Traduzione di Paolo Lambertini – www.omofonie.it - febbraio 2007
in Tares et Poisons. Perversion et Perversité sexuelles, a cura del Dr. Laupts, 1896
cap.II Observation type d’un inverti-né féminiforme, pp.47 - 94,
Il Romanzo di un invertito-nato - seconda parte
di Anonimo
Post-scriptum – Secondo documento.
IV. Nuove confessioni.
Ho appena riletto, questa mattina, le pagine terminate ieri sera. Non ho fatto altro, del resto, che
scorrerle. Ho avuto la tentazione di bruciarle, ma non l'ho fatto, sicuro che in seguito l'avrei rimpianto.
Credo che per Voi queste pagine possano risultare interessanti.
Per questa stessa ragione mi accingo a colmare una lacuna che ho volontariamente tralasciato, per una
sciocca vergogna, ma che non potrebbe certamente sfuggire al Vostro occhio chiaroveggente. Dal
momento che ho confessato tanti orrori, posso confessarne degli altri e rivelarmi completamente.
Avrei voluto risparmiarmi questo racconto abbastanza sordido, ma non capireste certamente come un
ragazzo di diciannove anni, per di più completamente vergine, abbia potuto corrompere così facilmente
un uomo di venticinque anni che aveva conosciuto già numerose donne; cosa che mi era e mi è ancora
assolutamente incomprensibile e che non desidero sapere. Sebbene profondamente corrotto e avendo
sognato, fin dalla più giovane età, le depravazioni più raffinate, persi ciò che si può chiamare la mia
innocenza solo a sedici anni. Fino a quel momento mi ero accontentato di dissolutezze immaginarie e
di piaceri solitari.
Il mio primo precettore fu un amico di famiglia che era stato in gioventù amico di mio padre. Era un
ex-capitano di cavalleria piemontese che aveva fatto tutte le guerre d'Italia durante le quali - si diceva aveva inferto duri colpi di sciabola agli Austriaci. Passava per un perfetto debosciato, e si sussurrava
che avesse vissuto a lungo con un giovane al quale aveva fatto dilapidare i tre quarti dell’eredità.
Questo capitano viveva della sua pensione e dei numerosi affari che faceva con i cavalli.
Aveva viaggiato molto ed era stato a lungo in Ungheria. Sebbene di bassa estrazione sociale,
frequentava le migliori famiglie. Le signore non lo potevano soffrire a causa del poco riguardo che
manifestava loro con i suoi gesti e i suoi discorsi; gli uomini, soprattutto quelli intraprendenti, lo
ricevevano a braccia aperte.
Qualche volta veniva a trovarci, ma all'inizio non faceva alcuna attenzione a me. Tuttavia mi sentivo
attratto da lui e gli testimoniavo molta simpatia. Era un uomo abbronzato ed altissimo, con una ossatura
che pareva indistruttibile e dove risaltavano solo dei muscoli d'acciaio che sostituivano la carne che
sembrava non esistere. Era per me il tipo dell'antico barone tutto bardato di ferro, e vedendolo non
potevo non pensare ad uno dei personaggi di Ivanohe. Il suo viso era magnifico, magro, bruno come
quello di un mulatto, con un grande naso ricurvo, leggermente inclinato a sinistra; i suoi occhi neri e
incassati brillavano di una luminosità straordinaria, i suoi lunghi baffi lasciavano intravedere una bocca
contorta, beffarda, dalle grosse labbra brune e dai denti forti e bianchi. La sua grande testa era quasi
interamente spoglia e coperta, solo dietro e di lato, da una specie di peluria nera e ispida. Le sue mani
erano in armonia con la sua persona, la voce era aspra e profonda, l'intera persona atletica, la forza
completamente erculea. Con le sue mani spezzava un ferro di cavallo. Aveva un modo di guardare le
persone che vi faceva abbassare gli occhi, e non aveva riguardo per nessuno.
Con me si permetteva la più grande familiarità, mi solleticava il mento e quando mi incontrava nel
corridoio o quando lo accompagnavo alla porta, mi dava dei pizzicotti o mi accarezzava a lungo, anche
in presenza di mio padre, che non ci vedeva niente di male.
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Come ho già detto, allora non conoscevo nulla del sesso, se non per sentito dire. Fremevo dal desiderio
di fare finalmente qualche esperienza diretta e il mio sangue ribolliva quando quell'uomo mi toccava.
Un giorno, mentre parlava a mio padre delle ferite che aveva ricevuto in guerra, volle mostrarci una
cicatrice che aveva sulla coscia e di cui si era vendicato spaccando la testa del soldato tedesco che
gliela aveva provocata. Si sbottonò i pantaloni e, con grande mia gioia, ci mostrò una enorme coscia
abbronzata e lucente, piena di peli neri e duri, attraversata da un largo sfregio rosa, che mi sembrò
molto grazioso, nel mezzo della carne scura e dei peli che gli creavano come un bruno contorno.
Tentai di vedere ciò che nascondeva sotto la camicia, ma non vidi nulla, solo dei cespugli densi e neri
che mi turbarono molto. [n.d.t.: in latino nel testo]
Non provavo tuttavia alcun affetto per quest'uomo, ma mi sembrava così maschio che desideravo
vivamente essere suo, non fosse che per alcuni istanti. Dopo quel giorno, quando mi guardava, provavo
sempre una grande emozione; arrossivo e, quando mi toccava, rabbrividivo dal piacere. Ancora oggi,
scrivendo queste righe, sento rinascere questa sensazione che vorrei soffocare e sento che, se fossi lì in
questo momento, mi abbandonerei a lui. Essendo un uomo abituato a questi tipi di avventure, capì
subito quale vantaggio avrebbe potuto ricavare dalla mia bella giovinezza e dal mio fascino di fanciulla
mascherata da ragazzo. Mi invitò a venire a vedere dei cavalli che erano nella sua scuderia e che,
credo, dovessero partire per non so quale paese. Ci andai tutto invaso dal desiderio di una avventura in
cui avrei potuto apprendere alcune cose e abbandonarmi alla mia inclinazione che, non ancora
soddisfatta, aveva preso delle proporzioni enormi e non mi lasciava un attimo di riposo. Dopo la visita
ai cavalli che ammirai molto, pur non capendo nulla, mi fece salire nel suo appartamento che era
composto da un sala sul pianerottolo, da una camera da letto e da una toilette. Il suo staffiere gli faceva
da domestico aiutato da una vecchia portiera.
Entrando in quella camera ammobiliata, tutta piena di fumo, che sapeva di sigaro e di scuderia, e dove
tutto era in disordine, ero come inebetito; il desiderio mi provocò delle palpitazioni così violente da
farmi quasi soffocare e mi sentivo le estremità gelate. Provo ancora spesso quella sensazione allo stesso
tempo deliziosa e crudele.
Mi fece sedere sul sofà accanto a lui, accarezzandomi, ridendo forzatamente e guardandomi con uno
sguardo così strano da aver paura, pur essendone affascinato. Non sapevo cosa dire, provavo vergogna
ed ero rosso come un peperone. Mi stringeva le mani e, mettendomi sui suoi ginocchi, cominciò a
baciarmi sull'orecchio, bisbigliando delle cose così a bassa voce che non le potevo capire. Eravamo
tutti e due silenziosi, restavo immobile sulle sue ginocchia, mentre continuava a baciarmi la testa, le
guance ed il collo. Mi sentivo morire di piacere, dal momento che non avevo mai provato una tale
voluttà. Finalmente si alzò dicendomi: "ne hai voglia?", con voce roca che mi fece quasi paura. Non
risposi tanto ero turbato.
