settembre - dicembre 2015
una
scuola
da leggere
numero
uno n°1
periodico della scuola GAVIA
Una scuola da leggere…, ma anche da scrivere!
Collaborazione aperta ad alunne, ex alunne, docenti e genitori della Scuola Gavia.
Redazione: Eleonora Zoppi [email protected]
seguici anche sul sito:
www.scuolagavia.it
“La
Bellezza
a
scuola”
Molte persone gestiscono la scuola, ognuna ha il suo compito,
grazie a questo tutto funziona, è in equilibrio, è BELLO.
di Aurora Arca, Elisabetta Machetti, Vittoria Minali, Marta Girelli
Un nuovo anno è iniziato per noi alunne della
scuola Gavia, e come ogni anno, molte persone si occupano della direzione e amministrazione dell’istituto. Come si svolge la vita in
una scuola come la nostra? Fuori dalle nostre
classi, il fulcro dell’educazione, molte persone, come chi si occupa della segreteria, si impegnano perché tutto funzioni al meglio. La
nostra segretaria Elena svolge molti compiti,
in particolare la gestione di ogni anno scolastico, si occupa delle comunicazioni ai genitori
tramite mail e lettere, dello smistamento della
posta e delle richieste di tutoria, l’organizzazione del personale e infine la comunicazione
con il comune di Verona per le varie iniziative. Anche la direttrice, Maddalena Vantini,
ha molti compiti da svolgere, così come la
signora Grazia Dal Corso, responsabile dei
maggiori eventi tenuti dalla scuola, per non
dimenticare il resto dello staff della direzione
e organizzazione scolastica. A pranzo, ogni
giorno nella nostra mensa, ci aspetta Cristina, che da molti anni si occupa della distribuzione dei pasti alla primaria e alla secondaria
e ogni pomeriggio le inservienti si occupano
della pulizia della scuola.
Arriviamo quindi a coloro che ogni giorno
si prendono cura della nostra istruzione e di
quella delle bambine della primaria: le professoresse e le maestre, senza dimenticare le
numerose persone che ci assistono durante le
attività pomeridiane. Certo…queste persone
sono tante, ma tutto è quasi sempre in equilibrio, tutto funziona, come è possibile conservare questa condizione? La riposta ce l’ha
data la direttrice dicendoci che la scuola ha
sempre funzionato grazie alla collaborazione
tra le persone e l’unità del lavoro di ognuno…Ecco perché il futuro di questa scuola
sarà in questo modo, sempre bello ed entusiasmante. Sicuramente, tutti condividiamo
questo pensiero al quale la segretaria aggiunge: “ …bisogna essere orgogliosi ed entusiasti di lavorare in questa scuola, dove si coltivano ed insegnano i valori fondamentali per
percorrere la strada della vita con coraggio e
speranza”.
Possiamo decisamente dire che, per quanto
a noi alunne sembri strano, anche una scuola
può essere bellezza; senza dubbio la nostra lo
è…a confermarcelo quest’anno c’è la nostra
meta formativa:
LA CULTURA DELLA BELLEZZA
- Il Buono Di Educare, Il Bello Di Crescere-.
Anche le mete degli scorsi anni
Obiettivo 2015-16
Educazione Responsabile
La cultura della bellezza
Il buono
di educare...
Il bello
di crescere
“ LA RECIPROCITA’”
e “LA CULTURA DEL LAVORO
-Testa Mani Cuore”
ci insegnano che, per raggiungere la bellezza,
è necessaria la collaborazione di tutti e la
disponibilità di ognuno nel lavorare.
Per finire, potremmo definire queste tre mete
i capisaldi che tengono in piedi la nostra piccola, laboriosa, affascinante società scolastica.
La ‘grande’ bellezza della tutoria
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Rebecca Savoia con il tutor Giula Vicentini
LA TUTORIA…
CHE GRANDE INVENZIONE!!
Che cos’è la tutoria? Una delle cose più importanti della scuola.
di Rebecca Savoia
Molti di voi, miei cari lettori, si chiederanno
che cos’è la tutoria.
Vi rispondo subito:
La tutoria è una delle cose più belle che potessero adottare in una scuola, è un incontro
privato tra prof. e alunno durante il quale essi
entrano in sintonia.
Questo incontro si verifica ogni volta che lo
studente ne ha bisogno, per avere consigli su
scelte difficili e per potersi confidare con qualcuno di cui ci si possa fidare.
Ce lo può spiegare una prof. della scuola Gavia:
Rebecca Savoia: “Qual è la cosa più bella della tutoria ?”
Professoressa Giulia Vicentini: “La cosa più
bella è sentirsi partecipi della crescita della
ragazzina, poterla aiutare nell’educazione e,
cosa ancora più bella, è il rapporto di fiducia
che si dà e che si riceve.
Molto significativa è anche la condivisione degli stati d’animo.”
Ma non solo le prof. ce lo possono spiegare;
perché non ascoltare anche l’opinione di qualche alunna?
Ecco quella di una ragazza di terza media della
scuola Gavia:
Rebecca Savoia: “Che cos’è la tutoria per te?”
