990): le tecnologie hanno la capacità di costituire il cosiddetto “centro di calcolo”, cioè un sito che
ha il potere di influenzare/dominare altri siti distanti, in coerenza con un certo programma di governo, anche senza ricorrere a interventi diretti. Tale capacità si basa sulle proprietà delle tecnologie,
distinte in “rappresentazionale” e “traslazionale”.
La proprietà “rappresentazionale” concerne la capacità delle tecnologie di mobilitare e portare
presso centri di calcolo conoscenze specifiche riguardanti luoghi distanti (Miller e Rose, 1990, p.
9). A tale proposito, Latour (1987, p. 223) sostiene che l’azione a distanza, su eventi, luoghi e persone distanti, richiede che tali eventi, luoghi e persone, in un modo o nell’altro, siano sostanzialmente portati/trasferiti al centro di calcolo e che ciò sia possibile utilizzando strumenti (le tecnolo5
L’accounting è “a way of interventing, a device for acting upon activities, individuals and objects in such a way that the world may be
transformed” (P. Miller, 1994, p. 2). L’accounting “is not just reflective but constitutive: it is not merely a passive effect of its environment
but works to shape this environment” (C. J. Napier, 2006, p. 456).
3
gie) che rendono gli eventi, i luoghi e le persone mobili, stabili e combinabili. In altre parole,
l’azione a distanza diventa possibile quando eventi, luoghi e persone sono resi visibili e collegati a
un centro di calcolo attraverso un insieme di possibili tecnologie di calcolo che producono particolari tipologie di informazioni. In tali condizioni, eventi, luoghi e persone possono essere governati a
distanza. Le tecnologie di natura contabile usano informazioni di natura economico-finanziaria per
costruire una certa immagine di luoghi distanti, che, acquisita dai centri di calcolo, consente a questi di problematizzare particolari questioni e inquadrare specifici interventi. A tale proposito, diversi
studi hanno mostrato come, attraverso l’uso di informazioni contabili di varia natura, l’accounting
consenta la costituzione del centro di calcolo e l’esercizio dell’azione a distanza (per esempio, Miller, 1990; Miller e Rose, 1990; Neu, 1999; Neu et al., 2006; Robson, 1992, 1994).
La proprietà “traslazionale” concerne la capacità delle tecnologie di tradurre obiettivi, tendenzialmente astratti, di centri di calcolo in pratica presso luoghi distanti (Latour, 1987). A tale proposito, diversi studi hanno mostrato come, attraverso l’uso di budget, meccanismi di allocazione dei
costi e altre informazioni di natura contabile, l’accounting aiuti a tradurre gli obiettivi astratti dei policy maker in pratica presso contesti specifici (per esempio, Edwards et al., 1999; Neu, 2000; Preston et al., 1997; Robson, 1991, 1992).
Il framework interpretativo descritto sinteticamente sembra essere idoneo a interpretare il caso
di studio proposto. Infatti, il nuovo sistema di amministrazione e controllo sembra essere stato definito e introdotto dalla bolla Pro commissa al fine di elaborare e operazionalizzare il nuovo programma di governo. Inoltre, il sistema suddetto sembra caratterizzarsi per una serie di aspetti che,
come sarà rilevato nella discussione, appaiono tipici della tecnologia di governo.
3. Il processo di problematizzazione del modello di governo delle finanze delle comunità
locali dello Stato Pontificio
La bolla Pro commissa fu emanata al termine di un processo di problematizzazione del modello
di governo delle finanze delle comunità locali dello Stato Pontificio, iniziato dopo l’elezione di papa
Sisto V (1585)6. In questo paragrafo se ne analizzano le fasi principali.
Le comunità locali detenevano un’autonomia ampia nell’ambito del governo delle finanze: potevano disporre liberamente del proprio patrimonio e delle proprie entrate finanziarie; potevano decidere altrettanto liberamente delle proprie uscite finanziarie, in termini sia di destinazione sia di
ammontare, con il solo vincolo dei trasferimenti a titolo di imposte e tasse da operare verso il governo centrale. La maggior parte delle comunità locali, inoltre, riusciva a incidere sull’importo di tali
trasferimenti e sulla modalità di ripartizione del carico fiscale tra i propri membri, nonostante l’ambizione del governo centrale di imporre unicamente la propria volontà in merito7.
L’equilibrio del sistema finanziario dello Stato Pontificio risultava essere strettamente (e “pericolosamente”) dipendente dagli equilibri dei sistemi finanziari delle comunità locali: fenomeni come la
riduzione dei patrimoni, la contrazione delle entrate o l’espansione delle uscite, riguardanti le comunità locali, avrebbero contratto la capacità contributiva delle stesse, riversando i propri effetti
negativi sulle entrate del governo centrale.
La dipendenza rilevata tra sistemi finanziari, problematica di per sé, si associava a politiche finanziarie a livello statale del tutto deleterie. Infatti, lo Stato Pontificio mancava di qualunque politica finanziaria di medio-lungo termine degna di questo nome (Tabacchi, 2007, p. 107). Dalla metà
del Cinquecento in poi, il governo centrale si appropriò di una quota progressivamente crescente
delle risorse finanziarie delle comunità locali, destinandola a finalità indipendenti dalla volontà e
6
Il processo di problematizzazione è un fenomeno rilevante nell’ambito degli studi sul cambiamento contabile (per esempio, B. N. Porter, 2005).
