Patrizio Agostinelli, 2005. http://theforge.altervista.org email: [email protected]
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il presente testo è rilasciato liberamente. Ne è permessa la diffusione e la riproduzione totale e parziale e la modifica del contenuto in ogni forma e supporto, purché venga
notificato all'Autore e non sia per scopi commerciali o di lucro.
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Si ringraziano tutti gli autori consultati (citati e non citati per mia mancanza) e i realizzatori delle immagini reperite tramite la Rete.
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permettendo all'autore di adempiere ai necessari obblighi.
1
Manga Italy Story Two
I
Il muro sarebbe completamente bianco, senza neanche un
poster...puntinato di macchioline marroni.
Le scaccio chiudendo gli occhi - diventano fosforescenti. Il cerchio
stringe di più. Chiusa nel vuoto riempito di silenzio, pesante quanto
un tonfo in un pozzo di bitume.
A pranzo, niente ho mangiato. Un goccio di latte stamattina, torna
su - le nausee mi distruggono, rendendomi come una seconda coperta per il letto.
Il telefonino. L'ultima cosa che volevo: muovermi e pensare, a parte il minimo per non
farmi formicolare braccia e gambe. Va a quel paese che ti raggiungo.
II
- Ciao Claudia com'è che ti va?
- Male Giusy. Stamattina sono rimasta a casa perché mi hanno completamente distrutta.
- Domani vieni?
- Non lo so, dipende, se passano starò meglio.
- Penso che ti convenga tenertele.
- Perché?
- La Caligari s'è lamentata. -, - Che palleee! -, - Voleva interrogarti e non c'eri. Il resto lo sai.
- Che ci sposso fare? Mi spiegherò...Se capisce quella stronza.
- Se vuole capire. Domani ti torchia, gliel'ho letto in faccia.
- Aveva il suo solito, severissimo tono...vero? Cazzo però, mik'è giusto...Non mi reggo in
piedi, figurati se riesco a studiare.
- Di sicuro becca pure me. Ma tanto io faccio sega.
- Sai che Jena può diventare se domani manchiamo tutte e due?
- Affari suoi, a me non interessa nulla.
- Il peggio è per me, se domani sto bene mi ci mandano a scuola.
- E diglielo no?
- E non l'ho fatto più d'una volta? Niente. Peggio che con la Caligari: tu a scuola ci devi
andare, non basta studiare il giorno prima, devi farlo sempre, vedrai poi che questi
problemi neanche ti sfioreranno...
- BLA BLA BLA...Gli rispondi mai così? Prova a fingere.
- A una mamma ginecologa?
- Allora non ti resta che fare sega.
- Meglio se prendo quattro.
- Ti senti così preparata? Io sopra al due non vò. Ma poi cosa te ne sbatte? Mica ci vuole
chissache per far sega.
- Sì, come l'altra volta, poi mi hanno scoperto. Non ho voglia di restare a piedi e senza soldi
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per un mese.
- Ah! Io sono tranquilla, in ogni caso tra due settimane ci stanno i colloqui e mi tolgono lo
scooter di sicuro, due giorni in più o in meno non contano.
- Giaaaaah...Sto nella merda pure io.
- Vabbe', senti, in caso ci vediamo in Villa.
- No, non lo so. Ciao.
III
Oh Gesù Santo, perché mi tocca proprio oggi?
Mi sento come te, nell'Orto degli Ulivi.
Stamattina non ho accennato niente; anche per fare solo il faccino triste e nervoso.
Non m'andava di sprecare fiato e sentire i rimbrotti...Doppi!
Uno: per la solita storia; l'altro: per il pullman perso.
E stiamo per arrivare.
Perché la Caligari è peggio di mamma? Sembra che facciano comunella per darmi contro.
Mi immagino già tutte le sue urla.
(Che tra un po' di giorni saranno copiate da quelle materne).
(Odio quando due persone si esprimono allo stesso modo).
Ah! Non sono venuta a scuola ieri. Ah! E oggi non sono minimamente preparata...
Ah! E così non va, ah!, e l'anno non si passa.
Ecco un momento opportuno per sbattergli in faccia un assorbente, tapparglici la bocca...
(pure sporco).
M'immagino: ah! Che cosa credo, ah! La maturità consiste proprio nel non portare
all'interrogazione i problemi personali, ah! C'è passata anche lei.
Dov'è - cazzaccio maledetto - che sei nascosta? Dietro quale buona ragione? Eh, soluzione?
Mhmm...La Villa?
Proprio?