Si alzò bruscamente, andò a chiudere la porta a chiave, chiuse anche quasi tutte le imposte della
finestra, poi ritornò verso di me che ansimavo dal desiderio, dalla vergogna e dalla paura. Mi spogliò in
un batter d'occhio, scorrendo tutto il mio corpo con le sue mani, mi tolse le calze e le scarpe, gettò via
la camicia, e mi portò come un bambino nel suo letto. In un batter d'occhio fu nudo anche lui e sdraiato
vicino a me che mi sentivo come in un sogno e non ero più cosciente dei miei atti e pensieri.
Si stese sopra di me, ansimando e gemendo assai, mi strinse così violentemente da impedirmi di
respirare e iniziò a muoversi sopra il mio corpo. Aveva dei grandi genitali che, strusciandoli su di me,
mi procuravano un grandissimo piacere. Nel frattempo mi succhiava gli orecchi, mi infilava la lingua
in bocca e accarezzava con le mani tutto il mio corpo. Pronunciava con voce spezzata parole
dolcissime e deliranti. Quando raggiunse l'orgasmo mi inondò, ma non smise di muoversi, anzi urlava
come un toro. Intanto eiaculai copiosamente e restammo a lungo quasi senza fiato e come incollati;
proprio per questo facemmo fatica a separarci. [n.d.t.: in latino nel testo].
In quel momento non provavo più alcuna vergogna e anche lui mi sembrava pienamente felice.
Emetteva dei lunghi sospiri di piacere e di soddisfazione. Dopo esserci alzati e vestiti accuratamente,
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mi guardai allo specchio. Fui colpito dalla strana e quasi spaventosa bellezza che avevo in quel
momento. Il mio viso era imporporato, le labbra rosse come il sangue, gli occhi brillavano con tutta la
loro più bella luminosità. Ero fiero di me, del piacere che avevo dato e ricevuto. Provavo per il capitano
quasi della riconoscenza e mi consideravo esclusivamente suo. Mi fece promettere di venire a trovarlo
spesso, cosa che feci con tutto il mio cuore. Non avevo mai vissuto dei momenti più splendidi e felici e
mi sembrò di incominciare a vivere solo a partire da quel giorno.
Da quel momento andai spesso da lui; facevamo colazione insieme, in una bettola, poi passavamo
molte ore chiusi nella stanza. Quell'uomo era un vero satiro e non credo che ci fosse nessun Romano,
nemmeno negli ultimi anni della repubblica romana, che fosse così abile nel piacere. Diceva infatti che
bisognava consacrare al piacere ogni parte del corpo; e metteva in pratica quello che diceva.
Inventava nuove posizioni, movimenti vicendevolio e pieni di ritmo, salti e torsioni insolite. Non posso
dire quello che mi ha insegnato. [n.d.t.: in latino nel testo].
Dopo avermi fatto conoscere tutto il suo repertorio, mi disse un giorno:"E’ giunto il momento che tu sia
completamente mio e che ti possieda interamente". Non domandavo di meglio; la mia natura mi
spingeva ad esserlo e bramavo nuove e segrete voluttà. Compresi ben presto ciò che voleva e questo mi
sembrò del tutto naturale; dunque non mi rifiutai. Non aspettandosi un abbandono così completo da
parte mia esplose di gioia. Mi disse che ero il suo tesoro, che mi amava molto e che mi avrebbe dato il
piacere più grande che avessi mai conosciuto.
Guardavo tuttavia quasi spaventato i grandi genitali gonfi e in piena erezione, che ungeva con l’olio
(cold-cream). Pensavo che non potesse introdurre quella cosa enorme nel mio corpo così morbido e
delicato. Unse anche me con l’olio e permettevo tutto ciò, anche se con l’animo angustiato, indeciso
allo stesso tempo tra il timore e il desiderio. Mi mise sul letto come di consueto, mise quindi le mie
gambe sulle sue spalle affinché il mio corpo fosse al livello del basso ventre; nello stesso tempo afferrò
le mie spalle e diede il primo colpo. Sentii un dolore così acuto che lo allontanai con un colpo violento,
e, sebbene tentasse di tenermi fermo, mi liberai da lui e saltai giù dal letto, rifiutandomi di
ricominciare un’altra volta. [n.d.t.: in latino nel testo]
Digrignò i denti, mi trattò molto male, mi pregò, ma fui inesorabile. Vi confesso che fu il dolore fisico
che mi trattenne dall'atto violento e in nessun modo la vergogna né qualsiasi altro sentimento. Non
facevo che cedere alla mia natura che ha voluto che fossi così.
Si dovette accontentare delle libertà che si era già preso con me, poiché non volli mai soddisfarlo nel
modo che avevo trovato così doloroso e al quale preferivo le voluttà più delicate che non lasciassero
alcuna traccia. Ho voluto in seguito riprovare con il mio amico, ma anche quella volta il dolore fu
troppo forte e vi dovetti rinunciare, sebbene a malincuore.
Del resto amavo molto quel soldato che, senza dubbio, si sentiva particolarmente virile quando
guardava me che ero così delicato e grazioso. Mi pregò spesso, piangendo, che soddisfacessi in ogni
parte del mio corpo la sua libidine, ma non volli mai farlo. Quando mi stringeva tra le braccia, mi
baciava, mi succhiava, mi mordicchiava. Un giorno, quando eiaculò, mi morse la spalla con tale
violenza che vi rimase il segno per alcuni giorni. Non provai mai un piacere così forte come in tale
periodo. Credo che non possa esistere un uomo così forte; spesso lo ammiravo nella sua vigorosa
nudità. La sua pelle aveva, cosa che ha ancora, un colore scuro e mostrava tre o quattro cicatrici da
ferita. Possiede la forza di Ercole, sebbene abbia cinquantadue o cinquantatré anni, dice di averne
quarantotto, cosa che è falsa. La sua virilità è grandissima; mi raccontò che, non appena diventò
adulto, faceva l’amore tre o quattro volte al giorno, ora in verità lo fa una volta, quasi ogni giorno.
Quando raggiunge l’orgasmo, pensi che ti inondi, e in quel momento è preso da tanta voluttà che
freme e urla come un leone. Il suo modo di fare non è mai prestabilito quando vuole è sempre pronto.
[n.d.t.: in latino nel testo]
Ero molto geloso di lui ma non così tanto come lo ero stato dell'altro, che era molto più affascinante e
possedeva molta più grazia e giovinezza.
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Egli fu il mio maestro e se ne avessi avuto uno simile nelle altre discipline non mi sarei di certo potuto
lamentare. La partenza e, dopo alcuni mesi, una nuova e più dolce passione mi allontanarono da lui,
tuttavia spesso ci siamo rivisti e per quanto ora si assenti per lunghi periodi, io spero che continui a
desiderare di vedermi. [n.d.t.: in latino nel testo]
In seguito ebbi un'avventura con un giovane spagnolo che fece per me ciò che io avevo fatto per gli
altri. Mi seguiva a lungo dappertutto, restava delle lunghe ore sotto il mio balcone e passeggiava lungo
la riva dove mi trovavo. Feci la sua conoscenza e mi dimostrò un’amicizia molto appassionata. Lo feci
venire qualche volta a casa mia, ma aveva le stesse mie caratteristiche, era molto timido ed io, abituato
a maschi possenti, provai presto avversione nei suoi confronti. L'ho congedato in un modo molto poco
onesto e da allora non l'ho più rivisto. Credo che sia tornato in Spagna con la sua famiglia.
