PROVINCIA AUTONOMA
DI TRENTO
Servizio Scuola Materna
Il bambino
e la lingua scritta
Un laboratorio per imparare
a leggere prima di leggere
e a scrivere prima di scrivere
Materiale di documentazione del percorso
di formazione congiunta rivolto a docenti
delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate
e delle scuole elementari della provincia di Trento
Anno scolastico 2001 – 2002
A cura di Maria Luisa Pollam
con la collaborazione di Chiara Vegher e Anna Angelini
Provincia Autonoma di Trento
IPRASE del Trentino
© 2003 by Provincia Autonoma di Trento – IPRASE del Trentino
Tutti i diritti riservati
Prima pubblicazione novembre 2003
Composizione & Grafica: TELESMA – Milano – Italia
Stampa: ROTOOFFSET PAGANELLA s.n.c. - Trento
Il bambino e la lingua scritta
Un laboratorio per imparare
a leggere prima di leggere
e a scrivere prima di scrivere
p. 211; cm 24
ISBN 88 –86602-74-X
INDICE
Prefazione
5
Parte prima QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO
Presentazione
Maria Luisa Pollam
11
Il bambino e i processi di acquisizione
della Lingua Scritta
Franca Rossi
17
Scrivere prima di scrivere,
leggere prima di leggere
Mara Degasperi
21
Il curricolo di lingua
Paola Calliari
27
I disturbi dell’apprendimento
Livia Bonoli
41
Un laboratorio per imparare a leggere prima di
leggere e a scrivere prima di scrivere
Mara Degasperi
57
I testi funzionali
Patrizia Bortolotti
63
Franca Rossi
73
Parte seconda LE ATTIVITÀ NEL LABORATORIO
1. Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Che cosa sanno i bambini della lingua scritta?
Attività progettate nel laboratorio e realizzate con
i bambini
76
2. Attività per avvicinare i bambini alla
lingua scritta
Gli aspetti fonologici della lingua
Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi
93
Rilevare le incongruenze semantiche nel
contesto di una storia
Franca Rossi
102
La produzione di testi scritti nella scuola
dell’infanzia
Franca Rossi
113
La complessità del ruolo dell’insegnante
nell’organizzare e gestire un’attività
Franca Rossi
126
Lavorare con le storie nel laboratorio
Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi 133
Lavorare sulle storie con le sequenze di
immagini
Franca Rossi
140
La conoscenza e la libertà nel laboratorio
Mara Degasperi
149
Punti di attenzione
Patrizia Bortolotti
155
Il punto di vista dei docenti
Maria Luisa Pollam
167
Riflessioni sui lavori dei laboratori
Franca Rossi
173
Franca Rossi
183
Patrizia Bortolotti
195
Parte terza RIFLESSIONI FINALI
Le radici e le ali
Parte quarta LA DOCUMENTAZIONE
La documentazione delle attività
di lingua
Appendice CONTRIBUTI
Quale approccio alla lettura prima di
leggere e alla scrittura prima di scrivere
Bibliografia
209
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Prefazione
Il gruppo tecnico “Continuità materna-elementare” istituito dall’Iprase nel
1993, costituito da rappresentanti della componente sia docente sia direttiva
delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate, della scuola elementare e
della sovrintendenza, ha avuto fin dalla sua nascita come obiettivo principale
quello di individuare modalità e strumenti per favorire il raccordo tra i due
ordini di scuola.
Tra le varie iniziative avviate per sostenere e facilitare tale raccordo, vi è anche l’attivazione di percorsi di formazione congiunta, così come previsto dalla
delibera N. 13057 del 20.11.98 in cui la Giunta provinciale emana le direttive
per la realizzazione della continuità e adotta lo strumento per il passaggio delle
informazioni tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare.
Si ritiene infatti che la formazione congiunta, così come altre azioni - passaggio di informazioni, visite, momenti informativi e di scambio di materiali,
progetti ponte, confronto metodologico e didattico, gestione di spazi comuni,
costruzione di strumenti per l’osservazione e la valutazione, commissioni di
lavoro - ciascuna delle quali tanto più efficace quanto più inserita in un piano
articolato e condiviso di proposte, crei le condizioni per la continuità.
La formazione, infatti, prima ancora che per i contenuti di volta in volta
toccati, è importante in quanto offre spazi di confronto e discussione rispetto
1
a modalità di relazione con il/la bambino/a , stili di insegnamento e di apprendimento, organizzazione degli spazi e dei tempi della didattica, strategie
comunicative, attenzioni pedagogiche e così via al fine di condividere
un’ipotesi educativa e un metodo di lavoro coerente in continuità.
Il bambino che passa da un contesto all’altro ha diritto a una continuità di
metodi, strategie, attenzioni, criteri di valutazione dei risultati, modalità di gestione dell’errore, e ha diritto anche a veder riconosciuta una sua storia, a non
1
D’ora in poi il termine “bambino” verrà utilizzato in questa duplice accezione.
5
PREFAZIONE
6
ripartire ogni volta da zero: su questi elementi è importante che le/gli inse2
gnanti delle due scuole si confrontino e riflettano se si vuole garantire a quel
bambino un percorso unitario e senza fratture che si sviluppi secondo una logica di progressività, essenzialità e continuità, con una specifica attenzione alle
connessioni e ai raccordi.
Per dare risposta a questo tipo di bisogno e di attenzione, l’Iprase, in collaborazione con il Servizio Scuola Materna della P.A.T. e la Federazione provinciale delle Scuole materne, ha attivato, nell’anno scolastico 2001/2002, due
percorsi di formazione mirati alla realizzazione della continuità educativa, il
primo più centrato su una continuità pedagogica, l’altro più su una continuità
curricolare; è stato inoltre attivato un laboratorio – “Il laboratorio dell’arte” in
collaborazione con il MART - mirato al confronto su contenuti, metodi, strategie per affrontare il tema dei linguaggi e dei significati dell’arte.
Nello specifico questi i due percorsi di formazione attivati:
1. “Il bambino tra didattica intenzionale e didattica indiretta”, un percorso mirato all’individuazione e ricerca di pratiche operative coerenti
che tengano conto e valorizzino l’intero percorso formativo del bambino;
2. “Il bambino e la lingua scritta: un laboratorio per imparare a leggere
prima di leggere e a scrivere prima di scrivere”, un percorso interattivo centrato sull’analisi ed approfondimento dei processi di concettualizzazione della lingua scritta in età prescolare.
I tre soggetti promotori intendono, con una serie di volumi, mettere a disposizione dei docenti la documentazione di questi e di eventuali altri percorsi.
Si tratta di materiali che hanno il duplice scopo: di dare una restituzione
del lavoro svolto a quelli che hanno partecipato all’esperienza, di sollecitare
anche in altri una riflessione sulle tematiche affrontate e sulla possibilità di avviare percorsi analoghi nel segno della continuità.
Per questo motivo, accanto alla presentazione delle attività svolte e che costituisce di fatto la memoria di quanto accaduto, sono stati recuperati contri2
D’ora in poi “gli insegnanti” verrà utilizzato per indicare sia la componente femminile sia quella maschile del corpo docente.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
buti utili a dare le ragioni e il senso delle scelte effettuate e, soprattutto, sono
stati ricavati elementi di tipo metodologico che si prestano a una generalizzazione e che come tali si ritiene possano essere utilizzabili anche in altri contesti
e da parte di altri soggetti.
Il gruppo di progettazione si augura che il racconto ad altri di
un’esperienza che per i docenti coinvolti è stata significativa possa attivare
quel confronto e scambio di idee e prospettive che la documentazione rende
possibile, facendo sì che un materiale - patrimonio di alcuni - diventi per altri
strumento di lavoro e generatore di nuove esperienze.
Composizione del gruppo tecnico “Continuità materna-elementare”3
Roberto Fanini
Maria Luisa Pollam
Clara De Boni
Laura Bampi
Funzionario – settore gruppo di studio - rappresentante della Sovrintendenza
Antonella Giurato
Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia provinciale
Coordinatore pedagogico - rappresentante della
scuola dell’infanzia provinciale
Giuseppe Pesenti
Riccarda Simoni
Chiara Vegher
Silvia Cavalloro
Lorenza Ferrai
Lara Gobbi
Danila Moranduzzo
3
Dirigente scolastico - rappresentante della scuola
elementare responsabile del progetto
Insegnante in utilizzo, rappresentante dell’Iprase
e coordinatrice del progetto
O.P.P. - rappresentante della scuola elementare
Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia provinciale
Insegnante di scuola elementare in utilizzo presso
il Servizio Scuola Materna sul progetto continuità
Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia equiparata
Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia equiparata
Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia equiparata
Insegnante scuola dell’infanzia - rappresentante
della scuola dell’infanzia equiparata
Dalla sua costituzione ad oggi il Gruppo tecnico ha subito modifiche nella sua composizione.
7
PARTE PRIMA
QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Presentazione
di Maria Luisa Pollam
Ogni insegnante è consapevole del fatto che il bambino quando arriva a
scuola ha già un suo bagaglio di esperienze e di conoscenze, sa già tante cose;
non è altrettanto scontato che nel progettare le attività l’insegnante riesca a tenerne conto veramente e che conoscere quello che il bambino sa incida sulle
sue scelte metodologiche.
Che cosa può voler dire concretamente tener conto di quello che il bambino già sa e da lì partire? Che cosa può significare nella pratica un percorso coerente e continuo dal punto di vista metodologico?
Il percorso di formazione “Il bambino e la lingua scritta: un laboratorio per
imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere”, che si è
svolto nell’anno scolastico 2001-2002, ha inteso dare risposta proprio a questi
interrogativi, partendo da un ambito in cui più che in altri c’è una tendenza a
partire da zero e a non tener conto del fatto che il bambino, immerso com’è in
un mondo ricco di parole, messaggi, produzioni scritte, ha iniziato un percorso di riflessione e avvicinamento al codice scritto molto prima di arrivare alla
scuola elementare.
Si tratta di un processo di acquisizione del codice che, come gli studi compiuti in questo campo da Ferreiro e Teberosky prima, da altri studiosi italiani
poi, hanno messo in luce, si sviluppa attraverso tappe ben precise, ma che non
avvengono per tutti i bambini nello stesso momento. Bambini della stessa età,
in base anche alla loro esposizione alla lingua scritta, possono trovarsi a livelli
diversi di concettualizzazione, livelli che è utile che l’insegnante conosca per
potersi inserire consapevolmente, utilizzando strumenti e strategie adeguate,
con l’obiettivo ovviamente non di anticipare, ma di favorire tale processo attraverso la creazione di un ambiente stimolante e l’attivazione di proposte che
tengano conto di quella eterogeneità cognitiva che i bambini di una classe
esprimono.
L’articolazione del corso prevede per questo momenti informativi di
approfondimento e sviluppo di questi temi e di confronto tra i gruppi,
alternati a momenti di laboratorio finalizzati alla individuazione di contesti
11
12
PARTE PRIMA
Presentazione
significativi di apprendimento ed uso della lingua da attivare nelle due scuole
nel segno della continuità.
Due i gruppi formati su base territoriale: docenti delle scuole dell’infanzia
ed elementari di Trento e dintorni il primo; docenti delle scuole dell’infanzia
ed elementari di Arco e Riva del Garda il secondo.
In questo volume viene presentata la documentazione del percorso e del
lavoro svolto dai due gruppi che si sono incontrati con cadenza mensile da settembre 2001 a maggio 2002.
Nella parte introduttiva sono raccolti alcuni contributi utili a costruire
quella cornice teorica entro cui inserire le proposte operative fatte nei laboratori.
Nella parte centrale sono raccolte le esperienze fatte nelle diverse scuole a
partire dalle sollecitazioni iniziali e organizzate in due sezioni:
1. le attività proposte per scoprire che cosa i bambini sanno rispetto alla
lingua scritta;
2. le attività che ha senso fare per avvicinare il bambino alla lingua scritta, sia quelle più di routine, sia quelle già conosciute ma proposte in
altro modo, sia infine quelle più nuove. Per entrare nello specifico di
tali proposte, tre sostanzialmente gli ambiti sui quali i due gruppi
hanno lavorato nei laboratori: l’aspetto fonologico, la produzione di
testi scritti, il lavoro con le storie.
Di tutta la documentazione raccolta durante il percorso è stato necessario
fare una selezione; e non è stata cosa facile, data la ricchezza di materiali che i
docenti, che voglio qui ringraziare, hanno messo a disposizione del gruppo e
dell’Iprase.
Per ogni ambito esplorato sono stati inseriti soltanto alcuni esempi ritenuti
utili a far comprendere la complessità e la potenzialità nello stesso tempo della
proposta.
Nella parte finale, la rilettura dell’esperienza di laboratorio proposta da Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi e la riflessione sui lavori da parte di Franca
Rossi aiutano a ricostruire il percorso e a ritrovarne il senso.
Si è voluto inoltre dedicare uno spazio specifico alla documentazione, così
da fornire alcune indicazioni su come si documenta un’attività di lingua, che
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
cosa si documenta, per chi, con quale scopo e, soprattutto, su come fare per
ricostruire il processo e non soltanto restituire un prodotto.
L’augurio è che tali materiali possano prima di tutto aiutare i docenti coinvolti a mantenere traccia dell’esperienza per molti aspetti innovativa che essi
hanno fatto e a continuare su una strada di ricerca; in secondo luogo sollecitare anche in altri una riflessione su che cosa significhi creare contesti educativi
coerenti capaci di porsi in continuità e complementarità con le esperienze che
il bambino ha già fatto.
Scheda di presentazione del corso
“IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA”
Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere
Corso di formazione per insegnanti delle scuole dell’infanzia ed elementari
promosso da I.P.R.A.S.E. del Trentino, Servizio Scuola Materna della P.A.T. e
Federazione Provinciale Scuole Materne, Trento.
Problema specifico individuato
Tutta la complessa problematica inerente alla nuova definizione del sistema
scolastico impone una riflessione sia sul curricolo, sia su che cosa significhi
creare contesti educativi coerenti e capaci di porsi in continuità e
complementarità con le esperienze che il bambino ha già fatto. Di qui la
proposta di un percorso di formazione che, partendo da un approfondimento
su quelli che sono i processi di acquisizione della lingua scritta, si sviluppi
attraverso la ricerca di contesti significativi di apprendimento ed uso della
lingua.
Percorso di formazione
La proposta prevede una giornata seminariale iniziale in cui affrontare il tema
dell’approccio del bambino alla lingua e delle competenze da costruire. A
partire da questi input iniziali verrà attivato un laboratorio in cui gruppi misti
di insegnanti lavoreranno alla progettazione di esperienze significative di
incontro con la lingua negli anni ponte.
13
14
PARTE PRIMA
Presentazione
Programma della giornata seminariale iniziale:
09.30 – 10.30 Il bambino e i processi di acquisizione della lingua scritta,
Franca Rossi
10.30 – 11.30 I disturbi dell’apprendimento, Livia Bonoli
11.30 – 12.30 Il curricolo di lingua negli anni ponte, Paola Calliari e Mara
Degasperi
Esperienze significative di incontro con la lingua, Patrizia BorPomeriggio
tolotti e Mara Degasperi
Progettare in laboratorio, Paola Calliari e Mara Degasperi
Mattino
Seguiranno 6 incontri laboratoriali di 2h e 30’ ciascuno per un totale di 15 ore
in date da concordare con il gruppo. Alla fine del percorso è previsto un
incontro di 3 ore per la verifica e valutazione finali.
Sede del corso: Liceo classico “G. Prati” per la giornata iniziale
Direttore del corso: Maria Luisa Pollam
Èquipe di formazione: Livia Bonoli, psicologa, Bologna, Paola Calliari, docente di pedagogia, Liceo Psicosociopedagogico, Trento, Franca Rossi, Facoltà
di Psicologia – Università La Sapienza, Roma, responsabile di sezione di “Infanzia e lingua scritta” - www.infantiae.org, Mara Degasperi, insegnante in
pensione, formatrice Iprase, conduttrice di laboratorio, Patrizia Bortolotti, insegnante di scuola elementare, formatrice Iprase, conduttrice di laboratorio.
Referenti per il gruppo tecnico: Clara De Boni, Lara Gobbi, Chiara Vegher.
Composizione dei gruppi
Gruppo n. 1: Riva del Garda Conduttrice: Patrizia Bortolotti
Elenco docenti
Bones Caterina
Lorenzi Lorenza
Pedroni Lina
Rosà Manuela
Zampiccoli Milena
Veronesi Sandra
Dapor Mariangela
Miorelli Teresa
Petrolati Lorella
Rosà Lidia
Rosà Paola
Sartori Franca
Tipo di scuola
Scuola dell’infanzia equiparata
Nome della scuola
Circolo di Riva
Bolognano
Riva Giardino
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Brighenti Carmen
Marcocini Nicoletta
Salvo Rosalba Maria
Secchi Mariagrazia
Angeli Maria
Chisté Maria Teresa
Bertamini Lorenza
Zanfei Serena
Gabrielli Silvana
Patuzzi Daniela
Borelli Silvia
Varone
Cavedine
Scuola elementare
I.C. Arco
I.C. Riva I
I.C. Riva II
Gruppo n. 2: Pergine Conduttrice: Mara Degasperi
Elenco docenti
Martini Maria Grazia
Vitale Maria Grazia
D’Alpaos Daniela
Fedel Rosella
Dal Col Lorena
Ioriatti Rita
Corradini Marilena
Lorenzi Riccarda
Nordio Marialina
Panizza Carmela
Ravanelli Miriam
Vigliotti Maria
Zeni Anita
Bortot Alberta
Mattarei Bruna
Cristelloni Bruna
Dallapiccola Rosanna
Missaglia Beatrice
Dematté Antonella
Filippi Coralba
Pellegrini Elisabetta
Tipo di scuola
Scuola dell’infanzia provinciale
Nome della scuola
Rizzolaga
Miola
Baselga
Scuola dell’infanzia equiparata
Trento Pedrotti
Pergine
Scuola elementare
Faver
I.C. Trento 3
I.C. Altopiano di Piné
I.C. Pergine 1
I.C. Cembra
15
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Il bambino e i processi di acquisizione
della Lingua Scritta
di Franca Rossi
Lo scopo del mio intervento è quello di condividere alcune riflessioni sulle
modalità di apprendimento del codice della lingua scritta, in che modo il
bambino che non sa scrivere scopre e si appropria delle regole di funzionamento del nostro sistema di scrittura.
Tradizionalmente l’apprendimento della scrittura nel contesto scolastico
ha segnato la divisione di “compiti” tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare; mentre alla prima si è chiesto di sostenere lo sviluppo dell’oralità, alla seconda si è chiesto soprattutto di garantire l’apprendimento della lettura e
della scrittura.
Tale separazione, oggi per fortuna non più così netta, a volte ha dato luogo
a equivoci; infatti la scuola dell’infanzia quando si è occupata
dell’insegnamento/apprendimento del codice scritto lo ha fatto ponendo attenzione soprattutto ai prerequisiti di carattere percettivo. Si pensi a tutte
quelle attività proposte che hanno l’obiettivo di sviluppare la coordinazione
oculo-manuale o le abilità di discriminazione visivo-uditiva. Si tratta sì di aspetti importanti che vanno considerati in un progetto di educazione linguistica, ma che, alla luce delle ricerche condotte negli ultimi venti anni da Emilia
Ferreiro e Ana Teberosky, hanno acquisito un ruolo di secondo piano per lasciare posto a fattori di tipo più cognitivo.
Le due studiose hanno analizzato le scritture spontanee di bambini tra i tre
e i sei anni, con un livello socioculturale basso. L’analisi delle scritture spontanee, prodotte autonomamente dai bambini, ha fornito informazioni preziose
che hanno contribuito a cambiare il nostro modo di intendere il percorso di
apprendimento che un bambino compie per arrivare alla scrittura convenzionale.
Ogni bambino, anche se non sa scrivere in modo convenzionale, ha delle
conoscenze sul codice, molto prima che la scuola inizi l’insegnamento formale.
17
18
PARTE PRIMA
Il bambino e i processi di acquisizione
della Lingua Scritta
Le idee che i bambini si costruiscono
autonomamente a proposito del codice
sono molto interessanti, sono idee dotate
di una forte coerenza, basate su ipotesi e
ragionamenti rigorosi che hanno una
importante implicazione educativa.
È fondamentale, quindi, creare le
condizioni, mettere in grado i bambini di
esprimere queste idee avendo, però, uno
strumento di osservazione che colga le
loro ipotesi e che sia efficace per differenDisegno n. 1
ziare la “lettura” adulta delle scritture
spontanee. L’ipotesi Ferreiro e Teberosky era che le scritture spontanee non
fossero un prodotto casuale, ma il prodotto di ipotesi e regole ben precise che i
bambini stanno utilizzando. Essi infatti si chiedono “che cosa rappresenta la
scrittura? Come lo rappresenta?”.
Le diverse risposte che un bambino elabora a queste due domande caratterizzano i diversi livelli di concettualizzazione della lingua scritta.
Come riconoscere i diversi livelli di concettualizzazione sulla lingua scritta?
Raccogliendo e incrociando due informazioni:
a)
b)
le scritte spontanee dei bambini;
le modalità di lettura delle scritte stesse.
Il primo livello è quello presillabico, comprende scritture
con modalità diverse tutte caratterizzate dal fatto che la quantità
di segni grafici utilizzati non ha
alcuna relazione con la quantità
dei suoni della parola. Sono
scritture presillabiche anche
quelle nelle quali i bambini utilizzano uno pseudocorsivo, come fa Ester, disegno n.1, nella
scrittura della parola BAMBINA.
Disegno n. 2
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Per Alfonso, disegno n. 2, la
scrittura di parole diverse va differenziata, infatti utilizza una
lettera diversa per ogni nome.
In altri casi i bambini utilizzano il criterio della variazione
interna, come fa Daniele, disegno n. 3, che ricorre alla strategia di utilizzare lo stesso repertorio di lettere che vengono
combinate in modo diverso in
ogni nome da scrivere.
Nel passaggio al livello di
Disegno n. 3
concettualizzazione ulteriore,
quello sillabico, il bambino cerca di rendere nella scrittura la lunghezza sonora
della parola, cercando una corrispondenza tra lettere (grafemi) e suoni, in
questo caso le sillabe. Come nell’esempio di Luca, disegno n. 4, che all’inizio
per scrivere la parola CAPRA utilizza sei grafemi (TCLAEU),
quando rilegge gli avanzano dei
segni e chiede di correggere e
scrive TLC ma, nella rilettura gli
avanzano ancora una lettera e allora nella terza scritta (TCLA) ne
aggiunge una.
La consapevolezza sillabica si
consolida in questo modo fino ad
arrivare a una scrittura in cui si
controlla il numero di sillabe. A
volte la scrittura sillabica è convenzionale sulle vocali come
nell’esempio che segue:
Scrittura A E
Lettura pa ne
Disegno n. 4
19
20
PARTE PRIMA
Il bambino e i processi di acquisizione
della Lingua Scritta
Interessante è l’esempio di Matteo un bambino che a dicembre, quando ha
3 anni e 8 mesi scrive AA e legge in modo sillabico ca-sa, mostrando un livello
di concettualizzazione sillabico. Cinque mesi dopo utilizza con maggiore sicurezza la sua ipotesi sillabica tanto che si permette di non essere convenzionale
pur di risolvere il problema che parole diverse (casa e fata) non possono essere
scritte in modo uguale, infatti per scrivere fata prima traccia una A, poi mi
guarda e mi dice “un’altra A?”, gli rispondo “fai tu” e lui “sii, FATA e CASA uguale!?” e per scrivere fata traccia
AC e legge fa-ta.
Nel passaggio al livello sillabicoalfabetico i bambini cominciano a utilizzare lettere che stanno per fonemi,
alternando una lettura sillabica con
una fonetica come nel caso di Simone
(disegno n. 5).
Disegno n. 5
L’ultimo livello di concettualizzazione è quello alfabetico nel quale i bambini concettualizzano che nella scrittura si scrivono i suoni delle parole, ovvero i fonemi. Anche se non si tratta di
scritture convenzionali il bambino ha ormai capito la regola sulla quale si basa
l’uso del nostro sistema di scrittura, ovvero un segno per ogni suono. È solo da
un livello di concettualizzazione di questo tipo che si può iniziare con
l’insegnamento/apprendimento delle lettere convenzionali, dell’alfabeto.
Prima di iniziare qualsiasi approccio al codice, infatti, risulta essenziale
porsi il problema di rendere visibili i livelli di concettualizzazione raggiunti dal
bambino.
Negli incontri di laboratorio che voi avrete, le vostre conduttrici avranno
appunto il compito di fornire indicazioni e strumenti per questo tipo di verifica.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere
di Mara Degasperi
Il titolo rende bene il senso e il contenuto del mio intervento.
Io approfondirò infatti in modo più concreto e operativo il problema
dell’approccio alla lingua scritta, soffermandomi in quell’area delicata e per
certi versi decisiva in cui intenzionalmente la scuola – dell’infanzia ed elementare – si propone di avvicinare i bambini alla forma comunicativa che utilizza
come mezzo il codice scritto, in maniera organizzata e con interventi strutturati mirati allo scopo, immettendo nelle situazioni della vita quotidiana occasioni nuove, in cui le attività di scrittura e lettura sono vissute come necessarie,
funzionali al gioco, alla soluzione di problemi, alla vita di relazione ….
Il momento è delicato e decisivo, perché fonda gli atteggiamenti successivi
nei confronti di tutto ciò che ha a che fare con la parola scritta: inizialmente, è
fondamentale procedere senza anticipazioni, che mortificherebbero il lavorio
mentale di scoperta e di costruzione. È molto più produttivo valorizzare le conoscenze che i bambini già posseggono e le teorie sulla lingua che hanno elaborato dall’esperienza; è altresì importante approntare un ambiente di stimoli
linguistici ricco e diversificato, che affondi nel mondo fertile delle relazioni,
dell’ascolto e del racconto di sé, facendo percepire la lingua come un’ulteriore,
ricca possibilità di esplorazione della realtà, di crescita e di scambio.
Le proposte che verranno fatte in laboratorio, come le osservazioni, saranno forse diverse - almeno in un primo momento - da quelle che forse qualcuno potrebbe aspettarsi; infatti non si parlerà mai di attività che si pongono direttamente come obiettivo primo l’accesso al codice, cioè l’apprendimento
delle lettere, della scrittura strumentale e della lettura/decifrazione come conquiste a sé stanti. Anche se codice e avvicinamento al codice fanno parte ormai
sia di quanto la scuola dell’infanzia può fare, ma per altre vie come vedremo,
sia del percorso iniziale del primo anno della scuola elementare, con alcuni distinguo e attenzioni di cui parlerò in seguito.
L’argomento in discussione, che costituisce anche il problema da risolvere,
è che la competenza di lettura e scrittura va ben oltre il saper leggere e il saper
21
22
PARTE PRIMA
Scrivere prima di scrivere,
leggere prima di leggere
scrivere inteso come acquisizione corretta del codice. Anzi, può portare a spiacevoli sorprese separare, distinguere anche temporalmente i due aspetti
dell’accesso al codice (significante) e della comunicazione di significati, e cedere all’impulso di affrettare il primo, per poter poi agevolmente utilizzarlo come strumento di espressione, oppure, come pensava una certa didattica tradizionale, per semplificare le cose ai bambini.
Se infatti nella scuola, dalle elementari in su, sono rari i bambini e i ragazzi
che non acquisiscono nel tempo gli strumenti della lettura e della scrittura,
sono purtroppo molto più numerosi gli alunni che del codice non sanno che
farsene: di fronte a un foglio bianco, a un libro, non si accende il corto circuito
della curiosità intellettuale o la voglia di addentrarsi in storie che forse li riguardano o la sfida a misurarsi con i propri pensieri o il proprio immaginario.
Forse perché non lo sanno fare ….. perché non si sono costruiti le abilità per
poterlo fare. Perché codice e senso hanno subito esperienze precoci di separatezza, di esistenza autonoma.
In questo senso, ritornando al tema della relazione, è possibile per i bambini leggere prima di leggere, scrivere prima di scrivere, se gli insegnanti a questa
espressione fanno corrispondere un contesto organizzativo ricco e denso in
cui i bambini siano portati a sviluppare con naturalezza, assieme alle abilità
specifiche disciplinari, altre abilità/bisogni inscindibili come l’ideazione, il riferirsi alle proprie esperienze ed emozioni, la pianificazione, l’ipotizzare e
l’inferire, il saper selezionare parole e strutture per adeguare la comunicazione
a scopi e destinatari, il sapersi decentrare dal contesto dialogico della situazione reale. A tale proposito, mi sembra indicativo sintetizzare il “modo” giusto
di progettare l’azione didattica con le parole di una bambina di quinta: “A me
piace fare le cose quando hanno un segreto e un cuore”.
Ho letto in questa espressione le due indicazioni di fondo, sostanziali, della
didattica cognitiva: i bambini (ma per gli adulti le cose non vanno diversamente) apprendono in situazioni problematiche (perché hanno un “segreto”
da scoprire) e in condizioni ritenute significative, per i contenuti, per le possibilità di relazione (la motivazione sociale/affettiva, il “cuore”).
Parafrasando Francesco Tonucci, che è sempre decisamente dalla parte dei
bambini, se volessi condensare in uno slogan il percorso di acquisizione della
lingua, utilizzerei la frase: “Bambini si nasce, “scrittori” si diventa”; mi sembra
il titolo di un programma insieme ottimista e impegnativo, perché consegna
alla scuola la possibilità, a certe condizioni, di emancipare tutti gli alunni
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
dall’analfabetismo rispetto alla competenza di saper far uso della lingua a seconda delle proprie esigenze.
Per concludere:
Codice e senso vanno tenuti uniti: sono però il senso, i significati, le situazioni che rendono necessario il ricorso al codice: i bambini apprendono a scrivere e leggere per la troppa curiosità di sapere cosa dice una cartolina a loro
indirizzata, per la voglia di comunicare qualcosa a una compagna ammalata,
per il piacere di leggersi da soli le storie, o di leggerle ai fratellini, per preparare
una festa dove la parola scritta fa parte del copione ….
Non è che la scuola dell’infanzia debba cambiare molto le proprie offerte: giochi di finzione, di imitazione, lettura di storie, raccontarsi, momenti
della quotidianità, disegno, visione di cartoni animati, manipolazione e costruzione di oggetti …. va tutto bene, la scuola dell’infanzia ha assorbito la necessità di organizzare la giornata secondo i bisogni dei bambini; l’importante è
che tutte queste cose usuali siano ri-proposte con una regia consapevole e lungimirante, e strutturate in modo da sviluppare più potenzialità. Comprese abilità che stanno alla base della lettura e della scrittura.
La scuola elementare sta già rivedendo certi suoi modi troppo “scolastici” e
troppo precocemente mirati agli apprendimenti strumentali: soprattutto nel
primo periodo, credo che lo scambio di competenze e di atteggiamenti fra insegnanti dei due livelli in un’ottica di un’unica “scuola di base”, possa sortire
trasformazioni e soluzioni efficaci e orientate sia alla continuità che alla necessaria dis-continuità, nel rispetto dei bambini che, nella crescita e nel giusto desiderio/bisogno di nuovo e di sempre più complesso, hanno anche necessità di
permanenze e stabilità.
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PARTE PRIMA
Scrivere prima di scrivere,
leggere prima di leggere
Attività possibili
Ascoltare i bambini, accogliere i loro punti di vista
Le teorie sulla lingua
A cosa serve leggere?
A cosa serve scrivere?
Conoscenze sull’uso della lingua: soluzione di situazioni problematiche in cui
la risposta del bambino indica il grado di consapevolezza circa l’uso funzionale
della scrittura.
Cosa è per leggere?
I criteri di leggibilità secondo i bambini.
Avvicinamento al codice
Uso funzionale, come consuetudine, della scrittura: il cartellino del proprio
NOME da prendere ogni mattina, la data, cartelli sugli angoli strutturati (non
inutili, devono ricordare una decisione, una scadenza, un’abitudine …) cartello degli assenti, menù, osservazioni sul tempo … senza forzare, senza entrare nell’analisi, accettando ragionamenti che si confrontano con quelli dei
compagni e si ripetono (evolvendosi) nel tempo …
sensibilità fonologica:
• attività diffusa, pervasiva (ad esempio: i giochi fonologici come
scherzetti quotidiani: Apri la torta! O nonsense: Abri la norta!)
• giochi fonologici mirati, cioè strutturati in modo da focalizzare
gli aspetti fondamentali della consapevolezza fonologica.
L’oralità e l’emancipazione dall’oralità
Giochi di finzione: cosa fai? Mi racconti?
Verbalizzazione, disegno e racconto da parte dei bambini/scrittura
dell’insegnante sotto dettatura (motivazione, decentramento).
La narrazione: C’era una volta …. (emancipazione dal contesto).
Le storie: l’insegnante che aiuta a saldare i “foglietti sparsi” delle esperienze.
Ti ricordi: (connettori di spazio e tempo/relazioni causa effetto/logiche narrative: scopi, rapporti fra persone … piani … macrostrutture narrative).
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Attività specifiche, mirate
Scrittura
Lettura di immagini problematiche.
“Testo narrativo”.
Invenzioni di storie Æ storie di disegni.
Corrispondenza.
Testi funzionali: avvisi, ricette, sequenze di gioco, liste immaginarie, percorsi..
Lettura
Lettura dell’insegnante Æ tipologia di libri variata (quotidianità,
immaginazione, imprevisti, come è fatto il mondo, gli script, le relazioni,
grammatica dei sentimenti: la gelosia, la rabbia, l’amicizia, la paura ……..).
Lettura per finta da parte dei bambini.
Rilettura di storie, esperienze, scatole di fiabe di cui l’aula conserva memoria
artelli che compaiono all’improvviso o che cambiano di posto.
Lettura anticipativa di significati (gioco del negozio, le scatole,
corrispondenza, cartelli stradali …..).
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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Il curricolo di lingua
di Paola Calliari
Considerato che mi rivolgo a insegnanti sia della scuola dell’infanzia che
della scuola elementare, inizio il mio intervento con un breve riferimento ai
programmi dei due diversi gradi di scuola. Credo sia importante sottolineare
quanto viene indicato già nella normativa a proposito della continuità nell'apprendimento della lingua: si tratta di saper cogliere questo aspetto, di valorizzarlo e, soprattutto, di attuarlo.
In un secondo momento vorrei parlare dei presupposti teorici. Conosciamo bene gli studi di psicolinguistica e sappiamo che il nostro grande maestro
rimane sempre Piaget, ma segnalerò alcune rivisitazioni che, negli ultimi decenni, sono state apportate alle teorie piagetiane, anche con qualche accento
critico (come è giusto che sia, d'altra parte, perché una teoria non è mai perfetta e in sé conclusa) al fine di mostrare come questo discorso dell'approccio
alla lingua scritta vada inserito in un contesto più ampio, di approccio alla
formazione complessiva del bambino, che deve tener conto appunto del suo
processo di sviluppo globale.
Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, nella nostra Provincia, abbiamo
sia gli Orientamenti nazionali che quelli provinciali.
Gli Orientamenti nazionali sono suddivisi in quattro parti:
1. La prima parte di carattere introduttivo INFANZIA, SOCIETÀ, EDUCAZIONE considera le trasformazioni sociali in atto, la condizione dell'infanzia e della famiglia (consideriamo che sono già di 10 anni
fa), i diritti dei bambini e gli ambienti educativi in cui vive.
2. La seconda parte IL BAMBINO E LA SUA SCUOLA mette in evidenza
le finalità fondamentali della scuola dell’infanzia, che sono la maturazione dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo della
competenza.
3. La terza parte fornisce indicazioni curricolari sui CAMPI DI ESPERIENZA EDUCATIVA, proprio perché l'approccio nella scuola
dell’infanzia (ma questo verrà poi sottolineato anche per il I biennio
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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua
della scuola elementare) non deve essere assolutamente disciplinare,
ma legato alla realtà concretamente vissuta. Il bambino si trova in uno
stato di crescita globale, perciò i vari aspetti non possono essere settorializzati; è comunque importante incominciare a individuare dei
campi, che vengono denominati “il corpo e il movimento”, “lo spazio,
l'ordine e la misura”, “le cose, il tempo, la natura”, “messaggi, forme e
media”, “il sé e l'altro” e “i discorsi e le parole”, quest’ultimo ci interessa particolarmente in questa sede.
4. L’ ultima parte tratta gli aspetti didattici e organizzativi.
Negli Orientamenti provinciali vengono individuati tre grandi ambiti: LA
COMUNICAZIONE, L’AZIONE E LA CONOSCENZA, IL PENSIERO E LA
REALTÀ.
L’ambito relativo alla comunicazione esamina: l’educazione ai linguaggi
verbali, l’educazione ai linguaggi del suono e della musica, l’educazione ai linguaggi del corpo, l’educazione ai linguaggi visivi, grafico-pittorici,
l’educazione ai linguaggi audiovisivi e multimediali.
In entrambi i testi (nazionali e provinciali) è richiamata l'esigenza di porre
attenzione alla storia precedente del bambino. “Al suo ingresso nella scuola
dell’infanzia il bambino ha già una sua storia personale, che lo ha condotto a
possedere un complesso patrimonio di atteggiamenti, di capacità ed orientamenti. Egli appare un soggetto attivo, curioso, interessato a conoscere, a capire, capace di interagire con gli altri e di servirsi della loro mediazione per conoscere e modificare la realtà” (dagli Orientamenti nazionali).
Si sottolinea molto la necessità di passare dall'azione al simbolo “Lo svilup-
po cognitivo partendo da una base percettiva, motoria e manipolativa, si articola progressivamente in direzioni sempre più simboliche e concettuali”.
Nella scuola dell’infanzia, nel primo ciclo delle elementari, ma anche nelle
classi successive non dobbiamo mai dimenticare che l'intelligenza è figlia dell'azione, come affermava Piaget.
Vorrei ora richiamare velocemente il documento che era stato preparato
per la riforma dei cicli scolastici. Anche se la riforma non è stata approvata,
credo che alcuni aspetti sottolineati nel testo siano sicuramente condivisibili e
degni di attenzione. Anche qui viene ribadita l'esigenza di favorire la continuità in questa fase delicata dello sviluppo, l'opportunità di considerare questo
percorso formativo come qualcosa di unitario, che deve avere una sua pro-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
gressione. Infatti nel documento, dove si parla del curricolo della scuola
dell’infanzia, si riprende e si avvalora pienamente quanto era già stato
affermato negli Orientamenti nazionali.
Si legge: “…seguendo il cammino tracciato dagli Orientamenti del 1991, il
curricolo della scuola dell’infanzia si pone essenzialmente come ricerca integrata dei criteri, dei contenuti e dei modi per organizzare la conquista di conoscenza da parte delle bambine e dei bambini” e poi prosegue “bisogna interpretare in modo progressivo, processuale, organico e coerente le correlazioni
esistenti tra i modi di apprendere del soggetto in crescita, le strategie e i contenuti della conoscenza postulata dai diversi campi disciplinari e le competenze
specifiche”. Riprende ancora il discorso dei campi di esperienza, sottolineandone la validità dal punto di vista psicopedagogico e didattico ribadendo che i
traguardi formativi per i bambini dai 3 ai 6 anni all'interno dei singoli campi
di esperienza, devono essere considerati la mappa del percorso formativo da
promuovere nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola di base. È necessario tenere sempre sullo stesso livello il piano affettivo, sociale, intellettivo,
che non possono essere divisi, perché sono aspetti interconnessi e diventa un
compito specifico della scuola tener presente l’unitarietà dello sviluppo.