Facilissimo: sbaglio strada, vo' a sinistra invece che giù dritta finché non sbatto nel Liceo.
C'ho il Libretto delle Giustificazioni con già pronta la firmetta paterna. Che ci vuole a
scrivere un giorno in più? Ma se scazzassi e il preside si accorge che non è regolare? Se la
mamma telefona per sapere come sto? (che sega le mamme apprensive mpf!)
M'immagino l'ecatombe che mi crollerebbe addosso.
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3
IV
Da lontano riconosco la Giusy con due ragazzi, Maurizio che viene con noi a scuola e un
altro, carino, come si chiama? Pierluigi mi pare.
Llà, bloccata quando mi ero decisa ad andare a morire.
- Tu oggi a scuola non ci vai...Giusto? - Mi dice Giusy. É una domanda o un ordine?
- Non lo so, che...
- Cheee, son già le otto e un quarto, non si entra più. Su bella, alla Villa. - Maurizio mi tira
per la tracolla dello zaino, se vuole mi potrebbe trascinare di peso.
Mamma! Questa volta non è colpa mia!
(Non me la bevo da sola questa)
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V
Attraversiamo la Piazza con leggerezza, spiando tutte le facce intorno.
Se ci becca uno che ci conosce siamo fregati.
Eccoci salire verso la Collina. Una volta messo piede sul viale terroso siamo relativamente
sicuri. Sotto la protezione degli alberi il peggio che può accadere è se incrociamo qualcuno
che fa jogging.
Man mano che raggiungiamo il parco spunta la sagoma della Villa nella nebbia. Un gran
palazzo antico, con intorno uno spesso muro cinta e un parco pubblico.
Dagli oltre sette (ad occhio) metri che è alto questo muro scende giù una coperta di edera.
Secca d'inverno, spessa come una coltre quando è piena di foglie.
Solo nell'anno scorso mi sono accorta che lì dietro ci sono tante nicchie che tengono fino a
cinque o sei persone.
Non è un segreto, ma nessuno me l'aveva detto. Allora ho capito perché dicono illoggiarsi
al posto di infrattarsi.
Conquistiamo la nostra tana e, ed ora?
Bisogna semplicmente far passare il tempo; forse tra poco viene più gente qua che quanta
ce n'è a scuola. Intanto Pierluigi tira fuori un mazzo di carte.
VI
A metà mattina un po' di gente è arrivata. Per il resto niente. É passata anche l'ora della
Caligari, farei un permesso falso per entrare: sarebbe solo una mezza sega.
Però, prova un po' a cercare il preside, a farti firmare una giustificazione e un permesso se
hai il coraggio. E vuole sempre una scusa valida a voce, non gli basta quello che scrivi.
Poi incontro la Calì per le scale che mi fa a fettine col sorriso da squalo.
Devo restare qua fino all'una, e mi sto rompendo.
Ho giocato a carte senza saperle tenere in mano, i libri neanche li ho toccati, tanto,
pensavo, fino a lunedì non ci si vede Calì cara.
VII
Maurizio e Pierluigi si sono fumati quasi un pacchetto intero.
Sì, via, chiediamone ugualmente una.
Dopo due tirate le tonsille bestemmiano tossendo, la testa gira dolcemente, un po'.
La foschia si è alzata, adesso si sta bene al fresco dell'ombra e anche al sole tiepido. Alcuni
giocano a pallone, altri cazzeggiano stesi.
Da noi si fanno discorsi stupidi.
E' questo il bello! L'averci la testa vuota e rilassata.
Starsene tranquilli a buttare via il tempo, tanto a scuola lo butti via nel modo peggiore.
- Regà arrivanooooooo!
C'è un grido. Gli zaini volano in spalla, chi si scorda la giacca, via via! Maurizio mi prende e
mi tira dentro la nostra Nicchia.
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Se non è uno scherzo del cazzo c'è qualche prof a controllare. La Caligari!!!
VIII
Ho tutti i capelli pieni di edera secca, me ne frego sedendo sulla terra sporca.
- Chi sono? - Dico con il fiato grosso a Maurizio dritto a guardare oltre le tenda vegetale.
- Non lo so, aspetta.
- Claudia dove c'hai la sigaretta? - Mi chiede Pierluigi.
- Mi è caduta quando correvo.
- Merda! Era l'ultima... - Batte la testa al muro.
- Raccogli uno dei mozziconi in terra no? - Lo sfotte Giusy.
- E sì! Perché non questo? - Ne punta con il Martens uno bianco.
- Non capite? Uh! Che vuole dire? Non pareva una battuta.
Ride: è carino quado lo fa.
