FILARMONICA
A RT U R O TO S C A N I N I
N U OV E AT M O S F E R E
Decima Edizione
Dal 14 novembre 2015 al 29 maggio 2016
Auditorium Paganini di Parma
Sabato 6 febbraio 2016 ore 20.30
Domenica 7 febbraio 2016 ore 20.30
FILARMONICA
ARTURO TOSCANINI
DAVID ANGUS
Direttore
ROBERTO RECCHIA
Voce recitante
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Programma
Comune di Parma
Provincia di Parma
Marco Tutino
(30 maggio 1954, Milano)
Vatel (35’)
Melologo per voce recitante e orchestra
testo di Angelo Callipo
Partner Istituzionale della Filarmonica Arturo Toscanini
Sponsor ufficiale
Antonín Dvo ák
(8 settembre 1841, Nelahozeves - 1 maggio 1904, Praga)
Amici
Sinfonia n. 7 in re minore, op. 70 (38’)
Allegro moderato
Poco adagio
Scherzo: Vivace - Poco meno mosso
Finale: Allegro
Sponsor tecnici
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François Vatel (1631-1671), cuoco e maestro di cerimonie francese che lavorò alle dipendenze
del Principe di Condé all’epoca di Luigi XIV di Borbone, il Re Sole, deve la sua notorietà sia all’invenzione della crema Chantilly (la crema fatta di panna, zucchero e vaniglia, senza uova), sia al suo
tragico suicidio, narrato nei famosi Mémoires dal duca di Saint Simon: impegnato a realizzare tre
giorni di grandiosi pranzi e festeggiamenti in onore del Re, dai quali sarebbe dipesa la possibilità
del suo principe di ritornare nelle grazie del sovrano, si ritrovò a fallire la cena finale, poiché una
tempesta aveva impedito l’arrivo del pesce che avrebbe dovuto essere servito agli oltre tremila
invitati su meravigliose sculture di ghiaccio. Di fronte alla tremenda sconfitta professionale, e disperato per l’amore verso una delle dame di corte, Anne de Montausier, che non riusciva a sottrarsi
ai suoi “doveri” nei confronti del Re Sole, il 24 aprile del 1671 François Vatel si suicidò lanciandosi
su una spada, come un novello samurai ante litteram. La vicenda è divenuta anche il soggetto di
un film storico, Vatel, realizzato da Roland Joffé nel 2000, con Gérard Depardieu e Uma Thurman
nei ruoli principali, e con le musiche di Ennio Morricone.
La composizione di Tutino, eseguita per la prima volta nel marzo del 2015 al Teatro Dal Verme di
Milano, nasce da una commissione dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, che hanno richiesto al
compositore un lavoro che fosse in qualche modo riconducibile al tema centrale dell’Expo 2015,
l’alimentazione. Il testo narrato è dovuto alla penna di Angelo Callipo, autore, attore e regista
napoletano, che ha molto efficacemente ridotto la vicenda ai suoi nodi drammatici ed emotivi
fondamentali.
La forma musicale scelta dal compositore milanese è quella del melologo, nel quale all’orchestra
si affianca e si sovrappone la voce di un narratore: una forma che non ebbe grande fortuna nella
nostra storia della musica, nonostante le pagine di altissimo livello scritte in questo “genere” da
Schumann e da Richard Strauss, per pianoforte e voce narrante. Una forma, in effetti, che avvicina sorprendentemente il lavoro di Tutino a certe pagine musicali straordinarie scritte da grandi
musicisti che hanno lavorato per il cinema, dove la musica è capace di dialogare alla pari con le
immagini e la parola, che inevitabilmente rappresentano per lo spettatore il piano percettivo
principale. E’ allora che la musica non si limita a commentare servilmente, ma dallo “sfondo” in cui
inevitabilmente i nostri meccanismi percettivi la collocano riesce a condizionare il modo stesso in
cui ascoltiamo la parola (o, nel cinema, vediamo le immagini), per diventare una sorta di “regista”
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occulto, subliminale della nostra esperienza percettiva della composizione. Un melologo dunque,
Vatel, che si iscrive perfettamente nel lungo cammino di ricerca che Tutino percorre ormai da
diversi decenni, e che a partire da quelli che egli riconosce come i suoi grandi maestri nel teatro
musicale, Verdi, Puccini e Strauss, lo porta a sperimentare sempre nuove soluzioni per “esserci”,
quasi non visto, nascosto tra i personaggi dei suoi racconti musicali.
