L'isola disabitata ell'ambito del nutrito calendario di manifesta- zioni proposte dal Conseruatorio di Musica Benedetto Marcello d,i Venezia, nell'anno acca- demico 1998/99, comprendenti diuerse attiuità, dai saggi di classe ai concerti d,ei docenti, dai sagi finali dei miglio4 allieui ai seminari con relatori esterni, dalle attiuità di collaborazione con uari Enti culturali a quelle con gli studenti di altri Conseruato4 e [Jniuersità, spicca la rappresentazione d,e "L'isola disabrtam', azione teatrale in due parti d,i Pietro Metastasio con musica di Franz Joseph Haydn. Sono tre le recite in programma: due ad ingresso su inuito presso la Sala Concerti di Palazzo Pisani, Musica Benedetto Marcello sede d,el Conseruatorio di Venezia, e una presso il di Teatro Toniolo di Mestre, con ingresso libero. Si tratta di un'operazione molto importafie per il Conseruatorio, che uede la panecipazione d,egli allieui delle Scuole di canto e di strumento, rispettiuamente perle anche di altri le pafii uocali e per l'orchestra, ma alliui per ruoli significatiui che solo con una simi- produzione I'allieuo può sperimentare, come il maestro sostitu- to e l'aiuto regista. L'idea di un rapportl sempre più stretto tra scuola e mondo del lauoro, fond,amentale per una moderna for- mazione superiore degli studenti nella nostra società, sta alla base d,i questa impegnatiua operazione, che si colloca ad un liuello preprofessionale intermedio tra produzione didattica e produ- zione artisilca dei normali circuiti dello spettacolo. Proprio per questa ragione tra i protagonistifigurano anche giouani cantanti professionisti, legati al Conseruato4o per esserne stati recente- mente allieui, che hanno lauorato, durante la preparazione dell'opera, gomito a gomito con i nost4 studenti, suolgendo una preziosa funzione di stimolo. Va citato infine, ma non da ultimo, l'impegno del corpo docente del Conseraatorio che ha collaborato attrauerso l'insegnamento, attrauerso la copertura dei ruoli della direzione, della concerta- zione, della regia dell'opera e attrauerso tutti gli aspetti promo- zionali suolti "dietro le quinte" che permettono di regalare al pub- blico questo euento artistico. A liuello istituzionale lo spettacolo rientra nella programmazione di respiro internazionale uoluta dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni del 3o Centena4o della nascita di Pietro Metastasio, istituito con D.P.C.M. musicali e il6 aprile 1996, che coinuolge diuersi Enti due Conseruatori: Roma e Venezia. Alla manifestazio- ne è stato dato l'alto patronato del Presidente della Repubblica e un contributo del Ministero per i beni e le attiuità culturali. Indispensabile è stata la partecipazione del Comune Asesorato alla Cultura, che ha tra l'altro Teatro Toniolo di messo Mestre, fauorendo cosi Conseruatorio, istituzione attualmmte in fase di Venezia, a diEosizione la presenza il del di rilancio e poten- ziamento, corne promotore culturale rrcl tenitorio umezi,ano, Un ringraziamento anche al Banco Ambrosiano Vmeto, al Teatro Fenice e all'Uniuersità Ca' Foscari per i contributi Ia relatiui all'alle- stimento e al libretto di sala. Il Direttore Giouanni Umberto Battel L'isola disabrtam Azione teatrale in due Parti di PIETRO METASTASIO Musica di FMNZJOSEPH HA\DN Personaggi Interpreti Costanza moglie di Cemando Lucia Paicevich Stefanie Silvia di Enico (3-15/) Silvia Dalla Benetta tei sorella minore consofie di Costdnzd @) * Franco Zanette (13-15D Arkadiusz Pstrong Gernando (13D* Martina Trevìsan (141) compagno di Gernando tat Bra:ln(1.41) tù Luca Favaron (1.41) k) (13-l5lr* Enrico Masiero (141, b) Due selvaggi Juan Sebastian Vargas Claudio Donaggio Due marinai Filippo Cagnato Francesco Guadalaxsara Maestro concertatore e Direttore Maurizio Dini Ciacci Docente del corso di Bercitazioni Orchatrali Maestro al cembalo Regia Alessandro Pianu (d) Agnese Safiori Docente del cotso di Afie Scenica regista Maestri collaboratori Aiuto Stefanie Braun (e) Roberta Paroletti Serena Felici * (1) Marco Comin sugeritorc Realizzazione delle scene Allievi della Scuola diArte Scenica Costumi Abbigliamento Laura Crovato -Yerrezia costumi Elementi di illuminazione e artezzeie Allievi della Scuola di Arte Scenica Adattamento dei Fondazione Teatro La Fenice Corso di Esercitazioni Orchestrali Maurizio Dini Ciacci Scuole di Canto (a) stella silva (b) Pamela Hebert (c) Michela Remor Scuola di Clavicembalo (d) Maria Corso di Arte Scenica (e) Agnese Scuole di Pianoforte Principale (D Responsabile relazioni esterne Monica Bertagnin Coordinatore attività inteme Antonella Perini Responsabile grafico Roberto Palma * Vittoria Guidi Saftori Giorgio Agazzi Ex allievi diplomati del Conservatorio di Venezia ORCHESTRA DEt CONSERVATORIO Violini Contrabbassi Prof. Marco Albano Marco Tesei Francesca Bonomo (ùolino di Ealla) Stefano Bruni MarcoZappia Pietro Costantini Flauto Cecilia Crisafulli Micaela Caser Vittorio Demarin Prof. Paolo De Rossi Fagotto Angelica Faccani Maia Grazia Esposito Cado Giordani MarlinaMazzon Comi Prof . Stefano Zanchetla Marco Cola Prof. Marco Venturi Viole Francesca Canova Oboi Monica Fracassetti Michele Antonello Marie Luise Lehnert Flavio Parisi Marco Nason Timpani Violoncelli Claudio Donaggio Prof. Paolo Crespan Silvia Di Salvatore Cembalo Lorenza Loro Alessandro Pianu Eleonora Ruggenini Gottab. esumo) (collab. estemo) "L'isola disabitata, 17 53-177 9, owero Metastasio rivisitato da Haydn Gian Giacomo Stiffoni La maggior mia consolazione non è quella d'aver finito, ma d'essermi riuscita (proporzione delle mie forze) la meno imperfena di tutle Ie opere mie Voi vedrete risrefto in un atto solo tutti i moti, tutti gl'incontri e tutte le passioni che riempirebbero abbondantemente Ia misura dì un lungo dramma. V'è cudosità di soggetlo, novirà di cantteri, si piange senza entrar nel teatro, si ride senza dar nei buffone: insomma (se I'amor proprio non mi accieca affafto) il componimento è tale che considerato lo stato atruale della mia testa è superiore quello ch'io potevo pemettermi da me slesso, e sivede chiaramente che la benefica deità del Manzanarc rmi ha negato gf influssi suoi [ ] (1) Con queste parole Pietro Metastasio, residente dal 1729 a Vienna in qualità di poeta Cesario, descrisse all'amico Farinelli la sua ultima fatica librettistica, I'isola disabttata, in una lettera datata febbraio 1753. Il famoso castrato, al secolo Carlo Broschi, da alcuni anni responsabile di tuni gli spettacoli operistici presso la corte di Spagna, si era rivolto all'amico poeta per ayerc alpiù presto 19 un soggetto operistico che potesse servire a concludere degnamente la giornata di festeggiamenti dedicata a celebrare l'onomastico del monarca spagnolo, Fernando M. Per l'occasione, Metastasio si preoccupò anche di trovare un compositore disposto a scrivere in poco tempo una