Rosee pagine di Gugù, ovvero Gugù ai cari bambini appena nati, è sicuramente un piccolo manuale di puericultura molto originale, soprattutto se inquadrato nei suoi tempi (fu pubblicato nel 1904). Le sue annotazioni, incisive e poetiche, semplici ma convincenti, sottolineano i problemi più importanti della primissima infanzia e il suo desiderio di essere pubblicizzati e divulgati in modo ampio tra le donne di ogni ambiente socioculturale. A questo proposito dice Mirca Modoni Georgiou in Migliaia di bambini nella mente: “Il libro spazia da problemi di puericultura e di igiene ad aspetti di pedagogia e di psicologia infantile, ricomponendo le esigenze fondamentali del primo anno di vita in un quadro organico, dove il bambino è visto nella sua interezza psicofisica. Obbiettivo a cui arriva esponendo le proprie opinioni, spesso contrastanti con le indicazioni della pediatria di allora, ma anche con le norme più diffuse della cultura popolare. La rapida evoluzione registrata dalle discipline, che si occupavano delle modalità di allevare e di educare i bambini, sebbene avesse contribuito in maniera evidente a ridefinire gran parte delle conoscenze sul mondo infantile, doveva, infatti, fare i conti con regole e consigli che da secoli venivano tramandati di generazione in generazione, o per meglio dire, di madre in figlia. Oggi molte di quelle credenze, usanze e abitudini possono senz’altro far sorridere, ma collegate alla realtà economica, storica e sociale in cui si erano sviluppate, consentono di evidenziare come in mancanza di conoscenze scientifiche le madri facessero fronte ai problemi, alle difficoltà e alle ansie incontrate nell’allevare i figli con i soli mezzi di cui disponevano: l’esperienza e il buon senso.” (p.108) Augusta Rasponi, attraverso i suoi disegni spesso irriverenti e di proposito ironici, si inserisce a forza in questo scenario di nuovi orientamenti scientifici che non tengono sufficientemente in considerazione le condizioni socioeconomiche del tempo e soprattutto la non conoscenza di nozioni di igiene e di alimentazione infantile da parte di chi si occupava allora di prima infanzia. La povertà assai diffusa nel territorio, l’ignoranza della maggior parte della popolazione, le consuetudini legate all’allevamento dei bambini, ancora non considerati come categoria da rispettare all’interno della famiglia e, non certo ultima causa della loro altissima mortalità nei primi anni di vita, la non consapevolezza dell’importanza delle norme igieniche e alimentari per la crescita dei piccoli contribuivano a delineare una qualità della vita assai bassa e a mettere sempre più in luce le sofferenze della popolazione. Gugù si rivolge soprattutto alle madri, le esorta a fasciare i bambini in modo da concedere loro libertà di movimento, a vaccinarli contro il vaiolo, ma soprattutto a nutrirli al seno o col poppatoio, senza sottostare a regole ferree di modalità o di orari rigidi dettate dalla puericultura o dalla tradizione, dirigendo invece l’attenzione verso norme igieniche spesso trascurate. Scrive in Rosee pagine di Gugù: “è divertente e buona ginnastica baciarsi i piedini, ed è anche buona ginnastica ed un gran piacere camminare alla maniera degli animaletti… […] nell’acqua tiepida ti farai più sano, più bello, più calmo.” A proposito poi dell’abbigliamento: “ben caldo e senza strettumi, stai proprio a modo tuo” e dell’aria aperta, alla quale far ricorso fin dalla nascita: “aria, aria e sole, per rallegrarti, per farti roseo, per evitarti molti malanni. Godrai l’ondeggiare dei rami, i colori dei fiori, il luccichio delle acque. Farai festa ai soldati che passano, ai bambini che incontri!” Ne La mia statistica, poi, Gugù si batte contro il baliatico (come pratica spesso disumana nei confronti sia dei bambini che vengono nutriti dalle balie sia di quelli che le balie lasciano al loro paese affidati a parenti non sempre attenti) causa frequente di mortalità infantile nelle indagini personali di Augusta, a favore di un rapporto madre-figlio improntato non solo al soddisfacimento di bisogni primari, ma allo scambio reciproco di emozioni e sensazioni. Scrive Augusta Rasponi: “Fui sempre baliofoba per sentimento e convinzione, ora più ancora, per la lunga esperienza. Ne osteggio e vorrei abolito l’uso, o ridotto a casi eccezionalissimi, pur avendo veduto, sebbene in minoranza, bellissimi allievi di balie, specialmente prese in casa, ed aver conosciuto balie oneste, premurose, affezionatissime. Il fatto del disgregare famigliole sane di corpo e di anima è anormale, inumano, immorale, e le nutrici che escono invece che dalle famiglie, dalle sale di maternità, di corpo e di anima lasciano a desiderare. Poi occorre vederle, indifferenti, la mente altrove, far noviziato in quelle sale stesse, per lo più senza una carezza, senza un’attenzione per tanti disgraziatissimi piccolini! Salvo eccezioni, naturalmente, ma sono eccezioni rare.” (pag. 20) E tanti sono gli episodi raccontati da Gugù sulla cattiva gestione dei bambini da parte di madri, di balie e di medici, che si battevano ancora nei primi decenni del Novecento contro l’uso del poppatoio. La mia statistica, pubblicato a Bologna nel 1914 a spese di Augusta Rasponi e da lei distribuito gratuitamente a madri ricche e povere, a infermiere, medici, maestre e suore, si può considerare uno studio scientifico longitudinale basato sull’osservazione diretta dell’autrice sia nelle campagne ravennati che in città. Un numero rilevante di bambini viene preso in esame, dalla nascita fin verso i dieci anni, in un periodo compreso tra il 1890 e il 1912, un periodo difficile per tutto il nostro Paese, non solo per il territorio intorno a Ravenna, dove miseria e malattie come la malaria incombevano su adulti e bambini.