Contemporanea
«Ianus», soggettive alternanze
di calma e inquietudine
Alessandro Solbiati descrive il suo componimento
I
anus, ultimo lavoro di Alessandro Solbiati, è stato eseguito in prima assoluta alla Fenice il 22 dicembre dall’Accademia Musicale di San Giorgio diretta da Giovanni Guglielmo. Il compositore lombardo ci spiega nei
dettagli questo brano composto per un’orchestra di soli archi.
L’occasione per Ianus nasce l’anno scorso dalla richiesta di Massimo Contiero di scrivere un brano per l’Accademia Musicale di
San Giorgio. Dal punto di vista della scrittura, provengo da un
periodo piuttosto lungo nel quale ho sviluppato una riflessione
sulla forma, riflessione che ha cercato di indagare gli archetipi di
strutture formali storiche. I due pezzi di ampia estensione che ho
di essere neoclassico nei confronti di me stesso. Allora ho dovuto fare un passo più in là e giungere a una sintesi ulteriore, restringendo a due grandi movimenti l’arco formale globale, in modo
che il primo individuasse l’archetipo del veloce e l’altro l’archetipo del lento. A questo punto si insinua Ianus, che ho creato proprio a partire da Sinfonia seconda. Ho voluto riprendere l’idea della contrapposizione tra velocità e lentezza. Ma la differenza forte sta nel fatto che mentre in Sinfonia seconda veniva portata avanti una riflessione sulle forme, e la psiche del compositore non entrava a far parte del gioco, Ianus – credo di non aver mai scelto un
titolo di più facile comprensione – chiama direttamente in causa la mia soggettività. Di me viene di solito
detto che sono una persona piuttosto calma e serena, con una tendenza alla
sublimazione delle pulsioni. Dall’altra parte però c’è
sicuramente un aspetto inquieto, perché non credo si
possa fare il compositore se
non si prova un senso di inquietudine profonda. E allora Ianus diviene la visione
soggettiva di Sinfonia seconAlessandro Solbiati
da: anche qui ci troviamo di
fronte all’alternanza di due
movimenti, rigorosamente
della stessa durata, sei minuti. Il primo, ostentatamente veloce,
con figurazioni incalzanti e con un suono duro e aspro piuttosto nuovo per me, esprime il lato oscuro e inquieto. C’è una parte
centrale abbastanza nettamente percepibile in cui nasce una nota
molto cupa che progressivamente tende a diventare un grido all’unisono di tutti gli archi: questa è l’immagine simbolica di questo primo movimento, che culmina in un immenso urlo.
Il secondo movimento richiede un tipo di suono completamente diverso. È un percorso dall’acuto al grave, cosa unica nella mia produzione, in cui di solito privilegio i percorsi ascendenti. Si inizia su armonici ai limiti della possibilità di emissione e da
lì si individua una specie di filo melodico che cammina verso il
fondo dell’estensione. È quasi una struttura narrativa, che potrei raccontare senza difficoltà. E questo mi permette di fare una
considerazione: credo che oggi si possa parlare di reinvenzione
delle strutture narrative, della possibilità di percepire una narratività interna all’evento. Questo secondo movimento può piacere o meno, ma difficilmente si potrà dire che non si è capito quello che succede.
Un’ultima cosa che vorrei ricordare è la severità timbrica di questo mio lavoro: un’orchestra d’archi non contiene le seduzioni
timbriche di un’orchestra mista ma neanche di un ensemble: non
c’è un’arpa, non ci sono percussioni, non c’è un pianoforte... È
un organico in bianco e nero. E fare fotografie in bianco e nero è
molto più difficile, perché bisogna scegliere molto bene le tonalità cromatiche. (l.m.)
scritto per orchestra non a caso si intitolano Sinfonia e Sinfonia seconda (cui si aggiunge anche un pezzo per 15 strumenti che si intitola
Sinfonia da camera). Questo non implica nessun atteggiamento di
natura neoclassica, che mi è del tutto estraneo, perché mi dà una
certa tristezza un rapporto con la tradizione basato su una sorta
di sua «neutralizzazione». In generale gli atteggiamenti di natura neoclassica implicano quasi inconsapevolmente una certa sfiducia nel presente, la convinzione che non siano possibili comportamenti d’oggi per l’oggi. D’altro canto però sono anche lontano da posizioni di segno opposto, che prevedano un totale azzeramento, come accaduto nel dopoguerra. Ovviamente allora
tutto quel che è successo doveva succedere, ma noi siamo la generazione successiva, per cui ogni tentativo di mantenere la stessavolontàdiazzeramento sitrasforma in una curiosa «accademia
dell’avanguardia», quindi di fatto una specie di neoclassicismo.