partitura sulle parole da lui già composte. Dopo un tentativo fallito con Nicola Porpora, la scelta cadde su un musicista da pochi anni residente nella capitale austriaca, il quarantatreenne Giovanni Bonno, il quale finì di scrivere la musica - a detta dello stesso Metastasio -la maltina del 7 aprile, il medesimo gior- no in cui libretto e partitura partirono, con un coniere, per la corte Madrid a), Probabilmente con alcuni rimaneggiamenti apportati in loco all'ultimo momento o), l"'Azione leaffale" - così come viene definita L'isola disabitala nel frontespizio del libretto a stampa messa in scena il 30 di maggio. Sede della rappresentazione - In fu il palazzo reale di Aranjuez,località. {ar poco distante da Madrid dove i monarchi spagnoli solevano passare gran pate della prìmavera e dell'estate. La bievità della composizione e la sostanziale semplicità della sua struttura drammalica - un solo atto con unica ambientazione e quattro personaggi -, si confacevano sia all'occasione, sia al luogo dove essa fu rappresentata. I'isola dhabitataappartiene di fatto adun genere definito abi- tualmente come "Serenata vocale": una sorta d'opera di brevi dimensioni, che Settecento seffiva - in molte corti europee - a partire dall'inizio del a concludere, in qualità d'intrattenimento musicale serale, le giornate dedicate a celebrare onomastici, compleanni o matrimoni di personalità di spicco delle famiglie reali, il più delle volte monarchi o principi ereditari. Le limitate pretese spettacola- ri necessarie alla sua messa in scena rendevano questo genere - definito a volte nei frontespizi dei libretti anche come "Pastorale", "Festa teatrale" o, come nel nostro caso, "Azione leatrale" - particolarmente adatto alle limitate possibilità che alcuni palazzi avevano nell'ospitare complesse rappresentazioni d'opera. I1 caso della reggia di Aranjuze è emblematico. Durante gli anni in cui Farinelli lavorò come direttore degli spettacoli di corte, ilpalazzofu infatti sede solo di Serenate e di Cantate. Solo un anno prima, sempre Meashsio aveva di fatto rimaneggiato per Aranjuez - ancora una vola per l'onomastico del re - un altro suo libretto in tn atto Le cinai, inomirnto per l'occasione La festa cxnese. I cantanti scritn-rrati per prima rappresentazione dell'lsola disabitata Regina Mingotti che cantò la parte furono oltre alla napolelana di Cosanza e a Teresa Castellini che vestì i panni Silvia, il castrato Emanuele Comacchini, interprete del ruolo di Enrico, e iltenore Domenico Panzacchi che invece dette voce al personaggio di Gemando. Metastasio insisteffe particolarmente perché quest'ultimo personaggio, in quanto figura di marito, fosse affidato, secondo una convenzione dell'epoca, a una voce tenorile 11 6). soggetto del libretto, praticamente identico anche nella versione musicata da Haydn di cui par- leremo tra poco, presenta un'andamento della vicenda alquanto lineare. Nell'antefatto gli sposi Gemando e Costanza, e la di lei sorella Silvia, approdano in un'isola deserta. Gemando, rapito dai pirati, lascia sola Costanza che si crede, al pari di una novella Arianna,Itadilae abbandonata. Dopo quindici anni di schiavitù Gerando e l'amico Enrico tomano sull'isola per recuperare le due donne. Dopo alcuni fiaintendimenti la coppia di sposi finirà per riunirsi felicemente, mentre Silvia, ormai donna cresciuta, da bambina che era al momento dell'involontario abbandono, troverà in Enrico il suo futuro sposo. Tutti i personaggi, ad esclusione di Silvia, presentano :una caralteflzzazione abbastanza con- venzionale. Cosanza,presentata come il modello della donna forte e pronta a disprezzarc il marito, causa del suo presunto tradimento, alla fine - svelati gli equivoci - a si fa portatrice d'un modello di fedeltà coniugale che è altresì insito nel suo stesso nome. Gemando è il fido Consorte disposto a lascia- rela propia vita, con un gesto d'intenso lirismo, una volta creduta morta la sposa, mefltre Enrico si ritaglia il ruolo del confidente destinato ad avere, alla fine della pièce, e dopo aver facilitato la riunione dei due sposi, il premio per lapropria generosità. Silvia, è il personaggio forse più interessante. Abbandonata ancora in fasce con la sorella nell'isola sperduta, educata da quest'ultima lonano dai 'vizi' della civiltà, essa presenta dei connotati di ingenuirà e spontaneiÈ che sembrano awicinaia quell'idea di "buon selvaggio" che fu tanto cara ad alcuni illuministi - in particolare Rousseau - a della seconda metà del Settecento. La semplicità di comportamento, nonché I'acrtlezza e vivacilà con cui la fanciulla desidera entrare in contatto con nell'isola - lo 'sconosciuto' - rappresentato dai due uomini giunti sono disegnati da Metastasio con estrema finezza dt stile, ma anche con gtande acttezza psicologica. In tal modo il Poeta Cesario ci permelle di awicinarci con estrema turbamenti adolescenziali della gìovane, la quale trova - n ilralezz^ anche ai come ha giustamente affermato Luca Logi,- "contemporaneamente un mondo estemo a sé e sentimenti nuovi, a sé estemi"; le relazioni con la Miranda della Tempesta di Shakespeare, personaggio forse presente anche al Meta§atsio al momento della redazione del libretto, non possono sfuggire ad un attento spettatore. Dopo la prima del 1753, il libretto di Metastasio fu musicato circa una ffentina di volte con una fortuna che si protrasse almeno fino all794.Trui diversi musicisti che se ne interessarono spiccano inomi di Giuseppe Sarti (1760), Domenico Fischieni (1761), NiccolòJommelli (1761 e 1780), Tommaso Traetta (1768) e Giuseppe Asafi2,(1773). Nel 1779 ancheJoseph Haydn, dovendo scrivere una breve opem per celebrare l'onomastico del principe Nikolaus Esterhlzy, decise diùtlizzarc il testo metastasiano(0. Haydn, al servizio del principe sn dal1762 in qualità di Kappelmeister, dzl1168 si faceva carico anche dell'organizzazione e delladirezione degli spettacoli operistici che si mettevano in scena nel tea- tro del castello dilsterhtrza,residenza situata nella località ungherese di Sùttòr. Tali spettacoli, ai quali 10 spesso si sommavano recite di commedie di prosa e, a pafiire dal 1173, rappresentazioni d'opere in tedesco con uso di marionette, assumevano il caraltere di una vera e propria stagione continuata che raggiungeva una media di circa un centinaio di rappresentazioni per anno. Fino alla morte di Esterhàzy - awenuta nel 1790 - Haydn scrisse 22 opere, la maggior parte di argomento comico, cinque della quali per il teatro di marionette(7). Casi isolati di opere serie ad Esterhàza furono solo I'ArrnidadelllS3 e, appunto, I'isola disabitatadellTT9, unica pafiiturz scritta dal compositore su un testo di Meastasio. Pdma di soffermarsi su alcuni aspetti peculiari dell'Isola d.isabrtam,credo possa essere utile fare qualche breve accenno sulla storia del manoscritto .La