www.dagospia.it 13-05-2010 CAFONAL TV - TRAS PUPE E SGARBI, SOTIS E BORALEVI, TRONISTI E INTRONATE, LA VIA TRUCIS DI MASSIMILIANO PARENTE, OSPITE DOMENICALE DI BARBARA D’URSO SU CANALE5 - "ANZICHÉ PRESENTARE IL MIO ULTIMO LIBRO “LA CASTA DEI RADICAL CHIC”, MI SONO RITROVATO NELLO SCHIAMAZZO DELLA CASTA DEL BABY CAFONAL, E NON SOLO" - "IO NON VADO QUASI MAI IN TELEVISIONE PERCHÉ SE CI SONO DENTRO NON POSSO CAMBIARE CANALE"... Massimiliano Parente per Dagospia MASSIMILIANO PARENTE Ogni volta che dico «No, grazie» dall'altra parte del telefono restano interdetti, come se ti offrissero la vita e tu la rifiutassi, ma io non vado quasi mai in televisione perché se ci sono dentro non posso cambiare canale, e perché uno scrittore dentro non ha niente che non abbia già scritto, uno scrittore mica è un opinionista che fuori non ha niente se non quello che si dice dentro parlandosi nel microfono, infatti io sono contro le opinioni e odio gli opinionisti e mi piace pensare un'umanità senza opinioni e anche senza uomini, come gli acquerelli di Hitler. WT17 BARBARA DURSO E pertanto devo averlo sognato, non posso essere stato proprio lì, domenica scorsa, a Domenica 5, là in un sogno da incubo iniziato dietro le quinte tra improbabili quinte di reggiseno probabili regali dei genitori per i diciotto anni delle loro figlie, e era solo l'inizio. Deve essere stato un sogno perché in Italia, si sa, la televisione è divisa in due: quella dei vecchi, dove si parla di politica o si aprono buste per far incontrare ottuagenari, e quella dei giovani, dove si impara a cantare o a ballare o a essere "se stessi" o anche niente, mica bisogna essere qualcosa per stare in televisione, anzi. Sicché nel sogno, anziché presentare il mio ultimo libro "La casta dei radical chic", mi sono ritrovato nello schiamazzo della casta del baby cafonal, e non solo. SGARBI DESNUDO Nel sogno al principio mi sono illuso quando mi hanno messo il microfono "a baffo" perché mi sentivo molto Michael Jackson, solo che poi mica ho cantato Billie Jean, mi sono ritrovato su una poltroncina di plexiglass con Lina Sotis che mi chiedeva in continuazione di far abbassare l'aria condizionata come se fossimo in uno scompartimento del treno e non sapevo dove spegnerla, la Sotis, nessuno mi aveva dato il libretto di istruzioni, e alla mia sinistra Antonella Boralevi che sfogliava il mio libro esclamando «Ah, però, come scrivi bene!», e ora che me lo ha detto la Boralevi posso anche morire, pensavo nel sogno, anche se, fosse stato un sogno realistico, l'avrei strangolata in diretta. In mezzo alle pupe, tra l'altro, poiché i sogni sono bizzarri, c'era Sgarbi, in qualità di "pupo", perché la settimana prima si era spogliato in trasmissione e quindi era diventato un pupo, che sogni strampalati si fanno. ANTONELLA BORALEVI - COPYRIGHT PIZZI Ma il peggio del mio sogno doveva ancora venire perché c'era un "dibattito", proprio così, un dibattito, dove io ero chiamato a dire la mia, un dibattito che si stava trascinando da settimane sull'«uso che le donne fanno del proprio corpo», come un ordine del giorno di un Concilio Vaticano discusso in un peep-show tra cosce spalmate di lustrini e tacchi vertiginosi di scarpe terribili di "pupe" che, questo il punto, adesso vogliono essere considerate per il loro "cervello". C'era anche una spogliarellista che faceva spettacoli con i serpenti e si esibiva ma senza serpenti forse perché i miei sogni non sono mai stati freudiani, e anche lei lì per rappresentare il cervello. Così dico a una pupa che già il fatto di dire «ho un cervello» è una dichiarazione di stupidità, che è una questione ridicola come se la Levi Montalcini volesse essere una strafiga, la pupa mi risponde «Lei pensa di essere intelligente perché scrive libri?», un'altra pupa grida isterica «Basta, sono stufa, io sono intelligente!» e io parlo e non si sente niente come in un acquario come spesso succede nei sogni e penso a Aldo Busi, l'amore mio, quando nella realtà del reality restava senza parole davanti al tronista Mastrocoso che gli diceva «Ao ma asmetti da legge', asmetti da scrive' libbri». LA CASTA DEI RADICAL CHIC - MASSIMILIANO PARENTE - COPERTINA Non fosse solo un mio sogno di scrittore ci sarebbe poco da scherzare perché poi dall'altra parte sulla Rai fino alla settimana scorsa c'era la Ventura che ti insegnava che «l'Isola è lo specchio dell'Italia», però poi non si capisce perché perfino Alessia, un'addetta del call-center della Tim che oggi ho chiamato per un problema di connessione dell'iPhone, mi fa i complimenti per «il fegato di essere stato in mezzo a un pollaio simile», possibile che lei guardasse la televisione in un sogno suo e vedesse la trasmissione del mio? Tuttavia all'uscita degli studi, mentre mi tolgono il microfono di Michael e non ho fatto neppure un moonwalk, la casta delle baby cafonal mi scivola davanti veloce in una sfilata di nasini rifatti e cervellini di strass e altri sogni di famosità a buon mercato e pronte a tutto come le caricature di un film sulla tv di Muccino e in fondo frigide, come se il Sessantotto si fosse fuso con il capitalismo avanzato senza passare neppure per il sessantanove, mentre Barbara D'Urso mi chiede se domenica prossima mi va di tornare, «vorrei averti ancora», e mi è sembrato così intimo l'invito che le ho detto «Sì» d'istinto, forse solo perché lei mi attrae e sono un feticista delle sue mani e dei suoi piedi e nel sogno li aveva smaltati del rosso giusto, non come ho visto una volta di blu, quando ha detto «ho lo smalto dei puffi», per cui rispondo «certo che vengo» senza lasciar trapelare doppisensi. Meno male che è stato solo un sogno in technicolor, meno male che non esistono queste pupe viventi con il cervello, perché se esistessero sarebbero già maggiorenni e si accoppierebbero con un tronista con il cervello e si moltiplichebbero come i Gremlins e, poiché avrebbero già diritto di voto, basterebbe dargli altre tre generazioni di tempo e per Presidente del Consiglio ci ritroveremmo Daniele Interrante o giù di lì.