Questa impostazione esclude che gli obiettivi formativi della scuola
dell’infanzia vengano espressi in termini di contenuti di apprendimento, aree
o aspetti del sapere che vanno trasmessi, “essi vanno invece concepiti ed e-
spressi nella forma di atteggiamenti e capacità che si vogliono sollecitare,
promuovere e affinare”. Questo punto è rilevante e ripreso da più parti nel
documento; si tratta di promuovere atteggiamenti e non ancora di trasmettere
saperi, di capire quello che c'è nella mente del bambino, prima di proporgli
delle conoscenze e questo vale anche a proposito dell'apprendimento della lingua scritta come viene ben sottolineato nell’intervento della dottoressa Rossi.
Ancora: “la crescita della soggettività del bambino, il suo divenire sociale, le
capacità intellettuali, quali la rappresentazione, il pensiero, la risoluzione di
problemi, hanno luogo secondo un processo che non può essere promosso per
compartimenti stagni, ma proponendo situazioni di esperienza che coinvolgono emotivamente bambini e bambine, che sollecitino la loro mente, che li
spingano a immaginare e a riflettere, che li invitino a socializzare, condividendo con gli altri i frutti delle loro elaborazioni”. La modalità didattica di organizzare dei piccoli gruppi in cui i bambini si possano confrontare in un contesto di operatività sociale è ampiamente sollecitata in questo documento.
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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua
I tre traguardi di sviluppo indicati dagli orientamenti, che sono “la maturazione dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo delle competenze” vanno ripensati come frutto di un percorso nel quale a ogni bambina e
bambino si offrono situazioni significative di esperienza scelte in modo opportuno. A tutti deve essere data la possibilità di esprimere la propria soggettività
e, progressivamente, di governarla così da sviluppare la maturazione della
propria identità, di interagire, comunicare con gli altri in maniera sempre più
efficace, rafforzando così la conquista dell'autonomia e lo sviluppo delle abilità
sensoriali, percettive, motorie, linguistiche e intellettive che si impegnano nelle
prime forme di riorganizzazione dell'esperienza.
Riguardo alle competenze e ai traguardi, vengono sottolineati soprattutto
tre aspetti:
1. la capacità di esprimere e dare forma al mondo interno attraverso un
linguaggio simbolico, evocativo di realtà immaginarie: questo “è un
primo aspetto irrinunciabile dello sviluppo del bambino dai 3 ai 6 anni. Tale capacità si esprime nel gioco del far finta, nel disegno, nella
narrazione, nella costruzione di realtà immaginarie e opera anche nella elaborazione di ipotesi e delle prime teorie sul mondo”.
2. “Deve essere data la capacità di esprimersi verbalmente per sollecitare
le reazioni altrui, ma anche per condividere con altri emozioni, pensieri, ricordi per renderli partecipi della propria esperienza, per creare
mondi immaginari, per collegare concetti e conoscenze. È una competenza fondamentale che va acquisita e affinata nella scuola
dell’infanzia, in quanto costituisce uno strumento essenziale di acquisizione di un senso del sé in relazione all'altro da sé e di interazione
sociale”.
3. Un'altra capacità fondamentale è quella di saper “tener conto del punto di vista dell'altro, nell'azione e nella comunicazione e costituisce un
terzo aspetto irrinunciabile dello sviluppo, alla base di qualsiasi forma
di interazione sociale”.
Prima ho parlato di alcune rivisitazioni anche critiche alle teorie piagetiane
e una di queste è riferita alla teoria dell'egocentrismo. Alcuni studi effettuati da
post piagetiani affermano che il bambino è in grado, molto prima di quanto
ipotizzato da Piaget, di tener conto del punto di vista dell'altro, se la situazione
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
in cui si trova è ricca dal lato affettivo, emotivo e motivazionale. È perciò da
rivedere l'elemento contestuale in cui le attività sono inserite. Il contesto in cui
si propone una attività è infatti fondamentale anche per l'esito stesso della attività.
Ritengo importante riprendere il documento sopra citato e sottolineare che
il curricolo deve essere “flessibile e contestualizzato”; deve essere “libero da ri-
gidità disciplinari, esso non si risolve in una scansione predeterminata di obiettivi e contenuti settorializzati, definiti e confezionati astrattamente, vale a
dire a prescindere dai vissuti e dalle esperienze, dall'identità personale e culturale di ogni bambino e dalle specifiche condizioni ambientali. Al centro del
progetto educativo della scuola dell’infanzia vi sono quindi gli alfabeti del vivere, del pensare, del comunicare, del riflettere insieme, dell'esprimersi, del
rappresentare tramite i diversi linguaggi della cultura. Nella scuola di base, e
nei primi due anni in particolare, si tratta di porsi in continuità con un curricolo che muove dal contesto sensoriale e percettivo, in cui il bambino esplora
ed agisce a contatto diretto con gli oggetti, con i materiali e con le persone”.
“La scuola di base” - questo è rivolto soprattutto agli insegnanti che accolgono
i bambini provenienti dalla scuola dell’infanzia - “deve muovere dalla consapevolezza che nel ciclo precedente il contesto educativo ha già promosso nei
bambini un primo momento di riorganizzazione delle esperienze tramite la
ricontestualizzazione dei vissuti, la creazione di condizioni che hanno favorito
l'evoluzione delle esperienze spontaneamente prodotte dai bambini in esperienze culturali, favorendo dunque un progressivo passaggio dall'esperienza
diretta verso la sua rappresentazione, dal contesto al testo, dall'uso diretto dei
linguaggi della cultura verso la comprensione dell'esistenza e di codici formalizzati. In tale ottica porsi in continuità nella costruzione degli itinerari curricolari, significa riuscire a non separare le diverse dimensioni dello sviluppo, a
sollecitare percorsi che non siano rivolti esclusivamente ora al settore cognitivo ora alla sfera socio-affettiva, ma considerati parallelamente. Lo sviluppo
dell'intelligenza è un processo che si alimenta con l'affettività e la passione del
conoscere, nelle situazioni di scambio, di relazione con l'altro, nella condivisione di significati affettivi, simbolici e culturali da attribuire alle esperienze”.
Penso che queste indicazioni siano del tutto condivisibili. Pertanto si può
affermare che nei documenti programmatici ufficiali o meno vengono sottolineati aspetti fondamentali che vanno raccolti e realizzati. Particolarmente significativo l’invito a tener conto della continuità dello sviluppo come processo
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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua
globale, del ruolo importante del contesto e della necessità di partire da esprienze concretamente vissute dai bambini.
I riferimenti teorici sono gli studi psicolinguistici, il grande maestro rimane
Piaget, ma di recente sono state individuate altre possibili modalità di lettura
del suo pensiero riguardante il percorso cognitivo compiuto dal bambino.
Una di queste nuove teorie parla di onde evolutive, anziché di stadi evolutivi, togliendo forse quella rigidità che qualcuno ha letto negli studi di Piaget,
dove sembrava che passato uno stadio, venisse quasi dimenticata e annullata
tutta l'esperienza precedente. Mi riferisco a Gardner, conosciuto soprattutto
per il suo testo “Forma mentis”, secondo cui esistono diverse forme di intelligenza. Tradizionalmente si considerava intelligenza quella misurabile con il QI
classico, cioè quella scolastica (linguistica, logica e matematica). Oggi non tutti
la pensano così e Gardner è tra questi. Attento alla pluralità delle manifestazioni dei bambini, Gardner ipotizza l'esistenza di altre forme di intelligenza
(non solo nei bambini chiaramente, ma anche negli adulti) e il compito dell'insegnante, che ha la preoccupazione educativa, è quello di farle emergere
tutte, di farle fiorire. È un compito certamente non facile, però è fondamentale
che l'insegnante abbia la consapevolezza che un bambino, che ad esempio ha
dei problemi a livello di concettualizzazione logica, può aver altre risorse. È
importante avere sempre un atteggiamento di apertura, di fiducia, di positività, anche laddove ci sono dei limiti: in fondo è questo il compito dell'educatore, vedere sempre le risorse in positivo e aiutare a superare le difficoltà, dove
possibile.
L'ipotesi di Gardner è interessante proprio per questo, perché apre questa
possibilità. Lui parla, oltre che di intelligenza linguistica e logico-matematica,
anche di intelligenza musicale, spaziale, corporeo-cinestetica, interpersonale
(ad esempio, alcuni bambini manifestano precocemente la capacità di avere
attenzione per l'altro, di preoccuparsi per lui, di ascoltarlo, e hanno la capacità
di porsi in relazione positiva con l'altro), intrapersonale (cioè la capacità, che
forse è quella più difficile anche per gli adulti, di conoscere se stessi e di saper
analizzare la propria interiorità). Gardner apre delle nuove prospettive.
Sintetizzo ora le cosiddette onde evolutive di cui parla Howard Gardner.
L'immagine dell'onda dà l'idea di qualcosa che può andare avanti, ma che può
anche recedere e contaminare altri ambiti di conoscenza, dà un senso di fluidità; e così è per il bambino, che può avere dei progressi in un certo ambito, regredire in un altro e poi ritornarci sopra, c'è flessibilità.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Il passaggio che il bambino compie dall'azione al simbolo avviene per gradi
successivi.
•
La prima onda di simbolizzazione, quella di STRUTTURAZIONE
DEGLI EVENTI E DEI RUOLI, ha luogo quando il bambino, tra i 18
mesi e i due anni, diventa capace di esprimere in simboli la propria
consapevolezza del fatto che ci sono degli eventi che implicano degli
agenti, delle azioni, degli oggetti e hanno delle conseguenze. Qui si
situa l'origine della capacità simbolica, che prende forma nel linguaggio e nel gioco simbolico, nell'imitazione differita nel tempo di
attività che il bambino ha visto fare e che non sono più presenti ai
suoi occhi. Il bambino a questo punto è già capace di pensiero rappresentativo.
• La seconda onda di simbolizzazione è quella di RILEVAMENTO
TOPOLOGICO. Attorno ai tre anni il bambino diventa capace di riprodurre le relazioni spaziali di dimensione e di forma di un referente del mondo reale.
• La terza onda è quella di RILEVAMENTO DIGITALE. Gardner mette l'accento sul fatto che a quattro anni di età i bambini sviluppano
un particolare interesse a contare: sanno contare esplicitamente un
insieme di oggetti, vogliono contare tutto… Questo confermerebbe
un'ipotesi montessoriana, secondo la quale il bambino passa dalla
“mente assorbente” (in cui fondamentale è il ruolo del contesto educativo, che viene appunto “assorbito” dal bambino) alla “mente matematica” come una naturale predisposizione e un interesse specifico
verso gli elementi quantitativi della realtà.
• La quarta onda è definita di SECONDO LIVELLO e si riferisce anche
all'acquisizione della lingua scritta. Intorno all'età che va da 5, 6, 7
anni, i bambini si sentono attratti verso una simbolizzazione che
Gardner chiama “notazionale”. Dovendo fare un gioco o rappresentare una sequenza, essi ricorrono da soli e istintivamente a qualche
schema che li aiuti a ricordare o codificare le informazioni necessarie
per sapere come devono procedere e quale ordine seguire. Magari si
servono del disegno, cioè spontaneamente arrivano a utilizzare sistemi di tipo notazionale.
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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua
Secondo Gardner l'impulso a creare un sistema simbolico di secondo livello (quello di primo livello è la lingua parlata) rappresenta una profonda inclinazione dell'uomo che è destinata a emergere naturalmente ed è influenzata
dalla maggiore o minore frequenza di sistemi simbolici di segnatura della cultura di appartenenza.
Rispetto al percorso di concettualizzazione della lingua scritta, è interessante vedere come esso avvenga in bambini inseriti in culture altamente alfabetizzate, dove sono costantemente a contatto con i libri, e in bambini provenienti
da ambienti poveri da questo punto di vista. Le ricerche svolte da Ferreiro e
Teberosky evidenziano delle costanti in tale concettualizzazione che starebbero a indicare come in parte sia influenzata dagli stimoli offerti dall'ambiente,
ma in parte emerga spontaneamente con aspetti costanti in culture diverse.
Se tali onde rappresentano alcuni dei modi principali con cui gli esseri umani costruiscono i significati, esse possono avere importanti implicazioni
educative: i curricoli devono tenerne conto e, in qualche modo, organizzarsi in
base ad esse e presentare le loro proposte in forme che mettano in risalto:
•
le strutture - eventi (ecco qui il ruolo fondamentale della narrazione,
che presenta le situazioni proprio con una loro struttura e in forma
di evento);
• le mappe topologiche (rapporti dimensione/spazio/tempo);
• le mappe digitali (aspetti quantitativi);
• le forme simboliche di secondo livello (le segnature che si riferiscono
ad altre forme di conoscenza).
Il linguaggio si rivela cruciale nella categorizzazione degli oggetti, eventi ed
entità del mondo. Innanzi tutto il bambino utilizza ed attribuisce dei nomi e
questa capacità di assegnazione rivela che è ormai in grado di categorizzare i
comuni oggetti del mondo.
In secondo luogo, l’uso dei copioni o script rivela da parte del bambino la
capacità di determinare importanti sequenze familiari di eventi nel suo mondo
di appartenenza. Un copione implica l’identificazione e l’ordinata collocazione
delle caratteristiche associate a un evento particolare: è la sequenza di azioni
che bisogna compiere in occasioni determinate e ricorrenti, (ad esempio,
quando andiamo al cinema o al supermercato eseguiamo sempre lo stesso tipo
di azioni e nello stesso ordine) con una sequenza che diventa costante (anche
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
se ognuno di noi sperimenta in maniera diversa queste esperienze e di conseguenza costruisce script particolari e solo suoi, alcuni elementi rimangono costanti). Già a 14 mesi il bambino incomincia a riconoscere e a utilizzare gli
script, che all'inizio riguardano attività ricorrenti, come quelle del vestirsi e del
mangiare. Ben presto questi copioni diventano un tutt'uno con l'attività linguistica, aiutano il bambino a concettualizzare e a riferire le vicende della propria vita e fungono anche da avviamento alla narrazione e alla comprensione
delle storie. La mente di un bambino di 5 anni è già piena zeppa di utili copioni, molti dei quali vengono utilizzati per lungo tempo e possono rimanere
strutturati più o meno sempre nello stesso modo. La resistenza degli script è
dimostrata anche dal fatto che sopravvivono ai danni cerebrali. La conoscenza
e l'utilizzo dei copioni emergono prestissimo e in modo naturale; si manifestano inizialmente nelle sequenze simboliche dei giochi di finzione. Cominciano a comparire in quella fase cruciale di passaggio dall'intelligenza sensomotoria all'intelligenza rappresentativa, in cui il bambino va oltre la capacità
di saper cogliere solo direttamente il mondo dell'esperienza e diventa capace
di immaginare, di rappresentarsi anche ciò che non è presente ai suoi sensi.
La capacità rappresentativa consiste proprio nel fatto che il bambino sa vedere con la mente uno stato di cose diverso da quello che coglie con i sensi.
Questa capacità emerge anche nei diversi livelli di concettualizzazione della
lingua scritta.
Vi è un ultimo elemento che si ricollega all'importanza di tener conto della
storia e delle conoscenze precedenti del bambino. Il bambino, all'età di 5, 6, 7
anni, ha già sviluppato robuste percezioni delle tre sfere che costituiscono la
realtà. Ha costruito una teoria della materia, degli oggetti fisici del mondo,
una teoria della vita e una teoria della mente. Il bambino si interroga, si pone
delle domande intorno al senso degli oggetti reali, alla loro origine, formula
delle prime ipotesi ed elabora delle teorie (ad esempio: l’animismo e
l’artificialismo di cui parla Piaget).
Queste teorie non si possono certamente definire scientifiche, ma sono
comunque insiemi di credenze e di ragionamenti organizzati, coerenti e generativi, che vengono utilizzati dai bambini anche per giustificare le loro prime
scritture.
Le teorie emergenti dei bambini vengono utilizzate in modo regolare e generativo, cioè da un'ipotesi di partenza ne derivano successivamente delle altre
e ciò significa che i bambini sanno trarre coerentemente le loro inferenze.
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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua
Quando inizia la scolarizzazione formale, si tende purtroppo a ignorare tali
teorie, ma queste non si dissolvono facilmente e rimangono come potenti
mezzi di conoscenza. Le teorie costruite riguardano anche il significato e il
funzionamento della scrittura come dimostrano le ricerche già citate di Ferreiro e Teberosky.
In riferimento all'insegnamento della lingua scritta, non ha senso proporre
al bambino solo un lavoro tecnico e strettamente centrato sul codice, in una
fase in cui non si è ancora posto interrogativi sul senso e sulla funzione della
lingua: così facendo si potrebbe in effetti bloccare un apprendimento sereno e
creare delle difficoltà (Monighetti).
La proposta di Monighetti, che ritengo particolarmente valida, è quella di
lavorare sempre in parallelo sui due aspetti del senso e del codice, cioè fornire
una tecnica, (il codice), ma contestualizzata nella sua funzione reale di comunicazione di significati (il senso); questo è importante anche perché nel bambino c'è sempre una stretta connessione tra l'affettività e la cognitività, che
non possono mai essere scisse.
Per Gardner è molto importante che le teorie dei bambini, che egli chiama
“intuitive” , vengano riconosciute, affrontate e sviscerate il più possibile, affinché sia il bambino, sia l'adulto che si occupa del suo apprendimento, possano
stabilire in quali circostanze esse sono valide e per aiutare il bambino a superare quelle che non “funzionano” e non sono più adeguate. Ovviamente il bambino deve affrontare il suo percorso individuale e non forzato, l'insegnante
non può imporre le sue conoscenze e dire, ad esempio, “io ti dico che è così e
allora è così”. Quando la proposta dell'adulto è troppo netta e troppo diversa
da quella che in quel momento rappresenta la disponibilità di apprendimento
del bambino, emergono delle difficoltà.
Ciò suggerisce un’importante indicazione didattico-educativa e cioè che
per prima cosa bisogna effettivamente capire a che punto è il bambino e partire da lì per accompagnarlo nel suo cammino di conoscenza.
La Zucchermaglio, un'altra studiosa del gruppo della Pontecorvo di cui fa
parte la dottoressa Rossi, ha scritto un libro molto bello e interessante, intitolato “Gli apprendisti della lingua scritta”. Il titolo è illuminante: l'apprendista
è colui che si immerge nell'attività, che prova, che sbaglia, che torna indietro,
che fa concretamente un'attività: anche nella lingua scritta c'è una sorta di apprendistato. L'autrice afferma che, quando i bambini arrivano in prima elementare, “non sono tutti ugualmente ignoranti, ma diversamente competen-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
ti”: qui sta la sfida per gli insegnanti, riuscire a capire quali sono queste differenze, fare del proprio meglio per coglierle e partire dalla loro analisi per costruire un percorso rispondente ai reali bisogni di apprendimento dei singoli
alunni.
Dobbiamo riconoscere che già nei programmi del 1985 per la scuola elementare veniva sottolineata l'esigenza di tener conto dell'esperienza pregressa
del fanciullo: “il fanciullo ha un'esperienza linguistica iniziale di cui l'inse-
gnante dovrà certamente rendersi conto e sulla quale dovrà impostare l'azione
didattica. Ha una varietà di codici verbali e non verbali (tra cui quelli derivati
dai mass media), nella quale il codice verbale è dominante, ha maturato una
capacità di comunicare oralmente in lingua o in dialetto” (quest'ultimo elemento andrebbe attualmente approfondito, dal momento che sta notevolmente aumentando a scuola la presenza di bambini stranieri che non parlano italiano) “sa che la lingua scritta esiste e percependone l'importanza desidera impadronirsene”.
Anche in altre proposte rivolte alla scuola di base si ribadisce l'importanza
di tener conto del percorso precedente e si afferma che gli obiettivi e le scelte
fatte dagli insegnanti in questa fase devono “rispondere soprattutto all'esigen-
za di introdurre gradualmente le alunne e gli alunni al confronto con i diversi
linguaggi disciplinari, evitando sia il rischio della frammentazione e della dispersività, sia quello di una precoce e improduttiva sistematizzazione disciplinare”: viene ricordato come nei primi due anni della scuola di base si deve
mantenere un approccio non ancora sistematico alle discipline. Si valorizza la
dimensione dell’azione e dell’interazione sociale: “attraverso il fare con le mani, l'operatività sociale, gli allievi diventano soggetti attivi, interattivi”… nel
dialogo tra pari e con gli insegnanti, immessi in situazioni concrete e familiari,
gli allievi elaborano e producono nuovi significati dei linguaggi, con il controllo della parola (chiedere e ottenere il diritto di parola, descrivere verbalmente
emozioni, stati d'animo, interrogare, rispondere…), del disegno e della scrittura, dello spostamento e dell’orientamento, della voce.
Per quanto riguarda l'attività linguistica si distinguono quattro ambiti: la
lettura, la scrittura, la lingua parlata e la riflessione linguistica; si parla di “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”. C'è
una particolare attenzione alla contestualizzazione, alla valorizzazione della
narrazione, e della scrittura di testi intesa non tanto come dettatura, ma come
produzione e ideazione di testi. La differenza tra la lingua parlata e la lingua
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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua
scritta è fondamentale; si può avvicinare il bambino a quest’ultima già nella
scuola dell’infanzia con il racconto, l’invenzione, la dettatura dei testi (nel
momento in cui il bambino detta alla maestra, che svolge il ruolo di “scriba”,
si rende conto che non è la stessa cosa dettare o raccontare una storia, che ci
sono regole diverse, ecc.).
L'acquisizione del linguaggio scritto è un processo di ricostruzione attiva,
che si sviluppa come ogni altro processo cognitivo attraverso operazioni plurimodali, non necessariamente e immediatamente legate agli aspetti fonetici,
ai grafemi del segno scritto. Ad esempio, il bambino per un certo periodo pensa che la parola scritta debba in qualche modo richiamare qualche caratteristica dell'oggetto (parola trasparente) e solo in un secondo tempo si accorge della
corrispondenza tra suono e segno, in quanto aspetto specifico della produzione linguistica che mette in stretta connessione il linguaggio scritto con quello
verbale.
Tra la lingua parlata e la lingua scritta vi è una grande differenza: la prima è
un fenomeno naturale, mentre la seconda ha bisogno di un insegnamento specifico. La lingua parlata richiede una simbolizzazione di primo livello, cioè la
parola parlata rimanda direttamente all'oggetto che denomina; la lingua scritta
richiede un doppio livello di simbolizzazione, perché rimanda alla parola detta
e poi all'oggetto, perciò è effettivamente un percorso complesso. Le diverse
competenze che i bambini dimostrano nelle scritture spontanee, di cui ci ha
parlato Franca Rossi, ci aiutano a capire a quale livello di concettualizzazione
della lingua scritta sono giunti.
Esistono due grandi sistemi di scrittura, quello ideografico e quello fonetico: nel primo, che è quello della scrittura cinese, il vocabolo è rappresentato da
un segno unico e estraneo al suono (dal segno si va direttamente all'insieme
del vocabolo); il nostro sistema è invece alfabetico-fonetico ed è più articolato,
nel senso che viene riprodotta la sequenza dei suoni che si succedono nel vocabolo. La scrittura fonologica rappresenta con un segno ciascun elemento
della catena sonora, si va dal segno al suono, al fonema, alla catena dei fonemi,
alla parola, al concetto che la parola rappresenta: il percorso che deve compiere il bambino nell’apprendimento è piuttosto complesso e va pertanto sostenuto dando stimoli motivazionali adeguati.
È fondamentale riportare l'attenzione sul bambino che pensa, che impara,
che produce, anziché occuparsi di funzioni parziali ancor più complesse e restituire al bambino le valenze cognitive e motivazionali connesse con il leggere
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
e con lo scrivere, in quanto prerequisiti per l'acquisizione di linguaggio e di
nuova conoscenza, e la titolarità del processo di apprendimento, che troppo
spesso gli viene negata e attribuita solo quando il metodo d’insegnamento non
funziona o vengono a galla i problemi.
Tradizionalmente nella scuola l'acquisizione della lettura segue questo modello: parole scritte, sonorizzazione, significato, cioè segno - suono - significato, e conseguentemente la lettura viene intesa come oralizzazione dello scritto
e poi accesso al significato.
Prima di tutto il bambino deve capire la funzione del linguaggio scritto, più
che le regole di combinazione delle lettere (si vedano su questi aspetti i lavori
di Pontecorvo e Monighetti).
Questo non significa trascurare l’acquisizione del codice nel suo aspetto
tecnico che naturalmente deve avvenire in modo preciso e puntuale, ma adeguatamente contestualizzato.
Proprio in riferimento a un aspetto più propriamente “tecnico”
dell’acquisizione della lingua scritta vorrei richiamare l’attenzione sugli studi e
ricerche che hanno focalizzato l’attenzione sul ruolo della “consapevolezza fonologica” come abilità importante e strettamente implicata in questo tipo di
apprendimento. Monighetti dedica ampio spazio a questi aspetti e così anche
Stella. Giuliana Pinto nel suo testo “Dalla lingua orale al linguaggio scritto”
definisce la consapevolezza fonologica “la capacità di identificare le componenti fonologiche di una lingua e di saperle intenzionalmente modificare”, vale a dire che di fronte al grafema, alla singola lettera, bisogna saper individuare
la corrispondente immagine acustica: cioè al di là del suono (che può variare
nei diversi accenti dialettali) si deve cogliere il fonema (la rappresentazione
mentale di quel suono) sapendolo individuare e collocare nella catena sonora
della parola.
Nella consapevolezza fonologica i bambini progrediscono via via che sono
introdotti all’alfabetizzazione; fin dalla scuola dell’infanzia “giochi fonologici”
(si vedano esempi in Monighetti, Stella, Pinto) proposti nelle forme opportune possono facilitare la crescita di questo tipo di consapevolezza rendendo più
agevole il percorso di acquisizione della lingua scritta (che appunto presuppone in parte e potenzia tale consapevolezza nel bambino).
Anche su questo aspetto come sugli altri prima presi in esame è più che
mai importante una conoscenza condivisa e una programmazione comune fra
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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua
insegnanti di scuola dell’infanzia e di scuola elementare per garantire una continuità a vantaggio del bambino.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
I disturbi dell'apprendimento
di Livia Bonoli
Le difficoltà scolastiche colpiscono il 15% della popolazione scolastica (2-3
bambini per classe), ma bisogna fare una netta distinzione tra i disturbi specifici dell'apprendimento (5-7%) e le difficoltà aspecifiche dell'apprendimento
(10%).
Il termine DSA (disturbi specifici dell'apprendimento) si riferisce a difficoltà specifiche di lettura (dislessia), di scrittura (disortografia e disgrafia) e di
calcolo (discalculia).
Le difficoltà di apprendimento possono essere dovute a deficit neurofunzionali e dell'organizzazione neuropsicologica (in questi casi si potrebbe parlare di DSA), oppure a problematiche ambientali (relazionali, emotive o svantaggi culturali). Una volta individuate le cause, si formula la prognosi e, quindi, si può intervenire con una azione mirata e specifica sul processo deficitario
e collegata anche alla possibilità di modificare l'ambiente.
I bambini con DSA, oltre che avere problemi nella lettura, nella scrittura e
nel calcolo, possono presentare difficoltà nel riportare l'ordine dei mesi dell'anno e delle stagioni, nel definire la distanza tra le località geografiche, nella
lettura dell'orologio e così via. Possono aggiungersi anche altri disagi, come
conseguenze (e non cause!!) del disturbo: facile distraibilità, tempi brevi di attenzione, impulsività, irritabilità, irrequietezza, aggressività sia verso i compagni che verso gli insegnanti, pigrizia, insofferenza, svogliatezza, depressione,
grande senso di frustrazione ed un effetto negativo sul livello dell'autostima. Si
è notato che le reazioni comportamentali si differenziano nei maschi rispetto
alle femmine: i bambini reagiscono più con l'aggressività, le bambine tendono
a isolarsi da una parte della classe e per questo motivo vengono definite dimenticate. Infine vi è una diversa incidenza maschi/femmine, che stanno in un
rapporto di 3 a 1. A questo punto bisogna distinguere le cause dagli effetti,
perché i disturbi specifici dell'apprendimento provocano queste diverse reazioni comportamentali ed è importante definire se il disturbo primario è un
disturbo specifico dell'apprendimento oppure se il disturbo primario è un di-
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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento
sturbo comportamentale: questo è fondamentale sempre per attivare un’appropriata attività di recupero.
Per quanto riguarda una definizione dei disturbi specifici dell'apprendimento ci troviamo in una vera e propria babele di significati. Questo dipende
sia dal fatto che gli specialisti che compiono le diagnosi fanno riferimento a
diversi orientamenti teorici, sia dal luogo e dal tempo in cui la diagnosi viene
fatta. Un altro problema deriva dalla difficoltà di delineare un profilo identico
per tutti i bambini che hanno questo disturbo (come abbiamo appena visto le
reazioni sono numerose e diversificate).
A grandi linee sono stati comunque individuati due principali orientamenti per la definizione dei DSA:
1. Orientamento descrittivo, a cui fanno capo la definizione dell'OMS
(Organizzazione mondiale della sanità) e quella del DSM IV (Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali, redatto dall'American
Psychiatric Association). Si tratta di un orientamento descrittivo perché vengono delineate le caratteristiche e i criteri di inclusione e di esclusione per il disturbo. Viene sottolineato, in linea generale, che si
tratta di bambini intelligenti, che hanno un quoziente intellettivo nella
norma, che non hanno disturbi sensoriali (quindi non si tratta di disturbi della vista), disturbi neurologici o disturbi comportamentali
(che, come abbiamo visto prima, non sono la causa, ma ne sono la
conseguenza). Si evidenziano inoltre la necessità di distinguere tra difficoltà scolastiche e disturbi dell'apprendimento e il fatto che spesso
dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia compaiono insieme.
• ICD 10 redatto dall'OMS sotto la voce “Disturbi evolutivi specifici
delle abilità scolastiche”: i disturbi specifici delle abilità scolastiche
comprendono gruppi di condizioni morbose che si manifestano
con specifiche e significative compromissioni dell'apprendimento
delle abilità scolastiche. Queste compromissioni dell'apprendimento non sono il risultato diretto di altre patologie (come il ritardo mentale, grossolani deficit neurologici, gravi problemi uditivi o visivi, disturbi emotivi), sebbene essi possono manifestarsi
contemporaneamente a tali ultime condizioni. Frequentemente i
disturbi in questione si presentano insieme ad altre sindromi cinetiche (come il disturbo evolutivo specifico della funzione motoria
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
o i disturbi evolutivi specifici dell'eloquio e del linguaggio). L'eziologia dei disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche non è
nota, ma si suppone che vi sia un intervento significativo di fattori
biologici, i quali interagiscono con fattori non biologici (come le
opportunità di apprendimento e la qualità dell'insegnamento)
producendo le manifestazioni.
• DSM IV redatto dall'American Psychiatric Association, criteri diagnostici per f 81.0 disturbo della lettura (315.00):
A. Il livello raggiunto nella lettura, come misurato da test standardizzati somministrati individualmente sulla precisione o
sulla comprensione della lettura, è sostanzialmente al di sotto
di quanto previsto in base all'età cronologica del soggetto, alla
valutazione psicometrica dell'intelligenza e a un'istruzione adeguata all'età.
B. L'anomalia descritta al punto A interferisce in modo significativo con l'apprendimento scolastico o con le attività della vita
quotidiana che richiedono capacità di lettura.
C. Se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà di lettura vanno
al di là di quelle di solito associate con esso.
Nota per la codificazione: se è presente una condizione medica generale
(per es., neurologica) o un deficit sensoriale, codificare la condizione sull'Asse
III.
2. Orientamento cognitivo, che ricerca nel funzionamento mentale le
radici dei DSA.
Il modello più diffuso e accreditato è quello “dell'automatizzazione”
adottato dalla commissione superiore del Ministero della Sanità del
governo olandese. Si ha dislessia quando l'automatizzazione nell'identificazione della parola nella lettura e/o nella scrittura non si sviluppa o
si sviluppa parzialmente. Un processo automatico è rapido e accurato,
richiede minime risorse attentive e produce l'impressione di svolgersi
senza il controllo diretto e volontario del soggetto. Un esempio di processo che diventa automatico è la guida dell'automobile: alle prime esperienze di guida dobbiamo pensare a quello che stiamo facendo, poniamo una grande attenzione a tutti i nostri movimenti (ad es., quan-
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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento
do dobbiamo curvare pensiamo al fatto che bisogna mettere la freccia,
premere il pedale della frizione, cambiare e accelerare). Tutto questo
con grande dispendio di energia e di risorse, tanto che non possiamo
compiere altri processi contemporaneamente (ad es., è difficile mantenere la conversazione con il nostro compagno di viaggio oppure ascoltare la radio); man mano che le guide procedono il processo diventa automatico e richiede minore attenzione, di conseguenza possiamo svolgere altri compiti in parallelo. Così è la lettura dei bambini.
Quando i bambini, che non riescono ad automatizzare il processo di
lettura, si trovano di fronte a una parola, è come se la vedessero sempre per la prima volta, per cui devono procedere tramite una lettura
lettera per lettera. Questo spiega anche perché quando il bambino legge un testo, riesce a leggere correttamente le prime righe e successivamente la sua prestazione decade: il bambino consuma tutte la sua energia nelle prime righe, nelle prime parole, dopodiché le sue risorse si
esauriscono e non riesce più a leggere in modo esatto.
Questi sono i due principali orientamenti di ricerca. Per una corretta definizione dei disturbi specifici dell'apprendimento bisogna quindi valutare il livello intellettivo, escludere disturbi sensoriali e neurologici.
I DSA sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico
del bambino e sono trasmissibili geneticamente: come si possono trasmettere
il colore degli occhi, dei capelli e la statura, purtroppo si possono trasmettere
anche certe disfunzioni, come la tendenza all'obesità, il piattismo del piede e,
appunto, i disturbi specifici dell' apprendimento. L'ipotesi che vi sia una base
biologica nella trasmissione è avvalorata dalla scoperta della diversa incidenza
del disturbo nei maschi e nelle femmine (3:1); inoltre si è notata una notevole
familiarità: raccogliendo l'anamnesi dei bambini che giungono a consultazione
presso il Centro Regionale per le Disabilità Linguistiche e Cognitive di Bologna, è stato ricavato che il 60% di essi hanno parenti molto stretti come genitori, cugini o nonni che in passato hanno avuto o hanno attualmente un disturbo dell'apprendimento.
Sono state eseguite numerose ricerche volte ad analizzare la diversa incidenza nei maschi e nelle femmine. I risultati stabiliscono che i bambini con
disturbi specifici dell' apprendimento hanno un livello salivare di testosterone,
che è un ormone maschile, più elevato rispetto agli altri bambini. È stato fatto
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
anche un esperimento come controprova, da cui si è ricavato appunto che i
soggetti con disturbi a livello ormonale (quindi con un livello di testosterone
più elevato rispetto alla norma) hanno in percentuale maggiore un disturbo
specifico dell' apprendimento rispetto al gruppo di controllo costituito da soggetti senza questi squilibri ormonali.
Altri studi eseguiti sui gemelli confermano le basi biologiche dei DSA: i
gemelli monozigoti, che condividono lo stesso patrimonio genetico, soffrono
entrambi di disturbi specifici dell'apprendimento.
Così gli studi di citogenetica, volti a cercare il gene responsabile del disturbo, hanno trovato l' interessamento del cromosoma 6 o del cromosoma 15 nei
bambini con disturbi dell'apprendimento.
Altri studi riguardano gli aspetti anatomici. È stato trovato che quella zona
di corteccia cerebrale che si chiama planum temporale, nei soggetti senza disturbi di apprendimento è più sviluppata nello emisfero sinistro, mentre nei
soggetti con disturbi specifici dell' apprendimento è ugualmente disviluppata,
sia nell'emisfero sinistro, che nell' emisfero destro. Sono stati scoperti anche
difetti nei fenomeni di migrazione, cioè alcune popolazioni di neuroni durante lo sviluppo dell' embrione si sono organizzate in maniera impropria.
Per quanto riguarda gli aspetti neurofisiologici, facendo l' elettroencefalogramma a questi bambini con DSA, è stata notata una maggiore percentuale di
onde lente, cioè di onde delta nella zona occipitale, rispetto al gruppo di controllo. Si tratta di un disturbo di natura neurobiologica, non di una malattia,
di conseguenza non si guarisce; il miglioramento dipende anche dalla gravità
del disturbo: se si tratta di un bambino dislessico lieve, probabilmente da adulto avrà pochi problemi, se non, magari, quello di parlare in pubblico o di
leggere ad alta voce; se invece si tratta di un bambino con un disturbo di dislessia grave, probabilmente anche da adulto si trascinerà le medesime difficoltà (lettura più lenta rispetto ai coetanei e con alcuni errori).
Il fatto che vi sia una base biologica nella trasmissione dei DSA ha importanti conseguenze: innanzi tutto dimostra che non bisogna colpevolizzare nessuno. Non è colpa del bambino che non si impegna, non è colpa dei genitori
che magari non riescono a seguirlo e non è colpa degli insegnanti che non gli
hanno fornito sufficienti strumenti: si tratta di un disturbo di natura biologica.
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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento
Questo in sintesi quanto detto finora:
I DSA:
1. Si manifestano in soggetti normodotati, con normali capacità intellettive e sociali
2. Sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico
del soggetto
3. Non sono facilmente pronosticabili prima dell'età scolare
4. Accompagnano il soggetto nel corso dello sviluppo
5. Non sono “guaribili”, ma le conseguenze funzionali si modificano attraverso adeguate misure rieducative e didattiche
6. Spesso sono accompagnati da manifestazioni psicologiche e relazionali
disturbate (disturbi della condotta)
7. Spesso sono associati a disturbi dell'attenzione e dell'iperattività
Adesso parliamo dei DSA nello specifico.
DISLESSIA
La dislessia è una difficoltà di lettura; i bambini commettono numerosi errori, ma sono anche molto lenti rispetto a ciò che ci si dovrebbe aspettare in
base a un certo grado di istruzione e alla media delle prestazioni dei propri coetanei.
Bisogna distinguere tra dislessia evolutiva e dislessia acquisita. La prima,
quella di cui ho parlato fino adesso, è un disturbo settoriale della lettura che si
manifesta in un bambino privo di disturbi neurologici, cognitivi, sensoriali e
relazionali e nonostante il bambino abbia avuto normali opportunità scolastiche. Di solito il disturbo si accompagna a difficoltà nella scrittura e nei processi di lettoscrittura del numero e del calcolo. Viene normalmente definita sindrome dislessica evolutiva oppure disturbi specifici dell'apprendimento
(DSA). Il bambino nasce con tale disturbo. La dislessia acquisita, invece, si
presenta una volta che il bambino ha già imparato e leggere e può essere causata ad esempio da un trauma cranico o da una lesione celebrale. In questo ca-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
so è più facile che il disturbo si presenti da solo (può esserci solo dislessia, solo
disgrafia o solo discalcolia).
Vi mostro la curva della distribuzione normale (la curva gaussiana, grafico
n. 1):
Grafico n. 1
I disturbi specifici dell'apprendimento rappresentano un'espressione della
variabilità individuale.