7
Il sistema fiscale dello Stato Pontificio si basava prevalentemente sulla cosiddetta “tassazione di riparto” (S. Tabacchi, 2007, pp. 104105). Il governo centrale stabiliva, prima, il gettito che intendeva ricavare complessivamente da un tributo, poi, la quota di tale gettito
dovuta da ciascuna comunità locale, essenzialmente sulla base della numerosità della popolazione, assunta come indicatore di ricchezza. Tale quota, però, successivamente poteva essere modificata sotto la pressione dei ceti dirigenti locali. Il governo centrale, infine,
concordava con ciascuna comunità locale la modalità di ripartizione del carico fiscale tra i membri della rispettiva popolazione. In tale
contesto, le comunità locali assumevano il ruolo di “amministratrici” del tributo. Il livello di autonomia delle comunità locali era accettato
e, persino, preservato dal governo centrale, soprattutto perché garantiva al papa l’appoggio dei ceti dirigenti locali, fonte del proprio potere sul territorio dello Stato Pontificio (S. Tabacchi, 2007, p. 107).
4
dalle esigenze delle stesse, soprattutto al servizio del debito pubblico e all’accumulazione. In questo ambito, risultarono emblematiche le politiche di papa Gregorio XIII (1573-1585) e papa Sisto V
(1585-1590). Su quest’ultimo Reinhard (1984, p. 379) ha affermato che “sua caratteristica è un fiscalismo impaziente e privo di riguardi, teso a un incremento delle entrate a qualunque prezzo,
che non rifugge neanche da misure equivoche”.
Considerato quanto appena evidenziato, non sorprende che il modello di governo delle finanze
delle comunità locali iniziò a essere percepito come problematico con maggiore intensità da papa
Sisto V che fu il primo a occuparsi del controllo delle finanze delle comunità locali, tra l’altro, iniziando il processo di centralizzazione dello stesso (Santoncini, 2002, p. 142). Nel 1585 conferì a
tre cardinali il mandato di udire i rappresentanti delle comunità locali e terminare in via sommaria le
vertenze relative ai gravami fiscali. Nel 1586, con la bolla Inter varias, introdusse il divieto per le
comunità locali di vendere o ipotecare beni e/o attività produttrici di proventi senza l’autorizzazione
preventiva della Camera apostolica. Nel 1587, inviò cinque chierici di Camera come “visitatori” delle comunità locali al fine di rivedere i conti delle stesse e occuparsi delle eventuali usurpazioni dei
loro beni avvenute negli anni precedenti. Considerata complessivamente, “[l]a politica sistina non
sembra […] aver prodotto risultati decisivi. Essa, però, tracciava una linea, che sarebbe stata seguita nei decenni successivi, prefigurando una drastica limitazione della capacità delle comunità di
disporre dei propri beni e proventi” (Tabacchi, 2007, p. 109).
Alla morte di papa Sisto V (1590) si manifestò un periodo di crisi generale, originata da un forte
squilibrio tra popolazione e risorse disponibili, dovuto alla contrazione dei raccolti, che investì tutto
il territorio europeo (Clark, 1985) e che assunse dimensione particolarmente rilevante nello Stato
Pontificio (Burke, 1985, pp. 177-190; Del Panta, 1980, pp. 144-150), a causa della concomitanza
dell’esplosione del fenomeno del banditismo e, soprattutto, della fase di appannamento attraversata dall’autorità pontificia. In riferimento alla seconda, tra il mese di agosto del 1590 e quello di gennaio del 1592, si succedettero tre pontefici (Urbano VII, Gregorio XIV e Innocenzo IX) e quattro
sedi vacanti che portarono nel caos l’amministrazione pubblica. Le condizioni di molte comunità di
dimensione piccola e media degenerarono in dissesto finanziario. La diffusione della povertà comportò un rallentamento dell’esazione delle imposte e delle tasse locali. La contrazione delle entrate
che ne derivò spinse, da un lato, ad aumentare l’indebitamento a tassi onerosi (contratto anche
con il governo centrale) e, dall’altro lato, a rallentare il pagamento delle imposte e delle tasse al
governo centrale. La crisi, quindi, si trasferì rapidamente dal livello locale al livello centrale, problematizzando, ancora più di quanto già non fosse, il modello di governo delle finanze delle comunità locali.
A tale proposito, a partire dal 1591, membri dell’apparato amministrativo statale elaborarono
una serie di memorie molto significative. Tra queste, particolarmente rilevanti appaiono quelle di
Bartolomeo Cesi, tesoriere generale, e Goffredo Lomellini, chierico di Camera. Il primo redasse un
rendiconto della situazione finanziaria dello Stato Pontificio in cui esprimeva preoccupazione per
“le difficoltà della Camera a ottenere dalle comunità la restituzione dei prestiti e regolari pagamenti
delle imposte” (Tabacchi, 2007, p. 113). Il secondo redasse più relazioni, in momenti diversi. In
una di queste “sottolineò la necessità di riorganizzare la giurisdizione della Camera e di distinguere
meglio gli uffici di computisteria, lamentando nel contempo che la distribuzione del prestito alle
comunità fosse avvenuta in tempo di sede vacante e senza un reale controllo della Camera sull’operazione” (Tabacchi, 2007, p. 113). In un’altra di queste, constatato che i ritardi nei pagamenti erano dovuti alle procedure di esazione, “proponeva di terminare sommariamente tutte le liti pendenti in materia di tasse, di unificare i pagamenti dei pesi camerali e di costringere le comunità ad
abbandonare la gestione diretta delle loro entrate e ad adottare il sistema dell’appalto, che avrebbe
garantito una redditività costante dei loro proventi” e “l’istituzione, presso la Camera apostolica, di
un registro contenente lo stato finanziario di tutte le comunità, che avrebbe dovuto servire per esercitare il controllo e per risolvere le vertenze tra comunità e appaltatori” (Tabacchi, 2007, p. 114).
Sinteticamente, dalle memorie richiamate emerge che si stava diffondendo “tra gli ufficiali camerali
l’idea che fosse necessario sottrarre ai gruppi dirigenti locali la ripartizione delle imposte e la gestione delle finanze locali” (Tabacchi, 2007, p. 114).