Antonín Dvo ák scrisse la sua Settima Sinfonia in re minore tra la fine del 1884 e gli inizi del 1885,
su commissione della Philarmonic Society di Londra, la grande istituzione musicale per la quale
Beethoven aveva scritto la sua Nona Sinfonia. Eseguita a Londra con grande successo sotto la direzione dell’autore, e ripresa poi in Europa e in America da grandi direttori del calibro di Hans von
Bülow, il lavoro ebbe sempre un’ottima accoglienza; ma incominciò anche molto presto a subire un
curioso destino, che l’avrebbe in poco tempo portata ad un oblio quasi totale. Alla morte dell’autore, agli inizi del novecento, la sinfonia veniva eseguita soltanto di rado nel paese natale di Dvo ák,
mentre poteva dirsi praticamente sconosciuta a livello internazionale. L’immagine del compositore
era venuta totalmente a coincidere con quella del grande maestro artefice della rinascita della
musica ceca, e Dvo ák era ormai per tutti “quello” della Sinfonia dal nuovo mondo, l’autore delle
Danze Slave, il musicista che dava risalto ai temi popolari della sua terra.
Nulla di tutto questo c’era nella Settima; e quando nel 1935, nei suoi Essays in Musical Analysis, il
grande musicologo Donald Tovey scrisse: “Non ho alcuna esitazione nel collocare la Settima Sinfonia di Dvo ák accanto alla Sinfonia in do maggiore di Schubert e alle quattro sinfonie di Brahms,
tra gli esempi più grandi e puri di questa forma d’arte dal tempo di Beethoven”, ciò dovette sicuramente suonare una grossa sorpresa per i lettori.
La Settima Sinfonia, in effetti, ha radici ben diverse. Intenzionato a dimostrare di avere le carte in
regola come compositore di calibro internazionale, e non soltanto come testimonial della musica
ceca; desideroso di soddisfare appieno le grandi aspettative che in lui riponeva l’amico e mentore
Johannes Brahms; forse anche condizionato da eventi della sua esperienza personale che lo avevano toccato nel profondo, come la morte della moglie e quella di Smetana; Dvo ák scrisse un lavoro che gli amanti dei titoli non esiterebbero a classificare come “La Tragica”. Lontana dalla solarità
delle sue pagine più famose, la Settima instaura sin dalle prime battute un clima espressivo cupo
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e di grande tensione; e sviluppa, seguendo i classici equilibri architettonici della sinfonia, un’intera
gamma di sfumature emotive di grande intensità, che vanno dalla nostalgica malinconia sino alla
drammaticità più lacerante, con estrema coerenza e consequenzialità, sempre restando nei confini
di uno stesso mood scelto come chiave espressiva dominante. La stessa tonalità di re minore (quella, per intenderci, del tragico finale del Don Giovanni di Mozart, o della Nona di Beethoven) è già
di per sé sintomo di una scelta ben determinata, e a sua volta condiziona la scrittura sottilmente
ricollegandola a secoli di tradizione musicale occidentale.