Irene (pseudonimo): “Per me la tutoria è una
cosa bellissima durante la quale la tutor mi trasmette consigli e mi aiuta a sfogarmi. Ma nel
corso del tempo la tutoria insegna a crearsi una
‘tutor personale’, se stessi.”
Non esiste solo la tutoria tra alunna e prof., ma
anche quella tra prof. e genitori del ragazzo/a,
dove si parla di ciò che il prof., proprio dalla
condotta tenuta a scuola, comprende del suo
alunno, mentre i genitori, da parte loro, raccontano come è il loro figlio.
Ma perché ho sempre raccolto opinioni solo
dalla scuola Gavia?
Perché, anche se può sembrare impossibile,
questa è l’unica scuola nel Veneto (insieme
alla scuola “gemella” Braida, maschile) che
adotta la tutoria e per questo la considero una
delle scuole più belle del mondo.
In questo tipo di scuola, grazie alla tutoria e
alle brave prof. che aiutano sempre in qualsiasi frangente e per qualsiasi problema, ci si
senti un po’ come a casa propria.
INNOVAZIONI BOOM:
SI RIPARTE TRA GIOCHI E COLORI
Ecco alcuni pareri
di Elena Pontieri
Una lunga estate ha portato alla scuola Gavia
innovazioni e cambiamenti.
Si tratta di nuovi giochi, nuovi colori e una
insonorizzazione della mensa, per ovviare al
troppo rumore degli anni scorsi.
L’idea dell’insonorizzazione era già nata durante l’anno precedente come soluzione per
consumare con tranquillità il pasto ed era stata
accolta dalle alunne che subito si erano impegnate, con entusiasmo, a raccogliere i cartoni
delle uova, che avrebbero attutito il rumore
delle voci… Ma, fortunatamente, la scuola è
riuscita a mettere una vera e propria insonorizzazione e ora tutta la scuola ne è entusiasta!
‘Non solo la mensa, anche la LUDOTECA ci
ha stupito! Con i suoi muri, ognuno di un colore diverso, ha impressionato e reso felici tutte
le classi’. Stupite e contente.
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Stupite e contente anche dei nuovi palloni e
delle corde per saltare.
Beatrice, alunna di 3° primaria dice: “La mensa è molto bella colorata di arancione. “.
La prof.ssa Severino, insegnante di musica,
afferma: “L’insonorizzazione della mensa serve a molto. Si dialoga meglio e l’udito non è
più sotto sforzo.”
“Per quanto riguarda i giochi invece?”
Beatrice: “La palla azzurra è molto bella e noi
ci divertiamo molto di più a ricreazione”
La prof.ssa Severino “I giochi fanno bene alle
bambine che si sfogano di più e fanno nuovi
giochi a ricreazione. Per fare questi giochi
mettono in moto tutto il corpo e la fantasia!”
Angelica di 3a secondaria “Anche a noi della secondaria sono piaciuti i palloni e le corde
e durante la ricreazione ci sfoghiamo di più e
facciamo più movimento. A mensa c’è meno
rumore e anche le prof. intervengono meno
per chiederci di fare silenzio”.
Novità, dunque, molto gradite da alunne e insegnanti.
LA SCUOLA GAVIA
RACCONTATA
DAGLI ESPERTI
Per conoscere meglio il nostro istituto.
di Rebecca Savoia, Gea Griso, Angelica Sacco e Pooja De Chiara.
La scuola Gavia è come una nostra seconda
casa.
Ci troviamo 7 ore su 24 per 365 giorni, come
un’unica grande famiglia.
E tutto questo per insegnarci non solo a studiare matematica, storia, italiano ecc., ma anche
a crescere, in gruppo, con persone fantastiche
cui dobbiamo il nostro futuro.
Questo articolo è dedicato a tutte le professoresse, ma, in special modo, alla direttrice.
Un sentito e sincero GRAZIE!!
Sicuramente la nostra scuola non è caduta dal
cielo.
Ci vogliono dedizione, fondi, interesse ed anche un pizzico di coraggio.
Ce lo dimostra Maddalena Vantini, la nostra
Direttrice, che ci aiuta nel nostro lungo viaggio d’istruzione.
Rebecca S.: “Quando le hanno dato questo incarico, è stato difficile accettarlo?”
Maddalena Vantini: “Ho avuto questa richiesta quattro anni fa ed è stato abbastanza difficile accettare. La scuola Gavia la conoscevo
come mamma e come membro dell’amministrazione.
Ho avuto paura perché ho dovuto lasciare un
lavoro che conoscevo bene per uno che non
conoscevo.
È stata una vera e propria avventura.”
Rebecca S.: “Com’è gestire questa scuola?”
Maddalena Vantini: “Gestire questa scuola
è un’esperienza meravigliosa, ma è anche difficile perché bisogna riuscire a soddisfare i
DA
NOI
cambierebbe?”
Maddalena Vantini: “Vorrei insegnare sempre in Italia sia per la cultura, che per la capacità di trasmettere il sapere, ma importerei le
scuole dalla Finlandia.”
Queste le parole di Maddalena Vantini.