- Ehi Mauri' che tipe son queste?
- Ah, non lo so. Sta zitto. - Gli risponde a mezza bocca ancora fisso davanti alle foglie. - Che
razza di stronzi. Non era nessuno, usciamo fuori.
IX
Qualche passo e metto la mano sulla spalla di Pierluigi.
- Allora che volevi dire?
Alza la testa, ride e comincia a saltellare intorno a Maurizio.
- Che dici, che dici? Facciamo?
Maurizio si ferma e si gira. La Giusy li guarda incredula.
- Ma che cosa...
Che cosa? La mente comincia a scattarmi da tutte le parti più strane. - Sì. Penso di sì. Risponde Maurizio muovendo lentamente la testa.
Giusy è davvero incuriosita. Io: a me non piace quando la gente non è chiara.
Ci prendono avvicinandoci a cerchio.
- Ragazze! Che ne dite, oggi pomeriggio, di fumare una canna?
Eh?
La mia prima espressione, rimastami muta in volto.
- Mmmh, sì va bene. - Risponde Giusy.
- Anch'io. - Dico. Ma perchè?
Boh...meccanicamente....
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6
X
- Giusy ma tu l'hai mai fumata una canna?
- No.
- Be', allora hai detto di sì, così?
- E tu che hai fatto?
- Sì ma, pensavo che tu l'avessi già fatto e...
- See, buonanotte. Quand'è che la smetti con tutti questi problemi?
- E i carabinieri? Ci beccassero...
- Aridagli! Senti, io lo faccio, tu non vuoi? Non venirci, stai a casa. I soldi non te l'hanno
chiesti.
- Ma se poi loro ...
- Che? Mavaffanculo, adesso sei paranoica.
XI
Non ha tutti i torti la Giusy: riflettevo sulle parole durante il ritorno. Ma perché non ho
detto di no?
Per non essere la santarellina? Per non fare la figura della bimba? Non lo so, l'ho detto ,
non so se riesco veramente a dire di No.
Scendo dal pullman immersa in questi casini.
Non mi fanno bene, OK!
Ma non posso levarmeli di dosso.
XII
Rientrando a casa vedo quello che è successo alla macchina di Fabrizio.
Lo spigolo davanti è tutto accartocciato, senza più un fanale.
Poveretto, chissà che cosa ha combinato.
Salendo le scale sento delle urla, sono di casa sua.
TORNI, CHE DA IERI SERA NON TI SI VEDE, IN QUESTO STATO. TI RENDI CONTO?
DISGRAZIATO!
La madre.
EEEEH CHE SARA' SUCCESSO! MICA S'E' FATTO MALE NESSUNO! MICA T'HO
CHIESTO DI PAGARE IL CARROZZIERE!
Continuerebbero, ma entro nella porta opposta alla loro sul pianerottolo, a casa mia.
Sbatto ora contro il vero problema. Si era nascosto tra Giusy e le urla. Ho paura.
Saluto la mamma ma non la guardo, non sono ancora pronta.
Non devo lasciare trasparire niente.
Devo: stare naturale, se l'è venuto a sapere, pace. Se è passata liscia, allora non devo essere
tanto stupida da tradirmi.
- Come stai?
Mi gela con il sorriso quando mi siedo a tavola.
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7
Smorfio. Allora inizia a preoccuparsi.
- Al solito. - Riparo.
Vai così che va bene. Al solito, gli dico sempre, sperando che alla visione di me
scazzatissima non vada oltre.
- Uff, sempre così voi ragazze, alla tua età per giunta. La scuola non è che una piccola parte
rispetto a tutta la vita. Faccia ancora più scazzata, mi premo le dita sulle tempie comprendo il volto coi capelli.
É solo scena, oggi puoi andare avanti all'infinito, e no che non sei noiosa neanche un po'.
Dimmi solo di questo e non di più ok?
- Ti hanno fatto qualche storia?
Sbatto il braccio a peso morto sul tavolo.
- No no, poi avrebbero avuto ben poco da chidere. É pronto il pranzo? - Gli devo mettere
fretta.
Ecco che arriva il piatto. Accendo la TV, anche un telegiornale va bene. Purché faccia il suo
dovere.
XIII
Una sembra passata. Ma il resto?
Cioé, ci vado o no?
Idea! Ci vado ma la canna non me la faccio!
Sì così sai che dicono? Potrebbero scacciarmi a sassate.
Meglio, però...Però resta sempre il fatto che possono sgamarci.
Non succede mai, non succede mai, poi tocca sempre ai più innocenti.