Ritengo che compito della nostra generazione sia ricollegare i fili che ci legano alla tradizione non nel senso di rifarla né di negarla ma di percepirne la continuità attraverso quello che è successo in mezzo. Fermi restando questi postulati di base, nel caso di
Sinfonia ho deciso di analizzare questa parola: una sinfonia, come
una suite, è un’alternanza di movimenti veloci e lenti. Evidentemente questo tipo di alternanza non dipende da fattori storici o
da schemi formali. Si tratta invece di un’esigenza psico-fisica di
alternare il tipo di informazioni. Da qui è nata quest’opera composta di quattro movimenti. Se con Sinfonia seconda avessi scritto
di nuovo un lavoro in quattro movimenti, avrei corso il rischio
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Contemporanea
Omaggio a Luigi Russolo
A Portogruaro la rassegna incentrata sull’eclettico artista
«S
trano destino quello di Luigi Russolo: artista,
Futurista L’arte dei rumori, esordiva con la consideraziomusicista e inventore, troppo avanti con l’utopia
ne che in tempi antichi il mondo era immerso nel silendi una nuova musica e geniale nella costruziozio. Indicava l’attrazione della dimensione della metrone degli Intonarumori, e al tempo stesso affascinato dal
poli, il fascino della macchina e di tutto ciò che irromfilm muto da sonorizzare, in un momento in cui esplodepeva anche con il suono nella vita del nuovo secolo, creva il film sonoro e gli esecutori dal vivo nelle sale cinematografiche rimanevano disoccupati».
Così Daniele Lombardi,
tra i massimi esperti italiani di musica futurista e direttore artistico della rassegna «W Russolo», evento che dall’8 al 30 ottobre
appena trascorso ha visto
un interessante alternarsi di concerti e conferenze
in onore della figura e dell’opera del grande ed eclettico artista portogruarese,
le cui straordinarie intuizioni ispirarono e contribuirono a gettare le basi di
un movimento artistico di
tipica matrice italiana quale fu il Futurismo.
Luigi Russolo con Ugo Piatti e l’Intonarumori
Proprio a Portogruaro,
notoriamente sensibile allo studio e all’esercizio della musica, la Fondazione Musicale Santa Cecilia, oramai
dendo nell’utopia che il rumore del quotidiano si andaspunto di riferimento nella produzione di attività musicali
se sovrapponendo e sostituendo a una tradizione musicaper le istituzioni del proprio territorio e non solo, ha allele legata alla Belle Epoque che doveva lasciare il posto alstito un programma di notevole livello artistico, coinvolla modernità.
gendo non solo nomi di indiscussa fama internazionale –
«Da non dimenticare l’intuizione di costruire gli Intonabasti citare Sylvano Bussotti (Variazione Russolo, slanci d’anrumori» – sottolinea Lombardi – «prima possibilità nella
goli a pianoforte integrale con echi, rumori e semantiche
storia di sintetizzare il rumore con una ricchissima gamvoci) e Quirino Principe (Russolo e gli altri del movimento fuma di possibilità, che col senno di poi rappresenta la base
turista) –, ma anche le migliori forze formatesi e operanti
di tutto ciò che è stato fatto in seguito, soprattutto quanall’interno della Scuola di Musica.
do dopo diversi anni ci si è potuti affidare alle tecniche di
Il Veneto è stata terra vivace per il Futurismo, per il cui
registrazione e di montaggio, nonché ai primi sistemi di
centenario, tra poco meno di due anni, già tutta l’Italia si
sintesi elettronica del suono».
sta preparando a programmare diversi eventi celebrativi,
L’omaggio «W Russolo» ha presentato nel suo dipanarsi
convegni e mostre. E i sessant’anni dalla morte di Russovari aspetti della ricerca musicale futurista: si sono potulo hanno consentito alla nostra terra di anticipare l’attente ascoltare musiche di diversa natura, da brani da camera
zione nei confronti di un movimento culturale di respiche tentavano soluzioni linguistiche audaci, a musiche più
ro internazionale.
facili come quelle per il cabaret, creando anche una proIn questa sua prima edizione, la rassegna ha presentato
spettiva sull’oggi con il concerto scritto con un organico
composizioni scritte in un arco storico che parte dai priche potesse prevedere proprio l’uso degli Intonarumori.
mi anni dieci e arriva agli inizi degli anni trenta, evidenE proprio dedicate alla figura di Russolo, la Fondazione
ziando percorsi sperimentali e collegamenti internazioMusicale Santa Cecilia di Portogruaro sta approntando
nali: opere di rarissimo ascolto, molte delle quali in priuna serie di manifestazioni, di cui avremo modo di parlama esecuzione moderna, alcune addirittura assoluta, esre nel corso di questo nuovo 2008. (i.p.)
sendo rimaste per decenni in archivi privati e biblioteche
pubbliche.