5
4. Il nuovo programma di governo di papa Clemente VIII: il “buon governo” delle finanze
delle comunità locali dello Stato Pontificio
Papa Clemente VIII, eletto nel febbraio 1592, il 15 agosto dello stesso anno emanò la bolla Pro
commissa che riformò radicalmente il modello di governo delle finanze delle comunità locali, il cui
oggetto, espresso nella parte iniziale della stessa, è “il buon governo, e retta amministrazione dell’entrate, e beni delle Communità, & Università dello Stato Ecclesiastico”8.
Tabacchi (2007, p. 116) rileva che “[s]fortunatamente, non si dispone di alcuna notizia sulla gestazione della Pro Commissa, che sfuggì agli osservatori diplomatici contemporanei e fu ricordata
solo rapidamente negli Avvisi, tranne un frammento di biografia di Clemente VIII elaborato nell’ambiente Aldobrandini non molti anni dopo la morte del pontefice. In questo testo i provvedimenti del
1592-1593 sono messi in relazione con le richieste di deputati delle comunità, che avrebbero dimostrato al pontefice gli abusi provocati dagli appaltatori delle imposte, ma è difficile verificare se
questa indicazione non è una semplice ripresa del cliché del sovrano che ascolta benevolmente i
sudditi”. Tuttavia, appare verosimile che la bolla sia stata ampiamente influenzata dalla serie di fatti
storici richiamati nel paragrafo precedente.
Nel proemio della bolla, riportato di seguito, si possono trovare riferimenti importanti ai motivi,
almeno quelli “ufficiali”, che hanno sollecitato papa Clemente VIII a emanarla.
“Per la cura commessaci dal Signore della S. Romana Chiesa, e delle Città, e Popoli a lei nel
dominio temporale sogetti, e per la paterna carità verso i nostri sudditi, siamo obligati con diligenza
particolare di provedere, che i loro beni siano con la dovuta fedeltà, cura, utilmente, e providamente amministrati: & in particolare, che siano tolti via gli abusi cattivi, quali a poco a poco con danno
notabile del publico, e del Commune s’introducono, e dalli quali (siccome sin dal principio del nostro Pontificato ci siamo accorti) è nato il grosso debito, che pur oggi tiene oppressi li beni delle
Communità; E se con prestezza non si porge rimedio, ad un tal male proporzionato, caleranno tuttavia di male in peggio; Impercioche mentre sono pochi quelli, che si contentino delli guadagni, e
delle commodità private, ciò chè malamente ambiscano, ò desiderano, cercano con modi illeciti di
conseguire, cattivandosi con varie adulazioni la grazia de’ potenti, ò del volgo, s’industriano di satiare le voglie loro, senz’aver alcun riguardo alle cose pubbliche, scemano l’entrate delle Città, e
luoghi, e supponendoli al debito, con vanissime dimostrationi, e pompe cagionano l’esterminio loro;
E desiderando Noi per quanto potrà la nostra vigilanza, & autorità rimediare a questi inconvenienti,
& incomodi”.
Dal contenuto del proemio della bolla, sembra emergere che il motivo per cui papa Clemente
VIII l’abbia emanata è lo stato di “mal governo” (“abusi cattivi, quali a poco a poco con danno notabile del pubblico, e del Commune s’introducono, e dalli quali […] è nato il grosso debito, che pur
oggi tiene oppressi li beni delle Communità”) in cui imperversano le comunità locali dello Stato
Pontificio, la cui responsabilità è ascritta ai rispettivi amministratori. A questi ultimi sono rivolte le
accuse di sperperare le entrate (“scemano l’entrate delle Città, e luoghi”) e depauperare i patrimoni
(“cagionano l’esterminio loro”) delle comunità locali, nonché di perseguire più l’interesse proprio
che quello pubblico (“s’industriano di satiare le voglie loro, senz’aver alcun riguardo alle cose pubbliche”), tra l’altro, assumendo atteggiamenti clientelari (“cattivandosi con varie adulazioni la grazia
de’ potenti, ò del volgo”). Papa Clemente VIII appare molto preoccupato della condizione attuale e
prospettica dei patrimoni delle comunità locali (“E se con prestezza non si porge rimedio, ad un tal
male proporzionato, caleranno tuttavia di male in peggio”).
Dall’analisi della condizione delle comunità locali fatta da papa Clemente VIII, sembrano emergere quattro criticità: la perdita dei patrimoni, l’uso improprio degli stessi e delle entrate, il volume
alto e crescente di indebitamento e la condotta dannosa degli amministratori.
Papa Clemente VIII non può restare inerte di fronte a una tale situazione. Spinto dal fatto che il
Signore lo ha incaricato di prendersi cura “della S. Romana Chiesa, e delle Città, e Popoli a lei nel
8
Qui e successivamente, i richiami alla bolla Pro commissa o le trascrizioni di parti della stessa sono fatti con riferimento alla versione
in volgare realizzata da G. Cohellio (1642).
6
dominio temporale sogetti” e dal fatto di provare un sentimento di carità paterna verso i propri sudditi, si sente in obbligo di rimediare, per quanto sia in suo potere (“per quanto potrà la nostra vigilanza, & autorità”), provvedendo al “buon governo” delle comunità locali dello Stato Pontificio
(“siamo obligati con diligenza particolare di provedere, che i loro beni siano con la dovuta fedeltà,
cura, utilmente, e providamente amministrati”)9.
Il “buon governo” delle comunità locali dello Stato Pontificio, quindi, può essere considerato oggetto e obiettivo di un nuovo programma di governo, i cui contenuti concreti, tuttavia, sono esplicitati solo parzialmente nell’ambito del proemio.
5. Il sistema di amministrazione e controllo definito e introdotto dalla bolla Pro commissa
La bolla Pro commissa definisce e introduce un sistema di amministrazione e controllo. Esso si
basa sulla Tabella, una sorta di bilancio di previsione delle comunità locali dello Stato Pontificio, e
sul relativo processo di redazione (da parte delle comunità locali), approvazione preventiva e controllo consuntivo (da parte del governo centrale). In questo paragrafo se ne descrivono le caratteristiche principali.
