PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE CEI UFFICIO NAZIONALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO Quando l’imprenditore è Donna ANGELICUM PONTIFICIA UNIVERSITÀ SAN TOMMASO S E M I N A R I O ROMA, 30 OTTOBRE 2003 Programma 10,00 10,15 10,35 11,00 13,30 14,30 15,10 16,45 Il senso del Seminario Mons. SERGIO LANZA, docente ordinario di Teologia pastorale - Pontificia Università Lateranense Ciò che suggerisce la ricerca Prof. MICHELE COLASANTO, docente ordinario di Sociologia - Università Cattolica di Milano Quesiti e problemi aperti Prof.ssa ALBA DINI, docente di Scienze sociali - Pontificia Università Gregoriana Testimonianze. Dibattito Buffet Donne e lavoro: Profilo teologico Padre FRANCESCO COMPAGNONI, docente ordinario di Teologia morale - Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino Profilo storico-sociale Prof.ssa VERA NEGRI, docente ordinaria di Storia economica contemporanea - Università di Bologna Dibattito Conclusioni Don PAOLO TARCHI, direttore Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza Episcopale Italiana Considerazioni per il dibattito 1. 2. L’ U imprenditorialità femminile, a lungo rimasta marginale nella ricerca sulla società e sull’impresa, ha di recente trovato spazio e considerazione, negli studi così come nella percezione collettiva. n dato strutturale, in particolare, si è venuto configurando: l’incidenza quantitativa del fenomeno, secondo almeno un’accezione che colloca l’imprenditorialità dentro la nozione di self employment. Al di là dell’incidenza del lavoro indipendente nei diversi contesti nazionali, il lavoro autonomo femminile è cresciuto ovunque. Anche se, va precisato, per il caso italiano la percentuale delle imprenditrici in senso proprio, all’interno della variegata tipologia dell’autoimpiego, raggiunge il 17% della classe imprenditiva, con un “condizionamento” settoriale che ricomprende il comparto industriale, ma più ancora quello dei servizi all’impresa e quello delle attività sociali. Ma al di là degli aspetti quantitativi, e di quelli legati ai percorsi, e ai vincoli, in particolare, che le donne sperimentano nel loro inserimento in attività imprenditoriali, importa rilevare alcuni aspetti di carattere culturale che attengono sia al senso dato al proprio lavoro, sia agli stili di governo dell’impresa, sia al rapporto con la famiglia. Sono aspetti che qui di seguito sono esposti in termini indicativi e dichiaratamente semplificati, per dare più evidenza ad alcune delle possibili piste di discussione. Considerazioni per il dibattito 3. Il rapporto con la famiglia 3.1. La “doppia presenza” (tra mercato e famiglia) pare costituire simultaneamente un vincolo e un’opportunità (anche sul piano delle risorse/abilità imprenditive): da un lato, infatti, il duplice percorso in due sistemi sociali complessi interdipendenti nei fatti della vita quotidiana eppure simbolicamente separati produce inevitabilmente fatica, limitazioni del tempo scelto; dall’altro, la necessità e la capacità di combinare tanti e diversi pezzi (tempi, stili di relazione, ecc.) dell’esistenza quotidiana, la molteplicità dei luoghi di identificazione e la gestione di lealtà multiple possono tradursi nello sviluppo di specifiche skills e sensibilità organizzative, intellettuali, di relazione, istituzionali (muoversi nel “sociale”, usufruire dei servizi e delle opportunità di apprendimento, affrontare i rischi…). 3.2. A tale livello, anzi, la ricerca suggerisce due ulteriori indicazioni. La prima è che quella professionale e quella familiare non sono dimensioni poste in alternativa. Risulta quasi impossibile separare rigidamente o stabilmente queste due sfere di vita dichiarate entrambe irrinunciabili; l’ambito degli affetti relazionali non viene trascurato né passato in secondo ordine e si cerca piuttosto di costruire degli equilibri e delle compatibilità non convenzionali (tuttavia occorre rilevare che ciò si verifica specie quando l’impegno lavorativo femminile non è associato al mantenimento familiare). La seconda osservazione è che sovente si traggono proprio dalla famiglia d’ori- Considerazioni per il dibattito 4. Il rapporto con l’impresa gine o anche d’elezione risorse di tipo materiale (a cominciare dalla collaborazione formale o più spesso informale), economico, relazionale, culturale e professionale che sono spendibili, se non cruciali, nell’attività d’impresa. 