Un giorno, in città, mi seguì un uomo; il mio capitano era in viaggio, lo spagnolo mi annoiava e avevo
bisogno di distrarmi. Ci intendemmo immediatamente. Gli detti appuntamento nell'appartamento del
capitano di cui avevo la chiave. Fui disgustato da quell'uomo che aveva lo stesso vizio del vostro
Battista. Era freddo e appiccicoso, un biondo acido e antipatico. Non riuscii a fare niente tanto ero
disgustato e se ne andò così veloce come era venuto. Da allora non l'ho mai più rivisto
Ecco, Signore, la confessione che volevo farvi; essa è terminata. Forse mi compatirete, essendo il dono
dei grandi spiriti quello di conoscere e comprendere il bene ed il male. In mezzo al mondo in cui vivo e
dove sono di passaggio, isolato dai miei stessi pensieri, sento una profonda tristezza ed un profondo
disgusto. Esco da questo torpore solo negli istanti nei quali posso abbandonarmi a una folle passione, e
questi istanti sono rari, dal momento che non voglio più mettere nessuno al corrente del mio triste
segreto. Le signore mi vezzeggiano molto; più d'una mi ha fatto delle proposte galanti che ho sempre
respinto sorridendo, ma con una vera disperazione e con grandi rimorsi. Mi trovo molto bene in
compagnia delle donne che si comportano con me esattamente come fanno, in La Curée, con il vostro
Maxime al quale rassomiglio un po’; ma, più sfortunato di lui, la mia natura mi impedisce l'amore e mi
lascia solo la fredda dissolutezza che finisce anch'essa col divenirmi odiosa.
Spesso mi si prende in giro per la mia malinconia e le mie pose alla Werther, ma, se si leggesse nel mio
cuore, forse non si proverebbe commiserazione e non si riderebbe di me.
Come vi ho già detto non ho alcuna speranza su questa terra e tutte le gioie degli altri mi sembrano un
insulto nei miei confronti. Dovrò restare sempre ciò che sono: un essere grazioso, carino, profumato,
irreprensibilmente elegante, frivolo e segretamente dissoluto; dico segretamente poiché nessuno
sospetta quello che sono e ciò che faccio. Quando dico nessuno, voglio dire che faccio eccezione per le
tre o quattro persone che mi hanno veramente conosciuto. Ma siccome questi hanno condiviso le mie
debolezze e la mia vergogna, davanti a loro non ho motivo di arrossire o almeno arrossiremmo insieme.
E perché dovrei vergognarmi per ciò che ho fatto? Non è la Natura che ha fatto il primo errore e mi
condanna ad una Eterna sterilità?
Avrei potuto essere una donna adorabile e adorata, una madre e sposa irreprensibile, e sono solo un
essere incompleto, mostruoso, che desidera ciò che non gli sarà permesso ed è a sua volta desiderato da
quelle che può guardare solo come amiche e non come amanti. Conoscete supplizio più doloroso? I
nostri torti non sono forse scusabili?
Sono sicuro, Signore, che conserverete questa confessione in quanto dei documento umano poco
studiato e che mi sarete grato di avervelo indirizzato.
Vi dirò ancora delle cose che potranno interessarvi riguardo al mio ambiente e alla commedia in cui
sono immerso1, e se non fosse stato per la dote di mia madre e per delle felici speculazioni, saremmo
dei ben tristi rappresentanti della nobiltà.
1Tralascio certi dettagli troppo caratteristici e che forse permetterebbero alle persone indiscrete di scoprire l'identità
dell'autore di questa confessione. Mi basti dire, per riassumere le informazioni che egli da sulla sua famiglia, che essa è, da
parte di padre, di ottima e alta nobiltà.
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I miei fratelli sono tutti sistemati e hanno una bella famiglia. Prego sempre Dio che nessuno dei
bambini mi assomigli né fisicamente né moralmente.
Sento che invecchiando cadrò nella devozione che mi offrirà la sola consolazione possibile, ma
l'augurio più ardente che formulo è quello di non invecchiare e di andarmene nel pieno fiore della mia
giovinezza e della mia bellezza. Se invecchiassi, mi disprezzerei e mi odierei troppo.
Non ho nulla da aggiungere a queste pagine già così lunghe; temo di avervi terribilmente annoiato, se
avete avuto il coraggio di arrivare fino a qui.
Non importa, mi sono un po’ sfogato e ho descritto con una sorta di voluttà retrospettiva le scene
abominevoli e appassionate di cui sono stato l'attore.
Inutile rassicurarvi sulla veridicità del mio racconto; non avrei alcun motivo per mentire e voi stesso
riconoscerete forse l’autenticità di ciò che vi ho scritto. Mi sono trattato, mi sembra, molto duramente e
non mi sono certo imbellito né dal punto di vista fisico né da quello morale.
Perdonate l'orribile scarabocchio, ma ho scritto a cuore aperto, come se mi confessassi ad un medico o
ad un amico, e non ho potuto badare né alla forma né all'ortografia.
Ecco, Signore, ciò che avevo da dirvi.
Uno dei vostri più appassionati ammiratori.
P.S. - Sapete, Signore, ciò che mi ha spinto a scrivervi da qui dove sono per il Giubileo del S. P.? E' la
rabbia e l'invidia che ho provato rivedendo un ragazzo della più perfetta e regale bellezza per il quale
ho provato un tempo la passione più ideale e al quale non ho mai parlato e mai parlerei. Lo amo tanto
quanto lo odio e vorrei saperlo morto, affinché non sia mai di nessuno. Avete mai immaginato un
simile martirio?
V. – Terzo documento.
Signore,
spero che abbiate ricevuto il pacco di fogli così mostruosamente scritti che vi ho inviato. Li ho scritti
con piacere, sicuro che, nei vostri profondi studi sull'umanità, sulle sue malattie e le sue disgrazie, una
tale confessione avrebbe potuto solo farvi piacere.
Vi ho scritto in una giornata noiosa e triste, mentre pioveva a dirotto e i colori melanconici si
estendevano su tutte le cose. L'ultima parte di questa confessione è stata scritta il mattino seguente,
mentre un'orrenda pioggia sferzava la mia finestra, in una banale e triste camera ammobiliata.
Ciò che ho scritto ha stranamente risentito del mio umore, della tristezza e della noia che mi
circondavano. Ho dipinto le cose troppo in nero e mi sono mostrato quello che forse sono, ma
certamente non sempre. Sono così, ho in me questa malinconia e questa tristezza - che sono diventate il
fondo del mio carattere -; ma ne esco spesso e non mi sento sempre così infelice. Vi ho scritto dopo una
cena deliziosa, in numerosa compagnia, durante la quale ho ricevuto una grande quantità di
complimenti e dove i vini generosi e tutto lo splendore di una ricca casa incantavano il cuore e lo
spirito. Voglio dunque completare lo studio della mia persona che considero spesso favorita dalla
natura poiché ha fatto di me un essere che i più audaci poeti non hanno saputo creare.
Uomo incantevole nel fisico, possiedo lo spirito, il fascino e tutti i gusti delle donne più deliziose; se
talvolta mi sfinisco a forza di rimpiangere di non essere né uomo né donna, riesco talvolta a trionfare
grazie ai doni riuniti dei due sessi. Mi piace paragonarmi agli incantevoli eroi della mitologia e a dirmi
che Giacinto, Ganimede e tante altre deliziose creature non differivano affatto da me e furono adorati
dagli dei più belli e potenti.
Provo una ripugnanza assoluta verso la donna, ma considero le donne come mie simili e provo per
molte di loro la più viva amicizia, ricambiata, anche se talvolta esse si stupiscono, senza sospettarne il
motivo, del mio riserbo e della mia innocenza nei loro confronti.
