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Risarcimento danni
INCIDENTE STRADALE - DANNI A COSE - LESIONI
[Tribunale di Nola, Dott. Fabio Maffei, sentenza del 29 aprile 2010]
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----------------Risarcimento danni. Incidente stradale (con invasione della corsia opposta) - danni a
cose – lesioni - trasportato – proponibilità della domanda – legittimazione delle parti –
responsabilità – colpa specifica – colpa generica – art. 2054 c.c. – omesso uso
dispositivi di sicurezza (cinture di sicurezza) – onere della prova – rapporto dei
carabinieri (valore probatorio) – incapacità a testimoniare, art. 246 c.c. – quantum
debeatur – danno risarcibile – danno biologico – danno morale – danno esistenziale –
invalidità temporanea futura – micropermanenti – criterio di liquidazione –
personalizzazione – domanda originaria e aggravamento delle condizioni di salute del
danneggiato – danno risarcibile per autoveicolo non più riparabile – provvisionale,
imputazione – lucro cessante provocato da ritardato adempimento – ctu – interessi ex
art. 1282 c.c. – spese sostenute nella fase stragiudiziale – domanda di risarcimento ex
art. 96 c.p.c., responsabilità aggravata, lite temeraria e L. 69/2009 – liquidazione spese
di lite (parziale accoglimento della domanda, parziale compensazione) – aumento per
difesa plurima, esclusione – voci di spesa indicate in “nota spese” e non spettanti.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Nola – II Sezione Civile
nella persona del giudice monocratico, dott. Fabio Maffei, ha pronunziato, ai sensi dell’art.
132 c.p.c. (come novellato dalla legge 69/2009), la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 4532 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2001,
avente ad oggetto: risarcimento danni
TRA
MX TIZIOX ED RX MEVIOX, in proprio e nella qualità di legali rappresentanti della propria
figlia minore FX TIZIOX, rappresentati e difesi, unitamente e disgiuntamente, dagli avv.ti L.,
C., G., elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, in …. , in forza di mandato a
margine dell’atto di citazione in riassunzione;
ATTORI
E
KKKK ASS.NI S.P.A., IN persona del legale rappresentante pro tempore, dott. Zn,
elettivamente domiciliata in …. , presso lo studio dell’avv. …, dal quale è rappresentata e
difesa in virtù di procura in calce alla copia notificata dell'atto di citazione
CONVENUTA
E
PX CAIOX;
CONVENUTO/CONTUMACE
CONCLUSIONI
All'udienza del 9.2.2010, i procuratori delle parti hanno rassegnato le proprie conclusioni
come da verbale di pari data.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO POSTE A FONDAMENTO DELLA DECISIONE
A) IL FATTO STORICO-LE FASI DEL PROCESSO
A seguito della sentenza depositata in data 19.7.2001 con cui il Tribunale di Napoli
dichiarava la propria incompetenza per territorio, gli odierni attori, con atto di citazione,
ritualmente notificato in data 16.10.2001,convenivano in giudizio la S.p.a. KKKK Ass.n. e Px
Caiox per sentir dichiarare la piena ed esclusiva responsabilità di quest’ultimo nella
causazione del sinistro stradale verificatosi il 14.7.1994, in XXXX, tra l’auto Zzz Nnn, tg. ….,
di proprietà di Mx Tiziox e dallo stesso condotta e l’auto Ford Rrr, tg. …., condotta dal
proprietario, il predetto Px Caiox, ed assicurata per la R.C. Auto presso la compagnia
convenuta con polizza n. …...
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Gli attori, per l’effetto, chiedevano altresì condannarsi i convenuti al risarcimento di tutti i
danni di natura patrimoniale, non patrimoniale, biologici e morali, derivati dall’ invalidità
temporanea, totale e parziale, riportata nel sinistro per cui è causa nonché al risarcimento di
tutti i danni subiti dall’auto di proprietà del Tiziox, oltre spese, diritti ed onorari di giudizio, con
attribuzione.
Domandavano anche la condanna della convenuta compagnia assicurativa per
responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c..
Quanto ai presupposti in fatto e in diritto a sostegno della domanda, gli attori esponevano
che
- nelle indicate circostanze di luogo e di tempo, alle ore 22.30 circa, percorrevano a bordo
dell’auto Zzz Nnn, - rispettivamente nella qualità di conducente Mx Tiziox e di trasportate
Rx Meviox e Fx Tiziox -, la via Cincumvallazione, provenendo da Somma Vesuviana e
dirigendosi verso Aaaa ;
- l’auto procedeva a moderata velocità, mantenendo strettamente la destra della propria
carreggiata di marcia, con i fari azionati;
- giunti all’altezza di una curva volgente a sinistra, la Zzz Nnn veniva investita
frontalmente dalla Ford Rrr di cui sopra, la quale, provenendo a velocità sostenuta
dall’opposto senso di marcia, nell’affrontare la medesima curva, sbandava, così
invadendo la semicarreggita di pertinenza dell’auto degli attori;
- nonostante il conducente la Zzz tentasse una manovra d’emergenza frenando e
sterzando prontamente verso destra, la collisione tra i due veicoli era inevitabile ed
avveniva con una violenza tale che, mentre la Ford, dopo aver effettuato una rotazione
su se stessa di 180°, terminava la sua corsa nell’opposta carreggiata, la Zzz si arrestava
sul margine destro della corsia percorsa, non essendo più in condizione, a causa dei
rilevanti danni subiti, di riprendere la marcia;
- oltre ai danni al veicolo, in conseguenza del sinistro, riportavano gravi lesioni personali
sia il conducente la Zzz Nnn che i trasportati, i quali venivano immediatamente soccorsi
dai sanitari del vicino Ospedale Apicella di Pollena Trocchia;
- il veicolo del Caiox era assicurato con la compagnia convenuta, la quale, nonostante le
numerose lettere di messa in mora e sebbene avesse affidato a propri fiduciari la stima
sia dei danni subiti dal veicolo del Tiziox, sia delle lesioni personali riportati da tutti gli
attori, non aveva tuttavia offerto alcun risarcimento.
Si costituiva esclusivamente la KKKK Ass.ni, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità
della domanda per carenza di prova costitutiva e, gradatamente chiedendone il rigetto per
infondatezza o comunque il riconoscimento del pari concorso di colpa del conducente il
veicolo antagonista.
Prodotta documentazione, ammessa ed espletata prova testimoniale, acquisito il rapporto
del sinistro redatto nell’immediatezza dai carabinieri della stazione di XXXX intervenuti sul
luogo dell’incidente, disposta c.t.u., la causa, sulle conclusioni in epigrafe riportate,
all’udienza del 9 febbraio 2010 è stata trattenuta in decisione, con l’assegnazione di termini
per gli scritti conclusionali.
B) LA PROPONIBILITÀ DELLA DOMANDA- LA LEGITTIMAZIONE DELLE PARTI.
In via pregiudiziale, va dato atto della proponibilità della domanda attrice, atteso
l’adempimento del disposto di cui all’art. 22 L. n. 990/69 (ratione temporis applicabile al
sinistro de quo) mediante l’invio alla
KKKK Ass.ni S.p.a., in persona del legale
rappresentante, della raccomandata A.R. ricevuta il 24.9.1994 contenente la richiesta di
risarcimento dei danni, sicchè deve ritenersi rispettato il termine di giorni 60 di cui al citato
articolo, essendo stato l’atto introduttivo della lite dinanzi al Tribunale di Napoli, inizialmente
adito, notificato in data 13.9.2000.
Del pari, va dato atto dell’adempimento del disposto di cui all’art. 23 della citata legge che
impone, in caso di esercizio di azione diretta nei confronti della compagnia assicuratrice, la
citazione anche del responsabile civile. Nel caso di specie, infatti, sia il libello introduttivo, sia
il successivo atto di riassunzione sono stati notificati anche a Px Caiox, proprietario e
conducente del veicolo coinvolto nel sinistro.
Ancora in limine litis, la legittimazione attiva di tutti gli istanti risulta ampliamente provata
dalla copiosa documentazione in atti, e precisamente
1) per quanto attiene alla legittimazione attiva di Mx Tiziox ad agire per il risarcimento dei
danni subiti dall’autovettura Zzz Nnn, tg. …., la proprietà di quest’ultima in capo
all’istante è dimostrata, oltre che dalle rilevazioni eseguite dai carabinieri intervenuti sul
luogo del sinistro riportate nell’allegato rapporto e dalla copia del libretto di circolazione
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del veicolo in questione, anche e soprattutto dalla certificazione rilasciata dal PRA, in
conformità al più che consolidato orientamento giurisprudenziale in forza del quale, in
tema di sinistro stradale, deve considerarsi ritualmente acquisita la prova della proprietà
della vettura in capo al soggetto danneggiato attraverso la certificazione del PRA che,
nel caso di specie, è stata prodotta sin dal momento della costituzione in giudizio (cfr.
Cassazione civile , sez. III, 20 aprile 2009, n. 9343);
2) per quanto attiene alla legittimazione dello stesso ad agire per il risarcimento dei danni
alla persona, la corrispondente prova può dirsi raggiunta sulla base delle risultanze sia
del predetto rapporto, sia della documentazione sanitaria, con particolare riferimento alla
copia del referto di pronto soccorso inviato all’autorità giudiziaria e alla copia della
cartella clinica di accettazione e ricovero, a nome di Mx Tiziox, redatti dai Sanitari
dell’Ospedale <<Apicella>> di Pollena Trocchia il giorno dell’incidente;
3) con riguardo alla legittimazione attiva delle trasportate Rx Meviox e Fx Tiziox, la stessa
emerge dalla medesima documentazione sanitaria indicata al precedente punto nonché
dal già menzionato rapporto dei Carabinieri di XXXX.
Sempre in via pregiudiziale, parimenti provata è la legittimazione passiva della convenuta
compagnia assicurativa, allorché si consideri che dalla copiosa documentazione in atti
relativa alla fase stragiudiziale emerge una fitta corrispondenza tra l’istante e la compagnia
stessa, la quale, senza contestazioni, ha ricevuto la prescritta raccomandata AR ex art. 22
citato, provvedendo sia a sottoporre a visita medico-legale gli infortunati, sia a perizia
estimativa l’auto incidentata.
Tale dato, inoltre, è corroborato dal prodotto rapporto, laddove sono riportati i dati del veicolo
coinvolto, con indicazione del nominativo del conducente-proprietario, nonché della
compagnia con la quale lo stesso risultava assicurato.
Infine, deve ritenersi offerta la prova della proprietà in capo a Px Caiox dell’auto che si
assume danneggiante, prova fornita sempre mediante la produzione in giudizio del su
indicato verbale redatto dai Carabinieri di XXXX.
In ordine alle modalità con le quali l’attore, in una causa di risarcimento danni da sinistro
stradale, deve assolvere alle incombenze probatorie su di lui gravanti, è intervenuta a più
riprese la giurisprudenza di legittimità, affermando che, a fronte di una non contestazione
da parte del convenuto di non essere egli all’epoca del fatto proprietario del veicolo
danneggiante, ovvero in caso di contumacia di quest’ultimo, in presenza di una posizione di
non contestazione ovvero di indifferenza dell’assicuratore in relazione alla questione della
proprietà, l’attore è comunque tenuto a fornire la prova del proprio assunto, potendo ricorrere
a tal fine ad ogni mezzo istruttorio, sia di carattere orale, sia di tipo documentale, anche
attraverso il riferimento ad eventuali elementi indiziari ricavabili dalle risultanze dei verbali e
dei rapporti relativi al sinistro (cfr. Cassazione civile , sez. III, 14 maggio 1997, n. 4233)
Tanto considerato, nella fattispecie in esame, deve reputarsi che il rapporto dei Carabinieri
sia rilevante e sufficiente ai fini della prova della proprietà del veicolo investitore, atteso,
altresì, il suo valore di atto pubblico e come tale fidefaciente fino a querela di falso, in
relazione ai fatti che il pubblico ufficiale ha attestato come avvenuti in sua presenza o che
siano stati da lui accertati de visu, quali ad esempio la proprietà dei veicoli o la regolare
copertura assicurativa.
C) LA DINAMICA DEL SINISTRO- LE RELATIVE RESPONSABILITÀ.
Quanto alla dinamica del sinistro, dall’istruttoria svolta emerge, ad avviso del Tribunale, la
prova dell’esclusiva responsabilità del conducente l’autoveicolo Ford Rrr nella produzione
del sinistro per cui è causa.
È noto che il danneggiato che evochi in giudizio, ex art. 2054 c.c. ed ex art 18 e ss. L.
990/69, il responsabile civile e la relativa Compagnia di Assicurazione è gravato,
preliminarmente, dell'onere di fornire adeguata prova in ordine all'avvenuta verificazione del
fatto dannoso ed al nesso di causalità tra quest'ultimo e le conseguenze pregiudizievoli
lamentate, per poi dimostrare, nel caso di scontro tra veicoli, al fine di superare la regola
sussidiaria del concorso di colpa prevista dall’art. 2054 c.p.c., l’esclusiva riconducibilità della
causazione del sinistro alla negligente condotta di guida del conducente il veicolo
antagonista ( Cassazione civile , sez. III, 02 agosto 2001, n. 10609
A tal proposito occorre prendere le mosse dall’esame delle deposizioni rese dai testimoni
indotti da parte attrice.
In particolare, i testimoni Ccc (escusso all’udienza del 20.10.2005) e Ddd Meviox (escusso
all’udienza del 14.2.2006), i quali hanno assistito all’incidente, trovandosi sul posto, a poca
distanza dal luogo della collisione ed a bordo della propria autovettura che seguiva l’auto
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degli attori, hanno concordemente asseverato la dinamica del sinistro come descritta nel
libello introduttivo.