È nel 1913 che Luigi Russolo, scrivendo il Manifesto
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Contemporanea
Non solo musica per Russolo
Sylvano Bussotti per l’inventore degli Intonarumori
di Anna Barina
M
olteplici sono i legami del poliedrico Sylvano Bussotti con Venezia e il Veneto. Lo abbiamo incontrato a
Portogruaro, invitato dalla prima edizione del Festival
«W Russolo» che gli ha commissionato un brano con l’utilizzo degli Intonarumori.
Il filo in questo caso è Daniele Lombardi, direttore artistico della rassegna, che è ritenuto uno dei grandi specialisti di musica futurista a livello internazionale. Il mio
rapporto con il futurismo è invece più pittorico che musicale. Posso vantarmi, spero mi verrà perdonato, di essere l’unico al mondo ad aver messo
in scena L’Aviatore
Dro di Pratella a Lugo di Romagna nel
gennaio 1996. Fu il
maestro Gavazzeni a chiamarmi dicendo: «Qui ci vuol
Sylvano».
Qual è stato il suo
approccio nello scrivere Oma g g io a
Russolo?
Un approccio soprattutto visivo. È
quello che ci si aspetta da me: le mie scritture musicali hanno
un importante impatto visivo. Nel realizzare il pezzo dediSylvano Bussotti e l’Intonarumori
cato a Luigi Russolo ho unito il discorso musicale e quello
pittorico, anche dal punto di vista tecnico, e ne è uscita
una pagina speciale.
Che senso può avere in una società in cui siamo assuefatti al rumore scrivere dei brani rifacendosi alla poetica musicale futurista, l’arte del rumore?
Non solo siamo assuefatti al rumore, ne siamo schiacciati. Russolo sarebbe spaventato dall’inquinamento acustico in cui viviamo. Credo che un senso non vada cercato, vada sfuggito. Forse dobbiamo solo ricordare quello
che Russolo e i suoi compagni di avventura ipotizzavano,
la poesia del rumore, rumore che poi è diventato una delle grandi piaghe del nostro secolo. Per trovare il silenzio
sono stato costretto ad abitare all’undicesimo piano di un
piccolo grattacielo a Milano. Oggi sarebbe più esatto parlare di «arte del silenzio». Silenzio è anche il titolo del libro
più importante di un grande artista ancorché mio maestro, John Cage. Sono stato spesso interprete delle sue
musiche basate sul silenzio, e sono convinto esista una
dialettica rumore-silenzio. Se Russolo fosse vissuto oggi,
invece degli Intonarumori, avrebbe creato delle magnifiche «sordine del rumore».
Maestro Bussotti, qual è il suo rapporto con il Veneto?
Sono tosco-veneto, la mamma era padovana e ha conosciuto mio padre, fiorentino, quando venne mandato
in quarantena a Padova dopo il congedo, al termine della prima guerra mondiale. La mamma era una delle sorelle minori di Tono Zancanaro, famoso pittore a cui sono
stato molto legato dal punto di vista artistico. Abbiamo
fatto insieme tanti spettacoli di teatro musicale, io facevo
la regia, lui dipingeva le scene. Ci sono poi due circostanze che mi legano al Veneto dal punto di vista musicale. Il
celebre Quintetto Chigiano aveva tra i suoi componenti
dei padovani, molto amici di mio zio Tono. Ricordo che
uno di loro si guadagnava da vivere conciando pellicce. Io
lo andavo a trovare, e in un salone pieno di pellami c’era
un pianoforte dove studiavo musica con questo straordinario personaggio. Poi i Solisti Veneti, li ho visti nascere. Claudio Scimone era figlio del medico della famiglia
Zancanaro, lo misi in contatto con musicisti europei che
conoscevo. Quasi nessuno sa che il primo disco dei Solisti Veneti ha anche musiche mie, non hanno esordito con
Vivaldi ma con la musica contemporanea.