partif.:tra autografa originale è irimediabilrnen- te perduta; essa venne infatti distrutta durante un incendio dell'archivio degli Esterhàzy (incidenti di questo tipo si susseguivano con regolarità adEsterhlza), dal quale si salvarono solo le prime quattro pagine (le battute dalla 1 alla 59 dell'Ouvefiure), custodite ora nella Biblioteca di Stato di Berlino. Fortunatamente si conserua invece una copia della partitura redatta nel 1781 da un copista anonimo, la quale presenta inoltre alcune correzioni fatte dallo stesso Haydn. Questa copia, oggi conservata nella Library of Congress di Vashingon, è quella che fu inviata dal compositore - sempre nel 1781 - alla corle di Spagna come omaggio per il principe delle Asturie, il futuro Carlo IV; un singolare ritorno, quindi, dell'opera di Metastasio là dove era stata eseguita la prima volta (8), In visa di una pubbli- cazione isolata del pezzo per i'editrice Breitkopf & Hartel, nel 1802 Haydn scrisse anche una versione ndotta del Quartetto finale dove però cambiò in parte 1a strumentazione aggiungendo due clarinetti. Nella none del 15 novembrc del 1779 un incendio, causato da due stufe lasciate distrattamente accese, divampò nel castello diEsterhlza lasciando fortunatamente integrala struttLlra principale, ma distruggendone però completamente il teatro. Nikolaus Esterhtrzy fece subito ricostruire la sala, tuttavia, per circa due anni, le rappresenazioni operistiche dovettero essere realizzate in condizioni di for- tuna. Forse propno per questo motivo in occasione dell'onomastico de1 principe, che cadeva il 6 dicembre, si decise di mettere in scena L'isola dhabitata. sentazione del breve libretto metastasiano, nonché 1l Il limitato organico necessario alla rappre- luogo circoscrifio dove è ambientata la vicenda, si prestavano bene alla situazione d'emergenza. L'organico strumentale comprendeva archi,2flatrti,2 oboi, un fagotto e comi. La distribuzione vocale dei ruoli differì da quella utilizzata da Bonno in occasione della prima spagnola affidata a una voce delll53 solo per quanto iguardava la parte di Enrico, che ad Esterhlza fu di baritono. I Costanza, Andrea Totti che vestì cantanti furono Barbara Ripamonti, che interpretò il ruolo di i panni del marito Gernando, Benedetto Bianchi fu Enrico, mentre Luigia Palzelli s'incaricò di dare voce alla giovane Silvia. Quest'ultima cantante, un mezzosoprano di mediocri capacità vocali, cantò spesse volte nelle opere scritte e dirette da Haydn ad Eslerhlzaediverne anche l'amante del compositore, vittima - come è noto - di un legame coniugale tormentato. Nello stendere la partitura Haydn rispenò quasi completamente il testo di Metastasio. Gli unici cambiamenti furono: 1) la divrsione dell'opera in due parti, là dove nel libretto del 7153 vi era il pas- saggio tra scena sesta e la scena settima (numerazione a dire il vero mantenuta, nonostante la divisio- ne, anche nella partitura haydniana), 2) la scelta di un testo diverso per due arie, rispettivamente di Enrico e Silvia, 3) la trasformazione del coro finale in un articolato Quartetto. Il testo originale dell'ana di Enrico, "Benché di senso privo", presente nella scena 5 del libreuo originale, fu sostinrito da quel- - de|7737, - sostituì invece il lo dell'aria "Chi nel cammin d'onore", tralta da un vecchio libretto- sempre di Metastasio Il tempio dell'Eternità, La diyersa aria di Silvia - "Come il vapor s'accende" ([, 4) 11 "NoR so dir se pena sia" presente nella scena 10 dell'originale, origrnando, sia nel testo, sia nella musica, un episodio che presenta degli elementi dileggerczza diversi dalla sostanzlale serietà dell'intera composizione. Haydn in tal modo portò a pafii^le compimento quell'esigenza d'equilibrio comico, cui faceva riferimento 1o stesso Metastasio nella ra serio e lettera citatt all'inizio di questo breve contri- buto. Non casualmente il testo dell'aria di Silvia fuutrlizzato - in una forma più allungata - anche dal compositore Pasquale Anfossi nella sua opera comica Il curioso indiscreto, rappresentata nel teatro di Esterhàza nel 1783. Avendo probabilmente ancora nella memoria i suoni e il procedere drammatico-musicale in orchesffa - - tutto dell'O(eo ed Euridice di Glùck, da lui diretlo tra gennaio e febbraio del7766,Haydn decise di scrivere tutti i recitativi in forma strumentale, rinunciando in tal modo al classico recitativo secco con clavicembalo e violoncello, abinralmente ulilizzato nell'opera seria itahana dell'epoca. Il partitulu (6 arre,:un'arietra e recitativo accompagnato che ne uscì e che collega i diversi numeri de[1a un Quafietto), presenta dei connotati del nrtto originali sia per ampiezza- non poche volte supera tra un'aia el'allrale 100 batnrte di ltnghezza -, che per afiicolazione. II compositore tenta infatti di superare le formule di accompagnamento e declamazione più consuete orientandosi verso un tessuto Il risultato è una sorta di continuum darammatico-musicale sempre presente, dove gli interventi strumentali, a volte fortemente descrittivi, altlano a illuminare vai via il musicale più vario e cangiante. testo valorizzandone il contenuto sernantico e la pregnanza drammaturgica. Questo aspetto awalora l'affermazione di Robbins Landon, uno dei più grandi studiosi di Haydn, che afferma essere I'isola disabitata come una delle opere più originali e anticonvenzionali dell'intera produzione lirica del compositore austriaco(e). Un'originalità di cui lo stesso Haydn doveva rendersi conto, se in una lettera del27 maggio 1781 all'editore Artaria così scriveva, lamentandosi del suo isolamento adBsterhlza: l::yÉf,lTff ffi #:.(,J:?ffi Con v'rcina ",f"T'3"ì:Til#"r!:!;:n';',#;i':::#: I'isola disabitata Haydn si awicinò di fatto a un'idea di drammaturgia innovativa, molto a quella propugnata, solo pochi anni prima, dalla "Riforma" di GIùck e del librettista Calzabigi: cioè di un melodramma dove la musica potesse avere una determinante funzione regola- trice dei conflitti drammatici (recitativi) e dei momenti di contemplazione (arie), in una iogica di reciproca generazione, continuata e mai interotta. È quindi sorprendente come Haydn iesca a rcalizzare, anche se non fino in fondo, un tale ideale,tilizzando, senza sostanziali modifiche, un libret to quale quello di Metastasio legato ad un modello di teatro che limitava l'impiego della musica - come afferma Gallaruti- "alla espressione contemplativa di affettl universali in arie sposabili da un'oPera a1l'altra" ttor. La continuità drammatico-musicale ricercata da Haydn è particolarmente evidente nel blocco scene che hanno inizio col recitativo e aria di Silvia - Ia già cilata, "Come il vapor s'accende" scena decirna della seconda parle. L'aria è seguita, senza soluzione - di nella di continuità, da quella di Costanza, "Ah, che invan per me pletoso" in Si bemolle maggiore. Il motivo iniziale