- Ah una cosa!
Che...Che c'è mammina? A scoppio ritardato noooo.
- Papà mi ha detto che ieri quando ha preso lo scooter ha fatto il pieno.
Yuuff.
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8
- Questa sì che è una buona notizia.
- A soldi come stai?
Potrei essere pure milionaria ma: - Così così...
- Tieni.
E vaaaiiii, cinquanta carte, ah! Con una giornata così....
Senti: io ci vado, e buonanotte al secchio.
XIV
Passa un'ora, però quel momento non arriva mai.
Tra venti minuti esco, mi sento elettrica.
Cammino avanti e indietro per la camera.
Mi fermo.
Ma com'è che poco fa, ero così indecisa. Adesso invece, tutta questa smania?
Tutti quei dubbi, ripensandoci, è come se fossero scritti piccoli piccoli, con una matita già
sbiadita.
Via via, usciamo.
Chiudo la porta. Faccio un grande passo.
Ho preso una decisione, e non vale più rintanarsi in casa. Eh no, ho scelto.
Le mie titubanze non devo farle contare.
Accendo lo scooter, papà il pieno lo ha fatto sul serio.
Dopo cinque metri mi fermo.
Che sbadata: il caso.
Ma lo metto?
Poi i capelli? Sempre meglio il vento: questo coso me li appiccica e li rovina, divento uno
schifo.
Non lo porta nessuno, possibile che tanto bene a me vengono a fermare?
Però se mi vedono, potrebbero seguirmi e beccarci in flagrante.
Oddio me ripiglia la strizza!
Vabbe', io lo metto.
E tu Gesù ti prego, fa che questa passa liscia.
Lo so che già quella di stamattina sarebbe abbastanza, lo so che non sto andando a fare una
cosa giusta neanche adesso.
Ma ti prego, falla passare liscia.
Non so perché lo sto chiedendo a te.
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9
XV
Riparto comunque per salire su un Paese. Poco prima
delle Mura: uh! C'è Pierluigi a piedi.
- Ciao!
- Meno male. Dammi uno strappo su che m'è s'è fuso il
motorino.
- Ci sono i carabinieri in giro?
- Guarda tu che vai pensando, lascia perdere su, forza.
Salta dietro e spinge per farmi partire.
Mi piace come si veste. Ha una tuta della Nike che gli sta
proprio bene.
Chissà cosa pensa di me.
Dove va con le mani?
- Oh che fai, tocchi?
- No mi stavo solo attaccando, scusa, e poi mica ti
consumi.
Non rispondo.
- Non t'incazzà dai.
- No, non sono incazzata.
Anzi, quella carezza sui fianchi per un attimo mi ha fatto
venire i brividi.
Chissà se vuole provarci, io sono così chiusa con i
ragazzi, non ho combinato ancora niente di serio. Non trovo la persona che mi piace, che
mi fa innamorare.
- Chi lo porta il fumo?
Con il vento non riesce a sentire, mette il viso sulla mia spalla.
- Come?
Gli ripeto. Ha un buon profumo addosso.
- Maurizio, però non credo che ne ha tanto.
Meno male, non voglio andare troppo oltre.
XVI
Finché non siamo davanti alla Villa teniamo uno strano silenzio irreale, mi limito a
smanettare sul gas.
Maurizio e la Giusy ci stanno aspettando.
Pierluigi salta giù dalla sella, io accavalletto.
- Allora, com'è? - Sento dirgli pianissimo a Maurizio.
- Tutto a posto.
Guardo Maurizio, spesso mi dá un po' da ridere. Poggiato alla staccionata con le braccia
incrociate, serissimo, senza alzare gli occhi dai sassolini in terra.
- Allora via regà.
- Spetta Giusy. Non sarebbe meglio andare sul Monte? Dico qui ogni tanto beccano.
- Oddio, ferma tutto Pierlui' - Dice Maurizio col volto tetro.
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- Ehi Claudie', ma che pensi? Che lassù non sia la stessa cosa? Tutta quella strada non la
faccio, sono appena le quattro e tutto è tranquillo.
Sì, Pier-lu, prorpio perché è tranquillo mi sta salendo la strizza.
- Via via...mhmmm...Poche chiacchiere.
- Va be' - Dice Pier-lu mentre Giusy lo spinge pimpante.
Chissà perché adesso mi viene da chiamarlo Pier-lu.
Maurizio si stacca dalla staccionata dopo che abbiamo fatto il primo passo.
Sale lento, silenzioso, guardandoci in faccia.
In cima non c'è proprio nessuno - il vento che muove le ombre dei pini.