In particolare, entrambi i testi hanno riferito di aver visto, nelle indicate circostanze di luogo e
di tempo, l’auto guidata dal Caiox che, mentre percorreva la via Cincumvallazione nella
direzione opposta a quella di marcia della Zzz Nnn degli attori, a velocità sostenuta,
affrontava il tratto di strada curvilineo teatro del sinistro, nel momento stesso in cui la
medesima curva era impegnata dall’auto di proprietà del Tiziox.
Uscendo dalla curva, l’auto del Caiox, verosimilmente a causa dell’elevata velocità,
sbandava verso la propria sinistra, invadendo la corsia di marcia della Zzz Nnn ed
investendola frontalmente.
I testimoni hanno altresì evidenziato che tale ultima vettura teneva regolarmente la destra e
viaggiava a velocità moderata.
Il racconto dei testi trova poi assoluto conforto nelle risultanze del rapporto dei Carabinieri di
XXXX di cui si è detto, il quale se riveste il valore di piena prova sino a querela di falso
esclusivamente per i fatti che il pubblico ufficiale dichiara di aver personalmente compiuto o
personalmente constatato, per tutte le altre circostanze costituisce materiale indiziario che
può essere superato soltanto da prova contraria (cfr. Cass. 27 ottobre 2004 n. 20814).
In particolare, dall’allegato schizzo del luogo teatro del sinistro nel quale è effigiata la
posizione in cui sono state rinvenute le auto coinvolte nell’incidente, si desume che l’auto
degli attori era regolarmente nella propria carreggiata, mentre quella del convenuto aveva
invaso completamente l’opposta corsia, investendo in corrispondenza della parte frontale
sinistra la vettura del Tiziox, per poi terminare la sua corsa assumendo una posizione
opposta alla sua direzione di marcia.
A riprova dell’elevata velocità tenuta dalla Ford, e quindi dell’errata valutazione commessa
del suo conducente in ordine all’andatura con cui affrontare il predetto tratto di strada, gli
agenti intervenuti hanno rilevato tracce di frenata lasciate sull’asfalto da tale auto per un
lunghezza di 12 metri, confermandosi così che il Caiox, nell’impegnare la curva, perdeva il
controllo della sua auto, avvedendosi soltanto all’ultimo momento della presenza del veicolo
degli attori che contemporaneamente sopraggiungeva in direzione opposta.
Tali ultime circostanze sono state avvalorate anche dagli altri due testimoni escussi, Fff Oox
e Ggg Hhh, trasportati il giorno del sinistro, sull’auto del Caiox, i quali hanno evidenziato che
la Ford Rrr a bordo della quale viaggiavano, all’uscita della curva in questione, sbandava
invadendo l’opposta corsia di marcia. Con tali dichiarazioni i testimoni hanno ulteriormente
corroborato le precedenti emergenze istruttorie in ordine all’elevata velocità di marcia tenuta
dall’autovettura del convenuto.
Tuttavia, occorre precisare che la deposizione resa da Fff Oox non è, in questa sede
utilizzabile, avendo la convenuta compagnia assicurativa eccepito la sua incompatibilità a
testimoniare, a nulla rilevando che il testimone abbia dichiarato di essere stato
completamente risarcito dei danni subiti a seguito del sinistro.
Valga rammentare che la Suprema Corte, per un verso, con riguardo alla tempestività con
cui deve essere eccepita l’incapacità ex art. 246 c.p.c., ha precisato che le disposizioni
limitative della capacità dei testimoni sono dettate nell'esclusivo interesse delle parti, le quali,
pertanto, devono denunciarne l'inosservanza al momento dell'espletamento della prova o
nella prima udienza successiva perché, in mancanza di tale tempestiva eccezione, la nullità
deve intendersi sanata (cfr. Cassazione civile , sez. III, 12 gennaio 2006, n. 403; In senso
sostanzialmente conforme cfr. Cass. 18 dicembre 1998 n. 12687;Cassazione civile , sez. III,
25 settembre 2009, n. 20652); per l’altro, con riferimento all’interesse considerato dall’art.
246 c.p.c., ha chiarito che <<Chi è privo della capacità di testimoniare perché titolare di un
interesse che ne potrebbe legittimare la partecipazione al giudizio nel quale deve rendere la
testimonianza, in qualsiasi veste, non esclusa quella di interventore adesivo, non riacquista
tale capacità per l'intervento di una fattispecie estintiva del diritto quale la transazione o la
prescrizione, in quanto l'incapacità a testimoniare deve essere valutata prescindendo da
vicende che costituiscono un posterius rispetto alla configurabilità dell'interesse a
partecipare al giudizio che la determina, con la conseguenza che la fattispecie estintiva non
può impedire la partecipazione al giudizio del titolare del diritto che ne è colpito e non può
renderlo carente dell'interesse previsto dall'art. 246 c.p.c. come causa di incapacità a
testimoniare>> (cfr. Cassazione civile , sez. III, 21 luglio 2004, n. 13585)
Nonostante la deposizione del Oox, per le su esposte ragioni, debba essere espunta dal
materiale istruttorio valutabile ai fini della decisione, ritiene il Tribunale che, nonostante ciò,
le assunte emergenze processuali costituiscono un corredo probatorio più che sufficiente a
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ritenere dimostrata, sulla base della dinamica così ricostruita, la colpa in concreto del
conducente l’auto Fordi Rrr, avendo quest’ultimo palesemente violato il combinato disposto
degli artt. 140, 141 e 143 del Codice della Strada, poiché, nell’impegnare un tratto di strada
curvilineo, non manteneva rigorosamente la propria destra, sconfinando nell’opposta corsia.
In particolare, l’art. 143 c.d.s espressamente prescrive non solo che << I veicoli devono
circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della
medesima, anche quando la strada è libera>>, ma anche che tale condotta deve essere
rispettata <<quando i veicoli si incrociano ovvero percorrono una curva o un raccordo
convesso, a meno che circolino su strade a due carreggiate separate o su una carreggiata
ad almeno due corsie per ogni senso di marcia o su una carreggiata a senso unico di
circolazione>>.
Accertata la colpa in concreto del convenuto Caiox, occorre ora stabilire se il conducente
Tiziox abbia superato la presunzione di colpa posta dall'art. 2054, comma 2, c.c..
Per incidens, si rimarca come tale accertamento sia imposto esclusivamente con riguardo
alla posizione del conducente la Zzz Nnn e non anche per gli altri due attori, avendo questi
ultimi agito nella qualità di trasportati sul predetto veicolo, circostanza avvalorata dal
prodotto verbale dei carabinieri.
Ed infatti, in caso di scontro fra autoveicoli la persona trasportata a qualunque titolo, anche
di cortesia, può ottenere a norma dell'art. 2055 c.c. l'integrale risarcimento dei danni tanto
dal conducente e dal proprietario del veicolo dal quale era trasportata (Cass. 26 ottobre
1998, n. 10629), quanto dal conducente e dal proprietario dell'altro veicolo, avvalendosi
nell'uno come nell'altro caso della presunzione stabilita dall'art. 2054 c.c. e facendo, perciò,
valere la responsabilità extracontrattuale (cfr. Cass. 10361/95; 4353/04; 7500/04).
Né ai fini dell'affermazione della responsabilità solidale del proprietario ai sensi dell'art. 2054
c.c., comma 3, c.c. rileva che la responsabilità del conducente sia riconosciuta in base
all'accertamento concreto della colpa ex art. 2043 c.c. o in via presuntiva ai sensi dell'art.
2054 c.c., commi 1 e 2, in quanto il proprietario è tenuto a risarcire il danneggiato, ove non
provi che la circolazione è avvenuta contro la sua volontà ovvero che il conducente ha fatto
tutto il possibile per evitare il danno (Cass. 21 gennaio 2000, n. 681).
Tuttavia, la presunzione di pari responsabilità dei conducenti di veicoli a motore coinvolti in
un sinistro stradale, prevista dall'art. 2054, comma 2, c.c., può essere superata
dall'accertamento in concreto che la condotta di uno dei conducenti ha avuto efficacia
causale assorbente nella produzione dell'evento dannoso, tenendosi presente che l'assenza
di colpa di uno dei conducenti può risultare o direttamente dalla prova positiva che è stato
tenuto un comportamento esente da colpa e pienamente conforme alle norme del codice
della strada ovvero, indirettamente, dall'accertamento che il comportamento di uno dei due
conducenti è stato il fattore causale esclusivo dell'evento dannoso, non evitabile da parte
dell'altro conducente con l'adozione di idonee manovre di emergenza (cfr. Cass. 5226/06;
16244/05; 11143/03; 581/01; Cassazione civile, sez. III, 16 luglio 2003, n. 11143; Cass.
1198/97; Cass. 5250/97; Cass. 4909/96)
Ed invero, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, infatti, l'art. 2054 c.c.
esprime, in ciascuno dei commi che lo compongono, principi di carattere generale, applicabili
a tutti i soggetti che da tale circolazione comunque ricevano danni, e quindi anche ai
trasportati, quale che sia il titolo del trasporto, di cortesia ovvero contrattuale (oneroso o
gratuito).
Se ne fa conseguire che il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, possa
invocare i primi due commi della disposizione citata per far valere la responsabilità
extracontrattuale del conducente ed il terzo comma per far valere quella solidale del
proprietario. (cfr. Cass. civ., sez. III, 26 ottobre 1998, n. 10629; v. anche Cass. 13396/01;
Cass. 4022/2001; Cass. 5342/00; Cass. 681/00; 10006/03; Cass. sez. III, 30 gennaio 2006,
n. 1873; Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 834 del 18/01/2006; Cassazione civile, sez. III, 31
ottobre 2005, n. 21115).
In forza del citato orientamento giurisprudenziale, peraltro, non è più discriminata, a livello
probatorio - rispetto alla situazione (oggetto del presente giudizio) del trasportato che ha
riportato danni a seguito dello scontro tra veicoli e che è dunque in condizione di invocare,
ex art. 2054 c.c., la responsabilità presunta dell'altro conducente e del proprietario del
veicolo antagonista (i quali a loro volta possono agire in via di regresso ex art. 2055 c.c. nei
confronti del proprietario e del conducente del veicolo sul quale il danneggiato viaggiava) - la
situazione del trasportato che abbia subito lesioni a seguito di un incidente in cui non è
rimasto coinvolto altro mezzo, soggetto che prima del mutamento di orientamento
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giurisprudenziale, restava privo di tutela nei confronti del conducente (e, comunque, del
proprietario) del quale non fosse in condizione di provare la colpa ai sensi dell'art. 2043 c.c.
(cfr., ex plurimis, Cass. n. 8384 del 1987).
Chiarito ciò, ritornando all’esame della condotta di guida tenuta dall’attore Tiziox, occorre
ricordare che il giudice il quale abbia accertato la colpa di uno dei conducenti non può
esimersi dal verificare il comportamento dell'altro, onde stabilire se quest'ultimo abbia o
meno osservato le norme sulla circolazione stradale ed i normali precetti della prudenza (ex
permultis, Cass., sez. III, 15-12-2000, n. 15847).
Infatti, per superare la presunzione di colpa che l'art. 2054, comma 2, c.c., pone a carico di
ambedue i conducenti coinvolti, occorre dimostrare che:
(a)- il sinistro è dovuto al comportamento colposo esclusivo di uno solo dei conducenti;
(b)- l'altro conducente si sia, per converso, esattamente uniformato alle norme della
circolazione ed a quelle di comune prudenza (Cass., sez. III, 22-09-2000, n. 12524).
Pertanto l'accertamento in concreto della colpa di uno dei conducenti non comporta, di per
sé, il superamento della presunzione di colpa concorrente dell'altro, il quale è chiamato a
fornire la prova liberatoria dimostrando di essersi uniformato alle norme della circolazione ed
a quelle della comune prudenza (Cass., sez. III, 18-12-1998, n. 12692). In altri termini,
l'infrazione, anche grave, come l'invasione della opposta corsia di marcia, commessa da uno
dei conducenti non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento dell'altro
conducente al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, sussista un
concorso di colpa nella determinazione dell'evento dannoso (in terminis, Cass., sez. III, 0505-2000, n. 5671).
Ai fini del superamento di tale presunzione, ha poi chiarito la Suprema Corte che, <<in tema
di responsabilità da sinistro stradale con scontro di veicoli, l'accertamento della colpa
esclusiva di uno dei conducenti libera l'altro dalla presunzione della concorrente
responsabilità di cui all'art. 2054, comma 2, c.c. nonché dall'onere di dimostrare di aver fatto
tutto il possibile per evitare il danno, con la conseguenza che la prova liberatoria per il
superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in
modo diretto - e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione
dell'incidente - ma può anche indirettamente risultare tramite l'accertamento del
collegamento eziologico esclusivo dell'evento dannoso con il comportamento dell'altro
conducente>>.(cfr. Cassazione civile , sez. III, 22 aprile 2009, n. 9550; In senso
sostanzialmente conforme cfr. Cass. 10 marzo 2006 n. 5226).
Ciò premesso in iure, si osserva in facto come nel caso di specie, le prove costituite e
costituendae acquisite al giudizio univocamente depongono nel senso dell’attribuzione della
responsabilità dell'incidente esclusivamente al convenuto Caiox, dovendosi per contro
escludere qualsiasi addebito a carico del Tiziox.
Infatti, l'accertata circostanza dell'invasione della corsia opposta (intesa questa come
semicarreggiata di pertinenza dell'altra direzione di marcia, a prescindere dalla materiale
suddivisione in corsie mediante segnalazioni orizzontali), non attuata per una cogente e
scusabile necessità, posta in essere improvvisamente, in modo da porre l'altro conducente
nell'impossibilità di attuare una qualsiasi manovra di fortuna per evitare la collisione,
comporta la responsabilità esclusiva di chi pone in essere l'oltrepassamento della mezzeria
(Cass. civ. 5/7/84, n. 3929; Cass. pen. 19/4/82).