Intrattengo una regolare relazione epistolare con diverse donne affascinanti, che spesso mi hanno
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confidato i loro sentimenti più intimi e alle quali sono sempre piaciuto per una conversazione più che
licenziosa. Parecchie hanno finto di credere che facessi loro la corte e mi hanno fatto delle proposte
abbastanza chiare; ho subito provato ripugnanza nei loro confronti e le ho subito tenute a distanza.
Fingo sempre di essere innamorato di un'altra donna, fornisco dettagli su persone immaginarie e
racconto ogni sorta di cose che ho appreso dai libri o che ho saputo da alcuni amici.
Una volta, una cugina sposata ha abitato a casa nostra per qualche giorno. Dormiva in una camera
accanto alla mia e solo un muro separava i nostri due letti, posti nei due angoli delle rispettive camere.
Durante la notte, essa dava dei colpi al muro della mia camera, ridendo e scherzando - poiché era molto
burlona e giocava sempre alla bambina viziata (adesso è morta di meningite). Temevo che le venisse
l'idea di chiamarmi e finsi di dormire tutta la notte, adducendo come pretesto un fortissimo sonno.
Credo che avrei potuto dormire tutto nudo accanto a lei senza che mi sfiorasse il minimo desiderio.
Posso provare la più grande simpatia per delle signore – dico signore perché le altre mi sembrano solo
delle stupide zotiche – ma posso essere solo loro amico, e nient’altro, mentre i miei sensi si
risvegliano, in modo terribile e potente, quando sento accanto a me o soltanto vedo un uomo che mi
piace, di qualunque condizione sociale sia.
È vero che preferisco sempre le persone distinte e ben vestite, soprattutto i militari.
Ieri, quando ho consegnato la lunga lettera che vi ho indirizzato, sono rimasto colpito dal bell’aspetto
dell'impiegato delle poste; i romani sono davvero belli! Oggi ho inviato parecchie lettere per poter
tornare a vederlo e mi sono molto divertito a parlargli e a guardarlo. E' decisamente un uomo
affascinante!!
Provo una vera passione per gli uomini; se fossi stata una donna sento che sarei stata terribile nei miei
amori e nelle mie gelosie!
Non crediate che, per amare, intenda solo fare ciò che vi ho scritto ieri; penso che esista una maniera
ben più bella e nobile d'amare. Peccato che non potrò mai provarla, dal momento che un uomo
veramente nobile e affascinante non vorrebbe certo saperne di me e bisogna che mi accontenti di
uomini depravati. E’ vero che forse sono più divertenti e molto migliori degli altri; questa è la mia
consolazione.
Vorrei tuttavia poter amare qualcuno di una passione bella e nobile.
Capisco tutti i sacrifici che si possono fare quando si ama veramente e fremo all’idea di non poter
conoscere questo sentimento e soprattutto di non poter essere amato con la passione del cuore e lo
slancio con cui sento di poter amare.
Temo proprio ora che l'amore del giovane militare sia stato solo ben calcolato, un mezzo per giovarsi
del mio denaro. Anche se forse la mia persona gli è risultata gradevole, dal momento che senza dubbio
gli ho fatto provare ciò che non conosceva, temo che tutto si sia limitato a questo e che egli non abbia
provato per me alcun altro sentimento.
Quanto al capitano, è un depravato che vedo perché non ho per ora niente altro di meglio e al quale
appartengo per abitudine. Può darsi anche che l'ami più di quanto pensi. Quando parte, mi indispettisco
e queste lunghe assenze mi sono molto sgradevoli, per quanto non provi del vero amore per lui.
L’amore, fino ad ora, l'ho provato solo una volta nella vita e forse, non lo proverò più con la stessa
violenta esplosione di sentimenti teneri e delicati e la stessa orribile gelosia.
Penso che il mio capitano mi ami veramente; almeno lui dice così. Ma ho osservato più di una volta che
cambia subito atteggiamento dopo che la cosa é consumata e che gli ardori e la passione che prima mi
ha testimoniato, cambiano subito dopo che ha fatto ciò che voleva. Non era così all'inizio, e credo
proprio che egli prenda in considerazione solo il suo piacere e la stranezza del mio aspetto e della mia
persona, mentre in realtà si preoccupa molto meno di me, cioè dei miei sentimenti e del mio affetto;
d'altronde mi stanca molto. Sebbene sia forte, e forse proprio perché é così forte e vigoroso, si muove a
lungo prima di eiaculare. Io, in verità, eiaculo subito, e, in attesa che lui faccia lo stesso, sebbene lo
desideri poco, ritorno in me e osservo quest’uomo incapace di dominare la propria libidine. Il suo
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volto allora mi appare feroce e spregevole, cosa che, se prima mi era gradita, appena saziata la mia
libidine, mi provoca disgusto e quasi del terrore. Vorrei fuggire, ma, avendo preso la mia parte di
piacere, è giusto che anche lui possa farlo. Questo mi affatica molto, e giaccio li, con il volto severo e
tutto teso e rigido. In quei momenti lo detesto. Ma, quando raggiungiamo insieme l'orgasmo, allora
provo una vera gioia e in quei giorni lo amo appassionatamente, mi affido a lui anima e corpo e mi
sforzo di piacergli in ogni modo. Il mio grande dolore è di non poter ricevere dentro di me il suo seme,
se ciò accadesse mi sembrerebbe di essere tutt’uno con lui. Sono molto frustrato da questo desiderio e
in quel momento desidero ardentemente di essere una donna. [n.d.t.: in latino nel testo].
Dopo avergli resistito la prima volta e molte altre ancora, ha quasi rinunciato a volermi possedere come
desidererebbe e come io stesso desidererei, se in quei tentavi che non sono mai andati a termine non
avessi provato un dolore atroce a causa dell'estrema delicatezza del mio corpo. Per fargli piacere, potrei
persino soffrire un po’, ma quando arrivo a quel punto - abbiamo provato due o tre volte - provo solo
dolore e, malgrado i suoi sforzi e le sue preghiere, bisogna davvero che rifiuti.
Sarete forse sorpreso che vi parli con tanta passione di un uomo che non è più giovane, benché valga
parecchi ragazzi messi insieme. Non vi ho parlato altrettanto della mia altra passione, che fu molto più
forte. Il motivo è che l’altra non esiste più e che questa dura da quattro anni, mentre vivo sempre nel
presente e spesso ne godo ancora! E poi ero un po’ più riservato con l’altro, perché l’amavo di più e
con lui non ho mai fatto, né mi sono mai abbassato a fare, ciò che il capitano mi ha insegnato e fatto
eseguire, talvolta con modi molto brutali che mi affascinano in segreto e mi rendono docile a tutto ciò
che vuole. Mi sento molto piccolo in confronto a lui!
Nella confessione che vi ho scritto – la mia scelta è caduta su di Voi a causa dell’ammirazione nei
vostri confronti e nella speranza di poter essere utile a qualcosa - non volevo in realtà parlarvi della
deliziosa dissolutezza a cui mi dedico con quest’uomo. Avevo deciso di raccontarvi solamente quella
più tenera che ho avuto durante il servizio militare, ma, preso dallo slancio, non ho potuto resistere a
evocare quelle scene che pregusto con immenso piacere e desiderio, sebbene spesso mi lascino triste e
annoiato.
La sola persona che abbia forse provato un vero amore per me è stato il giovane spagnolo con il quale
ho provato piacere forse una dozzina di volte e che mi amava fino al delirio, mentre io mi mostravo
molto freddo nei suoi confronti. Lo trovavo troppo simile a me. Era vergine come me – benché non
volesse convenirne; lo si indovinava da tutti i suoi discorsi e dalla forza con cui era attratto dagli
uomini. Era delicato e non bello, sebbene avesse degli occhi splendidi, di un bruno verde iridato, come
un marmo prezioso.
