the sunset limited
(l’espresso del tramonto)
di cormac mccarthy
traduzione di stefano casi
uno spettacolo di
andrea adriatico per teatri di vita
con
stefano dionisi e mambaye diop
cura e produzione di
francesca ballico, daniela cotti,
monica nicoli, saverio peschechera
scene
andrea cinelli
abiti di
gaetano navarra
tecnica
alberto irrera
scenotecnica
giovanni marocco
sartoria scene
isabella sensini
oggetti di scena
freak andò
ufficio stampa
studio morabito
una produzione teatridivita con la collaborazione di
arena del sole/teatro stabile di bologna
grazie a vittorio alvino, giulio maria corbelli
a corso, agli aquilani
“adesso mi resta solo la speranza del nulla. e a quella mi aggrappo”
cormac mccarthy, sunset limited
sunset limited
ci sono solo un bianco e un nero. un tavolo. una bibbia. un giornale.
un paio di occhiali. un taccuino e una matita.
c’è un antefatto: il nero ha strappato il bianco al suo destino
suicida, lo ha salvato dal suo intento di gettarsi sotto un treno,
il sunset limited.
mccarthy elimina gli orpelli narrativi, l’ambientazione, i plumbei
paesaggi apocalittici dei suoi romanzi e lascia solo un tavolo
e due volti, un bianco e un nero, a cui tocca riproporre la stessa
millenaria domanda: perché salvare una vita? a che vale la vita?
sunset limited è un «romanzo in forma drammatica». dialogo puro.
batti e ribatti allo stato grezzo.
il bianco vuole morire.
il nero vuole salvarlo.
il bianco è l’uomo che ha vissuto l’inganno dell’essere uomo
di cultura e non ha più nemmeno la rabbia di chi vorrebbe ribellarsi
alla natura matrigna. “sopra ogni gioia pende l’ombra dell’ascia”,
dice nel suo straziante epilogo.
la sola speranza sta nello smettere di sperare: “so cosa mi aspetta
e so chi mi aspetta. non vedo l’ora di strofinare il naso contro
la sua guancia ossuta”. anche perché «tutta questa storia di dio
è una gran cazzata» e il mondo è solo «un lazzaretto dello spirito».
il nero è un assassino cui è capitato d’essere salvato
senza averlo nemmeno agognato.
è un redento del sogno americano e del bisogno di una speranza
a buon mercato. è l’impuro cui è capitato qualcosa di straordinario.
il nero è il folle di dio che rilegge la vita dalla prospettiva
di questo imprevisto dialogo trascendente che gli fa ribollire
il sangue delle vene.
è l’uomo che parla solo per dire cose definitive, che “sa che c’è
gesù in questa stanza”. quella cosa eterna. “la cosa che fa stare
la gente con i piedi fermi per terra quando passa il sunset limited”.
e tra il nero e il bianco c’è la verità di un’epoca, la verità
di mille menzogne che fanno la storia… i neri, i bianchi, il potere,
la cultura, l’identità, il senso sfacciato e doloroso dell’esistere
sapendo.
sunset limited secondo me
ho la fortuna di poter portare per primo quest’opera
sulla scena in italia.
ed è una fortuna non da poco.
per chi come me da sempre è avvezzo al teatro contemporaneo,
che ha amato la lingua e gli stili di uomini che hanno selvaggiamente
riformato temi, questioni e politiche dei teatri da dire,
cormac mccarthy è un punto d’arrivo che pesa.
non nascondo che quando mi capitò tra le mani, dono
di un amico fraterno che mi disse “è per te”, feci passare
molto tempo prima di leggerlo.
da europeo ho il vizio di essere un po’ prevenuto verso
la letteratura americana.
ma l’incontro con mccarthy c’era già stato e aveva i colori
e la violenza della scena iniziale di non è un paese per vecchi.
quindi la lettura fu un passaggio obbligato.
di quel libretto ricordo le emozioni di partenza… mi sono
chiesto quanto avesse sottratto alla meraviglia della
solitudine dei campi di cotone di koltès
e so che gli è passato tra le mani.