In particolare, la responsabilità dell'altro conducente va esclusa quando, in base alla
ricostruzione della dinamica del sinistro, la sua condotta di guida è esente da censure di
colpa specifica o generica.
Nel caso concreto, infatti, nessun addebito può muoversi alla condotta di guida dell’attore,
dal momento che
a) tutti i testimoni hanno confermato che il Tiziox procedeva regolarmente sulla propria
semicarreggiata mantenendo strettamente la destra, a velocità prudenziale, mentre
l’auto Ford Rrr affrontava la curva ad elevata velocità, sbandando ed invadendo la corsia
di marcia di pertinenza dell’auto dell’attore;
b) lo schizzo allegato al prodotto rapporto dei carabinieri non solo attesta che, rispetto al
punto d'urto tra i veicoli, non vi era spazio per una manovra di esitamento dell'ostacolo,
peraltro palesatosi in modo improvviso, ma anche che la collisione fu <<quasi
frontale>>, a riprova che l’auto del Caiox, nell’uscire dalla curva, benché tentasse di
frenare, invadeva l’opposta corsia investendo l’auto dell’attore, non in prossimità della
linea di mezzeria, ma al centro della semicarreggiata di sua pertinenza;
c) i rilievi fotografici in atti supportano tale ultima deduzione, attestando come i danni subiti
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dalla Zzz Nnn si localizzarono prevalentemente nella parte anteriore sinistra, ad ulteriore
dimostrazione che l’auto del Tiziox viaggiava tenendo la destra della sua direzione di
marcia, mentre il veicolo antagonista, nell’affrontare la curva, tagliava completamente la
linea di mezzeria, investendo violentemente la prima autovettura.
In considerazione di quanto precede, la causa dell'evento, non può che essere rinvenuta
nella colpa specifica (invasione di semicarreggiata opposta) e generica per imprudenza,
negligenza o più verosimilmente imperizia, del convenuto Caiox.
Colpa concretatasi nell'invasione della sede stradale non di sua pertinenza (colpa specifica),
a causa di un’erronea valutazione delle dimensioni della strada (imperizia), di un’inadeguata
capacità di guida (imperizia), ovvero, infine, della eccessiva velocità (imprudenza-imperizia)
tenuta nell’impegnare un tratto di strada curvilineo.
In definitiva, può dirsi che, a fronte delle plurime violazioni da parte del Caiox sia del codice
della strada che delle ordinarie regole di prudenza che debbono connotare la circolazione
veicolare, nulla può essere ascritto al Tiziox, che al momento conduceva la Zzz Nnn, il quale
teneva una velocità normale, viaggiando sul margine destro della carreggiata, di talchè ebbe
a trovarsi la sua corsia invasa completamente dall’altra vettura, senza potere fare nulla per
impedire la collisione, attesa anche la repentinità dell’evento.
Ne discende che il Caiox nonché la s.p.a., KKKK Ass.ni vanno condannati in solido
all’integrale risarcimento dei danni patiti dagli attori.
D) QUANTUM DEBEATUR
I) IL DANNO RISARCIBILE SUBITO DA MX TIZIOX (LE CRITICHE MOSSE ALLA
ESPLETATA CTU)
Passando alla quantificazione della pretesa risarcitoria, iniziando dai danni subiti dal
conducente Mx Tiziox, deve innanzi tutto farsi riferimento all’espletata C.T.U. medico-legale
(cfr. la relazione depositata in data 8.10.2007 dal dott. Mmm), alle cui conclusioni può
senz’altro aderirsi, attesa la correttezza dei criteri logici e tecnici seguiti.
Il C.T.U., all’esito dell’esame del periziato e della documentazione medica fornita dallo
stesso, ha riferito che Mx Tiziox, a seguito dell’incidente per cui è causa, riportò <<esiti
cicatriziali al viso e la frattura coronale degli elementi dentari 11 e 21 di I Classe di Ellis>>.
Ha precisato il Ctu che gli esiti cicatriziali riguardano la piramide nasale ed il labbro
superiore, aggiungendo che la prima cicatrice di circa sette centimetri paramediana scende
fino all’apice del naso, presentandosi piana, normocromatica e non dolente alla digito
pressione. La seconda, di circa due centimetri, si presenta con un andamento longitudinale,
pian, normocromatica e non dolente. A seguito dell’ispezione del cavo orale, il nominato
esperto non ha costatato alcuna alterazione delle mucose, accertando la presenza di una
protesi fissa in oro ceramica riguardante gli elementi dentari 11-12-13-14-21-22-23-24.
Infine, ha stimato il costo di tale protesi relativamente agli elementi dentari oggetto del
trauma subito a causa del sinistro de quo (11 e 21 elemento) nell’importo di € 200,00,
reputando necessaria la loro sostituzione almeno per tre volte durante l’arco della vita del
periziando per una spesa medica di € 600,00.
Orbene, ritiene lo scrivente che tali conclusioni siano meritevoli di piena condivisione,
nonostante parte attrice, all’udienza del 18.12.2008, abbia dedotto l’aggravamento delle
condizioni dell’attore proprio con riferimento al trauma subito alla arcata dentaria, tale da
richiedere la sostituzione di tutti gli elementi dianzi elencati per una spesa di € 4380,00,
intervento odontoiatrico da ripetere almeno altre due volte nel corso della sua vita futura.
A supporto della esposta diagnosi, l’attore ha prodotto un certificato medico rilasciato dal
centro di prevenzione dentaria di XXXX (dott. Ppx), presso il quale il Tiziox risultava in cura
sin da quando era rimasto vittima dell’accertato sinistro, attestante il dedotto aggravamento.
Le riportate contestazioni alle conclusioni a cui è pervenuto il consulente d’ufficio ne
impongono un’attenta disamina, dal momento che soltanto nel caso in cui i rilievi all'operato
del consulente tecnico avanzati dopo il deposito della relazione (e che, quindi, non hanno
ricevuto risposta nella stessa) si presentino specifici, puntuali e suffragati da elementi di
prova, il giudice, che ritiene di uniformarsi al parere del consulente tecnico, non può sottrarsi
al dovere di esporre le ragioni per le quali ha ritenuto infondati i medesimi rilievi (Cass.
9/12/1995, n.12630; Cass. 7.6.2000, n. 7716; Cass. 11.3.2002, n. 3492).
Tanto premesso, deve innanzitutto osservarsi, sul piano processuale, che la presentata
documentazione non può essere ritenuta ammissibile essendo il suo deposito avvenuto in
uno stato del processo oramai avanzato, oltre il limite delle barriere preclusive segnate
dall’art. 184 c.p.c. (vecchio rito).
È noto che, alla luce del dictum delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, del 20 aprile
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2005, n. 8203, le produzioni documentali, come sostanzialmente l’esibito certificato,
susseguenti all'emersione della barriera preclusiva nel processo ordinario, sono ritenute non
più ammissibili se non nei limiti previsti dall'art. 345 c.p.c. per gli altri mezzi di prova e
quando queste risultino giustificate dallo sviluppo assunto dal processo, oltre che nell'ipotesi
di formazione del documento successiva allo spirare del relativo termine, ossia quando
sussistano obiettivi elementi che comprovino la non imputabilità della mancata pregressa
produzione.
Nel caso di specie, dallo stesso tenore dell’esibito certificato, si evince che l’attore si è
presentato nuovamente a visita dal suo odontoiatra <<dopo alcuni anni>>, e cioè
successivamente all’acquisita conoscenza delle conclusioni a cui era pervenuta la disposta
CTU, laddove, qualora si fosse sottoposto periodicamente ai necessari controlli, avrebbe
potuto acquisire tempestivamente contezza dell’aggravamento delle sue condizioni,
sottoponendole al nominato esperto in sede di accertamento peritale.
Confortano tale conclusione anche gli assunti più volte enunciati dalla Suprema Corte in
ordine alla questione della risarcibilità dei danni derivati all’istante dall’aggravamento delle
sue condizioni di salute verificatosi nel corso del giudizio.
Afferma la Corte di Nomofilachia che, in tema di lesioni personali, da un lato, il diritto al
risarcimento in relazione ad un eventuale aggravamento che si verifichi nel corso del giudizio
di primo grado non configura una nuova posta risarcitoria, poiché fa parte della domanda
originaria di risarcimento (cfr. Cassazione civile , sez. III, 16 novembre 2005, n. 23220;
Cass. 16 maggio 2003 n. 7631); dall’altro, però, che la pretesa risarcitoria può essere
ampliata in relazione all’aggravamento delle condizioni di salute del danneggiato, a
condizione che tale aggravamento non avrebbe potuto essere rilevato, prima del maturare
delle preclusioni istruttorie, con l'uso dell'ordinaria diligenza (cfr. Cassazione civile , sez. III,
31 marzo 2008, n. 8292 in Arch. giur. circol. e sinistri 2008, 10 849 ;In senso conforme cfr.
Cass. 29 gennaio 2003 n. 1281).
In ogni caso, oltre che per la già dirimente ragione di ordine processuale dianzi chiarita,
anche per quel che si aggiungerà, le contestazioni sollevate alla espletata CTU non sono
condivisibili.
Invero, dalla documentazione medica prodotta all’udienza del 18.12.2008, si deduce che il
costo degli interventi odontoiatrici futuri indicati dal medico curante del Tiziox attiene alla
sostituzione di tutti gli elementi dentari ivi indicati, laddove il CTU, pur rilevando che la
protesi applicata al Tiziox riguardava tutti i suddetti elementi, ha correttamente circoscritto il
costo delle spese mediche future soltanto alla sostituzione dei due elementi, l’11 ed il 21,
risultati danneggiati a causa del trauma subito in conseguenza dell’accertato sinistro (vedi
referto medico in atti).
In tal modo operando, il nominato esperto ha, dunque, circoscritto il pregiudizio futuro il cui
risarcimento deve essere posto a carico degli odierni convenuti esclusivamente a quei danni
di cui, secondo un criterio di regolarità causale, è stata dimostrata la derivazione diretta ed
immediata dall’accertato evento pregiudizievole.
In definitiva, la valutazione operata dal nominato esperto si reputa pienamente rispondente
ai criteri che devono presiedere all’accertamento della causalità nel diritto civile, i quali, da
un canto, impongono la necessità di determinare, oltreché il rapporto causale tra condotta ed
evento, anche l'ambito delle conseguenze dannose risarcibili secondo gli art. 1223 ss. c.c. e,
dall’altro, circoscrivono l’area del risarcimento ai soli danni conseguenza diretta e immediata
dell'illecito, sempreché la parte che si assume danneggiata fornisca la prova della loro
effettiva derivazione causale dal fatto illecito dedotto e provato. (cfr. Cassazione civile , sez.
II, 30 luglio 1999, n. 8278; Cassazione civile , sez. I, 15 ottobre 1999, n. 11629)
Nella vicenda de qua, per contro, l’attore non ha dimostrato che la sostituzione degli
elementi dentari, diversi da quelli perduti a causa del denunciato sinistro, sia causalmente
dipesa dal trauma subito in occasione del sinistro.
La soluzione opposta, viceversa, è corroborata da tutta la documentazione medica in atti
come implicitamente ritenuto dal nominato esperto.
II) IL DANNO NON PATRIMONIALE.
Chiarito ciò, passando alla quantificazione del danno non patrimoniale subito dall’attore
Tiziox, deve iniziarsi dal danno alla salute.
A tal fine non può prescindersi dal recente dictum delle Sezioni Unite (sent. del 11 novembre
2008 n. 26972).
Il Supremo Consesso della Corte di Cassazione, da un lato, ha chiarito che tale pregiudizio
non costituisce un’autonoma figura di danno, ma rientra nell’ampia ed onnicomprensiva
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categoria del danno non patrimoniale prevista dall’art. 2059 c.c., essendo la definizione
<<danno biologico>> utilizzata per scopi meramente descrittivi; dall’altro, ha riconosciuto
una valenza generale alla definizione normativa del danno biologico accolta dagli artt. 138 e
139 del D.Lgs. n. 209 del 2005, che individuano tale pregiudizio non patrimoniale nella
<<lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di
accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e
sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali
ripercussioni sulla sua capacità di reddito>>.
In tal modo argomentando, ha confermato che nella nozione di danno biologico, come
recepita dalla consolidata giurisprudenza, rientrano sia il cosiddetto danno estetico non
incidente direttamente sulla capacità lavorativa (Cass., Sez. 3, 27.6.1990, n.6536; Cass.,
Sez. 3, 14.10.1993, n.10153), sia il danno costituito dalla compromissione della capacità di
esplicazione di attività diverse da quella lavorativa normale - come le attività sociali e
ricreative -, ovvero il cd. danno alla vita di relazione (Cass.Civ., Sez.III, 5 novembre 1994,
n.9170).
Tutto ciò premesso, alla luce di questa definizione <<dinamica>> di danno biologico che,
come ritenuto dalla stessa giurisprudenza, è stata definitivamente consacrata dal legislatore,
ritiene il Tribunale che, nonostante il sinistro per cui è causa si sia verificato prima
dell’entrata in vigore della legge 57/2001, possa procedersi alla quantificazione del danno
subito dall’istante sulla scorta dei parametri indicati nelle tabelle di cui al citato testo
normativo.
Se è vero, infatti, che il sinistro è avvenuto anteriormente alla legge che ha introdotto il
valore unico del punto di invalidità micropermanente su tutto il territorio nazionale, va
considerato che il criterio di liquidazione del danno biologico previsto dall'art. 5 l. n. 57 del
2001 (odierno art. 139 Codice Assicurazioni Private) costituisce un giusto parametro per la
quantificazione equitativa del danno risarcibile anche con riferimento ai danni verificatisi
anteriormente all'entrata in vigore della legge predetta.