La maggior parte delle persone si trova vicino alla media. Certi bambini si
collocano intorno o sopra la media per quanto riguarda l'intelligenza, mentre
si trovano sotto la seconda deviazione standard per quanto riguarda la lettura:
hanno perciò una buona capacità intellettiva, ma una lettura lenta e stentata.
Questo è un campanello di allarme: un bambino intelligente, sveglio e capace
in tante abilità, ma che non riesce in piccole abilità specifiche, come la lettura,
il calcolo o la scrittura, potrebbe soffrire di DSA.
La diagnosi di dislessia si basa sui criteri di discrepanza tra efficienza cognitiva e linguistica, da un lato, e capacità di lettura, dall'altro. Per svolgere una
diagnosi, bisogna fare riferimento al protocollo clinico e quindi compiere una
serie di valutazioni:
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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento
•
•
•
•
•
•
Valutazione cognitiva
Valutazione del linguaggio sia espressivo che recettivo (per accertare
che le difficoltà di lettura non derivino da deficit linguistici)
Valutazione dell'efficienza della memoria a breve termine
Valutazione dei processi attentivi attraverso prove di processing visivo
Valutazione della lettura attraverso la somministrazione di prove di
decodifica di parole, di non parole, di un brano
Valutazione della comprensione del testo
I parametri da considerare sono la velocità di decodifica (espressa in numero di sillabe per secondo, SILL/SEC) e l'accuratezza (numero di errori); è importante anche valutare il tipo di errori, per adeguare una successiva
riabilitazione.
I protocolli di lettura sono diversi, a seconda dell'età del bambino, e sono
standardizzati. Il bambino deve leggere ad alta voce e più velocemente possibile le liste di parole. Quando i valori di velocità e/o di accuratezza sono al di
sotto della seconda deviazione standard dalla media prevista per la classe frequentata, oppure quando la velocità del soggetto è pari a valori medi per due
classi inferiori a quella da lui frequentata si può dire che il bambino soffre di
dislessia. Seguendo questo protocollo clinico, la diagnosi può essere fatta a
partire dalla seconda elementare. A partire dalla prima elementare esistono
degli indicatori che consentono di definire un indice di rischio basandosi sulla
capacità del bambino di apprendere la scrittura.
Per i bambini con maggiori difficoltà si usano protocolli scritti in stampatello maiuscolo o contenenti parole semplici. È importante somministrare la
lettura sia di parole che di non parole, per vedere dove il bambino compie i
maggiori errori e cercare quindi di capire il particolare tipo di disturbo di cui
soffre. Per la lettura di non parole il bambino deve utilizzare la via fonologica,
perché sono parole che non conosce e per poterle decifrare deve fare una scansione lettera per lettera. Per la lettura di parole utilizziamo la via lessicale.
Per quanto riguarda la lettura del brano si valuta il tempo di lettura (calcolato in deviazione standard) oppure si paragona la capacità di lettura a quella
di bambini di età inferiore.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Generalmente i bambini dislessici migliorano notevolmente nell'accuratezza e poco nella velocità; anche quest'ultima può aumentare, ma, se confrontata
a quella di ragazzi di pari età, è sempre inferiore.
Spesso la dislessia si accompagna ad altri disturbi specifici dell'
apprendimento, quali appunto disgrafia, disortografia e discalculia.
DISGRAFIA
Ogni scrittura indecifrabile, o comunque di difficile interpretazione, può
essere definita disgrafica. Si tratta di un disturbo correlato al linguaggio scritto
che riguarda le abilità esecutive della scrittura. Per definire disgrafica una scrittura che non è comprensibile né da chi ha scritto, né da chi legge, bisogna considerare alcuni parametri, quali il livello di istruzione e l'età, e si deve confrontare la scrittura stessa con quella di soggetti della medesima età. Altri parametri da considerare per la valutazione di una scrittura disgrafica sono la velocità
di scrittura, la pressione debole o eccessiva sul foglio, l'orientamento delle lettere sul foglio, la tendenza alla macro o alla micrografia, la ritoccatura del segno già tracciato, la direzionalità del segno, l' andamento del tracciato, la legatura delle parole e la distanza delle parole. Per una valutazione corretta della
disgrafia è fondamentale poter osservare il bambino in momenti, perché la sua
scrittura può risentire dei particolari stati emotivi (magari scrive in un momento in cui è teso, oppure scrive velocemente perché ha fretta). Con ragazzi
che hanno questa scrittura, questa grafia è stato accordato insieme all'insegnante di scrivere in stampato maiuscolo, perché comunque è il carattere più
semplice e nei casi di disgrafia grave è il carattere più consigliato, addirittura a
volte si suggerisce l'uso del PC, per poter scrivere correttamente.
DISORTOGRAFIA
La disortografia consiste nella difficoltà di applicazione delle regole ortografiche. Quando un bambino o un adulto commettono errori significativamente superiori, sia per numero che per caratteristiche, a quelli che ci si dovrebbe aspettare facendo riferimento all'età, alla cultura e al grado di istruzione ricevuto. Questa difficoltà non sono imputabili a handicap, né a condizioni
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I disturbi dell’apprendimento
di svantaggio culturale o sociale, né a difficoltà emotive. Gli errori vengono
suddivisi in categorie:
1. Errori ortografici fonologici: difficoltà nell'identificare correttamente i suoni all'interno della parola, non è rispettato il rapporto tra
fonemi e grafemi.
• Scambio di grafema: sostituzione di vocale o consonante, o di
consonante in gruppo consonantico, o di sillaba (es. campagia/campania/canpagna/campaglia per campagna, magnioni
per maglioni, nestole per nespole, tiepita per tiepida).
• Omissione di vocale, consonante, sillaba (es. uscamo/usiamo
per usciamo, scarpe per sciarpe, stagone per stagione, ghiaccoli/giaccioli per ghiaccioli, fresce per fresche, cilege per ciliegie,
spledida per splendida, tipida per tiepida, squite per squisite).
• Aggiunta di vocale, consonante, sillaba (es. campagnia per
campagna, furuttivendolo per fruttivendolo, innindossiamo/inndossiamo per indossiamo, questra per questa, nella armadio per nell'armadio, ccappotti per cappotti, splenndida per
splendida).
• Inversione (es. stilavi per stivali, ni campagna per in campagna,
gioranta per giornata, capmagna per campagna, vertina per vetrina, csiarpe per sciarpe).
2. Errori ortografici non fonologici: sono tutti gli errori nella rappresentazione ortografica della parole in cui il livello fonologico è preservato. Questi errori riguardano i fonemi per i quali esiste più di un corrispondente ortografico. Il fonema è stato identificato correttamente,
ma è sbagliata la scelta del corrispondente ortografico fra quelli che lo
rappresentano.
• Scambio grafema omofono (es. quoio per cuoio, scuisite per
squisite, cuando per quando).
• Grafema incompleto (es. campana/campaga per campagna,
malioni/magloni per maglioni, maliette/maglette per magliette).
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
•
Grafema inesatto (es. gielati per gelati, leggieri per leggeri,
clgliege/ciglege per ciliegie, fraghole per fragole, cquoio per
cuoio).
3. Errori non fonologici di origine semantico-lessicale: sono errori
di rappresentazione ortografica in cui il livello fonologico è preservato. A differenza della precedente classe di errori, in questo caso, l'errata traduzione ortogrfica dipende da un cattivo o assente processamento semantico-lessicale. Il bambino non riesce ad accedere al suo magazzino lessicale di conoscenze. In genere si fanno scrivere ai bambini
liste di parole, di non parole e un dettato.
• Fusione illegale (es. laria per l'aria, dellanno per dell'anno, piubella per più bella).
• Segmentazione illegale (es. in dossiamo per indossiamo, frutti
vendolo per fruttivendolo).
• Fusione-segmentazione illegale (es. la ria per l'aria, del lanno
per dell'anno, nella rmadio per nell'armadio).
• Omissione o aggiunta di consonante H (es. o visto per ho visto,
dell'hanno per dell'anno).
• Omissione o aggiunta di accento (es. e per è, piu per più, citta è
per città, quèsta per questa).
• Omofoni non omografi (es. d'anno per danno, l'ago per lago).
4. Altri errori:
• Omissione o aggiunta di geminata (doppia) (plausibile) (es. legeri per leggeri, vettrina per vetrina, abiamo per abbiamo, indosiamo per indossiamo, abbiti per abiti).
• Omissione o aggiunta di parole (non ripetizioni) (es. ciliegie,
caramelle e fragole per ciliegie e fragole, alla sera è tiepida per
alla sera l'aria è tiepida).
• Omissione parte finale di parola (es. sembravan/sembrava per
sembravano, maglie per magliette, fruttivendo per fruttivendolo).
5. Disgrafia:
• Segno grafico incompleto o inesatto (es. sero per sera).
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I disturbi dell’apprendimento
6. Lessicali:
• Sostituzione di parola
•
dello stesso campo semantico (es. fresca per tiepida, mele per
•
di altro campo semantico (es. i gusci per gli usci)
per vicinanza fonologica (es. tacchini per taccuini).
fragole)
•
•
•
•
•
•
•
•
Modificazione parola
per genere (es. bimbe per bimbi)
numero (es. dei per del)
tempo del verbo (es. era per è)
modo del verbo (es. trascinarli per trascinandoli)
persona del verbo (es. esco per usciamo, trasmettono per trasmette).
Ripetizione di parola (es. leggeri leggeri per leggeri, e indossiamo e magliette per e indossiamo magliette).
7. Errori lessicali di origine morfo-sintattica:
• Sostituzione di parola (es. all'anno per dell'anno, a fare per per
fare, di sera per alla sera).
8. Morfologici:
• Errori di accordo (es. i giri per un giro).
Oltre a un intervento riabilitativo personale, spesso è utile l'utilizzo del personal computer con la funzione del correttore ortografico, per cui il bambino,
vedendo la parola sottolineata, può provare a correggersi da solo, senza che
nessuno si sostituisca a lui.
DISCALCULIA
La discalculia riguarda le difficoltà nell'area matematica e, generalmente, è
associata a dislessia. Per diagnosticarla viene proposto un protocollo di numeri, che valuta la capacità di lettura e di scrittura di numeri, il conteggio in avanti e all'indietro, il calcolo scritto, le tabelline, il calcolo a mente.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
I bambini di solito commettono errori nel calcolo e nel conteggio all'indietro, perché non riescono a tenere a mente tanti numeri in sequenza, e a causa
delle loro difficoltà nel processo di automatizzazione e nella memoria a breve
termine. Difficilmente riescono ad apprendere le tabelline e di conseguenza
non riescono a compiere nemmeno le operazioni scritte. Quando un bambino
non è in grado di risolvere un problema, bisogna capire se non ha inteso la logica del problema o se non riesce a eseguire le operazioni. È significativa la differenza tra i bambini deboli cognitivi e i bambini dislessici: i primi presentano
difficoltà nel procedimento logico e non nelle procedure del calcolo, viceversa
i dislessici hanno difficoltà proprio nelle procedure del calcolo. Supporti utili
sono la tavola pitagorica e la calcolatrice, nel caso in cui, malgrado anni di insegnamento, il bambino non riesca ad apprendere le procedure del calcolo
scritto. Fornendo questi strumenti si facilita lo svolgimento delle operazioni e
dei problemi e si dà la possibilità al bambino di esprimere la propria intelligenza e capacità.
DIBATTITO
-
-
-
-
La dislessia pura si trova solo in dislessie acquisite. La percentuale di
disgrafici e di disortografici puri è bassissima, questi disturbi compaiono quasi sempre insieme alla dislessia (infatti si parla di sindrome dislettica, per raggruppare insieme i vari disturbi).
Un campanello d'allarme, che fa presumere la presenza di DSA, può
essere un disturbo pregresso del linguaggio, sia nell'esordio, che nello
sviluppo; un altro indicatore è la scrittura: se un bambino di prima elementare scrive una parola con una singola lettera, malgrado un insegnamento continuativo sul valore sonoro convenzionale delle lettere.
È importantissima una diagnosi precoce nel primo ciclo della scuola
elementare. Una volta individuati i disturbi, che siano di natura fonologica o metafonologica, va attivata una riabilitazione e si ottengono
dei notevoli miglioramenti (ma non una guarigione, perché si tratta di
disturbi a livello cerebrale).
I bambini dislessici mantengono a lungo lo stadio di scrittura preconvenzionale. Nel caso di bambini di terza, quarta o quinta elementare
che mostrano DSA, sarebbe interessante avere a disposizione la loro
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I disturbi dell’apprendimento
-
storia e le loro scritture spontanee e conoscere la metodologia di insegnamento, di approccio e di introduzione alla lingua scritta, per scoprire nuovi collegamenti; si tratterebbe di una ricerca longitudinale di 6 -7
anni, ma non è ancora stata compiuta. Di fronte a un bambino di prima elementare presillabico, che, nonostante il costante insegnamento,
la ricchezza della proposta e dell'ambiente, nel corso di un anno scolastico non migliora, è lecito porsi delle domande. In ogni caso è importante aiutarlo, seguirlo e osservare il suo andamento.
In Italia non esiste una certificazione specifica per bambini dislessici, è
una certificazione uguale a quella per gli altri bambini. Esiste un problema di etichetta: il bambino viene classificato come bambino certificato. Inoltre non è detto che l'insegnante di sostegno, non per colpa sua
ovviamente, non sia adeguatamente preparato per affrontare il problema della dislessia. Noi consigliamo la certificazione solo quando la
forma di dislessia è molto grave, se invece è lieve sono preferibili altri
tipi di interventi.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
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Cerro
Pontecorvo C., Ajello, Zucchermaglio C. (1981), Discutendo s'impara, Nuova Italia
Scientifica
Sartori G. (1984), La lettura. Processi normali e dislessia, Ed. Il Mulino, Bologna
Sabbadini G. (1995), Manuale di Neuropsicologia dell'età evolutiva, Ed. Zanichelli
Stella G. (1996), La dislessia: aspetti clinici, psicologici e riabilitativi, Ed. F. Angeli,
Milano
Stella G., Pippo J. (1992) Apprendere a leggere e a scrivere, Guida La Lettura Ed. Signum Scuola
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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere
e a scrivere prima di scrivere
di Mara Degasperi
Trascorreremo insieme tre ore di attività, spero produttive e piacevoli. Per
questo pomeriggio ho previsto assaggi, brevi anticipazioni di ciò che faremo in
maniera più completa e strutturata negli incontri di laboratorio.
Prima mi sembra però utile una breve introduzione che fondi l’attività futura e faccia intravedere le finalità importanti del percorso complessivo. Per
brevità, procederò servendomi di alcune parole chiave.
La prima di esse è contesto.
Il contesto giusto, cioè lo sfondo, organizzativo e relazionale, che connette
e dà senso alle attività con i bambini, è una condizione delicata e decisiva. Che
non va lasciata al caso, se si vuole intraprendere con i bambini un percorso nel
quale inserire in maniera naturale e non forzata delle situazioni funzionali di
apprendimento e di crescita.
Nella quotidianità della scuola si presentano continuamente situazioni che
è necessario risolvere. E sono proprio i piccoli problemi che scandiscono la
quotidianità a offrire le opportunità più significative per creare un contesto
ricco e attento ai bisogni. Giocare, mangiare, stare insieme, spostarsi, comunicare con le persone della scuola e con i genitori, raccontare. Sono bisogni fondamentali dei bambini. Possono diventare anche occasioni per avvicinare al
codice scritto, se lettura e scrittura vengono promosse ad attività che in qualche modo danno risposta a quei bisogni. Non avrebbe senso avvicinare i bambini al codice in altro modo, e cioè al di fuori del contesto in cui le giornate si
muovono.
La scuola è il primo luogo in cui si incontra la lingua in situazioni intenzionali, che proprio per questo presuppongono da parte del gruppo docente
l’assunzione di un modello di conoscenza.
Che cosa fonderà il modello di conoscenza? E come si realizzerà? Il come è
altrettanto importante del cosa.
La modalità di avvicinamento al codice è la seconda parola chiave.
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PARTE PRIMA
Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere
e a scrivere prima di scrivere
Qui risulta fondamentale quanto dicevo prima. Saper predisporre situazioni efficaci di apprendimento coincide in larga misura nel saper trasformare in
opportunità la vita della scuola, per cui il bambino entra nella complessità della lettura e della scrittura, e ne sperimenta la funzione, passando per la porta
del vivere insieme quotidiano. Quindi soprattutto all’inizio le attività di accesso al codice non avranno spazi autonomi, per evitare che l’incontro con la parola scritta nell’ambiente scolastico restringa gli orizzonti ampi del suo ruolo.
Del resto l’acquisizione strumentale è solo una delle difficoltà che il bambino
deve superare per accedere alla competenza linguistica, e non è sicuramente la
più difficile.
Riguardo poi a quale sia il metodo più efficace da adottare, non esistono
fondati studi scientifici che facciano optare per l'uno o per l'altro, sia esso il
metodo globale, o il fonico-sillabico o altro. C’è però un’osservazione di fondo, che va detta: la separazione del codice dal significato rischia di creare difficoltà con conseguenze sgradite che si farebbero sentire più avanti, quando le
richieste sulla lingua, di tipo comunicativo, prevedono la mobilitazione simultanea di abilità strumentali, cognitive e linguistiche.
Nelle pratiche più tradizionali, la separazione del codice dal significato era
dettata dalla buona intenzione di semplificare le cose al bambino. In realtà la
dicotomia che si viene a creare è concausa di un fenomeno che nella scuola si
vede piuttosto spesso. Troppi bambini, una volta acquisita l’alfabetizzazione,
non sanno come spenderla. Possiedono uno strumento del quale hanno perso
per strada la funzione.
Dunque, sintesi di codice e di senso necessaria, per prevenire eventuali e
future difficoltà: se è vero che non incontriamo spesso bambini analfabeti, sono però molti i bambini che di fronte a un foglio bianco o di fronte a un libro
non sanno cosa fare. Del resto i più disponibili a sfuggire a una acquisizione
inerte del codice sono proprio i bambini, e l’interesse per le attività che proponiamo, in cui la lingua scritta entra come un elemento necessario della situazione, lo stanno a dimostrare.
Allora, come fare e che cosa fare?
La cosa più importante è che non ci siano anticipazioni e regolarizzazioni
precoci, perché sarebbero di intralcio al processo evolutivo che a cinque, sei
anni è già molto avanti. Si sa che i bambini iniziano a lavorare sul linguaggio
molto presto, fin da poche ore dopo la nascita quando ascoltano la voce della
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
mamma, quindi è immaginabile con quanta esperienza si affaccino al mondo
della scuola.
Entra qui la parola chiave successiva: ascolto.
È importante saperli ascoltare, è importante guidarli a sapersi ascoltare, soprattutto fra bambini, perché le idee, i pensieri dei pari sono materiale poi disponibile per successive rielaborazioni e ricreazioni di conoscenza. È infine
importante aiutarli a riflettere su ciò che fanno, e su come lo fanno, e ad ascoltare emozioni e sentimenti con cui prendono parte alla vita della scuola.
Dunque no ad attività sul codice fine a se stesse, no alle anticipazioni, sì all'ascolto e al racconto/promozione/socializzazione di teorie, di ragionamenti,
di discorsi, di significati che i bambini costruiscono molto presto. Una enorme
ricchezza. I bambini sono per noi dei maestri se li sappiamo ascoltare. Ci aprono strade di lavoro e ci offrono anche gli indicatori giusti per verificare se il
nostro percorso è efficace.
Ho accennato prima al versante della riflessione, e del racconto di sé, e mi
sembra opportuna una sottolineatura. Il mondo di oggi non introduce i bambini alla grammatica delle emozioni, seppure minimale; a saperle riconoscere,
anche nominarle, a soffermarsi quando provano piacere o disagio. Sta anche a
noi accompagnarli in questo percorso, ed è sorprendente quanto siano capaci
di apprendere in fretta anche in questa arte, come ci insegna Goleman (cfr.
L'intelligenza emotiva, Rizzoli, 1995).
Per concludere questa parte, le cose che proponiamo sono interessanti e
produttive se c'è qualcosa da scoprire e se c'è la possibilità di un coinvolgimento emotivo. La relazione fra pari è un motore di apprendimento insostituibile, che attiva la grande forza della circolarità e dell'interscambio di pensieri e idee.
La prossima e ultima parola chiave è complessità, e ci riporta al tema centrale, dal quale ho apparentemente divagato.
Dunque, non è sufficiente conoscere il codice, serve dell'altro per appropriarsi della lingua scritta.
Bisogna allora conoscere quali siano i territori nei quali la lettura e la scrittura distendono le proprie competenze e farli conoscere ai bambini. Le attività
che proponiamo devono avere in altre parole valenza linguistica multipla,
coinvolgere scopi e idee, costringere a selezionare e ordinare, a scegliere parole
ed espressioni, ritmo, ad adattarsi a situazioni e destinatari diversi.
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PARTE PRIMA
Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere
e a scrivere prima di scrivere
Le attività devono poi avere un senso, riconoscibile e per i più piccoli di
fruibilità quasi immediata. Questo succede quando quello che si sta facendo
viene sentito come vantaggioso per il soddisfacimento dei propri bisogni. Allora le richieste di attenzione, di riflessione, di rappresentazione e di elaborazione, anche di ricorso al codice, sono legittimate dalla realizzazione del progetto condiviso, piccolo o grande che sia. Tutto avviene dentro l’orizzonte cognitivo, affettivo e relazionale che è poi il mondo quotidiano dei bambini, e
con un andamento che segue un modo più magmatico nella scuola
dell’infanzia, e via via più esplicito nella scuola elementare.
Per finire, una presentazione veloce e motivata degli assaggi di attività che
vi proporrò, e che spaziano su molti aspetti, non tutti, del fare lingua a scuola
con i più piccoli.
In particolare, manca l’ambito della scrittura funzionale, o di servizio (cfr.
Zucchermaglio, La costruzione della lingua scritta), che si riferisce alle molteplici e importantissime opportunità di lettura e scrittura date dalla quotidianità, e che è oggetto del laboratorio parallelo al nostro.
Per quanto ci riguarda, un primo nucleo di attività è legato alla narrazione.
Va fatto l’elogio della narrazione. Essa soddisfa il bisogno primario dei
bambini di riconnettere in una storia le proprie esperienze, e lo fa soprattutto
con i fili di spazio e tempo, che danno unità al movimento sparso degli eventi.
Durante l’ascolto di storie i bambini hanno la possibilità di estraniarsi dal contesto reale dialogico in cui sono immersi e di apprendere le strutture cognitive
e linguistiche entro cui a loro volta ordineranno testi di vario genere, a voce e
scritti.
È in questa direzione il gioco del Villaggio delle fiabe, un’attività per raccontare le fiabe conosciute e per inventarne di nuove.
L’indicazione dell’Aula percorso della memoria è di fatto una strategia che
tiene unite le esigenze del conservare le esperienze fatte insieme e di farne storia di gruppo, di rendere evidenti i progressi fatti e di consentire ritorni e riprese, di rappresentare pubblicamente il libro aperto più personale che ci sia,
quello della vita del gruppo-classe, da leggere e rileggere, da scrivere giorno
dopo giorno.
Un secondo gruppo di attività privilegiano l’ascolto e la raccolta delle teorie
dei bambini sulla lingua, e non solo. Sono suggerimenti di lavoro che di solito
sono accolti con piacere dai piccoli, che finalmente si sentono ascoltati ed apprezzati per quello che sono e fanno. Come si vedrà, permettono approcci
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
molto vari e ricchi di possibilità (uso della corporeità, della mimica, del disegno; conversazioni e confronti, dettature alla maestra, riletture, prime scritture
spontanee).
L’ultima serie di proposte riguardano più da vicino l’apprendimento del
codice e comprendono i giochi fonologici, una varietà ricca di attività divertenti da fare con i bambini senza la pretesa di sistematizzare alcunché. Il loro
scopo è di affinare la sensibilità al suono delle parole, e di avviare quindi i piccoli a sapersi rappresentare fonologicamente le parole (e successivamente i
singoli fonemi) come entità autonoma sia dai segni, sia da quello che significano. Possono essere proposti in modo occasionale, come giochi di parole in
situazioni conosciute (“Apri la torta!” “Limone, mettiti vicino a Teronica
…”); o in attività più strutturate, ma, come potrete vedere fra poco, sempre
molto legate ai modi di agire dei bambini, che sono narrativi, quindi non slegati da situazioni dotate di senso.
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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
I testi funzionali
di Patrizia Bortolotti
PREMESSA
Ogni attività deve essere proposta nella prospettiva di evidenziare il principio fondamentale della lingua scritta: la comunicazione funzionale che permette alle persone di arrivare ad uno scambio di idee e notizie. Abituare il
bambino a conoscere, in modo sistematico, quali siano gli scopi del linguaggio
scritto darà spazio a tutte quelle conoscenze ed idee che i bambini hanno costruito sulla scrittura e lettura, già durante gli anni della scuola d’infanzia. Noi
li aiuteremo a riflettere su alcuni interrogativi:
Perché si scrive
Quando si può scrivere un messaggio
A chi si può scrivere un testo….
Tuttavia, all’interno del gruppo classe, ci saranno bambini ai quali questi
quesiti potranno sembrare non chiari, proprio perché non si sono ancora posti
interrogativi sulla funzionalità della scrittura. L’insegnante, dopo i primi giochi, si renderà subito conto che essi ignorano a cosa serva una cartolina, una
lettera, un qualsiasi messaggio scritto. Semplicemente non hanno avuto
l’occasione di vivere, in prima persona, momenti in cui era importante o veniva reiterata la funzionalità della scrittura.
Innanzitutto, proporremo ai bambini attività in cui il confronto con testi
funzionali sarà, per gli uni e per gli altri, un’occasione dove l’uso della lingua
scritta è decisivo e funzionale per la comunicazione. Questo aspetto diventerà
per i bambini un ulteriore stimolo alla lettura dei messaggi ricevuti o spediti.
Incentivare, in questo modo, il desiderio alla lettura servirà anche ad allontanare quei luoghi comuni sulla lettura che alcuni metodi più attenti al codice
diffondono nella mente dei piccoli apprendisti lettori: si legge per imparare a
leggere, oppure che si legge per imparare le letterine, e ancora se non si sa leggere non si sa scrivere e così via.
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PARTE PRIMA
I testi funzionali
Per sviluppare nel bambino un continuo desiderio di lettura e incoraggiare
delle competenze comunicative che vadano ad unirsi con quelle già possedute,
è necessario, perciò, proporgli attività di lavoro legate al suo quotidiano, ai
suoi progetti e desideri, alla vita della scuola.
La realtà scolastica offre innumerevoli occasioni motivanti alla lettura e
scrittura, sarà nostra attenzione dare ai bambini la possibilità di essere protagonisti attivi in ogni momento del lavoro: dalla discussione collettiva su come
procede l’attività, alle soluzioni da adottare per eventuali problemi che possono sorgere in itinere.
Obiettivo principale delle attività sui testi funzionali è far maturare nei
bambini il legame esistente tra attività di scrittura e lettura. Sia nella scuola
d’infanzia che nella scuola elementare, nelle fasi iniziali di costruzione e stesura, tali testi sono per il bambino uno stimolo ad una maturazione cognitiva,
occasione di costruzione della propria autostima attraverso il confronto con
gli altri compagni. Questo concorre a non disgiungere quel processo globale di
crescita tra la parte intellettiva e la parte emotivo-relazionale del bambino.
Per la scuola d’infanzia non ci si pone l’obiettivo di leggere o scrivere in
codice anticipando tappe di padronanza linguistica. Lo scopo sarà quello di
trovare in attività e giochi, che tra l’altro già si stanno conducendo, una intenzionalità nuova alla scoperta della lettura e scrittura.
Nella scuola elementare, d’altra parte, il testo non deve essere solo un momento di analisi, di decifrazione, di segmentazione; la lettura va intesa come
esplorazione del testo; infatti le parole per molti bambini sono ancora dei logogrammi e solo più tardi essi comprenderanno che le parole sono costituite
da segni che si ripresentano anche in altre unità linguistiche.
ATTIVITÀ POSSIBILI
Si intendono testi funzionali gli avvisi, le ricette, i messaggi da lasciare a
qualcuno, la corrispondenza.
Per quanto riguarda la modalità da seguire per l’elaborazione di testi funzionali, quali quelli riportati nelle pagine seguenti come esempio, i bambini
preparano prima il testo con l’insegnante attraverso la discussione. Questo
momento orale è importantissimo per confrontare idee e proposte, ma soprattutto per coinvolgere nel lavoro di elaborazione anche i bambini più insicuri
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
nella competenza funzionale della lingua; l’insegnante farà lo scriba dei vari
interventi.
Quando si è deciso il testo che si vuol scrivere, nascerà dagli stessi bambini
il problema del destinatario che richiede un certo tipo di registro perché se è
un genitore, il direttore o un bambino non si può adoperare lo stesso tipo di
linguaggio…. Le riflessioni che i bambini faranno a questo proposito, anticipano già aspetti che saranno approfonditi negli anni futuri.
In fase di costruzione del testo, nella scuola d’infanzia, si darà maggior spazio ad immagini e simboli limitandosi a poche parole, decise e discusse con i
bambini. Questa, però, potrà essere una buona occasione per invitare a scrivere le parole che sono state decise. I bambini saranno invitati a provare a scriverle, una alla volta, e chi vorrà cimentarsi lo farà su di un cartellone, in modo
che i compagni possano discutere cosa è stato scritto.
In questa fase di co-costruzione del testo si potrà fare una richiesta ulteriore ai bambini, che discutano quali parole, simboli ed immagini possano essere
più adatte a quel tipo di testo. Sicuramente avranno le loro idee in merito e,
dopo varie esperienze di questo tipo, diventeranno più attenti ed “esigenti”.
A scuola spesso si organizzano momenti in cui i bambini devono preparare
qualcosa da cucinare, questi diventano un’occasione preziosa per fare la lista
degli ingredienti: il testo deciso dai bambini potrà essere costruito aiutandosi
anche con immagini o simboli, sarà poi dettato all’insegnante. Nella scuola elementare i bambini potranno affrontare la ricetta anche come testo regolativo, mettendo in atto un criterio di logica sequenziale e ordine logico temporale.
Con la corrispondenza ci sono numerose occasioni per costruire un testo
funzionale: dalla lettura di una cartolina o lettera arrivata a scuola, ad un testo
da inviare ad un compagno che è a casa ammalato o semplicemente dei saluti
da mandare ai bambini di un’altra scuola….
I bambini oltre ad imparare che la lettera o i messaggi di saluto hanno una
tipologia testuale particolare, inizieranno in seguito ad indagare e a conoscere
le varie parti costituenti la corrispondenza, dal francobollo, al timbro postale,
all’indirizzo.
Vi sono poi dei giochi di ruolo in cui i bambini si prestano volentieri anche
a scuola, come “il gioco del negozio”. Questo diventa un’occasione per
l’insegnante per invitare i bambini alla stesura di una lista della spesa da scrivere assieme, oppure preparare l’elenco dei prodotti che si vendono a prezzi
ribassati, o ancora dei prodotti che mancano ecc. Altro gioco può essere fatto
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PARTE PRIMA
I testi funzionali
con le scatole vuote di vari tipi di prodotti es. caffè, latte, biscotti, riso ecc. e
proporre di allestire il negozio con i cartellini dei nomi dei prodotti da esporre
in vendita.
Posto il problema da risolvere, l’insegnante, nei momenti in cui i bambini
provano a scrivere o discutono le varie parole, non dovrà dare giudizi di merito, farà da scriba o da moderatore della discussione; infatti in questi momenti i
bambini dovranno avere piena libertà di formulare idee, inferenze sul quesito
cognitivo che è stato posto con la scrittura di parole.
Un’altra occasione, molto semplice, per affrontare lettura e scrittura in
modo funzionale sarà la registrazione dei nomi dei compagni assenti. Spesso
nella scuola i bambini assolvono volentieri piccoli incarichi all’interno della
vita di gruppo, questo sarà un momento in cui tutti potranno cimentarsi a
scrivere i nomi degli altri, la discussione che ne seguirà verterà sul come è stata
scritta la parola. Se si iniziano attività sui nomi dei compagni, anche i momenti di prova di scrittura del proprio nome, sia nella scuola d’infanzia che in
quella elementare, diventano un’occasione per l’insegnante di registrare il livello di competenza raggiunto dal bambino. Non servirà che l’adulto apporti
correzioni, basterà che scriva sotto la parola scritta dal bambino la lettura che
egli fa dell’unità linguistica, indicando segmento per segmento; con questo tipo di registrazione si potrà così anche valutare il livello di competenza fonologica raggiunto.
Nella pagina seguente sono riportati alcuni esempi di testi funzionali (dal
laboratorio IPRASE “Lettura e scrittura”).
Nei disegni n. 1 e 2 (una cartolina - la corrispondenza in classe prima), il
testo si presenta “con i buchi”: l’attività di smascheramento e quindi di comprensione del testo richiede abilità di completamento come il cloze classico,
ma attiva anche capacità di inferenza e di formulazione di ipotesi.
I disegni n. 3 e 4 (un invito ed una ricetta) sono il prodotto finale della costruzione di testi funzionali prodotti da bambini di classe prima elementare.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Disegno n. 1
Disegno n. 2
Disegno n. 3
Disegno n. 4
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PARTE PRIMA
I testi funzionali
MATERIALI DI RIFERIMENTO
Cardarello R., Chiantera A. (a cura di) (1989) Leggere prima di leggere, Scandicci
(FI)
Monighetti I. (1994), La lettera e il senso, La Nuova Italia, Scandicci (FI)
Il sito web di Infantiae. org: www.Infantiae.org
Materiale dei laboratori del Gruppo di ricerca linguistica Iprase Trento
PARTE SECONDA
LE ATTIVITÀ NEL LABORATORIO
UN LABORATORIO
PER IMPARARE A LEGGERE PRIMA DI LEGGERE
E A SCRIVERE PRIMA DI SCRIVERE
Documentazione delle attività svolte
Due voci autorevoli, come appunti di viaggio …
Clotilde PONTECORVO (Bologna, Fiera del Libro 2000) dice, a proposito di tutti gli apprendimenti (e a maggior ragione per lettura e scrittura): “È decisiva la PRECOCITÀ delle proposte; sono DECISIVE le offer-
te che fanno nascere interessi e familiarità con la lingua scritta
NO alle anticipazioni
NO alla sistemazione precoce delle conoscenze
NO a regole e leggi imposte
SÌ ai RAGIONAMENTI IDEE IPOTESI TEORIE CONFRONTI
SCRIVERE: CONTESTO CHE SOLLECITA, stimola, sviluppa idee, congetture
…. scrittura semplificata (dettatura) che estrae dal contesto
LEGGERE: sollecitare la lettura a modo loro imitando gli adulti per
finta …senza obbligo immediato di soluzione giusta …
apprendimento come partecipazione (da periferica a centrale, poi)
alle sollecitazioni dell’ambiente
sbagli come punti di vista diverso, da mettere in gioco e a confronto
con altri
TRINOMIO
LIBRI CORPO PAROLA”
Andrea CANEVARO: “Non ridurre i bambini a obiettivi” sarebbe una
mutilazione di molte le loro possibilità …..
“LA SCUOLA DELL’INFANZIA E IL PRIMO PERIODO DELLA SCUOLA ELEMENTARE: MONDO CHE FONDA UN MODELLO DI APPRENDIMENTO”
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
1. Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Che cosa sanno i bambini della lingua scritta?
di Franca Rossi
STRUMENTI ED IDEE PER DARE VISIBILITÀ ALLE CONOSCENZE DEI BAMBINI
Prima di progettare un percorso per i bambini è sempre importante avere
un quadro, il più possibile articolato, delle conoscenze, delle rappresentazioni,
delle emozioni che i bambini hanno a proposito di una determinata area della
conoscenza. Anche nel caso della lingua scritta è importante chiedersi e sapere
che cosa sanno i bambini, che tipo di esperienza diretta/indiretta hanno con la
lingua scritta, quali usi della lingua scritta si rappresentano (per lavorare, per
fare i compiti, per comunicare...).
Utilizzando un’espressione di Vygotskij si può affermare che ogni apprendimento ha una sua preistoria.
Che cosa possono sapere i bambini della scuola dell’infanzia sulla lingua
scritta?
•
possono avere conoscenze diversificate rispetto al codice scritto e alle
regole di funzionamento dello stesso;
• possono avere ipotesi diverse circa la funzione che la scrittura dei testi assolve per gli adulti;
• possono avere ipotesi diverse riguardo la funzione degli atti di lettura degli adulti e riguardo le caratteristiche che rendono leggibile un
testo;
• possono avere diverse ipotesi interpretative circa i luoghi, i tempi, le
modalità attraverso le quali si impara a leggere e a scrivere.
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
COME RACCOGLIERE LE SCRITTURE SPONTANEE DEI BAMBINI
Per rilevare il livello di concettualizzazione sulla lingua scritta dei bambini
si può utilizzare una breve intervista individuale da realizzare in un angolo
tranquillo.
Materiale: fogli bianchi formato A4 e penne.
Cosa chiedere al bambino: “Oggi la maestra vuole sapere come scrivono i
bambini, ora disegniamo degli oggetti e scriviamo a fianco il nome”. Può capitare che i bambini rispondano “Io non so scrivere!”, in questo caso gli diciamo
“Non ti preoccupare, scrivi come sai scrivere tu”.
Parole da far scrivere, possibilmente sullo stesso foglio, tutte nello stesso
giorno:
1. il proprio nome. Dopo che lo ha scritto copriamo con la mano metà
del nome e gli chiediamo: “Ora cosa ci sarà scritto?”
2. un pentasillabo (es. TELEVISIONE)
3. un quadrisillabo (CARAMELLA)
4. un trisillabo (TAVOLO)
5. un bisillabo (CASA)
6. un monosillabo (RE)
7. un nome (GATTO) e il suo diminutivo (GATTINO)
Da non dimenticare ...
•
dopo che il bambino ha scritto chiedergli di leggere seguendo con il
dito la scritta e prendere nota della modalità di lettura, che ci permetterà di individuare il livello di concettualizzazione;
• lasciare libero il bambino di utilizzare il foglio come vuole;
• permettere al bambino di correggere la scritta in qualsiasi momento.
Dopo aver raccolto tutte le scritte di ogni bambino, analizzarle e individuare il livello di concettualizzazione corrispondente. Riportare le informazioni su
tutto il gruppo classe e/o sezione su una scheda riassuntiva con il nome del
bambino, la sua data di nascita, la data dell’intervista, il livello di concettualizzazione rilevato attraverso l’analisi di tutte le scritte prodotte.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
LE INTERVISTE
Per sapere che cosa i bambini sanno della scrittura, si può scegliere di utilizzare un’intervista, ponendo loro delle buone domande.
Inizialmente l’intervista può essere fatta individualmente perché lo scopo è
quello di sapere cosa essi sanno. Successivamente si possono riprendere alcune
delle domande in una conversazione di piccolo gruppo e focalizzare
l’attenzione su alcuni aspetti problematici, e per questo interessanti, emersi
nelle risposte dei bambini.
Qui di seguito vi riportiamo un esempio di possibili domande da utilizzare
con i bambini, si possono raccogliere le risposte con un registratore e si può
chiedere loro anche di disegnare le risposte ad alcune domande.
Una possibile traccia:
• Chi hai visto scrivere?
• A che cosa serve scrivere?
• Secondo te che cosa scrivono i grandi?