Dopo un primo movimento Allegro maestoso scritto in rigorosa forma sonata, intenso e drammatico nell’idea principale e con un secondo tema dagli accenti nostalgicamente pastorali, affidato
al corno e all’oboe; il secondo tempo, Poco Adagio, crea la consueta parentesi lirica, carica però
sempre di una forte tensione che ha portato i commentatori più amanti delle immagini a definire
il movimento come una sorta di “preghiera per la salvezza dell’anima”. Lo Scherzo Vivace è il movimento dove più facilmente ci si aspetterebbe da Dvo ák la comparsa di temi di origine popolare
legati al mondo della danza; ma non è così, ovviamente, e si tratta invece di un elegantissima pagina
basata sulla costante ambiguità tra tempo composto (sei ottavi) e tempo semplice (tre quarti),
in un sottile gioco compositivo che inevitabilmente richiama alla mente Brahms; mentre il Trio
centrale, Poco meno mosso, crea un’alternativa allo scherzo virando non come solitamente avviene
verso una zona espressiva di maggiore serenità e distensione, ma ancora una volta verso un clima
più scuro e “rannuvolato”. Ritorna la forma sonata nel finale Allegro, che conclude con estrema coerenza la sinfonia: prima riprendendo le mosse dai toni “tragici” del primo movimento, e completando poi il complesso quadro espressivo fin qui esplorato con toni eroici e solenni, che assumono
la forma di una grande marcia e di un vero e proprio inno in forma di corale; per arrivare infine
a una potente coda dove si scarica tutta l’energia accumulata sin dall’inizio del primo movimento.
Franco Sgrignoli
Intorno al Concerto
Vatel, la parola all’autore
Vatel appartiene al genere del melologo, ampiamente frequentato da illustri autori del passato e del presente.
Mi sono sempre trovato a mio agio nel pensare la musica come paesaggio per un testo; dove però il paesaggio
non debba essere un semplice sfondo, e nemmeno un commento per quanto pertinente ad una narrazione
altra. Nel mio caso, e devo dire non solo nel mio (penso ad esempio alle splendide e sfavillanti narrazioni del
ciclo di Alice Variation, ed in particolare Final Alice, di David del Tredici) la musica e il testo stringono un patto
indissolubile nel concorrere alla drammaturgia che qualsiasi storia narrata sottende. E la supremazia dell’una
sull’altra è esclusa: entrambe narrano, su piani e con lingue diverse, la stessa vicenda. Come direbbe Vatel, che di
amalgami e alchimie se ne intendeva, dall’unione di diversi elementi si può ottenere una terza cosa che ha però
un unico sapore, che non è la somma algebrica delle sue componenti ma la fusione inestricabile di sostanze
precedentemente divise.
Questo per chiarire che (per me) lo scopo del melologo non è amplificare, o sottrarre, senso al testo letterario
mediante l’aggiunta della musica, bensì dare vita a un terzo soggetto narrante, e di conseguenza anche a una
terza narrazione, che è il risultato della compenetrazione alchemica delle due componenti originali.
Per questo ho rinunciato da subito a concepire tra testo e musica un rapporto temporale tra l’epoca del personaggio narrante e narrato e la musica che vi appartiene storicamente; impiegando invece un linguaggio musicale
intriso di memoria di passati tra loro distanti cronologicamente, il settecento escluso: avrebbe costituito una forza
centripeta troppo forte e convergente verso l’epoca in questione, privando l’alchimia di troppi elementi e sapori
utili a ottenere il gusto ricercato. E inoltre, la presenza di memorie settecentesche riferite al testo avrebbe anche
limitato la possibilità straordinaria che il linguaggio musicale detiene quasi in esclusiva, di rendere presente ogni
passato, di riannodare ogni distanza temporale in un attimo, e in definitiva di annullare il tempo cronologico per
evocare un tempo interiore che è per sua natura immanente.
Che proprio l’arte che riveste il tempo di suono sia quella che più lo allontana e lo sottrae alla nostra esperienza
pratica, mi è sempre sembrato un paradosso squisito.
Vatel è dunque il racconto di una esperienza, ma anche l’esperienza del racconto. Si divide in porzioni distinte,
possiede temi ben riconoscibili e ricorrenti, impiega una logica armonica assai unitaria, e si dota di una struttura
ritmica molto omogenea. Ma questi sono ingredienti che tutti possono procurarsi. Quanto al modo di metterli
assieme, la ricetta è segreta.