Pertanto appare iniquo ed irragionevole, in presenza di un criterio di liquidazione del danno
alla persona finalmente stabilito dal legislatore, procedere alla quantificazione del danno
risarcibile adottando -in ipotesi come nel caso in esame in cui emergano lesioni della
medesima entità- criteri di liquidazione diversi, e, di conseguenza, determinare in sede
giudiziale il ristoro in misura differente a seconda che il fatto generatore del pregiudizio
all'integrità psico - fisica si sia verificato prima o dopo l'entrata in vigore della l. n. 57 del
2001 (cfr. Tribunale Reggio Emilia, sentenza 19 aprile 2001 e Tribunale Milano, 20
settembre 2001, massime edite su Juris Data).
Si seguono, dunque, nella determinazione del danno biologico i valori tabellari previsti
dall'art. 5, comma secondo, legge 5 marzo 2001, n. 57, come aggiornati al 2009 e non quelli
<<milanesi>> indicati da parte attrice.
I prescelti valori tabellari fanno riferimento alla determinazione del “valore punto” rapportato
alla gravità della menomazione ed all’età del danneggiato al momento del sinistro, con
assegnazione, all’età anagrafica del danneggiato medesimo, di un coefficiente di
moltiplicazione, il che consente di individualizzare adeguatamente i parametri come
elaborati.
Appurato ciò, il nominato esperto ha stimato l’entità del danno biologico, - residuato
dall’accertato sinistro e consistente in <<esiti cicatriziali al viso e frattura degli elementi
dentari 11 e 21 di classe di Ellis>>-, nella misura del 5%, secondo una valutazione che lo
scrivente ritiene, - in ragione dell’età dell’attore al momento del sinistro (anni 37), delle
modalità del sinistro e del periodo di recupero affrontato, di dover condividere.
Dalla documentazione medica versata in atti è, poi, possibile determinare in 7 giorni il
periodo di invalidità temporanea totale, mentre quella temporanea parziale è stata valutata
secondo una percentuale del 50% protrattasi per ulteriori 7 giorni.
In applicazione degli indicati criteri tabellari, pertanto, il danno alla salute subito dall’attore
può essere così determinato:
a) Danno Biologico Permanente: per ciascun punto nella tabella viene riconosciuto
l'importo di €. 939,33 debitamente abbattuto col coefficiente di riferimento per l'età del
danneggiato (pari a 0,860).
Tale danno va liquidato nell'importo complessivo di €. 4.696,63
b) Danno biologico da invalidità temporanea assoluta: Per ciascun giorno di invalidità
temporanea assoluta va liquidato (sulla base dei criteri stabiliti uniformemente dalla tabella
prescelta) un importo di €. 42,48.
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Il danneggiato ha subito un’invalidità temporanea assoluta di giorni 7 che va liquidata in €.
297,36.
c) Danno biologico da invalidità temporanea parziale: Per la invalidità temporanea
parziale la liquidazione della diaria avviene in misura proporzionale alla percentuale di
invalidità riconosciuta per ciascun giorno.
La invalidità temporanea parziale di giorni 7 al 50% va liquidata in €. 148,68.
A titolo di danno biologico per invalidità temporanea (I.T.A. e I.T.P.) spetta al danneggiato
l'importo complessivo di €. 446,04.
In totale, a titolo di danno biologico (sia per la permanente (I.P.) che per la temporanea
(I.T.)), va liquidato l'importo complessivo di €. 5.142,67.
Poiché l'evento lesivo è precedente alla data in cui è stata redatta la tabella utilizzata, il
suddetto importo, come anticipato, è stato espresso in valori monetari attuali e, pertanto, trattandosi di debito di valore derivante da illecito civile-, è comprensivo della rivalutazione
monetaria spettante al danneggiato dal momento di verificazione del sinistro alla data di
pubblicazione della presente sentenza.
Tuttavia, si ritiene che l’importo così determinato sulla base del prescelto criterio debba
essere personalizzato rispetto alla liquidazione tabellare, parametrando quest’ultima, in una
prospettiva equitativa, alla percentuale dell'importo riconosciuto a titolo di danno biologico.
Il valore "tabellare" preso in considerazione come base per il calcolo è sia quello da invalidità
"permanente", sia quello da invalidità temporanea.
Nel caso di specie tenuto conto della gravità della colpa, dell'entità delle lesioni sofferte dal
danneggiato, del grado di invalidità derivante da dette infermità, dell'impatto che tali infermità
hanno avuto sulla persona del danneggiato soprattutto sotto il profilo estetico, della durata
dell’invalidità temporanea nonché delle cure mediche specialistiche a cui il Tiziox, in futuro,
dovrà sottoporsi, si può equitativamente liquidare la personalizzazione del danno non
patrimoniale nella misura di 1/4 del danno tabellare per un importo pari a €. 1285,67.
In definitiva, a titolo di danno non patrimoniale deve essere riconosciuta a Mx Tiziox la
complessiva somma di € 6.428,34.
Nessun altro importo può essere attribuito all’istante a titolo di risarcimento del danno non
patrimoniale subito.
Al riguardo, sempre nell’ambito del danno non patrimoniale, l’attore ha domandato, ex artt.
2059 c.c. e 185 c.p., anche il ristoro del danno morale, inteso quale sofferenza contingente e
turbamento dell’animo transeunte, integrando il sinistro oggetto della presente controversia
una fattispecie di reato (lesioni personali colpose) nonché ha domandato il ristoro del
pregiudizio esistenziale subito a causa della lesione permanente arrecata alla sua integrità
fisica.
Orbene, con riferimento al danno morale, occorre chiarire, in primo luogo, se, dopo la già
citata sentenza delle Sezioni Unite (n. 26972 dell'11 novembre 2008), sia ancora
configurabile questo tipo di pregiudizio non patrimoniale, definito nei termini dianzi riportati.
In secondo luogo, occorre stabilire se tale pregiudizio abbia natura e consistenza differenti
rispetto a quelle che sono state sino ad oggi riconosciute al danno morale.
Infine, è necessario individuarne i possibili criteri di liquidazione, onde evitare delle
duplicazioni risarcitorie rispetto alle somme attribuite a titolo di ristoro del danno biologico
come dianzi inteso.
In ordine alla prima questione prospettata, le univoche e molteplici indicazioni contenute
nella sentenza 26972/2008 depongono concordemente per la permanente risarcibilità di tale
pregiudizio, avendo la Suprema Corte esclusivamente inteso fare luce su alcuni specifici
aspetti pratico-applicativi, le cui molteplici interpretazioni avevano ingenerato delle evidenti
duplicazioni risarcitorie.
A supporto di tale tesi è sufficiente osservare che la citata pronuncia è chiarissima
nell’affermare che "nell'ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, la
formula "danno morale" non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive,
tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza
soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel
tempo non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della
quantificazione del risarcimento".
Inoltre, la Corte, nel censurare la lettura restrittiva del "danno morale" data da certa
giurisprudenza (limitata al c.d. danno morale soggettivo transeunte: par. 2.1 e 2.10 della
sentenza), esplicitamente riconosce l'esistenza di un pregiudizio "da sofferenza", non
necessariamente transeunte, che deve essere considerato e ristorato nella sua integralità.
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D'altra parte, le S.U. condividono e fanno propria la lettura, costituzionalmente orientata,
data dalle sentenze n. 8827 e n. 8828/2003 all'art. 2059 c.c..
Tale lettura, incontestabilmente, riconosceva il pieno diritto al risarcimento del danno da
sofferenza fisica e psichica.
Maggiore spessore ermeneutico presenta, invece, la questione inerente all’individuazione
dei confini di questo tipo di pregiudizio rispetto al danno biologico.
La lettura offerta dalle Sezioni Unite non pare introdurre elementi di novità nella parte in cui
riconosce rilevanza ad ogni sofferenza, fisica o psichica, transitoria o permanente, patita
dalla vittima, così definitivamente superando la figura del c.d. danno morale soggettivo
transeunte.
Una simile lettura, infatti, emergeva chiaramente già dalle sentenze del 2003, ed era ormai
recepita dalla grande maggioranza della giurisprudenza di merito.
Un significativo elemento di novità per l'apprezzamento del danno da sofferenza emerge,
viceversa, allorquando la Corte afferma che la sofferenza morale, senza ulteriori
connotazioni in termini di durata, integra un pregiudizio non patrimoniale, sempre che
rappresenti una sofferenza soggettiva in sé considerata e non una componente di un più
complesso pregiudizio non patrimoniale.
Ricorre il primo caso ove sia allegato il turbamento dell'animo, il dolore intimo sofferti, ad
esempio, dalla persona diffamata o lesa nella identità personale, senza lamentare
degenerazioni patologiche della sofferenza.
Ove siano dedotte siffatte conseguenze, viceversa, si rientra nell'area del danno biologico,
del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce
componente.
Con tale puntualizzazione, tuttavia, la Corte, non sembra, a parere dello scrivente, aver
voluto escludere la possibilità di valutare autonomamente questo pregiudizio, ogniqualvolta il
danno morale coesista con il danno biologico.
Viceversa, ha inteso precludere l’autonoma risarcibilità del danno morale soltanto quando
tale pregiudizio interiore sia degenerato in una sofferenza psichica medicalmente
considerata in sede di accertamento e liquidazione del danno biologico, in linea con il
risalente insegnamento della Corte Costituzionale espresso nella sentenza del 27 ottobre
1994, n. 372.
A sostegno di tale soluzione militano almeno due passaggi della citata sentenza.
In primo luogo, si consideri come la Suprema Corte non abbia affatto imposto, come unico
corretto criterio di liquidazione, di considerare il danno da sofferenza compreso nell'ambito
del danno biologico.
La sentenza, infatti, in ogni sua parte, sottolinea l'esigenza che il pregiudizio venga
interamente ristorato, mirando esclusivamente ad evitare le indebite duplicazioni risarcitorie
che si verificano allorquando si abbia <<la congiunta liquidazione del danno biologico e del
danno morale nei suindicati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla
metà) del primo>>.
Quest’ultimo inciso introduce alla seconda argomentazione asseverativa della tesi
propugnata.
Per comprenderne la portata, infatti, è necessario leggere tale inciso in stretta correlazione
con il passaggio in cui i giudici di legittimità chiariscono che cosa debba intendersi per danno
morale, ponendo l’accento sulla necessità che la sofferenza morale integrante il pregiudizio
non patrimoniale in questione non sia stato già considerato come componente del danno
biologico, ovverosia come degenerazione patologica della sofferenza.
Ove sia stato dedotto siffatto pregiudizio, cioè quando la sofferenza diventa <<malattia>>, si
rientra indubbiamente nell'area del danno biologico, con la conseguenza che se tale
sofferenza è stata già considerata e liquidata nell'ambito del danno biologico attraverso sia
l'accertamento medico-legale, sia mediante l'individuazione del valore monetario del punto,
in modo tale da considerare e ristorare il pregiudizio dalla stessa derivante, allora il
riconoscimento, quale autonoma "posta risarcitoria" del danno morale, costituisce
sicuramente una duplicazione.
Ne discende che soltanto in tali ipotesi deve escludersi l’autonoma risarcibilità del danno
morale.
Al contrario, in tutti gli altri casi nei quali l'accertamento medico legale dell'entità della lesione
psico-fisica (cioè del danno biologico tradizionalmente inteso) è effettuato considerando
soltanto in modo marginale la sofferenza fisica e prescindendo del tutto dalla sofferenza
psichica, negare la risarcibilità del danno morale significherebbe aderire ad
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un’interpretazione che presterebbe il fianco a più che fondate censure di illegittimità
costituzionale, in quanto precluderebbe l'integrale ristoro del danno alla persona.
D’altronde, sono le stesse Sezioni Unite che, nelle fattispecie in cui la sofferenza fisica e
morale si affianca al danno biologico tradizionalmente inteso, ad indicare al giudice la
necessità di recuperare tale sofferenza nella liquidazione del danno, affermando che << il
giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, dovrà procedere ad un’adeguata
personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva
consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al
ristoro del danno nella sua interezza>>.
Ciò potrà avvenire attraverso diversi sistemi: aumentando il valore del punto-base; oppure
attraverso un aumento percentuale dell'importo liquidato a titolo di danno biologico
(operazioni che, in pratica, realizzano il medesimo risultato); oppure anche, ove necessario,
ristorando la sofferenza mediante valutazione equitativa del tutto svincolata dall'entità
monetaria riconosciuta a titolo di danno biologico.
In altri termini, circa il richiesto danno morale, sebbene sia vero che esso, secondo il
riportato insegnamento delle Sezioni Unite, cui questo Giudice ritiene di dovere prestare
adesione in ragione dell'autorevolezza del precedente e per il rispetto della funzione di
nomofilachia della Suprema Corte, non rappresenti un'autonoma categoria di danno, ma
semplicemente descrive un aspetto del danno non patrimoniale, e che pertanto non possa
essere liquidato automaticamente e necessariamente in ogni ipotesi di lesione
civilisticamente rilevante, dovendo invece essere provato ed oggetto di un autonomo
accertamento, è altrettanto vero che detta prova, secondo le stesse Sezioni Unite, può
essere fornita anche per presunzioni.
D'altronde, è la stessa Suprema Corte che, successivamente alla pronuncia delle Sezioni
Unite sopra indicata, ha ribadito la "autonomia ontologica del danno morale", autonomia che
"deve essere considerata in relazione alla diversità del bene protetto, che attiene alla sfera
della dignità morale delle persone" e "pure attiene ad un diritto inviolabile della persona"
(Cass. n. 29191/2008; cfr. anche Cass. n. 379/2009, Cass. n. 557/2009 e Cass. n.