• Secondo te come si impara a scrivere?
• Come si impara a leggere?
• Conosci qualcuno che sa scrivere bene?
• Come fai a capire che qualcuno sa scrivere bene?
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
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Attività progettate nel laboratorio
e realizzate con i bambini4
Nel laboratorio non sono state proposte in modo sistematico attività finalizzate ad accertare il livello di concettualizzazione della lingua scritta nei
bambini. Le insegnanti hanno però raccolto scritture spontanee prodotte
all’interno di diverse situazioni.
Nelle pagine seguenti sono riportati, a titolo esemplificativo, alcuni elaborati di bambini della scuola dell’infanzia.
Il primo riguarda il prodotto finale di un percorso centrato sulla discussione relativa ai cibi preferiti.
Ai bambini è stato chiesto di scrivere, accanto al disegno del cibo preferito,
o il nome stesso del cibo o il nome di qualche ingrediente.
L’insegnante ha registrato la lettura delle parole scritte dal bambino.
La proposta è sollecitante per i bambini perché la richiesta di scrittura è
contestualizzata nella produzione di un libro “I nostri cibi preferiti” e personalizzata in quanto ciascuno scrive i propri cibi preferiti.
Di seguito sono riportate la copertina e alcune pagine del libretto con elaborati di bambini di età e livello di concettualizzazione diversi.
4
I commenti alle attività sono di Franca Rossi.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Scuola “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda
Elisa (4 anni): esempio di scrittura presillabica nella quale è presente il
principio della varietà interna, infatti le scritte sono diverse tra loro (disegno n. 1).
Disegno n. 1
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Romina (5 anni 3 mesi): anche la sua scrittura è presillabica; rispetto ad Elisa nella scrittura degli ingredienti appare il formato della lista, inoltre nella
lettura appare un controllo iniziale della quantità (disegno n. 2).
Disegno n. 2
Andrea (5 anni e 9 mesi): la sua scrittura è a livello sillabico iniziale, anche
lui nella scrittura degli ingredienti utilizza il formato della lista (disegno n. 3).
Disegno n. 3
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Vanessa (5 anni e 10 mesi): scrittura sillabico-alfabetica iniziale (disegno n. 4).
Disegno n. 4
Altri esempi.
Scuola “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda
È interessante in questo caso l’uso della scrittura contestualizzata
all’interno di una mappa, perché indica l’abilità di Paride nel gestire contemporaneamente due sistemi di rappresentazione grafica (disegno n. 5).
Disegno n. 5
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Le scritte di Rossana e Giorgio testimoniano che i bambini stanno abbandonando il livello pre-sillabico e stanno iniziando ad utilizzare l’ipotesi sillabica che tuttavia ancora non controllano (disegni nn. 6 e 7).
Disegno n. 6
Disegno n. 7
Per scoprire quello che i bambini sanno rispetto alla lettura e alla scrittura
sono state proposte all’interno dei laboratori le seguenti attività:
Domande sulla scrittura/lettura:
a) Chi hai visto scrivere?
Disegno individuale
Racconto ai compagni
Conversazione
b) A che cosa serve scrivere?
Conversazione
c) Hai visto qualcuno leggere?
Disegno individuale
Racconto ai compagni
Conversazione
d) A che cosa serve leggere?
Conversazione
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Queste attività partono dal presupposto che i bambini hanno già sperimentato situazioni varie di lettura e scrittura e si sono dunque già formati delle loro teorie sul codice e sulle sue funzioni. Esse rappresentano quindi un recupero e una valorizzazione di quello che i bambini sanno (cognitivo) e sono (esperienze/affettività).
L’attenzione dell’insegnante, che fa da scriba nelle verbalizzazioni sui disegni, è volta a coinvolgere tutti i bambini e a favorire la circolarità delle idee,
valorizzando la fase di ascolto e di confronto tra i bambini e tra i bambini e
l’insegnante.
Nella conversazione ritorna utile l’utilizzo del registratore, per i possibili
sviluppi nel futuro immediato e in tempi più lontani.
Un possibile utilizzo: i verbali delle registrazioni vengono dati ai bambini
che evidenziano il loro nome. Ogni bambino “legge” in circolo ai compagni la
propria idea.
Attività realizzate con i bambini:
Scuola dell’infanzia “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda
Sezione Fiori
In un libretto “Chi hai visto scrivere?” l’insegnante ha raccolto i disegni dei
bambini con la verbalizzazione (disegni nn. 8, 9 e 10).
Disegno n. 8
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Disegno n. 9
Disegno n. 10
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Tutti i disegni fanno riferimento a situazioni di uso sociale della lingua
scritta, da parte di scrittori esperti, adulti e non.
Nello stesso libretto sono state raccolte anche le risposte che i bambini
hanno dato alla domanda: “A che cosa serve scrivere?”. Prevale anche qui il
riferimento a situazioni di uso sociale della lingua scritta.
Scrivere serve
Vanessa: Si imparano le lettere.
Matteo: Per capire le cose che ci sono e non ci sono; per imparare a leggere; vedere cosa succede; se non c’erano le lettere sul libro scritte… non si legge… .
Ilaria: Per divertirsi.
Romina: Per imparare a scrivere.
Ilaria: Per imparare le parole.
Giulio, Stefano, Andrea, Aurora, Carole: Per imparare a leggere.
Insegnante: Quando la mamma o il papà hanno scritto la lista della spesa…
l’hanno scritta per imparare? (riferita ai loro disegni svolti).
Bambini: No… non scrivono per imparare.
Insegnante: Allora perché scrivono?
Bambini: Per ricordarsi; se non scrivono… la lista… non sanno cosa c’è; per ricordarsi bisogna scrivere…(I bambino); sì perché ci si dimentica, se non si scrive
si prendono cose che non servono (II bambino); si buttano via i soldi… ed è un
peccato perché ci sono i poveri… .
Insegnante: Ma allora a cosa serve scrivere…?
Bambini: Per ricordarsi le cose; per imparare… e anche per studiare.
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Scuola dell’infanzia di Bolognano d’Arco
Hai visto ancora scrivere. Chi?, bambini di 3, 4, 5 anni.
Eleonora, 3 anni e 10 mesi, disegno n. 11.
Ho disegnato le letterine del mio nome
Disegno n. 11
Marco, 4 anni e 3 mesi, disegno n. 12.
Il signore sta scrivendo sulla strada la parola stop
Disegno n. 12
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Daniel, 5 anni e 8 mesi, disegno n. 13.
Mio fratello scrive con il computer
Disegno n. 13
Sul retro Daniel disegna tante letterine, disegno n. 14.
Disegno n. 14
Alla domanda:“Cosa volevi scrivere ?” risponde: “Una cosa difficile”.
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Scuola dell’infanzia di Varone
Disegna qualcuno che hai visto scrivere
Omar, disegno n. 15.
Il mio nonno che scrive il biglietto della spesa
Disegno n. 15
Scuola dell’infanzia di Riva del Garda
Dove hai visto delle scritte?
Omar, disegno n. 16.
I cartelli
Disegno n. 16
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Rossana, disegno n. 17.
Un pacco col biglietto
Disegno n. 17
Scuola dell’infanzia di Miola di Pinè
Ho disegnato la mamma e il papà che mi
leggono una storia. Siamo tutti seduti sul divano
Disegno n. 18
I disegni prodotti dai bambini testimoniano la varietà dei contesti d’uso
della lingua scritta che i bambini riescono a cogliere molto precocemente.
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Testimoniano inoltre l’attenzione nel cogliere sia situazioni d’uso della
scrittura apparentemente poco familiari, (la scrittura dei segnali stradali), sia
situazioni d’uso sulle quali il bambino è piacevolmente coinvolto (ascolto della lettura di storie da parte dei grandi).
Le risposte dei bambini
Le risposte ed i disegni elaborati dai bambini rivelano una insospettabile
quantità e qualità di esperienze relative all’uso della lingua scritta.
La ricchezza delle risposte alla domanda “Che cosa scrivono i grandi?”, dipende dalle occasioni di vedere gli adulti che usano la lingua scritta per fare
delle cose. Infatti per alcuni gruppi di bambini può verificarsi che non abbiano
quasi mai visto i grandi scrivere. Altri gruppi di risposte fanno riferimento a
situazioni sollecitanti, piacevoli che possono coinvolgere i bambini stessi; ne
sono un esempio le risposte illustrate nell’esperienza della scuola dell’infanzia
di Baselga di Piné, nella quale i bambini disegnano adulti che leggono, (disegno n. 19), mamme che leggono comodamente sdraiate a letto (disegno n. 20),
papà che leggono il giornale a voce alta tanto che i bambini possono ascoltare
(disegni nn. 21 e 22).
Ho visto leggere la mamma, il papà ed il nonno… il
papà legge il libro delle montagne, la mamma le storie ed il nonno il giornale
Disegno n. 19
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
La mamma legge il libro… è sul letto
Disegno n. 20
Il papà legge il giornale… ed io ascolto
Disegno n. 21
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PARTE SECONDA
Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Io sto dando il libro a papà, è il libro di “Bambi”. Io le la
Giulia ascoltiamo
Disegno n. 22
Anche la domanda “A che cosa serve leggere?” attiva nei bambini la ricerca
di tutte le situazioni in cui hanno avuto modo di osservare qualcuno che leggeva. Nell'esempio che segue le risposte dei bambini sono molto ricche e sollecitanti per progettare attività; tutte fanno esplicito riferimento ad atti di lettura
non “scolastici” ma con una reale funzione sociale (assegni, liste della spesa
ecc.).
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Scuola dell’infanzia di Baselga di Piné
A che cosa serve leggere?
Linda: Per sapere che cosa c’è scritto sulle buste e cosa bisogna fare per scrivere le cartoline.
Gabriele S.: Per leggere le cose importanti della natura.
Sara: Bisogna leggere perché bisogna imparare.
Daniel: Per sapere le notizie del telegiornale.
Martina G.: Per imparare l’alfabeto.
Adelaide: Per scrivere i compiti, per imparare il tedesco e per leggere il libro delle piante se sono velenose.
Michelle: Sul libro delle piante di mia mamma c’è il puntino rosso
per sapere se sono velenose. Leggere serve per i compiti.
Marco: Per poter imparare bene l’italiano.
Giovanni: Per sapere se gli animali sono carnivori.
Giustino: Per poter leggere l’assegno.
Feride: Per imparare le storie.
Luca: Per imparare e per sapere se i serpenti sono velenosi.
Angela: Per vedere cosa c’è scritto sui cartelloni della scuola.
Gabriele: Per sapere se le tartarughe sono di acqua o di terra.
Martina D.: Per leggere il libro della “Carica dei 101”.
Andrea: Per leggere le storie da solo.
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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
2. Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Gli aspetti fonologici della lingua
di Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi
Fin dai primi giorni di vita la mente del bambino inizia a discriminare gli
stimoli acustici appartenenti al sistema linguistico materno. Secondo alcuni
studi recenti, i bambini nascono già “predisposti” a considerare in maniera del
tutto speciale il linguaggio. Lo isolano precocemente e iniziano ben presto a
trattarlo come problema a sé stante, utilizzando processi specifici.
Un contributo al riguardo viene offerto da A. Karmiloff Smith (1995) che,
nel libro “Oltre la mente modulare”, propone appunto l’ipotesi che la nostra
mente sia pre-adattata all’acquisizione del linguaggio (innatismo).
In estrema sintesi, questa la sua teoria dei “processi dominio specifici”:
a.
segmentazione stringa sonora
in unità di senso
b.
analisi universo fisico spazio/temporale per poterlo codificare
c.
manipolazione delle relazioni fra unità linguistiche ed eventi/oggetti
d.
rappresentazione specificatamente linguistiche con modularità progressiva
Molto presto dunque il bambino gioca con la lingua, prova a smontarla e
rimontarla, ripete, trasforma. La lallazione ripetitiva dei primi mesi di vita è
un esempio di questa intensa sperimentazione: il bambino continua a modulare certe combinazioni di suoni (la – la … ma – ma …) per poi passare ad altre, una volta che le ha “acquisite”.
Su questa preistoria si innesta e si forma la sensibilità fonologica, che diventerà in seguito consapevolezza fonologica, cioè capacità di rappresentarsi i
93
PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
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suoni costituenti una parola o una frase.
G. Pinto la definisce come “capacità di identificare le componenti fonologiche di una lingua e di saperle intenzionalmente modificare”. Si tratta di una
competenza preliminare, che facilita e in un certo senso è predittiva dei tempi
e dei modi dell’apprendimento della lettura e della scrittura.
Quando i bambini si affacciano al mondo dell’istruzione formale e strutturata hanno quindi già un’ampia esperienza anche di questo aspetto particolare
della lingua, di cui è opportuno tenere conto.
I giochi fonologici, così come li proponiamo, hanno un ruolo importante
anche per gli insegnanti, in quanto li aiutano a comprendere il livello di sensibilità raggiunto dai singoli bambini, oltre a costituire lo strumento adatto a
rinforzare tale abilità. Purché siano proposti in un contesto significativo, capace di motivare i bambini, cioè di incuriosirli e interessarli a provare. Per questo è da privilegiare la modalità del gioco, in situazioni informali o strutturate.
ATTIVITÀ INFORMALI
L’insegnante, intenzionalmente, sfrutta molte occasioni della quotidianità
per sollecitare l’attenzione sull’aspetto fonologico della lingua. I modi possono
essere tanti quanti l’inventiva e l’estro dell’insegnante suggeriscono. Noi ne
proponiamo di tre tipi:
•
Non sense
“Vai a chiudere la torta!” oppure “Per favore, apri la minestra!”
Qui l’attività si esaurisce nel divertimento del gioco. La sua validità sta nella
scoperta (immediata) dell’artificio linguistico, che sposta l’attenzione dal significato al significante. È bene non appesantire l’utilità del momento con richieste dirette (“dove ho sbagliato?”) o discussioni che anticipano l’analisi
dell’“errore” (“Cosa dovevo dire invece?” “Cosa ho sbagliato a dire torta invece di porta?”). Sono eventualmente da apprezzare le battute, le osservazioni
scherzose dei bambini orientate agli aspetti linguistici.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
•
Scherzetti (scuola elementare)
I bambini imparano presto a riconoscere “pezzetti” con lo stesso suono in
differenti parole. Lo fanno facilmente con le rime, nelle filastrocche (“parole
che hanno la stessa coda”, come farfalla e palla), o con parole che “hanno la
stessa testa” (come castello e caramella). A questo punto si possono far nascere
situazioni linguistiche interessanti, che divertono i bambini, mentre portano la
loro attenzione sugli aspetti fonologici e sulle caratteristiche combinatorie della nostra lingua.
Un esempio:
“Il librone è nascosto sotto il tavolo” può diventare “Il limone è nascosto
sotto il tacco”.
•
Giochi sui nomi propri dei bambini
ATTIVITÀ STRUTTURATE
I giochi sono stati elaborati all’interno del Gruppo di Studio IPRASE per la Lettura e la Scrittura
•
Riconoscimento di rime (omofonia in posizione finale)
Gioco del “BUM!”: bosco delle parole … Io sono il mago delle parole. Ho
un difetto, sono terribilmente ordinato… le parole possono uscire a passeggio,
ma in file ordinate al mio comando: tutte le parole di una fila devono finire
allo stesso modo (fare la rima). Voi mi aiutate nascosti sugli alberi. Vi serve un
fucile (finto) e le orecchie bene aperte: le parole non si vedono, non si toccano,
si sentono solamente… Fate BUM! se in una fila si nasconde una parola che
non finisce come tutte le altre.
pane cane stanza rane tane
pallina sorellina vento cantina stradina
leone casa pallone pentolone melone
scale sale canale carta pedale
Nota: In questo caso, come negli altri che seguono, l’aspetto fonologico
sotto osservazione viene enfatizzato dalla voce dell’insegnante.
95
PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
96
•
Riconoscimento omofonia in posizione iniziale
Gioco: La banda delle parole e la parola “stonata”.
Regola: la canzone deve essere fatta di parole che iniziano allo stesso modo
(stessa sillaba). Io sono il direttore d'orchestra: voi mi aiutate a scovare la parola “stonata”. Giù la testa… ascoltate… alzate la testa quando sentite la parola “stonata”, e rimproveratela, pronunciandola forte.
robot rotondo rosso vigile romeo
bambino barca tappo batman ballare
giocattolo giovane giostra palo giovanni
tappeto tavolino libro tana tabella
postino pomodoro cielo polvere polpette
•
Sintesi sillabica
Gioco del robot: l’insegnante si trasforma in robot, e parla la lingua dei robot (sillabando). I bambini devono capire e “tradurre”, facendo sintesi.
Questo è un gioco che i bambini sanno usare normalmente in situazioni
concrete (ad esempio, quando fanno i capricci, per accentuare la loro volontà
“lo-vo-glio!” ). Si tratta qui di portare a consapevolezza una competenza agita.
tavolino telefono pavimento caramella calciatore cagnolino
•
Analisi sillabica (con oggetto)
Gioco: Il bambino “robot” e la borsa misteriosa.
Adesso voi siete i robot. Io pesco da questa borsa degli oggetti e voi dite il
loro nome, usando la lingua dei robot. Se sarete dei bravi robot, l’oggetto pescato sarà vostro (per un po’).
cartolina pennarello matita macchina orologio cacciavite giornalino
•
Analisi fonemica
Gioco dello spezzatino fino fino (spelling). Storiella della luna che cade nel
pozzo insieme ad altre cose (disegnate su foglietti e messi dentro uno scatolone). I bambini “pescano un foglietto” e salvano la cosa disegnata, se sanno dire
il nome usando lo spelling.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
casa luna pino sole mare mela lumaca
•
Sintesi fonemica
Gioco: Indovinare la parola segreta per entrare nel castello. Fuori piove e
nevica. I bambini bussano e possono entrare nel castello solo se sanno fare la
sintesi della parola d’ordine pronunciata usando lo spelling dal padrone del
castello (chi conduce il gioco).
spelling del nome del bambino
apri piove nevica amici
limone lumaca patata pirata salame
•
Individuazione del suono iniziale
Gioco: Il ristorante strano/il negozio di giocattoli strano/lo zoo strano/la
scuola stranissima. Funziona come un gioco dell’intruso. C’è in palio un biglietto gratis, per andare allo zoo, al ristorante… I bambini lo vincono individuano l’intruso in una serie di nomi di giocattoli, di animali, di alimenti… che
iniziano con la stessa lettera:
pollo patatine cavoli pane piselli
trenino macchinina trottola trattore telefono
cavallo cane tigre canguro coccodrillo
Marta Marina Giacomo Martino Mirco
I giochi fonologici vanno organizzati se possibile in piccoli gruppi. Nella
scuola dell’infanzia servono ad avvicinare i bambini alla sensibilità fonologica
e mantengono sempre la dimensione ludica, senza anticipazioni, approfondimenti, richieste di analisi di nessun tipo.
Nella scuola elementare segnalano il grado della consapevolezza fonologica
nei suoi vari aspetti e aiutano a consolidarla o a colmare eventuali carenze.
Vanno comunque riservati alla fase specifica (e non per tutti coincidente) in
cui i bambini si mostrano particolarmente interessati alle parole come insiemi
di suoni. Sono quindi opportuni nel momento-soglia che aprirà poi anche alla
ricerca delle corrispondenze fra suoni e grafemi.
È importante proporre i giochi in maniera equilibrata e variata, così che i
bambini possano sviluppare tutte le abilità, senza forzature o ripetizioni noio-
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
98
se.
Va ricordato infine che esiste una naturale evoluzione dei giochi fonologici,
da non disperdere. Essa confluisce nell’universo dei giochi linguistici, divertimento piacevole e creativo proponibile a qualsiasi età.
Nel laboratorio è stato proposto come compito di:
•
•
•
provare un gioco tra quelli presentati e inventarne uno;
registrare 10’ del gioco proposto;
inventare con i bambini una filastrocca sui loro nomi.
Vediamo insieme alcune realizzazioni delle proposte:
NON SENSE
Scuola dell’infanzia “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda
Ad un gruppo di bambini di 4 e 5 anni è stata proposta la seguente attività:
1. L’insegnante ha letto la storia di “Cappuccetto Rosso".
2. Il giorno seguente ha ri-letto la storia, cambiando delle parole: ad es.,
lupo-pupo, notte-botte, letto-tetto, gonna-nonna, cestino-festino,
mela-vela, rosso-mosso, farina-carina, ecc.. I bambini dovevano intervenire e correggere la maestra.
Di seguito viene riportata la registrazione dell’interazione.
Insegnante: “Questa notte ho sognato una cosa un po' strana: sbagliavo a leggere
le parole. Voi dovete ascoltarmi, stare molto attenti e dirmi quando sbaglio le parole. Questa è la storia di Cappuccetto, che voi sapete già. L'ho letta anche ieri e voi
conoscete benissimo le parole”.
Un bambino: “Io la so bene, me l'ha raccontata mia sorella!”
Insegnante: “Ecco, allora state attenti. Ogni tanto mi sbaglio, perché oggi la mia
lingua non funziona bene. Aprite bene le orecchie e ditemi quando sbaglio le parole, d'accordo?”.
Bambini: “Sì! Sì!”
I.: “Allora pronti, che ve la rileggo. Questa è la storia di Cappuccetto Mosso…”
B.: “No! Rosso!” “Hai sbagliato!” “Rosso! Rosso!”
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
I.: “Ho sbagliato? Non è mosso?”
B.: “Nooo!”
I.: “Perché ho sbagliato?”
B: “Perché è Cappuccetto Rosso!”
I: “Ma cosa ho sbagliato?”
B.: “Hai detto Cappuccetto Mosso!”
I.: “Ma dov'è ho sbagliato? Perché mosso è sbagliato? È Cappuccetto mosso o rosso?”
B.: “Rosso!”
I: “Che cosa è sbagliato? Cosa vuol dire mosso?”
B.: “Mosso vuol dire tutto che si muove”.
I.: “E rosso?”
B.: “Vuol dire che colore rosso”.
I. “Allora? Che differenza c'è tra rosso e mosso? Cosa ho sbagliato a dire?”
(silenzio)
B.: “…. Cappuccetto Rosso!”
I.: “Mosso e rosso: cosa sbaglio? Dove ho sbagliato?”
B.: “… la erre!”
I.: “La erre?”
B.: “No … hai sbagliato…” (c'è un po' di indecisione).
I.: “Cappuccetto …?”
B.: “Rosso! Con la erre!”
I.: “Devo dire la erre?”
B.: “Si!” “No!” “Ca - pu - ce - to ro -so!”
I.: “Va bene, ho capito. Vedete che oggi la mia lingua funziona poco. Riprendiamo i
personaggi della storia. Allora Cappuccetto Mosso…”
B.: “Rosso!”
I.: “Ah già! Questa è la …?”
B.: “Mamma!”
I.: “Mamma. Questo è il …?”
B.: “Lupo”.
I.: “Pupo?”
B.: ridono e poi dicono “No! Lupo!” “Hai sbagliato la lu”.
I.: “La lu?”
B.: “È il lupo. Tu hai detto pupo”.
I.: “Io ho detto pupo”.
B.: “Lupo!”
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
I.: “Va bene. Questa è la … ?”
B.: “La nonna!”
I.: “La gonna!”
B.: “La nonna!” “Nonna!” “Hai sbagliato la no!”
I.: “No …?”
B.: “Nonna” “Non - na”.
I.: “Nonna, non gonna?”
B.: “No!”
I.: “Ok, nonna. Questo è il cacciatore”
B.: “Cacciatore!”
I.: “Meno male che non sbaglio tutto! Questa mattina mi sento un po' strana”.
B.: “Come mai sei strana?”
I.: “Ho dormito un po' male questa notte. Ascoltatemi bene. C'era una volta una
simpatica bambina, così allegra e gentile che tutti le volevano un gran bene, specialmente la sua gonna…” (pausa, i bambini non reagiscono) “… chissà cosa non
avrebbe fatto per lei. Una volta, per farle un regalo speciale, le aveva cucito un grazioso vestito tutto mosso …”
B.: “Rosso! Rosso!”
I.: “Con il cappuccio di velluto e da allora la bambina l'aveva sempre indossato, così
in paese tutti avevano preso l'abitudine di chiamarla Cappuccetto Mosso”.
B.: “Rosso! Rosso!”
I.: “Rosso. Un giorno la mamma chiamò la bambina e le disse: “Vieni, devo darti un
incarico molto importante!” e Cappuccetto: “Eccomi mamma, cosa vuoi?” “Devi andare ad aiutare la gonna”.
B.: “La nonna!” (ridono).
I.: “Aiutare la gonna”.
B.: “La NONNA!! Hai sbagliato un'altra volta!”
I.: “Cosa ho detto io?”
B.: “Gonna”.
I.: “E cosa devo dire?”
B.: “Devi dire nonna! Tu hai detto gonna, quella che si indossa!”
I.: “Ah, mi sbaglio. Cosa non devo dire?”
B.: “Gonna”.
I.: “E invece devo dire?”
B.: “Nonna, ma non devi dire neanche Cappuccetto Mosso”.
I.: “E lì cosa sbaglio invece?”
B.: “La erre. Tu dici Ca - pu - ce - to mo - so!”
I.: “Mosso? L'hai detto anche tu!”
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
B.: “No!” …..
I.: “Ok, andiamo avanti!” “La mamma disse: “Vedi questo festino?”
B.: “No!” “Cestino!”
I.: “Ho sbagliato ancora?”
B.: “Sì!” “Cestino!” “Ce - stino. C'è la ce. Con la ce!” “C'è la ci”.
I.: “Cosa sbaglio qui?”
B.: “La ci”.
I.: “Non ho detto la ci? Cosa ho detto io?”
B.: “Festino”.
I.: “E invece devo dire?”
B.: “Cestino!”
I.: “Ok. Portalo alla nonna, ma non perdere tempo per la strada e torna prima che
faccia botte”
B.: “La notte!” “Notte!”
(Da questo punto in poi la registrazione è piuttosto disturbata)
I.: “Nel cestino c'è il gino rosso”
B.: “No!” “ Vino!”
I.: “Cosa ho sbagliato adesso?”
B.: “La gi”. “La gi è sbagliata”.
I.: “Io cosa ho detto?”
B.: “Gino”.
I.: “La parola giusta è … ?”
B.: “Vino” “La vi!”
I.: “Il gino rosso e le uova fresche, … no, mi sono sbagliata, dillo tu”.
B.: “Vino rosso”.
I.: “Vino rosso e la focaccia impastata con tanto burro, zucchero e carina”.
B.: “No!” “Non carina, ma farina!” “Farina!”
I.: “Qui cosa ho sbagliato?”
B.: “Farina, la fa, la fa”.
I.: “Fa -rina”.
B.: “Farina”.
I.: “ Possiamo andare avanti? Vi piace di più Cappuccetto Rosso o Cappuccetto Mosso?”
B.: “Rosso!”
I.: “E la vela rossa”.
B.: “Mela!” “Hai detto vela invece di mela!”
I.: “Ho detto vela, ma non è una parola sbagliata”.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Solo due bambini hanno saputo indicare la lettera sbagliata. Alcuni si sono
accorti che le parole simili “hanno la coda uguale”, cioè che fanno rima.
Dopo la lettura della favola la maestra ha scritto le parole simili (es. lupo pupo) e i bambini le hanno disegnate. A questo punto, vedendo le parole scritte, hanno riconosciuto il segno, ma non hanno saputo riconoscere il suono.
Rilevare le incongruenze semantiche
nel contesto di una storia
di Franca Rossi
Che cosa ci aspettiamo quando proponiamo ai bambini un’attività di questo tipo che prevede il racconto di Cappuccetto Rosso con le parole sbagliate?
•
•
Ad un primo livello ci si potrebbe aspettare che non tutti i bambini
siano in grado di cogliere queste incoerenze, questi errori;
ad un secondo livello ci si potrebbe aspettare che i bambini siano in
grado perfettamente di cogliere le incoerenze, che non abbiano
problemi a dirci: “Maestra che stai dicendo?”, ma che abbiano invece più difficoltà nel fare l’analisi dell’errore, cioè a dire perché è sbagliato, come si deve correggere, ecc. ..
Una prima osservazione riguarda il fatto che i bambini individuano facilmente tali incoerenze.
Il fatto che, come qualche insegnante ha annotato, alcuni bambini non abbiano rilevato le incoerenze, gli errori potrebbero essere un problema legato
alla velocità di elaborazione delle risposte, cioè al fatto di non arrivare a dire
subito ciò che si sta pensando. Non possiamo escludere che in una situazione
individuale in cui si lascia ai bambini più spazio, riescano a dire: “Hai sbaglia-
to questa parola”.
È un dato confermato da tutte le ricerche che i bambini individuano molto
molto precocemente le incoerenze semantiche “forti” e riescono a rispondere
correttamente a richieste di questo tipo.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Però potrebbero esserci altre nostre aspettative rispetto a questo compito;
quali potrebbero essere?
Per esempio ci si potrebbe aspettare che i bambini non solo siano in grado
di rilevare questi errori, ma che siano anche in grado poi di utilizzare un lessico specifico per definire l’errore e per individuare la risposta corretta.
È quello che accade quando, nel momento in cui il bambino dice “No mosso, rosso”, io insegnante non mi accontento della risposta, ma spingo il discorso su un piano di argomentazione della risposta.
Leggendolo dal punto di vista di Vygotskij si potrebbe dire che, visto che
l’attività è ormai consolidata, cioè visto che il rilevamento lo sanno fare, io mi
spingo un po’ più in là e cerco di vedere se sono anche in grado di definire
l’errore, andando ad agire in quella che Vygotskij definisce l’area di sviluppo
prossimo.
GIOCHI SULLE RIME DEI BAMBINI
Sono stati proposti numerosi giochi sulle rime, utilizzando sia i nomi dei
bambini sia altre situazioni note.
Ecco alcuni esempi:
Scuola dell’infanzia di Riva del Garda
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Rime sui nomi dei bambini
Anna Pellegrini
che mangia i tortellini
Alessio Polastri
che gioca con i nastri
Prezzi Luca
scava una grande buca
Daniela Rodella
beve il latte dalla scodella
Peter Salizzoni
gioca con i palloni
Maurizio Salmaso
mette i fiori nel vaso
Gaia Segattini
raccoglie i fiorellini
Ludovica Sodano
saluta con la mano
Zanoni Michele
beve il latte con il miele
Alessia Crosina
mangia la polentina
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Come si può notare, non è difficile, anche per dei bambini piccoli individuare e scegliere, nell’ambito del repertorio del proprio vocabolario, parole
che siano in rima con il proprio nome e che siano anche semanticamente coerenti con la frase proposta dall’insegnante, come nell’esempio seguente
(Buongiorno …….. questo giorno sia ……).
Scuola dell’infanzia di Varone, bambini di 4 e 5 anni
Buongiorno AMINA!
Questo giorno sia luccicante come una stellina
Buongiorno GIORGIA PELLEGRINI!
Ti diciamo grazie perché ci hai fatto vedere i tuoi vitellini
Buongiorno MARTIN GROTTOLO!
Questo giorno sia gioioso come una corsa dietro un pallone in un viottolo
Buongiorno FILIPPO!
Questo giorno sia dolce come un calippo
Buongiorno ELISA ANDREOLI!
Questo giorno sia bello come un campo di
girasoli
Buongiorno ROSSELLA!
Una giornata insieme è proprio tanto bella
Buongiorno FRANCESCO!
Questo giorno sia dolce come i fiori di pesco
Buongiorno LUCA!
Questo giorno sia bello come un prato dove
la pecorella bruca
Disegno n. 1
Buongiorno FEDERICO!
È con tutto il cuore che te lo dico
Buongiorno MICHELE!
Questo giorno sia felice come una torta di mele
(disegno n. 1)
Buongiorno LUCA CECOBELLI!
Questo giorno sia allegro come il suono dei tamburelli
Buongiorno VALENTINA LOTTI!
Questo giorno sia invitante come un piatto pieno di biscotti
Buongiorno ANDREA!
Questo giorno sia misterioso come la marea
Buongiorno GABRIELE!
Il tuo sorriso è dolce come il miele
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Buongiorno MARCO!
Questo giorno sia colorato come i pesci in un
acquario
Buongiorno SHARON CASTELLINI!
Questo giorno sia allegro come il cinguettio
degli uccellini
Buongiorno ALESSANDRO!
Questo giorno sia bello come i fiori di oleandro
(disegno n. 2)
Disegno n. 2
Buongiorno LUCREZIA MICHELOTTI!
Questo giorno sia gioioso come il canto dei passerotti
Buongiorno DAVIDE ARMONI!
Questo giorno sia bello come una camminata con gli scarponi
Buongiorno VALENTINA!
Questo giorno sia luminoso come il sole che sorge ogni mattina
Buongiorno PATRICK TOSCO!
Questo giorno sia bello come una passeggiata nel bosco
Buongiorno ARIANNA!
Questo giorno sia dolce come una torta alla panna
Buongiorno SOFIA!
Un giorno con gli amici è pieno di allegria
I nanetti furbetti
I bambini hanno inventato delle frasi con la rima e per ogni frase hanno
fatto un disegno (ne riportiamo uno).
Sette nanetti
allegri e furbetti
che giocano tra loro
e poi vanno al lavoro.
Ecco Dotto
che si prepara un buon risotto.
Pisolo si addormenta
sotto una pianta di menta.
Ecco Gongolo
che costruisce un dondolo.
Eolo ha il raffreddore
ma non va mai dal dottore.
Mammolo è un coccolone
e gioca sempre al pallone.
Disegno n. 3
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Brontolo sbuffa
e dice uffa.
Cucciolo è il piccolino
e gioca con il trenino. (disegno n. 3)
Scuola dell’infanzia di Varone -Gruppo di 24 bambini di 5 anni
(intersezione)
A partire dalla filastrocca costruita insieme su una fiaba (situazione nota),
Biancaneve lieve lieve
ha la pelle come la neve,
la regina brutta brutta
ha lo specchio e non lo butta,
ma i nanetti quando è sera
se ne tornano dalla miniera,
ma un bel giorno nel ritorno
una torta trovano nel forno,
e stupiti i piccolini
videro la bimba che dormiva nei loro lettini.
i bambini hanno inventato e illustrato altre rime (ne riportiamo alcune).
Il nanetto cucciolo
gioca con un truciolo.
Nel bosco gli animali
portavano gli stivali.
Il nanetto dotto
conta fino a otto. (disegno n. 4)
Il cacciatore
mangiava le patate al vapore.
Il nano Gongolo
gioca con il dondolo.
Nel bosco c'era una casetta
piccolina, piccoletta.
La strega che cade dalla roccia
e poi si fa una bella doccia.
Biancaneve vestita di stracci
asciugava i piatti con gli strofinacci.
Disegno n. 4
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
La regina si guardava nello specchio
ma era troppo vecchio.
Biancaneve
gioca con la neve.
Sette nanetti
andarono sopra i tetti.
Sette nanetti
indossavano berretti e stivaletti.
Arriva il principe a cavallo
e porta Biancaneve al ballo. (disegno n. 5)
I nanetti in miniera
si portavano il tè nella teiera.
Disegno n. 5
Attenzioni
Con le filastrocche ritmate, in cui i bambini devono battere il tempo, c'è il
rischio che si formino degli automatismi, quindi è opportuno variare il ritmo
oppure cambiare canzone.
Gli automatismi sono certezze meccaniche che compaiono soprattutto nei
bambini fragili, per i quali costituiscono dei sostegni rassicuranti.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Scuola dell’infanzia di Baselga di Piné
UNA FILASTROCCA PER CANTARE
LA FINESTRA DI CASA MIA
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Scuola dell’infanzia di Rizzolaga
Un gioco sul riconoscimento di parole (omofonia nella parte iniziale)
IL RE DELLE PAROLE (gara a coppie)
I momento
Si predispongono due cestini contenenti:
•
immagini di oggetti la cui parola inizia con lo stesso suono (es. “ca”);
•
immagini di oggetti la cui parola inizia con suoni diversi.
Al via dell'insegnante due bambini a turno, dopo aver percorso un breve
tragitto con ostacoli, devono ricercare all'interno del cestino immagini di oggetti che iniziano con il suono “ca”. Vince chi per primo ne individua tre e,
dopo aver percorso il tragitto ad ostacoli, le depone nel cestino posto alla partenza.
Al termine di ogni gara ogni giocatore mostra le immagini ai compagni
pronunciando il loro nome.
Tra i vincitori si può proseguire il gioco ad eliminazione fino ad arrivare alla proclamazione del “re delle parole” che avrà l'onore di indossare la corona
d'oro (fatta con materiali vari, ad es. cartoncino dorato, pasta da cucina, carta
crespa gialla). Ogni giocatore riceverà un premio di consolazione.
II momento (dopo qualche mese)
Si propone lo stesso gioco con la seguente variante: le immagini sono accompagnate dalla sillaba iniziale scritta.
III momento
Nel cestino si mettono cartoncini dove sono scritte le sillabe: i bambini devono riconoscere quelle uguali.
Accorgimenti:
•
scegliere immagini semplici e chiare,
•
scegliere immagini di oggetti che i bambini conoscono bene, in
quanto fanno parte del loro vissuto quotidiano,
•
scegliere oggetti il cui nome non si presta ad avere una doppia interpretazione (ad es. canarino - uccellino).
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Scuola elementare di Baselga di Pinè
Un gioco per lavorare con i fonemi
GIOCO DELL'UOMO PIGRO
C'era una volta un uomo pigro che…. (descrizione di attività che rendano
l'uomo pigro “divertente”) ….
Anche quando parlava l'uomo pigro era proprio pigro, sentite un po':
quando andava al ristorante ordinava al cameriere un piatto di R..I..S..O.. e
poi… si addormentava. Il cameriere disperato cercava qualcuno che lo aiutasse a capire che cosa mai volesse l'uomo pigro. Chi lo vuole aiutare?
Si prosegue con altre situazioni: gli piacevano le B..A..N..A..N..E..; giocava
spesso a C..A..R..T..E..; indossava solo scarpe V..I..O..L..A..; dormiva con un
R..O..S..P..O.., ma era di peluche…
Scuola elementare di Faver
Giocare con i suoni iniziali della parole
Ada, la strega del castello, ha perso le parole: aiutiamola a ritrovarle.
•
Nascondere cartellini con immagini.
•
Invitare i bambini a cercare i cartellini.
•
Far pronunciare chiaramente e correttamente i nomi degli elementi
raffigurati.
•
Isolare il suono iniziale.
•
Mettere il cartellino nella scatola di Ada se la parola inizia con lo
stesso nome.
Varianti:
•
Individuazione del suono finale.
•
Individuazione della presenza del suono all'interno della parola.
•
Idem con gli altri personaggi del castello: Edo, Isa, Oro, Ugo.
•
Usare oggetti al posto dei cartellini.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
La produzione di testi scritti
nella scuola dell’infanzia
di Franca Rossi
Bambini che non sanno scrivere, possono produrre testi scritti?
La risposta alla domanda dipende dall’idea che si ha quando parliamo di
produzione di un testo scritto. Se pensiamo a una produzione di testo autonoma ed individuale, è chiaro che si può rispondere solo con un «no».
Ci possono essere, tuttavia, modalità diverse di pensare alla produzione di
un testo scritto, per esempio pensare ad un bambino che, pur non essendo ancora capace di scrivere autonomamente, può pensare in lingua scritta un messaggio, il contenuto di un testo che può dettare all’insegnante.