di questa viene ripetuto poco dopo 12 - però in Do maggiore - nell'arielta, accompagnata da archi e violino a solo, di Gernando "Giacché il pietoso amico", quando questi entra in scena cercando la sposa perduta. Il legame tematico che Ia musica crea tra i due coniugi anticipa, di fatto, il loro effettivo rincontro che awerà di lì a poco. L'utilizzo del "solo" strumentale seguente, allorquando Enrìco - crea a sua volta un altro legame con la scena accompagnato in questo caso da un violoncello - commenta l'av- venuta riunione degli amanti. L'uso di strumenti solistici associati ad un determinato personaggio è l'elemento, si potrebbe dire, strutturale che collega le scene sopra descritte anche con il quartetto con cui si chiude l'opera, costruito nello stile di una sinfonia concertante. Il brano è infatti apefio da un ritornello del violino solista che introduce il canto di Costanza, "Son contenta appieno"; allo stesso modo anche gli interventi degli altri personaggi sono preceduti da un solo strumentale, rispetti- vamente di violoncello per Gernando, di flauto per Silvia e di fagotto per Enrico. Il quartetto di una lunghezza che supera le 350 battute viene poi chiuso da due altre sezioni: un "Andante" in Fa maggiore dove le coppie si scambiano dichiarazioni di affetto e che funge da momento di pausa prima del "Presto" finale, scritto in un solare Do maggiore. Haydn, per mezzo di riferimenti tematici incrociati riesce quindi da un lato a facilitare l'espressione delle emozioni, dall'altro a evidenziare Ia continuità del procedere drammatico. L'amalgama che egli ottiene tra aria e recitativo, ricorda in alcuni punti quella a cui giungerà alcuni anni dopo Mozart, soprattutto nelle sue opere viennesi, e preannuncia contemporaneamente ciò che sarà I'opera italiana e tedesca di primo Ottocento. La struttura lormale con cui vengono musicate le singole arie, è infine un altro elemento che contribuisce ad agevolare il senso di continuità scenico-musicale. Il compositore, infatti, pur doven- doutilizzare un testo impostato su due quartine di settenari, preferisce non servirsi della classica - il più delle volte in forma pentapartita AA'BA A'- con cui ancora all'epoca struttura col Da capo venivano composte abitualmente le arie nell'opera seria. Al contrario egli opta per una forma binaria più semplice e lineare, dove ognuna delle due parti del testo viene musicata in uguale proporzione, nella forma ABA'B'. Così facendo Haydn ottiene una maggiore sconevolezza della drammaturgia agevolando allo stesso tempo la comp ttezza formale dell'intera opera. Un ultimo accenno va infine fatto sull'Ouverture, probabilmente.una delle più riuscite tra quelle scritte da Haydn durante la sua permanenza adEsterhtrza. Contrariamente alle altre scritte nello stesso periodo, e solitamente strutturate in due parti -, - un'introduzione lenta seguita da un tempo veloce quella dell'Isola disabrtata presenta una forma quadriparlita. Un'introduzione drammatica, che sembra prefigurarelatagicasituazione delle due donne abbandonate nell'isola, si apre su un "Vivace assai" in Solminore dove Haydn sembra voler ritornare al più severo stile Strum und teizzava le sue composizioni dei primi anni Settanta. Un "Allegretto" in quella di un Minuetto con relativo Trio - 314 - Drangche caral- la cui struttura ricorda crea una breve parentesi in stile galante in Sol maggiore che nella sezione finale si inflette verso il Sol minore, per poi lasciare lo spazio ad una ripresa brevissima e folgorante del "Vivace assai" iniziale. La compìttezza di questo brano spinse Haydn a curame una pubblicazione per separato alcuni anni dopo la prima rappresentazione dell'opera. La concezione drammaturgica musicalmente innovativa riscontrabile nella partitura, unita all'e- quilibrio con cui Haydn organizza gli intereventi dei solisti e degli assoli strumentali, in una concezione che a volte si awicina allatrrcparenza riscontrabile nei quartetti dell'opera 33, risalenti agli stessi anni, fanno, come si è visto, dell'lsola dtsabrtaW un esempio singolare di adattamento di un testo metastasiano, A dimostrazione di come, anche nell'epoca della "Riforma", fosse ancora possi- 13 bile servirsi della struttr.rra drammaturgica plasmata dal Poeta Cesario che potremmo definire più cameristica - sebbene nella sua versione -, quale veicolo efficacie per portare avanti un discorso inno- vativo nei confronti dell'opera seria di secondo Settecento. Note (1)P. (2) METASTASIO, Tuile le opere, a cura di p Iui, B Brunelli, Milano, Mondadori, 1953, vol III (Episrolario), p. 800. B7o o)Tale supposizione si ricava leggendo questo passo batto ancora una volta da una letfera di Metastasio scritta sempre a Farinelli alcuni mesi dopo Ja prima esecuzione: ] Ho detto al Bonno che la sua musica è riusciLa senza entrar nelle altre cfcostanze, le quali forse [o avrebbero mofiificato, Se mai egli sentirà qualcosa dell'accaduto, allora gli spiegherò il fatto: e "[ glrfaròconcepirechelanecessiDenonladisistimaèstatacagionedellevariazioni accorsel...l',lui,p 848 (4) "t'tsou. DISABITATA Azione per musica del Sig ab Piero Metastasio romano, Poeta Cesario; reppresentata in Aranjuez l'anno 1753 Festeggiandosi i[ giorno del Glorioso nome di sua Maestà Cattolica: Don Perdinando M per comando di S,M.C la Regina D, Maria Barbara". Copie del libretlo furono stampare quasl contemporaneamente in diverse cità italiane come per esempio Milano, Roma, Venezia e Napoli, cfr C SARIORI, I libretti italiani a stampa dalle origini al 18(N Catalogo analitico con 16 indici, T voll., Cuneo, Bertola & Locarelli, 1990-93, vol III, sub voce I r.sola disabrtata. Il manoscritto della partirura di Giuseppe Bonno è conservato nella Biblioteca Nazionale di Vienna (ms 18291). tjrcfr (6)ll P. METASTASIO, Tutte le opere cit, vol Ilt, p 810. / frontespizio del libretto della prima conservato nella Bib]ioteca del Musikfreunde dtYtenna(7992) si legge: "L'ISOLA DISABITATA/azioneleatrale/induepafii/permusica/delcelebresignor/Abbate/PietroMetastasio/PoetaCesano/ da rappressentarsi (sìc) / in occasione del gloriosissimo nome di S A il Principe / Nicolò Esterhazi/ di Galantha /l'anno 1779, / Oedenburgo, nelle sramperie di Giusseppe (sic) Siess". (7)Di aìcune di queste opere si è perduta [a irimediabilmente la partitura, è possibile risalire quindi alla loro esecuzione solo attmversocronologieodocumentì d'epoca Peruncatalogocompletodelleopercdiuaydncft J.Ha1ùn:Thematisch-biblio- graphisches l{/erk ueryeichnis, a cura di (8)ll A van Hoboken, 3 voll ,Mtlnz, B, Schot's Sòhne, 1971 / / / frontespizio di tale manoscritlo reca ta seguente dedica: "L'isola / disabitatz Aztone teatrale / in due Pati dedicata sua A. R, il serenissimo Principe d'Asrurias Sereniss.'"" Principe Vostra Altezza Reale, che in mezzo alle sue ùtili e rispetrabili occupazioni, se