Un giorno mi ha raccontato che, abituato a seguirmi senza conoscermi - ciò è durato diversi mesi - non
avendomi visto per quindici giorni (allora ero a Palermo), aveva pianto a lungo, credendomi malato o
morto. Conservava anche una foglia d’oleandro che avevo raccolto, mordicchiato e gettato a terra senza
nemmeno farvi attenzione. La conservava come una reliquia e me l’ha mostrata incorniciata, sotto
vetro.
Ho sempre riso di lui e segretamente mi è stato davvero antipatico, sebbene qualche volta abbia voluto
accontentarlo. In seguito ho temuto di ispirare lo stesso sentimento e ciò mi ha messo singolarmente in
guardia contro me stesso e la facilità che ho di infiammarmi a prima vista.
Da allora sono molto riservato, nel mio comportamento in pubblico, verso il mio amante al quale non
permetto alcuno scherzo e che tratto come se mi fosse completamente indifferente. Sono così anche nei
nostri incontri e nei nostri discorsi e mi lascio andare completamente solo nel mio appartamento ben
chiuso e nella semi-oscurità della stanza.
Prima non ero così riservato, ma la conoscenza del mondo mi ha insegnato come ci si doveva
comportare in queste situazioni strane ed eccezionali.
Quando si parla di lui sto zitto o ne parlo male. Lo hanno dovuto spesso difendere dai miei attacchi. La
cosa peggiore è che sono sincero nei miei apprezzamenti e quando parlo male di lui, lo penso
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veramente. Qualche volta lo tratto davvero a male parole e non temo, in presenza di altri, di contrariarlo
in tutto ciò che dice. Ciononostante, quando siamo soli e diventa il mio padrone, sento svanire la mia
tracotanza – che è molto artificiale - e cado nelle sue braccia, ben felice di vederlo pieno di eccitazione
e di ardore nei miei confronti. E’ senza dubbio per causa sua che non cerco altre distrazioni e, del resto,
l’abitudine l’ha reso mio padrone e desidero solo momentaneamente quelli che mi piacciono.
Ieri vi ho parlato, da ultimo, della disperazione e della rabbia provate rivedendo il ragazzo la cui
bellezza mi ha sempre colpito. E' così bello che ne sono tutto turbato, ma lo considero più come una
opera d'arte che come un uomo. Invidio la donna che l'avrà e godrà di lui, ma vorrei averlo piuttosto
come amante che come marito; è troppo perfetto e alla lunga deve diventare monotono. Ciò non mi
impedisce di emozionarmi quando lo vedo e di voler essere ardentemente amato da lui, di tenerlo tra le
mie braccia e che fosse innamorato di me.
Ahimè! Questo è impossibile e bisogna che mi accontenti di quello che ho, che non è poco; tutti non
sono forse così felici come me. Ho amato appassionatamente e forse sono stato corrisposto da un
ragazzo affascinante nella sua elegante virilità; ho conosciuto tutti gli ardori della gelosia e della
passione soddisfatta, se non completamente, almeno in modo soddisfacente; sono amato, di un amore
orribile e violento, da un vecchio guerriero con tutta la forza della virilità e accanto al quale molti
uomini sembrano piccoli e deboli; mi riempie con la sua tenerezza appassionata e, se non fossi un po'
stanco di lui, sarei completamente felice e pienamente soddisfatto nei miei desideri.
Rimpiango e rimpiangerò spesso la natura piena di contrasti e di non poter godere insieme nel corpo e
nell'animo, ma, in fin dei conti, sono giovane, grazioso, seducente e ricco e, anche se il mio animo è
mostruoso, mi consolo pensando che sono il prodotto vizioso e grazioso di una civiltà raffinata e
fragile.
Voglio parlarvi un po', del resto, del mio attuale carattere, cosa che forse vi potrà interessare e vi darà
un'idea completa della mia strana personalità. Mi piace tutto ciò che è bello, e adoro ciò che è
eccezionale, ricco ed elegante che quasi nulla è abbastanza bello ai miei occhi. Con l'immaginazione ho
edificato palazzi di rara bellezza, ricolmi di capolavori provenienti dal mondo intero. La vista di
un'opera d'arte, artificiale o reale, mi tiene in estasi delle ore e la notte torno persino a sognarla.
La bellezza ai miei occhi sostituisce ogni cosa e in sua presenza tutti i vizi, tutti i crimini, mi appaiono
scusabili.
Uno dei personaggi di Balzac che mi aveva più affascinato è il bel Lucien; immagino sempre di
rassomigliarli e penso che l'amore del terribile Vautrin sia stato di una natura ben più materiale di
quanto Balzac abbia potuto confessare a se stesso.
Amo infinitamente i fiori di serra e le piante rare, costose e mostruose; mi affascinano soprattutto le
rose e i grandi fiori esotici, anche nella pittura. Nutro una vera avversione per i gigli e per tutti i fiori di
campo nonché per quelli che crescono in libertà, senza bisogno di essere coltivati.
Nella famiglia umana mi piacciono e considero degni del nome di uomo solo le persone distinte, ben
vestite ed eleganti .Le altre per me non contano. Faccio eccezione per gli artisti che, grazie alla
raffinatezza del loro animo e alla bellezza delle loro opere, possono permettersi un comportamento un
po' più libero. Le altre persone non contano per me e provo solo dell'avversione nei loro confronti.
Preferisco di gran lunga un magnifico cane – un King-Charles, per esempio – a tutti gli operai e i
contadini del mondo. Questi ultimi mi sono odiosi; faccio eccezione per alcuni dei primi, se sono molto
belli e muscolosi, cosa che accade spesso.
Se fossi stato una bella signora, credo che avrei voluto provarne qualcuno, mandandolo via subito
dopo, si intende.
La parola donna risveglia in me solo delle idee di lusso, di vetture stemmate, di sete, di velluti, di pelli
bianche e profumate, di mani perfette e facili costumi. Una donna che va a piedi mi sembra sminuita e
decaduta e le popolane sono per me qualche cosa di orribile, anche se sono belle dal punto di vista
plastico.
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Inutile dirvi che – sebbene indifferente a tutto – sono monarchico d'istinto: i re e le regine mi sembrano
forgiati diversamente dal resto del mondo.
Cattolico non convinto, incredulo, amo la pompa della Chiesa e sono fiero di appartenervi. Mi
piacciono le chiese ricche - soprattutto quelle dei gesuiti, con le loro dorature e i marmi policromi – e
amo le cerimonie religiose pompose che fanno vibrare in me qualche cosa di sconosciuto e di
misterioso.
Provo orrore per la repubblica e mi sembra sempre – forse riderete – di vederla popolata di esseri
cenciosi e sporchi. Mi trovo a mio agio solo in appartamenti molto ricchi e magnificamente
ammobiliati, gusto che mio padre condivide. Ha speso delle vere fortune in oggetti d'arte e soprattutto
in cineserie e in magnifici e mostruosi oggetti del Giappone. Mi affascinano le sale disposte in fila la
cui vista si perde attraverso i tappeti e gli specchi. Adoro le serre e le camere surriscaldate dove mi
trovo a mio agio nel sognare ad occhi aperti e ad evocare immagini misteriose e voluttuose. Sono
sempre stato frivolo e mi prende un vero brivido quando, entrando con la carrozza attraverso il cancello
del nostro giardino, le persone si fermano a guardare prima di passare oltre.