Il Festival «W Russolo», omaggio che la Regione Veneto, il Comune di Portogruaro e la Fondazione Santa Cecilia hanno voluto
dedicare a Luigi Russolo, inventore degli Intonarumori, le ha commissionato una composizione. Un ulteriore filo che la lega a questo
territorio?
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Contemporanea
«La raccolta delle firme»
Un progetto incompiuto
di Luigi Squarzina e Luigi Nono
L
a storia del teatro, della musica e più in generale dell’arte si scrive sempre attraverso le
opere compiute, quello che resta eternamente delle intuizioni di ciascun artista. Ma sarebbe molto interessante conoscere anche i rapporti sotterranei,
gli abbozzi, i progetti non portati a termine. Luigi Squarzina, uno dei protagonisti del teatro italiano del secondo Novecento, nella sua duplice veste di regista e drammaturgo, ci permette di scoprire una piccola e inedita porzione di questo mondo sotterraneo,
raccontandoci la sua intenzione di lavorare con Luigi Nono, scrivendo per lui un libretto per musica, La
raccolta delle firme, suscitando l’adesione entusiasta del compositore veneziano. Ma nell’aprire per la
prima volta lo scrigno dei lontani e magici primi anni sessanta, vengono a galla moltissime altre notizie
preziose.
«Io mandai a Nono una prima lettera senza conoscerlo, perché avevo voglia di scrivere un libretto per un musicista contemporaneo e pensai
subito a lui, che a quel tempo, all’inizio degli anni
sessanta, era già molto noto. E lui mi chiamò al telefono, entusiasta. Allora cominciai a meditare su
questo progetto, che avevo deciso di chiamare La
raccolta delle firme. Nel frattempo successe un altro
fatto rilevante: Paul Hindemith, attraverso la moglie, che curava la sua corrispondenza, si rivolse
a me per avere un libretto. Naturalmente accettai
subito, ma purtroppo non conservo più una copia della mia lettera. Lui, che allora era già ammalato, aveva sentito parlare di me, credo da Alberto Lionello, quando era venuto a Roma per un
concerto all’Eliseo. Penso che la cosa che lo attirava era, in generale, ritrovare – fatte le debite proporzioni – un certo tipo di collaborazione che lui
aveva stretto con Brecht, ai tempi dell’Eccezione alla regola e del Volo di Lindbergh, cioè della cosiddetta “grande pedagogia”. Il soggetto che avevo in
testa sarebbe andato bene anche per Hindemith,
ma lui voleva un testo corto e vivace. Allora pensai alla storia di due coppie, lui e lei, l’altro e l’altra,
e cominciai a lavorarci. Ma sul più bello, quando
stavo già costruendo il soggetto, la signora Hindemith mi scrisse per ringraziarmi della mia adesione al progetto e avvertirmi però che suo marito si stava aggravando. E sfortunatamente dopo
poco morì. Così quel progetto su un atto unico
allegro non avevo più motivo di portarlo avanti.
In quegli anni Gianfranco De Bosio aveva allestito a Venezia la mia commedia La sua parte di
storia, e in quell’occasione Nono venne da me per
farmi i complimenti e darmi anche alcuni suggerimenti. Io dentro di me continuavo a elaborare quel nostro progetto comune, cioè La raccol-
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Contemporanea
questa avventura, molto applaudita
e apprezzata, mi incoraggiò ad andare avanti con la mia idea di libretto, che assomigliava certamente più
a quell’opera di Brecht che all’atto
unico desiderato da Hindemith. E
cominciai a concretizzarla buttando giù uno schema e componendo l’inizio, seguito da tanti appunti sulle possibili evoluzioni della vicenda, che però erano condizionate soprattutto dalle intenzioni del
compositore. Il periodo storico era
complicato, eravamo in piena guerra fredda, il conflitto in Vietnam era
in atto e si sentivano ancora le conseguenze della guerra in Corea. In
questo contesto si svolgeva la mia
storia: un operaio comunista veniva incaricato da un suo dirigente
politico di raccogliere firme contro
la guerra, all’interno di una grossa
iniziativa politica. Da qui si diramava una serie di episodi, incentrati sui
diversi modi in cui la gente trovava delle scuse per non firmare. Alcuni di questi episodi erano a sfondo sessuale, altri comici, altri violenti. Ma lo svolgimento successivo avremmo dovuto concordarlo
insieme. Però Nono incominciò in
quel periodo il sodalizio con Vedova, io ero sempre più occupato con
il Teatro Stabile di Genova, e così
quel progetto comune venne sempre rimandato.» (l.m.)