Giriamo per il muro di cinta, dietro il palazzo c'è una piccola scarpata. Senza dire "A" i
maschietti ci fanno scendere in basso per una specie di stradina che parte dalla costa...
Fino ad una piccola rientranza spianata del terreno.
Ci sediamo.
- Qui è perfetto, vedi chi passa e chi ti passa no. - Dice Pier-Lu (comincio a divertirmi).
Maurizio accovacciato tira fuori dalla tasca le Rizla azzurre e finalmente questo tanto
misterioso fumo.
Un quadratino come il mio pollice, sembra di cioccolato se non dasse sul marroneverdastro.
- Dammi una sigaretta. - Fa a Pierluigi.
Pier-Lu schiarisce la voce ridacchiando. - Non le ho.
- Perfetto. - Risponde secco, come se lo immaginasse.
Oddio, stai a vedere che adesso manda me a comprarle.
Un millisecondo di silenzio ci passa sulle spalle, tutti sanno quel che si deve fare, ma
nessuno ha intenzione di muovere un passo. Chissà perché poi...
XVII
- Vado io su. Claudia, mi accompagni? - Dice Pier-Lu.
Dirgli di no, non ha senso, vado.
Ridiscendiamo verso la Piazza. Sbuffa lamentandosi perché l'altro le sigarette non le
compra quasi mai, ma prima o poi gliele riscrocca tutte.
A me viene un pensiero irresistibile.
- Pier-Lu, ma che mi hai portato via apposta?
- Eh?
- Come eh, tra Maurizio e Giusy...
Mi taglia la frase con una risata che quasi lo fa cadere.
- Tu, tu Maurizio non lo conosci bene. - Ma se è da un anno che andiamo a scuola insieme.
- Non ho mai visto uno tanto...cioé: imbranato con le femmine; e poi no, non mi pare.
Ancora quattro passi in silenzio.
- No via, non può essere che non me l'abbia detto. - Sto zitta, non mi va di pensare.
- Almeno un consiglio gliel'avrei dato!
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11
XVIII
Eccoci arrivati dal tabaccaio.
Entriamo, sono nervosa e smaniosa, potessimo sbrigarcela in fretta.
Ma la Vecchia non ha nessuna intenzione di essere svelta.
Che ti venga una paralisi almeno!
Quando finalmente si accosta per darci le sigarette entra uno.
Merda, mi conosce!!!
M'immagino le chiacchiere: tua figlia, col suo ragazzo, a comprare le sigarette.
Angoscia pura nelle vene.
Pierluigi mi mette una mano sulla spalla.
- Un pacchetto di Mal-boro da 10.
Paga l'euro e 80 e ce ne andiamo.
Non guardo l'uomo, mi aggrappo a lui che continua a tenermi per la spalla, in silenzio, con
la strafottenza di un quindicenne con l'orecchino.
Che grande.
E' come se mi abbia protetto, ma come se non sa chi era quello?
Guardandolo mi viene da sorridere.
E risponde.
- Perché ridi?
- Mah, così...
E ride ancora.
- Bah, sarà...
Adesso è buffissimo.
XIX
Veloci risaliamo dagli altri.
- Eccoci eccoci piccioncini, scusate se ci abbiamo messo troppo poco. - Battuta qualunque
che a Giusy non va tanto giù lo stesso.
Maurizio sempre immobile col suo broncio, manco l'avesse offeso, prende il pacchetto di
Pier-Lu.
(Oh, e sto nomignolo non vuole andare più via!)
Lo apre, sento strappare la stagnola che vola via lontano nel vento; grazie a questo
Maurizio mugugna qualche bestemmia perché gli spegne sempre l'accendino.
Alla fine ce la fa a sciogliere il fumo, l'odore intenso si spande per un secondo.
Dopo averlo mischiato con il tabacco la cartina struscia tra le sue dita, una leccata ed ecco
fatto.
L'accende, comincia il giro, sto per ultima dopo Pier-Lu.
Arriva, - Tira che si spegne. - Mi dicono.
E sia, tiriamo, quest'odore di rosmarino non mi piace per niente.
L'accosto alla bocca, il fumo precipita in gola ma non entra nei polmoni, torna su per il
naso e pizzica arrabbiato finché non tossisco. Un po' anche negli occhi Toh!
Ma cazzo, non mollo, questi già mi ridono. Faccio una tirata più piccola, respiro, andata. E
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permettendo all'autore di adempiere ai necessari obblighi.
12
passo.
Ma quanto brucia.