senz’altro.
poi le ultime venti pagine. l’ambientazione tipicamente americana,
col negro da galera che trova redenzione e si pone
come un interlocutore delle verità dell’esistenza, con la bibbia
sul tavolo e un codice semantico pronto all’uso, si inceppa.
si inceppano gli equilibri, il lieto fine va a morire,
e chi portava la verità facile da credere, quella verità
che tutti vorremmo, andava ad infrangersi contro la crudeltà
della ragione e della cultura.
per quelle venti pagine, per quel pugno allo stomaco, per
quell’assenza di speranza vale la pena di leggere, ascoltare,
animare sunset limited.
andrea adriatico
andrea adriatico
Nato a L'Aquila nel 1966.
Ha lavorato a lungo nel teatro, imponendo uno stile spregiudicato
di fusione tra i generi, affrontando autori e tematiche complesse
con un'ispirazione visiva e narrativa di taglio cinematografico.
Tra gli autori messi in scena: Beckett, Brasch, Koltès, Pasolini,
Mishima, Cocteau, Copi. I suoi spettacoli sono stati presentati in
teatri e festival italiani ed europei (Francia, Germania, Ungheria,
Slovenia, Macedonia) con importanti coproduzioni, da Santarcangelo
dei Teatri alla Biennale di Venezia.
A Bologna ha fondato nel 1991 il Centro Internazionale Teatri di
Vita.
Dal 2000 comincia anche una carriera nel cinema.
Tra il 2000 e il 2002 crea tre cortometraggi ospitati in numerosi
festival internazionali, dove si aggiudicano diversi premi.
Nel 2004 firma il suo primo lungometraggio Il vento, di sera,
invitato al Festival del Cinema di Berlino.
Il film è successivamente ospite di oltre venti festival
internazionali in tutto il mondo e vince il Roseto Opera Prima Film
Festival.
Il suo secondo film, All'amore assente (Andres and me),
presentato nel 2007 al London International Film Festival,
ha vinto il Premio Speciale della Giuria al Festival di Annecy.
Nel 2010 firma, insieme a Giulio Maria Corbelli, la regia del
documentario + o - il sesso confuso, racconti di mondi nell’era aids,
che fa il punto della situazione sulla pandemia che ha travolto
il nostro secolo. Appena uscito, il film vince il Premio
Internazionale Emilio Lopez a Pescara e il premio come miglior film
documentario al Mix di Milano.
Andrea Adriatico è anche giornalista professionista e docente
di cinema al Dams di Bologna.
stefano dionisi
Nato a Roma nel 1966.
Frequenta il liceo classico e prende lezioni di recitazione per un
anno al teatro La Scaletta sotto la guida di Antonio Pierfederici. Si
diploma nel 1985, poi decide di viaggiare: si trasferisce a New York
alla fine degli anni Ottanta, si sposta più volte verso oriente,
intraprendendo alcuni viaggi in India tra il 1987 e il 1991.
L'esordio come attore avviene nei circuiti televisivi: ha una parte
nel film tv Rose di Tomaso Sherman, seguito da È proibito ballare e
dalla partecipazione a due mini-serie importanti del 1990, La Piovra
5 – Il cuore del problema e Pronto soccorso.
Il debutto cinematografico si concretizza con il thriller Il segreto
(1990) di Francesco Maselli dove Stefano ha il ruolo di uno degli
amanti della bellissima Nastassja Kinski.
Con l'inizio degli anni Novanta entra a far parte di diversi film
(Tracce di vita amorosa, Verso sud, Lettera da Parigi e Sabato
italiano per ricordare i più importanti) ma senza sfondare.
Dopo La ribelle – Storia di Enza (1993), secondo lungometraggio di
Aurelio Grimaldi che vede tra le protagoniste la sensuale Penelope
Cruz, arrivano due grandi occasioni: nel 1994 il regista pugliese
Pasquale Pozzessere lo richiama per Padre e figlio, film che mette in
risalto la sua recitazione nervosa e sofferta, ancora più
comunicativa quando rinchiusa in ostinati silenzi e poco dopo sarà
nel sontuoso Farinelli – Voce regina, vincitore del Golden Globe come
miglior film straniero, dove interpreta il famoso sopranista Carlo
Broschi. Le ottime performance di questi due ultimi lungometraggi gli
permettono di guardare avanti con più serenità, oltre che ricevere il
David di Donatello Speciale.
