18 GAZZETTINO Sampierdarenese 07-2011 La cultura scientifica Palcoscenici della lirica Occhio alla medusa Il costante aumento delle temperature dovuto al riscaldamento globale sta portando il Mediteranneo ad assumere caratteristiche sempre più tropicali. Da sette otto anni, infatti, nelle acque del Mediterraneo le meduse si stanno riproducendo sempre di più e nuove specie stanno invadendo il nostro mare: ciò inizia a preoccupare non solo per l’equilibrio dell’ecosistema marino, ma anche per la salute di chi fa il bagno. Le meduse sono animali planctonici, in prevalenza marini, appartenenti al phylum degli Cnidari. Hanno il corpo composto principalmente da acqua (circa il 98%) ed una forma che ricorda un sacco leggermente appiattito, dove si riconoscono una zona superiore convessa, l'esombrella, ed una inferiore concava, la subombrella, al cui centro è posta la bocca e dal cui margine si propagano dei tentacoli urticanti a scopo di difesa e di predazione. Le sostanze urticanti liberate dalle meduse possono provocare una reazione infiammatoria caratterizzata da eritema, gonfiore e vescicole accompagnata da bruciore e dolore. Per lenire l'effetto urticante si usano comunemente soluzioni diluite di bicarbonato di sodio, ammoniaca o acido acetico. Ma non tutte le meduse sono urticanti; molte sono innocue per l'uomo, anche se è sempre meglio evitare di toccarle. Le meduse più comuni nel Mediteranneo sono: Pelagia noctiluca, Cotylorhiza tubercolata e Rhizostoma pulmo. Nei primi anni Ottanta Pelagia è stata molto abbondante nel Mediterraneo, poi è scomparsa e riapparsa a intervalli più o meno decennali, ma dal caldissimo 2003 la sua presenza è quasi costante nel Mediterraneo occidentale. Pelagia, in piena estate, può formare dei banchi estesi che flagellano le coste anche per mesi. La stragrande maggioranza delle punture di meduse sono ascrivibili a questa specie. Rhizostoma pulmo, poco urticante, è una delle meduse più grandi che vivono nel Mediteranneo. Vive in abbondanza lungo le nostre coste. Queste grandi meduse, spesso presenti in grandissima quantità, diventano dei microcosmi utilizzati da altri organismi come riparo. La Cotylorhiza è una delle meduse più belle, come Rhizostoma, è spesso associata a pesci più o meno grandi che la adottano come rifugio. è innocua per l'uomo anche se è bene non toccarla. è molto abbondante nel Mediterraneo, soprattutto nelle baie nei mari italiani più meridionali in quanto predilige le acque più calde. Il Ciesm (The Mediterranean Science Commission) con il coordinamento del Prof. Ferdinando Boero (Università del Salento) da qualche anno si propone di osservare, anche grazie alla collaborazione degli avvistamenti dei bagnanti, quali specie sono presenti, dove, quando ed in quali quantità. Il progetto “Occhio alla medusa” prevede la realizzazione di una sorta di previsione del movimento degli sciami in base alle segnalazioni ricevute e uno studio sulla diversità delle popolazioni di meduse del Mediterraneo e dei mari europei. In questo modo si potranno capire quali sono i meccanismi che portano alla proliferazione improvvisa di alcune specie nocive per l’uomo, come la Pelagia noctiluca, di individuarne le aree principali di provenienza e di tracciare le rotte di migrazione seguite da questi organismi. Serena Massolo Il picchio di Donizetti “Quando ho nella testa della musica buffa – affermava Gaetano Donizetti – sento un picchio molesto alla parte sinistra della fronte; quando è musica seria, sento la stessa molestia dalla parte destra”. Ed è proprio accusando tale disagio che, in una notte dell’estate napoletana del 1835, il compositore bergamasco, congedandosi dalla moglie e dagli ospiti – il tenore Duprez ed il baritono Cosselli – si ritirò nella propria stanza, chiedendo lume, carta, penna e calamaio. Dopo mezz’ora uscì e consegnò al Duprez la cabaletta finale della neonata “Lucia di Lammermoor”, esemplare storia di un amore travolgente e tragicamente avversato, messa in musica in trentasei giorni. La stesura del libretto fu affidata a Salvatore Cammarano che seguì fedelmente il romanzo “The Bride of Lammermoor” di Walter Scott. Considerata il capolavoro di Donizetti nel campo delle opere serie, “Lucia di Lammermoor”, è anche una delle migliori opere romantiche del periodo preverdiano. Vide la sua prima rappresentazione al Teatro San Carlo di Napoli il 26 settembre 1835: tre giorni prima si spegneva Vincenzo Bellini e risale al 1829 il “Guglielmo Tell”, ultima fatica di Gioachino Rossini; Giuseppe Verdi è ancora lontano e con questo capolavoro Gaetano Donizetti vede riconosciuto il proprio primato assoluto sulla scena operistica italiana. In una Torino, resa ancora più bella per le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, abbiamo assistito, al Teatro Regio, ad una notevolissima rappresentazione di questo gioiello. Nel collaudatissimo allestimento del Maggio Musicale Fiorentino, con le spartane scene di Paul Brown, che ha firmato anche i bellissimi costumi, sempre d’effetto la regia di Graham Vick. Nel trattare la più che positiva parte musicale, ci sia consentito un pizzico di partigianeria nell’esaltare l’ottima prova di Francesco Meli, giovane tenore genovese, ormai consacrato a livello internazionale, nel delineare un’Edgardo di altissimo spessore. Buona la Lucia di Elena Mosuc, al pari di tutti gli altri interpreti: Fabio Maria Capitanucci (Enrico), Vitalij Kowaljow (Raimondo), Saverio Fiore (Arturo), Cristiano Olivieri (Normanno) e Federica Giansanti (Alisa). Sugli scudi l’orchestra, splendidamente diretta da Bruno Campanella, così come il Coro: vibrante e possente. Degnissimo spettacolo a conclusione di una stagione sempre all’altezza. In attesa di ritrovarci a settembre, per rinnovare la magia del melodramma, a noi non resta che augurare una buona estate e altrettante buone vacanze a tutti! Gianni Bartalini