Infatti saper scrivere un buon testo solo in parte dipende dalla capacità di
scrittura autonoma, la richiesta maggiormente implicata è quella di pensare
un messaggio in una forma adatta per essere scritto, quindi scegliere le parole,
le forme linguistiche adeguate.
Pertanto l’interesse per il tema della produzione del testo scritto nella scuola dell’infanzia nasce dalla consapevolezza, costruita sugli esiti di anni di ricerca, di come non sia necessario padroneggiare il codice alfabetico per essere in
grado di produrre testi scritti.
L’approccio che si può utilizzare, a partire dalla scuola dell’infanzia, è quello relativo alla realizzazione di percorsi di produzione del testo scritto sganciati dalla capacità di scrittura autonoma dei bambini e che quindi permettano ai
bambini stessi di produrre un testo scritto già prima di saper scrivere in maniera convenzionalmente corretta.
Nella scuola e nella vita quotidiana i bambini sono immersi in situazioni
comunicative nelle quali scambiano, con gli adulti e con i coetanei messaggi,
verbali e non verbali, di vario tipo. Chiedono, invitano, litigano, protestano,
raccontano, spiegano, stabiliscono, richiamano regole. Tutte attività che implicano l’organizzazione e l’espressione di un pensiero in una forma linguistica
adeguata alle circostanze.
Anche nella realtà dei bambini, tuttavia, ci sono sia situazioni in cui è preferibile utilizzare una comunicazione scritta. Tali situazioni non vanno sciupa-
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
te. Infatti un curricolo di lingua per la scuola dell’infanzia che riconosca e faccia proprie queste possibilità propone ai bambini della fascia di età dai tre ai
sei anni, non ancora ufficialmente alfabetizzati, una serie articolata di attività
di scrittura intese come autentiche produzioni in lingua scritta.
Durante tali attività i bambini stessi dettano all’insegnante-scriba che scrive
per loro quello che essi via via pensano che vada scritto nel testo.
Di conseguenza, se partiamo dalla consapevolezza che scrivere significa
produrre testi significanti che vogliono dire qualche cosa a qualcuno per informarlo o per ottenere qualche cosa (chiedere i nuovi mobili per la sezione
alla coordinatrice o chiedere il permesso di telefonare alla propria mamma nei
momenti di malinconia), non potremo proporre «paginette» e esercizi di copiatura di lettere, sillabe o parole. Questo vale, ovviamente, anche per la scuola
elementare.
In queste attività, nelle quali pensiamo all’adulto come scriba, è fondamentale aiutare i bambini a differenziare la richiesta di pensare le cose da dire dalla
richiesta di dettatura, perché è in quest’ultima richiesta che i bambini devono
fare lo sforzo di trovare le parole più adeguate, più idonee, affinché il testo
possa essere scritto in modo chiaro e comprensibile.
L’insegnante svolge un ruolo fondamentale, che è quello di rileggere continuamente ciò che i bambini via via dettano, perché la rilettura offerta
dall’adulto è l’unica possibilità, per i bambini, di accedere e controllare il testo.
Di seguito è presentato un esempio di una buona situazione di produzione
di un testo scritto. Si tratta di un avviso per i genitori, raccolto in una scuola
romana (esempio pubblicato su www.infantiae.org).
L'obiettivo dell'attività è quello di far produrre ad un piccolo gruppo di
bambini della scuola dell’infanzia un testo scritto. Si tratta di un particolare
genere di testo, un “avviso” per convincere i genitori a non sporcare il giardino durante l'entrata e l'uscita dalla scuola. I bambini partecipanti all'attività
hanno un'età compresa tra i 4 e i 5 anni. La discussione è durata venti minuti e
sviluppa 83 turni.
1. Ins: Che dobbiamo fare oggi? (L'attività era programmata e alcuni bambini sapevano anche il contenuto).
2. Marco: Dobbiamo registrare le cose, le schifezze.
3. Olga: Dobbiamo fare il cartellone per i genitori...che non devono buttare le schifezze.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
4. Marta: Io ho visto Angelo che ha buttato le sigarette ....
(...)
9. Ins: Va bene, questo poi lo possiamo discutere anche dopo. Vi ricordate che abbiamo pulito il giardino, abbiamo tolto le cicche di sigarette, le cartacce...
11. Olga: Nel giardino stavano giocando con quel tipo di vetro come plastica, se lo
lanciavano; allora io l'ho preso e l'ho buttato di fuori .
(....)
41. Ins: Come possiamo fare, Olga aveva avuto un'idea che era quella di scrivere...
come avevi detto Olga?
42. Olga: Un cartellone.
43. Marta: Quando si sente? (indica il registratore)
44. Ins: Alla fine.
45. Olga: Allora scriviamo “Voi genitori non buttate le cartacce e neanche le sigarette perché il giardino è stato un po’ pulito e poi non deve essere più sporco”.
46. Marco: È troppo lungo.
(...)
47. Noemi: Io devo dire una cosa.
48. Ins: aspetta C'era prima Marco.
49. Marco: Infatti io ho pensato in un altro modo “Di non buttare le cose per terra”
basta.
50. Olga: no Le cose! Loro buttano tutto se diciamo le cose, no, loro buttano solo
cartone, cicche e sigarette, questo buttano.
51. Marta: E il vetro.
52. Noemi: E poi scriviamo pure “Bambini non buttate le cartacce per terra e le patatine”.
53. Ins: Eh, questa è un'altra cosa.
53. Olga: Però certi bambini quando vengono e se ne vanno da scuola mangiano
qualcosa proprio a terra.
(...)
56. Ins: Allora, questo cartello, chi è che leggerà questo cartello?
57. Marco: I genitori; però volevo dire in un altro modo.
58. Olga: Se noi prendiamo un cartellone e lo attacchiamo sotto è più comodo per
attaccarlo al muro.
59. Marta: Devo dire una cosa: non buttate le carte delle caramelle e non buttate i
pezzi dei giochetti.
60. Olga: Marta ha ragione, perché abbiamo trovato anche i pezzi dei giochetti.
61. Ins: Allora cominciamo a scrivere.
62. Marco: Di non buttare proprio niente niente sul giardino.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
63. Olga: Questa è un'idea bene; è meglio scrivere bene del cartone, del vetro, delle
cicche e dei giochetti...
64. Noemi: ... e pure delle patatine.
65. Marta: E delle caramelle.
66. Marco: Non c'entra perché è troppo lunga.
67. Olga: E poi è proprio lunga infatti perché dobbiamo scrivere tutte le cose.
68. Ins: Allora dobbiamo decidere, come si può cominciare a scrivere?
69. Olga: sS può attaccare con la colla.
70. Noemi: È una bella idea.
71. Ins: Allora come si può scrivere? Voi mi dettate e io scrivo.
72. Olga: Allora prima scrivi il titolo.
73. Ins: Prima scrivo il titolo? E qual è il titolo?
74. Olga: Non buttate le cartacce.
75. Marta: ... e i giochetti e le caramelle.
76. Olga: Nooo! Noi non stiamo a scrivere ora, stiamo scrivendo il titolo.
77. Marco: Non buttate le cose nel giardino NO Le cose che non (dobbiamo), dovete buttare nel giardino.
78. Olga: Allora scriviamo “Voi genitori non buttate le cartacce e neanche le sigarette perché il giardino è stato un po' pulito”.
79. Marco: È troppo lungo.
80. Olga: E poi non deve...
81. Noemi: Io devo dire una cosa.
82. Ins: Aspetta, c'era prima Marco.
83. Marco: Infatti io ho pensato in un altro modo “Di non buttare le cose per terra”
basta.
In riferimento all’esempio appena riportato è interessante analizzare
l’interazione verbale che si realizza nel gruppo per costruire il testo.
All’inizio i bambini divagano (t.1-40). Ad un certo punto Olga (t.45) cambia tono e detta una prima proposta e dice: “Voi genitori non buttate le car-
tacce e neanche le sigarette perché il giardini è stato un po’ pulito e poi non
deve più essere sporco”. Marco (t.46) subito si oppone alla proposta di Olga
con argomentazioni convincenti, «No, è troppo lungo». Olga controbatte con
una considerazione linguistica raffinata (t.50) che dimostra la sua capacità di
analisi del lessico, infatti il termine cose è troppo generico.
Alla richiesta dell’insegnante (t.71) Olga risponde con la proposta di scrivere il titolo (t.72).
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Alla fine dell’attività emerge la differenza tra la «semplicità» del testo prodotto e la «ricchezza» delle analisi, dei ragionamenti effettuati dai bambini.
Un’esperienza di lavoro di gruppo nel laboratorio
Nell’incontro intermedio di confronto e verifica tra i due gruppi, è stato
proposto ai docenti, suddivisi in tre sottogruppi, di progettare in dettaglio
un’attività a scelta, relativa ad una situazione di produzione di un testo scritto
da realizzare con un piccolo gruppo di bambini, massimo cinque.
La richiesta ai docenti è stata, nel progettare tale attività, di specificare molto bene i seguenti aspetti:
•
•
•
•
•
•
le consegne iniziali dell’insegnante: deve essere esplicitato in modo
molto chiaro che cosa si chiede di fare all’inizio;
il materiale che si intende utilizzare: nel caso dell’invenzione di una
storia ad esempio è necessario decidere se utilizzare delle figure, dei
pupazzetti o altro;
il ruolo dell’insegnante: cioè che cosa l’insegnante non deve assolutamente dire e/o fare in quell’attività, che cosa invece è opportuno
che dica e/o che faccia;
che cosa ci si aspetta che i bambini riescano a fare rispetto alla richiesta, pensando proprio a un gruppo specifico di bambini;
come documentare l’attività;
che cosa è significativo analizzare alla fine, cioè che cosa è importante andare a vedere.
Il vincolo era di pensare ad un’attività che potesse essere realizzata al massimo in mezz’ora/quaranta minuti; nel caso di un’attività che richiedesse un
tempo più ampio, andava pensata in termini di sottounità.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Consegna per il lavoro di gruppo
Progettate in dettaglio un’attività di produzione testo scritto da realizzare
con un piccolo gruppo di bambini (max. 5) specificando bene:
•
il materiale
•
le consegne iniziali dell’insegnante ai bambini
•
il ruolo dell’insegnante (cosa non deve assolutamente dire e/o
fare, cosa è opportuno che dica e/ faccia
•
che cosa ci aspettiamo che i bambini dicano e/o facciano rispetto alla nostra richiesta
•
come documento
•
cosa analizzo
N.B. Pensiamo tutte ad un’attività della durata di massimo 40 minuti.
Nella tabella è riportato uno dei tre prodotti dei sottogruppi, relativo ad
un’attività progettata e successivamente realizzata con i bambini.
CONTESTO INIZIALE
Pizza squisita preparata dalla cuoca, tentativo di realizzazione.
Consegna: preparazione di biglietto di invito alla cuoca in classe per svelare i segreti della sua ricetta.
Materiale: cartoncino, pennarelli, registratore
Insegnante: scriba
Insegnante: registra, non anticipa, non suggerisce, sostiene le intuizioni e
le rilancia, rispecchia, regola il tempo e gli interventi, rilegge il testo.
Aspettative molto divergenti (per lo più negative)
Documento: registrazione – biglietto
Analizziamo il percorso fatto dai bambini e la capacità dell’insegnante di
essere regista.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
L’attività realizzata con i bambini:
Scuola equiparata dell’infanzia “Giardino d’infanzia”
Riva del Garda (Trento)
Produzione di un testo scritto
Composizione del gruppo:
•
•
•
•
•
•
•
Numero bambini: 9
Numero insegnanti: 3
Ruolo delle insegnanti: - due conducono la conversazione
- una effettua l’osservazione
Contesto iniziale: pizza squisita preparata dalla cuoca
Consegna: preparazione di un biglietto invito per la cuoca affinché venga in classe per svelarci i segreti della sua ricetta
Materiale: - cartoncino
- pennarelli
- carta e penna per l’osservazione
Insegnante: scriba
Registrazione
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INS/I: Cosa mangiamo oggi?
B/I: Crema di patate e porri …
INS/I: Poi?
B/I: Arrosto e … broccoli!
INS/I: Cosa abbiamo mangiato ieri?
B/I: La pizza!
INS: Come era la pizza?
B/I: Buona.
B/I: No, speciale.
INS: Quando una cosa è buona, anzi, speciale, possiamo dire che è …
B/O: Squisita!
INS: E perché la pizza era squisita?
B/O: C’erano i würstel … (pausa) di solito sulla pizza non c’è niente.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
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B/O: Sarebbe bello mangiarla ancora.
INS: Come si potrebbe fare per mangiarla ancora?
B/O: La cuoca lo scrive all’entrata.
INS: Lo avete detto alla cuoca?
B/I: Silenzio.
B/O: Bisogna mettere un biglietto e metterlo sul cartellone.
INS: E cosa scriviamo?
B/I: Silenzio.
INS: Che cosa avrà messo nell’impasto per essere così buono!
B/I: Silenzio – (pausa).
B/O: Farina.
INS: Poi?
B/O: Acqua, lievito.
INS: Allora cosa facciamo per avvertire la cuoca e chiedere se la fa ancora?
B/O: Un bambino può andare a chiedere se ce la fa ancora!
INS: Magari la cuoca non capisce.
B/O: Scriviamo un biglietto alla cuoca perché ci dica gli ingredienti.
B/O: Lui ha detto che dentro c’è la farina e l’acqua.
INS: Ma non si vede cosa c’è nell’impasto.
INS: Meglio tornare al biglietto.
B/O: Possiamo portarlo a casa e farlo scrivere alla mamma.
B/O: Farsi dare la ricetta dalla cuoca.
B/O: Far scrivere un biglietto da un bambino che sa scrivere e portarlo in cucina.
INS: Ma se voi siete capaci di scrivere solo il nome!
B/O: Bisogna ricopiare le lettere da un foglio scritto dalla maestra!
B/O: Bisogna disegnare le figure.
B/O: Disegniamo i würstel.
INS: Ma sotto scriviamo noi.
B/O: Possiamo disegnare la cuoca che prepara la pizza.
INS: Cosa possiamo disegnare per fare una domanda alla cuoca?
B/O: Le maestre scrivono le lettere e i bambini le ricopiano.
B/O: Dobbiamo dirlo a voce perché i bambini non sanno scrivere.
INS: Dobbiamo fare un biglietto, altrimenti la cuoca non si ricorda.
INS: Allora scriviamo un biglietto. Federico, vai a prendere l’occorrente!
INS: Secondo Federico, per fare un bel biglietto, occorrono un foglio di carta
ed un colore.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
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INS: È sufficiente?
Lorenza dallo scaffale prende un foglio e quattro pennarelli.
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INS: Cosa prepariamo?
INS: Perché la cuoca veda che il biglietto è bello ci vuole un biglietto così bello che colpisca!
B/I: Prendiamo un foglio grande?
INS: Io avrei pensato ad una forma grande, magari a forma di …
B/I:A forma di … cuore, …, sole, …, stella.
B/O: A forma ci pizza!
LORENZA: Facciamo un biglietto rotondo con dentro disegnate le cose da
mettere nella pizza.
INS: Ma tu sai cosa c'era nella pizza?
B/I: Silenzio.
INS: Allora facciamo un biglietto rotondo.
INS: Alice, che forma daresti al biglietto? Vieni qui a disegnarmela su questo
foglietto.
Alice disegna un fiore. E così via per gli altri bambini interpellati.
Stefano disegna una stella.
Alice disegna una luna.
Thomas disegna un cuore.
Lorenza disegna una stella.
Vittorio disegna una stella.
Le insegnanti mostrano ai bambini i biglietti che riportano le loro proposte in
merito alla forma da dare al biglietto.
INS: Andrea, che forma daresti tu al biglietto?
ANDREA: Di luna.
INS: Matteo?
B/O: Cuore.
INS: Chi vuole la stella?
Tre bambini alzano la mano.
INS: Chi vuole il cuore?
Sei bambini alzano la mano.
INS: Vince il cuore.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
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INS: Adesso la forma l'abbiamo decisa, che cosa chiediamo alla cuoca?
B/O: Di fare la pizza.
INS: Ma come facciamo a consegnare il biglietto: la cuoca è in cucina.
B/O: Chiamiamo la cuoca e lo consegniamo.
INS: Thomas ha detto: “Chiamiamo la cuoca e lo consegniamo”.
B/O: Chiediamo alla cuoca solo di farsi la pizza o qualcosa d'altro …
B/O: Per piacere ci dai la ricetta?
INS: Se la cuoca Sara ci dà la ricetta, cosa dobbiamo fare?
B/I: Silenzio.
INS: Che cosa vuol dire che la cuoca Sara ci dà la ricetta?
B/O: Ci dà le risposte.
INS: Che cos'è una ricetta?
B/O: Per fare da mangiare.
B/O: Le cose per fare la pizza.
B/O: Le cose che ci piacciono e che non ci piacciono.
INS: Nella ricetta si trovano gli ingredienti che servono per fare un cosa. Ad
esempio: per fare la torta si usano: farina, …, zucchero, …, lievito.
INS: E per fare la pizza? Anche la pizza squisita della cuoca aveva degli ingredienti che noi non conosciamo.
B/I: Silenzio.
B/O: Scriviamo un biglietto.
INS: E cosa scriviamo sul biglietto?
B/I: Noi bambini.
INS: Per scrivere bambini, come faremo? Voi non sapete scrivere!
B/I: Silenzio.
B/O: Disegneremo.
INS: Allora disegneremo che cosa?
B/I: Silenzio.
B/O: Dei bambini.
INS: Allora che cosa vogliamo fare alla cuoca!
B/I: Chiediamo.
INS: Non possiamo scrivere “Chiediamo” perché non lo sappiamo scrivere.
INS: Come si può rappresentare la parola “Chiedere”?
B/I: Silenzio.
INS: “Chiedere” si può rappresentare come un bambino che dice qualcosa in
un fumetto.
INS: Allora, i bambini, chiedono a chi?
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B/I: Alla cuoca Sara.
INS: Come facciamo a scrivere questo?
B/O: Disegniamo la cuoca.
INS: I bambini chiedono alla cuoca Sara …, che cosa?
B/O: Di venire qui da noi.
INS: Come possiamo fare per farla venire qui in classe?
B/I: Silenzio.
INS: La facciamo andare dalle stelline?
B/I: Silenzio.
INS: Sul balcone?
B/I: No, qui dai funghetti.
INS: Lo sa la cuoca di venire qui da noi?
B/I: Silenzio.
INS: Che disegno potremmo fare?
B/I: Un fungo.
INS: Ma la cuoca può capire di dovere preparare i funghi..
INS: Come potremmo far capire alla cuoca di venire proprio qui da noi?
B/O: Un bambino va dalla cuoca Sara e le chiede …
INS: Vittorio, che disegno facciamo?
LORENZA: Disegniamo la nostra aula.
STEFANO: Disegniamo la classe dei funghi.
INS: Stefano, che forma ha la nostra classe? Un quadrato? Un rettangolo?
B/O: Un rettangolo.
INS: Che cosa c'è nella classe?
B/I: Il tappeto, …, il gioco della farina.
B/O: Allora noi dobbiamo disegnare le cose che ci sono nella classe.
INS: Per far capire che è la sezione dei funghetti e che la cuoca deve venire
proprio qui, che cosa dobbiamo disegnare vicino alla nostra classe?
B/O: Dei funghetti!
L'insegnante prepara dei fogli con scritto le consegne da eseguire.
Lorenza disegna su un foglio i bambini.
Matteo disegna un bambino che parla.
Thomas disegna la sezione dei funghetti.
INS: Bene, leggiamo veloci l'invito da consegnare a Sara.
INS: Che cosa leggi qua Andrea?
B/O: I bambini e un bambino con una nuvola.
INS: Vuol dire che: “I bambini chiedono … a chi?”
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B/O: I bambini chiedono … (silenzio).
INS: Che cosa dobbiamo chiedere alla cuoca?
FEDERICO: I bambini chiedono alla cuoca di venire nella nostra classe.
La cuoca Sara riceve l'invito, quindi viene a farci visita.
INS: Che cosa hai visto sul biglietto, che cosa hai letto?
C: Niente.
INS: Che cosa dovete chiedere a Sara?
B/O: Coma hai fatto a fare la pizza?
C: Ho usato farina, acqua, sale, lievito per il sotto. Pomodoro, sale, olio, würstel e mozzarella per il sopra.
C: Ogni tanto metto sopra qualcosa di verde … che cos'è?
INS: È insalata?
C: È origano.
INS: Allora che cosa ha usato la cuoca Sara per fare la pizza?
B/I: Acqua, …, sale, farina bianca.
INS: E sopra?
B/I: Pomodoro, formaggio, würstel e origano.
INS: Ma noi non sappiamo come ha fatto a fare la pizza. Ha buttato forse tutte
queste cose dentro?
C: No. Allora, prima si prende la farina e si passa al setaccio, così esce come la
neve. Alla farina si aggiunge l'acqua tiepida, il sale e il lievito di birra sciolto. Si
impasta e si fanno tante palle più piccole. Si lascia lievitare, gonfiare.
INS: E quando le palline sono diventate grandi?
C: Si prende la padella, si unge e si stende l'impasto. In una ciotola si passa il
pomodoro, si mette dell'olio, il sale e si stende sulla pizza. Si tagliano i würstel
a rotelline e la mozzarella.
INS: E si mette dove? (Bambini in silenzio). In frigo?
B/I: No, in forno.
INS: Dovete chiedere ancora qualcosa alla cuoca?
B/O: Se ci fai ancora la pizza!
INS: Quale?
B/O: Quella con i würstel.
INS: Allora il giorno in cui ci sarà la pizza, la cuoca la farà ancora così, con i
würstel.
INS: A casa dovete dire alla vostra mamma come la cuoca Sara fa la pizza con i
würstel.
INS: Se vorremo chiederti ancora qualcosa, Sara, ti manderemo un altro
biglietto.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Il prodotto finale
Un’enorme busta (disegno n. 6) e il biglietto d’invito (disegno n. 7).
Disegno n. 6
Disegno n. 7
La valutazione da parte delle insegnanti
Difficile la realizzazione del biglietto invito. I bambini preferiscono chiamare la cuoca (vedi vicinanza della classe dei funghi alla cucina), piuttosto che
inviare un biglietto scritto.
Tutt'altro che facile si è rivelata anche la scelta della forma da destinare allo
stesso. Nonostante le ripetute sollecitazioni, i bambini, anziché scegliere per il
biglietto una forma tondeggiante, quella della pizza appunto, contravvenendo
alle aspettative delle insegnanti, hanno optato per una forma a cuore.
Più scorrevole la fase riguardante la composizione del biglietto scritto. Anche se i bambini che partecipano alla discussione sono sempre gli stessi.
Da precisare che, per il buon esito dell'esperienza, l'intervento dell'insegnante si è rivelato indispensabile e determinante.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
La complessità del ruolo dell’insegnante
nell’organizzare e gestire un’attività
di Franca Rossi
Organizzare e gestire un’attività di ideazione e dettatura di un testo richiede, da parte dell’insegnante, una competenza esperta che si acquisisce nel
tempo e soprattutto grazie alla possibilità di rivedere, analizzare e riflettere su
ciò che si è fatto con i bambini.
È inevitabile che nei primi tentativi siano presenti alcune incoerenze.
Per questo motivo vogliamo ringraziare le insegnanti, autrici
dell’esperienza presentata, perché grazie alla loro disponibilità a documentare
in modo fedele e puntuale i vari passaggi e a mettere a disposizione del gruppo
di lavoro la loro documentazione, hanno permesso a tutte le insegnanti di capire meglio gli “errori” da evitare. Per questo, ma non solo, le ringraziamo.
Nell’attività si voleva proporre ai bambini l’ideazione e la dettatura di un
testo.
Fin dall’inizio non è chiara la funzione che il testo doveva assolvere: chiedere alla cuoca come si fa la pizza/ringraziare la cuoca/spiegare come si fa la
pizza.
Dal punto di vista organizzativo possiamo rilevare che la composizione del
gruppo, nove bambini, è troppo numerosa per attività di questo tipo: più il
numero è alto più scende la possibilità di scambi verbali rapidi ed efficaci.
La presenza di due insegnanti nel ruolo di conduttori della conversazione
non è efficace, perché disorienta i bambini.
L’attività ha molto poco a che vedere con la produzione di un testo scritto,
infatti nel corso dell’interazione l’attività si trasforma e diventa centrale
l’utilizzo del linguaggio grafico-pittorico.
Questa trasformazione ha luogo in quanto l’adulto non riesce a chiarire
(37, 101, 112) con i bambini e a proporre loro la sua funzione di scriba e di
conseguenza non riesce a condividere con i bambini la possibilità che, anche
se non sanno scrivere, possono pensare e dettare quello che vogliono inserire
nel testo.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Di conseguenza i bambini, vedendo confermata anche dall’insegnante la
loro incapacità di scrivere in modo autonomo, propongono altre alternative
(t.38-42).
L’obiettivo dell’attività viene modificato in itinere e l’attenzione dei bambini viene spostata, dalle domande dell’insegnante, su aspetti diversi, definire
una ricetta (t.93), come fare a rappresentare attraverso il disegno una parola
(t.112), pensare una strategia per convincere la cuoca ad andare da loro
(t.122).
L’importanza della rilettura dell’adulto
La gestione dell’attività di produzione di un testo scritto non è dunque cosa
semplice ed è delicato il ruolo che ha l’insegnante nel facilitare i bambini nei
passaggi di costruzione dello stesso. Per guidarli ed orientarli nella giusta maniera, pur nel rispetto delle loro idee e del loro pensiero, l’insegnante deve aver
presenti tutti i passaggi: raccolta delle idee, selezione, dettatura, nonché la
condivisione dello scopo e l’individuazione del destinatario del testo. Per questo è molto importante la registrazione di quanto avviene e, conseguentemente, la rilettura dell’adulto, come nell’esempio riportato di seguito.
L’attività, realizzata nella scuola elementare di Faver, inizia con un simpatico equivoco. L’insegnante, con l’intenzione di introdurre il lavoro sulla produzione scritta di un testo di contatto, rivolge al gruppo una domanda “Che
cos’è una lettera?”. Il termine lettera viene interpretato dai bambini in uno dei
suoi possibili significati, cioè lettere dell’alfabeto.
L'insegnante dice di voler scrivere anche lei una lettera a qualcuno e precisamente al bibliotecario della biblioteca comunale di Cembra e ne spiega il
motivo. I bambini sanno che l'insegnante aveva concordato con il bibliotecario una visita in biblioteca con gli alunni di 2° classe e con loro. Tale visita, però, non era stata effettuata causa il maltempo. L'insegnante, pertanto, ritiene
opportuno spiegare al bibliotecario il motivo della mancata visita e propone ai
bambini di aiutarla a scrivere la lettera.
Dopo 18 turni di interazione verbale il gruppo ha prodotto una prima versione della lettera, che l’insegnante opportunamente rilegge:
“Perché venerdì scorso nevicava troppo e allora non siamo potuti andare
perché si andavamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo”.
L'insegnante, dopo la lettura, ricorda al gruppo la possibilità di aggiungere,
cambiare, togliere parti del testo. I bambini rimangono silenziosi, sembra non
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
abbiano più nulla da dire al riguardo. Finalmente una bambina rompe il silenzio dicendo che bisognava scrivere i nomi, che si devono scrivere sotto e che i
nomi da scrivere sono quelli di tutti i bambini della classe. La stessa bambina
spiega, più avanti, il motivo per cui è necessario scrivere i nomi (farsi riconoscere). Un'altra bambina si rivolge alla maestra e chiede: “E il tuo nome?”, si
decide quindi di scrivere anche il nome della maestra (Elisabetta). Un'altra
bambina esprime il desiderio di colorare i nomi per rendere la lettera più bella.
Si arriva così ad una seconda versione del testo della lettera che l’insegnante
rilegge: “Perché Venerdì scorso nevicava troppo e allora non siamo potuti an-
dare, perché si venivamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo. Il Diego,
Spetim, la Sara, Gabriele, Mauro, io, il Federico, la Lorena e la Drita, maestra
Elisabetta”.
24. Ins: C'è qualcuno che pensa ci vada ancora qualcosa?
...
26. Chi è io?
27. È Michela che ha detto io!
28. Si decide di sostituire io con Michela.
Rilettura.
29. Si andavamo a piedi?
30. Si decide di togliere il “si”.
Rilettura.
31. Il Federico? Il Diego? La Drita?
Si decide di togliere gli articoli.
Rilettura.
32. E Drita?
Si toglie la “e”.
Rilettura.
Una bambina suggerisce di aggiungere in fondo “dai bambini della scuola”.
Rilettura del testo.
33. Ins: “Perché Venerdì scorso nevicava troppo e allora non siamo potuti andare
perché andavamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo. Diego, Spetim, Sara,
Gabriele, Mauro, Michela, Federico, Lorena, Drita, maestra Elisabetta. dai bambini
della scuola”.
34. Che “dai”?
Si sostituisce “dai” con “i”.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
L’insegnante, prima di rileggere dice:
35. “Immaginate di essere il bibliotecario e di ricevere la lettera....
36. Maestra, maestra, maestra… volevo cambiare… “perché Venerdì scorso non
siamo potuti venire”.
Si continua la lettura.
37. Andavamo?
(...)
39. Si decide di sostituire “andavamo” con “venivamo”.
(...)
43. Avevi detto che dopo la rendevamo anche bella?
44. I bambini della scuola?
45. Si decide di spiegare di quale ordine di scuola (elementare).
46. Però si sbaglia…, ci sono anche di 3°, di 4°, di 5°.
47. Non sa che sono quelli di 1° e di 2°
(...)
Si decide di aggiungere “di prima” e “di Faver” .
Rilettura del testo.
48. Ins: “Perché Venerdì scorso nevicava troppo e allora non siamo potuti venire
perché, venivamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo. Diego, Spetim, Sara,
Gabriele, Mauro, Michela; Federico, Lorena, Drita, maestra Elisabetta. I bambini di
prima della scuola elementare di Faver”.
49. “Perché”? Che cos'è questo “perché”?
Si decide di toglierlo.
(...)
53. Con tutti quegli sbagli diventa brutta la lettera!
Rilettura.
54. “Troppo”?
55. Mettiamo “tanto”.
Rilettura del testo.
56. Ins. “Venerdì scorso nevicava tanto e allora non siamo potuti venire, perché venivamo a piedi. C'era anche tanto vento. Era freddo. Diego, Spetim, Sara, Gabriele,
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Mauro, Michela, Federico, Lorena, Drita, maestra Elisabetta. I bambini di prima della
scuola elementare di Faver”.
Anche se la documentazione dell’interazione manca di alcune informazioni
(ad esempio il nome dei parlanti ad ogni inizio turno) tuttavia è interessante
perché evidenzia la ricchezza dei processi di revisione che i bambini possono
mettere in atto nel contesto del piccolo gruppo grazie alle riletture del testo
fatte dall’insegnante. Tale ricchezza di operazioni, resa possibile grazie alla registrazione puntuale da parte degli insegnanti, difficilmente sarebbe potuta
emergere in un contesto di scrittura individuale. Infatti i bambini decidono di
eliminare gli articoli davanti ai nomi propri (t.31,32), decidono di inserire un
riferimento agli autori del testo (34) e scelgono la forma migliore per farlo
(36-37), modificano le forme di alcuni verbi (39).
Fondamentale è che il contesto sia significativo e che lo scrivere risponda
ad un bisogno reale.
Nell’esempio che segue è disponibile solo il prodotto finale. Non sappiamo
se è un testo prodotto collettivamente. Possiamo però dire che il testo è stato
prodotto per assolvere ad una funzione reale (invitare i genitori), è un testo
efficace rispetto alla sua funzione (essenzialità e chiarezza delle informazioni).
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Scuola dell’infanzia di Pergine
INVITO PER I GENITORI
Per le mamme e i papà.
Cara mamma e papà!
Vi invitiamo in questa scuola Chimelli per farvi
vedere quello che abbiamo fatto durante i mesi passati.
La maestra Maria della sezione verde deve raccontarvi se siamo stati bravi o se siamo stati
birbanti.
Vi farà vedere i nostri lavori.
Noi siamo lupetti e andremo presto alla scuola
elementare.
Abbiamo scoperto le cose della campagna e le
ricette con la frutta.
Venite mercoledì venti (20) febbraio, alle ore
16.
Maria
Anche l'angolo della posta può fornire occasioni per scrivere avendo uno
scopo ed un destinatario reali. Nella scuola ci sono comunque numerose situazioni che l'insegnante può “sfruttare”: un’uscita può essere un’occasione
per scrivere un avviso ai genitori, attività che può essere utile anche per cominciare a riflettere con i bambini sul fatto che un avviso deve essere scritto in
un certo modo (sintetico e preciso), utilizzando anche simboli al posto delle
parole, come nell’esempio riportato nella pagina seguente e realizzato dai
bambini della scuola dell’infanzia “Giardino d’infanzia” di Riva del Garda.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
L’attenzione dell’insegnante nel gestire attività di questo tipo, non
dev’essere però tanto al prodotto - che chiaramente deve avere certe caratteristiche di chiarezza, essenzialità, accuratezza - ma al processo di costruzione de
testo attraverso l’interazione verbale che avviene nel gruppo.
“Il prodotto non permette di osservare la ricchezza dei processi”.
È importante avere consapevolezza che il testo in sé non ci permette di accedere alla complessità dei processi messi in atto dai bambini per scrivere quel
testo, cosa che invece una rilettura della documentazione dell’attività consente.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Lavorare con le storie nel laboratorio
di Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi
Oggi la scuola si trova ad operare in un contesto sociale in cui il bambino
sempre più viene espropriato di spazi e tempi per giocare con creatività: il
consumo delle esperienze, spesso mediate, è velocizzato, non viene dato tempo
alla ricerca, all’attesa. Il bambino si limita ad essere fruitore quasi passivo di
proposte che gli vengono presentate già organizzate e confezionate, prive di
rischi cognitivi e di incognite emotive, che muovono solo in superficie la sua
intelligenza e la sua creatività.
Capita sovente che anche l’ambiente scolastico chieda al bambino-studente
di essere principalmente esecutore di consegne, con poco spazio per parlare,
ascoltare, inventare, perché gli insegnanti considerano spesso questi momenti
educativi dispersivi e “poco controllabili”. Così, in generale, l’esperienza proposta raramente prevede percorsi aperti alla scoperta, dove i bambini possono
utilizzare e combinare materiali in modo originale e con diversi codici espressivi, anche ripescando e ricreando elementi del loro vissuto. In un contesto
simile rischiano di rimanere inutilizzati anni di vita pieni di incontri personali
con la realtà, fatta di situazioni, persone e cose, che i bambini in qualche modo
hanno memorizzato ed elaborato costruendosi proprie teorie ingenue sul funzionamento del mondo. Situazioni, persone e cose che hanno sollecitato sia il
corpo che la mente con una forte carica cognitiva ed affettiva, ed hanno motivato il bambino alla conquista del linguaggio, in cui la parola diventa strumento che nomina, chiarisce e trasferisce in altre esperienze le sue scoperte,
combinandole in modi nuovi.
Se noi docenti riteniamo di dover accogliere il bambino con il suo vissuto,
abbiamo la strada in gran parte tracciata. È la via della continuità. La continuità infatti sviluppa contemporaneamente nel bambino la sua intelligenza emotiva, cognitiva e creativa, valorizza prima di tutto quello che già sa e quello che
è, e lo organizza in un percorso intenzionale, ma con lo stesso approccio al reale che lui conosce bene. Questo aggancio occupa in larga misura lo spazio
della narrazione, intesa come possibilità di raccontarsi, di saper raccontare e di
ascoltare narrazioni di altri. La narrazione è infatti lo strumento potente che
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
affina l’attenzione nel raccogliere e selezionare elementi, materiali, tracce, e nel
saperli strutturare in storie, saldandoli insieme con i fili del tempo e dello spazio, e con i loro significanti linguistici. Ricordiamo al riguardo il pensiero di J.
Bruner (1992), che valorizza l’esperienza narrativa come forma tipica di strutturazione delle esperienze e del pensiero. Come ad affermare che la narrazione
della realtà è un passaggio necessario perché un’esperienza diventi memoria,
possa intrecciarsi con eventi passati e rendersi disponibile per farci partecipi di
esperienze future.
La narrazione, nelle sue forme diverse - attività dell’ insegnante rivolta per
lo più alla lettura di storie ed esperienza svolta dai bambini stessi – acquista
valenza educativa e di apprendimento, diventa opportunità per sviluppare e
per rinforzare abilità che stanno alla base di ogni conoscenza, come quelle di
nominare, selezionare, identificare, collegare, classificare, distinguere, confrontare. Proprio in relazione a questa ultima capacità vogliamo ricordare
l’importanza dell’invenzione di storie, che si rifà in gran parte alla modalità del
gioco di fantasia (ad esempio i giochi di finzione, o immaginativi), in cui i
bambini iniziano a costruirsi e a “mettere in scena” gli schemi di comportamento (script). L’attività narrativa diventa in questo caso confronto con il
mondo, creazione personale di mondi ipotetici (le storie), partendo dalla quotidianità e rivisitando il reale. I bambini attraverso la narrazione colgono e utilizzano gli elementi linguistici della temporalità e della spazialità. Allora, dentro la macrostruttura delle storie, che fa da sponda con la sua grammatica e la
sua logica, tutto può diventare possibile, perché non ci saranno confini per
l’inventiva narrativa.
Una storia inventata e narrata insieme diventa un frammento di memoria
collettiva che si integra con il tessuto di esperienze e conoscenze. Operativamente, una storia narrata può diventare un libro costruito assieme, un grande
disegno collettivo, un piccolo spettacolo, cioè un prodotto che sia in qualche
modo visibile e godibile in edizioni nuove, per dare ai bambini l’opportunità
di rivisitarsi, di ri-narrare. Così l'invenzione va avanti, attraverso commenti,
confronti, divagazioni che diventano esse stesse altre storie.
Si può raccontare con “niente”.
Tutto può diventare motivo per l’inizio di una storia. Anche i materiali che
spesso noi insegnanti consideriamo di scarto, come ad esempio i disegni
“lampo” che i bambini fanno nei ritagli di tempo, che ci regalano e che spesso
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
dopo qualche tempo finiscono nel cestino. È importante far sperimentare che
“si può raccontare con niente”.
Ad esempio, si può partire appunto dai disegni di prima. Chiediamo ai
bambini di ritagliare ognuno una parte del proprio disegno. I vari “pezzi” scelti vengono incollati un po’ a caso su un cartellone. Mentre i bambini incollano, osservano, parlano, partono le prime idee, nascono ministorie che si possono in seguito sviluppare insieme. In attività di questo tipo i bambini sono
attenti all’intreccio narrativo, l'insegnante ascolta, rilancia, fa sintesi e, nella
scuola dell’infanzia e all’inizio della prima, fa da scriba. Non pretendiamo
sempre che la storia abbia subito un testo corposo. Questo dipende dal momento, dalla piega che prende l’attività. La narrazione può soddisfare i bambini anche se brevissima, al limite fatta di una, due parole: “Che spavento!” è
un’espressione che segna già la trasformazione avvenuta, la creazione di un
nuovo luogo dell’immaginazione.