Per quanto riguarda la natura e le caratteristiche tecnico-contabili della Tabella, in particolare
contenuto, forma e struttura, le disposizioni della bolla sono piuttosto lacunose.
L’unico riferimento diretto a tali aspetti riguarda solamente e parzialmente il contenuto: nella
Tabella devono essere indicate “tutte le spese ordinarie, e straordinarie pubbliche, utili, ovvero necessarie”10 (§11 1). Altre disposizioni (§§ 14 e 15) possono essere riferite al contenuto per l’effetto
prodotto sulle spese: sono quelle che vietano la possibilità di sostenere determinate tipologie di
spese che, di conseguenza, non possono essere indicate nella Tabella (per esempio, elargizione
di donativi o elemosine a chicchessia, attribuzione di emolumenti straordinari agli ufficiali pubblici,
organizzazione di banchetti o spettacoli pubblici, ecc.).
Invece, nessuna disposizione della bolla fa riferimento ai proventi delle comunità, alla forma e
alla struttura della Tabella12. In merito ai proventi, tuttavia, la loro iscrizione nella Tabella si può desumere dal § 8 della bolla: esso prescrive come destinare l’eventuale avanzo risultante dalla Tabella (“Se in fine dell’anno, dedotte le spese descritte in Tabella, avanzerà qualche cosa”), il quale
potrebbe risultare solo nel caso in cui nella stessa siano iscritte sia le uscite sia le entrate del periodo di riferimento.
Il paragrafo richiamato ha un’altra implicazione importante: il fatto che prescriva solo come destinare l’eventuale avanzo, non contemplando il caso dell’eventuale disavanzo, fa desumere che la
9
Che il “buon governo” delle comunità locali sia necessario per garantire il benessere dei sudditi ovvero il gettito fiscale del governo
centrale non sembra essere rilevante per le finalità del presente studio.
10
Erano considerate ordinarie quelle che avevano a fondamento una causa permanente ed erano strettamente connesse al normale
andamento dell’amministrazione. Erano considerate straordinarie quelle conseguenti a necessità eccezionali. Le spese straordinarie
erano rappresentate dagli impegni ulteriori rispetto a quelli approvati nella Tabella relativa all’anno precedente o che si fossero voluti
assumere in corso di anno. Cfr. L. Mannori (1994, p. 173).
11
Qui e successivamente, il simbolo § richiama il paragrafo della bolla Pro commissa nella versione in volgare realizzata da G. Cohellio
(1642).
12
S. Poli (2011) ha condotto uno studio sulla natura tecnico-contabile della Tabella, dal quale si possono trarre informazioni su contenuto, forma e struttura della stessa. La forma riscontrata in modo ricorrente è stata “a sezioni divise e contrapposte”, con la sezione di sinistra che accoglie le voci di entrata e la sezione di destra che accoglie le voci di uscita. La struttura riscontrata in modo ricorrente è
stata estremamente semplice. Le voci di entrata erano articolate in base alla fonte specifica di provenienza/generazione. Tra le voci di
entrata ricorrevano quelle per entrate tributarie e quelle per entrate derivanti da affitto/nolo/appalto di attività o beni della comunità locale che producevano rendimento. Tra le voci di entrata, poi, erano presenti, quando ne sussistevano i presupposti, l’avanzo del periodo
precedente e l’ammontare non speso di voci di spesa comprese nella Tabella del periodo precedente. Le voci di uscita erano articolate
in base alla causa specifica di destinazione/sostenimento. Si presentavano, in alcuni casi, come un unico elenco di causali e importi
corrispondenti, in altri casi, come due elenchi successivi di causali e importi corrispondenti, che si riferivano, il primo, all’insieme dei trasferimenti da effettuare per imposte/tasse o altra ragione e, il secondo, all’insieme delle spese derivanti dall’attività di gestione della comunità locale (le cosiddette spese comunitative). Tra queste ultime, ricorrevano le retribuzioni spettanti ai soggetti che ricoprivano un
qualche incarico o svolgevano una qualche mansione nella comunità locale e altre voci di spesa, come, per esempio, voci accese a
spese accessorie (potrebbero essere definite spese di vitto e alloggio) a quelle che costituivano retribuzioni, voci accese a ciò che potrebbe essere definito beni di consumo, voce accesa alle spese straordinarie, ecc. In nessuno degli esemplari di Tabella analizzati sono
stati esposti risultati parziali (sub-totali). La Tabella poteva esporre, infine, gli elenchi dei creditori e dei debitori della comunità locale.
Quando presenti, essi sono stati riscontrati nella parte bassa del documento, al di sotto delle voci di entrata/spesa e del risultato del periodo. Il risultato del periodo era esposto nella sezione avente il totale maggiore, come differenza tra i totali delle due sezioni. Nella
stessa sezione in cui era indicato il risultato del periodo era apposta la frase di approvazione e le eventuali prescrizioni della Congregazione del Buon Governo. In calce a queste, poi, erano apposti firme e sigillo di approvazione.
7
Tabella non possa presentare un risultato negativo (cioè un ammontare di uscite superiore all’ammontare delle entrate)13. In merito alle modalità di destinazione dell’eventuale avanzo, il § 8 della
bolla prescrive che esso debba essere impiegato, innanzi tutto, per estinguere i debiti della comunità locale (“ciò si potrà impiegare in estinzione de’ debiti fatti per servizj publici”). Solo in caso di
assenza di debiti, l’eventuale avanzo può essere destinato ad altro, comunque rispettando le destinazioni fissate nel paragrafo stesso.
Per quanto riguarda il processo di redazione (da parte delle comunità locali), approvazione preventiva e controllo consuntivo della Tabella (da parte del governo centrale), esso è descritto nei
primi undici paragrafi delle disposizioni della bolla.
