Edizione: 23/04/2009 Libero LIB_giovedi - pagina 40 - stampata da: zulin alle ore: 20.36.14 - colore
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Giovedì 23 aprile 2009
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SPETTACOLI
Danza Ora Bollywood
si mette anche a ballare
Una commedia di Juan Mayorga
::: IRENE VALLONE
Unastoriadituttiigiorni, nellaqualeciascunodinoi,dauna
parte o dall’altra, potrebbe essere coinvolto: un fenomeno di
cui si parla tanto, in questi tempi, disciplinato - così almeno si
crede - dalla legge. L’immigrazione clandestina: un problema che tormenta l’uomo, al di qua e al di là dei confini. Noi e
loro. È la commedia di Juan Mayorga, spagnolo, attualmente
in scena a Londra e a Milano (teatro Filodrammatici, repliche
fino al 3 maggio) che affronta, anche attraverso l’ambiguità
del suo titolo, “Animali notturni”, il problema del vivere e non
vivere in una casa non più nostra o nostra ma invasa da chi
non sappiamo. E l’Uomo che sta qua, con la moglie, quando
scopre suo coinquilino l’Altro, venuto da lontano, clandestinamente, con la moglie, non resiste alla liberatoria tentazio-
“Animali notturni”, l’immigrato diventa schiavo
Dopo gli otto Oscar a “The Millionaire”, arriva “Bollywood-The Show”. La
mecca degli studios di Mumbay si racconta on stage attraverso la storia
della celebre famiglia di cineasti Merchant. Tempio di Shiva rosso in cartongesso, costumi d’oro e azzurro cielo nepalese, lo spettacolo è un condensato di colori e musiche da mille e una notte. Le coreografie, curate dalla piccoladi casa Vaibhavi,una nominationper il film“Lagaan”, saltellano
dall’antico katah, ai dervisci fino all’hip-hop, in un aggrovigliarsi di braccia
e gambe da far invidia alle divinità indiane. Anche le musiche sono fatte in
casa, dai fratelli Salim e Sulaiman Merchant. Già applaudito da 500mila
spettatori in quattro Continenti, per la prima volta in Italia. Martedì
all’Olimpico di Roma, poi agli Arcimboldi di Milano dal 19 al 24 maggio.
ne di farlo suo schiavo: non per cattiveria, non per odio, ma
perché l’oscura catena della vita impone, per liberarsene, di
crearsi un amico. Sì, un ricatto: di cui né l’Uomo che sta qua
né l’Altro parleranno con le loro mogli, altrimenti coinvolte
nei problemi della quotidianità.
Un segreto, un atto di comprensione, di umanità, forse il
segno per affrontare più serenamente il domani in un mondo dove tutti siamo uguali, animali notturni. Una piccola
commedia, rinvigorita da un linguaggio rigoroso ed ironico,
valorizzato dalla sincerità dei giovani interpreti: Tommaso
Amadio, Emanuele Arrigazzi, Stefania Pepe, Lorenza Pisano.
Li armonizza con lucidità la regia di Bruno Fornasari.
C.M.PEN.
Al Piccolo Teatro di Milano
Il favoloso Andersen
faceva l’amore
solo nelle favole
Solo un attore in scena in una geniale pièce
di Robert Lapage sul grande narratore danese
::: CARLO MARIA PENSA
ppp Quattro anni fa, per celebrare il bicentenario della
nascita di Hans Christian Andersen, il regita quebecchese
Robert Lepage scrisse, mise in
scena e per un certo periodo
anche interpretò “The Andersen Projet”, che da allora, recitato in lingua inglese e francese con protagonista Yves
Jacques, ha girato mezzo
mondo.