Altra situazione semplice, e piuttosto classica, per inventare storie può essere l’utilizzo di immagini: l’occasione è un disegno, un'immagine curiosa. Si
parte da un brain-storming di idee, che la maestra raccoglie su un cartellone e
rilegge. I bambini intrecciano le idee, scartano, aggiungono, e nasce così un
racconto. In questo caso è fondamentale che l'immagine iniziale sia stimolante, non scontata, che crei attesa e che lasci spazio alla creatività. Le immagini
possono anche suggerire giochi di ruolo e di finzione, da mettere in scena, da
disegnare e raccontare (per es. i libretti di Pandi si prestano bene a questo tipo
di attività).
Per tutte queste attività, nella scuola dell’infanzia e nei primi mesi della
scuola elementare, l'insegnante farà da scriba. In seguito saranno i bambini
stessi a scrivere le loro storie, in un lavoro collettivo o individuale. È importante non affrettare i tempi, e lasciare che i bambini sperimentino le differenti
modalità del codice parlato e scritto. Raccontare la storia o dettarla alla maestra non è la stessa cosa. Parlare non è scrivere. La maestra-scriba adotta spesso, nella fase di “trascrizione” del racconto, la strategia della rilettura (in
itinere). I bambini ascoltano e valutano la coerenza, la completezza, l’aderenza
delle parole scritte alle intenzioni narrative. È questo un apprendistato efficace, che sviluppa le abilità critiche, di distanziamento, ed abitua a considerare il
testo come un’entità autonoma e flessibile, aperta ad aggiustamenti di contenuto e di forma.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
I bambini iniziano ad appropriarsi delle macrostrutture narrative con naturalezza e “facendo”, acquistano abilità riferite alle questioni cognitive (le idee e il loro intreccio) e linguistiche (marcatori propri della narrazione, strategie, competenza grammaticale-sintattica).
UN’ATTIVITÀ PROPOSTA NEL LABORATORIO
Costruire una storia per ipotesi successive
Scopo: costruire insieme una storia facendo ricorso alle macrostrutture
narrative. Sperimentare in situazione alcuni problemi e risorse della logica
narrativa per evitare la deriva narrativa (coerenza narrativa).
Modalità seguita:
a) le immagini sono proiettate una per volta;
b) ogni immagine viene “letta”, interpretata dai bambini;
c) per ogni immagine si chiede di anticipare ipotesi su quella successiva;
d) l’immagine successiva seleziona l’ipotesi corretta.
Come si può intuire, si tratta di una lettura di immagine particolare, di tipo
pragmatico, che viene suggerita da domande dell’insegnante del tipo “Che cosa succede qui? Che cosa succederà”? Gli interventi dei bambini sono orientati
alla costruzione progressiva di una storia e attivano quindi abilità proprie della
narrazione (ideazione, selezione delle idee, collegamento e sviluppo, ricerca
del linguaggio e delle strutture linguistiche adatte …). L’attività ha anche il
pregio di rinforzare comportamenti sociali positivi, quando chiede di valutare
le idee degli altri e di tenerne conto, di mettere le proprie a disposizione di tutti, di saper ascoltare. L’insegnante è attenta a favorire la circolarità delle idee, il
confronto linguistico e ideativo, l’accettazione di un’ipotesi, e assicura evidenza all’intreccio narrativo che si va facendo.
Sviluppo dell’attività:
e) Visione in sequenza delle immagini. Racconto a voce della storia e
dettatura all’insegnante-scriba. Costruzione di un libretto, messa in
scena, trasformazione della storia in un gioco …
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
f) Recupero delle ipotesi “scartate” per la costruzione di altre storie individuali o collettive (le storie hanno sviluppi infiniti).
Tra le tante esperienze realizzate con i bambini, ne riportiamo una, che interpreta in maniera originale l’idea iniziale, pur mantenendosi aderente al suo
scopo. Il suo valore sta appunto nel rendere evidente come da una stessa proposta possano nascere percorsi diversi.
Scuola dell’infanzia di Miola di Piné
Gruppo di 8 bambini (4 grandi e 4 medi)
Insegnante: Che cosa vedete?
Mattia (5 anni): Un legno con su un bambino, un bastone e una bandiera.
Diego (4 anni): Il legno, il bambino è seduto, ha gli occhi chiusi e una vela.
Evelyn (5 anni): Un legno, un bambino seduto, la vela.
Selene (4 anni): Il legno, un bambino seduto con gli occhi chiusi. Il legno si trova sul
prato.
Alberto (4 anni): Un tronco, un bambino seduto, ha gli occhi chiusi, sta dormendo,
dietro di lui c’è la vela sul lago.
Chiara (4 anni): Un legno, una bimba, dorme, il legno è sul prato.
Daniele (4 anni): Vedo un legno, un bambino dorme, sul legno, nel mare.
Besar (5 anni): C’è un legno, sta seduto un bambino; il legno è nel lago.
Martina (5 anni): Il legno. C’è un bambino che dorme. C’è un bambino con attaccata una vela in un prato.
Insegnante: Secondo voi cosa succede dopo?
(Ipotesi che fanno i bambini senza vedere la II immagine).
Mattia: Viene su una testa di una squalo dal lago.
Evelyn: La bambina si sveglia.
Chiara: Arriva su lo squalo,, vuole mangiare la bambina, lo squalo distrugge la sua
barca, e poi va sott’acqua.
Daniele: Viene su dal mare un delfino amico della bambina e le chiede se vuole andare giù nell’ acqua a nuotare con lui.
Besar: Arriva un pesce spada su dall’acqua.
Diego: Viene su uno squalo e lo mangia.
Evelyn: Viene sulla barca una coccinella, era appoggiata sul legno, e vola in cielo.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Selene: La bambina si alza dal tronco.
Alberto: Salta fuori un delfino, stacca la vela dal bastone e mette la vela nella barca.
Si alza in piedi la bambina e fa un tuffo, e il delfino rimane sulla barca.
Martina: La bambina dorme, arriva un delfino, la bambina poi si alza, il delfino porta
a casa la bambina poi torna nel mare.
Che cosa succede dopo?
(Ipotesi che fanno i bambini vedendo la II immagine).
Chiara: Viene lo squalo che gocciola dalla bocca, porta a casa la bambina e dorme.
Selene: Viene su lo squalo e mangia la bambina.
Alberto: Viene su lo squalo e dice alla bambina che vuole fare i tuffi nell’acqua.
Daniele: La bambina prende uno spavento poi la mangia e va sott’acqua.
Besar: Lo squalo mangia la bambina e va sott’acqua.
Martina: Viene su un pesce, la bambina si spaventa.
Diego: Il delfino le distrugge la barca, e la bambina si trova in acqua.
Mattia: Viene su la balena, distrugge la vela alla bambina e se la mangia, poi viene
su un delfino e rimette su la vela.
Storia inventata, rivista dopo la lettura finale delle tre ipotesi.
Fase della trascrizione della storia intitolata “Il delfino e la bambina”.
I SCELTA DA PARTE DEI BAMBINI DELLE TRE IPOTESI, UNA PER SEQUENZA:
FASE DELLA DETTATURA
1. Viene su dal mare un delfino amico della bambina e le chiede se vuole
andare giù nell’ acqua a nuotare con lui.
2. Viene su la balena, gli distrugge la vela e se la mangia. Ma poi per fortuna
arriva un delfino e rimette su la vela.
3. La bambina si attacca la vela addosso e fa paura allo squalo e lo squalo
scappa.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Prodotto finale
1. C’era una volta una bambina seduta su un tronco che galleggiava in
mezzo al mare. Aveva gli occhi chiusi
ed era appoggiata all’albero maestro
su cui era fissata una grande vela.
2. Ad un certo punto venne su dal mare un delfino amico della bambina e le
chiese se voleva andare giù nell’acqua
a nuotare con lui.
3. Ma improvvisamente saltò fuori
dall’acqua una balena che strappò la
vela buttandola nell’acqua.
4. Per fortuna poi arrivò un delfino
che rimise su la vela.
5. La bambina se l’attaccò addosso e
spaventò la balena che scappò via in
fretta e furia.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Lavorare sulle storie con le sequenze di immagini
di Franca Rossi
Le sequenze di immagini consentono di lavorare, anche con bambini molto piccoli, sulla costruzione delle competenze narrative.
Le ricerche psicologiche ci dicono che già a partire dai quattro anni i bambini iniziano a padroneggiare e a riconoscere lo schema narrativo delle storie.
Anche i racconti dei bambini delle proprie esperienze quotidiane spesso assumono le caratteristiche discorsive delle storie.
Si diventa narratori ascoltando narrazioni e narrando e, se si ha a disposizione una sequenza di immagini come quella utilizzata, che visualizza una mini storia, è più facile tessere il testo e provare a inventare una storia.
All’inizio i bambini meno esperti tenderanno a verbalizzare una descrizione di ciò che vedono nelle immagini, però basta cambiare la consegna, per esempio: “Queste immagini raccontano una storia, ora guardale attentamente
una prima volta, poi le riguardiamo una seconda volta e proviamo a raccontare la storia” perché i bambini si spostino dalla descrizione alla narrazione.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Scuola dell’infanzia
Nell’oceano un ragazzo su una zattera, si riposa, perché è molto stanco e
fa molto caldo.
Improvvisamente un rumore lo sveglia, Quindi il ragazzo prende la vela, la
vede uno squalo bianco. Il ragazzo si indossa e si trasforma in fantasma,
spaventa molto perché lo squalo attac- così lo squalo si spaventa e fugge.
ca la zattera.
La sequenza di immagini può essere, infatti, utilizzata dall’insegnante per
sollecitare nei bambini l’uso del linguaggio con funzione descrittiva (Che cosa
vedi?) ma anche la capacità di prevedere il seguito di una storia a partire da
una immagine data.
La domanda finale (Che cosa è successo?) permette ai bambini di confrontare le loro previsioni con quello che effettivamente l’immagine racconta, come nell’esempio riportato di seguito.
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Costruiamo una storia
Cosa vedete in questo
disegno?
Un uomo con i pantaloni corti su una barca
in mezzo al mare.
Cosa succederà dopo?
Adelaide: Incontra uno squalo e lo mangia
Giovanni: Arriva un tornado (che è una
bufera)
Gabriele S.: Il tornado aspira la barca
Greta: Incontra un bambino che nuota nel
mare
Luca: Incontra un pesce spada
Linda: Incontra un delfino e lo accarezza
Sara: oppure incontra dei cuccioli di delfino
Feride: Incontra un pesce gatto
Gabriele P.: Potrebbe arrivare un fulmine
Andiamo a vedere cosa
succede
Michele: … E così la barca affonda
Linda: Arriva il bagnino oppure arriva la
cicogna (quella che porta i bambini) e salva l'uomo
Luca: Potrebbe arrivare la nave dei pirati
Andrea V.: L'uomo si addormenta, arriva il
pesce martello e si sdraia vicino all'uomo
Martina D.: Arriva un uccellino e si addormenta lì vicino
Giustino: Potrebbe arrivare un pipistrello
che gli succhia il sangue
Luca: O potrebbe arrivare l'aquila
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
La nostra storia ha preso questa strada
Cosa vedete?
La bambina si è svegliata e vede uno
squalo! La bambina ha paura, si mette in
piedi vicino al palo
… e ora cosa può succedere?
Lo squalo rompe la barca perché vuole
mangiare la bambina
Andiamo a vedere cosa
succede
La nostra storia ha preso questa strada…
Cosa è successo?
La bambina ha indossato la vela ed è
diventato un fantasmino, così lo squalo è
scappato per la grande paura!
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PARTE SECONDA
Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta
Lavorare con le storie può essere inoltre l’occasione per realizzare un vero e
proprio libro rilegato e con copertina.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
In alcuni casi possono essere definiti anche gli autori e la casa editrice, come fa Elena.
C'era una volta… una barca, anzi era … Indossa la vela, diventa un fantasmiuna zattera di legno, che aveva un palo
con una vela, la zattera galleggiava nel no e così lo squalo scappa!
mare; sulla zattera c'era una bambina
che dormiva perché era stanca. Mentre
la zattera galleggiava sull'acqua si sentiva il rumore delle onde …
Infine le immagini di una sequenza possono servire solo per fissare la scena
iniziale della storia e lasciare poi libero il bambino di disegnare e raccontare le
scene successive come nell’esempio riportato a pag. 139 e realizzato dai bambini della Scuola dell’infanzia di Miola di Piné.
145
PARTE TERZA
RIFLESSIONI FINALI
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Le radici e le ali
La conoscenza e la libertà nel laboratorio
di Mara Degasperi
Il mio intervento ha come oggetto la rivisitazione ragionata di alcuni aspetti del percorso fatto nel laboratorio didattico con uno dei due gruppi di lavoro. Voglio cogliere l’occasione per aprire la conversazione su un orizzonte più
ampio, fatto da quelle “cose di scuola” che mi stanno a cuore e che naturalmente hanno molto da spartire con l’esperienza che sta volgendo al termine,
vale a dire con il tema dell’approccio alla scrittura e alla lettura a scuola, nel
segmento delicato che comprende la scuola dell’infanzia (periodo finale) e la
scuola elementare (primi mesi).
È una riflessione di contesto, con centrature su alcuni punti critici, non necessariamente negativi, che nei laboratori hanno fatto discutere e che abbiamo
risolto insieme o dei quali almeno abbiamo svelato gli elementi di ambiguità,
di disaccordo o semplicemente di non conoscenza.
Prima di tutto c’è da dire che le insegnanti con cui mi sono trovata a lavorare non si conoscevano prima; anzi, si conoscevano a gruppetti, cosa che di
solito rallenta la possibilità di diventare “gruppo” che si attiva in solidarietà
nella soluzione delle questioni affrontate. C’era poi la novità del ritrovarsi insieme, docenti di scuola dell’infanzia ed elementare, e intorno a un tema di
grosso peso come quello del primo apprendimento della lettura e scrittura. In
questo devo dire che le insegnanti mi hanno aiutato tantissimo: non sono scattati comportamenti di gelosia o difesa di funzioni che da sempre spettano al
ruolo elementare, così come le insegnanti di scuola dell’infanzia si sono sentite
libere e disponibili a confrontarsi, a proporre, a discutere alla pari.
Uno degli obiettivi grossi del percorso era di far compiere al gruppo e alle
singole insegnanti una sorta di conversione professionale (e qui S. Paolo non
c’entra). Ovverosia riuscire a far spostare l’attenzione dai prodotti ai processi,
con tutto quello che ne consegue: organizzazione del lavoro, richieste ai bambini, tempi di lavoro, diverso ruolo nella relazione di apprendimento; infine
diverso atteggiamento e coinvolgimento durante gli incontri di laboratorio,
che servivano per un buon terzo della loro durata per analisi e discussioni su
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PARTE TERZA
Le radici e le ali
materiali, di solito registrazioni, che documentavano segmenti di attività con i
bambini.
Tutto questo con uno scopo: come riuscire a “far scuola meglio”, nel no-
stro caso ad avvicinare i bambini alla lingua scritta nel modo giusto ….
Devo dare atto che in questo caso il valore aggiunto è stato significativo, e
come quasi sempre capita nelle situazioni di tipo laboratoriale, la condizione è
stata cercata anche con fatica (e con impegno), ma una volta afferrata, la situazione ha segnato come un punto di svolta: gli ultimi due incontri credo abbiano ripagato molto e illuminato dubbi e incertezze.
Una testimonianza, se ce n’è ancora bisogno, che la via sperimentale segna
in profondità ed alla fine risulta vincente. E questo avviene fra noi adulti, e
tanto più con i piccoli.
Dunque lavorare tenendo mirati i processi. È un modo di operare che richiede di aver presenti contemporaneamente, almeno nei tratti essenziali, i tre
livelli che attraversano il percorso di insegnamento/apprendimento:
livello disciplinare: a volte a scuola si maneggiano meccanismi della lingua
senza conoscerne il funzionamento, con inutile perdita di energie e probabile
confusione o parzialità nell’organizzazione delle attività;
livello psicologico: modalità e condizioni entro le quali i bambini apprendono; risorse, bisogni …
livello della traduzione didattica/progettuale: “come fare” per raggiungere
insieme gli obiettivi di far star bene i bambini a scuola e di farli crescere nel
loro saper fare e saper essere ….
Livelli che nel coinvolgimento dell’insegnante corrispondono ad altrettanti
modi di essere presente: dentro la situazione, appassionandosi, possibilmente
divertendosi, nonostante gli inevitabili intoppi, insieme ai bambini; mantenendo però il controllo della situazione per cogliere le intuizioni, rilanciare,
riprendere, conservare, fare memoria …..; e tenendo acceso il “monitor superiore” della direzione e del traguardo generali, per non fare naufragio…..
È il nuovo ruolo richiesto all’insegnante nella scuola del saper fare, nella
scuola–laboratorio, molto difficile da acquisire sui libri, a mio parere, se contestualmente non viene sperimentato in gruppi di lavoro, se non si fa laboratorio, provando prima di tutto su di sé, insieme ad altri, cosa voglia dire ad esempio “lavorare mirati ai processi”, cioè con la barra dell’attenzione puntata
su punti cardinali guida: “Cosa ti proponi di raggiungere, cosa ti aspetti, dove
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
ti trovi, dove stai andando mentre fai questo, dove ti porta questa possibilità, è
pertinente oppure no, cosa fa la tua mente”.
Qui il lavoro sulle registrazioni in classe è stato utilissimo e credo abbia
contribuito molto: ad allentare in primo luogo le preoccupazioni eccessivamente rivolte all’acquisizione del codice, che spesso si risolvevano all’inizio in
interventi di anticipazione da parte dell’insegnante; a cogliere, per poterli evitare, gli scivolamenti da un obiettivo dichiarato ad uno implicito; a riconoscere situazioni di scarto, di non fedeltà dell’insegnante alla consegna da lei stessa
data ai bambini.
Un esempio di Patrizia entrerà a questo proposito in una situazione specifica.
Un’altra osservazione importante da fare, è che, a mano a mano che cresceva la sicurezza (e la chiarezza) del proprio ruolo, aumentava anche la densità e la ricchezza degli interventi dei bambini. Si realizzava cioè un’autentica
situazione di CO-COSTRUZIONE degli apprendimenti: questo perché
l’insegnante non ricorreva a “censure”, accoglieva tutti gli interventi pilotandoli poi in modo produttivo.
A volte siamo entrate direttamente in questioni disciplinari fondamentali:
cosa si intende per ATTO DI SCRITTURA; quali abilità intercorrono
nell’ATTO DI LETTURA; percorrendo però sempre la via sperimentale.
Per la scrittura, abbiamo lavorato a lungo con i bambini nella produzione
di testi funzionali, soffermandoci soprattutto sulle fasi della ideazione e
dell’organizzazione delle idee, e con attenzione mirata allo scopo e al destinatario, con esperimenti di scrittura di qualche segmento o parola del testo, che
nella sua interezza veniva dettato all’insegnante - scriba.
La riflessione sul MODELLO DI SCRITTURA DI HEYES E FLOWER ha
portato a consapevolezza comportamenti consolidati di cui magari le insegnanti non si erano data ragione:
“Anch’io, come si fa di solito, ho sempre detto ai bambini: Pensate prima
di scrivere, non cominciate subito … ma lo ritenevo un semplice consiglio, non pensavo che si potesse costruire insieme la fase dello scrivere
prima di scrivere”
“Il lavoro fatto con i bambini e la discussione su questo schema sono stati prima di tutto per me una presa di coscienza …”
(Alcune osservazioni dalle discussioni fra docenti)
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PARTE TERZA
Le radici e le ali
Per l’atto di lettura, invece, le insegnanti si sono impegnate in un esperimento su se stesse, scrivendo, a lato di un breve testo narrativo, proiettato con
la lavagna luminosa per segmenti di significato, COSA FACEVA LA LORO
MENTE mentre assumevano pezzo dopo pezzo il segmento stesso.
Socializzando le osservazioni (alcune “divagazioni private” sono state giustamente taciute) e raggruppandole in abilità, siamo pervenute al seguente
modello di lettura.
Atto di lettura
obiettivo
attitudine alla lettura
competenza
OPERAZIONI INTERATTIVE testo - lettore
decodifica
informazioni
ipotesi
inferenze
anticipazioni
conferme/conferme
attribuzione di senso
sintesi progressiva
TESTO
•
codice
•
informazioni
•
strutture
•
impliciti
……………
Anche in questo caso, alcune osservazioni emerse dal confronto sono illuminanti:
Credo di aver sbagliato, le mie note hanno spesso scarso collegamento
con l’argomento del testo ….
Ho segnato, accanto all’inizio del testo MILIONI DI ANNI FA …. questa
osservazione: Si tratterà di una storia di dinosauri.
Alcune parole, nel contesto, mi hanno richiamato alla mente sprazzi di
esperienze che credevo di aver dimenticato.
Ho avuto la sensazione concreta che il pezzo successivo ridefiniva il senso che mi ero costruita.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Anche in questo caso, è stato interessante il ritorno alle attività di lettura
con i bambini proposte in precedenza, per riaffermare la relazione fra testo e
contesto, testo e mappe private, decifrazione e capacità di attribuire significato, modalità della didattica e mondo dei bambini.
Per concludere, mi sembra di poter condensare l’esperienza comune in due
osservazioni complessive:
-
le insegnanti hanno potuto verificare in vari modi (e lo hanno espresso) che la modalità di apprendimento insieme e per scoperta realizza
contemporaneamente gli obiettivi dell’imparare e della conoscenza di
sé, perché nella relazione i bambini si confrontano e si differenziano; e
della crescita sociale, perché si impara a cedere qualcosa di sé, a prendere qualcosa degli altri, e a farlo proprio.
A costo di andare fuori tema, voglio inserire a questo proposito una brevissima divagazione sulla realtà attuale: oggi sta avanzando una cultura che spesso equivoca sul significato di individualità, facendolo coincidere con individualismo, con tutto quello di egocentrato, di competitivo, di diffidenza verso
l’altro, di isolamento (e di solitudine) che quest’ultima accezione comporta. Il
collegamento può sembrare azzardato, ma credo che i modi della scuola abbiano il dovere, e la possibilità, di contrastare tale tendenza, offrendo ai bambini condizioni di apprendimento e di crescita possibilmente accoglienti, improntate all’incontro con gli altri …
-
Il secondo punto di attenzione riprende quanto avevo avuto modo di
dire a fine agosto, durante il primo incontro, ed è l’elogio della quotidianità, che non vuol dire monotonia, la ripetizione del sempre uguale,
ma piuttosto valorizzazione delle situazioni dello stare insieme, punteggiate, è chiaro, dagli “attesi imprevisti” di Perticari. In questo caso la
vita a scuola si fa storia, del gruppo e dei singoli bambini; e qui il cerchio si richiude ed entra nella giusta prospettiva il codice scritto, che
permette la comunicazione, conserva, fa memoria.
Una delle proposte che sono state più apprezzate dai bambini, è più
un’abitudine, quasi un rito dello stare insieme: l’abbiamo chiamata AULA
PERCORSO DELLA MEMORIA.
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PARTE TERZA
Le radici e le ali
Prevede che un’attività piuttosto usuale, quella di esporre i lavori sulle pareti, sui tavoli …. sia organizzata insieme ai bambini con un’intenzionalità
particolare: a disegni e scrittura è assegnato il compito di CONSERVARE I
RICORDI di quello che non si vuole perdere. A intervalli, e con una sceneggiatura concordata, va in scena il gioco del IO VOGLIO RICORDARE … I bambini, dopo aver passato in rassegna la “loro storia”, scelgono un evento - proprio come si fa in libreria quando ci si orienta su “quel libro” fra tante possibilità - si fermano, e “leggono” ai compagni la situazione scelta. Che può essere
rappresentata anche da un oggetto, nel qual caso il racconto, se piace agli altri,
può diventare TESTO SCRITTO da aggiungere al percorso.
Ho dato un titolo alla relazione. È un’espressione, forse il nome di
un’associazione, non ricordo quale, che mi è rimasta impressa in questi ultimi
giorni sfogliando un giornale: LE RADICI E LE ALI. Mi piace, perché rappresenta quello che secondo me la scuola dovrebbe dare ai bambini: le radici, che
affondano nella conoscenza, di sé e degli altri, nel sapere. E le ali, per immaginare e inventare e per essere liberi.
Sono complementari, servono tutte due. Tornando alla nostra attività, nel
piccolo orticello dell’approccio alla lettura e scrittura, abbiamo cercato di coltivarle entrambe, le radici – codice, con le proprie regole e convenzioni; e le
ali-senso, che permettono di volare nei territori delle storie vere e di quelle
immaginate.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Punti di attenzione
di Patrizia Bortolotti
Premetto che l’esperienza di lavoro che ha visto a confronto insegnanti di
due ordini di scuola, la scuola dell’infanzia e la scuola elementare, è stata per
me molto importante, sia come conduttrice, sia come insegnante di scuola elementare. Lo scambio concreto e costruttivo di opinioni nel gruppo ha costituito un arricchimento reciproco sul modo di lavorare con i bambini.
Il fare laboratorio insieme ha permesso di arricchirci nella programmazione di attività, nella verifica dei risultati, nel confronto delle idee sul materiale
prodotto, confronto che non ha risparmiato discussioni animate, ma costruttive.
Al di là della soddisfazione a livello personale e professionale, vorrei qui
sollecitare la vostra attenzione su alcuni elementi nodali emersi durante
l’attività.
Innanzitutto é importante chiarire il ruolo che deve avere l’insegnante,
quando propone ai bambini le attività di laboratorio. Nei gruppi abbiamo notato, talvolta, difficoltà, da parte degli insegnanti proprio nel chiarire e definire
il ruolo da svolgere nella fase di applicazione delle proposte laboratoriali. Nelle
attività che avete realizzato, a volte, non è stato compreso il ruolo che deve
svolgere l’insegnante, non è stato chiaro come l’insegnante si debba porre
all’interno delle attività con i bambini.
“Quando proponiamo delle attività di laboratorio ai bambini cosa e quanto
devo chiedere loro?” È questo un interrogativo emerso frequentemente
nell’attività di laboratorio. La chiarezza rispetto a quali siano gli obiettivi e le
finalità delle attività é fondamentale, fin dalle prime fasi di preparazione del
lavoro. Spesso durante gli incontri di laboratorio si è cercato di chiarire anche
teoricamente “cosa mi propongo di fare nell’attività”. Per questo sono stati
proposti, come traccia di lavoro e verifica in itinere, quesiti portanti, sui quali
si è anche discusso animatamente e che sono serviti tantissimo, perché hanno
permesso di chiarire i presupposti e il tipo di preparazione che l’insegnante
deve avere, quando propone delle attività ai bambini. Così, ad esempio, prima
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PARTE TERZA
Punti di attenzione
di avviare un’attività, è necessario chiedersi: “Che cosa mi propongo di fare in
questa attività? Quali sono le mie aspettative al riguardo?”
Altre domande da porsi sono le seguenti: “Le attività proposte sono in linea
con gli obiettivi che io avevo in mente all’inizio e che ho stabilito di raggiungere? Le richieste che pongo al bambino sono troppo alte?”
A volte ci siamo resi conto che l’obiettivo era troppo alto rispetto alle competenze reali dei bambini. Soprattutto le insegnanti della scuola dell’infanzia
hanno dovuto cercare talvolta di calibrare meglio le richieste, centrandole non
troppo sul codice, prestando piuttosto attenzione proprio al lavoro che la
mente del bambino stava facendo in quel momento e alle scoperte che si realizzavano.
In altre occasioni si è rilevato che anche il modo di formulare le consegne e
le richieste, le modalità di proporre le attività, indirizzavano i bambini in direzioni diverse e con dei risultati che si rivelavano completamente differenti da
quelli proposti all’inizio in laboratorio dalle coordinatrici. “Le richieste che ho
posto sono fuorvianti?” è pertanto un altro quesito che è importante porsi.
È inoltre fondamentale chiedersi: “Come sta lavorando la mente de bambino?” Questo è l’aspetto più complesso da acquisire, semplicemente perché
non è nostra abitudine cercare di capire come il bambino sta ragionando, quali siano i passaggi che compie la sua mente, quali siano i collegamenti effettuati
o ipotizzati. Per l’insegnante soffermarsi nella valutazione su questo aspetto
cognitivo è importante perché saprà in seguito portare i bambini ad un processo di metacognizione, al sapere di saper fare. L’atto di scrittura e di lettura,
come sottolineava Mara nella sua relazione, è non tanto il risultato finale
quanto quel processo che fa la mente, e su questo, l’insegnante deve focalizzare
il proprio lavoro di valutazione.
Un dubbio ricorrente che emergeva nelle discussioni di verifica all’interno
dei gruppi, era quello concernente lo spazio che si deve lasciare alla spontaneità dei bambini; questo dubbio ha poi generato altre domande: “…ma se il
bambino mi dice questo, io, come insegnante, come mi pongo di fronte alla
sua spontaneità? Ho il diritto, ho l’impegno di limitarlo nella sua espressione?
Si tratta di interrogativi che hanno portato a chiedersi: “Fino a che punto c’è la
libertà di espressione del bambino? Fino a quanto come insegnante devo dare
un percorso ben definito?”
Si potrà fare un’osservazione al riguardo: nella progettazione dell’attività,
se ho chiarezza riguardo ai presupposti teorici e agli obiettivi che intendo rag-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
giungere attraverso delle proposte di lavoro in cui i bambini si confrontano,
collaborano e progettano assieme soluzioni e materiali, la libertà di espressione è salvaguardata proprio da queste modalità di lavoro centrate sullo scambio
di idee.
È il dibattito che il bambino apre con i suoi compagni che porta alla circolarità delle idee, alla crescita, alla modifica, alla realizzazione di un progetto
iniziale. Le discussioni tra i bambini spesso sono viste come una perdita di
tempo oppure come qualcosa che non ha una finalità ben precisa. Invece,
quello della discussione è un momento molto importante perché l’espressione
libera e la spontaneità sono arricchite proprio dal confronto che i bambini
fanno tra loro.
Nella preparazione dell’attività è, inoltre, importante riflettere sulla coerenza: che cos’è, come realizzarla e come indurre le inferenze che i bambini por-
tano ai quesiti che io pongo, alle immagini che abbiamo proposto, all’interno
del contesto ben preciso di lavoro e, soprattutto, la centratura del compito.
Nel laboratorio, soprattutto all’inizio del percorso, l’insegnante sembrava
più attento all’aspetto estetico del prodotto che non al processo. Via via, negli
ultimi due incontri, le insegnanti si sono mostrate invece molto più “mirate”,
grazie soprattutto al fatto di aver cominciato a documentare le attività con le
registrazioni. In modo particolare, queste hanno permesso, all’interno dei laboratori, di discutere, analizzare i comportamenti, chiarire dubbi e sollecitare
alcuni approfondimenti teorici fondamentali per un salto di qualità professionale.
Lo scambio ed il confronto laboratoriale tra insegnanti sulle diverse esperienze realizzate hanno permesso inoltre di far emergere tutti quei dubbi che
sorgono a livello disciplinare e di metodo e sull’aspetto psicologico di risposta
da parte del bambino. Si tratta di tre aspetti che vanno monitorati sempre insieme se si vuole realizzare una verifica approfondita delle attività svolte con i
bambini: d’altra parte la conoscenza della disciplina porta a saper meglio controllare il processo cognitivo ed emozionale che si richiede al bambino.
Per capire meglio l’importanza di queste registrazioni, nella documentazione del nostro lavoro, vi presento uno stralcio di un’attività sul testo narrativo svolta da una collega in una scuola dell’infanzia. Il testo narrativo che abbiamo proposto all’interno del quarto incontro di laboratorio, va costruito
utilizzando immagini che vengono presentate, una alla volta, ai bambini. Le
immagini devono essere particolarmente coinvolgenti per far scaturire ipotesi
157
PARTE TERZA
Punti di attenzione
158
ed inferenze. In questo caso l’insegnante ha utilizzato quattro immagini di
1
Pandi, l’orsetto .
Questo lavoro è davvero prezioso e ha sollevato una discussione anche
all’interno del laboratorio: discutendo sulla registrazione fatta dall’insegnante
il gruppo si è reso conto di come a volte i bambini siano stati limitati
dall’intervento dell’adulto. La collega stessa ha ammesso che “… l’obiettivo
che io ho raggiunto è stato di un certo tipo, non era quello che avevo in mente”.
Il lavoro inizia con l’insegnante che invita i bambini ad esprimere quello
che vedono nel disegno: alcuni di loro sono molto precisi, mentre altri descrivono l’immagine in modo molto approssimativo. In qualche occasione sorgono delle vere e proprie discussioni riferite ad alcuni particolari.
Vi leggo alcune frasi del verbale scritto dalla collega mentre si svolgeva
l’attività:
Giulio: “Non è un cancello, è un recinto. Certi recinti sono di legno, certe case
hanno questi recinti”.
Davide invece ribatte: “No, non è un cancello di ferro, è un recinto intorno alla
casa, ci eravamo sbagliati”.
I bambini prima avevano detto che questi erano dei funghetti anche se
qualcuno aveva obiettato, ma senza successo: “Di solito in inverno non ci sono
funghi, sarà un mucchietto di neve!” Qui già il bambino inizia a dire che: “c’è
stato uno sbaglio prima da parte nostra”.
Un altro bambino dice: “Sono funghi ghiacciati”.
Beatrice: “No, un funghetto ricoperto dalla neve”.
Davide: “Forse Pandi ha fatto un funghetto di neve”.
Adesso si passa alla fase in cui il bambino, basandosi sull’immagine, incomincia a inventare e a descrivere quello che, secondo lui, accadrà successivamente nella storia. L’insegnante propone una seconda immagine.
1
La documentazione dell’attività è riportata integralmente in coda all’intervento alla
pag. 162.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Vi chiederete perché abbia scelto proprio questo pezzo della registrazione,
qui si vede come l’insegnante passi subito all’immagine successiva, senza preoccuparsi di quello su cui stavano discutendo i bambini. Essi, infatti, che stavano ragionando sui funghetti, iniziavano a fare una co-costruzione del significato, che non è tanto una lettura di immagini, ma è un confronto di quelle
che sono le ipotesi e le inferenze che i bambini fanno.
In questi momenti molto ricchi, in cui i bambini espongono le proprie idee, l’insegnante dovrebbe cercare di lasciarli liberi, di lasciare loro un certo spazio, in modo da favorire una circolarità di idee, la più ricca possibile. Questo è
fondamentale se crediamo che l’atto di scrittura sia una pianificazione, la realizzazione di un progetto. Lo stesso accade anche con noi adulti quando affrontiamo un atto di scrittura: ci prepariamo un’idea, iniziamo a farla in brutta copia, cancelliamo e via dicendo. I bambini, come noi adulti, hanno bisogno di passare attraverso tutte queste fasi, pertanto lo spazio che deve essere
lasciato in questo momento di progettazione è legittimo.
È importante, anche, che durante il tempo dedicato alla co-costruzione,
l’insegnante intervenga per eliminare gli elementi che sono fuorvianti, perché i
bambini devono anche abituarsi alla coerenza, ad impegnarsi in un lavoro, a
rimanere centrati su quella che è stata la consegna di lavoro. Nel caso del testo
narrativo la consegna di lavoro era che cosa succede? e che cosa accadrà dopo?
Da sottolineare anche l’attenzione e la pazienza perché siamo convinti, anche supportati da contributi scientifici, che certe attività, sia per l’atto di scrittura, ma anche per quanto riguarda l’atto di lettura, devono essere fatte fino in
fondo, senza preoccuparsi, per esempio, che si tratti di tempo perso. Si pensi
ad esempio a quelle attività proposte in cui si è chiesto ai bambini: “A che cosa
serve leggere?” oppure “A che cosa serve scrivere?” Le risposte dei bambini offrono materiale utilissimo per saper quale sia il livello di partenza dei bambini
nell’alfabetizzazione, costituisce il terreno stesso su cui fondare il percorso di
avvicinamento alla lettura e alla scrittura. È un’attività, certamente, che richiede tempi lunghi, spazi per lasciare i bambini discutere, disegnare o rappresentare le loro idee.
Vorrei proporre le risposte che i bambini di una prima elementare, durante
la prima settimana di scuola, hanno dato alla domanda “A che cosa serve leggere?”
Ho diviso le risposte dei bambini in gruppi.
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PARTE TERZA
Punti di attenzione
Gruppo 1, lettura come promozione:
•
•
•
•
Perché se non si sa leggere si diventa asini.
Leggere serve perché se leggi diventi grande.
Ad imparare tutto quello che vuoi.
Per imparare a scrivere presto.
I bambini di questo gruppo iniziano a fare una promozione ancora rivolta
su se stessi.
Gruppo 2, lettura autoreferenziale:
•
•
•
Leggere serve per imparare le lettere.
Serve per imparare a leggere le frasi.
Per imparare le cose di scuola.
In questo caso la lettura è strettamente limitata al codice alfabetico.
Gruppo 3, lettura funzionale:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Leggere per non stufare la mamma (quindi è in gioco anche una
questione relazionale ed affettiva, con le persone adulte).
Serve per leggere il giornale.
Per leggere le lettere del papà lontano.
Se uno legge capisce quando fermarsi al McDonald.
Leggere i segnali se ci troviamo in Francia (qui c’è anche il discorso
di capire l’importanza del codice anche in luoghi stranieri).
Per leggere quello che scrivono le maestre e per vedere che cosa hai
sbagliato (ritorna il discorso del rapporto con l’adulto e con le istituzioni scolastiche).
Per leggere le carte importanti.
Per leggere gli orari del cinema.
Per leggere la robba (bambino napoletano) se qualcosa è privato
(contesto di qualcosa che è segreto).
Si tratta di un gruppo molto vasto e variegato. Dalle risposte si capisce come i bambini si portino dietro la ricchezza del loro vissuto, delle loro idee. I
bambini hanno già convinzioni e teorie ben precise su quel che sia il codice
scritto. Si portano, anche, appresso un contesto in cui hanno sviluppato dei
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
modelli, degli script, dei comportamenti. Partire da quanto è in loro radicato e
dalle storie che portano con sé, quando entrano a scuola, è per noi una ricchezza e un modo per legittimare tutto questo vissuto.
La ricchezza e la varietà delle risposte ci danno ragione anche di un altro
aspetto sul quale come conduttrici insistiamo nei laboratori: la partenza
dell’alfabetizzazione è basata sulla funzionalità, sul valore funzionale della lettura e della scrittura.
Gruppo 4, lettura come atto autoreferenziale:
•
Leggere serve per entrare nelle storie.
Questo bambino ha già un’idea molto più matura della lettura, ma è un solo bambino all’interno della classe.
Riassumendo, l’idea della lettura come atto referenziale è molto limitata e
ed è molto più sviluppato invece il discorso della funzionalità della lettura.
Questo è fondamentale per noi, perché ci fa capire intanto quanto sia opportuno partire da quello che i bambini hanno già costruito, dalle competenze
che vanno sondate e valorizzate.
Tutte le attività proposte sull’aspetto fonologico e le domande sulla scrittura e sulla lettura sono servite, soprattutto, per vedere da dove è il caso di partire. Anche voi avete svolto queste attività e per alcune di voi è stata anche una
sorpresa: vi ha stupito il fatto che i bambini avessero già delle idee così ben
strutturate sulla lingua.
Le domande sulla scrittura e sulla lettura hanno, infatti, lo scopo di recuperare le conoscenze e le teorie già possedute per agganciarle alle nuove esperienze cognitive che i bambini devono costruire, rendendoli protagonisti molto attivi di questo processo di costruzione delle conoscenze. Sono queste attività che fanno da ponte tra quello che i bambini si portano a scuola e quello
che invece devono imparare.