Amo essere ammirato e sono fiero della mia bellezza che cerco di accentuare più che posso. Ho sempre
trovato della rassomiglianza con i busti di Mme Dubarry: una Dubarry con i capelli tagliati e vestita da
ragazzo. Spesso si è insistito sulla mia rassomiglianza con una donna e, se qualche volta ciò mi ha
annoiato, il più delle volte mi sono sentito adulato da quegli sguardi curiosi e sorpresi. Una sera, molti
anni fa, allo Skating, a Parigi ho suscitato una vera sorpresa. Numerose signore credettero ad un
travestimento e mostrarono segni inequivocabili del loro stupore. Ne fui incantato.
In pittura preferisco a tutti gli altri i quadri di genere, soprattutto se rappresentano degli interni moderni
e ricchi. Del resto ho provato un vero fanatismo per il grande Mackart le cui opere sensuali e
inquietanti mi incantano. Il quadro di questo artista da me preferito è la morte di Cleopatra, scena che
ho sempre ammirato e invidiato.
Nel mio carattere ho un fondo di crudeltà; amo la sofferenza altrui, soprattutto se sono io a infliggerla;
nella mia infanzia tormentavo volentieri gli animali; vi ci mettevo la più grande raffinatezza e ne
provavo una acuta sofferenza che mi piaceva e mi infiammava.
Sono sempre stato abbastanza arrogante e nel periodo in cui gli affari andavano male, il lusso mi
mancava terribilmente. E' per me un vero bisogno e non potrei vivere con meno.
Odio ciò che è ordinario, quotidiano, e adoro in ogni cosa lo straordinario, l'impossibile.
Spesso, in assenza dei miei genitori, dormivo tutto il giorno; facevo illuminare tutto l'appartamento e,
la notte, rimanevo sveglio, bevevo, mangiavo, in una veste da camera greca, dopo aver preso dei bagni
caldi e profumati. Dipingo con molta grazia, soprattutto all'acquerello, e faccio dei lavoretti per gli
album delle signore e i loro ventagli.
Sono scaltro e perfido e tuttavia, qualche volta, sono di una sagacia davvero stupida. Tutti quelli che mi
avvicinano mi adorano e nessuno ha resistito al mio fascino; ho sempre preso le persone per il verso dei
sentimenti e sono sempre riuscito a fargli fare ciò che volevo, mentre, quando si prendono di petto gli
altri, non si ottiene nulla. Ho spesso osservato che i miei compagni o i miei commilitoni sono stati
puniti per dei peccatucci e fatti simili, mentre io sono sfuggito ad ogni punizione, grazie alle arie
innocenti e melanconiche che prendevo.
Ho sempre tiranneggiato quelli che amavo; li induco subito a vedermi più rude e autoritario di quello
che sono. Sebbene debole ed effeminato, odio i deboli e amo solo i forti, quelli che lottano e hanno
successo. Ho sempre rimpianto di non aver potuto consolare i grandi e potenti, una volta caduti in
disgrazia; penso che, se fossi stato Maria Luisa, avrei seguito Napoleone a Sant'Elena. Forse non sarei
stato della stessa opinione se avessi conosciuto e amato il bel Neipperg, malgrado il suo occhio di
vetro. Ammiro con entusiasmo, ve l’ho detto, tutto ciò che è bello e delicato; mi piace, cosa strana, la
bruttezza maestosa, rude e potente, che in un uomo ammiro quanto la bellezza, e forse ancora di più.
Ho un'intelligenza molto viva e sveglia, malgrado i miei sbalzi di umore e le mie debolezze. Capisco
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ogni cosa, nel bene e nel male, e ammiro molto sia l'uno che l'altro, purché non vi sia nulla di volgare.
Non ho mai potuto apprendere l'aritmetica al di là di quattro regole e non saprei applicarne una su tre,
sebbene sia stato seguito a lungo da un maestro di aritmetica. Non comprendo nulla di affari di borsa,
sebbene ne abbia sentito parlare a lungo in famiglia; ora, grazie a Dio, non ne sento più parlare, dal
momento che non ne abbiamo più bisogno!
Imparo una poesia che mi piace in cinque minuti, nella versione in lingua originale, per quanto lunga
sia, e non posso ficcarmi in testa due righe di una prosa sgradevole, anche se ci impiego delle ore.
Suono abbastanza bene il piano, sebbene non abbia avuto la pazienza di impararlo a lungo; suono
preferibilmente dei pezzi malinconici, soprattutto di Schubert e di Mozart; suono anche delle opere di
cui, mentre suono, evoco le scene e le passioni dei personaggi del libretto. Il mio compositore preferito
è Verdi che adoro. In letteratura preferisco le descrizioni dei sentimenti e il progredire lento e
inevitabile delle passioni al guazzabuglio delle avventure. Ho voluto leggere Ponsou du Terrail, ma non
ho potuto finirlo; lo trovo molto noioso e impossibile.
Il romanzo storico - eccetto Ivanhoe, perché mi piace credere che Rebecca possa essere una delle mie
antenate materne – non mi piace affatto; i romanzi di Dumas padre mi hanno interessato molto tempo
fa, ma ho trovato infinitamente più interessante consultare i documenti storici e le memorie dell’epoca.
Possiedo innumerevoli volumi su Maria Antonietta, la mia eroina preferita, e su diversi celebri
personaggi femminili. Amo collezionare i loro ritratti autentici, anche quelli brutti, che conservo solo
per me, per non vergognarmi delle mie dilette eroine. Questi li conservo per me. Ho pagato duecento
franchi in volumi che non mi interessavano affatto per una piccola incisione che rappresenta Maria
Antonietta sul patibolo, tratta da un disegno del 1793.
La storia di Francia è quella che mi interessa di più, sebbene, se avessi potuto scegliere un'epoca e un
paese dove nascere, avrei scelto Roma ai tempi della decadenza, sotto Adriano per esempio (mi sarebbe
piaciuta anche la corte di Enrico III). Sarei stato incantevole in costume romano e, per questo, lo scelsi
in un ballo mascherato dove feci furore, con le braccia e le gambe nude, con dei deliziosi sandali che
lasciavano passare le dita nude del piede e le unghie lucide come agate. Il capitano (lo chiamo così,
sebbene non lo sia più) era vestito da gladiatore ed era splendido in un costume color caffellatte (lui é
molto più scuro) che mostrava nella sua rigida ampiezza tutto il suo magnifico corpo, le gambe e il
petto coperti di acciaio. Quella sera ci demmo alla pazza gioia.
Nutro una vera passione per gli animali, soprattutto gli uccelli delle isole e i cani di razza; posseggo
degli adorabili carlini giapponesi. Un tempo adoravo anche i bambini; ora non posso quasi più
sopportarli e non li accarezzo mai, nemmeno quelli che fanno parte della mia famiglia.
Napoli è la mia città favorita, ed è sempre con pena che la lascio, anche solo per qualche giorno. E'
quasi l'Oriente con le sue enormi palme e la sua rada blu e infiammata da strani fuochi che, anche
pittura, sembrerebbero impossibili. Napoli abitata dai Francesi con la loro raffinata civiltà, sarebbe
divina; non ci sarebbe città al mondo più bella. Se fosse appartenuta agli Inglesi, nel tempo che fu degli
Spagnoli, che bel paradiso sarebbe stata! Ciononostante è magnifica così come è anche se l'amerei più
leziosa e raffinata: sarebbe il paradiso di Maometto.
Amo solo le più selvagge solitudini: una foresta, per esempio; ma non appena vi arriva l'uomo,
desidero una civiltà perfetta, con tutte le sue delicatezze e i suoi raffinati disordini. Amo i parchi
all'inglese, ma mi affascinano di più i giardini di Versailles e quelli di Caserta.
Inutile dirvi che vado matto per le vostre opere, che ho letto con ammirazione, sebbene il soggetto delle
ultime non fosse, per me, molto gradevole.