La canna riprende il giro, Maurizio il silenzioso, poi Pierluigi.
Giusy non sa come prenderla, poi chiude gli occhi; ritocca a me.
Stavolta va giù bene, ma vai via in fretta.
Ancora niente?
Sento un po' di caldo tutto intorno il viso, le gambe mi si rilassano. Tutto qui?
Rieccola di già.
Merda. Questa si che è stata brutta, a momenti mi strozzo.
Tossisco piegandomi a terra, non ci raccapezzo niente, i sassi, la terra, tossisco.
Qualcuno mi tira su.
- Tutto a posto?
Pier-Lu, si tutto a posto, passato.
La canna è finita, meno male.
XXI
Aspettiamo che mi riprenda, Dio, adesso sì che posso dire d'essermi fatta un cannone.
Tutto un formicolio intorno agli occhi, da non riuscire a guardare in alto, la terra gira, mi
alzo e gli altri fanno su e giù, e cazzo che facce. Che occhi, lucidi, rossi.
Ho sete, devo sciacquarmi la bocca dall'amaro, mi muovo a fatica. Braccia e gambe che se
ne vanno.
Quattro chiacchiere, quattromila risate per ogni cazzata, da farsela sotto, anche Maurizio
ogni tanto caccia fuori una risata grossa e stentata.
XXII
- Sto bene, andiamo via.
Mi alzo e quasi ricado, non lo dó a vedere. Ho un rubinetto di acqua calda che mi entra in
testa.
Mi attacco a Pier-Lu.
- T'accompagno io Cla'?
- No Giusy, che devo dare uno strappo a Pier-lu-i-gi, che sta a piedi.
- Diciamo il contrario, adesso non ti faccio guidare neanche un triciclo della plasmon. Sento dire da questi.
Rido, rido rido e lo stringo alla vita, ha un bel fisico.
Saltiamo in sella, guida lui, non ne ha voluto sapere di lasciarmi il posto davanti lo stronzo.
Patrizio Agostinelli, 2005. http://theforge.altervista.org email: [email protected]
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13
XXIII
Pier-Lu va così veloce con lo scooter che mi fa stare male.
Il vento mi stordisce, un trilione di insetti sembrano venirmi negli occhi, dovrei essere
diventata ceca.
Ci vedo appannato, lacrimano da bestia.
Dev'essere la botta che mi porto dietro.
Il casco non l'ho messo.
Fanculo, ma cosa penso...
Gira per la Pista di pattinaggio. É deserta.
- Perché?
Cose mi frullano nella mia povera testolina.
- Sai mantenere un segreto?
- Eh?
- Devo fare pipì!
Rido e ridiamo, ci prendiamo per le spalle l'un l'altro per mantenerci in equilibrio.
Cristo santo che effetto questa roba.
Scompare dietro un casotto, e l'aspetto sullo scooter accavallettato.
Non riesco a chiudere la bocca, se avessi ancora fiato continuerei a ridere.
Chissà....No, dai.
Quando torna mi dice: - Faccio un salto al bar, vuoi qualcosa da bere?
Giusto! Ho la gola secca boia, sentivo dire che faceva anche questo.
Gli ordino una Coca cola che offre lui, s'intende. Vantaggiuccio di essere una ragazza.
- E una birretta no?
- Oh scemo...
Scherzava, o no?
Si allontana ancora una volta carezzandomi le spalle e il collo.
Brividino di piacere.
Che vuole? Gli sono solo simpatica?
Mentre si fa piccolo in lontananza, la tuta della Nike gli compre un bel culetto.
Cosa farà dopo? Cosa farà dopo?
Oddio come sono messa, cervello in fusione.
XXIV
Lo rivedo con le coke.
Mi gira ancora tutto quanto.
Si accorge, basta guardarmi.
- Non stai bene.
- No.
Le mani sotto il mento, i gomiti sul manubrio.
L'effetto piacevole sparito, una morsa di calore mi soffoca.
- Sei stata troppo sotto il sole, ti conviene andare un po' all'ombra.
Smonto facendomi trasportare sotto un albero.
Sotto un una grande pianta già mi sento meglio, ancora meglio dopo il primo sorso.
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14
Se non fosse che sto per abbioccarmi.
- Com'è?
- Che?
- Te!
- Sinceramente, non lo so, è la prima volta che mi sento così bene, così male, non ridere, è
la verità. Prima avevo paura, poi mi sono calmata, mi faceva male la golda, poi be', ha visto.
- E' normale le prime volte, adesso sei...
- Rincoglionita e un po' stanca.