Qualche tempo dopo viene chiamato per la produzione inglese Giuseppe
(1995) di Roger Young dove recita vicino a mostri sacri come Ben
Kingsley e Martin Landau.
Ha l'opportunità di recitare a fianco di Marcello Mastroianni in
Sostiene Pereira (1995) di Roberto Faenza, tratto dall'omonimo
romanzo di Antonio Tabucchi, ambientato a Lisbona durante il fascismo
salazariano.
Si sposta in Francia dove ha un ruolo in Le Fuggitive di Nadine
Marquand Trintignant per poi superare i Pirenei e finire in
Catalogna, nelle mani di Bigas Luna che lo ingaggia per l'erotico
Bambola (1996), dove interpreta il fratello omosessuale della
protagonista Valeria Marini.
Nel ritorno verso l'Italia cambia nuovamente stile e si reinventa nel
film fantastico L'arcano incantatore (1996) di Pupi Avati per poi
lasciarsi coinvolgere nella storia drammatica e tragicamente vera de
La tregua (1997) di Francesco Rosi, sceneggiato da Rulli e Petraglia
con la collaborazione di Tonino Guerra, dove Stefano è Daniele, un
sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz. Sperimenta
ancora il registro drammatico in Alexandria Hotel e con L'albero
delle pere di Francesca Archibugi ma riparte subito dopo per lavorare
all'estero: è nel francese I figli del secolo (1999) di Diane Kurys,
nell'inglese La perdita dell'innocenza (1999) di Mike Figgis e nel
tedesco Gloomy Sunday – Ein Lied von Liebe und Tod (1999) di Rolf
Schübel. In una carriera così ricca di sfaccettature e di ruoli
diversissimi tra loro, manca solo l'horror ed eccolo qui, arrivare
nelle vesti di Dario Argento che chiama Stefano per Nonhosonno
(2000), uno dei più sanguinosi film del maestro nostrano della paura.
Da una storia di omicidi in serie a una di uccisioni fatte per la
libertà ne Il partigiano Johnny (2000) di Guido Chiesa. Dopo l'ottima
interpretazione del protagonista Johnny, l'attore rivolge la sua
attenzione alla tanto amata Francia dove entra a far parte del cast
di Ginostra (2002) di Manuel Pradal con Harvey Keitel e Andie
McDowell. In Italia è in Senza freni con Paola Cortellesi, La porta
delle 7 stelle dell'amico Pozzessere e in Ovunque sei di Michele
Placido. Torna a frequentare la serialità televisiva nell'ottimo
Renzo e Lucia (2004) di Francesca Archibugi e in Virginia. La monaca
di Monza con Giovanna Mezzogiorno diretto da Alberto Sironi. Poi si
inoltra nelle vie del cinema commerciale: è in Raul – Diritto di
uccidere (2005) di Andrea Bolognini e nell'adolescenziale Last Minute
Marocco (2006) di Francesco Falaschi. Nel 2007 partecipa al film tv
Caccia segreta di Massimo Spano, alla mini-serie Era mio fratello e
all'importante fiction che ha ripercorso la vita del mafioso Bernardo
Provenzano L'ultimo dei corleonesi. L'anno dopo è sempre protagonista
della finzione da piccolo schermo con Tigri di carta dove affianca
Rocco Papaleo, Alessandro Haber e Valentina Cervi. Dopo questa lunga
frequentazione televisiva torna al cinema e ai film italiani: Family
Game: se una vita non basta (2008) di Alfredo Arciero e La fisica
dell’acqua di Felice Farina.
Ha appena terminato di girare il serial Il commissario Nardone
per Rai1.