11059/2009); e ciò ha fatto pure il Legislatore, che recentissimamente ha parlato expressis
verbis di danno morale come autonoma categoria di danno non patrimoniale (cfr. DPR n. 37
del 3/3/2009).
In definitiva, il Supremo consesso, con il citato dictum ha inteso non disconoscere totalmente
la figura del danno morale, ma, viceversa, bandire ogni prassi di automaticità nel
riconoscimento del cd. danno morale soggettivo hic et nunc meramente parametrato al
danno biologico, perché produttivo di duplicazioni risarcitorie, che si traducono, in ultima
analisi, in una iniusta locupletatio del danneggiato, richiedendo comunque che la domanda
risarcitoria, volta al ristoro della sofferenza soggettiva, nella misura in cui essa travalichi il
quantum riconosciuto sulla base delle note tabelle per la lesione all’integrità psicofisica, sia
supportata da un’attività almeno di allegazione e asseverativa dei fatti su cui fondare il
ricorso al metodo presuntivo.
Analoghe considerazioni possono essere formulate anche con riferimento al pregiudizio
esistenziale.
In merito, valga osservare che con riferimento a tale danno, definitivamente cestinato dalla
Cassazione quale categoria autonoma di danno, non pare dubbio che esso sopravviva
tacitamente alla sua eliminazione, quale modalità di determinazione in concreto dei
pregiudizi di tipo non patrimoniale patiti dal soggetto leso; il che significa che non esiste più
una categoria autonoma di danno, qualificabile come "esistenziale", ma che oggi il danno
non patrimoniale è risarcibile nella sua più ampia accezione, e cioè in tutte le sue
sfaccettature, compreso il pregiudizio consistente nel non poter più fare come prima.
E' la stessa Cassazione, affermando che "..la figura del danno esistenziale era stata
proposta con l’intento di supplire ad un vuoto di tutela, che ormai più non sussiste.. " a
chiarire che i pregiudizi di natura esistenziale continuano ad essere meritevoli di
apprezzamento nella quantificazione del danno non patrimoniale. Anche per questi, tuttavia,
deve operarsi una liquidazione unitaria, insieme al danno medico oggettivo, semprechè il
danno relazionale trovi, prima di tutto, un riscontro nelle allegazioni di parte nonché un
adeguato supporto probatorio, in modo tale da poter rientrare nella complessiva valutazione
del danno non patrimoniale attraverso l'aumento del valore standard del danno biologico
previsto nella prescelta tabella.
In questa rinnovata ottica, volta a coordinare il criterio tabellare proprio della liquidazione del
danno biologico oggettivo o puro con la risarcibilità degli altri pregiudizi non patrimoniali in
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una prospettiva incentrata prevalentemente sull’onere probatorio gravante sull’istante, nel
caso di specie, non può riconoscersi all’attore un risarcimento ulteriore rispetto alla somma
già attribuitagli a titolo di danno biologico, al fine di ristorare sia la sofferenza dallo stesso
subita in conseguenza del sinistro, sia l’asserito pregiudizio c.d. <<esistenziale>>.
Militano, infatti, a supporto di tale conclusione diverse argomentazioni:
In primo luogo, nel caso di specie, non appare possibile presumere una sofferenza morale
connessa al dolore patito per l’accertata lesione che non sia già stata ricompresa
nell’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, poiché dalle
conclusioni a cui è pervenuto il CTU con riferimento sia ai postumi permanenti residuati dal
sinistro, sia alla natura delle lesioni riportate, si rileva un quadro patologico attuale di lieve
entità e con un giudizio prognostico non evolutivo in senso peggiorativo
In secondo luogo, con la personalizzazione del punto d’invalidità riconosciuta al Tiziox di
sopra operata si è già tenuto conto della maggiore penosità che il subito pregiudizio
all’integrità fisica ha determinato prevalentemente sul versante estetico e sulla necessità di
sottoporsi in futuro ad ulteriori interventi odontoiatrici.
Infine, l’istante non ha né allegato né provato che il pregiudizio fisico subito abbia alterato le
sue abitudini di vita e i pregressi assetti relazionali inducendolo a scelte di vita diverse da
quelle che avrebbe compiuto se non si fosse verificato il fatto dannoso, tali da arrecargli un
ulteriore dolore rispetto a quello implicito in ogni forma di menomazione fisica e, come tale,
già considerato ai fini della liquidazione del danno biologico, anche in ragione dell’operata
personalizzazione. (Cassazione civile , sez. III, 08 giugno 2007, n. 13391)
In altri termini, parte attrice non ha allegato, come era suo onere fare, alcun elemento in
forza del quale, - anche avvalendosi del ragionamento per presunzioni ex art. 2729 –, sia
consentito ritenere, nella concreta fattispecie, comprovato, in considerazione delle modalità
di verificazione del sinistro, della tipologia delle lesioni subite, dell’età dell’ infortunato al
momento del sinistro, che al medesimo debba liquidarsi, ad integrale ristoro del patito danno
non patrimoniale, una somma decisamente ulteriore rispetto a quella ricavabile dalle
mentovate tabelle, come concretamente applicate in ragione anche della sofferenza subita a
causa dei postumi derivategli dall’accertato sinistro di cui si è tenuto conto ai fini della
personalizzazione del risarcimento.
Parimenti, nulla può essere riconosciuto all’attore a titolo di risarcimento per <<l’invalidità
temporanea futura>> che dovrà subire in ragione degli interventi odontoiatrici a cui si
sottoporrà nell’arco della sua vita per la sostituzione delle protesi dentarie.
Sul punto, si evidenzia che il pregiudizio alla integrità fisica in questione normalmente ristora
un danno già verificatosi nella sfera personale del danneggiato, dal momento che la
proiezione futura della lesione subita, di regola, costituisce una componente che concorre a
determinare il c.d. danno biologico permanente, cioè il punto di invalidità tabellarmente
riconosciuto.
Invero, costituisce ius receptum che nella valutazione del danno alla salute, devono essere
tenute distinte l’invalidità permanente - cioè la stabile limitazione della piena esplicazione
delle proprie attitudini di vita che dopo la guarigione residua alla persona in conseguenza di
una altresì stabile menomazione della sua integrità - e l’invalidità temporanea, vale a dire la
temporanea più o meno completa impossibilità di esplicare taluni aspetti di quelle attitudini
nel periodo che precede la guarigione. (cfr. Cass., sez. III, 22-03-2001, n. 4112)
A riprova di ciò occorre tener presente che, come già considerato nell’odierna fattispecie, la
necessità che il danneggiato si sottoponga in futuro ad ulteriori interventi medicospecialistici, costituisce uno dei parametri a cui è ancorata la c.d. personalizzazione del
danno biologico. Pertanto, riconoscere anche la voce di danno richiesta dagli attori
significherebbe determinare un’indebita locupletazione della sua liquidazione.
In ogni caso, essendo domandato un danno destinato a manifestarsi nella sfera giuridica del
danneggiato successivamente alla definizione del giudizio, per la sua risarcibilità è
necessario un elevato grado di probabilità che esso si verifichi in base ad un criterio di
regolarità ("id quod plerumque accidit"), non configurando tale danno un pregiudizio in re
ipsa, ma dovendo, viceversa, essere provato sulla base di valutazioni prognostiche o di
presunzioni, semprechè vengano forniti elementi obiettivi idonei a far ritenere possibile il
suo effettivo manifestarsi. (cfr. Cassazione civile , sez. III, 27 luglio 2005, n. 15676)
Alla luce delle superiori considerazioni, tenuto presente che le cure medico-specialistiche
che, a dire dell’istante, potrebbero determinare un periodo di sua invalidità temporanea,
consistono in interventi di sostituzioni delle applicate protesi dentari, e quindi in interventi di
routine con un livello blando di invasività, deve escludersi che il lamentato futuro pregiudizio,
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allo stato, possa ritenersi di probabile verificazione.
In ogni caso, non sono stati acquisiti al giudizio elementi valutativi tali da indurre a
configurare il lamentato probabile pregiudizio futuro in un rapporto di diretta derivazione
eziologica con l’accertato sinistro, non potendosi escludere l’intervento di altri fattori causali
imprevedibili, - quali ad esempio errori medici ovvero impreviste reazioni organiche-, tali da
assumere un’assorbente rilevanza nella determinazione della futura ed eventuale invalidità
temporanea.
III) Danno Patrimoniale subito da Mx Tiziox.
Sicuramente deve riconoscersi a favore dell’istante il risarcimento per le spese mediche,
presenti e future, nella misura accertata dal CTU, che il Tiziox ha affrontato ed affronterà per
le cure specialistiche a cui si è sottoposto e a cui dovrà sottoporsi.
Va, infatti, riconosciuto il danno patrimoniale consistente nelle cure odontoiatriche a
sostenersi per l’esecuzione dei necessari trattamenti riparativi, da rinnovarsi nel corso del
tempo, atteso che, in campo odontoiatrico, la determinazione dell'invalidità permanente
secondo gli ordinari criteri tabellari non appare congrua per la valutazione del danno,
considerata la possibilità di trattamenti conservativi e protesici; sicché, rispetto alla lesione
che ha prodotto la diminuzione del valore personale, il risarcimento deve essere
commisurato in ragione anche del danno patrimoniale connesso ai costi dei suddetti
interventi futuri.
Il danneggiato ha, infatti, diritto di recuperare l’integrità preesistente all'evento lesivo, in
modo tale che non può essergli negato il diritto al rimborso di tutte quelle spese sostenute
e/o da sostenersi per le cure volte alla guarigione, indispensabili per porre rimedio al danno
biologico, inteso come lesione alla preesistente integrità fisica.
Il CTU ha quantificato, con una valutazione che per le su esposte ragioni, si condivide
pienamente, tale voce risarcitoria nella complessiva somma di € 800,00, di cui € 200,00 per
l’intervento già subito ed € 600, 00 per gli interventi futuri che il Tiziox dovrà affrontare.
Considerato che tale valutazione è stata compiuta al momento dell’ultimazione
dell’accertamento peritale, la somma attribuita deve essere rivalutata all’attualità, e quindi
all’attore deve essere riconosciuto l’importo di € 837,00 (+ 4,74 indice Istat Foi).
Non possono riconoscersi all’attore le altre somme richieste per spese <<passate>>
sostenute e spese future da sostenere.
In ordine alle prime, non è dato rinvenire in atti alcun riscontro documentale circa il loro
effettivo esborso, e quindi deve trovare applicazione il canone probatorio secondo cui, nel
caso di lesione della salute, il danno patrimoniale costituito dalle erogazioni per le spese
mediche non può essere liquidato dal giudice in assenza di adeguata documentazione degli
esborsi sostenuti, nè, in assenza della suddetta documentazione, può essere utilmente
invocato il disposto di cui all'art. 1226 c.c. (cfr. Cassazione civile , sez. lav., 23 febbraio
2000, n. 2037).
In ordine alle seconde, invece, nulla è stato allegato e provato circa la necessità dell’attore di
dover affrontare spese ulteriori rispetto a quelle già riconosciutegli a titolo di spese mediche
future.
Ugualmente, le emergenze processuali e l’attività istruttoria svolta non inducono a ritenere
che l’attore abbia subito, in conseguenza del sinistro per cui è causa, né una riduzione della
sua capacità lavorativa specifica, né una contrazione del suo reddito lavorativo verificatosi
nel periodo di invalidità temporanea.
Più precisamente, nulla va riconosciuto a titolo di danno da incapacità lavorativa specifica,
essendosi in presenza di mere “micropermamenti” (5 %), che secondo la giurisprudenza non
danno vita ad una situazione tale da compromettere la specifica capacità di lavoro del
soggetto, a meno che non venga fornita una prova concreta di tale danno, prova nella specie
non fornita (cfr. ad esempio Cass. 12757/00, Cass. 12241/98 e Cass. 8769/98).
Del resto, si è già visto che il CTU ha accertato che i postumi permanenti subiti dal Tiziox
hanno inciso prevalentemente sotto il profilo estetico, laddove è noto che le ripercussioni
negative di tale tipo di pregiudizio sull’attività lavorativa già svolta ovvero su un'attività futura,
precludendola o rendendola di più difficile conseguimento, in relazione all'età, al sesso del
danneggiato e ad ogni altra utile circostanza particolare, può dare luogo ad un danno
patrimoniale risarcibile purché venga fornita una prova rigorosa di una concreta contrazione
della possibilità di accrescere il proprio reddito futuro conseguente alle menomazioni subite
.(cfr. Cassazione civile , sez. III, 08 giugno 2007, n. 13391)
Ad analoga conclusione deve pervenirsi relativamente al risarcimento del danno
patrimoniale da invalidità temporanea, in quanto l’attore alcuna prova ha fornito in proposito,
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laddove, secondo l'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte (Cass. 2070/02 e
Cass. 10015/96), “il danno patrimoniale per invalidità temporanea non è dovuto se la lesione
conseguente all'evento dannoso non ha prodotto una contrazione del reddito del
danneggiato e, quindi, tale danno potrà essere liquidato solo nel caso in cui il danneggiato
abbia fornito la prova della sua attività lavorativa”.
L’attore, infatti, si è limitato a produrre esclusivamente il suo statino paga, mentre avrebbe
dovuto dimostrare la contrazione, nel periodo d’invalidità, del suo reddito lavorativo ovvero,
soprattutto, la perdita di favorevoli occasioni di guadagno.
Deve,viceversa, riconoscersi all’attore il risarcimento del danno subito dall’auto (Zzz Nnn) di
sua proprietà, la quale in conseguenza del sinistro è stata gravemente danneggiata tanto da
risultare inutilizzabile e non più riparabile.