Una festa
per gli occhi
In Italia lo si vide a Roma,
ed ora è tornato, per poche sere, al Piccolo Teatro di Milano
cogliendo un successo straordinario non tanto, si suppone,
nel ricordo dello scrittore danese, da noi noto ormai solamente per alcune favole (da
“Il brutto anatroccolo” a ”La
principessa sul pisello”), ma
per l’insolita suggestione dello
spettacolo, i trucchi, la serie di
invenzioni, la scenografia, il
“landscape”, come dicono i
tecnici, il “panorama”, le illusioni di profondità prospettica.
Che cosa ci racconta, dunque, Robert Lepage, cioè Yves
Jacques unico interprete trasformista in vari personaggi?
Andersen, d’accordo, figlio di
un calzolaio intellettuale e di
una madre lavandaia morta
alcolizzata: una vita agitata, i
molti viaggi, i successi letterari, l’amore per una famosa
cantante mai realizzato per
l’ambiguità sessuale di lui…
Sì, insomma, ben poco di tutto questo richiama il “Projet”
in cui conosciamo un certo
Frédéric Lapointe, albino come Andersen, autore di testi
per canzoni, invitato a Parigi
dal sovrintendente dell’Opéra
perché componga il libretto
per un’opera lirica ispirato a
“La driade”, scritta da Ander-
sen durante una sua visita
nella capitale per l’Expo del
1867, favola di una ninfa abitante la cavità di un albero ma
tanto desiderosa di conoscere
Parigi da rinunciare alla immortalità.
Anche l’Opéra
faceva sciopero
Arrivato dal Canada, Frédéric prende alloggio nella casa
di un amico francese che, trovandosi nel Québec, si è sistemato, in cambio, nella casa di
Frédéric: questi non ama i
bambini e quindi non vuole
avere figli, sofferente anche
lui, come Andersen, di problemi omosessuali, mentre laggiù, nel Québec, la fidanzata,
che di figli ne vorrebbe avere,
è molto sensibile alle attenzioni dell’amico ospite.
A rendere sempre più inquieto il soggiorno parigino di
Frédéric ci sono gli scioperi
del personale dell’Opéra ed i
problemi coniugali del sovrintendente, frequentatore di
una ambigua “maison close”
gestita da un certo Rashid,
grafitaro marocchino. Intrico
di eventi, sovrimpressioni di
personaggi, precipitare di imprevisti tra i quali naufraga
anche il progettato libretto
della Driade, e tutto diventa
pretesto per un limpido spettacolo che, nella serena evocazione del passato, è soprattutto un gioco di poesia tra
finzione
e
realtà,
con
quell’unico attore che si moltiplica ingannando il pubblico
nella luce di una Parigi magica
nella quale sembra proiettarsi
il mondo favolistico di Hans
Christian Andersen.
Un altro mattatore
a Genova
Solo in scena anche Vittorio
Franceschi. Autore, oltre che
interprete, di “A corpo morto”
al teatro Duse dello Stabile di
Genova. Due bianche pareti
in diagonale, interrotte dalla
invasione dei rami di un albero, forse l’albero della vita che
sta fuori, perché qua dentro
c’è soltanto l’illuminato chiarore della morte; e su una delle pareti, gli scaffali con le maschere di chi non c’è più e che
immaginiamo composto sot-
IL GRANDE HENRY JACUES
to il nero lenzuolo steso in primo piano; un manichino, e
nient’altro, ma questo nulla
vale il mondo in cui viviamo o
in cui vivremo.
Lui, Franceschi, è coro e
presentatore di sé stesso. E la
prima maschera che ha tolto
dallo scaffale, ecco, lo trasforma in un ragazzo che piange,
ma con lacrime fredde, l’amica vittima di una corsa in moto con il rivale; dopo, la vedova di un sarto, nella quale il ricordo del tempo si confonde
con il volto di lui. Poi, uno
scrittore, forte e capace di
continuare a vivere anche
quando il figlio giovanissimo
The Andersen Project si avvale della performance di un unico attore,
il grande Henry Jacues nei ruoli dello scrittore e del suo alter ego.
si è ucciso per non aver saputo cambiare il mondo come
aveva tentato di fare, con i
compagni del Sessantotto: finito, e adesso riposa in pace,
ché il papà deve andare per
una partita a tennis.