Le spese ordinarie certe devono essere indicate per l’importo risultante (“quelle, che per verità
saranno spese certe, & ordinarie, si doveranno esprimere con somma certa, e determinata”), mentre quelle ordinarie incerte o straordinarie devono essere stimate da parte del Consiglio delle comunità locali (“Quelle poi, che saranno incerte, e straordinarie tutte indistintamente, si doveranno
ridurre, e tassare ad una quantità annua certa da tutto il Consiglio”) (§ 1).
La Tabella, redatta dagli ufficiali pubblici delle comunità locali all’inizio di ogni anno (“si debba
rinovare ogn’anno dagl’offiziali publici”)14, deve essere, prima, vista e approvata dal governatore15,
poi, inviata per l’approvazione al cardinale prefetto della Congregazione del Buon Governo (§ 2)16.
Quest’ultimo ha facoltà di modificarla, diminuendo o eliminando le spese non conformi ai principi
della bolla, anche se contemplate nello statuto o nelle consuetudini vigenti della comunità locale di
riferimento (“al quale abbiamo data un ampla facoltà di rivederla, corregerla, & approvarla, e di
cassare, e levar via tutte quelle spese, che sono non secondo il tenore, ò contro la forma di questa
nostra Costituzione, ancorchè fossero state introdotte dalli Statuti, ò antiche Consuetudini”) (§ 2).
La Tabella approvata dal cardinale prefetto deve essere rimandata alla comunità locale di riferimento entro dieci giorni da quello di ricevimento (§ 3)17. Essa può essere modificata e l’importo di
una spesa può superare quello in essa indicato solo previa autorizzazione (“Nè si possa per
l’avvenire senza espressa licenza, […] mutare, ò alterare anche gl’anni seguenti la detta Tabella,
nè tampoco, senza la detta licenza spendere, in qualsivoglia occasione, ò caso impensato, improviso, ò insolito niente più di quello, che sarà descritto, & assegnato in detta Tabella, ò Libretto”),
concessa dalla Congregazione del Buon Governo, con l’intervento del Procuratore Fiscale territorialmente competente (§ 6). In caso di urgenza, l’autorizzazione può essere richiesta al governatore, che deve informare tempestivamente la Congregazione del Buon Governo (§ 6). Il sostenimento delle spese ordinarie incerte e straordinarie è possibile solo dopo aver informato il governatore e
previo il suo intervento (§ 1).
I §§ 7, 9, 10 e 11, poi, regolano il sistema di controllo consuntivo e il sistema sanzionatorio,
“perche le cose sopradette più accuratamente si osservino, e maggiormente si proveda al bisogno
delle Communità medesime Città, Terre, e Popoli” (§ 7). Il governatore deve chiedere a chi cessi
da una carica di ufficiale pubblico, entro dieci giorni dalla cessazione, di rendere conto della propria attività amministrativa (§ 7). Il Procuratore Fiscale territorialmente competente, poi, in presenza del governatore, deve contestare le eventuali irregolarità e irrogare le corrispondenti sanzioni
agli stessi soggetti, entro il medesimo termine di dieci giorni dalla cessazione dalla carica. Il Procuratore Fiscale verifica la conformità dell’attività amministrativa alla Tabella e le posizioni debitorie e
creditorie aperte (§ 9). Nel caso in cui sia riscontrato che tali soggetti abbiano speso più di quanto
13
Ciò è confermato da S. Poli (211).
Per una analisi sintetica ma esaustiva dell’organizzazione delle comunità locali, si rinvia a Ministero del Tesoro, Ragioneria generale
dello Stato (1961).
15
Nella bolla si usa l’espressione “con intervento, e saputa deì Presidenti, Governatori ò Podestà” (§ 1), facendo riferimento a tutte le
casistiche possibili. Per sintetizzare, nel testo si usa, invece, l’espressione “governatore”, che corrisponde alla casistica più frequente.
16
Nella versione originaria della bolla non si faceva riferimento a ciò che, solo successivamente, sarebbe diventato la Congregazione
del Buon Governo. L’organo preposto al controllo e all’approvazione preventiva delle Tabelle delle comunità locali fu individuato nella
Camera apostolica. Il 30 ottobre 1592, papa Clemente VIII emanò un breve, successivamente incluso nelle stampe della bolla Pro
commissa, con il quale nominava tre cardinali come esecutori della bolla e delegava loro altri poteri collegati alla stessa. Il suddetto breve di Clemente VIII è stato considerato l’atto fondativo della Congregazione del Buon Governo dai giuristi pontifici, tuttavia, da un punto
di vista formale, tale congregazione non era stata ancora costituita. Sarà papa Paolo V a farlo, con una serie di disposizioni specifiche
emanate tra il 1605 e il 1607. Per approfondimenti, si rinvia a S. Tabacchi (2007, pp. 145-154).
17
Una copia doveva essere conservata presso la Computisteria generale delle comunità (§ 3). Una copia della Tabella rimandata alla
comunità di riferimento doveva essere conservata nell’archivio della stessa (§ 5); un’altra doveva essere esposta in via continuativa, in
modo che fosse visibile da chiunque, nel luogo in cui si tenevano i consigli pubblici maggiormente frequentati dal popolo (§ 5).
14
8
previsto nella Tabella ovvero abbiano trascurato o ritardato oltre i termini convenuti l’incasso dei
crediti, il Procuratore Fiscale deve agire nei loro confronti affinché, rispettivamente, restituiscano
quanto speso in più ovvero estinguano personalmente quanto non incassato per negligenza (§ 9).
A tali soggetti sono altresì impartite le altre pene previste dalla bolla (§ 9)18. Il governatore che non
ottemperi entro i dieci giorni previsti a quanto stabilito sopra è tenuto personalmente e per l’intero
importo al pagamento di quanto ivi contemplato e del danno subito dall’erario per la propria negligenza (§ 10). Il Procuratore Fiscale deve informare la Congregazione del Buon Governo di tale
negligenza (§ 10). Lo stesso può essere fatto da qualsiasi cittadino. La Congregazione del Buon
Governo agisce nei confronti del governatore, di quanti ne sono garanti e dei debitori originari (§
10). I soggetti indicati in precedenza, che siano trovati in colpa, sono estromessi dalla carica ricoperta e dichiarati perpetuamente inabili a ricoprire successivamente la stessa o altra simile (§ 10).