Il vostro libro che preferisco è Le Curée dove ritrovo qualcuno dei miei sentimenti e l'ambiente nel
quale ho quasi sempre abitato, dove sono nato e vissuto. Anche Madeleine Férat mi ha fatto una
grandissima impressione.
Stasera ho scritto queste pagine con il più vivo piacere. La camera è molto allegra con il suo gas
acceso, i tappeti caldi e il rumore dell’hotel che brulica di gente. Sono quasi felice; quanto durerà
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questo stato? Spero a lungo e voglio solo pensare a godermi ciò che ho, senza cercare altro. Ho scritto
per me, ma quello che ho scritto ve lo invio. Vi sarà utile a qualche cosa o avrò perduto il mio tempo?
In ogni caso non rimpiango queste ore. Ho rivissuto tutta la mia vita nei suoi orribili dolori e nelle sue
gioie colpevoli e deliranti.
Credevo di poter dormire, ma tutti i ricordi evocati in queste pagine rendono il sonno impossibile e
bisogna che ritorni alla mia scrittura che mi fa rivivere, in poche ore, dei lunghi anni. Del resto la
continenza di queste ultime settimane e il viaggio del mio amico, che non parla ancora di ritorno, mi
hanno singolarmente eccitato e provo un'intensità di desideri e di passione che mi impediscono di
prendermi un lungo riposo. Ritorno dunque alla mia conversazione con voi, ma certamente questo sarà
l'ultimo foglio che vi scriverò perché, al contrario, sento che non terminerei mai e vi invierei un vero
volume che finirebbe con lo stancarvi assai. Mi sembra sempre di aver finito e trovo sempre qualche
cosa da raccontarvi. Del resto mi piace talmente parlare della mia piccola persona che non smetterei di
evocare la mia immagine come in uno specchio. Penso che non ci si possa mai stancare di parlare di se
stessi e analizzarsi nei minimi aspetti, soprattutto se l'essere che la Natura ha creato è così singolare
come io sono. Penso proprio che, dopo tutto quello che vi ho scritto, potreste descrivere tutto ciò che
rimane del mio carattere, delle mie idee e anche dell'ambiente che mi circonda, ma siccome ciò mi
diverte particolarmente, continuo ancora un po', più per me che per voi.
Avrete indovinato che sono goloso quanto lo stesso Brillat-Savarin. Non mangio molto, ma adoro i vini
squisiti, almeno quelli che mi sembrano tali, purché abbiano un nome celebre e costino caro. Provo una
vera passione per la selvaggina e per i fagiani e vado matto per tutto il pollame molto frollato. Mi
piacciono i formaggi più rari e quelli più fortemente aromatizzati. Mi affascinano tutte le raffinatezze
della tavola e mi sento a mio agio in una cena solo se la tavola è brillantemente illuminata e il servizio
irreprensibile. Mi piacciono anche i liquori ma a dosi molto piccole. Ho sempre sognato le orge romane
e una delle scene che mi hanno più affascinato è quella dell'orgia di Arbace negli ultimi giorni di
Pompei. Adoro questa piccola città e spesso la percorro rievocando tutto il suo fascino ormai morto e la
sua vita spenta dal Vesuvio. Nutro la più viva passione per gli spettacoli equestri e la bellezza degli
atleti, la loro forza e la perfezione delle forme che mi provocano una vivissima impressione. In
compenso provo pietà e disgusto per le saltatrici e i saltimbanchi del circo. Adoro i bei cavalli, ma
preferisco farmi portare in vettura che montare a cavallo, sebbene cavalchi abbastanza bene. Non
manco quasi mai agli spettacoli delle bestie feroci e ho sempre assistito al pranzo e ai giochi dei leoni e
delle tigri, con il segreto desiderio di vedere colare un po' di sangue. Preferirei un bel domatore a tutti i
poeti mingherlini di questo modo. Quando vedo degli uomini – e nella passione che provo, vedo il
fulgore, il coraggio, la forza e la bellezza – mi piace poco la delicatezza in loro; sono io stesso così
delicato! Amo il gioco con passione e più è rischioso più mi piace. Sono abbastanza fortunato nel
gioco, ma il denaro scivola dalle mie mani e non resta mai nelle mie tasche. Ho spesso rimediato alle
perdite di gioco - leggere, è vero – del mio amico. Spendo poco per me stesso a parte i libri, i
soprammobili e la mia toilette che mi interessa molto. Amo lo chic severo e dignitoso degli Inglesi di
cui seguiamo tutte le mode semplici e singolari. Amo molto il nero che fa risaltare il mio viso biondo e
grazioso. Mi piace la biancheria smagliante e gli stivaletti più eleganti e all'ultima moda. Ho una
andatura molto elegante e non ho mai l'aria impacciata. Amo poco i gioielli negli uomini e porto solo
spille da cravatta molto semplici e un orologio che è una vera meraviglia. Porto nel mignolo sinistro
solo un semplice chiodo di ferro con un grande diamante che mi ha donato mia madre. Il mio grande
lusso sono i miei bastoni: ce ne ho di Verdier, che sono meravigliosi, uno soprattutto, con un magnifico
pomo di cristallo di roccia. Mi sembra di non aver parlato delle mie mani che sono veramente
magnifiche; forse la cosa più bella che ho, eccetto la mia carnagione e i miei capelli. Ne sono molto
fiero tanto più che sono molto ammirate e che mi è stato detto spesso che era un vero piacere essere
toccati da esse. Un grande scultore che sfortunatamente sta per morire e che ho conosciuto, le ha volute
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modellare e ne ho una copia in camera mia, posata su di un cuscino di velluto blu. La loro forma è
perfetta anche se strana; essa è lunga e sottile, senza parvenza di nodi o di muscoli. Le dita lunghe,
larghe dalla nascita, terminano a forma di fuso. Sebbene di una inaudita delicatezza e di una estrema
finezza, esse finiscono in forma quadrata e occorre che tagli le mie unghie secondo questa linea ; esse
assomigliano del resto a delle pietre preziose e sono di un rosso vivo, come verniciate, e passano, a
partire dalla loro mezza luna bianca, attraverso tutte le sfumature del rosa. Sebbene quadrate, la loro
forma è perfetta e la carne che le circonda e le supera, malgrado la loro lunghezza, è bianca e fine come
la pellicola di un uovo. Mentre vi scrivo ammiro le mie mani: sono veramente meravigliose.
Il pollice è incantevole, arrotondato, dall'unghia ovale. La mano è come di velluto bianco dove si
vedono delle leggere, impercettibili sfumature blu, causate dalle vene. L'ultima falange delle dita è
rialzata in un modo curioso e il colore è di un rosso vivo che contrasta con il biancore del resto. Il
palmo della mano - che è stato studiato con cura da una signora tedesca che pratica la chiromanzia e si
occupa di tavoli che girano – è attraversato da linee forti, lunghe e ben tracciate che corrono senza
arrestarsi da nessuna parte. Sono attraversate, del resto, da una linea diagonale sbrecciata che si
interrompe e che le spezza diagonalmente. La signora mi ha spiegato queste linee, ma, temo, in un
modo fantasioso e tipico dei tedeschi. Ho preso la bellezza delle mie mani e del mio viso dalla mia
antenata paterna che fu magnifica e le cui braccia e mani furono così splendide da ricevere un giorno i
complimenti del Canova. Essa fu, si dice, l'amante – se si sapesse che lo scrivo - di2 ....... che, del resto,
non fece nulla per la famiglia e alla quale dobbiamo forse solo la forma delle nostre labbra e del nostro
mento. Mio nonno fece un matrimonio infelice e morì, ancora giovane, dai dispiaceri causati da sua
moglie che, del resto, non gli sopravvisse a lungo: morì prima della mia nascita. Come vi ho già detto i
miei fratelli sono molto robusti e di sana costituzione. Il maggiore è magnifico, assomiglia a mio padre
ma forse è meno bello; gli altri due non sono belli, soprattutto il terzo che assomiglia alla famiglia di
mia madre che per me è odiosa. Tutti sono molto più alti e robusti di me e sono nati a poca distanza
l'uno dall'altro. Sono venuto al mondo dieci anni dopo l'ultimo e in seguito ad una terribile malattia di
mia madre che la portò a due passi dalla tomba; delle febbri maligne, credo. Tutti i bambini dei miei
fratelli sono graziosi, forti e di sana costituzione. Vi era una bambina che mi rassomigliava in modo
sorprendente, dicevano; è morta diciotto mesi dopo la sua nascita, in poche ore, senza alcun sintomo
precursore di una morte vicina. Spero anch'io di morire in questo modo.