Trattasi di un’auto immatricolata nell’anno 1991 che, al momento del sinistro, come attestato
dal perito della compagnia assicurativa, versava in ottime condizioni (vedi perizia allegata
alla produzione attorea)..
Come risulta dal listino Eurotax allegato alla produzione di parte attrice, tale veicolo,
all’epoca, aveva un valore di £. 10.200.000 a cui, tuttavia, deve aggiungersi, come stimato
dallo stesso perito assicurativo, la somma di € £ 2.040.000, stante le sue ottime condizioni,
sicché, in ragione di tale ultima considerazione, può ritenersi equo stimare il valore di
mercato dell’autovettura al momento del sinistro nell’importo di £ 12.240.000 (€ 6321,00), cui
deve aggiungersi la somma di € 735,95 per il cd. FRAM, le spese cioè necessarie a
permettere l’acquisto di un nuovo veicolo, in conseguenza della necessità di rottamare
quello danneggiato.
La somma in questione, pari a €. 7.057,38, deve poi essere rivalutata all’attualità, risultando
quindi pari a € 10.177,00 (indice Istat 1,44).
A titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, dunque, i convenuti
devono a corrispondere all’attore Mx Tiziox la somma complessiva di € 17.442,34 (€
6428,34+€ 837,00+€10.177,00).
Va però tenuto conto del pagamento della provvisionale di euro 6.053,04 in favore dell’attore
ad opera della KKKK Ass.ni S.p.a. (vedi ordinanza del 2.1.2008) la quale incide sull’effettivo
ammontare del danno.
Rileva preliminarmente questo giudice, condividendo l’orientamento della giurisprudenza di
legittimità, che si è ripetutamente pronunciata sul punto (Cass. civ., sez. III, sent. n. 12725
del 30/05/2007; conf.: Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 6022 del 16-04-2003; Cassazione
Civile, sez. III, sent. n. 2352 08-03-1988) che non è imputabile agli interessi il versamento
della provvisionale effettuato nel corso del processo a favore del danneggiato per il danno
biologico derivatogli dall'illecito da circolazione stradale. È infatti inapplicabile l'art. 1194 c.c.,
che presuppone l'esistenza di un debito pecuniario già certo ed esigibile in ordine al quale
imputare l'acconto secondo i criteri di quella norma . Nel caso di specie il debito di valore
determinato dall'illecito da circolazione e riconducibile primariamente al chiesto danno
biologico, non è valutabile sino al tempo della liquidazione del danno ovvero al tempo della
sua identificazione, come danno biologico, in base ad un punteggio di invalidità che ne
consenta la valutazione in equivalente pecuniario (cfr. anche tra le tante, Cass. 23 luglio
2003 n. 11450 e 3 maggio 2004 n. 8333). Ne consegue che la norma del 1194 c.c. non è
applicabile alla fattispecie.
Pertanto, ai fini della determinazione del risarcimento ancora spettante al Tiziox è
necessario fare applicazione dei principi da ultimo sanciti dalla Corte di Cassazione nella
sentenza del15 luglio 2009, n. 16448, a mente dei quali, ove nel corso del giudizio
risarcitorio per illecito aquiliano, il debitore adempia parzialmente la propria obbligazione, il
giudice, al fine di stabilire l'eventuale debito residuo ed il suo ammontare, deve procedere
alla comparazione fra valori resi omogenei in termini di valore reale secondo uno dei
seguenti procedimenti:
a) esprimere in moneta attuale tutti i valori, rivalutando dall'epoca del fatto la somma
equivalente all'entità del danno e dall'epoca del versamento quella corrisposta in
acconto;
b) ridurre l'acconto al minor valore che, in termini di espressione monetaria, avrebbe avuto
all'epoca del fatto produttivo del danno, rivalutando poi la differenza tra le due somme da
comparare;
c) rivalutare l'importo originariamente equivalente al danno sino all'epoca dell'acconto,
raffrontare i valori a quella data e rivalutare la differenza da tale data all'attualità;
d) rapportare il valore monetario di acconto e danno ad una data intermedia e quindi
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effettuare il calcolo tra il dare e l'avere.
Ciò premesso circa il criterio di imputazione della provvisionale, occorre, pertanto, detrarre
dal danno come sopra liquidato l’importo della provvisionale, posto a carico di tutti i
convenuti, ma pagato dalla sola KKKK S.p.a. ( cfr. sul punto attestazione del difensore degli
attori riportate nella comparsa conclusionale ), utilizzando il criterio indicato sub c), essendo,
a parere dello scrivente, quello che meglio assicura la comparazione tra valori monetari
omogenei.
È necessario, quindi, devalutare l’importo del danno, come sopra fissato, alla data in cui è
intervenuto il pagamento della provvisionale ( non risultando la data del pagamento, lo
stesso può presumersi sia avvenuto in data prossima alla emanazione dell’ordinanza , ossia
gennaio 2008), sottrarre l’importo della provvisionale e quindi procedere all’ulteriore
rivalutazione del residuo.
Il calcolo è quindi il seguente: € 17.442,34 devalutati alla data del fatto ( 14/07/1994) = €.
12.095,61 (indice di devalutazione – 30,6537%), che rivalutati al gennaio 2008 (data di
pagamento della provvisionale) ammontano ad €. 16.831,22(+ 39,15 istat) ; da tale cifra
deve detrarsi l’importo di € 6.053,04 così che il residuo ammonta ad € 10.778.18, che
ulteriormente rivalutato risulta oggi pari ad €. 11.169,52(+ 3.63 istat).
In definitiva, Px Caiox e la KKKK ass.ni S.p.a. devono essere condannati, in solido, a
corrispondere a Mx Tiziox la somma di € 11.169,52
Dal momento che tale somma è stata espressa in valori attuali, quanto agli interessi va
richiamato l’orientamento assunto dalla Suprema Corte che con una decisione a Sezioni
Unite (cfr Cass. 1712/1995, più di recente Cass. 10291/2001), ha posto fine ad un contrasto
da tempo esistente in ordine alle modalità di calcolo di tali accessori nell’ipotesi di pronuncia
risarcitoria da illecito.
Si è statuito, infatti, che in tema di risarcimento del danno da illecito extracontrattuale, se la
liquidazione viene effettuata con riferimento al valore del bene perduto dal danneggiato
all’epoca del fatto illecito, espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione
monetaria intervenuta fino alla data della decisione definitiva, è dovuto anche il danno da
ritardo e, cioè, il lucro cessante provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma,
che deve essere provato dal creditore.
Tuttavia, tale prova può essere data e riconosciuta dal Giudice secondo criteri presuntivi ed
equitativi e, quindi, anche mediante l’attribuzione degli interessi ad un tasso stabilito
valutando tutte le circostanze oggettive e soggettive inerenti alla prova del pregiudizio subito
per il mancato godimento del bene o del suo equivalente in denaro.
Se, quindi, il Giudice adotta, come criterio di risarcimento del danno da ritardato
adempimento, quello degli interessi, fissandone il tasso, mentre è escluso che questi ultimi
possano essere calcolati alla data dell’illecito sulla somma liquidata per il capitale, rivalutata
definitivamente, è consentito, invece, effettuare il calcolo con riferimento ai singoli momenti
(da determinarsi in concreto secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma
equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente in base agli indice prescelti di
rivalutazione monetaria ovvero ad un indice medio.
Appare opportuno adottare, - in ragione del notevole lasso di tempo intercorso tra il
verificarsi del sinistro e la liquidazione monetaria del pregiudizio subito-, come criterio di
risarcimento del pregiudizio da ritardato conseguimento della somma dovuta, quello degli
interessi nella misura equitativamente stabilita del 4%.
In conseguenza di ciò, a titolo di risarcimento per il c.d. danno da ritardo, il convenuto Caiox,
in solido con la costituita S.p.a. La KKKK Ass.ni, vanno condannati al pagamento degli
interessi compensativi al tasso del 4% sulla somma originaria non rivalutata di € 12.095,61,
dalla data del fatto ( 14 luglio 1994) sino al gennaio 2008 (data di pagamento della
provvisionale, e successivamente sulla somma di € 10.778.18, sino alla data di
pubblicazione della presente sentenza, previa rivalutazione annua delle dette cifre secondo
indici gli indici ISTAT.
Dal momento della pronunzia della presente sentenza e sino all’effettivo soddisfo, infine, con
la trasformazione dell’obbligazione di valore in debito di valuta, dovranno essere corrisposti,
sulla somma totale di € 11.169,52, gli ulteriori interessi al tasso legale, ex art. 1282 cod. civ.
(cfr., in tal senso, Cass., 3 dicembre 1999 n. 13470; Cass., 21 aprile 1998 n. 4030)
IV) Il danno non patrimoniale subito da Rx Meviox.
Passando alla quantificazione del danno non patrimoniale subito dall’altra attrice, Rx Meviox,
ed iniziando dal danno alla salute, il nominato esperto ha accertato che, in conseguenza del
sinistro avvenuto il 14.7.1994, quest’ultima ha riportato <<un trauma cranico con piccolo
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esito cicatriziale del labbro superiore e sublussazione degli elementi dentari 31,32,41,42>>.
Inoltre, il CTU ha individuato i postumi permanenti residuati dall’accertato sinistro in una
sintomatologia dolorosa che si manifesta con ricorrenti episodi di cefalea nonché nella
sublussazione degli indicati elementi dentari con la loro conseguente estrazione ed
applicazione di una protesi fissa di otto elementi. Infine, ha accertato la presenza di una
piccola cicatrice al labbro superiore.
Tali postumi sono stati stimati nella misura del 6% di invalidità permanente, secondo una
valutazione che lo scrivente ritiene, - in ragione dell’età dell’attrice al momento del sinistro
(anni 32), delle modalità del sinistro e del periodo di recupero affrontato, di dover
condividere.
Dalla documentazione medica è, poi, possibile determinare in 7 giorni il periodo di invalidità
temporanea totale, mentre quella temporanea parziale è stata valutata secondo una
percentuale del 50% protrattasi per ulteriori 7 giorni.
Tali conclusioni sono meritevoli di piena condivisione, potendosi al riguardo richiamare il
granitico indirizzo della corte di nomofilachia (Cass., n. 14638 del 2 luglio 2004), secondo cui
il giudice di merito che riconosce convincenti le conclusioni del consulente tecnico non é
tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni che lo inducono a fare propri gli argomenti
dell'ausiliare se dalla indicazione della consulenza tecnica possa desumersi che le contrarie
deduzioni delle parti siano state rigettate, dato che in tal caso l'obbligo della motivazione è
assolto con l'indicazione della fonte dell'apprezzamento espresso.
Nella vicenda in esame, in assenza di puntuali e specifiche contestazioni in ordine alle
valutazioni operate dal CTU, non sussistono ragionevoli motivi per discostarsi dalla stima del
pregiudizio alla salute a cui è pervenuto il nominato esperto.
Tanto premesso, facendo applicazione dei criteri tabellari di sopra indicati, è possibile
pervenire alla liquidazione del pregiudizio non patrimoniale subito dalla Meviox nei seguenti
termini monetari espressi all’attualità:
a) Danno Biologico Permanente: per ciascun punto nella tabella viene riconosciuto
l'importo di €. 1.095,52 debitamente abbattuto col coefficiente di riferimento per l'età del
danneggiato (pari a 0,885).
Tale danno va liquidato nell'importo complessivo di €. 6.573,10
b) Danno biologico da invalidità temporanea assoluta: Per ciascun giorno di invalidità
temporanea assoluta va liquidato (sulla base dei criteri stabiliti uniformemente dalla tabella
prescelta) un importo di €. 42,48.
Il danneggiato ha subito un’invalidità temporanea assoluta di giorni 7 che va liquidata in €.
297,36.
c) Danno biologico da invalidità temporanea parziale: Per la invalidità temporanea
parziale la liquidazione della diaria avviene in misura proporzionale alla percentuale di
invalidità riconosciuta per ciascun giorno.
La invalidità temporanea parziale di giorni 7 al 50% va liquidata in €. 148,68.
A titolo di danno biologico per invalidità temporanea (I.T.A. e I.T.P.) spetta al danneggiato
l'importo complessivo di €. 446,04.
In totale, a titolo di danno biologico (sia per la permanente (I.P.) che per la temporanea
(I.T.)), va liquidato l'importo complessivo di €. 7.019,614.
Poiché l'evento lesivo è precedente alla data in cui è stata redatta la tabella utilizzata, il
suddetto importo, come anticipato, è stato espresso in valori monetari attuali e, pertanto, trattandosi di debito di valore derivante da illecito civile-, è comprensivo della rivalutazione
monetaria spettante al danneggiato dal momento di verificazione del sinistro alla data di
pubblicazione della presente sentenza.
Tuttavia, si ritiene, per le medesime ragioni esposte con riguardo all’altro attore, che
l’importo così determinato sulla base del prescelto criterio tabellare debba essere
personalizzato, in considerazione non solo dell'entità delle lesioni sofferte dal danneggiato e
del grado di invalidità derivante da dette infermità, ma anche e soprattutto della entità delle
cure mediche a cui l’attrice si è dovuta sottoporre ed alle quali dovrà sottoporsi per
preservare il suo aspetto estetico nonché una corretta masticazione, cure che sicuramente
comporteranno un aumento della <<sofferenza>> subita a causa del sinistro che non può
non essere considerata, stante i dicta giurisprudenziali di sopra riportati, ai fini della
liquidazione del danno non patrimoniale arrecato dall’incidente occorsole.