metlere a profiLto i momente (sic) destinari al necessailo nposo, coltivando le Scienze amene, suol adoa / perare Ia Musica, come una di quelle piÙ proprie per Ia recreazione, e talvolta si degna di onorare le mie deboli produzioni, sentendole ed eseguendole ancora Questa pafiicolare mia felicità, che ignoravo fin d'ora, e la nororia benlgnità dell'Altezza Vostra Reale mi dà coraggio per dedicare alla Medesima la Musica dell'lsola disabitata da me composta, e che con la più profondissima sommissione pongo a suoi reali piedi Sereniss'" Principe Della Real'Alrezza Vostra 3il'J:';#"r"TJ;',,'*" Cfr H ROBBINS IONDON, Haydn Chronicle and. lVork, London, Thames and Hudson, 5 voll , 1978, vol. tl (Haydn at L\zterhdza1766-1790),pp.478e534'37 Notizierelariveallaviraealì'operadiHaydnsipossonotrovareinitalianonelvolume di H, ROBBINS TONDON-D. ',LNJONES, Hayl.n,Miano, Rusconi, 1988. {» 1i4r* (10)P 14 GALIARATI,,l,fmsicaemaschera,illibrenoitalianodelSeftecento,Torino,EdT,lgS4,p 83 SOGGETTO Antefaffo. Mentre viaggiavano diretti in India, il giovane Gernando, la sua sposa Costanza e la sorella di quest'ultima, Silvia, ancora bambina, sono stati costretti da una tempesta a sbarcare su una isola deserla. Mentre Costanza e Silvia si riposavano dentro una grotta, Gemando e i suoi compagni sono stati rapiti dai pirati. Da quel giorno, sono trascorsi tredici anni, Costanza, rimasta da allora sull'isola con Silvia, è convinta di essere stata abbandonata. Atto prirno. Un angolo dell'isola disabitata in iva al mare. Coslanza decisa a morire, termina di incidere sulla roccia un'iscrizione che narra il suo infelice destino. Entra Silvia, gioiosa ed allegra: il suo cerbiatto, che era scappato, ha appena fatto ritorno. Ma perché Costanza è sempre in lacrime? Non sono forse, loro due, le sovrane di un'isola dove la vlta è dolce? Lei, Silvia, non ha mai vissuto in altro luogo - le risponde Cosranza - e dunque non può misurare la perdita di quanto non ha mai conosciuto. Eppure - replica a sua volta Silvia - le lontane contrade di cui parli sono popolate da uomini che sono, secondo le tue parole, creature crudeli, che pure tu sembri rimpiangere: cosa posso fare per consolarti? Si scorge una nave all'oizzorfie. Ne discendono Gemando e il suo amico Enrlco. Da sola, Silvia si duole di non esser riuscita a consolare la sorella, poi scorge i due uomini e si nasconde. Gernando assicura ad Enrico di avere riconosciuto l'isola dalla quale era §tato a suo tempo rapito. GIi rimangono ben poche speranze di ritrovare Costanza, ma potrà almeno condividere con lei la tomba. Enrico afferma che, dal momento che a Ìui deve la liberlà, Gemando potrà contare sulla sua devozione eterna. Da sola, Silvia si domanda perplessa chi sia quello che ha visto: una creatura che non poteva essere un uomo, dal momento che sul suo viso non si rifletteva alcun segno di crudeltà; ma neppure una donna, visto che non ne pofiava la veste. Del cuore di Silvia si impadronisce un sentimento sconosciuto. Affo secondo. Solo, Gemando si dispera di aver cercato invano, senza trovare la più piccola traccia di Costanza. Scoperta l'iscrizione sulla roccia, sta per svenire. Entra Enrico e Gernando gli comu- nica che Costanza è mofta. Però, fa osservare Enrico, I'iscrizione non è stata completata, marlcano le due ultime parole. La ragione, risponde Gernando, è che lei non ha aluto laforza di scriverle. Non ci rimane altro da fare allora, dichiara Enrico, che abbandonare quest'isola. Ma Gernando non ne ha f intenzione: vada Enrico a confortare il suo vecchio padre, mentre lui finirà i suoi giomi in questo luogo. Enrico decide di non tener conto del desiderio dell'amico e ordina a due marinai di affenare Gernando e traspofiarlo sulla nave. Entra Silvia, alla ricerca di Costanza. Toccato dalla sua bellezza, Enrico si sforza di calmame lo spavento e le chiede dove si trovava Costanza al momento della morte. Ma Coslanza non è morta affatto, risponde Silvia, è viva! Enrico tuol correre a darela nolizia a Gemando. Ma, replica Silvia, quell'uomo crudele ed ingrato si trova dunque insieme a lui? Silvia ed Enrico a malincuore si separano, ma lui 1e promette di non lasciarla. Rimasta sola Silvia si sforza dicomprendere i sentimenti che le agitano il cuore, mentre Costanza, sempre più disperata, non trova pace. Gernando, credendo che Enrico sia partito, ritorna a baciare f iscrizione sulla roccia; finalmente egli scorge Costanza e voffebbe abbracciarla, ma lei lo investe con i suoi rimprove15 ri, e poi cade svenuta davanti al masso. Gernando si allontana a cercare dell'acqua; entra Enrico e danina Costanza. Ella assale Lrglralmente anche lui, che però riesce a spiegade la situazione. Entra Silvia e clice che Gernando è stato portato via dr forza: Enrico confessa che è stato lui a dar l'ordine. Costanza si precipita da Gernando e cade fia le sue braccia mentre Silvia si getta in quelle di Enrico, Gioia generale. del riratb di Jacopo ,{rrigoni (ca 1150-52) National Callel,, \'jctoria, ,\ustralia D, sr'rrsrzr \4etastasio, Teresa Castellini. Farinelli e lo stesso AnnÌgoni Prr ticolarc ARGOMENTO Navigava il giovane Gernando colla sua giovanetta sposa Costanza e con la piccola Silvia ancoil suo genitore, a cui era commesso ra infante, di lei sorella, per raggiungere nell'lndie Occidentali il governo di una parte di quelle; quando da una lunga e pericolosa tempesta fh costretto a discen- dere in un'isola disabitata per dar agio allabambina ed alla sposa di ristorarsi in teffa dalle agitazioni del mare, Mentre queste placidamente riposavano in una nascosta grotta, che loro offerse comodo ed opportuno ricetto, l'infelice Gernando con alcuni de' suoi seguaci fu sorpreso, rapito e fatto schiavo da una numerosa schiera di pirati barbari, che ivi sventuratamente capitarono. I suoi compagni, che l'idero dalla nave confusamente il tumulto, e crederono rapite con Gernando la bambina e la sposa, si diedero ad inseguire i predatori; ma, perduta in poco tempo la traccia, ripresero il loro inteffotto cammino. Desta la sventurata Costanza, dopo aver cercato lungamente in vano lo sposo e la nave che l'avea colà condotta, si credé, come Arianna, tradita ed abbandonata dal suo Gemando. Quando i primi impeti del suo disperato dolore cominciarono a dar luogo al naturale amor della vita, si rivolse ella, come saggia, a cercar le vie di conservarsi in quell'abbandonata segregazione de'viventi; ed ivi dell'erbe e delle frutte, onde abbondava il tereno, si andò lunghissimo tempo sostenendo con la piccola Silvia, ed inspirando l'odio e l'onore da lei concepito contro tutti gli uomini all'innocente che non li conosceva. Dopo tredici anni di schiavitù, riuscì a Gernando di liberarsi. La pnma sua cura fu di tornare a quell'isola, dove aveva involontariamente abbandonata Cosranza, benché senz'alcuna speranza di ritrovarla