52 MILANO il Giornale Mercoledì 9 dicembre 2009 Album LA SCALA DOPO LA PRIMA «Io erede di Domingo? Che emozione» Jonas Kaufmann, il don Josè della Carmen, si confessa nel giorno del galà dedicato al grande tenore «La prima volta che lo incontrai mi disse: canti da Dio. I giovani devono capire che siamo di carne ed ossa» Piera Anna Franini P lacido Domingo, il campione della musica lirica, ha un erede. Si chiama Jonas Kaufmann, un tenore prepotentemente bravo e prepotentemente bello. Con un colore della voce, ampiezzadi repertorio, acume efascinoche ciporta dritti drittial tenorissimo. Proprio a Domingo che oggi la Scala festeggia a quarant'annidaldebuttomilanese. A lui dedica un gala con musiche di Richard Wagner, dal Tristan und Isolde (Preludio e Morte di Isotta), più primo atto di «Die Walkurie». AssiemeaDomingo,oltrealdirettore d'orchestra Daniel Barenboim, i cantanti Nina Stemme (Sieglinde) e Kwangchul Youn (Hunding). Il tutto, pare un passaggio di consegne,con Kaufmannche, assieme ad Anita Rachvelishvili, lunedìhaavutoun successopersonale in Carmen, l'opera che haaperto la stagionedel teatro alla Scala. Fra il pubblico c'era Domingochehadefinitoilgiovane collega «il più grande Don José oggi in circolazione, sia come cantante sia come at- POLEMICHE E su Facebook i fan di Emma Dante fanno quadrato: è brava e va difesa tore».Lodice Domingo,l'ispanico, Don Josè alla Scala nel 1984 con Claudio Abbado sul podio.«Domingohadettoquesto di me? Ma è fantastico» esultaKaufmann,conun'umiltàdisorientante.Abbiamotoccatolacordagiusta,eilcantante diventa un fiume in piena. «Non posso commentare questaosservazione.Sonosemplicementesoddisfatto. Laprima volta che incontrai Domingo mi disse: "Tu canti da dio"».Figuriamoci Kaufmann che è semprestatounsuoammiratore. «Ricevere questi complementi da un uomo di questa classe è troppo. Ammiro anchealtritenori,lavocefenomenalediCorelliperesempio.PeròDomingoèunacombinazione di tanti fattori, il suo canto riempie di emozioni. Ha una voce da tenore però al tempo stesso scura, baritonale e rotonda.Poihaunvastoreperto- rio», spiega Kaufmann. Che, quanto alla scelta di repertorio, ammette si rispecchiarsi nel tenore-leggenda. «All'inizio ero accusato di affrontare titoli troppo diversi, allora io pensavoaDomingo:laconfermache le mie scelte non erano folli. E poi quest'ampiezza di repertoriononfachealimentare la mia passione per l'opera». Una passione che però, quanto al pubblico, non sembrerebbeattrarrenelsuovortice i coetanei di Kaufmann (a un soffio dai quarant'anni). Per l'anteprima di Carmen, lo spettacolo aperto agli under 30 (anni), i biglietti sono andati a ruba. Però non è che, in generale, i teatri brulichino di gioventù.EmmaDante,laregista dell'opera, ci ha spiegato che prima di mettere le mani nelmondodell'operaloriteneva un qualcosa di "misterioso e inaccessibile". In breve: «l' opera va frequentata», dice. Per la sacra prima scaligera, la Danteèstata alcentrodi un dibattito fra tradizionalisti e modernisti, in soldoni: ieri su Facebook i suoi fan hanno fatto quadrato in sua difesa. Letture innovative,forseaiutanoaportareigiovaniall'opera?Sappiamo del no secco di Franco Zeffirelli, regista, scenografo e costumista ormai icona del teatro d'opera di casa nostra. Che ne pensa il bavarese Kaufmann, cresciuto nella Germaniamadrediregienotoriamente spudorate? «No, non mi piacciono le regìe alla tedesca», dice. «L'opera deve essere un sogno, non deve rispecchiare la nostra realtà. Una realtà che è povera, già divulgata datelevisioneecinema.L'opera deve essere magia». No alle interpretazioni moderne. E la Carmen dell'altro ieri, allora? «Non era poi così provocatoria, non c'erano chissà quali cambi rispetto al libretto. La considero un classico». E un consiglio da giovane addetto ailavoriper garantirsiilricambiogenerazionaleateatro?