ta delle firme. Ma si sovrapponevano sempre molti altri impegni, tra i quali grande importanza ebbe lo spettacolo che feci all’Eliseo
con l’Accademia Filarmonica Romana,
cioè la prima italiana dei Sette peccati capitali: eravamo riusciti a ottenere il permesso di metterlo in
scena, il che era davvero un evento,
dato che, dopo l’enorme successo dell’Opera da tre soldi, Strehler e Grassi avevano ottenuto l’esclusiva sui testi di Brecht. Il cast di quello spettacolo era straordinario: le scene le aveva progettate Renzo Vespignani, poi c’era Laura Betti che cantava e Carla Fracci che ballava, mentre i mimi erano di Jacques Lecoq. Anche
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Contemporanea
La musica di Gianandrea Pauletta
tra sacro e contemporaneo
di Andrea Oddone Martin
I
l timido sole di un pomeriggio a fine novembre, il fiume che scorre placidamente: siamo a Casale sul Sile nella provincia trevigiana, dove risiede il compositore Gianandrea Pauletta che è qui
con noi e ci parla della sua musica. Fra le molte attività che segnano
il suo curriculum, la sua preferenza è verso...?
Certamente la scrittura, e poi l’organo. Questi sono sicuramente gli ambiti in cui la mia vocazione musicale si
ritrova completamente.
A quali problematiche deve far fronte un compositore oggi?
La sala di registrazione, senza dubbio. In quel luogo il
musicista può dare il meglio nelle condizioni migliori. In
sala di registrazione si può veramente costruire a un livello superiore; e poi, fattore non affatto trascurabile, il rapporto con i musicisti dura di più, non è minato dalla fretta o dall’ansia di prestazione.
Spesso si pensa che si perda in spontaneità.
Certo, non c’è il rapporto con il pubblico, ma sono situazioni diverse. Ad esempio, con l’Ensemble Teclas ho
Gianandrea Pauletta
Olocausto del Silenzio, 2005
Uno dei problemi con cui mi confronto nella composizione è il raggiungimento di un traguardo comunicativo soddisfacente a più livelli, una questione che riguarda tutta la musica contemporanea. Da diverso tempo si
sono formate due correnti prevalenti: il compositore che
pensa, scrive, crea in maniera autonoma e autoreferenziale e il compositore che pensa, scrive, crea rivolgendosi a
un terzo soggetto: l’ascoltatore. Appartengo sicuramente alla seconda categoria. Nonostante queste preoccupazioni accompagnino l’attività dei compositori della mia
categoria esiste una difficoltà nella fase successiva alla
scrittura, cioè la diffusione. Per fare un esempio non lontano da noi, geograficamente e culturalmente, in Francia (o in qualsiasi Paese francofono) vengono selezionati settimanalmente tre o quattro compositori contemporanei ai quali viene affidata una commissione, che viene
poi trasmessa alla radio nazionale. Ogni settimana hanno
uno spicchio di attualità musicale, che nell’arco del tempo costituisce uno spaccato dell’attività musicale francese. L’Italia, per vari motivi, trascura assolutamente moltissimi suoi valenti compositori, qualche spiraglio per la
comunicazione della musica contemporanea è proposto
solamente a orari improbi e inascoltati. In effetti, la migrazione dei nostri cervelli musicali è una realtà costante,
anche se ingratamente ignorata.
Qual è l’ambientazione ideale per la sua musica? Il concerto pubblico, la sala di registrazione, la scrivania del compositore...
partecipato a un ciclo di concerti dedicati a John Cage, a
Udine. In quell’occasione abbiamo proposto un concerto
d’improvvisazione, la presenza del pubblico diventa fondamentale in quel contesto. Per la mia musica preferisco
il lavoro in studio.
La tematica sacra è una costante nella sua produzione...
In effetti è un ambiente nel quale mi trovo bene, mi è familiare. In Italia è difficile prescinderne, abbiamo il Papa, il Vaticano... e poi sono molto legato all’opera del mio
«nume tutelare»: Olivier Messiaen. Ricordo quando andavo a sentirlo durante le funzioni religiose, a Parigi. Suonava l’organo ininterrottamente, improvvisava. Lungi dal
disturbare, le sue improvvisazioni donavano chiarezza e
pienezza al rito. La prima conseguenza era che la chiesa
non era piena, ma letteralmente affollata. Un altro mio
riferimento è il lavoro del compositore olandese Louis
Andriessen, per la concezione del suono. Messiaen per la
«grammatica» e Andriessen per il suono.