in vita, L'inaspettato incontro de' teneri sposi è l'azione che si rappresenta. INTERLOCUTORI COSTANZA moglie di Gemando. SITVIA /l lei sorella minore. ENRICO compagno rli Gernando. GERNANDO consorte di Costanza. PARTE PRIMA Scena prima Pafte amenissima di picciola e disabitata isoletta a vista del mare, omata distintamente dalla natura di strane piante, di capricciose grotte e di fioriti cespugli. Gran sasso molto innanzi sul quale si legge impressa un'iscrizione non finita in caratteri europei. Cctstanza, uestita a capriccio di pelli, difronde e clifiori, con elsa e da1 destro lato, parte di spada logora alla mano, in atto di terminare l'impefetta iscrizione COSTANZA Qual contrasto non vince L'indefesso sudor! Duro è quel sasso, L'istromento è mal atto, t7 Inesperta la mano; e pur dell'opra Eccomi al fin vicina. Ah sol concedi Ch'io la vegga compita, E da sì acerba vita Poi mi libera, o Ciel. Se mai la sorte Ne' dì fururi alcun trasporta a questo Incognito teneno, Dirà quel marmo almeno I1 mio caso funesto e memorando. (lege I'iscNzione) "Dai traditor Gernando Costanza abbandonala, i giorni suoi In questo terminò lido straniero. Amico passeggiero, Se una tigre non sei O vendica o compiangi... i casi miei". Questo sol manca. A terminar s'attenda Dunque l'opra che avanza. (toma al lauoro) Scena seconda Siluiafrefiolow ed allegra, e detta, SITVIA Ah germana! Ah Costanza! COSTANZA Che awenne, o Silvia? Onde la gioia? SITVIA Io sono Fuor di me di piacer. COSTANZA Perché? SILVIA Lami:a Amabile cervetta, In van per anti dì pianta e cercara, Da se stessa è tomata. COSTANZA E ciò ti rende Lieta così? SILVIA, Poco ti pare? È quella La mia cura, 18 il sai pur, la mia compagna, La dolce amicamia. M'ama, m'intende, Mi dorme in sen, mi chiede i baci, è sempre Dal mio fianco indivisa in ogni loco: La perdei; la ritrovo; e ti par poco? COSTANZA Che felice innocenza! (toma a lauoro) SIL\14 E ho da vederti Sempre in pianti, o germata? COSTANZA E come il ciglio Mai rasciugar potrei? Già sette volte e sei L'anno si rinnovò da che lasciata In sì barbara guisa, Da'viventi divisa, Di tutto priva e senza speme, oh Dio! Di mai tomar su la patema arena, Vivo morendo: e tu mi luoi serena? SITVIA Ma per esser felici Che manca a noi? Qui sian sovrane. È questa Isoletta ridente il nostro regno; Sono i sudditi nostri Le mansuete fiere. A noi produce La tena, il mar. Dalla stagione ardente Ci difendon le piante, i cavi sassi Dalla fredda stagion; né forza o legge Qui col nostro desio mai non contrasta. Or di', che basterà, se ciò non basta? COSTANZA Ah ru del ben. che ignori, La mancanza non senti. Atta del labbro A far uso non eri. o del pensiero, Quando qui si approdò; né d'altro oggetto Che di ciò che hai presente Serbi le tracce in mente. Io, ch'era allora Quale or tu sei, paragonar ben posso (Oh memoria molesta!) Con quel ben che perdei quel che mi resta. SILVIA Spesso esaltar t'intesi Le rlcchezze, il saper, l'arti, i costumi, 19 [e delizie europee; ma con tua pace più tranquillità mi piace. Questa assai COSTANZA Silvla, v'è gran distanza Dall'udire al veder. STIMA Ma pur le belle Contrade che tu vanti D'uomini son feconde; e questi sono La specie de'viventi Nemica a noi. Tu mille volte e mille Non mi dicesti... COSTANZA Ah si, tel dissi, e mai Non tel dissi abbastanza. Empii, crudeli, Perfidi, ingannatori, D'ogni fiera peggiori, Che sia pietà non sannoi Non conoscon, non hanno Né amor, né fé, né umanità nel seno. (piange) SILVIA E ben, da 1or qui siam sicure almeno. Ma... tu piangi di nuovo! Ah no, se m'ami, Non t'affliger così. Che far poss'io, Cara, per consolarti? (la prende per mano) Brami la mia cervefia? Asciuga il pianto, E in tuo poter rimanga, COSTANZA Ah troppo, o Silvia mia, giusto è ch'io pianga. (abbracciandola) Se non piange un'infelice Da'viventi separuta Dallo sposo abbandonata, Dimmi, oh Dio, chi piangerà? Chi può dir ch'io pianga a tofio, Se né men sperar mi lice Questo misero confofto D'ottener I' akru pietà? (pane) (alla replica dell'Aria si uede passar di lontano a uele gonfie Ltna nat)e, dalla quale scendono sul palischermo Gemando ed Enrico in abito indiano che sbarcan poi sul lido). 20 Scena teua Siluia sola. Che ostinato dolor! Quel pianger sempre Mi fa sdegno e pietà. Prego, consiglio, Sgrido, accarezzo, ed ogni sforzo è vano. Ma I'enigma più strano è che, qualora Consolada desio, Il suo pianto s'accresce, e piango anch'io. Seguiamo almeno i passi suoi... (nel uoler partire s'aavede della naue) Ma...quale Sorge co1à sul mar mole improwisa? Uno scoglio non è. Cangìar di loco Un sasso non potrebbe. E un sì gran mostro Come va sì leggier! L'acqua divisa Fa dietro bancheggiar! Quasi nel corso Nlo sguardo s'invola: Pofta l'a1i sul dorso, e nuota, e vola! A Costanza si vada: Ella saprà se un conosciuto è questo Abitator dell'elemento infido; E almen... (nel partir uede non ueduta Gemando ed En4co) Misera me! Gente è sul lido. Che fo? Chì mi soccone? Ah... di spavento Così... son io ripiena... Che a fuggir... che a celarmi... ho (si nasconde fra' fona appena. cespugli) Scena quarta Gernando, Enrico in abito indiano dal palischermo, e Siluia in dispane ENRICO Ma sarà pol, Gernando, Questo il tenen che cerchi? GERNANDO Ah sì; nell'alma Dipinto mi restò per mano d'Amore, E co'palpiti suoi l'afferma ìl core. SILVIA (Potessi almen veder quei volti). È molto Facile enar. GERNANDO No, caro Enrico; è desso: Riconosco ogni sasso. Ecco lo speco Dove in placido oblio con Silvia in braccio Lasciai l'ultima volta il mio ben, l'anima mia, più non la vidi. Ecco ove fui La mia sposa, E mai Da'pÌaIi assalito: Qua mi trovai ferito, Là mi cadde 1'acciarc. Ah caro amico, Ogn'indugio è delitto; Andiam. Tu da quel lato, Da questo io cercherò. L'isola è angusta; Smanirci non possiam. Poca sperunza Ho di trovar Costanza; Ma l'istesso terreno Ch'è tomba a lei, sarà mia tomba almeno. (parte) Scena quinta Enrico, e Siluia in disparte. SItvIA (Nulla intender poss'io). ENRICO Tenero in vero È il caso di Gemando. Appena è sposo, Dée con la sua diletta Fidarsi al mar.Fru gf inquieti Languir 1a flutti vede; a ristorarla in questa Spiaggia discende; ella riposa, ed egli Da barbari rapito, Trulto a contrade ignote, In servitù vive tant'anni, e senza Notizia più del sospirato oggetto. SITVIA (Pur si rivolse al fin. Che dolce aspetto!) ENRICO Parla a ciascun l'umanità per 1ui, t'obbligo a me. La libertà gli deggio. 