Il personaggio che interpreta in The Sunset Limited (l’espresso del
tramonto) segna il suo esordio a teatro.
mambaye diop
Nato a Kebemer (Senegal) nel 1969.
Debutta in televisione nel 2002 nella fiction Per amore e per
vendetta 2 con la regia di Alessandro Capone, per Rai Educational.
Tra il 2007 e il 2009 è interprete di varie puntate della docufiction
In Italia - L’Italia e l’italiano per stranieri per Rai Educational.
Nel 2008 è uno degli interpreti di Hospital - Chirurgia d’urgenza per
la regia di Alessandro Piva.
Nel 2009 interpreta Le cose che restano, regia di G. Tavarelli,
Tutta la verità, regia di Cinzia Th. Torrini e Tutto l’amore del
mondo regia di Riccardo Grandi.
E’ nel cast de Il segreto dell’acqua film in uscita per la regia
di Renato De Maria.
In teatro è stato interprete de Il mercante dei sogni di Ben Okri,
per la regia di Maurizio Spoliti e Cathy Marchand; di Stress. Quel
maledetto pezzo di carta di Njock Ngana Yogo Njock, per la regia di
Lamine Dabo; di Pagine stampelle per la regia di Gaia Mormina e di
Che aria tira nel paradiso dei disperati per la regia di G. Biwole e
M. Mboup. Nel 2010 è protagonista di Tratte…Harraga dei mari e dei
deserti, testo e regia di Gaspare Balsamo.
l’opera
Non ci sono i venti grigi che schiaffeggiano i vestiti laceri del
padre e del figlio mentre percorrono atterriti la strada. O i pick
up, le pistole, i dollari e le pagine sgomente del diario dello
sceriffo Ed Tom Bell. Ci sono solo un Bianco e un Nero. Un tavolo.
Una bibbia. Un giornale. Un paio di occhiali. Un taccuino e una
matita. C’è un antefatto: il Nero («ma non era nei miei programmi»)
ha strappato il Bianco, il professore, al suo destino suicida, lo ha
salvato dal suo intento di gettarsi sotto il treno, il Sunset
Limited.
C’è una domanda: perché darsi pena per salvare una vita? A che vale
la vita?
È il tema dell’ultimo romanzo pubblicato in Italia di Cormac
McCarthy, il Dostoevskij anacoreta di El Paso, l’autore della
trilogia della frontiera, di Non è un paese per vecchi, de La Strada,
premio Pulitzer 2007.
Sunset Limited è stato scritto nel 2006, stesso anno de La Strada, e
il paragone tra i due romanzi, apparentemente, si ferma all’anno di
stesura e ai “non nomi parlanti” dei protagonisti. Là un padre e un
figlio. Qui un Bianco e un Nero. Con The road McCarthy ha fatto
camminare l’impolverato lettore accanto ai due protagonisti, gli ha
fatto spingere sulla terra arida il carrello di carabattole, gli ha
fatto premere il grilletto prima che fosse troppo tardi. L’ha
affamato, poi saziato, poi di nuovo affamato di raggiungere il mare,
la speranza in fondo alla strada. Ha infine aperto, con le ultime
battute, il tema del mistero del vivere, rintracciabile nei
labirintici disegni dei dorsi dei pesci sguazzanti nell’acqua. Con
Sunset Limited McCarthy elimina gli orpelli narrativi,
l’ambientazione, i plumbei paesaggi apocalittici e lascia solo il
tavolo, il Bianco e il Nero.
Ma, in fondo, ne ripropone la stessa millenaria domanda: perché
salvare una vita? A che vale la vita?
I critici dibatteranno se questa fatica letteraria ha la stessa
densità e fortuna dei precedenti lavori. Di certo è qualcosa di
diverso rispetto alla produzione antecendente (l’opera ha il passo
della sceneggiatura teatrale ed è infatti in questa forma che è
andata in scena a Chicago nel maggio 2006). Di certo McCarthy ha il
piglio biblico faulkneriano di chi ama trattare solo questioni
ultime, definitive, spesso terribili (Tutto ciò che non riguarda la
vita o la morte non è interessante, ha dichiarato in uno dei suoi
rari excursus mondani). McCarthy pone domande, interrogativi
insolubili col pessimismo tipico di chi non si sente ancora salvato.