Buon Ascolto
Marco Tutino
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Alexandre Dumas giudica il gesto estremo di Vatel
Nel suo Gran Dizionario di Cucina (1873), dà all’episodio un giudizio negativo: “Il suicidio di Vatel mostra un
uomo d’etichetta piuttosto che un uomo devoto. Lasciare mancare il pesce in una stagione fresca, avendo
la possibilità di conservarlo con il ghiaccio per tre o quattro giorni, è proprio di una persona imprevidente
che non guarda avanti, ipotizzando quegli incidenti che possono provocare la sfortuna”.
Antonìn Dvořák
Il racconto di quando fece una domanda insidiosa ai suoi allievi
“Chi di voi sa che cosa è Mozart?” -chiese, una volta a noi allievi. La domanda, inducendo alla riflessione, ha fatto
sì che molti punti di vista siano stati espressi, ma sono scaturite soltanto le solite frasi banali come: “Mozart è un
compositore classico di sinfonie e di opere, contemporaneo di Haydn precursore di Beethoven e del romanticismo”…. Così il Maestro scuoteva la testa e intanto la questione rimaneva irrisolta.“Questa è una dimostrazione di quanta sensibilità si ha per la musica. Ma è vero ? ….. Nessuno di voi indovina? - chiese, alzando la voce. E
nessuno rispose. Mentre la collera si impossessava di lui, prese l’allievo più vicino per un braccio trascinandolo
alla finestra e si mise a indicare con una mano verso il cielo e con l’altra scuoteva la manica dell’allievo, dicendo:
“Adesso lo sai….. Lo vedi?” L’allievo, in evidente imbarazzo, guardando sia il Maestro, sia il cielo, balbettò: “Mi
scusi, signore, io non vedo niente.” “Cosa? Non si vede il sole?”….. “Lo vedo!” «Perché allora non dite che cosa
è Mozart ?” Dvorák molto serio, ma con indicibile entusiasmo, girando le spalle alla finestra, pronunciò questa
frase molto significativa: “Beh, ricordate: Mozart è il sole!”
Dvořák un poeta dell’aria
Non conosco Dvo ák personalmente, ma lo immagino un vero musicista. E’ “un poeta dell’aria” come
chiamano quei musicisti a quali non importa un fico secco di quello che sta succedendo quaggiù sulla terra,
molto al di sotto di loro. Una creatura che è del tutto indifferente se in tasca ha un tallero o una moneta
d’oro. Un giovane uomo con il cervello ‘confuso’ che viene attribuito ad ogni poeta, pittore e soprattutto
ai musicisti di tutto il mondo. Che cosa ci sarebbe stato di speciale in lui se fosse stato sempre, tutti i giorni
del tutto sensato? (Jan Neruda, poeta ceco)
Consigli per letture e ascolti sul concerto li potete trovare sul sito:
www.fondazionetoscanini.it
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DAVID ANGUS
Nominato quest’anno per la terza volta direttore musicale della Boston Lyric Opera, David Angus ha ricoperto in precedenza il medesimo ruolo presso la Glimmerglass Opera (Stato di New
York). E’ direttore onorario dell’Orchestra Sinfonica delle Fiandre, dopo esserne stato direttore
principale. Nelle ultime stagioni, ha debuttato con la Filarmonica di Hong Kong e l’Orchestra
OFUNAM a Città del Messico; è ritornato al Festival di Wexford, alla London Philharmonic ed
ha inaugurato il Festival delle Fiandre.