- Davvero? Solo questo? A me dopo un po', passata la risarella mi carico. Adesso posso
correre, saltare, e mi sento di farcela, anzi è più di saper di farcela, lo faccio e basta.
XXV
- Perché?
- Perché, prova a pensarlo, forse trovi la stessa energia anche te.
Nooon lo so. Penso solo al ragazzo che mi sta davanti.
- Vieni qua. - Sussurra lento, mi tiene per dietro la schiena, ecco che la sua faccia è più
vicina. E ancora.
Accoccolata tra le sue braccia, con il suo corpo forte, le sue mani sulla schiena che salgono
e scendono. Le cosce dove siedo e quello che sento venire su dai pantaloni.
Gesù, è la prima volta che ce l'ho così vicino.
Uno scatto delle sue mani che frugano sui bottoncini della patta, ho il freddo dei bottoni
che mi pigiano sulle mutandine.
Oddio, mi sono bagnata senza accorgermi.
- No ti prego, non qui, non subito. - Dico come se avessi fatto una lunga corsa.
Si ferma, la sua lingua ritorna nella mia bocca.
Sbatto per sbaglio contro il suo coso duro, le mani si fermano lì, in basso non capisco più
niente.
Cerca di portarmi dove lui vuole, non so se i pantaloni se li è tolti da solo o l'ho fatto io, lo
vedo e lo tengo.
Caldo, duro, pulsa, è bruttissimo. Non riesco a lasciarlo, come fosse intriso di colla.
Mi sta baciando e con un dito gira intorno a un capezzolo.
Muove i fianchi e lo seguo e stacca il suo corpo dal mio.
- Dai dai dai....- Chiude gli occhi buttandosi all'indietro, qualcosa di bollente mi cade sulle
dita.
É venuto, sembra, comincia ad ammorbidirsi.
Ritiro la mano. Mi da un Kleneex.
Mi pulisco tenendo la mano sul grembo a gambe incrociate.
Me la prende tra le sue, e ancora un bacio sulla fronte.
Sorride radioso, come dirmi grazie, sei stata brava!
Mi sento trattata come...non lo so!
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XVI
Ritirandoci in piedi camminiamo verso lo scooter.
Mi prende i fianchi, lo lascio fare.
Silenziosa, mezza, tutta rincoglionita. Stavo meglio quando ero sdraiata.
Le ombre ora ricominciano a ondeggiare, passandoci sotto, il sole mi colpisce in una marea
di calore.
Andiamo a piccoli passi, lui mi trascina come una bambola di pezza che cadrebbe in avanti
con un tonfo sordo. Vattene, sento provenire una voce da dentro di me.
So che mi guarda, forse pensa che mi sto vergongnando. Ha ragione.
Vorrei che mi dicesse una, una sola parola. Porca puttana, non fiata.
Mi saluta solo quando scende dallo scooter, senza neanche un bacio, ci vediamo e via.
XXVII
Adesso non c'è più, e sono come abbandonata, confusa, sprecata, buttata via.
É tardi, devo tornare a casa. In fretta, prima della mamma, vorrei rendermi decente.
Dov'è il fuoco che mi spingeva? Sento il vuoto dentro, il sudore e un brutto odore addosso.
Solo correndo a tutto gas riesco a lasciarmelo indietro.
Cazzo, due vecchiacce mi si buttano sotto la ruota, per fortuna freno in tempo.
Due suore, i loro volti quieti mi dicono Grazie, tu si che se una brava ragazzina. Lo si vede
dal tuo musino.
Eh no che non sono una brava ragazza, mannaggia alla sfiga. No che non lo sono!
Fino a casa l'odore è sempre con me, vicino all'immagine della suora.
XXVIII
Rimetto lo scooter in garage, mi avvio verso il portico, di corsa, di corsa, non voglio farmi
notare troppo.
Vado per chiamare l'ascensore, oh! C'è Fabrizio che già ha pigiato il bottone.
- Ciao piccoletta.
- Ciao. - L'ascensore arriva piano piano.
Entriamo, lui pigia un altro bottone, abitiano sullo stesso pianerottolo.
Si parte, un sussulto, tonf, si sale, mi appoggio. Alzo la faccia incrociando il suo solito
sorriso.
- K'hai fatto?
- Niente, niente...
- C'hai 'na faccia, non stai bene?
- Sono stanca.
Scosto lo sguardo, ho paura anche di essere scoperta da lui.
L'ascensore si ferma.
- Ciao o'Clà.
- Ciao. - Ciao un cazzo, non mi dire che non hai capito, ringrazio Dio che sei tu...Fabri'
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16
Apro, sbatto la porta, via la giacca, in bagno.