Vorrei sottolineare l’importanza di portare i bambini a riflettere sulla funzione della lettura; si tratta di un’attività grazie alla quale si abituano a fare
metacognizione, a riflettere su quello che serve, ma anche su come si arriva a
leggere o scrivere.
Tutto il discorso sullo scopo, sul destinatario, sul lavoro di pianificazione,
sulla scelta delle parole, tutto il lavoro di riflessione che i bambini sono portati
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PARTE TERZA
Punti di attenzione
a fare alla scuola elementare, come si è visto in laboratorio, può essere avviato
già nella scuola dell’infanzia.
Fondamentale è il discorso della socializzazione. Il confronto tra i bambini,
il discutere porta ad imparare. È un momento irrinunciabile nella conduzione
delle attività con i bambini. Diventa socializzazione di idee, ma anche di vissuti, di emotività. È una ricchezza su cui noi dobbiamo fondare il nostro stile di
lavoro, perché altrimenti ritorniamo a dare più importanza a quello che è il
risultato, inteso però come oggetto, sterile prodotto fatto, bello, strutturato,
ma che non ha la ricchezza del confronto tra i bambini.
Ritorno, infine, all’importanza per gli insegnanti di lavorare in laboratorio,
“il luogo” dove si agganciano varie esperienze, varie attività, si discutono, si
propongono e si sperimentano modalità di lavoro diverse. Nel laboratorio
s’impara anche partendo dalle cose che abbiamo sbagliato, dalle esperienze che
dobbiamo rettificare o dobbiamo discutere di nuovo insieme.
Documentazione dell’attività
Scuola dell’infanzia di Bolognano –Vignole – Masi
Situazione iniziale: Inventiamo una storia. Attività svolta durante il pomeriggio con un gruppo di bambini formato da 11 bambini: otto grandi e tre medi.
Materiali: le quattro immagini di Pandi.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
L’insegnante propone ai bambini di inventare una storia con l’aiuto di
quattro immagini proposte una alla volta. I bambini cominciano a dire le loro
idee.
Inizialmente l’insegnante chiede se conoscono il personaggio rappresentato
dall’immagine (Pandi): Riccardo, Michelle, Simone, Beatrice non conoscono
Pandi.
L’insegnante invita poi i bambini a turno a descrivere quello che vedono
nel disegno.
In questa fase alcuni bambini sono molto precisi, mentre altri descrivono
l’immagine in modo approssimativo. In qualche occasione ci sono delle discussioni riferite ad alcuni particolari (cancello/steccato, fungo, porta/albero).
Giulio: Non è un cancello, è un recinto, certi recinti sono di legno. Certe case hanno
questi recinti.
Davide: Non è un cancello di ferro. È un recinto intorno alla casa, c’eravamo sbagliati. Di solito in inverno non ci sono i funghi, sarà un mucchietto di neve.
Marco: Sono funghi ghiacciati.
Beatrice: Un funghetto coperto dalla neve.
Davide: Forse Pandi ha fatto un funghetto di neve.
Si passa alla fase dove il bambino, basandosi sull’immagine, incomincia a
descrivere quello che succede nella storia che inventerà.
L’insegnante propone una seconda immagine; i bambini, a turno, descrivono quello che vedono e l’insegnante rilegge loro ciò che hanno detto e li invita a continuare. In questa fase i bambini raccontano, tralasciando spesso di
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PARTE TERZA
Punti di attenzione
dire il soggetto (protagonista) dandolo per scontato. Per questo l’insegnante
spesso deve intervenire.
La storia continua, i bambini sono entusiasti. Li invita a mettersi in semicerchio. Subito chiedono che cosa vuol dire: allora scoprono che ha la stessa
forma della lettera C.
Riccardo: Ha la forma della lettera del mio nome.
Marco: Anch’io ce l’ho.
Davide: Se ne mettiamo due diventa una O.
Giulio: Una O.
Simone: Anch’io.
Davide: Se ci mettiamo una riga diventa quella del mio nome.
Nadin: Anch’io ce l’ho.
Riccardo: Nel mio nome ci sono tutte.
Dopo un po’ di tempo interviene l’insegnante e fa proseguire la storia. In
questa fase i bambini incontrano difficoltà a fare i collegamenti da
un’immagine all’altra. L’insegnante interviene per aiutarli, facendo loro domande del tipo: Cosa stava facendo Pandi? Ora che cosa fa? Perché? Come
mai? È giusto così? Ti sembra che possa andare?
L’insegnante rilegge la storia di ciascun bambino e mostra la quarta immagine.
I bambini chiedono:
Riccardo: Nel mio nome ci sono tutte. È l’ultima?
Stefano: Forse.
Nadin: Mi sembra di sì.
Beatrice: Io sono stufa.
Davide: Ce ne sono ancora maestra?
L’insegnante risponde: “Vediamo …. Decidete voi …. Può darsi”
I successivi racconti sembrano dare una fine alla storia.
L’insegnante fa vedere ai bambini la loro storia completa, rappresentata
graficamente, riordinata e con le didascalie scritte con le loro parole. I bimbi
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
ne sono molto entusiasti, soprattutto del fatto che abbia riportato proprio le
loro parole; chiede loro se così è abbastanza completa o se manca ancora qualcosa. I bambini rispondono:
Davide: Bisogna fare la copertina.
Simone B.: Manca l’etichetta.
Davide: Manca la foderina.
Simone P.: Mancano le scritte quelle da leggere.
Giulio: Le lettere se mai.
Davide: Per capire di che cosa si parla.
Dopo un po’ di scambio di idee nessuno riesce a dire che manca il titolo,
allora interviene l’insegnante e spiega che cos’è il titolo e stimola i bambini,
rileggendo tutte le nove storie, a dare loro un titolo.
I bambini propongono i seguenti titoli:
Davide: PANDI SI DIVERTE.
Simone: PANDI TROVA UN AMICO.
Michelle ha qualche difficoltà, esce un po’ dal tema, viene aiutata dalla maestra con
qualche suggerimento, leggendo i titoli degli altri: PANDI SI DIVERTE CON GLI AMI-
CI.
Giulio: PANDI SI FA UNA CASA.
Riccardo: PANDI SI È PERSO.
Simone P.: PANDI GIOCA CON LA NEVE.
Marco: PANDI SI COSTRUISCE UNA CASA CON I SUOI AMICI.
165
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Il punto di vista dei docenti
di Maria Luisa Pollam
Il lavoro presentato nelle pagine precedenti è stato reso possibile per il fatto
che, fin dall’inizio, si è pensato alla documentazione; per questo sono stati
puntualmente registrati, trascritti e rielaborati sia gli interventi fatti dagli esperti nella fase iniziale, sia i momenti di confronto tra i gruppi, e sono stati
raccolti e riorganizzati i materiali utilizzati nei laboratori e quelli prodotti in
classe con i bambini.
Le preziose annotazioni sull’attività svolta sia da parte delle conduttrici dei
laboratori, sia da parte degli insegnanti coinvolti ci hanno permesso non solo
di avere, alla fine del percorso, la restituzione di un prodotto, ma anche di recuperare elementi di processo utili a meglio comprendere l’esperienza fatta.
Con questo spirito e in quest’ottica si è ritenuto di raccogliere anche osservazioni personali da parte dei docenti sull’intero percorso, così da offrire di
tale esperienza più sfaccettature, più punti di vista.
Per recuperare la loro voce rispetto ad essa e a quello che è accaduto nei
due gruppi e durante l’intero percorso, durante l’ultimo incontro, è stata proposta la seguente attività.
Su dei post-it di diverso colore gli insegnanti sono stati invitati a esprimersi
rispetto al percorso fatto, scrivendo qualcosa su uno o più (non necessariamente su tutti) dei seguenti quattro punti:
1. un apprendimento;
2. una scoperta, cioè qualcosa cui non avevano mai pensato, che è stato utile scoprire e rispetto al quale hanno acquisito delle consapevolezze;
3. un consiglio per una collega che volesse decidere di proporre ai bambini
delle attività, dei percorsi che essi hanno fatto;
4. una questione che vorrebbero approfondire.
Di seguito si riportano le risposte degli insegnanti e qualche breve commento da parte di Franca Rossi.
Per quanto riguarda il primo punto, un apprendimento, gli insegnanti
ritengono di:
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168
PARTE TERZA
Il punto di vista dei docenti
•
•
•
•
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•
•
aver appreso un nuovo approccio alla lingua scritta per i bambini
della scuola dell’infanzia (che era poi il tema del percorso) e nuove
modalità di avvicinamento alla scrittura e alla lettura partendo dal
vissuto dei bambini;
aver compreso il valore della discussione come punto di partenza di
percorsi didattici validi ed efficaci;
aver avuto supporti di lavoro molto utili e coinvolgenti per attivare
continuità;
aver conosciuto un metodo nuovo per proposte giocose, significative sui contenuti della continuità;
aver consolidato delle conoscenze;
aver imparato ad interrogarsi sul ruolo di insegnante all’interno del
gruppo;
aver fatto, grazie anche alla ricchezza della conduttrice,
un’esperienza diversa di laboratorio, e di aver ricevuto un aiuto nel
mettere più attenzione a ciò che viene fatto, offrendo nel contempo
anche uno stimolo per approfondire individualmente il tema affrontato;
aver acquisito una maggiore consapevolezza di saper ascoltare, registrare e discutere insieme ai bambini su un argomento specifico. La
discussione, dando tempi e spazi adeguati, rafforza e stimola il
bambino a confrontarsi, a far crescere nel gruppo una maggiore
consapevolezza di sé e a dare spazio alle proprie idee.
Ricorrono nelle riflessioni degli insegnanti cose importanti quali la consapevolezza rispetto alle scelte, l’attenzione al tempo, al rispetto delle costruzioni
mentali e dei processi di scoperta del linguaggio scritto di ogni bambino.
Per quanto riguarda le scoperte, quello sulla lingua scritta è stato secondo
gli insegnanti un percorso interessante sia per i bambini che per loro stessi che
non conoscevano tale tipo di approccio.
Tra le scoperte gli insegnanti annotano:
•
•
le attività laboratoriali condotte alla scuola materna;
una maggior consapevolezza del percorso di apprendimento della
lettura e scrittura nel bambino;
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
•
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•
•
•
•
•
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•
•
non bisogna correggere i primi segni grafici che per noi non hanno
alcun significato, ma per i bambini è scrittura, hanno un significato,
è solo che noi non riuscivamo a coglierlo;
lavorare con i bambini nel modo suggerito dal corso: è stato momento di riflessione, di chiarezza, di consapevolezza, non sottovalutare, ma dare la giusta importanza e il giusto spazio a tutti gli interventi (di bambini e insegnanti) che spesso non vengono approfonditi e individuati;
la “bellezza” di lavorare insieme (materne ed elementari);
ho scoperto che i bambini di 5 anni hanno delle conoscenze sulla
scrittura assai approfondite e che possono emergere in diverse attività;
ho scoperto che i bambini scrivono spontaneamente liberamente
senza difficoltà;
mi è piaciuto tanto conoscere il percorso di apprendimento della
lingua scritta che finora non avevo avuto l’opportunità di approfondire; ora osservo con un’altra ottica il bambino quando traccia
lettere a modo suo sopra un foglio;
ho riscoperto attività scontate e sottovalutate e quindi riproposte in
chiave più proficua;
ho riscoperto il valore del tempo dedicato alla ricerca comune;
la lettura e la scrittura non è solo decodificazione dei codici;
maggior presa di coscienza dell’utilità del percorso che precede le
competenze di lettura e scrittura;
ho scoperto che, dove esiste, la continuità tra i due ordini di scuola
costituisce un vantaggio per i bambini.
Emerge da alcune osservazioni (la lettura e la scrittura non è solo decodificazione dei codici; maggior presa di coscienza dell’utilità del percorso che precede le competenze di lettura e scrittura; la riscoperta del valore del tempo dedicato alla ricerca comune) l’immagine dell’insegnante ricercatore.
In qualche passaggio (riscoperta delle attività scontate e sottovalutate,
quindi riproposte in chiave più proficua) viene anche riscoperto il valore delle
piccole cose di ogni giorno (elogio della quotidianità) ma anche l’importanza
di avere degli strumenti in più per “leggere” e “capire” il bambino (Mi è pia-
ciuto tanto conoscere il percorso di apprendimento della lingua scritta finora
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PARTE TERZA
Il punto di vista dei docenti
non avevo avuto l’opportunità di approfondire perché ora osservo con
un’altra ottica il bambino quando traccia lettere a modo suo sopra un foglio.
Ho scoperto che i bambini di 5 anni hanno delle conoscenze sulla scrittura assai approfondite e che possono emergere in diverse attività. Ho scoperto che i
bambini scrivono spontaneamente e liberamente senza difficoltà).
Si evidenziano, rispetto al percorso fatto, anche consapevolezze rispetto
all’importanza di dare spazio all’individualità, ai modi e ai tempi di apprendimento dei bambini.
La consapevolezza è un termine ricorrente ed è questo un fatto molto importante, soprattutto perché non riguarda soltanto i prodotti, riguardo ai quali
questo tipo di consapevolezza c’è sempre stata e non era quindi da costruire.
Quella che emerge dalle osservazioni degli insegnanti è invece, ed è questo un
elemento molto positivo, una consapevolezza verso i processi. Si tratta di una
consapevolezza che si è sviluppata probabilmente grazie alla metodologia del
laboratorio, che è una metodologia di ricerca. Le riflessioni sulle trascrizioni,
sugli elaborati dei bambini, sulle loro reazioni implicano un atteggiamento di
ricerca: fatta un’ipotesi, ti aspetti delle cose, le provi, le progetti, le realizzi e
poi vai a vedere cosa è successo.
Per quanto riguarda il terzo aspetto questi, oltre a quello ripetuto più volte
di fare un corso analogo, i consigli che gli insegnanti danno sono di:
•
•
•
•
•
•
•
non avere fretta di raggiungere il codice, dare tempo
all’apprendimento;
documentarsi e cercare di seguire un percorso analogo;
rispettare i tempi dei bambini;
frequentare un corso di questo tipo per capire che non si tratta di
anticipazione;
considerare l’opportunità, la necessità, l’importanza da parte dei
docenti dei due ordini di scuola di frequentare lo stesso laboratorio
per la realizzazione di una vera continuità;
tener conto del vissuto del bambino in ogni attività didattica;
leggere e documentarsi per conoscere l’argomento.
Il riferimento al documentarsi e al leggere suona un po’ strano dal momento che c’è molta letteratura sull’argomento, ma va letto forse in un altro senso:
il cambiamento passa per la riflessione, per la ricerca, per la capacità di docu-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
mentare ed è allora che le letture aiutano perché si riconosce nei contributi
scientifici, nei contributi di ricerca quello che si è sperimentato nella pratica
con i bambini.
Tra le questioni da approfondire:
•
•
•
•
•
•
•
Una questione che vorrei approfondire è senz’altro quella di avere
maggiore passaggio e dialogo tra la scuola dell’infanzia e la scuola
elementare, due realtà che corrono su due binari completamente
diversi. Alla scuola dell’infanzia si dà modo al bambino di farsi conoscere, alla scuola elementare no, si dialoga molto poco e si scrive
e si studia tanto, si va avanti solo a verifiche da ottobre a maggio. Io
penso che, almeno nei primi mesi, la scuola elementare dovrebbe
favorire lo scambio e il dialogo tra bambini e poi tra insegnanti e
bambini.
L’importanza di frequentare lo stesso laboratorio per la realizzazione di una vera continuità.
L’importanza di soffermarsi sulle costruzioni della conoscenza e di
dare input ad ogni bambino per il suo raggiungimento (della conoscenza).
Necessità di approfondire e concretizzare le attività strettamente
legate all’apprendimento della lingua in continuità reale con la
scuola dell’infanzia ed elementare, collaborando alla costruzione di
un curricolo.
Le dinamiche dei processi cognitivi che spesso si danno per scontate.
Tempi più lunghi per riprendere alcuni passaggi problematici.
Continuare il corso per riprendere alcuni temi problematici che andrebbero ulteriormente approfonditi.
171
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Riflessioni sui lavori dei laboratori
di Franca Rossi
Il materiale prodotto all’interno dei laboratori è molto eterogeneo, come
sempre succede quando si mette a lavorare insieme un gruppo di insegnanti di
ordini di scuola diversi.
Attraverso quel materiale ho voluto leggere le diverse esperienze tenendo in
considerazione alcuni aspetti e riprendendo alcuni temi ricorrenti che vi restituisco come punti di riflessione sull’esperienza fatta e come punti d’attenzione
sull’intera proposta.
LA CONTINUITÀ
Insegnanti di scuola dell’infanzia e insegnanti di scuola elementare condividono l’idea della continuità, così complessa e così difficile da realizzare.
Facciamo continuità perché ci raccontiamo quello che fa ognuno? Facciamo continuità perché alla fine dell’anno il gruppo dei piccoli va a visitare la
scuola elementare e conosce le insegnanti che si ritroverà a settembre?
Fare continuità sulla lingua scritta è una cosa decisamente più complicata.
Siamo d’accordo sul fatto che il bambino ha uno sviluppo continuo; nessuno
nega che ci siano dei balzi in avanti, dei ritorni indietro, però diciamo che il
tutto avviene in una certa continuità.
Perché, perché puntiamo verso la continuità?
Perché non ci sono ragioni che giustifichino una discontinuità. Nessuna
teoria sostiene dal punto di vista pedagogico la discontinuità, per questo bisogna optare per una direzione di continuità. Pertanto la discontinuità e le fratture che esistono tra gli ordini di scuola non hanno un fondamento scientifico, ma hanno un fondamento di tipo diverso, storico, economico, ma sicuramente non poggiano su basi né psicologiche, né psicopedagogiche.
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PARTE TERZA
Riflessioni sui lavori dei laboratori
ANTICIPARE LO SVILUPPO
Qual è il compito della scuola? Qual è il compito dell’educazione? È quello di
seguire lo sviluppo oppure quello di anticipare lo sviluppo?
Seguire lo sviluppo significa aspettare che il bambino sia pronto per imparare.
Nel caso della lingua scritta si traduce nell’aspettare che il bambino abbia
una buona coordinazione occhio-mano prima di presentare le lettere, aspettare che impari le lettere prima di farlo scrivere, aspettare che sia in grado di
scrivere autonomamente per lavorare sui testi. Viceversa è auspicabile che
l’educazione anticipi lo sviluppo. Che cosa significa? Anticipare lo sviluppo
significa che l’insegnante deve conoscere così bene i bambini dal punto di vista
emotivo, cognitivo ecc, per poter riuscire a proporre un’attività in cui si è sicuri che una parte dell’attività è padroneggiata e che c’è una parte nuova. Si anticipa lo sviluppo fornendo il supporto del gruppo e la mediazione
dell’insegnante.
Questa è una cosa difficile da realizzare, perché per esempio molte delle attività che vengono proposte a scuola non sono ben calibrate, sono o troppo
facili o troppo difficili.
LA PREISTORIA DEGLI APPRENDIMENTI
Altro elemento importante, già introdotto da Mara e da Patrizia, è che un
gruppo che lavora sulla continuità sicuramente condivide in modo forte l’idea
che ogni insegnamento ha una sua preistoria.
Nessuno pensa che i bambini non sanno niente, i bambini sanno tante cose
prima di iniziare qualsiasi insegnamento e i questionari e le interviste che sono
stati utilizzati con i bambini hanno messo in luce questo. Le conoscenze che i
bambini hanno, che non sono prerequisiti, vengono prima di, rappresentano
proprio l’origine di una conoscenza.
Facciamo un esempio relativo alla lingua scritta che è il tema che ci interessa. Nessuno di voi nega che i bambini hanno delle conoscenze che si sono costruite in modo proprio, autonomo, al di fuori del contesto scolastico, che
queste conoscenze sono importanti ecc, però poi, nel momento di pensare le
attività, un percorso, un progetto, in realtà non vengono sempre considerate.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
IL BAMBINO COME COSTRUTTORE DELLA CONOSCENZA
Il bambino non deve solo acquisire conoscenza, ma l’atteggiamento forse
più giusto, più rispettoso dell’individualità e della complessità dei bambini, è
proprio quello di assumere un atteggiamento di costruzione della conoscenza.
Che differenza c’è tra pensare alla conoscenza come qualcosa che può essere
costruito e come qualcosa che invece deve essere trasmesso.
Se penso che una conoscenza debba essere trasmessa, anzitutto la penso in
una veste abbastanza rigida, esiste la conoscenza e la trasmetto, possibilmente
attraverso un messaggio orale, con un insegnamento di tipo tradizionale; se
invece penso che la conoscenza possa essere costruita, allora devo scegliere situazioni che permettano ai bambini di costruirsi la conoscenza e su questo la
ricerca ci dà delle indicazioni ben precise. È possibile costruire conoscenza attraverso lo scambio tra pari. Quindi significa creare le condizioni per poter far
lavorare i bambini in gruppi più ristretti, che non siano composti da 25.
Gli apprendimenti più significativi sono quelli che si costruiscono insieme
e in cui succede tutto quello che hanno detto prima Mara e Patrizia, in cui
l’adulto non ha l’attenzione verso il prodotto, ma piuttosto verso il processo.
Questo non significa che ognuno dice e fa quello che gli pare e che non si intravede un obiettivo specifico, ma che l’insegnante si preoccupa piuttosto del
fatto che i bambini discutano tra di loro su questioni, su temi importanti.
Si può discutere anche di lingua scritta; in alcune delle vostre attività ci sono dei bellissimi passaggi in cui questo avviene e non per caso, ma perché
l’insegnante non era preoccupata di arrivare alla scrittura del testo, perché
l’insegnante ha dato spazio a tutti i bambini, perché l’insegnante è stata brava
a individuare quali bambini potevano lavorare insieme.
Una delle questioni che sicuramente unisce scuola dell’infanzia e scuola elementare, anche rispetto alla lingua scritta, è l’idea di dove sia la conoscenza.
Sicuramente i bambini, proprio perché figli di sistemi educativi abbastanza
tradizionali, all’inizio, quando arrivano a scuola, pensano che la conoscenza
stia nella testa della maestra, che le risposte giuste le hanno gli adulti e che loro
in qualche modo le devono indovinare e questo vale anche per la lingua scritta, perché quando i bambini rispondono “scrivere serve per riconoscere le letterine, per imparare le letterine” hanno l’idea che c’è una cosa da imparare che
è ben codificata e c’è poco da scoprire e da discutere.
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176
PARTE TERZA
Riflessioni sui lavori dei laboratori
Se l’insegnante crea delle condizioni diverse all’interno del gruppo, della
sezione, della classe, per i bambini cominciano a cambiare anche queste idee.
Per cui la conoscenza esiste nel gruppo e la discussione può essere un modo
per costruirla e non solo per vedere chi possiede le conoscenze. Questa è già
una posizione diversa da quella precedente, questa posizione può appartenere
sia alla mente del bambino ma anche dell’insegnante.
Andando avanti si arriva anche a scoprire che alcune conoscenze sono nelle
persone, però possono essere scoperte anche attraverso una discussione, che
molte altre sono immagazzinate negli attrezzi della cultura, nel caso della lingua scritta stanno nei libri, stanno nella possibilità che io scriva liberamente e
possa provare a spiegare perché ho scritto in quel modo, stanno nel confronto
con le altre scritture dei bambini, stanno nella testa delle persone più colte, nei
libri, nelle mappe ecc, quindi non stanno solo nella testa delle persone ma anche negli oggetti.
Utilizzare la documentazione anche come memoria per il bambino: il
bambino può ritrovare delle conoscenze anche nelle cose scritte da altri, gli si
possono riattivare delle mappe, degli schemi. E in questo modo i bambini imparano a capire come costruire conoscenza, quindi cambiano anche una loro
teoria, però la possono cambiare soltanto se anche l’insegnante la condivide.
IL RUOLO DELLA DISCUSSIONE IN PICCOLO GRUPPO
Rispetto alla discussione, questo sicuramente è l’aspetto più problematico,
sia dal punto di vista degli adulti, sia dal punto di vista dei bambini. Dal punto
di vista dell’adulto perché il rischio è questo: sono consapevole che intervengo
troppo, allora cado nell’eccesso opposto, non intervengo per niente, lascio i
bambini liberi di parlare, il che non va bene lo stesso. La difficoltà sta nel trovare un ruolo che sia neutro rispetto ai contenuti: io non devo intervenire sui
contenuti, in merito ai contenuti che i bambini tirano fuori e mettono sul tavolo della discussione, devo però intervenire per facilitare lo scambio. Allora le
cose che diceva prima Patrizia in cui c’erano i bambini che dicevano tutte
quelle belle cose sui funghetti e gli steccati, ecco lì, in quella situazione specifica, l’adulto è stato sensibile nell’accogliere le diverse proposte, idee dei bambini, ma è mancato il passo successivo, quello di sostenere i bambini nella costruzione di una risposta comune, che non necessariamente sarà quella corret-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
ta, ma che sarà la risposta che in quel momento è corretta per quel gruppo.
Ecco questo è proprio il concetto che è alla base della ricchezza delle discussioni: le discussioni sono importanti per i bambini perché i bambini sono costretti ad argomentare il proprio punto di vista, non devono solo dire “per me
è uno steccato”, ma devono dire perché, devono convincere il compagno che
quello è uno steccato, perché in quella storia vale la pena scrivere o raccontare
che quello è uno steccato. Questo è il valore aggiunto della discussione, che
chiaramente non sostituisce tutte le altre situazioni di apprendimento. Quindi
accanto a questa modalità comunque permangono situazioni a noi più familiari, in cui l’adulto dice delle cose e il bambino le apprende, in cui il bambino
vede fare delle cose e le imita, anche quello è apprendimento.
A scuola tende invece a prevalere la seguente situazione comunicativa: domande dell’insegnante, risposte dei bambini e una restituzione dell’insegnante,
che in alcuni casi può essere più o meno valutativa. Questa situazione sicuramente non facilita una costruzione di conoscenze, sicuramente serve per verificare che tipo di conoscenze hanno i bambini, sicuramente serve per consolidare le conoscenze che i bambini hanno, sicuramente serve a voi adulti per sapere cosa loro sanno, serve molto meno a loro.
Mentre gli insegnanti della scuola dell’infanzia in genere sembrano essere
più lontani da una situazione di questo tipo, via via che si va avanti, essa sembra essere invece prevalente negli ordini di scuola successivi.
Mentre gli insegnanti della scuola dell’infanzia, meno preoccupati forse del
risultato, della produzione, della risposta, normalmente concedono più spazi
di discussione vera, rispettano maggiormente i tempi dei bambini, hanno una
maggiore flessibilità nell’utilizzo degli stessi. Più avanti si va negli ordini di
scuola, più prevale il secondo modello e l’apprendimento diventa sempre più
trasmissione, perché i contenuti sono molti.
Ma anche nella scuola dell’infanzia, dove c’è un’attenzione a partire
dall’esperienza dei bambini, alla messa in comune di quella che abbiamo
chiamato la preistoria degli apprendimenti, è necessario fare un salto di qualità, dando anche ai bambini il credito e la dignità di essere capaci, di essere in
grado di gestire la potenza del conflitto che è data dal confronto e dalla discussione e quindi di fare ipotesi sul mondo e sulla realtà esterna anche in forma
concettuale, in forme ipotetiche. Nella scuola dell’infanzia c’è apertura, ci sono condizioni di accoglienza e di grande possibilità sul fare assieme ai bambini
e quindi sul lasciare che le esperienze dei bambini s’intreccino fra di loro, ma
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PARTE TERZA
Riflessioni sui lavori dei laboratori
non è ancora del tutto consolidato il fatto che i bambini siano capaci di fare,
abitualmente e con le parole. È una cultura ancora poco consolidata e poco
condivisa sulla quale si deve lavorare senza gli stereotipi di anticipazione, ma
in quest’ultima direzione. C’è talvolta anche una sorta di banalizzazione del
valore della discussione, per cui sembra che i bambini piccoli possano farlo
però la loro non è discussione nei termini in cui è presentata qui, ma è conversazione. Quindi tutto è accettato.
Banalizzare il valore della conversazione e della discussione significa banalizzare anche la ricchezza e le conoscenze dei bambini e la loro capacità di argomentare, abilità che, anche se un po’ confusamente, i bambini hanno anche
quando sono molto piccoli. Se il frutto di una conversazione è banalizzato e
ritenuto “da piccoli” non porta in nessun luogo se non nel far star bene i
bambini, nel farli conoscere reciprocamente, nel farli esprimere, però tutto finisce lì.
Come insegnanti è importante allora riuscire a capire le potenzialità educative della discussione e della relazione, riflettendo sul fatto che è nella relazione
che il bambino costruisce anche se stesso.
Durante il percorso si è registrata una maggiore consapevolezza da parte
degli insegnanti rispetto al valore della discussione e dunque anche una maggiore libertà nel lasciare parlare i bambini, non a ruota libera, nel permettere
loro di esporre le loro considerazioni liberamente, senza intervenire per bloccare o censurare in qualche modo per paura di non saper rispondere o di non
saper gestire la situazione.
La professionalità del docente sta dunque nel saper condurre l’attività, facilitando la discussione, il che può voler dire anche rispecchiare, conservare, rilanciare, orientare, capire che ogni cosa che il bambino dice, se noi ci mettiamo in un atteggiamento di ascolto, può essere ricondotta sulla strada che noi
abbiamo tracciato. Qui si gioca una grossa parte della capacità professionale.
Va aggiunto che anche i bambini, dal loro punto di vista, devono imparare
non solo a discutere, ma a discutere in quel gruppo, cioè si deve costituire un
gruppo di discussione; e non è detto che il gruppetto che gioca bene insieme,
che dipinge bene insieme sia un buon gruppo per discutere. Quindi anche
questo è un aspetto che l’insegnante deve in qualche modo provare e vedere
quali bambini possono discutere insieme, con la consapevolezza che, appunto,
con la discussione, i bambini imparano ad utilizzare le parole per discutere su
fatti, eventi del mondo, sulla cultura, su tante cose ed è anche un modo per far
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
sì che loro si costruiscano il pensiero. I bambini che discutono non solo manifestano il proprio punto di vista, il proprio pensiero in quel momento; il bambino che dice che secondo lui è meglio scrivere casa con due rotondini piuttosto che con tre lettere, è chiaro che sta esprimendo un suo punto di vista, però
poi attraverso la discussione e il confronto con gli altri, lui, motivando, argomentando, prendendo atto che è possibile fare in un altro modo, che forse
l’altro ha ragione ecc., modifica il suo pensiero e lo ricostruisce, quindi non è
solo uno strumento per rendere visibile ciò che normalmente non sarebbe visibile ad occhio nudo, ma è anche uno strumento per costruirlo.
UN BREVE COMMENTO SULLE ATTIVITÀ DOCUMENTATE
Riprendendo la riflessione di Patrizia sull’importanza della chiarezza degli
obiettivi in base alla specificità del percorso, vorrei sottolineare anch’io la problematicità legata al modo in cui gli adulti iniziano e presentano l’attività ai
bambini. Ed è questa una cosa sulla quale insisto molto: è importante la prima
frase con cui l’insegnante presenta l’attività ai bambini, perché quella frase
mette i bambini in un contesto che potrebbe essere molto diverso da quello
che l’insegnante voleva attivare e creare quindi complicazioni e confusione cognitiva.
Un esempio significativo riguarda le modalità con cui sono state utilizzate
tre immagini in sequenza che illustrano una storia, una storia quindi che può
essere costruita solo dalla lettura delle immagini in quanto non c’è testo scritto. Si tratta di immagini che possono essere utilizzate in modi diversi, introducendo un sacco di varianti, come si è visto negli esempi relativi alla prima sequenza di immagini. Alcune consegne iniziali attivavano nei bambini una situazione di narrazione orale, in altre situazioni attivavano un contesto di narrazione scritta, in altre ancora attivavano solo un discorso di tipo descrittivo.
Quanto siamo consapevoli degli effetti di queste variazioni per i bambini? Il
problema allora è quello di introdurre le variazioni in modo consapevole per
spostarsi di volta in volta su un’area della lingua.
Se chiediamo “Che cosa vedi in queste figure? Mi descrivi queste figure?
Che cosa succede in queste figure? non stiamo chiedendo la stessa cosa, stiamo
chiedendo cose molto diverse che attivano nei bambini delle situazioni dal
punto di vista cognitivo completamente diverse. Credo che una riflessione su
179
180
PARTE TERZA
Riflessioni sui lavori dei laboratori
questo sia importante e credo che sia importante farla in continuità infanziaelementare, perché questi equivoci cognitivi sono molto frequenti non solo
nelle attività di lingua ma anche in altre situazioni che fanno riferimento ad
altri contesti disciplinari.
PARTE QUARTA
LA DOCUMENTAZIONE
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
La documentazione delle attività di lingua
di Franca Rossi
La documentazione delle attività e dei percorsi proposti e realizzati con i
bambini è un momento importante per diverse ragioni:
1.
2.
perché costituisce la memoria, la storia di una comunità che lavora;
perché permette all'insegnante di ritornare sulle esperienze realizzate e
di riflettere sui punti forti e sui punti deboli di una proposta.
L'insegnante può scegliere che cosa documentare di un'attività: i prodotti
finali, i prodotti in itinere oppure i processi. La scelta non è neutra, perché ognuna di esse permette di riflettere su alcuni aspetti dell'attività e non su altri.
I prodotti finali, ad esempio, danno visibilità immediata al lavoro, visibilità
facilmente leggibile dagli insegnanti, ma anche dai genitori, inoltre veicolano
un significato forte anche per i bambini. Ritrovare sulle pareti della scuola i
testi scritti, le storie inventate, le lettere scritte come negli esempi che seguono,
aiuta il bambino a costruire la sua identità di membro di una comunità e a ricordare le esperienze realizzate.
Scuola dell’infanzia di Pergine
INVITO PER I GENITORI
Per le mamme e i papà
Cara mamma e papà!
Vi invitiamo in questa scuola “Chimelli” per farvi vedere quello che abbiamo fatto durante i mesi passati. La maestra Maria della sezione verde deve raccontarvi se siamo stati bravi o birbanti. Vi farà vedere i nostri lavori. Noi siamo lupetti, e andremo presto alla scuola elementare.
Abbiamo scoperto le cose della campagna e le ricette con la frutta.
Venite Mercoledì venti (20) Febbraio, alle ore 16. Maria
183
184
PARTE QUARTA
La documentazione delle attività di lingua
In questo esempio il prodotto finale dell'attività è rappresentato da un libro, costruito dai bambini, nel quale sono contenute le storie che loro stessi
hanno inventato e che la maestra ha scritto per loro.
In questo secondo esempio, invece, il cartello serve per avere memoria delle idee espresse dai bambini rispetto ad un argomento, ogni bambino, anche a
distanza di tempo e anche se non sa leggere, può riconoscere e ritrovare la sua
idea.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
All'interno dei laboratori è stato proposto agli insegnanti anche la raccolta
di una documentazione delle attività di lingua scritta che consentisse una riflessione a livello adulto dei processi cognitivi messi in atto dai bambini nel
contesto della collaborazione in piccolo gruppo.
In particolare è stato chiesto alle insegnanti di realizzare delle attività di
produzione del testo in piccolo gruppo. Si chiede al piccolo gruppo di ideare e
dettare, all'insegnante scriba, un testo che può essere una lettera, una ricetta,
un invito per i genitori, una storia ecc.
L’intera attività viene audioregistrata o videoregistrata. La documentazione
è rappresentata dalla trascrizione fedele di tutta l'interazione verbale che aveva
avuto nel piccolo gruppo. Per facilitare la lettura della trascrizione si utilizzano
alcune convenzioni che facilitano la comprensione anche di un lettore esterno.
La trascrizione inizia con le seguenti informazioni generali:
185
PARTE QUARTA
La documentazione delle attività di lingua
186
- DOCUMENTAZIONE n.°
- NOME DELLA SCUOLA
- INSEGNANTE
- DATA ATTIVITÀ e numero progressivo dell’esperienza2
- LUOGO IN CUI SI SVOLGE L’ATTIVITÀ
- DURATA
- PARTECIPANTI3
Nella trascrizione dell’interazione è opportuno ricordarsi di:
- trascrivere tutto fedelmente, senza apportare correzioni di ciò che i
bambini dicono;
- mettere sempre il nome di chi parla ad ogni turno (per l’insegnante usiamo “Ins”);
- numerare progressivamente i turni, in questo modo sarà facile nel
commento riferirsi a turni particolarmente interessanti;
- usiamo la convenzione “...” per indicare i completamenti di frasi iniziate
da altri
es.
78. Marco:
poi bisogna scrivere che lui...
79. Elena:
... aveva un cagnolino
- utilizziamo la convenzione XXX per le parole e/o frasi che non risultano
chiare nella registrazione:
es.
24. Gianni:
e poi prende la XXX e la lancia
- trascriviamo in linee non numerate tutte le informazioni legate al non
verbale che riteniamo importanti
2
Coincide con il numero delle attività alle quali il piccolo gruppo ha partecipato fino a
quel momento.
3
Indicare il nome dei bambini e l’età di ciascuno espressa in anni e mesi.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
es.
36. Marco:
Allora scriviamo che si chiamava Alberto
37. Marta:
no, non va bene
38. Andrea: si va bene
Elisa si alza e va a prendere un gioco
- nelle riletture del testo che l’insegnante fa per i bambini, trascrivere
tutto
es:
29. Ins: allora aspettate che vi rileggo quello che mi avete dettato “Per giocare a battaglia navale ci vogliono due bambini e
due fogli” va bene? Come continuiamo?
Di seguito è presentato un buon esempio di un'attività di costruzione di un
testo scritto in piccolo gruppo prodotta in una Scuola dell'Infanzia del Comune di Padova.
DOCUMENTAZIONE n.°2
NOME DELLA SCUOLA: Scuola materna San Lorenzo da Brindisi
INSEGNANTE: xxx
DATA ATTIVITÀ: 20 marzo 2001
LUOGO IN CUI SI SVOLGE L’ATTIVITÀ: angolo della sezione
DURATA: 30 minuti
PARTECIPANTI: sei bambini: Marco, Lorenzo, Francesco, Gianluca di 5
anni. Giulia, Giorgia di 4 anni
Dopo aver fatto attività di giardinaggio si è discusso Insieme ai bambini su
quali potevano essere le cose da fare per garantire alle piante e ai fiori una
tranquilla e duratura presenza nelle aiuole della scuola. Si è stabilito che oltre a
dare loro dell'acqua bisognava evitare di “toccare” con mani e piedi e si è
quindi deciso di scrivere un cartello per dire a tutti queste regole.
187
PARTE QUARTA
La documentazione delle attività di lingua
188
1.
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8.
9.
10.
Ins.: Facciamo questo cartello per dire ai bambini di non...
Giulia: … strappare le piante.
Ins.: Allora voi mi dettate cosa vogliamo scrivere e io scrivo. Cosa scrivo?
Bambini (Insieme): Di non strappare le piante.
Ins.: Basta così?
Marco: No ancora....Di non tirare il pallone.
Giulia: non andargli sopra.
Gianluca: non si pesta.
Lorenzo: non lanciarli.
Ins.: Piano .... Allora ho scritto “non strappare le piante....... non tirare il
pallone......non si pestano” poi cosa devo scrivere?