Molto duro è anche il lavoro di segreteria, ce
lo spiega la nostra grande Segretaria Elena.
Rebecca S.: Cosa rappresenta per te questa
scuola?
Segretaria Elena.: Per me significa ricordare
l’infanzia e il percorso scolastico, anch’io ho
studiato in una scuola simile alla Gavia; con
affetto ricordo le compagne di classe perché
eravamo come i “moschettieri” con il motto
“una per tutte e tutte per una!”, le insegnanti
che hanno formato le basi della mia cultura in
vari ambiti, poi la suora (insegnante di religione) che ha ampliato e rafforzato il dono della
fede in Dio, già vissuto e trasmesso dalla mia
famiglia.
Rebecca S.: Come è convivere 7 ore su 24 per
365 giorni con bambine, future donne e colleghe?
Segretaria Elena: Il convivere con tutte le
persone presenti in Gavia è fortissimo! Di sicuro non è monotono e ogni giorno è diverso
dall’altro per i vari eventi che accadono o varie pratiche da sbrigare.
Sicuramente apprezzo molto la bellezza della
condivisione e la forza dell’incoraggiamento che
ci si dona fra tutte noi donne, grandi e piccole.
Ecco domande e risposte fresche di stampa:
Rebecca S.: Vi piace questa scuola?
Beatrice e Alice: Sì molto!
Rebecca S.: Che cosa cambieresti in questa
scuola?
Rebecca: Le ricreazioni dovrebbero essere un
po’ più lunghe.
Rebecca S.: Ti piace andare a scuola?
Anna: Si, ogni mattina ho molto piacere di venire a scuola.
Rebecca S.: La cosa più bella della scuola?
Biancamaria: Imparare cose nuove e stare
con le mie amiche.
Questo articolo è dedicato a tutte le professoresse, e, in special modo, alla Direttrice.
Un sentito e sincero GRAZIE!!
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Rebecca Savoia con la direttrice Maddalena Vantini
bisogni di ognuno.”
Rebecca S: “Ci sono soddisfazioni?”
Maddalena Vantini: “Certo! Questo lavoro
dà molte soddisfazioni, a volte delle insoddisfazioni, ma vincono sempre le prime.”
Rebecca S: “Se considera l’istruzione mondiale, in quale paese vorrebbe insegnare e cosa
La Gavia non è solo una scuola secondaria, ma
anche una scuola primaria.
Ogni giorno conviviamo con bambine che ci
regalano quel pizzico di dolcezza e sensibilità
che solo loro sanno dare.
Quindi…. Perché non chiedere anche una loro
opinione?
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Nuovi metodi di apprendimento approdano alla scuola Gavia.
“Cooperative Learning:
vince uno, vincono tutti.”
Dagli USA arriva “l’imparare in gruppi”: ma in che cosa consiste?
di Marta Girelli
Il difficile rapporto educatore-alunno che
si vive oggi in molti contesti scolastici,
impone un ripensamento delle azioni didattiche e delle modalità di gestione delle
relazioni, sia tra studenti e insegnanti che
tra pari.
E’ per questo che, ormai da qualche anno,
la nostra scuola ha adottato un nuovo metodo educativo: il Cooperative Learning.
Si tratta di un sistema che stabilisce gruppi eterogenei, che hanno il compito di svolgere determinate consegne con revisione
e valutazione costante del lavoro svolto in
ambito sia individuale che di gruppo.
Ma qual è la storia dell’Apprendimento
Cooperativo?
Le sue origini risalgono alla fine del ‘700,
quando l’educatore inglese Andrew Bell
cominciò ad utilizzare il sistema di mutuo
insegnamento che poi nell’ ‘800, si sviluppò in Gran Bretagna, Francia, Spagna e
Italia.
Solo nel 1820 il pedagogo svizzero Grègoire Girard definì questo metodo chiamandolo metodo Bell-Lancaster (successore di
Bell nel ‘700) e descrivendolo come “l’esatta divisione della scuola in più classi,
con il lavoro simultaneo delle classi nello
stesso locale e negli stessi momenti”.
Era nato il predecessore del Cooperative
Learning, sorto, invece, oltreoceano, negli
Stati Uniti. Qui a partire dal 1900, il metodo Bell-Lancaster, allargò i propri orizzonti, grazie al pedagogista John Dewey e
allo psicologo Lewin.
A partire dagli anni ’60 molti altri pedagogisti, filosofi e psicologi approfondirono gli studi per sviluppare il Cooperative
Learning, che divenne essenziale non solo
in ambito scolastico, ma anche nel nostro
sistema sociale. Si arriva così al 1976, con i
fratelli David e Roger Johnson che teorizzarono per la prima volta l’Apprendimento Cooperativo.
Oggi questo metodo è divenuto uno tra i
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più efficaci nell’ambito educativo, ed è per
questo che le professoresse e maestre della scuola Gavia hanno partecipato ad un
corso dedicato a questo argomento.
Le alunne sono state successivamente messe alla prova: divise in gruppi, a ciascuno
dei quali è stato assegnato un obiettivo comune a tutti i membri.