Considerando le disposizioni della bolla, l’azione della Congregazione del Buon Governo sembra poggiare su due pilastri, uno “tecnico”, costituito dalla Tabella, uno “organizzativo”, costituito
dal governatore. Infatti, il governatore deve approvare la Tabella prima che sia inviata per l’approvazione alla Congregazione del Buon Governo, autorizza il sostenimento delle spese ordinarie incerte e straordinarie previste nella Tabella, autorizza la modifica della Tabella successivamente alla sua approvazione da parte della Congregazione del Buon Governo e il superamento dei limiti di
spesa previsti in essa in caso di urgenza, provvedendo poi a informare di ciò la Congregazione del
Buon Governo, chiede a chi cessi da una carica di pubblico ufficiale di rendere conto dell’attività
amministrativa, assiste al controllo di tale attività da parte del Procuratore fiscale territorialmente
competente. Quindi, il governatore è una figura chiave del sistema di amministrazione e controllo
delle comunità locali, costituendo la “cinghia di trasmissione” essenziale e la “cerniera” fondamentale tra il governo centrale e le comunità locali (Tabacchi, 2007, pp. 288-297)19.
Le disposizioni della bolla non appaiono esaustive in riferimento a diversi aspetti del sistema di
amministrazione e controllo, non esplicitando le implicazioni operative di quanto statuito. Successivamente alla emanazione della bolla e gradualmente, soprattutto attraverso gli interventi della
Congregazione del Buon Governo e di alcuni esponenti dell’amministrazione centrale, si formano
una prassi e una trattatistica di riferimento (Tabacchi, 2007, pp. 233-242). Tuttavia, per le finalità
dello studio, rilevano le disposizioni della bolla, dal momento che si vuole esplorare come il sistema di amministrazione e controllo definito e introdotto dalla stessa possa aver elaborato e operazionalizzato il nuovo programma di governo di papa Clemente VIII.
6. Discussione
In questo paragrafo si intende evidenziare e discutere la serie di caratteristiche del sistema di
amministrazione e controllo definito e introdotto dalla bolla Pro commissa che sembrano portare a
ritenere che papa Clemente VIII possa averlo ideato conformemente a quelle che la letteratura individua come le principali finalità normalmente ascrivibili a una tecnologia di governo, cioè la elaborazione e la operazionalizzazione di programmi di governo (Miller, 1990).
Un primo aspetto attiene allo sviluppo e alla concretizzazione del concetto di “buon governo”,
oggetto e obiettivo del nuovo programma di governo di papa Clemente VIII. Tale concetto sembra
trovare sviluppo e concretizzazione attraverso il sistema di amministrazione e controllo definito e
introdotto dalla bolla. In tale prospettiva, esso sembra essere stato inteso in termini di stabilizza18
In merito al sistema sanzionatorio previsto nella bolla Pro commissa, G. Santoncini (2002, p. 166) rileva che “[i]l regime sanzionatorio
previsto dalla costituzione al § 21 prende in considerazione e, dunque, colpisce quattro generi di violatores e trasgressores. I responsabili diretti del danno economico sono tenuti al risarcimento del danno; coloro che, superiori di grado, non avessero tentato con tutto il
loro potere di impedire ciò che la bolla Pro commissa Nobis considera attentato, sono “degradati”, privati cioè di tutte le dignità, i gradi,
gli uffici, i magistrati; coloro che, inferiori a essi, li hanno persuasi a disattendere ai loro compiti, sono dichiarati inabili e incapaci in perpetuo a detenere simili cariche e notati a perpetua infamia e ignominia; tra di essi, coloro che sono puniti con la restituzione del doppio
del danno procurato alle comunità e, se non sono in condizioni di pagare, subiscono la pena dell’esilio e del carcere per tre anni; coloro
che, tacitamente o espressamente hanno procurato il danno economico, debbono risarcire l’intera somma e, se erano poveri, sono puniti con pene afflittive ad arbitrium dei superiori”.
19
S. Tabacchi (2007, pp. 288-297) rileva che, infatti, il governatore fu l’unico referente a livello locale della Congregazione del Buon Governo. Tutta l’azione della Congregazione del Buon Governo poteva dispiegarsi solo attraverso il governatore. Quando la Congregazione del Buon Governo emanava un rescritto, si rivolgeva al governatore e non all’organo di governo della comunità locale. La comunità
locale, a sua volta, era informata delle decisioni prese dalla Congregazione del Buon Governo dal governatore.
9
zione dell’equilibrio finanziario delle comunità locali, che è il risultato atteso attraverso il contenimento delle spese entro il limite delle entrate. Il mantenimento dell’equilibrio finanziario, da una
parte, avrebbe evitato la perdita (ulteriore) dei patrimoni (come sarebbe continuato ad accadere se
la comunità locale avesse avuto necessità di risorse per coprire le spese o l’indebitamento che
queste ultime avrebbero potuto generare) e, dall’altra parte, avrebbe bloccato (o fatto diminuire, in
caso di emersione di avanzi) il volume di indebitamento, che sono due delle criticità richiamate da
papa Clemente VIII nel proemio della bolla. Il sistema di amministrazione e controllo, quindi, sembra elaborare il nuovo programma di governo di papa Clemente VIII (Miller, 1990).