«Bisogna far passare il messaggio che noi cantanti siamo personeincarneedossa,enonviviamo in un mondo a parte. C'è poiun pregiudizioper cuipare che per seguire l'opera bisogna avere chissà qualche preparazione, e che a teatro ci si va vestiti in modo particolare. No, non è vero niente». Parola di Kaufmann. Progetto «La Scala teatro nazionale» La Scala si candida a diventare teatro nazionale, una nomina di cui si parla da tempoma chenon è ancora arrivata. Al capo dello Stato il sovrintendente Stephane Lissner ha fatto presentelapreoccupazione per i teatri. «Quello che posso fare per il teatro, per la Scala o per la musica - ha detto Napolitano - lo faccio». Il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla pensa sia «importante» la nominadel Piermarini a teatro nazionale. Un’idea che ha trovato un folto numero di supporter nel pubblico della serata, dal presidente di Bpm Massimo Ponzellini all’amministratore delegato di Expo 2015 Lucio Stanca. GENERAZIONI A destra, Placido Domingo a cui la Scala dedica oggi un gran galà per festeggiare i quarant'anni dal debutto milanese, con musiche di Richard Wagner, dal Tristan und Isolde, più primo atto di «Die Walküre». Assieme a Domingo, il direttore d'orchestra Daniel Barenboim. Nel riquadro, Jonas Kaufmann, il giovane Don Josè della Carmen andata in scena alla Scala La storia In provincia una baby orchestra studia già le sinfonie di domani Luca Pavanel P roved’orchestraconboccacce. Corde di strumenti ad arco che si rompono all’improvviso, a ripetizione. Chi è sul podio con la bacchetta per poter ottenere qualche cosa dai professori ècostretto a fareil contrariodi quanto farebbe un qualunque direttore. Richiamareglistrumentistiavocealta: «Ehi tu, fai il bravo. Ascoltami». E ancorac’èchi,virtuoso ma nontroppo, nel bel mezzo di un movimento la situazione, ecco l’età dei maestri: dai 6 ai 9 anni. Incredibile ma vero: un’orchestra, a seconda dei casi, di birichini o monelli, di bravi, bravini e diligenti. Un attimo, però. Di per sé,questononsarebbeunanovitàassoluta. Di formazioni composte da giovani e giovanissimi, in città, ce ne sono altre, e in qualche caso con mini-stagioni già in essere. Ma questa è l’orchestra con gli elementi più piccoli che probabilmente sia mai stata messa insieme. Non ancora presentata in maniera ufficiale, l’ensemble presto salirà sul palcoscenico dell’Auditorium Cariplo di Milano. Nuovefrontieredelladidattica, nuove frontiere dello spettacolo. Il tutto nasce dall’orchestra giovaniledi jazz creata da ElisabettaBroggi, già in essere e con i suoi successi allespalle (comeun’incursionealfestivaldell’Isolad’Elba):daquil’allargamento dell’organico e la creazione di tre percorsi e gruppi per altrettante fasce di età: oltre a quella dei ragazzini (dai 9 ai 13 anni) e dei ragazzi (14-18) la baby-formazione in questione. Impossibile immaginarne un’altra con interpreti ancora più giovani. Battute a parte, «riuscire ad addestrare dei piccoli musicisti di seianni è tutt’altro che facile -spiega Broggi -. Quasi sempre non sanno leggere ancora le note oppure le leggono appena, da poco hanno iniziatoa studiare lo strumento».Sono decine, i bimbi-orchestrali della filarmonica dei piccoli. «C’è uno staff chelavoraperloro,preparanospartiti ad hoc - racconta -. Musicisti che realizzano brani o esemplificano motivi noti». Nessuno strumento, o quasi, manca all’appello: la sezione fiatifunziona,quelladellepercussioni con in testa la batteria anche; ci sono arpe, chitarre, tastiere, archi e cosìvia. Oguno suona una nota e, ar- UNDER NOVE L’ensemble della scuola «È musica nuova» di Trezzo è attesa all’Auditorium di Milano DIRETTRICE Elisabetta Broggi: «Un lavoro difficile, quasi sempre i ragazzini non sanno ancora leggere le note» andate-sostenuto eseguito decine divolte,sollevalemanidalpianoforte e si mette a mangiare una brioche: «Avevo fame...», confessa con gli occhi sgranati. «Succedono queste cose e molte altre durante le prove – attaccadivertitaElisabettaBroggi,musicista, docente e fondatrice della scuola «È musica nuova», con sede a Villa Gina, nella provincia milanese di Trezzo D’Adda -. Del resto, a quell’età è difficile restare concentrati, ma alla finece la fanno, eccome sece la fanno. E che risultati...». A quell’età?Irisultati?Celafanno?Sequalcuno non avesse ancora capito bene tisticamente parlando, il gioco è fatto. Ed economicamente? «In effetti, mettere su un’orchestra del genere, e anche le altre, richiede e ha richiesto mezzi...». E questi sono arrivati. Non dal cielo ma grazie alla passione di un vero e proprio mecenate. Vi ricordatemisterBoggi,alsecoloPaolo, imprenditore tessile che con i suoi negozi di abbigliamento a suo tempo aveva invaso l’Italia? Beh, gli organizzatoridellababy-orchestrae delle sue gemelle parecchio devono alui, a quanto parecultoredi musica e in questa storia indicato come appassionato benefattore. GIOVANISSINI Pausa durante una prova dell’orchestra all’Auditorium Cariplo