Attraverso la partecipazione equa, l’assegnazione di turni e ruoli in ogni alunna si
è innescato il senso di responsabilità individuale e di gruppo.
Elemento essenziale nel Cooperative Learning è la leadership (la sua radice è “laedare” che significa “guidare delle persone
lungo un viaggio”): la capacità di una persona (leader) che deve condurre il gruppo
all’obiettivo e utilizzare al meglio le capacità di ciascun membro; nel Cooperative
Learning ogni persona è leader.
Il metodo di Apprendimento Condiviso è
stato molto efficace nell’educazione della
nostra scuola, le alunne si sono rivelate
entusiaste davanti a questo nuovo modo
di imparare, più attivo, coinvolgente e divertente.
Come ci conferma una ragazza della secondaria, “nel giro di un anno il Cooperative Learning porta alla creazione di
legami intensi e dalla conoscenza sempre
maggiore delle caratteristiche di ciascuna
compagna.
Si impara ad assistersi, incoraggiarsi, organizzarsi ma soprattutto aiutarsi.”
Sicuramente questo tipo di apprendimento continuerà a migliorare, nel corso degli
anni…
Per ora, alla scuola Gavia , ci accontentiamo di questo innovativo ed entusiasmante
nuovo modo di fare scuola!!
Nelle mense scolastiche si mangia
tanta carne e latticini
VORREI MENO CARNE
E PIÚ VERDURE
di Benedetta Bonazzi
All’ inizio di quest’ anno la mensa è stata sistemata e dipinta e questa è una
cosa positiva.
Il menù della scuola, che prevede la carne tre volte alla settimana (pasta al
ragù, bistecca, arrosto) e un paio di volte alla settimana i latticini (formaggio, stracchino, yogurt, budino).
Il menù viene deciso anche con l’ aiuto di una dietologa, ma io penso che il
menù dovrebbe avere meno carne e meno latticini.
A me, personalmente, infatti, non piace mangiare gli animali e propongo
quindi che anche qui in mensa si mangi più verdura o carne per vegetariani,
come è stato proposto in un Burger King di Milano.
Alcune persone di età diverse si confrontano
sull’uso dei cellulari.
CELLULARI = VITA?
di Aurora Arca
L’uso dei cellulari tra i giovani è sempre più
diffuso nella nostra società e di noi dicono che
siamo ossessionati dal cellulare, sempre lì, con
quel telefono in mano e che passiamo il nostro
tempo on-line comunicando solo via messaggio. E’ vero? Ora lo scopriremo!
Ho intervistato sei persone di età diversa: mio
padre, mia madre, una mia vicina di casa e due
mie compagne, Noemi e Francesca (sono stati
usati pseudonimi).
Ho posto loro le seguenti domande;
“Per cosa usi il telefono?”
“Riusciresti a stare un giorno senza cellulare?
Se sì, come ti sentiresti?“
“Usi i social network? Se sì quali e perché?”
“Per te il telefono è essenziale per vivere?”
“Ti serve internet sul telefono? Perché?”
Le interviste si sono svolte in parte a casa mia
(dal vivo), in parte al telefono.
Entriamo nel vivo del discorso:
L’uso dei cellulari tra i giovani è sempre più diffuso nella nostra società e a tal proposito, ecco
alcune risposte alla mia domanda:
“Per cosa usi il telefono?” “Per telefonare” risponde mio padre; “Per messaggiare, chiamare, fare foto e per organizzarmi” risponde mio
fratello.
Invece le mie compagne Noemi e Francesca
sembra abbiamo la stessa opinione, quella di
passare il tempo libero, quindi parlare/messaggiare con le amiche e andare sui social.
Alla domanda sull’uso dei social network, invece, mio padre e mia madre sono concordi
nel dire quanto i social network siano troppo
invasivi sulla nostra vita privata.
Anche Valeria (la mia vicina di casa) e mio fratello sono dello stesso parere: usare il telefono
cellulare per contattare amici lontani e per tenersi aggiornati.
Le mie compagne, invece, usano i social per
passare il tempo libero.
Come ultima domanda ne ho scelta una abbastanza difficile.
“Riusciresti a stare un giorno senza celllulare
e internet, per te sono essenziali per vivere?”
Tranne mio padre sono tutti d’accordo sul fatto
che Internet è molto comodo e certe volte assolutamente essenziale.
Mio padre la pensa diversamente perché ritiene sia meglio consultarlo (solo quando serve)
sul computer.
Per quanto riguarda l’uso del cellulare nella
vita quotidiana tutti i miei intervistati pensano sia essenziale perché ti agevola la vita; tutti,
tranne mio padre che lo reputa superfluo.
Da quello che ho sentito, più si è giovani e più
difficile separarsi dal proprio telefonino e io,
personalmente, la penso come le mie compagne. E voi?
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RE OL E
CO ST OG
NN AR IE
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Notizie e fatti delle nuove tecnologie del mondo
degli adolescenti oggi.
Restare connessi?
Grazie a queste nuove tecnologie si
ha il mondo il mano.