Nato in Inghilterra, dopo aver conseguito il diploma in pianofor te presso la Surrey University, si
è perfezionato in direzione d’orchestra al Royal Nor thern College of Music di Manchester, dove
ha vinto diversi premi. In questi anni ha diretto diverse opere in tutto il Regno Unito: in par ticolare presso la Scottish Opera, la Nor th Opera, la English Touring Opera e a Glyndebourne;
in Italia, ha lavorato nei teatri di Torino, Milano, Bologna e Modena. E’ stato ospite anche della
Canadian Opera Company, della Cleveland Opera, dell’Opéra di Parigi, della Danish National
Opera e dell’Opera di Malmö. In Gran Bretagna ha diretto le principali orchestre: Royal Philharmonic, BBC Philharmonic, Scottish Symphony Orchestra e la Ulster Orchestra, English Chamber
Orchestra, la Scottish Chamber Orchestra e la Nor thern Sinfonia; in par ticolare con la London Philharmonic ha effettuato diverse registrazioni. E’ stato ospite fisso della Lahti Symphony
Orchestra (Finlandia) e di molte orchestre danesi; in Nord America si è esibito con la Utah
Symphony, la San Antonio Symphony e la Calgary Philharmonic. In futuro dirigerà La Bohème,
Werthèr, Carmen, La carriera di un libertino, Le nozze di Figaro a Boston; e tra le orchestre, la BBC
Philharmonic con la quale insieme alla Huddersfield Choral Society interpreterà composizioni di
Elgar e Macmillan. In programma ha anche due registrazioni con l’Orchestra della North Opera
e la London Philharmonic, sarà impegnato in concer ti sinfonici negli Stati Uniti, Regno Unito,
Svezia e Italia.
Per saperne di più:
Sito ufficiale: www.david-angus.com
Pagina Facebook: www.facebook.com/davidangus.conductor
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ROBERTO RECCHIA
Attore e regista diplomato all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, da alcuni anni
collabora con la Fondazione Toscanini per concerti, spettacoli e progetti Educational.
Ha partecipato come voce recitante ad alcuni Concerti Aperitivo dedicati a Palazzeschi
(Galleria Palazzeschi), Brecht-Weill (L’opera da tre soldi), Jannacci (Saltimbanchi si muore),
Groucho Marx (Se mi sposi non guarderò più un altro cavallo); è stato voce recitante nel
Façade di Walton ed attore nello spettacolo Menù Rossiniani. Sul fronte degli spettacoli-concerto, ha curato una decina di titoli dedicati agli spettatori più giovani tra i quali i
più recenti sono: C’era una volta una piccola guerra (per la ricorrenza del Centenario della
Prima Guerra Mondiale), Facciamola a pezzi – L’orchestra in scatola di montaggio; L’elmo di
Scipo (in occasione del 150° dell’Unità d’Italia); Verdi c’è (Bicentenario verdiano). Al Teatro
Regio di Parma, nell’ambito del Festival Verdi 2015 in collaborazione con la Fondazione
Toscanini, ha recentemente diretto e interpretato lo spettacolo Rocky Opera Picture Show
dedicato al mondo dell’opera lirica.
Oltre ai recenti spettacoli di prosa, di cui ha curato la regia, - Melodia per una nota sola
di Magdalena Barile e A nome tuo di Mauro Covacich- per quanto riguarda la lirica, ricordiamo: Crime Passionnel di Astor Piazzolla al Lugo Opera Festival; Nûr di Marco Taralli
(prima assoluta) al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca; Maria di Rohan e Linda di
Chamounix al Teatro Donizetti di Bergamo; Trittico: Phaedra e Les Illuminations di Britten
e Dido and Aeneas di Purcell al Comunale di Bologna; Le convenienze ed inconvenienze
teatrali e Don Pasquale al Teatro della Fortuna di Fano; Vite al Rossini di Lugo; Il vagabondo
delle stelle al Comunale di Modena.
Dal 2000 collabora continuativamente con il Wexford Festival Opera dove ha diretto una
ventina di titoli tra i quali: Don Gregorio di Donizetti, La cambiale di matrimonio di Rossini,
Une éducation manquée di Chabrier, Il flauto magico, L’elisir d’amore, La Cenerentola.