Chi non prende sul serio questa inquadratura lo fraintende o lo
interpreta per quel che non è.
Sunset Limited è, secondo la definizione del suo stesso autore, un
romanzo in forma drammatica. Dialogo puro. Batti e ribatti allo stato
grezzo. Il Bianco vuole morire. Il Nero vuole salvarlo. Il Bianco
vuole uscire dalla stanza disadorna e tornare ai suoi intenti. Il
Nero vuole trattenerlo.
Il Bianco è l’uomo sartriano, colto, competente, arcigno nel mostrare
il broncio alla vita, ma con un ghigno quasi di scherno, con la
postura annoiata di chi ha già deciso che, qualunque sia la risposta,
lui la strozzerà sbadigliando. Il Bianco non ha più nemmeno la rabbia
di chi vorrebbe ribellarsi alla natura matrigna. Sopra ogni gioia
pende l’ombra dell’ascia, sentenzierà infine. E altro non può sperare
che terminare anche l’angoscia stessa di essere, in quanto uomo,
condannato a sperare: So cosa mi aspetta e so chi mi aspetta. Non
vedo l’ora di strofinare il naso contro la sua guancia ossuta. Anche
perché tutta questa storia di Dio è una gran cazzata e il mondo è
solo un lazzaretto dello spirito.
U n chi odo fi sso p er il nome delle cose.
Il Nero è un assassino cui è capitato d’essere salvato senza averlo
nemmeno agognato. è un redento, un Disma delle praterie di cotone
texane, il ladro che si fa il segno della croce prima di rubare il
candelabro d’oro della sacrestia. E’ l’impuro cui è capitato
qualcosa, la puttana che ci precederà nel Regno dei cieli, lo Zaccheo
disceso dal Sicomoro. Il Nero è il folle di Dio che rilegge la vita
dalla prospettiva di questo imprevisto insperato che gli fa ribollire
il sangue delle vene. E’ l’uomo che parla solo per dire cose
definitive, serie come un attacco di cuore. Che sa che c’è Gesù in
questa stanza, perché in fondo in fondo alla miniera del mondo c’è
una vena pura. Quella cosa eterna. Che secondo te non esiste. La cosa
che fa stare la gente con i piedi fermi per terra quando passa il
Sunset Limited. Il Nero sa che l’affare migliore nella vita è mettere
tutto in mano a qualcun altro, perché non si tratta di essere
virtuosi. Si tratta di stare zitti. Non è che posso mettermi nei
panni del Signore, ma l’esperienza mi porta a credere che lui parla a
quelli che lo ascoltano. E non c’entra niente se sono virtuosi o no.
E’ l’uomo moderno, ma che non ragiona secondo le categorie moderne:
fa domande ma non dubita (Secondo me chi fa domande vuole la verità.
Mentre chi dubita vuole sentirsi dire che la verità non esiste). E’
così semplice, dice, basta avere un po’ il chiodo fisso di chiamare
le cose per quello che sono.
McCarthy non vuole che il lettore si distragga, che si faccia
avvincere dal plot, che s’incanti davanti all’invenzione che non
t’aspetti, al colpo di scena che sgomenta. Deve solo porsi la
domanda, deve solo stare sul nocciolo della questione, per dirla alla
Graham Green. è un aut aut: o hai una ragione per vivere, zuccherino,
o il Sunset Limited è la fuori che ti aspetta. Passa tutti i giorni e
sfreccia a centotrenta all’ora.
Emanuele Boffi per "I tempi”
cormac mccarthy
Nato a Rhode Island nel 1933.
Figlio di un avvocato di successo e terzo di sei figli, è cresciuto
in Tennessee, dove la famiglia si trasferì nel 1937. A Knoxville ha
frequentato una scuola cattolica. Entra nell'università del Tennessee
nel 1951 e nel 1953 si arruola nell'esercito, dove rimane per quattro
anni, due dei quali passati in Alaska, dove tiene anche un programma
radio. Nel 1957, ritornato nel Tennessee, riprende l'università,
durante la quale scrive due racconti pubblicati in un giornale di
studenti, che gli valgono il premio Ingram-Merril per due volte, nel
1959 e nel 1960.