…ma a volte Internet viene usato in maniera eccessiva tra gli adolescenti.
di Elisabetta Machetti
L’argomento di cui voglio parlare, è la tecnologia avanzata dei cellulari, che si è sviluppata
in questi ultimi anni e dei maggiori consumatori di tecnologia mobile, che sono proprio gli
adolescenti.
Partiamo dall’inizio, 40 anni fa, quando uno
dei primi cellulari creati fu un Motorola DynaTAC che, a differenza di quelli di oggi, pesava
più di due chili e aveva una durata di batteria
di venti minuti. Dopo quattro decenni, l’Iphone e lo Smartphone, hanno colonizzato il pianeta e vivono nella tasca o nella borsa di tutti.
I lati positivi del cellulare sono vari: è un dispositivo da cui ricavare molte informazioni
tramite internet, inoltre, grazie a diversi social
come Facebook o Twitter è possibile, in un
batter d’occhio, organizzare incontri ed eventi.
Le App trasformano i telefoni in personal trainer, librerie, guide shopping e tutto quello di
cui si ha bisogno,ma, soprattutto, il cellulare è
un ottimo sistema di comunicazione, che può
permettere di restare in contatto anche con
persone che si vedono di rado o dall’altra parte
del mondo.
Uno dei lati negativi invece è, come tutti pos-
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sono intuire, lo smodato desiderio di possedere sempre l’ultimo modello più nuovo e veloce e i produttori sono felici di accontentare
questa esigenza. Per questo ogni anno ci sono
più di 100 milioni di telefoni danneggiati o
rotti.
Un altro aspetto negativo è che i rivestimenti
sono spesso fatti di piombo e le loro batterie
al litio potrebbero esplodere se venissero in
contatto con temperature elevate.
Ma uno dei problemi più importanti è che gli
adolescenti siano diventati ‘dipendenti’ dai
cellulari. Oramai è comune camminare per
strada e vedere la gente con gli occhi incollati solo sugli schermi. Si è ossessionati dal
check-in su Facebook, oppure dal caricare
immagini su Instagram. Soprattutto gli adolescenti tendono a restare sempre connessi ad
Internet o ai Social Media o a chattare con gli
amici. Questo sistema di comunicazione, grazie alle nuove idee e tecnologie all’avanguardia sta cambiando il mondo di tutti, specialmente quello delle ultime generazioni.
Ma penso anche che i giovani debbano recuperare la libertà di restare senza il telefono e
non preoccuparsi se non si sta postando una
foto su Instagram o chattando.
Sarebbe più importante uscire e passare il tempo con gli amici e sfruttarlo al meglio godendosi la vita in ogni momento.
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Uso dei cellulari tra adolescenti
“LE NUOVE TECNOLOGIE DEI
CELLULARI: USO O ABUSO?”
di Miriam Sambugaro
Chat ed SMS offrono ai ragazzi un nuovo e potente canale di comunicazione che
spesso, però, viene abusato diventando uno strumento che non sviluppa, ma, al
contrario, impoverisce le competenze dei giovani.
“Come viene utilizzato il cellulare tra gli adolescenti?”
Gli adolescenti lo utilizzano ormai per fare tutto: ascoltare la musica, messaggiare, comunicare, guardare filmati, fare foto , video, scaricare file, …
Facendo una distinzione tra ragazzi e ragazze , le ragazze lo utilizzano più per
“messaggiare” e comunicare ,mentre i ragazzi per giocare. Una ragazza della
scuola superiore dice:«Gli adolescenti lo vedono il più delle volte come un rimedio contro la noia e, così facendo, non si guardano più attorno»
Un esempio: se osserviamo alle fermate dell’autobus, la maggior parte delle volte i ragazzi sono attaccati al cellulare, nessuno guarda più l’altro e se ci si trova
un secondo da sol, i si tira fuori il cellulare.
Luca R., nonno di una alunna, dice: «I giovani abusano troppo del cellulare per
fare qualsiasi cosa, era meglio cinquanta anni fa , quando non c’era!»
In conclusione il cellulare viene usato troppo, bisognerebbe utilizzarlo con più
criterio.
Il vizio del cellulare.
Meglio non portalo a scuola.
di Vittoria Minali
L’argomento di cui voglio parlare oggi in questo articolo è l’uso del cellulare.
Il telefono è stato inventato nel 1920, mentre il cellulare esiste dal 1970 e praticamente tutti ne hanno almeno uno.
Secondo me i genitori devono riflettere sull’uso del cellulare prima di consegnarlo ai figli.
Nella nostra scuola è proibito usare il telefono perché le alunne si devono
concentrare sulle lezioni. Non si impara con i cellulari perché possono far
sbagliare, ma si impara dalla vita reale piuttosto che da quella virtuale.
Intervista alla Prof.ssa Benedetti
Vittoria Minali “Secondo Lei i cellulari si possono usare durante le lezioni?”
Prof.ssa Benedetti “No, perché le alunne si devono concentrare sulle lezioni”.
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Intervista alla Prof.ssa Vicentini
Vittoria Minali “Secondo Lei i cellulari sono degli oggetti cattivi?”
Prof.ssa Vicentini “No, anzi ritengo che i cellulari possono essere degli strumenti d’aiuto.”