DAVID ANGUS
ROBERTO RECCHIA
Per saperne di più:
Sito Ufficiale: http://www.robertorecchia.com/
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LA FILARMONICA ARTURO TOSCANINI
Filarmonica Arturo Toscanini
Violini Primi: Mihaela Costea **,Valentina Violante, Gianni Covezzi, Federica Vercalli,
Maurizio Daffunchio, Mario Mauro, Francesco Salsi, Luca Talignani, Sophie Chang,
Caterina Demetz, Camilla Mazzanti, Alice Costamagna
Violini Secondi: Viktoria Borissova *, Jasenka Tomic, Laurentiu Vatavu, Cellina Codaglio,
Claudia Piccinini, Sabrina Fontana, Luigi Presta, Simona Cazzulani,
Michele Poccecai, Antonio Lubiani
Viole: Behrang Rassekhi *, Carmen Condur, Cathryn Murray, Sara Screpis,
Diego Spagnoli, Daniele Zironi, Ilaria Negrotti, Alberto Magon
Violoncelli: Enrico Di Crosta *,Vincenzo Fossanova, Donato Colaci, Radu Nagy,
Francesco Saccò, Audrey Lafargue
ContrabbassI: Antonio Mercurio *, Agide Bandini, Claudio Saguatti, Antonio Bonatti
Flauti: Andrea Oman *, Francesco Guggiola
Ottavino: Francesco Guggiola
Oboi: Pietro Corna *, Massimo Parcianello
La Filarmonica Arturo Toscanini, che ha la sua sede a Parma, nell’Auditorium Paganini
disegnato da Renzo Piano, è il punto d’eccellenza dell’attività produttiva della Fondazione
Arturo Toscanini, maturata sul piano artistico nella più che trentennale esperienza dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna e nell’antica tradizione musicale che affonda le proprie
radici storiche nell’Orchestra Ducale riordinata a Parma da Niccolò Paganini nel 1835/36 e
per i quarant’anni successivi ai vertici delle capacità esecutive nazionali. Oggi è una delle più
importanti orchestre sinfoniche italiane.
Per saperne di più:
www.fondazionetoscanini.it/filarmonica-arturo-toscanini/
Clarinetti: Daniele Titti *, Alessandro Moglia
Fagotti: Martina Lando *, Fabio Alasia
Corni: Ettore Contavalli *, Giuseppe Affilastro, Fabrizio Villa, Simona Carrara
Trombe: Roberto Rigo *, Marco Catelli
Tromboni: Carlo Gelmini *, Gianmauro Prina, Antonio Martelli
Timpani e Percussioni: Francesco Migliarini *, Alessandro Carobbi
** spalla / * prima parte
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SOSTENIAMO
BUONE AZIONI
PER L’ARTE
E LA CULTURA
Il ruolo propulsivo della Fondazione
Cariparma nel settore dell’arte e della
cultura locale è ormai da anni un
importante punto di riferimento per
l’intero territorio parmense.
L’azione della Fondazione si concentra
nella conservazione e valorizzazione del
patrimonio artistico, e nel sostegno delle
attività culturali.
Perché rafforzare la cultura significa
favorire lo sviluppo economico e sociale,
contribuendo a migliorare la qualità della
vita di tutta la Comunità.
www.fondazionecrp.it
ARTE, ATTIVITÀ
E BENI CULTURALI
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Più valore al nostro territorio
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Prossimo appuntamento
di NUOVE ATMOSFERE
Giovedì 25 febbraio 2016 ore 20.30
Gustav Mahler
Lieder eines fahrenden Gesellen
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore, op.60
STEFAN ANTON RECK
Direttore
MARKUS WERBA
Baritono
IMPARIAMO IL CONCERTO
Sebastiano Rolli racconta
Mahler e Beethoven
Martedì 23 febbraio ore 18.00
Sala Prove Auditorium Paganini
Mercoledì 24 febbraio
Concerto in anteprima
Ore 15.30 - 17.30
Auditorium Paganini
Per saperne di più
www.fondazionetoscanini.it
© Cristian Grossi
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