22 Primo dono del Ciel. Spietato ogni altro Sarebbe; ingrato io sono Se manco a lui. D'abomimento è degna Ogni anima spietata; Ma l'onor de'viventi è un'alma ingrata. Chi nel cammin d'onore Stanca sudando il piede, Per riportar mercede D'un nobile sudor. Non palpita non langue, Per lui spargendo il sangue, E cento rischi e cento Va lieto ad incontrar. Scena sesta Siluia sola. Che fu mai quel ch'io vidi! Un uom non è: gli si vedrebbe in volto La ferocia dell'alma. Empii, crudeli Gli uomini sono, e di ragione avranno Impresso nel sembiante il cor tiranno. Una donna né pure: awolto in gonna Non è come noi siam. Qualunque ei sia, È un amabile oggetto. Alla germana A dimandame andrò... Ma il piè ricusa D'allontanarsi. Oh stelle! Chi mi fa sospirar? Perché sì spesso Mi batte il cor? Sarà timor. No; lieta Non sarei, se temessi. È un altro affetto Quel non so che, che mi ricerca il petto. Fra un dolce delirio Son lieta e sospiro: Quel volto mi piace, Ma pace non ho. Di belle speranze Ho pieno il pensiero; E pur quel ch'io spero Conoscer nonso. (Darte) 23 PAR]T SECONDA Scena prima Gemando solo affannato, indi Enrico GERNANDO Ah presaga fu l'alma Di sue sventure. In van m'affretto; in vano Cerco, chiamo, m'affanno: un'orma, un segno Dell'idol mio non trovo. Ov'è l'amico? Forse ei più forh-rnato... Enrico.,. Enrico? Cerchisl... Oh Dio, non posso: oh Dio, m'opprime La slanchezza e il dolorl Là su quel sasso Si respiri e si attenda... (nell'Epressarsi Gernando uede l'isc4zione) Il mio nome? Come! Note europee? Stellel Chi ve l'impresse e qlando? (lege) 'Dal traditor Gemando Costanza abbandonala, i giomi suoi In questo terminò lido straniero.,.' Io manco. (s'appogia al sasso) ENRICO Ah mi conforta! SaiCostanza dove sia? Gnrul,{Nno (appoggiato al sasso) Coslanza è morta. ENRICO Come! GERNANDO Leggi. (ac c ennando I' iscrizione) ENRICO Infelicel (lege piano le prime parole, e poi esclama) 'l giorni suoi In questo terminò lido straniero. Amico passeggiero, Se una tigre non sei O vendica o compiangi...'Appien compita L'opra non è. CERNANDO Non le bastò la vita. (cade piangendo sul sasso) 24 Oh tragedia funesta! Ah piangi, amico; Le lagrime son giuste. Io t'accompagno, T'acccompagnano i sassi. Unico in tanto Dolor, ma gran conforto, è che rimorsi Almen non hai. Facesti Quanto da un uom richiede E l'amore e la fede, E la ragione e l'onestà. Non piacque Al Ciel di secondarti. Or non ti resta Che piegar, come pio, la fronte umile Ai decreti supremi: e, come saggio. Abbandonar questa crudel contrada. GERNÀNDO Abbandonarla! E dove luoi ch'io vada? Ove speri ch'io possa Più riposo trovar! Questo è il soggiorno Che il Ciel mi destinò. ENRICO Ma che pretendi? GERNANDO Respirar, fin ch'io viva, Sempre quell'aure istesse Che il mìo ben respirò; di questi oggetti Nutrire il mio tormento. Tomare ogni momento Questo sasso abaciar; viver penando; Compire il mio destino Col suo nome fra' labbi, a lei vicino. ENRICO Ah Gernando, ah che dici! Elapaffia? e gli amici? il vecchio genitor?... E GERNANDO L'ucciderei, Se in questo stato io mi mostrassi a lui. Va; per me tu l'assisti: Mi fido a te. Se del mio caso ei chiede, Radolcisci nanando il caso mio. ENRICO E tu speri ch'io possa... GERNANDO .{mico, addio. 25 Non turbar quand'io mi lagno Caro amico, il mio cordoglio: Io non voglio altro comPagno Che il mio barbaro doior. Qual conforto in questa arena Un amico a me sa1ra? Ah la mia nella sua Pena Renderebbesi maggiotl (Parte) Scena seconda En4co solo. Non s'initi fra' primi Impeti il suo dolor. Merita il caso Questo riguardo; s'ei persiste, a forza Quindi svellerlo è d'uopo. Olà. Dovrebbe Colà sul palischermo alcune de'nostri Trovarsi pure. 01à (escono due marinari) Conviene, amici, Rapir Gemando. Ei, di dolore insano, Non luol con noi partir. V'è noto il sito Dove colà fra' sassi Scone limpido un rio? Selvoso è E all'insidie opportuno. il loco, Ivi nascosti, Ch'egli passi aspettate, E alla nave traete. Udlste? Andate. (partono i marinari) Scena tena la destra Enfico innanzi dalla sinistra, Siluia indietro dal medesimo lato, auanzandosi uerso senza uederlo. SILVIA Dov'è Costanza? In non la trovo. A lei Tutto narrar vorrei. ENRICO (la smte e si riuolge) Che miro! Ascolta, Bella ninfa. 26 Ah di nuovo Tu sei qui! (in atto difuggire) ENRICO Perché fuggi? Odi un momento. SIL}'IA Che vuoi da me? (dalla scena) ENRICO Solo ammirarti, e solo Teco parlar. SITVIA Prometti Di parlarmi da lungi. (dalla scena) ENRICO Io lo prometto. (Che sembiante gertill) (scostandosi) SITVIA (auuicinandosi) (Che dolce aspettol) ENRICO Ma di tanto spavento Qual cagione in me trovi? Al fin non sono Un aspide, una fiera. Un uomo al fine Render non ti dovria così smarrita. SILvIA Un uom sei dunque? (turbandosi) ENRICO Un uom. SITVIA (fugge spauentata) Soccorso! Aia! ENRICO Ferma, (la raggiunge e la trattiene) S[\'I,4, Pietà, mercé. Nulla io ti feci: Non essermi crudel. (inginocchiandosi) ENRICO (la solleua) Deh sorgi, o cara: Cara, ti rassicura. A-tr mi trafigge Quell'ingiusto timore. )1 SIL\TIA (Ch'io mi fidi di lui mi dice il core). ENRICO Di', se cortese sei come sei bella: La povera Costanza Dove, quando,restò di vita priva? SILVIA Costanza? Lode al Ciel, Costanza è viva. ENRICO Vival Ah Silvia gentil, ché al sito, agli anni Ceto Silvia tu sei, cori a Costanza. A Gemando io frattanto,.. SIIVIA Ah dunque è teco Quel crudel, quell'ingrato? ENRICO Chiamalo sventurato, Ma non crudele. Ah non tardar: sarebbe Tirannia differir le gioie estreme Di due sposi sì fidi, SItvIA Andiamo insieme. ENRICO No; se insieme ne andiam, bisogna all'opra Tempo maggior. Va. Qui con lei ritorna; Con lui qui tomerò. (in atto di partire) SITVIA Senti: e il tuo nome? ENRICO Enrico. (come sopra) SII\,'IA Odimi. Ah troppo kon ffino) Non trattenefii. ENRICO Onde la fuetla, o carul SIIVI,A. Non so. Mesta io mi trovo Subito che mi lasci; e in un momento Poi rallegrar mi sento allor che torni. ENRICO Ed io teco vivrei tutti 28 imiei giorni. (parte) Scena quarta Siluia sola. Che mai m'awennel Ei parte, E mi resta presente? Ei parte, ed io Pur sempre col pensier lo vo seguendo? Perché tanto affannarmi? Ion non m'intendo Come il vapor s'accende In aria poco a poco Così l'ardente foco S'accresce nel mio cor. Ohimé che fuoco oribile Che fiera smania è queste, Tiranno amor t'anesta Non tanta crudeltà. Scena quinta Costanza sola Ah che in van per me pietoso il tempo e affretta il passo: il sasso; Non invecchia il mio martìr. Fugge Cede agli anni il tronco, Non è vita una tal sorte; Ma sì lunga è questa morte, Ch'io son stanca di morir, (finita la seconda parte dell'Aria, s'abbandona a sedere sopra un tronco alla sinistra, e ripete sedendo la prima parte). Giacchè da me lontana L'innocente germarra Mi lascia in pace, al doloroso impiego Torni la man. (torna al lauoro) 29 Scena sesta Gemando e detta. GERNÀNDO il pietoso amico (senza ueder Costanza) Giacché Lungi ha rivolto il passo, Quell'adorato sasso Si tomi a ibaciar. Ma... Chi è colei? Aa uede) Donde venne? Che fa? COSTANZA Tu sudi, e lorse Resterà sempre ignoto, Infelice Costanza, il tuo lavoro. GERNANDO Costanza! Ah sposa! (l'abbraccia: Costanza si riuolge e lo riconosce) COSTANZA Ah traditore! Io moro. (suiene sopra il sasso) GERNANDO Mio ben!... Non ode. Oh Dio! Perdé l'uso de'sensi. Ah qualche stilla Di fresco umor... Dove potrei... Sì; scone Non lungi un rio; poc'anzi lo vidi.. E deggio L'idol mio così solo Abbandonar? Ritornerò di volo. (parte in fretta) Scena seffima EnNco, e Costanza suenuta. ENRICO Ignora il caro amico Le sue felicità. Da me s'asconde; Binvenido non so... Ma su quel sasso Una ninfa riposal (s'appressa e I'oserua) Silvia non è; dunque è Costanza. Oh come Ha pien di morte il volto! 