Io penso che in certi momenti i cellulari siano molto importanti come quando
una persona è in difficoltà e riceve un messaggio da un amico e si vede arrivare un messaggio con scritto “Ehi, ti voglio bene”.
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Rischi e pericoli nelle gite scolastiche
SI...VIAGGIARE
GITE O NO?
INCIDENTI IN GITA:
DI CHI È LA COLPA?
I ragazzi che vanno in gita, spesso non
hanno una maturità adeguata.
di Elena Pontieri
Molti di noi conoscono il significato di
“gita scolastica”.
Sono uscite giornaliere che servono per
approfondire o apprendere determinate attività o argomenti svolti in classe.
Ma queste gite scolastiche servono veramente?
O sono dei semplici “giorni di sfogo” per
alunni e insegnanti?
Oggi infatti sentiamo dire: “Morto in gita
ragazzo di …” e molti si chiedono: “Come
mai?” “Dove erano i docenti?”.
Le gite con rientro giornaliero non danno
problemi, ma quelle prolungate, invece?
Quelle dove gli studenti stanno via per alcuni giorni con gli insegnanti?
Quelle sono le gite più pericolose per i docenti che per gli alunni.
Docenti che si ritrovano a dover controllare anche tre, quattro classi per due o tre
giorni.
Giorni in cui, senza il controllo dei genitori gli alunni si sentono adulti indipendenti
in grado di fare quello che vogliono.
Studenti che, per farsi notare dagli altri,
vanno oltre il limite e, a volte, ci scappa il
morto o il ferito.
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G. ci dice: “Al liceo ero andato in vacanza
in Grecia e mi avevano sfidato a raggiungere il balcone della stanza vicina. Ho rifiutato anche se così ho fatto la figura del
perdente.”
La responsabilità ricade soprattutto sugli
insegnanti; infatti, come recita l’articolo
sulle gite scolastiche dell’8 febbraio 2012
nella sentenza numero 1769 della Corte
di Cassazione: “È a carico dell’istituto
l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e
l’incolumità dell’allievo (…) salva la valutazione dell’apporto casuale della condotta della vittima …”
Ma se i docenti sono obbligati ad evitare che gli alunni si facciano del male, gli
alunni sono invitati a mantenere una condotta prudente e conscia.
Se scriviamo su un qualsiasi motore di ricerca: “Ragazzo morto in gita” notiamo
una fascia di età, dagli 11 ai 19 anni,
di ragazzi che, evidentemente,
pur ritenuti maturi per gite così
importanti, in effetti non lo erano
abbastanza.
Qui alla scuola Gavia solo la terza media
va in gita per più di un giorno.
La “gita di terza” è anche la più attesa tra
le alunne.
Senza gite, la scuola non sarebbe più la
stessa.
C’è bisogno anche di vedere o sperimentare gli argomenti appresi a scuola.
Per andare in gita molti giorni bisogna
avere una maturità adeguata ed essere
consapevoli dei pericoli.
Quindi, per concludere, ogni alunno dovrebbe avere un comportamento adeguato
anche per il rispetto di chi vigila su di lui.
Le gite nelle scuole
LE GITE GIOVANO ALL’AMICIZIA
Si presume che le gite favoriscano l’amicizia tra i compagni
di Sara Manfron
Le ragazze della scuola Gavia sono finalmente pronte per le gite del 2016!
Intervistando alcune bambine delle elementari, abbiamo visto che per loro le
gite sono un momento importante di divertimento e di amicizia.
E’ davvero giusto che siano state organizzate solo per avvicinare i compagni tra
loro?
“Sì, mi piacciono le gite perché ti danno
l’opportunità di stare insieme come classe.”
Queste le parole di Elisabetta M., convinta che le gite siano un modo per avvicinarsi tra compagne, e non è l’unica a
pensarlo!
Dopo aver avuto la risposta di molte ragazze della scuola secondaria, ecco cosa
ne pensa la Direttrice, Maddalena Vantini.
presume sia più matura e perché chiude
un ciclo di studi. Secondo la direzione le
gite della terza media dovrebbero condursi tra novembre e marzo.”
Sara Manfron: “Come decidete i luoghi
per le gite?”
Direttrice: “Il consiglio di direzione
(composto da Direttrice, Preside della
Secondaria, alcuni Genitori, Amministratrice, Coordinatrice della primaria)
decide in base a tre criteri: il valore della
città o della nazione, che abbia un senso
connesso agli studi; i costi, che tutte le
famiglie siano in grado di sostenere; le
mete, che devono essere raggiunte con
mezzi facili; infine quanti giorni di scuola si perdono.”
chire il programma.
Personalmente, sono d’accordo che la
terza media faccia una gita più lunga rispetto alle altre classi anche per distrarsi
un po’ dagli studi, a parte il valore culturale della gita stessa.
Da questa intervista ci si rende conto che
le gite sono organizzate anche per arric-
Sara Manfron: “Qual è, secondo lei,
l’importanza delle gite?”