Nel 1961 sposa Lee Holleman, da cui ha un figlio, Cullen. Lascia gli
studi senza laurea e si trasferisce con la famiglia a Chicago, ma
quando torna nel Tennessee, a Sevier Country, il matrimonio finisce.
Il primo romanzo di McCarthy, Il guardiano del frutteto (The Orchard
Keeper) perviene all'editore, Random House, perché era l'unico di cui
avesse mai sentito parlare, come ammette McCarthy stesso.
Albert Erskine, già editor di William Faulkner, avrebbe poi
continuato a pubblicarlo per vent'anni.
Nel 1965, grazie ad una borsa di studio emessa dalla American Academy
of Arts and Letters, si imbarca sul Sylvania, con l'intento di
visitare l'Irlanda. Qui si innamora di Anne De Lisle, la cantante
della nave: i due si sposano l'anno seguente, in Inghilterra. Vince
in seguito una nuova borsa di studio, questa volta offertagli dalla
Fondazione Rockfeller, che viene di nuovo investita in viaggi, questa
volta verso l'Europa del sud.
Si ferma a Ibiza, dove conclude il suo secondo romanzo, Il buio fuori
(Outer Dark) prima di tornare negli Stati Uniti, nel 1968, dove il
manoscritto aveva già riscontrato i consensi di buona parte della
critica.
Nel 1969 torna nel Tennessee, a Louisville, dove compra un fienile e
scrive Figlio di Dio, pubblicato poi nel 1973. Nel 1976 si separa
anche da Anne De Lisle e si trasferisce a El Paso, in Texas.
Nel 1979 pubblica Suttree.
Nel 1985 dà alle stampe Meridiano di sangue.
Dal 1992 al 1998 lavora alla cosiddetta Trilogia della frontiera
(Border Trilogy), composta dai romanzi Cavalli selvaggi, Oltre il
confine e Città della pianura, incentrata sulle avventure dei due
cowboy John Grady Cole e Billy Parham. Dal primo titolo è stato
liberamente tratto un film del 2000 diretto da Billy Bob Thornton,
intitolato in Italia Passione ribelle.
Nel 2005 esce il thriller Non è un paese per vecchi, che, grazie alla
traspozione cinematografica ad opera dei Fratelli Coen, ha fatto
conoscere McCarthy ad un pubblico più ampio, soprattutto al di fuori
degli Stati Uniti.
Nel 2007 pubblica la sua ultima opera narrativa, La strada, che
prosegue nello stile dei romanzi anni novanta, ma con
un'ambientazione fantascientifico-catastrofica, vincitore del Premio
Pulitzer per la narrativa. Nel 2009 è stato realizzato l'adattamento
di questo romanzo per il grande schermo. Il film, intitolato The
Road, è diretto da John Hillcoat, su sceneggiatura di Joe Penhall;
vede Viggo Mortensen e Kodi Smit-McPhee nei ruoli principali.
McCarthy vive attualmente nel Nuovo Messico, a Tesuque, con la moglie
Jennifer Winkley e il figlio John. È molto attivo nella comunità
locale di Santa Fe e soprattutto nel Santa Fe Institute, fondato da
un suo amico, il fisico Murray Gell-Mann. Sunset Limited è un'opera
scritta nel 2006, pubblicata in Italia da Einaudi e messa in scena
negli Usa per la prima volta a Chicago.
“io anelo all'oscurità. io prego che arrivi la morte. la morte vera.
se pensassi che da morto incontrerei le persone che ho conosciuto
in vita, non so cosa farei.
sarebbe la cosa più orrenda. il colmo della disperazione. se dovessi
rincontrare mia madre e ricominciare tutto daccapo, ma stavolta
senza la prospettiva della morte a consolarmi... be', quello sarebbe
l'incubo finale.
cormac mccarthy, sunset limited
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