Si ritiene, quindi, equo liquidare la personalizzazione del danno non patrimoniale derivante
da tale ulteriore pregiudizio nella misura di 1/3 del danno tabellare per un importo pari a €.
2.339,71.
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In definitiva, il danno non patrimoniale subito dall’attrice Meviox deve essere liquidato
nell’importo complessivo di € 9.358,85.
Le medesime ragioni di ordine sistematico che hanno indotto ad escludere il risarcimento a
favore del Tiziox degli ulteriori pregiudizi non patrimoniali pure invocati dagli istanti,
comportano una analoga soluzione anche con riferimento alla posizione dell’Meviox.
V) il Danno patrimoniale subito da Rx Meviox.
All’attrice vanno sicuramente riconosciute le somme corrispondenti alle spese mediche
sostenute e che dovrà sostenere per le cure odontoiatriche indicate dal CTU.
Il nominato esperto ha quantificato tali importi nella complessiva somma di € 15.000,00 che
espressa in valori monetari attuali è pari ad € 21.630,59 (+44, 20 Istat).
Infine, in assenza dei necessari riscontri probatori ed in applicazione degli orientamenti
giurisprudenziali richiamati allorquando sono state esaminate le pretese risarcitorie formulate
dall’attore Tiziox, non può essere riconosciuto all’Meviox il ristoro delle ulteriori voci di danno
reclamate e precisate nella comparsa conclusionale.
In definitiva, il danno patrimoniale e non patrimoniale subito da Rx Meviox a causa
dell’accertato sinistro ammonta alla complessiva somma di € 30.989,44 all’attualità.
Va però tenuto conto del pagamento della provvisionale di euro 11.785,22 in favore
dell’attrice ad opera della KKKK Ass.ni S.p.a. (vedi ordinanza del 2.1.2008) la quale incide
sull’effettivo ammontare del danno.
In applicazione dei criteri di sopra indicati, occorre, quindi, devalutare l’importo del danno
come sopra fissato, alla data in cui è intervenuto il pagamento della provvisionale ( non
risultando la data del pagamento, lo stesso può presumersi sia avvenuto in data prossima
alla emanazione dell’ordinanza , ossia gennaio 2008), sottrarre l’importo della provvisionale
e quindi procedere all’ulteriore rivalutazione del residuo.
Il calcolo è quindi il seguente: € 30.989,44 devalutati alla data del fatto ( 14/07/1994) = €.
21.490,02 (indice di devalutazione – 30,6537%), che rivalutati al gennaio 2008 (data di
pagamento della provvisionale) ammontano ad €. 29.903,68 (+ 39,15 istat) ; da tale cifra
deve detrarsi l’importo di € 11.785,22 così che il residuo ammonta ad € 18.118,46 che
ulteriormente rivalutato risulta oggi pari ad €. 18.776,32 (+ 3.63 istat).
Pertanto, Px Caiox e la KKKK ass.ni S.p.a. devono essere condannati, in solido, a
corrispondere a Mx Tiziox la somma di € 18.776,32.
Inoltre , a titolo di risarcimento per il c.d. danno da ritardo, il convenuto Caiox, in solido con
la costituita S.p.a. La Nuova KKKK Ass.ni, vanno condannati al pagamento degli interessi
compensativi al tasso del 4% sulla somma originaria non rivalutata di € 21.490,02, dalla data
del fatto ( 14 luglio 1994) sino al gennaio 2008 (data di pagamento della provvisionale, e
successivamente sulla somma di € 18.118,46, sino alla data di pubblicazione della presente
sentenza, previa rivalutazione annua delle dette cifre secondo indici gli indici ISTAT.
Dal momento della pronunzia della presente sentenza e sino all’effettivo soddisfo, infine, con
la trasformazione dell’obbligazione di valore in debito di valuta, dovranno essere corrisposti,
sulla somma totale di € 18.776,32 gli ulteriori interessi al tasso legale, ex art. 1282 cod. civ.
(cfr., in tal senso, Cass., 3 dicembre 1999 n. 13470; Cass., 21 aprile 1998 n. 4030)
VII) Il Danno non patrimoniale patito da Fx Tiziox
Nel sinistro de quo ha riportato lesioni personali anche la minore Fx Tiziox, come attestato
dai due certificati medici versati in atti dai quali si evince che tali lesioni sono consistite in
contusioni alla mano sinistra e alla gamba destra, guarite nell’arco temporale di 22 giorni.
Per tale periodo, stante la lieve entità del pregiudizio subito nonché l’assenza di postumi
permanenti, si ritiene che possa riconoscersi all’istante, in via equitativa, una liquidazione
forfettaria parametrata su un’invalidità temporanea del 25%, senza che si rinvengano
elementi utili né per procedere alla ulteriore personalizzazione della somma attribuitale in
applicazione dei criteri tabellari prescelti, né per riconoscerle ulteriori somme riguardanti le
spese mediche, sostenute e da sostenere, in assenza di un’idonea documentazione.
Orbene, considerato che per la invalidità temporanea parziale la liquidazione della diaria
avviene in misura proporzionale alla percentuale di invalidità riconosciuta per ciascun giorno,
l’ invalidità temporanea parziale di giorni 22 al 25% va liquidata in €. 233,64 (25% di
42,48x22).
Inoltre, a titolo di risarcimento per il c.d. danno da ritardo, per il periodo anteriore, che va
dalla data del fatto (14/07/1994) fino alla presente pronuncia, i convenuti vanno condannati
al pagamento degli interessi compensativi al tasso del 4% (reputato equo in ragione del
tempo decorso) sulla somma di € 162,02 come devalutata all’epoca dell’incidente ( indice
Istat – 61,15), quindi, di anno in anno rivalutata fino ad oggi secondo gli indici ISTAT FOI.
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Dal momento della pronunzia della presente sentenza e sino all’effettivo soddisfo, infine, con
la trasformazione dell’obbligazione di valore in debito di valuta, dovranno essere corrisposti,
sulla somma interamente rivalutata (€ 233,64) all’attualità, gli ulteriori interessi al tasso
legale, ex art. 1282 cod. civ. (cfr., in tal senso, Cass., 3 dicembre 1999 n. 13470; Cass., 21
aprile 1998 n. 4030)
E) L’OMESSO USO DEI DISPOSITIVI DI SICUREZZA.
Le somme così liquidate a tutti gli istanti non sono suscettibili di alcuna riduzione non avendo
trovato alcun riscontro la tesi, sostenuta dalla convenuta compagnia soltanto nella comparsa
conclusionale, secondo cui una parte dei pregiudizi subiti dagli attori sarebbe imputabile alla
colposa omissione da loro commessa, non indossando, al momento del sinistro, le prescritte
cinture di sicurezza.
In limine, va puntualizzato che, a differenza di quanto sostenuto dagli attori, con specifico
riferimento alla disciplina dei sinistri connessi alla circolazione stradale, la giurisprudenza sia
di merito che di legittimità, ( cfr. da ultimo Cassazione civile 11 marzo 2004 n. 4993 in tema
di mancato uso delle cinture di sicurezza) ha avuto modo di affermare che il mancato utilizzo
delle prescritte misure precauzionali da parte del danneggiato ( caso, ovvero cintura di
sicurezza) rappresenta un elemento in grado di influire sulla determinazione del quantum
risarcibile, in ragione proprio del citato art. 1227 comma 1 c.c., la cui applicazione può
avvenire anche d’ufficio da parte del giudice, a differenza da quanto invece è previsto per la
diversa ipotesi di cui al secondo comma della menzionata norma.
Pertanto, la corrispondente questione non è soggetta ai limiti preclusivi previsti per sollevare
le eccezioni di merito non rilevabili d’ufficio.
Sennonché, nel caso di specie, il dedotto concorso di colpa per omesso uso delle cinture di
sicurezza da parte delle vittime non è avvalorato dalle acquisite risultanze processuali.
E' ormai unanime, in giurisprudenza, l'orientamento secondo cui l'omesso uso delle cinture
di sicurezza, a seconda dell'efficienza causale che ha avuto nella produzione delle lesioni,
escluda in toto il diritto al risarcimento (Trib. Crema, 08-07-1997, in Resp. civ., 1998, 185,
nonché, per uno spunto in tal senso, Cass. pen., sez. IV, 27-10-1992, imp. Socchi, in Arch.
circolaz., 1993, 537), ovvero riduca il diritto al risarcimento in misura corrispondente
all'apporto da esso fornito al verificarsi dell'evento dannoso (Trib. Roma, 18-03-1997, ivi,
1997, 338; Trib. Como, 09-01-1995, ivi, 1995, 536; Trib. Massa Carrara, 21-07-1991, in
Arch. circolaz., 1992, 926; Pret. Milano, 23-01-1991, imp. Perretti, in Foro it., 1991, II, 258,
nonché in Arch. circolaz., 1991, 397).
Ciò tuttavia a condizione che, per un verso, chi invoca l'omesso uso delle cinture dia
concreta prova di tale circostanza e, per altro verso, che l'uso corretto delle cinture, se
adottato, avrebbe con elevata credibilità razionale evitato o ridotto il danno.
Nel caso di specie, nessuna di tali circostanze è stata provata.
Infatti, in primo luogo, non sono stati acquisiti elementi certi dai quali desumere l'omesso uso
delle cinture.
In secondo luogo, deve ritenersi (ex art. 2727 c.c.), in considerazione della violenza
devastante dell'urto, che ben difficilmente l'uso delle cinture avrebbe evitato o attenuato le
conseguenze dell’evento lesivo.
F) LE SPESE SOSTENUTE NELLA FASE STRAGIUDIZIALE
Gli attori hanno domandato anche il ristoro di tale posta risarcitoria invocando l’orientamento
giurisprudenziale in forza del quale, in tema di assicurazione obbligatoria per la
responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, nella
speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con
legge n. 990 del 1969 e sue successive modificazioni, il danneggiato ha facoltà, in ragione
del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia
e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle
relative spese legali; se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il
richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all'instaurazione del
giudizio divengono una componente del danno da liquidare e, come tali devono essere
chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali (Cass., Sez. 3, 2.2.2006, n.
2275).
Occorre, tuttavia, considerare che la Suprema Corte ha anche chiarito che le spese
corrisposte al proprio legale in relazione ad attività stragiudiziale seguita da attività giudiziale
devono formare oggetto di liquidazione con la nota di cui all'art. 75 disp. att. c.p.c., se trovino
adeguato compenso nella tariffa per le prestazioni giudiziali, mentre nel caso contrario
possono costituire oggetto di domanda di risarcimento del danno, purché siano necessarie e
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giustificate, come si desume dal potere del giudice (art. 92 c.p.c.) di escludere le spese
eccessive e superflue, applicabile anche per la liquidazione del danno in parola (Cassazione
civile , sez. III, 12 luglio 2005, n. 14594; Cass. 6.9.1999, n. 9400).
Tanto premesso, nel caso di specie, sicuramente non appaiono giustificate le spese
sostenute nella fase stragiudiziale per le perizie di parte nonché per l’accesso agli uffici del
comando dei carabinieri di XXXX potendo il rapporto in questione essere acquisito anche nel
corso dell’istaurato giudizio, mediante l’esercizio del potere istruttorio d’ufficio riconosciuto al
giudice dall’art. 213 c.p.c., con conseguente adempimento a carico della cancelleria.
Del pari, nulla può essere riconosciuto, trattandosi di attività superflua, a titolo di onorario per
la consultazione con i consulenti di parte nominati dagli attori.
Le restanti spese stragiudiziali indicate nella comparsa conclusionale si ritiene possano
trovare un’equa compensazione mediante la liquidazione delle spese di lite, in applicazione
del disposto dell’art. 2 parte IV del DM 8.4.2002 n. 127, a mente del quale <<I rimborsi ed i
compensi previsti per le prestazioni stragiudiziali sono dovuti dal cliente anche se il
professionista abbia prestato nella pratica la sua opera in giudizio, sempre che tali
prestazioni non trovino adeguato compenso nella tariffa per le prestazioni giudiziali>>.
G) LA DOMANDA DI RISARCIMENTO EX ART.96 C.P.C.
Gli attori hanno, infine, domandato, nel precisare le conclusioni, la condanna ex art. 96 c.p.c.
della convenuta compagnia assicurativa.
È noto che l'affermazione di responsabilità processuale aggravata della parte soccombente,
secondo la previsione dell'art. 96, I comma, c.p.c., postula, oltre al carattere totale e non
parziale di tale soccombenza, che l'avversario deduca e dimostri, in primo luogo, la
ricorrenza del dolo o della colpa grave eventualmente sottesi al comportamento processuale
della controparte, cioè della consapevolezza - oppure dell'ignoranza derivante dal mancato
uso di un minimo di diligenza - dell'infondatezza delle proprie tesi, ovvero del carattere
irrituale o fraudolento dei mezzi adoperati per agire o resistere in giudizio (cfr. Cass. civ.,
Sez. III, 23.5.1990, n. 4651), e, in aggiunta, la concreta ed effettiva esistenza di un danno
quale conseguenza del comportamento processuale della parte medesima, sicché il giudice
non può liquidare il danno, neppure equitativamente, se dagli atti non risultino elementi
idonei ad identificarne concretamente l'esistenza (cfr. Cass. civ., Sez. I, 4.11.2005, n. 21393
Cassazione civile , sez. II, 18 marzo 2002, n. 3941; Cassazione civile, sez. I, 9 settembre
2004, n. 18169).
Pertanto, nella presente fattispecie, tale domanda non può trovare accoglimento, in quanto,
pur prescindendo da qualsiasi valutazione circa il dolo o la colpa grave della convenuta
compagnia, la pretesa risarcitoria degli istanti è stata soltanto parzialmente accolta, non
avendo trovato fondamento numerose voci di danno analiticamente richieste da parte attrice
nella comparsa conclusionale.