Direttrice: “Sono importanti perché
aprono la mente agli studenti, permettono loro di conoscere cose nuove, migliorano il clima di classe e consentono agli
alunni di viaggiare poco o tanto, anche,
con mezzi facili.”
Sara Manfron: “Perché la terza media fa
una gita più lunga rispetto al resto delle
altre classi?”
Direttrice: ”Perché la terza media, si
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LETTERALMENTE
OPINIONI PERSONALI SUI PROFESSORI ODIERNI
PASSATO VS PRESENTE
Gli scioperi ci fanno riflettere: meglio il passato o il presente?
Considerazioni da parte di un’adolescente
di Gea Griso
Tutti noi italiani abbiamo notato negli ultimi
mesi un fortissimo aumento degli scioperi riguardanti il mondo della scuola.
Io stessa ricordo di aver scritto parecchie volte
sul libretto “si avvisa che è previsto uno sciopero il ….”.
A me, personalmente, non è mai capitato di
rimanere fuori scuola, ma a mio fratello, che
frequentava le medie pubbliche, più di una
volta.
Ci sono parecchi studenti che aspettano lo
sciopero sperando di perdere un giorno di
scuola, ma ci sono anche quelli che vogliono
capirne le motivazioni.
La riforma della “Buona Scuola” (legge n.
107 del 13 luglio 2015) ha introdotto parecchi
cambiamenti che i professori sembrano non
gradire e per questo, spesso, scioperano (ad
esempio lo sciopero di venerdì 23 ottobre).
Nulla toglie che gli insegnanti debbano difendere i propri diritti, infatti, l’Italia è uno tra i
paesi europei che paga meno gli insegnanti.
Ad esempio, un professore italiano di scuola media / superiore inizia prendendo circa
24.846 euro all’anno, mentre un insegnante tedesco parte da oltre 48mila euro di stipendio,
E
DER
DA VE
uno spagnolo da 31mila e uno belga da quasi
38mila.
Vorrei però fare una riflessione su quello che
è l’atteggiamento dei professori del ventunesimo secolo rispetto a quelli dei secoli precedenti.
Mentre molti dei nostri attuali professori
spesso si limitano a leggere, o farci leggere,
e sottolineare delle pagine dei libri di testi, i
vecchi professori spiegavano con loro parole,
coinvolgendo gli alunni.
Riuscivano a rendere appassionante la loro
materia, a prescindere dallo stipendio che
prendevano.
Le ripercussioni dell’attuale modo di insegnare sono evidenti: studenti annoiati e mezzi
addormentati sui banchi che, appena possono,
maneggiano il cellulare e che studiano quel
poco che serve per prendere la sufficienza.
La scuola non deve essere un parcheggio per
impedire che i ragazzi stiano in mezzo alla
strada; i ragazzi non hanno bisogno di passare
qualche ora fuori casa per fare qualcosa, ma
hanno la necessità di avere degli adulti presenti che li facciano appassionare, che facciano
capire loro che quello che stanno facendo è
importante per il loro futuro.
Insomma, ci vorrebbero più professori come
Robin Williams nell’ “Attimo fuggente”, dediti al proprio lavoro e che non vedano gli alunni come dei disgraziati senza cervello, ma, al
contrario, pieni di potenziale da sfruttare al
meglio e con la voglia di rimboccarsi le maniche per aiutare ognuno di loro a valorizzare
questo potenziale.
Anche nel 2015, se pur pochi, ci sono dei
professori che per continuare ad insegnare
accettano di ridurre lo stipendio (ad esempio
nella scuola paritaria) e che odiano stare seduti dietro ad una cattedra, ma che si alzano,
camminano tra i banchi e parlano, parlano, e…
soprattutto, ascoltano!
Chi li incontra è fortunato …e a me è capitato.
In AFTER 2, di Anna Todd, la protagonista
Tessa parla di libri, ma ciò che dice calza a
pennello anche sui professori:
“Un libro può segnarti o cambiarti la vita.”
“Mi piace pensare che ogni romanzo che ho
letto sia diventato una parte di me, abbia contribuito a rendermi la persona che sono oggi.”
THE DAY AFTER TOMORROW
di Elena Pontieri
Le ricerche effettuate dal professor Hall indicano che il riscaldamento del globo
terrestre potrebbe innescare un improvviso e catastrofico cambiamento del clima
del nostro pianeta. Tutto ha inizio quando Hall osserva un pezzo di ghiaccio delle
dimensioni dello stato americano del Rhode Island staccarsi dalla calotta artica.
Subito dopo, si verifica una serie di eventi meteorologici improvvisi e drammatici:
chicchi di grandine delle dimensioni di un ananas a Tokyo, uragani violentissimi
prima si abbattono sulle Hawaii, Nuova Delhi è sepolta sotto la neve, e Los Angeles
viene spazzata via da una serie di tornadi devastanti...
Nel frattempo lo stesso professor Hall si troverà a dover andare fino a New York,
inondata e congelata, per salvare suo figlio rimasto intrappolato.
Con Jake Gyllenhaal, Emmy Roosum, Dennis Quaid e Sela Ward.