11. Lorenzo: Non si lanciano.
12. Beatrice: Non si tira la terra sopra.
13. Lorenzo: Non si strappano.
(…)
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Ins.: Aspettate un momento che rileggo quello che mi avete dettato. (Rilettura) Così va bene?
Giulia: Non si strappano le radici.
Beatrice: Non si strappano tutti i fiori.
Lorenzo: Non si fa la pipì sopra e non si strappano i fiori.
Francesco: La cacca neanche.
Ins.: Adesso rileggo tutto e dobbiamo decidere se queste cose che
abbiamo scritto possono essere capite da tutti i bambini. (Rilettura)
Così è chiaro?
Bambini: Sì, sì.
Ins.: Siete sicuri? C'è qualcosa che dobbiamo cambiare, oppure togliere o aggiungere?
Gianluca: Non si lanciano i giochi sopra.
Marco: Non tirare il pallone......No l'ho già detto.
Lorenzo: Non si sposta la terra sopra.
Gianluca: Non si tagliano.
Lorenzo: Non si spezzano.
Marco: Così sono morti tutti.
Beatrice: Non si scava.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
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Giorgia: Non si scava sotto la terra altrimenti escono, (silenzio).
Ins.: Questo cartello dove lo mettiamo?
Marco: Sull'albero.
Francesco: In giardino.
Gianluca: Sui fiori..
Francesco: No sul muretto (aiuola). Però non va bene perché i bambini piccoli non capiscono, non sanno leggere.
Ins.: Allora come dobbiamo fare?
Gianluca: Dobbiamo fare un disegno.
Francesco: Dobbiamo dirglielo cosa c'è scritto.
Ins.: Allora dobbiamo leggerglielo?
Gianluca: No, bisogna fare un disegno.
Ins.: Di che cosa il disegno?
Gianluca: Di quello che abbiamo scritto.
Ins.: Di tutte queste cose che abbiamo scritto?
Bambini: Sì, sì.....
Ins.: Ma se io leggo così (l'Insegnante rilegge tutto) i bambini capiscono di cosa stiamo scrivendo?
Gianluca: No.
Francesco: No.
Ins.: E allora?
Gianluca: Disegniamo un fiore.
Giulia: Dobbiamo disegnare le cose che abbiamo scritto.
Francesco: No, dobbiamo disegnare un prato e i bambini che non
vanno a toccare i fiori.
Beatrice: Oppure possiamo disegnare dei fiori che stanno lì (indica
l'aiuola). Alcuni.
Ins.: Ma noi questo cartello lo facciamo solo per i bimbi o anche per
le mamme e per i papà.
Giulia: Per le mamme e per i papà no loro lo sanno già che non si
devono strappare.
Gianluca: E poi loro sanno leggere.
Lorenzo: Solo per i bambini.
Ins.: Allora solo per i bambini?
Marco: No anche per i grandi.
Lorenzo: No.
Giulia: Per i piccoli.
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190
PARTE QUARTA
La documentazione delle attività di lingua
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(…)
Beatrice: Anche per i medi.
Ins.: Voi siete sicuri che se noi scriviamo così tutte queste cose i
bambini capiscono?
Lorenzo: Sì.
Marco: No.
Francesco: Se facciamo il disegno si.
Ins.: Abbiamo scritto non strappare le piante, che cosa vuoi dire?
Beatrice: Che non si strappano i fiori.
Ins.: ma le piante o i fiori?
Beatrice: le piante.
Francesco: Le piante sono i fiori.
Giulia: no.
Lorenzo: scriviamo non strappare i fiori.
Giulia: Le piante sono delle piantine che fanno nascere i fiori, i fiori
si comprano sai.
Giorgia: Le piante quando le compri che hanno i fiori mica si sono
seccate....
Giulia: I fiori si comprano.
Francesco: Guarda che i fiori crescono eh...
Giulia: Si comprano eh...
Beatrice: I fiori si possono comprare e anche farli crescere.
Ins.: Allora scriviamo come dice Lorenzo “Non strappare i fiori e
non tirare il pallone”. Cosa vogliamo dire.
Giulia: Che non si tira il pallone nelle piante.
Ins.: Ma noi abbiamo scritto solo “Non tirare il pallone” Va bene così?
Gianluca: No, perché si deve scrivere non tirare il pallone sulle
piante.
Beatrice: Altrimenti capiscono che non si deve tirare il pallone sulla
montagna.... oppure sul campo...
Ins.: Non si pestano che cosa vuoi dire?
Beatrice: Che mettono i piedi sopra.
Ins.: Dove?
Bambini: Sui fiori.
Ins.: Noi abbiamo scritto solo “Non si pestano”.
Gianluca: Dobbiamo aggiungere non si pestano i fiori.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
ANALISI E RIFLESSIONI DELL’INSEGNANTE
SULLA DOCUMENTAZIONE DELL’ATTIVITÀ
Una volta che si ha la trascrizione dell’interazione si può iniziare il lavoro
di analisi su ciò che è successo durante l’attività. Nella stesura del commento ci
si sofferma con particolare attenzione ai seguenti aspetti:
1.
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4.
5.
6.
Livello di partecipazione dei singoli all’interazione (commento solo
sugli aspetti quantitativi).
Informazioni sul contesto precedente l’attività (come si è arrivati a
decidere di scrivere quel testo? È successo qualcosa di rilevante nei
giorni precedenti che ci ha portato a decidere il contenuto
dell’attività? Clima della giornata, eventi imprevisti, altro).
Ruolo dell’insegnante (Inizia l’attività in modo chiaro? Facilita
l’interazione, lo scambio di informazione tra bambini, la discussione?
Focalizza l’attenzione dei bambini sul testo? Attenzione ad altri aspetti...).
Direzione della comunicazione (“Chi parla a chi?” È un dialogo tra
insegnante e singoli bambini? È una conversazione tra bambini? I
bambini quando parlano si rivolgono prevalentemente all’insegnante?
Agli altri bambini del gruppo?).
Processo di composizione del testo:
A proposito delle riletture: chi le propone? Chi le richiede? Vengono
fatte solo alla fine o anche in itinere? Vengono fatte revisioni e cambiamenti nel testo? Se si, quando vengono fatti mentre si detta o dopo
la rilettura dell’insegnante? Cosa viene cambiato del testo, aspetti relativi alla forma e/o al contenuto? Gli interventi dei bambini indicano
attenzione al destinatario del testo? Si preoccupano che il testo risulti
comprensibile, chiaro, efficace per il destinatario? Ci sono opposizioni? Sono argomentate?...).
Commenti sull’attività da parte del gruppo (alla fine dell’attività possiamo chiedere loro se è piaciuta, se secondo loro hanno lavorato bene, se si sono divertiti, cosa vorrebbero scrivere la prossima volta...).
191
APPENDICE
CONTRIBUTI
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Quale approccio alla lettura prima di leggere
e alla scrittura prima di scrivere
di Patrizia Bortolotti
Per molto tempo si è pensato che i bambini potessero fare i loro primi passi alla scoperta della lettura e della scrittura grazie solamente ai metodi
d’insegnamento che sono utilizzati dagli adulti. Con studi che sono stati effettuati da più di un ventennio e con ricerche ancora in atto negli ambiti linguistici e psicolinguistici di ambienti sociali e culturali diversi, si è invece scoperto
che i bambini iniziano a leggere e a scrivere non solo grazie all’apprendimento
e alla memorizzazione, ma anche attraverso una serie di ipotesi e scoperte di
regole che essi si costruiscono sulla lingua scritta.
Vi sono vari studi che affermano che i bambini si avvicinano al codice
scritto da un punto di vista olistico, orientato più dalla forma visiva delle
parole, altri affermano che per i bambini il patrimonio delle parole scritte è un
sistema ordinato di segni che sono in rapporto con le unità fonologiche della
lingua parlata.
L’ipotesi di un momento di tipo logografico parte da risultati che riguardano i bambini in età prescolare; i bambini in questo periodo evolutivo effettuano il riconoscimento di parole basandosi molto sul contesto visivo in cui
quelle parole sono collocate. È molto frequente nei bambini per es. riconoscere la parola Coca Cola se hanno davanti una bottiglia di Coca Cola, ma la stessa parola non è più così familiare se viene presentata scritta su carta.
Secondo tale interpretazione la fase logografica è seguita da una fase alfabetica: il bambino passa dal riconoscimento di scritte a lui note o familiari ad
una decodifica lenta di parole note e non. Il bambino pronuncia ora i suoni
associati alle singole lettere e li compone nella sua mente prima di poter riconoscere la parola. Questo passaggio di strategia è segnato da un intreccio tra
scrittura e lettura: la considerazione per i suoni delle parole e per i segni che li
rappresentano emerge prima nella scrittura e poi si trasferisce alla lettura
(Frith, 1985). La lettura inizia con un approccio di riconoscimento olisticovisivo, ma poi si trasforma con la scrittura e l’apprendimento secolarizzato in
un approccio analitico alfabetico.
195
APPENDICE
Quale approccio alla lettura prima di leggere
e alla scrittura prima di scrivere
196
Gli studi psicolinguistici condotti dalle studiose Ferreiro e Teberosky affermano invece che i bambini alla richiesta di scrivere “come volevano” parole
e frasi sono attenti alle varie combinazioni delle lettere, cambiano quantità e
l’ordine dei segni, cercano di stabilire differenze tra le parole. Alcuni bambini
scrivono e rileggono quello che hanno scritto, rivelano una considerazione dei
suoni della parola tentando di stabilire una corrispondenza tra numero dei
suoni e numero dei segni.
Oltre ad avere già delle loro regole in base alle quali far funzionare la parola, tengono in considerazione aspetti fonologici; la fonologia, infatti, assume
un ruolo centrale nello strutturare le loro prime scritte.
La segmentazione della parola viene adoperata da alcuni per decidere
quanto dev’essere lunga una stringa scritta, vi sono bambini che segmentano
in unità sillabiche, altri in unità fonetiche, altri ancora adoperano entrambe
questi tipi di unità. L’insegnamento sistematico della scuola elementare presenterà ai bambini le varie convenzioni di scrittura della lingua e chiarirà che a
certi suoni si fanno corrispondere, sempre per convenzione, dei segni. Secondo Ferreiro e Teberosky …“La scoperta di un principio alfabetico avviene tut-
tavia indipendentemente da questa istruzione esplicita, e si verifica quando i
bambini coordinano la sequenza delle lettere di una scritta con la sequenza di
unità fonetiche della parola. Per esempio, scandiscono /s-o-l-e/ mentre scrivono TEVI. La lettura non inizia quindi con un approccio olistico, se consideriamo lettura anche il modo con cui i bambini rileggono le proprie scritte”.4
Perciò, già molto tempo prima dell’istruzione alfabetica scolastica, scrittura
e lettura sono collegate tra loro da un rapporto di segni scritti con unità fonologiche delle parole.
Per gli insegnanti è opportuno avere chiarezza che quando i bambini arrivano, sia alla scuola d’infanzia sia alla scuola elementare, hanno avuto più esperienze di immersione nella lingua che li circonda, di diverso tipo e incidenza. I primi giorni di scuola ed il periodo della scuola d’infanzia diventano così
un interessante osservatorio per gli insegnanti per valorizzare le conoscenze
dei bambini.
Considerare il bambino un attivo costruttore della propria lingua e non un
vaso vuoto da colmare rispetta il percorso che la sua intelligenza ha già condotto e rende più armonico l’incontro tra strategie e proposte della scuola con
4
M. Orsolini (a cura), Il suono delle parole, Milano, La Nuova Italia, 2000, p. 117.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
il suo sviluppo cognitivo. Il primo periodo, sia della scuola d’infanzia sia della
scuola elementare, inoltre, permette di rilevare la diversità dei livelli raggiunti
dai bambini per proporre loro attività che tengano conto delle conoscenze e
teorie già sviluppate sul mondo che li circonda.
Siamo fermamente convinti che non si debba anticipare nella scuola
d’infanzia un insegnamento sistematico alla lettura e scrittura, in questo ordine di scuola saranno già moltissime le occasioni per i bambini di confronto
con lettura e scrittura attraverso le conversazioni orali, l’ascolto delle letture di
testi e i giochi con i libri, i giochi di ruolo….
Educare a leggere e a scrivere in queste occasioni assume il significato di utilizzare le conoscenze che sono già state maturate e far comprendere quanto
la comunicazione scritta e orale sia importante perché funzionale al confronto
tra le persone.
Man mano che il bambino frequenta la scuola elementare con
l’apprendimento della lingua scritta anche la sua mente si alfabetizza, acquista
a livello mentale modalità di operare che sono connesse con la lingua scritta
stessa. Questo ultimo codice di comunicazione prevede una rappresentazione
del mondo diversa da quella che dà la lingua parlata. Infatti, il linguaggio parlato “[…] è uno strumento del senso comune, dei comportamenti sociali, in
cui i significati sono negoziati e condivisi tra interlocutori e dipendono dal
contesto […]”5. La lingua parlata è uno strumento flessibile, con significati costruiti in funzione del contesto, delle aspettative degli interlocutori, dei rapporti sociali. La lingua scritta, invece, esige delle modalità ben precise di organizzazione del messaggio, rende possibili processi di astrazione, di deduzione e
dimostrazione logica.
Anche Vygotskij trattando della lingua scritta e parlata ha spiegato che il
linguaggio parlato e il linguaggio scritto si differenziano per funzione linguistica, per struttura e modo di funzionare. Questa differenza di comunicazione,
di rappresentazione della realtà contesta decisamente la credenza della pedagogia del senso comune che sostiene che si debba scrivere come si parla e che
intende la lingua scritta come trascrizione della lingua parlata.
Il bambino che padroneggia con un certo margine di sicurezza a 5-6 anni la
lingua parlata, non è così sicuro nella lingua scritta che è utilizzata a scuola,
5
M. Formisano, C. Pontecorvo, C. Zucchermaglio, Guida alla lingua scritta, Roma,
Editori Riuniti, 1986, p.12.
197
APPENDICE
Quale approccio alla lettura prima di leggere
e alla scrittura prima di scrivere
198
perché questa è una lingua che richiede di parlare di cose che non ci sono, è
una lingua che definisce, spiega.
Il bambino può trovarsi in questa situazione alla sua entrata nella scuola elementare, ma ciò non è dovuto ad incapacità cognitive, l’ostacolo è invece
prevalentemente linguistico. I bambini che, per esempio, provengono da ambienti culturali dove non si usa con una certa frequenza questo tipo di linguaggio, trovano inizialmente più difficoltà nell’approccio con la lingua scritta
perché si richiedono operazioni cognitive particolari che influenzano
l’organizzazione e la struttura della conoscenza. La scolarizzazione e
l’alfabetizzazione del bambino comportano abilità logico-formali connesse
all’uso della lingua scritta che caratterizzano la nostra cultura occidentale: saper dare definizioni, saper comunicare con premesse e assunti in maniera
chiara ed esplicita, saper classificare, osservare con procedimenti induttivi e
deduttivi.
Al bambino prescolare che inizia la sua esperienza scolastica è richiesto un
maggior sforzo d’astrazione e di elaborazione rispetto a quanto è necessario
per l’apprendimento del linguaggio orale. A conferma di ciò si riferisce che
studi recenti hanno puntato a definire gli ambiti cognitivi e linguistici che sono influenzati o modificati dall’alfabetizzazione in un bambino ed hanno aiutato a scoprire che certi processi di organizzazione cognitiva quali il saper or6
dinare, classificare, definire categorie, non sono naturali. Risulta così che, per
l’evoluzione e l’organizzazione delle abilità cognitive e cognitivo-linguistiche
di un bambino, possono assumere un ruolo importante sia la scolarizzazione
sia l’alfabetizzazione.
Il bambino di 5-6 anni che si appresta ad imparare la lingua scritta non
trova facile distinguere ciò che si è inteso comunicare da quello che in realtà è
stato espresso; le difficoltà sono nell’interpretazione del messaggio non ben
esplicitato.
Questo si manifesta perché il bambino, specie prima della scolarizzazione e
dell’approccio sistematico con la lingua scritta, dà molta importanza al contesto e alle informazioni che ne derivano più che alla pura forma linguistica in
sé. I bambini di quest’età prestano la loro attenzione prevalentemente ad una
comunicazione linguistica collegandola al contesto in cui è formulata. Questo
serve loro da supporto, li aiuta a rendere esplicito il significato del messaggio
6
Di quest’avviso sono C. Pontecorvo, G. Pinto, P. Boscolo, F. Boschi.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
scritto. Gradualmente durante gli anni di scuola essi costruiranno un pensiero
svincolato, capace cioè di astrarre dai contesti che sostengono degli eventi.
Col passare degli anni il bambino assumerà la padronanza di attenersi ai
dati, senza farsi influenzare da elementi di esperienza soggettiva. È con
l’esperienza scolastica che il bambino imparerà a ricercare e delimitare chiaramente il significato di un testo, a controllare i dati percettivi e conoscitivi
che derivano dalle sue esperienze, a trarre dalla memoria informazioni da utilizzare in successivi contesti scritti.
A scuola s’impara ad avere il controllo dei termini e dei significati, c’è un
uso mnemonico costante delle proprie esperienze, ci si confronta con altre idee, opinioni. Nel processo di apprendimento ed uso del linguaggio scritto il
bambino imparerà ad utilizzare la parola senza doversi richiamare ciò che
rappresenta, aumenterà la sua autonomia dal contesto per un processo di simbolizzazione del linguaggio scritto e di connessione-differenziazione da quella
parlata. Aumenterà lo spazio della memoria per registrare eventi, esperienze,
in base a segnali, categorie e indizi. È a scuola che si richiede al bambino di
apprendere e registrare in memoria materiale di per sé poco significativo, presentato al di fuori di un contesto di esperienza, e tale operazione richiede al
bambino una messa in atto di strategie per riprodurlo con una certa fedeltà.
Secondo M. e C. Pontecorvo prima di andare a scuola un bambino non ha la
necessità di impiegare strategie mnemoniche complesse e consapevoli per ricordare: il suo mondo è costituito da esperienze significative in famiglia e con
persone, materiali, fatti, che per la loro concretezza e familiarità di contesto
non richiedono sforzi cognitivi o di rielaborazione mnemonica per l’eventuale
risoluzione di problemi. L’ampliarsi del mondo esperienziale del bambino che
entra nella scuola elementare comporterà la necessità di adoperare strategie
più specifiche e lo svilupparsi di abilità metacognitive che le controllano, scelgono e guidano l’uso. Il bambino che entra a scuola e si avvia ad apprendere la
lingua scritta ha però già sviluppato alcune conoscenze sulla lingua che devono essere considerate dall’adulto. Il punto di partenza per affrontare nuovi
quesiti è costituito da tutte le perplessità, le incomprensioni, le scoperte che un
bambino ha operato e accumulato nell’uso che egli ha fatto del linguaggio parlato con gli adulti e nell’osservazione della lingua scritta da loro adoperata.
Su queste esperienze nella lingua orale M. e C. Pontecorvo riportano che
“[…] il bambino che entra nella scuola dell’infanzia ha già acquisito - impa-
rando a parlare, a capire e a usare produttivamente il linguaggio - il sistema
199
APPENDICE
Quale approccio alla lettura prima di leggere
e alla scrittura prima di scrivere
200
linguistico di base ‘nei suoi aspetti sia di strutture ‘necessarie’ (intenzioni comunicative, referenza, predicazione) sia di strutture ‘facoltative’ (modificatori,
avverbiali, frasi inserite). Ciò non toglie che ha ancora bisogno di continuare a
usarlo in un contesto di comunicazione, di scambio sociale, diadico e di gruppo, di simbolizzazione e di categorizzazione della realtà, che gli può essere offerto proprio dalla situazione educativa, prescolare”7.
Anche C. Zucchermaglio condivide l’idea di un bambino che
nell’apprendimento linguistico si manifesta quale soggetto attivo impegnato a
capire il mondo che lo circonda, non capisce solamente quello che gli viene
direttamente insegnato, ma impara sempre, in ogni attimo della sua esperienza e di conseguenza produce e costruisce una sua conoscenza. Questa conoscenza, aggiunge la studiosa, è “[…] originale - e non frutto di una semplice e
diretta imitazione di ciò che lo circonda - essendo il risultato dell’iterazione
che si produce tra il bambino (ciò che è e ciò che già sa) e l’informazione che
seleziona e trae dall’ambiente - fisico e sociale - che lo circonda: il bambino
elabora e mette alla prova ipotesi, cerca regole, categorizza la realtà per ridurne
la complessità e per appropriarsene”.8 È così anche per il linguaggio scritto,
poiché il bambino di oggi vive immerso in un mondo pieno di scritte, libri,
giornali, pubblicità per le strade, scatole degli alimenti.
COMPETENZE CHE IL BAMBINO SVILUPPA
PRIMA DI ENTRARE NELLA SCUOLA DELL’OBBLIGO
Durante gli anni della scuola d’infanzia la competenza linguistica di un
bambino si arricchisce sia nel lessico sia nella strutturazione sintattica delle
frasi, acquista maggior attenzione e consapevolezza dell’efficacia comunicativa
delle proprie espressioni. Inizia ad avere sensibilità metalinguistica nel rilevare
messaggi ambigui, nel valutare l’accettabilità linguistica di frasi verificabili in
un contesto quali descrizioni, osservazione di vignette, eccetera. A questo pro7
C. Pontecorvo, M. Pontecorvo, Psicologia dell’educazione. Conoscere a scuola…, p.
208. Sulla lingua orale interessanti i testi di M. S. Barbieri, Gli inizi del linguaggio: aspetti cognitivi e comunicativi, Firenze, La Nuova Italia, 1977 e il testo di P. l. Baldi,
Lo sviluppo del linguaggio nel bambino, Firenze, La Nuova Italia, 1976.
8
C. Zucchermaglio, Gli apprendisti della lingua scritta, Bologna, il Mulino, 1991, p.
30.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
posito anche le ricerche di E. Ferreiro e A. Teberosky si orientano nel riconoscere che il bambino già prima della scuola elementare “[…] cerca attivamente
di comprendere la natura del linguaggio che si parla intorno a lui e che, nel
tentativo di capirlo, formula ipotesi, cerca regolarità, sottopone a verifica le
sue previsioni e si costruisce una grammatica propria che non è una semplice
copia deformata del modello adulto, bensì è una creazione originale”.9 Il bambino prima dei sei anni cerca attivamente di ricostruire il linguaggio, di distinguere i fonemi della lingua materna e di fare vari tentativi sul loro funzionamento, di regolarizzare man mano le proprie ipotesi. Quando il bambino arriva a scuola ha accumulato una notevole conoscenza della propria lingua, ha
un sapere linguistico che utilizza senza saperlo in tutte le sue azioni comunicative quotidiane. Nella comunicazione orale esegue abbinamenti di parole e costruzioni di frasi secondo delle regole ben precise atte a farsi comprendere in
contesti particolari.
La psicolinguistica però ci mette in guardia a non identificare questa esecuzione con la competenza effettiva rispetto alla propria lingua. Questa distinzione tra competenza ed esecuzione, che diventa più chiara nella psicolinguistica a partire da Chomsky e che ritroviamo anche alla base della teoria piagetiana dell’intelligenza, non può più essere ignorata dalla scuola. Piaget aveva
insegnato a vedere il bambino come un soggetto conoscente, un individuo che
si pone attivamente di fronte al mondo che lo circonda, cerca di comprenderlo, di risolvere gli interrogativi che si pone. Il bambino fa, interagisce con oggetti, persone ed in questo modo impara; impara principalmente attraverso
queste azioni e di conseguenza costruisce delle categorie cognitive quando inizia a sistematizzare il proprio mondo.
Nel processo di apprendimento della lingua che si inizia a scuola occorre
tenere presente la preistoria linguistica dei bambini che entrano in prima elementare a sei anni: sarà ben difficile immaginare che questi bambini - almeno
nelle civiltà occidentali - non abbiano mai avuto da interagire con scritte pubblicitarie poste ovunque, con cartelli stradali, scritte televisive. A questi stimoli
i bambini non avranno certamente reagito passivamente, gli stimoli visivi vengono trasformati dai soggetti con propri schemi di assimilazione e ne traggono
un’interpretazione. A questo proposito Vygotskij, argomentando sulle fasi di
9
E. Ferreiro, A. Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Firenze,
Giunti-Barbera, 1985, p.16.
201
APPENDICE
Quale approccio alla lettura prima di leggere
e alla scrittura prima di scrivere
202
sviluppo del pensiero e del linguaggio, scrive che nel bambino, già verso i due
anni, la volontà di conquistare il linguaggio segue la prima percezione dello
scopo della lingua, è il momento della grande scoperta: ogni cosa ha il suo
nome. Prima di questo momento critico il bambino “[…] riconosce (come
alcuni animali) un piccolo numero di parole che sostituiscono, come nel condizionamento, oggetti, persone, azioni, stati, o desideri. A quest’età il bambino
conosce solo le parole che gli sono state insegnate da altre persone. Ora la situazione cambia: il bambino sente il bisogno di parole e per mezzo di domande cerca attivamente di imparare i segni collegati agli oggetti. Sembra che abbia scoperto la funzione simbolica delle parole. Il linguaggio, che nei primi
stadi era affettivo - conativo, ora entra nella fase intellettuale”.10
Questo modo di procedere dell’individuo dovrebbe far riflettere gli insegnanti di scuola elementare sul fatto che i processi assimilatori non sono
uguali per tutti. Ciò significa che al centro del processo di apprendimento
verrà posto il bambino con il suo sapere linguistico, diverso da quello di un
altro. Anche lo studioso H.Gardner mette in guardia insegnanti e coloro che si
occupano di educazione dagli stereotipi e dai copioni iniziali che portano a
11
ritenere i bambini che entrano a scuola forniti di un’intelligenza eguale , di
conoscenze e abilità più o meno analoghe.
Inoltre quando ad una certa età vengono considerati pronti per imparare a
leggere e a scrivere di solito la scuola richiede loro, anche sul codice scritto,
prestazioni meccaniche, ritualistiche o convenzionali che si dimostrano assai
lontane dalle concettualizzazioni sino allora maturate dai bambini di sei anni.
Procedere pedagogicamente e metodologicamente senza tenere conto delle loro conoscenze obbligherebbe gli alunni ad ignorare tutto ciò che essi hanno
costruito. Se si tiene conto del lungo percorso cognitivo fatto dal bambino
prescolare, la scrittura alfabetica è per lui un punto di arrivo e non di partenza
come pare pensare la scuola.
Gardner aggiunge che i bambini non imparano nello stesso modo “[…] ci
sono vari modi di acquisire e di rappresentare le conoscenze; e di queste differenze individuali devono tener conto sia la nostra pedagogia sia le nostre valutazioni. A volte studenti incapaci di superare con successo prove di competen10
L. S. Vygotskij, Pensiero e linguaggio, Firenze, Giunti, 1966, p. 64.
H. Gardner, Educare al comprendere. Stereotipi infantili e apprendimento scolastico, Milano, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 1993, pp.14-17.
11
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
za del tutto comuni, quando queste vengono ripresentate loro in modo diverso e più appropriato, rivelano invece una significativa capacità di padroneggiare e comprendere le cose”12.
Dare importanza a tutte le sue produzioni scritte non convenzionali,
all’oggettivazione di teorie e di ipotesi sul funzionamento del linguaggio scritto che il bambino si va costruendo, prima di entrare a scuola, ci porta a differenziare il suo lungo lavoro in momenti essenziali che definiscono e differenziano i modi cui i bambini costruiscono e inventano la scrittura. È importante
inoltre non ridurre il suo sapere in una serie di abilità specifiche che deve possedere per avviarsi alla sistematizzazione della lingua scritta, ma in una prospettiva attenta al processo di costruzione delle conoscenze ricercare il tipo di
cognizioni specifiche sul linguaggio che ogni bambino possiede, comprendere
la natura delle ipotesi che elabora ed identificare i processi cognitivi che sottostanno all’apprendimento del codice.
E. Ferreiro e A. Teberosky hanno posto in evidenza alcune ipotesi che i
bambini prescolari di fronte al codice elaborano riguardo all’aspetto quantitativo:
•
•
•
12
Un testo scritto per essere letto deve possedere una quantità sufficiente di segni, il numero minimo in genere è tre. Questo criterio di
QUANTITÀ MINIMA si nota molto nei bambini della scuola elementare anche con la difficoltà che hanno ad accettare articoli, preposizioni, talora dei verbi, come unità necessarie per la costruzione
di un messaggio.
Un altro criterio di leggibilità che i bambini hanno è la necessità che
ci sia una varietà di caratteri. Il criterio di VARIETÀ INTERNA per
i bambini è un’esigenza di variazione grafica formale all’interno della parola.
Un altro criterio che i bambini si costruiscono in merito alla lingua
scritta è lo stretto legame tra significante e significato. Il criterio di
TRASPARENZA TRA SIGNIFICANTE E SIGNIFICATO è proprio
dell’approccio psicogenetico dei bambini con la lingua scritta; la parola in un primo tempo assume caratteristiche proprie del referente.
Quando di fronte a due cartoncini con le parole orso e moscerino si
H. Gardner, ibidem, p.23.
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Quale approccio alla lettura prima di leggere
e alla scrittura prima di scrivere
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chiederà loro di dire dove si trova scritto /orso/ la maggior parte indicherà il cartoncino con la parola /moscerino/ motivando così la
scelta…“perché è una parola grande e l’orso è grande e grosso”….
Un interessante osservatorio per gli insegnanti è l’indagine delle teorie costruite dai bambini sulla lettura e scrittura. La raccolta delle TEORIE SULLA
FUNZIONALITÀ DEL CODICE SCRITTO permetterà di verificare se è in atto il circolo vizioso che leggere e scrivere servono… per fare i compiti oppure
…per andare a scuola. Per i bambini con tali convinzioni servirà un attento
approccio di valorizzazione dei primi tentativi di scrittura spontanea per far
capire loro che il codice scritto serve per comunicare con gli altri e comprendere i messaggi che le persone attorno a noi inviano.
Altro aspetto è la familiarità con il materiale scritto e le tipologie testuali. I
bambini che assistono con una certa frequenza ad atti di lettura, in casa, alla
scuola d’infanzia, saranno perplessi che si possa leggere una fiaba dalle pagine
di un quotidiano e viceversa che sia discutibile leggere il resoconto di una partita di campionato di calcio o un fatto di cronaca da un libro di fiabe. Questo
sarà possibile se c’è nei bambini un retroterra di quotidiane esperienze con la
lettura degli adulti.
Le due studiose hanno constatato questi criteri dopo una lunga ricerca e un
confronto di dati; avevano lavorato con bambini argentini tra i quattro e i sei
anni chiedendo semplicemente loro di scrivere e poi leggere ciò che avevano
scritto. Questo ha permesso di individuare una serie di modalità di costruzione delle lingua scritta, cioè di criteri con cui i bambini costruiscono e interpretano la scrittura, reinventandola attivamente. Successivamente tali modi concreti sono stati ritrovati anche in ricerche condotte con bambini di varie na13
zionalità: italiani, inglesi, israeliani, francesi, portoghesi. I bambini, oltre a
seguire il criterio di quantità minima e di varietà dei caratteri, riconoscono
come parola solo il soggetto animato, della frase o al massimo il soggetto e
l’oggetto, non considerando come parole i verbi, gli avverbi, le preposizioni,
aggettivi, articoli.
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Le ricerche a cui si riferiscono i confronti sono di K. S. Goodman (1990), E. Ferreiro
(1986), W. E. Teale, E. Sulzby (1986), A. Teberosky (1982), M. Formisano, C. Pontecorvo e C. Zucchermaglio (1986).
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
Il bambino prescolare, poi, non considera l’aspetto sonoro del termine, ma
il vocabolo è tale per il suo significato, molti di loro di fronte alla parola ‘orso’
affermano che è più grande della parola ‘moscerino’ oppure che ‘cane’ è più
lungo di ‘tartaruga’. Sono tutte ipotesi che il bambino compie in un lungo e
continuo processo di concettualizzazione sulla lingua scritta.
“Di fronte alle parole il bambino” - come scrivono M. Formisano, C. Pontecorvo e C. Zucchermaglio […] – “azzarda risposte, sperimenta soluzioni che
abbandona, modifica o sostituisce ogni qualvolta gli risultino insoddisfacenti.
Al termine del lungo cammino il bambino arriva a comprendere che ad ogni
suono emesso deve corrispondere un segno scritto”. Questa elaborazione cognitiva è continua, ogni bambino la compie con suoi tempi e modalità seguendo un evolversi di capacità che vengono padroneggiate dopo il superamento di alcune tappe cruciali.
Per noi educatori è perciò fondamentale comprendere che leggere e scrivere sono dei complessi processi che vanno molto al di là della decifrazione di
lettere o della scrittura di segni. Il bambino coinvolge in questo percorso di
competenze vari aspetti della propria intelligenza e capacità di relazionarsi con
il mondo esterno.
ATTIVITÀ DA SVOLGERE CON I BAMBINI SUI CRITERI DI LEGGIBILITÀ
Tutte le attività dovranno essere presentate in maniera di gioco, per non
annoiare e appesantire la richiesta cognitiva. Si consiglia nella scuola elementare di sottoporre le prove individualmente (sfruttando la compresenza con
altri colleghi di classe), per la scuola d’infanzia di costituire anche piccolissimi
gruppi.
Le parole che si presentano ai bambini saranno scritte su cartoncini piuttosto grandi, anche per facilitare una manipolazione della parola. I cartoncini si
dovranno prestare alla ricerca del criterio quantità minima, di varietà interna,
di rapporto tra significante e significato. Si scriveranno parole con un solo fonema es. LA, IL, DA, oppure parole contenenti più lettere di vario tipo es.
STRADA, BICICLETTA, o con lettere che si ripetono es. MAMMA, PANNNINO, AZTFLI, AA, OOOOO, PPPIPP, ORSO presentato vicino a MOSCERINO, oppure TRENO presentato con COCCINELLA ecc. Inserire anche
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Quale approccio alla lettura prima di leggere
e alla scrittura prima di scrivere
parole del tipo CAS4A, PA77A per vedere se i bambini iniziano a distinguere i
caratteri numerici da quelli alfabetici.
Per iniziare un gioco da proporre successivamente ai compagni si chiederà
al bambino di aiutarci a trovare le parole che si possono leggere e quelle che
non si possono leggere facendoci dire o spiegare le scelte di suddivisione dei
due tipi di parole. Se i bambini sono abituati a fare giochi di scrittura spontanea alcuni criteri potranno essere rilevati anche in queste occasioni.
Per quanto riguarda le proposte di scrittura alla scuola d’infanzia e
all’inizio della scuola elementare, ci sono numerosi spunti nel sito curato da
Franca Rossi: www.infantiae.org che presenta esperienze sulla lingua scritta,
condotte in varie scuole d’infanzia italiane ed estere. Alcune attività sono state
presentate e discusse nei laboratori.
Durante l’attività è importante che l’insegnante effettui la registrazione delle risposte dei bambini (trovandosi da solo utilizzerà il registratore). La raccolta delle osservazioni dei bambini è indispensabile per rilevare a quale stadio di
competenza sulla lingua scritta essi si trovino. Le prove andranno fatte nel
primo periodo di entrata sia nella scuola d’infanzia sia nella scuola elementare,
a metà anno e a fine anno. L’insegnante accetterà tutte le risposte possibili,
senza dare giudizi in merito.
LETTURA COME COINVOLGIMENTO ATTIVO
Se si avviano i bambini alla lettura è fondamentale che essi la vivano anche
attraverso gli atti di lettura eseguiti da adulti. Nei vari ordini di scuola ai bambini dev’essere data l’occasione di vivere la lettura come un’esperienza piacevole.
Molte attività con i libri, le fiabe, le storie vengono condotte nella scuola
d’infanzia, meno attenzione si presta a questi momenti nella scuola elementare
dove frequenti sono le realtà in cui la lettura viene insegnata come attività fine
a se stessa, un automatismo di riconoscimento, cui i bambini si applicano
spesso con l’imposizione esterna.
Anche se questi bambini capiranno quello che leggono, non reagiranno al
testo, non ne saranno coinvolti, si lasceranno impressionare passivamente. La
differenza sostanziale è fra un bambino con un atteggiamento passivo di fronte al testo e un altro che, di fronte al contenuto del testo, non si ferma alla de-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
cifrazione o percezione delle parole, ma comincia a recepire dei significati. In
un approccio alla lingua scritta gli insegnanti dovrebbero evitare di scindere i
due momenti, di decifrazione e ricerca del senso: il bambino, nel suo processo
di apprendimento, deve comprendere che la decifrazione delle lettere assume
valore solo se unita alla ricerca del significato.
Sarà con l’esperienza di lettura protratta nel tempo che il bambino
comprenderà che le parole scritte esistono per dare messaggi a chiunque le
legge e perciò non solo a lui, si realizzerà cioè quella transizione da valori
individuali del significato a quelli generali. Soltanto quando il bambino
imparerà a reagire personalmente al contenuto di un testo, ad aprirsi al suo
messaggio accettandolo, rifiutandolo o cambiandolo, ci sarà un’interazione tra
le sue esperienze passate, i suoi interessi, le sue fantasie e il messaggio letto.
Creare le condizioni didattiche volte a promuovere nel bambino un coinvolgimento totale della sua persona (dalle emozioni, le esperienze raccolte in
memoria, alle attività cognitive) nei messaggi scritti farà sì che la lettura sia
vissuta come attività che può dare qualcosa e il rapporto che si stabilirà sin
dall’inizio tra testo e lettore sarà positivo. Nei bambini apprendisti lettori, che
considerano la parola stampata in base a quanto già conoscono, ci deve essere
all’inizio questo coinvolgimento totale della loro personalità per aiutarli ad assimilare le nuove informazioni, per adeguarsi alle caratteristiche del nuovo
materiale. Si realizzerà una manipolazione attiva della lettura, con spazio per
interventi individuali, e soprattutto si accrescerà il piacere di lavorare con
messaggi scritti, che dovranno essere anche in seguito vicino agli interessi di
un bambino o comunque non avulsi dall’attività che sta svolgendo.
Nei primi anni di scolarizzazione il bambino è in un periodo di forte tendenza alla manipolazione attiva, desidera soprattutto fare qualcosa, anche per
conto proprio, dandogli un’impronta personale. Se, in questa fase
dell’apprendimento, un bambino maturerà o no un gusto duraturo e profondo per la lettura, ciò dipenderà da quanto abbia realmente potuto partecipare
attivamente alla costruzione delle sue conoscenze sulla lingua scritta.
È indispensabile perciò leggere ai bambini molto e di frequente, organizzare dei momenti particolari in cui essi sappiano che si sta leggendo, attrezzare
un angolino, i piccoli della scuola dell’infanzia che arrivano alla scuola elementare cercano in aula o nella scuola “l’angolo morbido”: con qualche cuscino, un vecchio tappeto o coperta da srotolare al momento si potrà ricreare
quella magia. Il momento della lettura con l’insegnante diventa un coinvolgi-
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e alla scrittura prima di scrivere
mento dell’adulto nella storia narrata ai bambini, si diventa complici e compagni di un’avventura, di una vicenda. I bambini potranno, più avanti, imitare
l’adulto e leggere le storie ai compagni, guardando solo le immagini o nella
scuola elementare, leggere semplici testi nel gioco del lettore.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
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Per ulteriori approfondimenti collegarsi con il sito www.infantiae.org nella sezione
Infanzia e Lingua Scritta/Bibliografia, curato da Franca Rossi
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