Un secondo aspetto attiene all’azione a distanza che il sistema di amministrazione e controllo
definito e introdotto dalla bolla sembra agevolare. Nell’ambito di tale sistema, la Congregazione del
Buon Governo è concepita come il centro di destinazione e accumulo delle Tabelle redatte dalle
comunità locali all’inizio di ogni anno, contenenti l’indicazione delle entrate e delle uscite connesse
all’attività amministrativa prevista per l’anno di riferimento. Le Tabelle, quindi, sembrano consentire
che una conoscenza specifica, cioè l’impatto finanziario dell’attività amministrativa prevista per
l’anno di riferimento, relativa a luoghi distanti, cioè le comunità locali, sia mobilitata e portata presso un centro, cioè la Congregazione del Buon Governo (Miller e Rose, 1990, p. 9). “Come una
mappa, [le Tabelle] costruiscono una certa immagine di domini distanti, in modo tale da sia problematizzare certe questioni sia inquadrare possibili interventi” (Neu, 2000, p. 270). Infatti, la Congregazione del Buon Governo, analizzando le Tabelle, può riscontrare ex ante eventuali situazioni
critiche relative alla situazione finanziaria delle comunità locali e può, conseguentemente, operare
gli interventi che ritenga più opportuni, modificando le Tabelle, diminuendo o eliminando le spese
indicate in esse20. La Tabella, quindi, sembra consentire l’esercizio dell’azione a distanza (Latour,
1987), in quanto costituisce un centro di calcolo (la Congregazione del Buon Governo), che ha la
possibilità di assumere decisioni in merito alle comunità locali sulla base del flusso informativo proveniente dalle stesse21. Quella in esame è la proprietà “rappresentazionale” della tecnologia di governo (per esempio, Miller e Rose, 1990, p. 9). La proprietà “rappresentazionale” del sistema di
amministrazione e controllo descritto e introdotto dalla bolla consente a papa Clemente VIII di esercitare una “vigilanza a distanza” sul governo delle finanze delle comunità locali, come annunciato nell’ambito del proemio.
La Tabella, però, sembra consentire l’azione a distanza anche in un’altra forma, più pervasiva e
potenzialmente efficace. Infatti, la Tabella, successivamente all’approvazione (che può comportare
la sua modifica, in termini di diminuzioni o eliminazioni di spese), è rimandata alla comunità locale
di riferimento e diventa, per questa, un vincolo derogabile solo previa autorizzazione. Considerando che la Tabella contiene l’indicazione delle entrate e delle uscite connesse all’attività amministrativa prevista per l’anno di riferimento, il fatto che sia vincolante per la comunità locale di riferimento
(in particolare, per chi è preposto alla sua amministrazione) significa che la condotta amministrativa della stessa di fatto è decisa dal centro (dalla Congregazione del Buon Governo). In questo
modo, quindi, la Tabella consente l’operazionalizzazione, cioè la traduzione in comportamenti congruenti da parte dei soggetti interessati, del programma di governo (nello specifico, il “buon governo”, inteso come rilevato in precedenza). Usando una immagine esplicativa, gli amministratori delle
comunità locali si trovano nella situazione di dover interpretare uno “spartito” definito, o totalmente
o parzialmente, da un altro soggetto. Quella in esame è la proprietà “traslazionale” della tecnologia
di governo (per esempio, Edwards et al., 1999; Neu, 2000; Preston et al., 1997; Robson, 1991,
1992). In aggiunta, e più specificamente, nel modo evidenziato, papa Clemente VIII può prevenire
l’uso improprio dei patrimoni e delle entrate delle comunità locali e influenzare/determinare la condotta degli amministratori corrispondenti, che sono altre due criticità evidenziate nel proemio della
bolla. Per esempio, papa Clemente VIII può prevenire che gli amministratori delle comunità locali
20
S. Poli (2011), per esempio, ha rilevato che di fronte a prospettive di disavanzo relative ai periodi di riferimento, la Congregazione del
Buon Governo ha prescritto alla comunità locale interessata, in certi casi, di ridurre per lo stesso ammontare le spese straordinarie indicate nella Tabella, in altri casi, di provvedere alla sua copertura con una colletta fra i membri della comunità locale. S. Tabacchi (2007,
pp. 242-250), invece, ha evidenziato alcuni comportamenti ricorrenti della Congregazione del Buon Governo in riferimento alle voci di
spesa indicate nelle Tabelle.
21
D. Neu et al. (2006, p. 638) definiscono le tecnologie che consentono quanto evidenziato nel testo in termini di “informing technologies”.
10
prevedano di sostenere spese al solo fine di acquisire consensi clientelari.
Il fatto che la proprietà “traslazionale” possa essere ascritta al sistema di amministrazione e
controllo definito e introdotto dalla bolla trova elementi ulteriori di supporto nelle disposizioni relative all’attività di controllo consuntivo e al sistema sanzionatorio. La Tabella, una volta approvata
dalla Congregazione del Buon Governo, avrebbe dovuto operare come vincolo per la comunità locale di riferimento; l’attività di controllo consuntivo e il sistema sanzionatorio avrebbero dovuto garantire l’allineamento della condotta degli amministratori delle comunità locali agli obiettivi del governo centrale, producendo un effetto deterrente contro il mancato rispetto della stessa. In tale
prospettiva, l’attività di controllo consuntivo e il sistema sanzionatorio possono essere visti come
supporto all’efficacia della proprietà “traslazionale” della tecnologia di governo. Del resto, ciò sembra emergere chiaramente dal § 7 della bolla, richiamato in precedenza, in base al quale l’attività di
controllo consuntivo e il sistema sanzionatorio sono previsti “perche le cose sopradette più accuratamente si osservino, e maggiormente si proveda al bisogno delle Communità medesime Città,
Terre, e Popoli”. Nella letteratura di riferimento è emerso che l’effetto traslativo alla cui produzione
partecipano le tecnologie di governo può avvenire in molteplici modi (Funnell, 1998; Neu, 2000).