4.1. Le donne imprenditrici esprimono mediamente criteri di valutazione del successo d’impresa peculiari rispetto alle controparti maschili. In particolare, le donne tendono a “misurare” il proprio livello di performance tramite criteri intrinseci quali la crescita personale e professionale propria e altrui (tramite la sperimentazione del “nuovo” e la valorizzazione del “già dato”), piuttosto che attraverso criteri estrinseci di natura quantitativa e finanziaria (fatturato, aumento delle dimensioni aziendali e delle quote di mercato, ecc.). Questa predisposizione a scegliere e praticare la soluzione imprenditoriale principalmente in base a bisogni e valori più globali ha tra l’altro indotto l’affermazione per cui “per gli uomini l’imprenditoria è una strategia di lavoro, per le donne una strategia di vita”. 4.2. In termini di cultura d’impresa e di stile di “gestione delle risorse umane” sembra emergere un orientamento verso una cultura della responsabilità e un’etica della cura volte alla ricerca della soluzione che meglio soddisfa i bisogni di tutti gli individui coinvolti in una situazione concreta. Diversi studi hanno or- Considerazioni per il dibattito mai rafforzato l’idea di uno specifico (il che non significa esclusivo) orientamento delle donne – e in particolare delle donne in posizioni di responsabilità – alla comunicazione interpersonale informale, alla cooperazione, a comportamenti di affiliazione, alla concezione del potere come capacità non sul gruppo ma del gruppo, all’esercizio della leadership volta a promuovere interazioni positive e di fiducia con/tra i subordinati, a condividere le informazioni, a sviluppare nei dipendenti capacità di autonomia e la predisposizione a integrare interessi/aspirazioni personali con fini e valori collettivi. 4.3. Riguardo al senso del lavoro c’è poi ragione per ritenere che le donne, anche quando esprimono consapevolezza e senso di sfida verso gli stereotipi sul ruolo femminile nella società, tendono generalmente a fare riferimento più a un bisogno interno da appagare sul piano personale (dimostrando a sé e agli altri le proprie capacità, realizzando progetti tangibili) che a principi esterni e di portata universale (come l’emancipazione della donna nel lavoro e/o nella famiglia). Eloquente, al proposito, rispetto alla realtà italiana, lo studio Università Cattolica/ISTUD “Donne esploratrici”, dal quale emerge un profilo complessivo delle imprenditrici indagate come donne non solo “esploratrici” di nuove soluzioni di mercato funzionali, tra l’altro, alla ricerca di circoli virtuosi di doppia presenza; ma anche “mediatrici”: soggetti cioè la cui condotta quotidiana è solo assai de- Considerazioni per il dibattito 5. bolmente caratterizzata da sentimenti rivendicativi e in cui “semmai c’è la continua ricerca di trovare nuovi equilibri capaci di valorizzare e riconoscere il contributo femminile per senza contraddire apertamente la cultura tradizionale (anche per quanto riguarda i rapporti tra i generi)”. Q ueste considerazioni suggerite dalla ricerca empirica, mettono in evidenza una costellazione valoriale che suggerisce alcune ipotesi, ma esige altresì alcuni approfondimenti. Si può, in generale, supporre una corrispondenza tra cultura delle donne imprenditrici e società post-moderna, in termini, ad esempio, di accentuazione della ricerca di sé, e di capacità di far convivere mondi esperienziali diversi. Ma da un lato, il tema della doppia presenza, tra mercato e famiglia, comporta una conoscenza più precisa delle condizioni che rendono compatibili vita di lavoro e vita familiare, nonché delle ricadute in termini di equilibri coniugali, rapporto con la maternità, difficoltà (o meno) nell’educazione dei figli… Per altro verso, nasce tra gli altri l’interrogativo di quanto la concezione del proprio ruolo professionale, per quanto di specifico essa possiede, si proietti oltre il sé e la propria azienda, per incidere su comportamenti collettivi (rapporti con il sindacato, ruolo dell’associazionismo…) e sostenere la ricerca di quelle forme di responsabilità sociale che sono oggi oggetto di una precisa domanda sociale (ed anzi vengono considerate un vantaggio competitivo). Associazioni che hanno dato la propria disponibilità CENSIS CENTRO MODA Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano CNEL COLDIRETTI COMPAGNIA DELLE OPERE CONFARTIGIANATO CONFCOOPERATIVE CONFINDUSTRIA CONFCOMMERCIO ECONOMIA DI COMUNIONE FEDERMANAGER ISTUD OPUS DEI SCUOLA DI DIREZIONE AZIENDALE Università Bocconi UNIONCAMERE UCID Sede seminario Pontificia Università Lateranense Piazza San Giovanni in Laterano, 4 - Roma tel. 06.69886401 - fax 06.69886508 Sede organizzativa CEI - Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro Circonvallazione Aurelia, 50 - 00165 Roma tel. 06.66398218 - fax 06.6623037 sito: www.chiesacattolica.it/lavoro e-mail: [email protected]