Diversa, quest’altra figlia,
che si perde nella memoria
della madre uccisa dal padre,
bestia d’uomo che aveva anche violentato lei, la ragazza,
appena quindicenne. Ultima
maschera, quella di Zecca: così si fa chiamare il barbone ve-
In scena da stasera a Palermo
“High School” è diventato un musical all’italiana
ppp Tutti (o quasi) sanno cos’è “High
School Musical”. E i pochi che non lo sanno possono riempire subito la lacuna chiedendo ai loro figli minorenni. “High
School” (a volte riconoscibile con l'abbreviazione HSM) è stato un telefilm musicale
prodotto dalla Disney Channel nel 2006 e
uno dei tv movie più visti della storia della
tele (oltre 7 milioni di spettatori al primo
passaggio). Dopodichè è arrivata una serie
e nel 2008 un costoso film per sala pubblica
(naturalmente campione d’incassi). Quindi nessuna forza al mondo poteva evitare
che il film avesse una versione teatrale.
Prima a Broadway e poi naturalmente
in Italia, dove il musical (preferibilmente
di ispirazione cinematografica) è l’unico
“genere” che a teatro fa il tutto esaurito.
Specie quando chi trasferisce è Saverio
Marconi, ex attore (“Voltati Eugenio”) che
da un ventennio s’è dedicato al trasbordo
degli hit cantanti e ballati a Broadway nelle
sale italiane.
E difatti ecco “High School musical” sapientemente manipolato dalla Compagnia della Rancia diretta da Marconi (la
stessa responsabile delle traduzioni di
“Grease” “Cats” e “Hello Dolly”) pronto a
irrompere sui palcoscenici italiani.
Il primo dei quali è il Teatro Massimo di
Palermo dove “High School “ debutta stasera e dove rimarrà fino a domenica.
La storia (la riassumiamo per chi non ha
figli piccoli) è quella del piccolo grande
amore tra Troy, capitano della squadra di
basket della scuola, e Gabriella, una matricola che eccelle nelle materie scientifiche e
che partecipa, quindi, al campionato di
scienza. I due ragazzi, tra una lezione e l’altra, un bacetto e l’altro, si iscrivono ai provini dove verranno scelti i protagonisti del
musical scolastico di fine d’anno, ma dovranno battersi contro la Sharpay e suo
fratello Ryan, da sempre le star degli show
della scuola.
nuto a salutare il compagno
Barabba, sepolto come non si
dovrebbe perché i barboni, i
clochards, quando lasciano
questa terra, invece di portarli
subito all’inceneritore, bisognerebbe onorarli, magari con
un monumento e l’inno di
Mameli, anche se Mameli ha
scritto soltanto le parole…
fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta… e la musica è di Michele
Novaro. Perché i barboni sono
eroi, sì, come Zecca, che clochard si è fatto per vocazione;
ed ora, davanti alle spoglie di
Barabba, saluta l’infamia del
mondo con il gesto dell’ombrello…
Un viaggio tra gli scomparsi
cari, anche se non tutti e non
sempre cari, e quelli che qui
sono rimasti, come noi, magari ancora per poco, corna
facendo. Un viaggio, questa
novità di Franceschi, governato dalla regia rischiarante di
Marco Sciaccaluga, nella scena di Matteo Soltanto, con le
musiche discrete di Andrea
Nicolini, le maschere di Werner Strub, creatore di illusioni.
E il pubblico sta lì, come preso
dal fascino e dal mistero della
morte, ad ascoltare (spesso a
fatica perché i sottovoce sono
frequenti) Vittorio Franceschi.
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Il favoloso Andersen faceva l`amore solo nelle favole