Nel caso di specie, il ricorso all’attività di controllo consuntivo e al sistema sanzionatorio, quindi attraverso un sistema deterrente piuttosto che incentivante, può trovare giustificazione nel contesto
in cui il sistema di amministrazione e controllo si sarebbe trovato a operare. Nonostante papa
Clemente VIII dichiari nel proemio della bolla che il proprio intervento è sollecitato da un sentimento di carità paterna verso i cittadini delle comunità locali, come se avesse voluto acquisire il consenso degli stessi, gli obiettivi del governo centrale e gli obiettivi delle comunità locali sono evidentemente distanti e tendenzialmente divergenti (soprattutto pensando al fatto che il nuovo sistema
produce un cambiamento radicale del modello di governo delle finanze, che da tendenzialmente
decentralizzato diventa tendenzialmente centralizzato). Quindi, papa Clemente VIII probabilmente
era consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato e riscontra in un sistema di “punizioni” piuttosto che di “incentivi”, come osservato in altre circostanze (per esempio, Neu, 2000), la modalità
migliore per realizzare l’effetto traslativo.
A proposito dei modi con cui si produce l’effetto traslativo delle tecnologie di governo, Neu
(2000) rileva che queste ultime possono impattare direttamente o indirettamente sui soggetti destinatari del programma di governo. L’impatto è indiretto quando la tecnologia di governo influenza la
condotta di soggetti che, a loro volta, influenzano quella dei soggetti effettivamente destinatari del
programma di governo. Nel caso di specie, sembrano essere presenti entrambi i modi. Infatti, il sistema di controllo consuntivo e il sistema sanzionatorio interessano tanto gli amministratori delle
comunità locali (soggetti effettivamente destinatari del programma di governo) quanto i governatori
(soggetti che, a loro volta, incidono sulla condotta dei primi).
7. Considerazioni finali
Il nuovo sistema di amministrazione e controllo definito e introdotto dalla bolla Pro commissa
potrebbe essere stato ideato da papa Clemente VIII al fine di elaborare e operazionalizzare il nuovo programma di governo, cioè il “buon governo” delle comunità locali dello Stato Pontificio. Come
evidenziato nel corso dello studio, tale sistema sembra elaborare e operazionalizzare il nuovo programma di governo (Miller, 1990). In altre parole, papa Clemente VIII potrebbe aver ideato il sistema di amministrazione e controllo conformemente a quelle che la letteratura individua come le
principali finalità normalmente ascrivibili a una tecnologia di governo. Quanto precede porta a rilevare anche che la definizione e l’introduzione del sistema di amministrazione e controllo potrebbero essere stati motivati dall’utilità, almeno potenziale, che lo stesso avrebbe avuto in riferimento al
nuovo programma di governo.
Come anticipato nella introduzione, lo studio offre diversi contributi alla letteratura, prevalentemente in termini di estensione: tratta dell’accounting dello Stato Pontificio, che è stato relativamente trascurato nell’ambito della Storia della Ragioneria; approfondisce la conoscenza delle proprietà
delle tecnologie di governo di natura contabile; propone per la prima volta l’analisi della natura e
del ruolo di una tecnologia di governo di natura contabile ai fini di un programma di governo che ha
11
per obiettivo e oggetto il “buon governo”; si riferisce a un’area geografica, un periodo storico e un
tipo di tecnologia di governo di natura contabile poco esplorati.
Lo studio è stato focalizzato sulla fase di definizione e introduzione del sistema di amministrazione e controllo; ha trascurato, invece, l’operatività nel corso del tempo dello stesso. La sua efficacia, tra l’altro, non è stata oggetto di esplorazione. Ciò può costituire un limite alla comprensione
completa e reale della sua natura e del suo ruolo. Ciò, tuttavia, può rappresentare un primo oggetto di ricerca di studi successivi.
L’interpretazione proposta della natura e del ruolo del sistema di amministrazione e controllo si
basa sulla e si limita alla interpretazione “letterale” del contenuto della bolla. Così facendo, sembra
emergere che l’obiettivo del “buon governo” delle comunità locali dello Stato Pontificio di papa
Clemente VIII, da conseguire attraverso un controllo accentrato delle finanze delle stesse, possa
essere considerato come fattore determinante la sua definizione e introduzione. Tuttavia, il sistema
di amministrazione e controllo sembra prospettare un controllo più generale e pervasivo delle comunità locali. Una tale prospettiva deriverebbe da una interpretazione “politica” del nuovo sistema
di amministrazione e controllo. In altre parole, non è possibile escludere che l’obiettivo espresso
del “buon governo” sia stato solo formale, nel senso che abbia voluto dissimulare quello reale
dell’accentramento del potere tout court. Ciò può costituire un limite alla comprensione completa e
reale della natura e del ruolo del sistema di amministrazione e controllo. Ciò, tuttavia, può rappresentare un altro oggetto di ricerca di studi successivi.
Lo studio è stato limitato all’analisi di quanto accaduto nello Stato Pontificio, trascurando gli altri
stati coevi. Quanto accadde nello Stato Pontificio, però, fu comune ad altre realtà europee, seppure attraverso percorsi e strumenti differenti. Nel Granducato di Toscana, in particolare, il controllo
centralizzato delle finanze delle comunità locali da parte del principe fu ottenuto attraverso un sistema di autorizzazione/approvazione dei singoli atti dispositivi delle comunità locali anziché attraverso un “bilancio di previsione”: i cosiddetti “cancellieri fermi” (poi divenuti “cancellieri dei Nove”)
avevano la facoltà esclusiva di spiccare i mandati di pagamento delle comunità locali, in assenza
dei quali quanto ugualmente pagato dai tesorieri comunali restava a carico di questi ultimi (Mannori, 1994, pp. 174-175). Nel Granducato di Toscana, quindi, la tecnologia di governo adottata fu diversa e non ebbe natura contabile. Da quanto precede emerge che una analisi comparativa (Carnegie e Napier, 1996, 2002) può rappresentare un ulteriore oggetto di ricerca di studi successivi.
Dott. Simone Poli
Ricercatore in Economia aziendale
Università Politecnica delle Marche
12
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Accounting e “buon governo” delle comunità locali