30 cosrANZA (comincia a rinuenire) Aimè! ENRICO Coslanza? COSTANZA Lasciami. (senza guardarlo) ENRICO Ah del tuo sposo Vivi all'amor verace. COSTANZA Lasciami, traditor, morire in pace. (come sopra) ENRICO Io traditor! Non mi conosci. COSTANZA Oh stelle! (si riuolge e lo guarda con ammirazione e spauento) Gernando ov'è? Tu non sei più l'istesso? Ho sognato poc'anzi, o sogno adesso? ENRICO Non sognasti e non sogni. Il tuo Gemando Vedesti, a quel che ascolto: Di lui i'amico or vedi. COSTANZA E mi ritorna innanzi? Ei che ha ponrto Lasciarmi in abbandonol ENRICO Ah l'infelice Non ti lasciò, ma fu rapito. COSTANZA Quando? ENRICO Quando immersa nel sonno Tu colà riposavi. (accennando la grotta) COSTANZA Chi lo rapì? ENRICO Di barbari pirati Un assalto improwiso, Ei si difese, Ma, nella man ferito, Perdé l'acciaro; il numero l'oppresse, E restò prigionier. COSTANZA Ma sino ad ora... ENRICO Ma sino ad or non ebbe Libero che il pensiero; e a te vicino Col suo pensier fu sempre. COSTANZA Oh Dio, qual torto, Mio Gernando, io ti feci! ENRICO Eccolo al fine Sciolto da'lacci: eccolo a te. Ritorna Fido e tenero sposo A renderti il riposo, A calmare il ruo pianto, A viver teco ed a morirti accarfio. COSTANZA Ah mio Gemando, ah dove Scena sei? (incamminandosi alla sinistra) ultima Siluia dalla destra e detti; indi Gernando dal lato medesimo SII}'IA Costanza, Coslarza? Il tuo Gemando In van cerchi colà. Per te poc'anzi Quinci al fonte affrettossi, ed assalito (accennando alla destra) Ritomar non poté. COSTANZA Srelle! Assaliro? Da chi? Perché? ENRICO Perdona; Il fallo è mio. Perch'ei ti tenne estinta E qui restar volea, rapirlo a forza A'nostri imposi. COSTANZA Andiamo A toglierlo d'impaccio. (uuol par.tire) SITVIA Aspelta: io tutto )L Già lor spiegai. COSTANZA Che aspetti ancor? Tant'anni Non attesi abbasànza? È tempo, è tempo Che di mia sorte amara Io trovi il fine. (riuolgmdosi per partire si troua fra le braccia di Gernando) GERNANDO In queste braccia, o caru. COSTANZA Ed è vero GERNANDO E non sogno? COSTANZA Gemando è meco? GERNANDO Ho la mia sposa accanto? ENRICO Quegli amplessi, quel pianto, Quegli accenni intenoni Mi fanno intenerir. SIL\']A (ua ad Enrico) Che pensi, Enrico? Di te Gemando è più gentile. Osserva Com'ei parla a Coslanza: E tu nulla mi dici. ENRICO Eccomi pronto, Se pur caro io ti sono, A dir ciò che tu luoi. SITVIA (tmera e lieta molto) Se mi sei caro? Più della mia cervetta. ENRICO E ben mi porgi Dunque la man: sarai mia sposa. SIIVIA Io sposa? Oh questo no! Sarei ben folle. In qualche Isola resterei A passar solitaria i giorni miei. )t COSTANZA No, Silvia, il mio Gernando Non mi lasciò: tutto saprai. Non sono Gli uomini, come io dissi, Inumani ed infidi. SILVIA Quando Enrico conobbi, io me ne awidi COSTANZA A torto gli accusai. Dell enor mio Or mi disdico. SILVIA. E mi disdico anch'io. (porgendo la mano ad Enrico) COSTANZA Sono contenta appieno Appresso al caro bene Mi scordo le mie pene Mi scordo il sospirar. GERNANDO Che più sperar poss'io Or che il mio ben trovai, Accanto a' suoi bei rai Io resto a giubilar. SITVIA Se del mio core i moti Caro vedessi oh Dio Vedresti Idolo mio Quanto tì sappiaamar. ENRICO Prendi d'amore in pegno Carula man dì sposo Più fido ed amoroso Di me non puoi trovar. costeuze/crmveNoo Di due cori innamorati Serba amore i lacci amati. srn,Vsuruco Ne soffrir ch'entri lo sdegno Il tuo regno a disnrrbar. GERNA}ìDO Cari affanni. COSTANZA. Dolci pene. 34 GERNAN'DO Ah, Costrnza. COSTANZA Caro bene. ENRICO Silvia cara. SII\TA Oh, qual contento. ENRICO Cara sposa. SITVIA Oh, bel momento. TUTII Oh giomo fortunato Oh giomo di contento Andiam le vele al vento Andiamo a giubilar. 35 36 DIREITORE COIIJGIO DEI PROFESSORI Giovanni Umberto Battel VICEDIRETTORE ACCOMPAGNATORI Pietro Verardo At PIANOFORTE Daniela Cenedese' Stefano Gibellato CONSIGIIO Ndo Guizzo D'AMMINISTRAZIOM Antonella Perini Alessandro Manganiello, pruidente Giovanni Umberto Battel Anna Colonna Romano ARÀ,IONIA, CONTRAPPUNTO, Corado Pasquotti Sergio Lanza Michela Sediari, FUGA E COMPOSIZIONE Segretario ARPA Daniela Colonna Romano ARTE SCENICA Agnese Safiori BIBTIOTECA Chiara Pancino CANTO Pamela Hebert Michela Remor Stella Silva Elisabetta Tandura CHITARRA Angelo Amato Florindo Baldissera Tommaso De Nardis CTARINETTO Ermanno Fugagnoli Roberto Palma CLA\lCEMBAIO Maria Vittoria Guidi 37 COMPOSIZIONE SPERIMENTAIE Pasquotti Corado MUSICA CORALE E DIRIZIONE DI CORO Marco Gemmani CONTRABBASSO Ubaldo Fioravanti MUSICA DA CAMERA luciano Bellini CORNO Marco Venturi Monica Bertagnin Cecilia Franchini Luisa Messinis CULTT]RA MUSICAIE GENERAIE Mosca Marco Peretti MUSICA D'INSIEME Luca PER STRUMENTI AD ARCO Fabio Pirona DIDATNCA DELLA MUSICA CAdCttO D'ESIC Maria Cecilia Jorquera FAbiO MUSICA D'INSIEME MOTCNA PER STRUMENTI A FIATO Sergio Trevisan Maria Giovanna Miggiani AfiUTO PiVAtO MUSICA ELETTRONICA Alvise Vidolin ESERCITAZIONI CORAII Camillo De Biasi PREPOLIFONIA Lanfianco Menga ESERCITAZIONI ORCHESTRAII Maurizio Dini Ciacci OBOE Luciano Battocchio FAGOTTO Andrea Bressan ORGANO Elsa Bolzonello Zoia FLAUTO Angelo Cuni Lotti ORGANO COMPLEMENTARE Federica Roberto Padoin FLAUTO DOLCE PIANOFORTE Pietro Verardo Giorgro Lgazzi Anna Barutti TETTERATURA POETICA E DRAMMATICA Maria Luisa Bianchi Bianca Maria Borri Gino Brunello Ama Colonna Romano TETTURA DELLA PARTITURA Giorgio Lovato Elena Pasotti Ezio Mabilia 38 Assunta Pescetti TROMBA E TROMBONE WallyNzzardo Sebastiano Nicolosi Silvia Ilrbanis Emanuele Verona VIOLA Giorgio Vianello Marco Albano Flavio Zaccaria Giorgia Bignami Maria Luisa Zamparo Giovanni Petrella PIANOFORTE COMPLEMENTARE UOLINO Francesco Andreatta Bruna Barutti Bernardino Beggio Giulio Bonzagni Eddi De Nadai Martina Casetta Piergiorgio Meneghini Paolo Ceccaroli Michela Urdido Paolo De Rossi Gabriella Marchi STORIA DELLA MUSICA Stefano Zanchetta Francesco Rizzoli Dino Villatico VIOLONCELTO Andrea Amadio STRUMENTI A PERCUSSIONE Paolo Crespan Annunziata Dellisanti TEORIA E SOLFEGGIO Maria Antonietta Biasiolo Giovanni Casciello Francesca Fuga Loredana Marcolin Adriana Mascaretti Lino Rossi Vittore Ussardi Conservatorio di Musica Benedetto Marcello 3jl24Yenezia - San Marco, 2810 rel. 0415225504 - 0415236551 fax0415239268 e-mail: [email protected] http: //www.provincia.venezia.it/ conseve/ 39 Fotoconposizjonei CorlpuSel,Jce, Venezia Stampar PoJigrafica, \'enezìe - mlggio 1!!t)