Per il resto sono di una costituzione perfetta, di una forza nervosa, di un impeto e di una vivacità
considerevoli. Numerose volte cado in un grande torpore, per uscirne poi con una gioia straordinaria e
un grande desiderio di ridere. Allora non risparmio nessuno e divento il favorito di tutti per i miei
discorsi, le mie lusinghe e le moine di cui riempio chi mi circonda. Di colpo divento silenzioso e triste
e tutti si meravigliano di questi cambiamenti improvvisi e senza motivo – secondo loro. L'espressione
del mio viso (il cui labbro superiore è separato dal naso da una piccolissima curva) cambia come i
colori del mare in un giorno di temporale. Gli occhi sono quasi sempre malinconici e smarriti sotto le
loro lunghe ciglia; li si intravede appena e il loro colore è indefinibile, essendo in successione, blu,
grigi e verdi. Spesso diventano violacei. Mi dicono che ho un aria arrogante, canzonatoria e beffarda. In
verità, assumo spesso questa espressione per nascondere la mia timidezza e il mio imbarazzo davanti
alla gente che in questa maniera tengo a distanza. Credo che vi siano al mondo poche persone così
egoiste come me. Per uno dei miei piaceri sacrificherei tutti e, solo, nelle mie improvvise passioni,
riesco a capire un sacrificio fatto per gli altri. Nella mia famiglia – che mi ha sempre viziato – si
protesta per la mia freddezza e spesso mi hanno trattato da ingrato, su questo soggetto. Questo ha
costituito il tormento di mio padre che è troppo debole verso di me e che, anche nei momenti poco
favorevoli, non ha contrastato nessuno dei miei desideri e dei miei capricci più straordinari e inutili. In
verità nutro poco affetto per loro – gliel'ho detto nei momenti di cattivo umore – e senza dubbio ne
2Qui si fa il nome di un re .
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indovinate la causa. Li guardo come la causa (innocente, è vero) della mia natura pervertita e singolare
e non posso perdonarli di avermi fatto così. Conservo verso di loro un terribile rancore, ma ora cerco di
abbandonare questo cattivo sentimento e mi sforzo di testimoniare loro una grande amicizia, che
talvolta provo davvero come vera. Spesso, mi hanno crudelmente ferito, parlando e scherzando delle
mie probabili avventure e sull'amore che le signore provano per me. Gli ho odiati, in quei momenti, e
gli ho risposto solo con molta brutalità, che essi tollerano solo da me, mentre si rivolterebbero se gli
altri gli mancassero di rispetto. Mio padre esce poco, la casa e la cura di ornarla e abbellirla l'occupa
completamente e si preoccupa poco del resto, a parte i suoi nipotini che l'adorano e che ama
appassionatamente. Sono stato geloso di loro e non potevo sopportarli. Ho una grandissima cura della
mia salute, sebbene all'età di quindici o sedici anni – prima del capitano – nella solitudine in cui mi
trovavo e con le terribili scoperte che facevo in me, ho desiderato la morte senza sapere cosa fosse, ma
come un cambiamento del mio stato che è impossibile. Ho velocemente abbandonato questo
sentimento, quando ho compreso l'orrore del nulla e della putrefazione. Allora ho passato intere ore, la
notte, sul mio balcone, quasi nudo, con un gran freddo, pensando di uccidermi e sfuggire a quelle mie
passioni che nessuno allora soddisfaceva.
Non ho preso nemmeno il raffreddore e ho velocemente abbandonato queste sciocchezze. Ho visto
dopo che, finché si vive, si poteva godere e spero di vivere ancora tutta la mia giovinezza. Forse,
giunto ai suoi limiti, vorrei vivere ancora fino a cent'anni. E possibile!
Faccio sempre delle docce e mi curo il meglio possibile per avere tutte le mie forze pronte a servire le
mie passioni e a soddisfare il mio padrone, che ora è lontano, e di cui aspetto con impazienza il ritorno.
Mi scrive spesso e mi parla dell'Ungheria, dei suoi cavalli e delle donne del paese. Dio solo sa i tiri che
mi fa! Purché non li faccia con dei ragazzi! È tutto quello che voglio e desidero. Ha compiuto gli anni
in questi giorni e gli ho mandato uno splendido frustino, magnificamente cesellato. Mi ha scritto anche
che, malgrado il viaggio attraverso paesi selvaggi e faticosi, è di buon umore e ha sempre davanti a se
una mia bella fotografia che non lascia mai. Mi dice che pensa solo a ritornare e sogna spesso di me e
del mio profumo preferito. Abbandona solo raramente – mi dice- la severa “redingote” e gli eleganti
colletti che gli ho imposto.
Dimenticavo di dirvi che vorrei che deste un po più di dettagli sul fisico dei vostri personaggi; il fisico
non spiega tutto il carattere morale dei popoli e degli individui? Sto leggendo Mlle de Maupin e ne
sono del tutto incantato. Oh! che bel libro e che bella corruzione, così dolce e tenera! Scusate l'orribile
scrittura e tutti gli errori di francese e di ortografia, ma ero trascinato dal mio animo e dalle mie
passioni e badavo solo a me stesso.
Post-scriptum.
Nell'hotel dove sono ho fatto conoscenza con un signore di una trentina d'anni. Era alla tavola dei
pensionanti. Desiderava apertamente adescarmi e immaginai subito cosa voleva. [n.d.t.: in latino nel
testo]. È alto, dall'aspetto abbastanza gentile, molto pallido ed elegante, con delle lunghe gambe magre;
è milanese. Se volessi, ciò accadrebbe in un attimo! [n.d.t.: in latino nel testo], mi imbarcherò ancora in
una avventura simile? Mi ribolle il sangue e temo di non poter resistere alla seduzione. Temo proprio
che se venisse ora sarebbe presto fatto. Se il capitano lo sapesse sarebbe un bel affare; sarebbe capace
di strangolarmi. Ci vedremo finalmente questa sera. Mi vesto e scendo a cenare. Sarà una serata
decisiva. Mi è sembrato intravedere che non avesse dei bei denti; ha dei lunghi baffi che gli coprono la
bocca. Sarà questo ciò che mi persuaderà – e accada quel che deve accadere!- .D'altronde costui
ripartirà molto presto. Purché non si attacchi a me!! Inutile dirvi che alla posta dove invio le mie lettere
do un falso nome e un falso indirizzo e, del resto, tra qualche giorno non sarò più qui. Voi dunque non
saprete più nulla di me. Addio, Signore, e forse arrivederci. Suona la campana e devo impegnare una
vera battaglia.
Le sette della sera
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1 in Tares et Poisons. Perversion et Perversité sexuelles, a cura del