Si è cioè pervenuti, per ciò che attiene al quantum, ad un parziale accoglimento della
domanda attorea di per sé preclusivo del riconoscimento della responsabilità processuale
aggravata, stante il principio secondo cui la predetta responsabilità ex art. 96 c.p.c.
<<integra una particolare forma di responsabilità processuale a carico della parte
soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, con la
conseguenza che non può farsi luogo all'applicazione di detta norma quando non sussista il
requisito della totale soccombenza per essersi verificata soccombenza reciproca>>. (cfr.
Cassazione civile , sez. II, 12 ottobre 2009, n. 21590; in senso conforme cfr.Cass. 2 marzo
2001 n. 3035)
Né, d’altronde, gli attori hanno diritto al risarcimento del danno da responsabilità processuale
aggravata, basato sul fatto che la compagnia non avrebbe tempestivamente liquidato i danni
derivanti dal sinistro oggetto di causa.
Ed invero, l’inconveniente del ritardo nella percezione dell’intero risarcimento dovuto è
sicuramente neutralizzato dalla liquidazione all’attualità dei danni e, come visto, dal
riconoscimento degli interessi “compensativi” nella misura del 4%, mentre tutte le spese di
natura difensiva e legate alla dinamica del processo saranno valutate in sede di liquidazione
delle spese di lite.
In ogni caso, non può sostenersi, come sostanzialmente asserito da parte attrice, che la
fattispecie di cui all'art. 96, comma I, c.p.c. faccia capo ad un istituto che consenta una
condanna equitativa anche nell'an debeatur.
La lite temeraria, tipizzata nel primo comma della norma in esame, non introduce una ipotesi
di danno punitivo ma, scolpisce nell'alveo del processo civile una speciale ipotesi di illecito
aquiliano: ciò vuol dire che l'istante deve provare (ex art. 2697 c.c.) gli elementi costitutivi
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dell'illecito e, in primo luogo, il nocumento.
Una piena conferma di questa lettura si trae dalla recente riforma dell'art. 96 c.p.c. (legge
69/2009).
Il Legislatore, consapevole del ristretto fascio applicativo dell'art. 96 c.p.c. e, per l'effetto, del
suo tendenziale "fallimento" operativo, con la Legge citata, ha introdotto una previsione di
nuovo conio nella volta dell'art. 96 c.p.c., e cioè: "in ogni caso, quando pronuncia sulle spese
ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte
soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente
determinata".
La nuova norma, come si rileva all'esito di una corretta interpretazione, estende l’ambito
applicativo dell'equità poiché il giudice ne può fare uso non solo nel quantum ma anche
nell'an e persino d'ufficio.
Si vuol dire che attraverso la nuova previsione, viene introdotta una fattispecie a carattere
sanzionatorio che prende le distanze dalla struttura tipica dell'illecito civile per confluire nelle
cd. condanne punitive (natura giuridica che in questi termini è confermata dai lavori
parlamentari e dalla relazione al primo disegno di Legge).
Come ha autorevolmente osservato la dottrina, una previsione del genere "assume le fogge
di una "pena privata" dal carattere inedito per il nostro ordinamento"
Orbene, proprio il raffronto tra la norma qui in applicazione (art. 96, comma I, c.p.c.) e la
norma appena entrata in vigore (dal 4 luglio 2009, art. 96, comma III, c.p.c.), dimostra che la
previsione di cui alla prima norma ha carattere risarcitorio e non sanzionatorio e, come tale,
richiede prova del danno ingiusto che, se non offerta, determina la reiezione dell'istanza
In definitiva, non si intravedono, dunque, danni ulteriori risarcibili non essendo stato
neanche allegato - ed, a fortiori, dimostrato - il pregiudizio effettivamente patito per effetto
della instaurazione del presente giudizio.
Ugualmente, proprio l’evidenziata peculiare natura della <<nuova responsabilità
aggravata>> introdotta dalla riforma del 2009 esclude, contrariamente a quanto sostenuto
dall’attore, la sua applicazione a giudizi anteriori all’entrata in vigore della legge, onde
risarcire, in via analogica, il danno da ingiustificato protrarsi del giudizio, derivante dalla
condotta processuale tenuta dalla convenuta compagnia.
A tacer d’altro, tale condotta non può essere definita dilatoria avendo la KKKK S.p.a.
ragionevolmente esistito ad una pretesa risarcitoria che, come in questa sede appurata, è
stata soltanto in parte riconosciuta fondata.
H) LE SPESE DI LITE
In tema di liquidazione delle spese di lite, deve sottolinearsi che la posizione dei danneggiati
è stata caratterizzata da sostanziale unitarietà, atteso anche che l’avv. …, che ha fatto
richiesta di attribuzione, è il difensore di tutti gli istanti.
Il carattere sostanzialmente unitario della posizione di tutti i danneggiati sul piano della
difesa processuale, appare poi avvalorato dal fatto che a tutte le udienze è comparso un
unico procuratore che ha assunto la difesa congiunta degli istanti, dalla circostanza che le
varie note redatte in corso di causa, ancorché formalmente distinte, appaiono pressoché
identiche nei contenuti; ancora i documenti prodotti sono stati posti a fondamento delle
richieste di tutte le parti.
Ed invero, atteso che la fonte di tutte le pretese risarcitorie risiede unicamente nell’evento
illecito accertato, le questioni affrontate per la disamina della posizione degli istanti sono
state le medesime, non si giustifica la duplicazione delle liquidazioni, pur a fronte di una
attività difensiva sostanzialmente unitaria.
Pertanto, con riguardo all’aumento per difesa plurima di cui all’art. 5 4° comma del D.M. n.
127/04 (che ha sostanzialmente riprodotto una norma di analogo contenuto presente anche
nelle precedenti tariffe professionali), si osserva che a fronte della giurisprudenza richiamata
dalla difesa degli attori, in base alla quale tale aumento si porrebbe come obbligatorio, si
pongono numerosi altri precedenti di legittimità che hanno invece sostenuto la natura
facoltativa e discrezionale dell’aumento.
Infatti si è affermato che, in tema di determinazione del compenso spettante al difensore che
abbia assistito una pluralità di parti, costituisce questione di merito, la cui risoluzione è
incensurabile in sede di legittimità, lo stabilire se l'opera defensionale sia stata unica, nel
senso di trattazione di identiche questioni in un medesimo disegno difensionale a vantaggio
di più parti, o se la stessa abbia, invece, comportato la trattazione di questioni differenti, in
relazione alla tutela di non identiche posizioni giuridiche (Cass. 10 giugno 1997, n. 5174; 21
giugno 1993, n. 6850; sez. un. 22 dicembre 1981, n. 6757; Cassazione civile 30 agosto 2004
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n. 17363).
Nella vicenda decisa dall’ultima sentenza citata la Cassazione ha affermato che il giudice
aveva fornito ampia spiegazione circa il fatto che la causa in questione ere unica,
aggiungendo che del maggiore sforzo difensivo imposto dalla pluralità di parti si può tenere
conto nella determinazione del compenso tra minimo e massimo degli onorari.
Ritiene chi scrive che sia da condividere tale ultimo orientamento, che appare altresì avallato
dal tenore letterale della previsione normativa che utilizza il verbo “ può “ il luogo di “ deve “.
In conclusione, deve escludersi il riconoscimento del richiesto aumento per difesa plurima.
Tenuto conto di quanto appena riferito e considerato l’esito della controversia, soprattutto
con riguardo all’ammontare dell’importo liquidato notevolmente inferiore per ciascuno dei
danneggiati rispetto a quello domandato, si ritengono sussistenti giusti motivi per
compensare le spese di giudizio (ivi comprese quelle di CTU) per la misura della metà del
complessivo ammontare, restando a carico dei convenuti per la restante parte, da liquidarsi
come in dispositivo e facendo applicazione dei seguenti principi:
a) il calcolo degli onorari viene effettuato (giusta la previsione dell'art. 2 del D.L. 4.7.2006,
n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4.8.2006, n. 248) secondo quanto
previsto dal D.M. 8.4.2004 n. 127 (in vigore dal 2.6.2004), ed altrettanto dicasi per i
diritti, con la sola esclusioni di quelli afferenti le attività difensive espletate prima del
2.6.2004, per le quali viene utilizzato il precedente D.M. 5.10.1994, n. 585 atteso che,
per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, gli onorari vanno determinati al
tempo della definizione della causa, laddove i diritti si intendono riferiti al momento in cui
sono stati compiuti i relativi atti giudiziali (cfr. Cass. Civ. nn. 8160/2001, 2891/99).;
b) l’onorario viene conteggiato, avuto riguardo alla natura delle questioni trattate, sulla base
dei valori medi, atteso che "la loro determinazione costituisce un potere discrezionale del
giudice di merito, che, se contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa non richiede
specifica motivazione" (cfr., ex multis, Cass. Civ. nn. 7527/2002, 3267/99, 11994/98);
c) lo scaglione di riferimento è quello previsto per le controversie di valore compreso tra €
25.900,01 ed € 51.700,00, dovendo essere individuato sulla base del criterio del
decisum, e non del disputatum (cfr. Cassazione civile, sez. un., 11 settembre 2007, n.
19014);
d) le spese generali, infine, vanno quantificate in ragione del 12,5% sull'importo degli
onorari e dei diritti ripetibili dal soccombente (cfr. art. 14 del D.M. 8.4.2004, n. 127).
Infine, le spese, nella misura ridotta, e con le precisazioni che precedono, si liquidano
secondo la nota spese decurtata delle voci eccessive o non dovute, con attribuzione all’avv.
…, procuratore anticipatario.
A tal riguardo deve evidenziarsi che:
- non spetta la voce per il deposito atti in cancelleria al momento della costituzione in
giudizio, in quanto tale deposito rientra nella complessiva attività di iscrizione della causa
a ruolo e costituzione in giudizio;
- non vi è prova che siano state richieste copie dei documenti di controparte e che poi
siano stati ritirati;
- numerosi accessi all’ufficio non appaiono adeguatamente documentati;
- non competono i diritti per l’acquisto ed il deposito del contributo unificato, trattandosi di
voce contemplata solo con la nuova tariffa forense, e cioè dopo il compimento di tale
attività;
- per gli onorari non è possibile duplicare la voce ricerca documenti ed ispezione dei
luoghi, spettando una sola volta il relativo compenso;
- non sono dovute le spese vive per la comparsa conclusionale, atteso che dopo il
versamento del contributo unificato sono esenti da bollo;.
- non spetta la voce per la costituzione in giudizio, in quanto l’attore si costituisce con
l’iscrizione della causa a ruolo che viene autonomamente compensata, così come non
spetta un autonomo diritto per la nota d’iscrizione della causa a ruolo;
- non spetta il diritto per l’esame della procura di controparte, rientrando tale attività già
nella disamina dell’avversa comparsa di risposta.
P.Q.M.
Il Tribunale di Nola - Seconda Sezione civile - definitivamente pronunciando sulla domanda
proposta da Mx Tiziox, Rx Meviox, Fx Tiziox nei confronti di
Px Caiox e della KKKK Ass.ni S.p.a. , così provvede;
1)-Dichiara l’esclusiva responsabilità di Px Caiox nella produzione del sinistro per cui è
causa;
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2)-Condanna Px Caiox e la KKKK Assicurazioni S.p.a., in solido tra loro, al pagamento
a) in favore di Mx Tiziox della somma di € 11.169,52 oltre interessi al tasso annuo del 4%
sulla somma originaria non rivalutata di € 12.095,61, dalla data del fatto ( 14 luglio 1994)
sino al gennaio 2008 (data di pagamento della provvisionale), e successivamente sulla
somma di € 10.778.18, sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, previa
rivalutazione annua delle dette cifre secondo indici gli indici ISTAT, nonché al
pagamento degli interessi legali sulla somma totale di € 11.169,52 dalla data di
pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo;
b-) in favore di Rx Meviox della somma di € 18.776,32, oltre interessi al tasso annuo del 4%
sulla somma originaria non rivalutata di € 21.490,02, dalla data del fatto ( 14 luglio 1994)
sino al gennaio 2008 (data di pagamento della provvisionale), e successivamente sulla
somma di € 18.118,46, sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, previa
rivalutazione annua delle dette cifre secondo indici gli indici ISTAT, nonché al pagamento
degli interessi legali sulla somma totale di € 18.776,32 dalla data di pubblicazione della
presente sentenza fino al soddisfo;
c)-in favore di Mx Tiziox e di Rx Meviox, nella qualità di genitori esercenti la potestà sulla
minore Fx Tiziox, della somma €. 233,64, oltre interessi al tasso annuo del 4% sulla somma
originaria di € 162,02 come devalutata all’epoca dell’incidente ( indice Istat – 61,15), quindi,
di anno in anno rivalutata fino ad oggi secondo gli indici ISTAT FOI, nonché al pagamento
degli interessi nella misura legale dal momento della pronunzia della presente sentenza e
sino all’effettivo soddisfo sulla somma interamente rivalutata di € 233,64;
3)-Rigetta la domanda ex art 96 c.p.c. proposta dagli attori;
4)-Compensa per la metà le spese di lite (comprese quelle di CTU), e condanna la S.p.a.
KKKK Ass.ni e Px Caiox, in solido, al rimborso in favore degli attori della restante parte che,
in tale ridotta misura, si liquida in complessivi € 8.087,00, di cui € 600,00 per spese vive (ivi
incluse le spese di C.T.U.), € 2.987,00 per diritti, € 4.500,00 per onorari, oltre 12,5% su diritti
ed onorari, IVA e CPA se dovute, con attribuzione all’avv. ….
Nola, così deciso il 29 aprile 2010.
Il Giudice
Dott. Fabio Maffei
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