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5 RAGAZZI
e un
GR AN
FINALE
Anna Bondardo, Eleonora Cammarano, Martina Gaburro (Scuola Gavia), Simone Carcano e Jacopo Finotti (Scuola
Braida), sono i 5 ragazzi che a giugno 2015
hanno conseguito un risultato scolastico di
eccellenza (10/10 o 10/10 con lode) nell’esame della 3a classe della Scuola Secondaria di I grado.
Pur tutti meritevoli di pagella d’oro, solo
Anna Bondardo e Simone Carcano, in
quanto residenti a Verona, hanno ricevuto
il premio dalle mani dell’Assessore Beneti
il 10 luglio u.s. a Palazzo Barbieri in Sala
Arazzi.
Un premio che hanno poi voluto condividere con i loro amici.
Li abbiamo incontrati in Gavia, tutti insieme, all’inizio di un nuovo anno scolastico
e nuovo corso di studi.
Come è stato l’impatto con il liceo? Con
l’immagine che vi eravate fatti?
Eleonora C.: Mi aspettavo un ambiente
difficile, uno studio duro da affrontare, un
po’ come si vede nei film, molto faticoso e
complesso. In realtà dopo un primo impatto di assestamento ho capito che non era
passaggio impossibile. Non impossibile,
ma impegnativo: le materie nuove e il riprendere tutto dall’inizio, mi hanno dato
l’impressione che le basi che avevo si sbriciolassero e ho dovuto impegnarmi a ricostruire la mia preparazione.
Martina G.: All’inizio pensavo di essere finita nella scuola sbagliata e, essendo
molto timida, i primi giorni stavo un po’
isolata. Poi ho capito che la Gavia era un
periodo ormai del passato, che dovevo affrontare una nuova realtà e da quel momento mi sono integrata benissimo. Andando
avanti mi sono anche sentita preparata benissimo e ora mi pare di poter avere qualche vantaggio rispetto ad altri.
Jacopo F.: E’ stato un impatto potente. Mi
ero illuso che fosse più semplice e invece
i compiti, lo studio e le verifiche mi hanno ‘travolto’ e ho capito che dovevo tener
testa a questo ritmo altrimenti sarei stato
fuori. Ora va molto meglio. Forse perché
mi sto impegnando di più nello studio. Materie nuove come chimica danno del filo da
torcere mentre mi sento molto preparato in
materie come italiano o latino.
Simone C.: Per quanto mi riguarda devo
dire che, visto come ce lo avevano descritto i professori in Braida, mi aspettavo una
cosa impossibile e così ho iniziato subito a
remare e, passando il tempo, mi sono trovato benissimo. Non è impossibile riuscire
Anna Bondardo
bene e mi resta tempo per fare anche altre
cose. La preparazione che ho avuto mi aiuta, nonostante un po’ di fatica nelle materie
nuove.
Anna B.: Beh, diciamo che sono passata
da avere 10 a sperare di avere sei... Questo
l’impatto, poi ho trovato la strada verso i
voti alti. Diciamo che, pur avendo una preparazione solida, mi sono trovata in una
classe di persone molto competenti e competitive e quindi …addio vantaggi! La cosa
più difficile, comunque, è stata la grandezza dell’istituto, dove la logistica mi ha creato un po’ di confusione, mentre l’ambiente dei ragazzi con cui mi sono trovata, non
mi ha creato alcun problema.
Eleonora Cammarano
A proposito di nuovi compagni, come vi
siete trovati in un ambiente misto dopo 8
anni in una scuola mono genere?
Tutti: Molto bene, è bello confrontarsi ed è
stato naturale fare amicizia.
Una figura che vi è stata accanto per
molti anni, il Tutor, ora non c’è più. Vi
manca?
Eleonora C.: Ci sono stati momenti in cui
avrei voluto avere lì la mia tutor per chiederle un consiglio, poi mi sono resa conto che le risposte potevo trovarle da sola,
confrontandomi con i miei compagni. E’
un’occasione per mettere le carte in tavola e conoscersi meglio. Lei, la mia tutor, è
stata importante, mi ha aiutato a capire chi
sono, ma adesso posso continuare da sola.
Martina Gabburo
Martina G.: A me manca molto, mi è sempre stata accanto, mi ha aiutato a crescere
e senza di lei è più impegnativo, ma ce la
posso fare. E poi... posso sempre telefonarle...
Jacopo F. e Simone C.: Il tutor è una figura
importante e il nostro ci ha aiutato molto.
In effetti lo frequentiamo ancora e continua
ad aiutarci…ad un’unica condizione: che
gli diamo del tu. Quando eravamo a scuola
lo vedevamo solo in giacca e cravatta e il
‘lei’ era d’obbligo, ora, se non gli diamo
del tu ...non ci risponde. Comunque sì, il
tutor serve.
Simone Carcano
Anna B.: Mi mancano le nostre discussioni
sui libri.
Grazie di aver partecipato a questa breve
intervista e auguri per ciò che vi attende!
Ci congediamo e loro se ne vanno chiacchierando e ridendo come sempre fanno
gli amici.
Jacopo Finotti
G.B.
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Scuola Gavia
Primaria e Secondaria di I grado
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