Quali progetti per il prossimo futuro?
Uscirà a febbraio un cd di miei brani cameristici fra i
quali figura un mottetto, un sestetto di violini... e sto lavorando alla colonna sonora di un cortometraggio di
Dario Vecchiato, regista della provincia di Treviso che
adesso è a Roma, a Cinecittà. È un lavoro che mi piace
molto, anche perché nelle colonne sonore posso ricorrere in maniera integrale ad alcune tecniche di musica
contemporanea.
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Contemporanea
Il secondo anno di «Intrasonus»
Il progetto ideato da Roberto Rusconi
ospiterà David Alberman in febbraio
C
ontinua con successo l’articolato progetto «Intrasonus», ideaè stato con Alvise Vidolin il genio creatore della straordito e curato da Roberto Rusconi al Centro Candiani di Menaria e apocalittica video-opera Pietra di Diaspro del Festistre (cfr. VeneziaMusica e dintorni n. 16, p. 33
val di Ravenna, ma numerosi saranno i collaborae n. 18, p. 27). Gli chiediamo di definire organicatori, come tra gli altri Renzo Cresti, lo stesso
mente scopi e modalità di questa lunga e fortunaVidolin e Cesare Grandi. L’iniziativa ha,
ta iniziativa.
nel Manifesto Direzionale – curato da
«Intrasonus apre il secondo anno di
Paolo Squarzon insieme al sottoscritattività con un ulteriore salto di quato – la sua ragion d’essere, che riporlità internazionale. Innanzitutto i
tiamo brevemente di seguito attraconcerti, poi le masterclass e le taverso l’elencazione degli obiettivi
vole rotonde. Il primo semestre,
programmatici:
dedicato agli archi, presenterà il
1) riallacciamento alla tradizio“gotha” dei concertisti internane classica più autentica attraverzionali di musica classica conso l’analisi percettiva delle opere
temporanea: David Alberman
dei grandi maestri della musica
con un programma da Bach a
occidentale;
Berio, Uli Fussenegger (diret2) analisi della materia sonora
tore artistico e contrabbassista
con l’ausilio delle ultime conquidi Klangforum Wien e Graz Imste della psicologia psicocognitipulse) con un programma di opeva, della psicoacustica e della neure da Bach ai contemporanei con il
rofisiologia dell’apparato percettiLive ElectronicS, Rohan De Saram
vo, in modo da capire cosa sentiamo
e Garth Knox (violoncellista e violista
quando ascoltiamo;
ex Arditti e docenti a Darmstaadt Fe3) confronto e speculazione sulle moriencouse) in duo con un programma da
dalità di esecuzione e creazione nella conBeethoven ai consapevolezza che
temporanei. La
la pagina scritta
Scene da Pietra di Diaspro
novità ulteriore
spesso può trarperò consiste nel
re in inganno: “la
porre tutti questi
mappa non è il
solisti non solo al
territorio”;
servizio della cit4) va lutaziotadinanza e delle
ne estrema della
scuole con degli
materia sonora in
incontri/lecture coquanto fine prime quelli organizmo e ultimo delzati al Liceo Marl’atto composico Polo, ma sotivo, esecutivo e
prattutto nel propercettivo;
porre una nuova
5) proposizioformula di crescine di forme ineta nazionale e indite da concerto
ternazionale docon l’ausilio delle
ve, mediante manuove tecnologie
sterclass della duper un affrancarata di alcune setmento dell’inteltimane, i compoletto dalla schiasitori e i solisti di tutta Europa si potranvitù mediatica nel segno di una mente reMestre – Centro Candiani
no confrontare scambiando e verificansponsabile, intelligente e interessata.
do partiture, idee e progetti. Lo scopo priUn progetto ambizioso ma sereno nel
2 febbraio, ore 18.00
mario quindi è la realizzazione di una recercare l’aiuto delle forze culturali locali
presentazione del libro
te internazionale dove si vuole presentae la collaborazione degli operatori ancora
I linguaggi delle arti e della musica
re buona musica e autentica ricerca artistiautenticamente motivati a questo risorgidi Renzo Cresti
ca a platee sempre più giovani e diversifimento delle arti, necessario sul territorio
cate. Il compositore di riferimento ospitaitaliano da troppo tempo monopolizzato
2 febbraio, ore 21.00
to quest’anno sarà Adriano Guarnieri, che
concerto di David Alberman
da forze nepotiste e interessate». (l.m.)
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