Cristo! Mi pietrifico davanti allo specchio. Che occhi che c'ho!
Che ho fatto? Dove sta il bianco? Anche un ceco si sarebbe accorto!
XIX
Apro il rubinetto dell'acqua calda, spero che un bagno mi faccia riprendere.
Sento ancora quell'odore, adesso. Adesso vorrei non averlo fatto e cancellarlo per sempre.
Sai domani. Le voci giò viaggeranno.
Spero che non sia una testa di cazzo.
Sai se domani, quando passo, tutti mi rideranno, la fine.
Quando tolgo le mutandine, ho un brivido, sono intrise. Umido, freddo e schifo.
Quando entro nella vasca inizia ad andare meglio.
Tutto silenzio, sento Fabrizio che alza la voce con sua madre, come al solito, sembra che
non siano mai riusciti a capirsi.
Vorrei andargli a raccontare qualcosa, mi pare l'unico essere capace di prendermi sul serio.
Da piccoli giocavamo insieme, adesso ci si incontra a cazzeggiare sotto il portico. Poche
volte però, ha certi orari strani; ma due chiacchiere le scambiamo sempre.
É stato l'unico maschio che ha saputo, da me, quando ho pomiciato per la prima volta con
un ragazzo.
Rimase serio. Questo è il punto.
Tutti gli altri, quando svolazzano quelle graziose boccucce del paese, cominciano a saltarti
addosso come un branco di porci in calore.
Sai domani che casino.
Resta zitto ti prego, non voglio morire.
Il caldo mi ridà alla testa, forse ho sbagliato a fare il bagno subito dopo aver fumato, si
potrebbe collassare.
Il pensiero mi fa saltare via come se nella vasca galleggiasse un topo morto. Cazzooooo ci
penso sempre dopo alle cose io.
Con addosso solo l'accappatoio mi butto sul letto, come sto male.
Dormo...
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XXX
- Claudia...
- Claudia!
La faccia di mamma compare davanti, prima che accendo il cervello
attacca:
- Ma Dio mio, dico, cos'hai, sei scema a dormire così?
Ricollego: ho addosso solo l'accappatoglio bagnato.
Che male al collo.
- MmMm, mi sono addormentata con la radio accesa.
Anche se è sempre restata spenta.
- Non stai bene?
- Sì, sì ero stanca.
- Mettiti qualcosa che si cena.
Va via coll'aria esterrefatta, come se avesse capito che qualcosa non va.
E infatti non va.
Aspettiamoci di tutto.
Tiriamoci su, così rincoglionita da non reggermi in piedi, solo sonno.
Lo specchio mi dice come sono messa, pietosamente. I capelli sono asciutti, ma guarda tu...
XXXI
Il tempo di mettermi una tuta non ce l'ho, mi vogliono al telefono
Giusy.
Che vorrà? La voce è già girata?
Corriamo su.
Prendo il telefonino con la Giusy che ride chiedendomi come sto.
Tento di rispondere che va OK - la bocca impastata non mi aiuta.
Racconta, chiacchiera, non è che segua più di tanto, tremo aspettando una sola parola su
quella cosetta.
Niente di niente?
Una bomba all'improvviso
- M'è venuta un'idea...
- Delle tue solite?
(Datti una calmata, le reni ancora mi fanno male).
- Vieni a stare da me domani sera?
- A dormire?
- Sì sono da sola, e insomma, i miei tornano nel pomeriggio, se vieni tu non hanno nulla da
dire.
- Già sono una brava ragazza io.
Come mi viene bene fare l'autoironica.
- Poi ho un programmino.
Oddio!
- Luisa, la mia amica no?
- Embe'?
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18
Sentita nominare, ma mai vista.
- Ha la macchina, andiamo a ballare, torniamo quando ci pare e in culo a tutti.
Una per volta ti prego, ma questa è troppo forte.
- Sentirò i miei, domani ti do la risposta ok?
XXII
- Allora, vengo a prenderti domani verso le sette?
- Vedremo, forse i suoi mi riaccompagnano, mi faccio sentire. Va bene mamma?
Scendo dalla macchina, e lei vuole portarmi per forza lo zaino.
- Ma quanta roba c'hai messo dentro?
- Quello che mi serve.
Non mento: sotto il pigiama, per dare l'impressione, c'è mezzo armadio. Quello che basta
per andare in discoteca.
Di bugie ne ho infilate una caterva da ieri sera fino a qua, da papà alla mamma, al preside.
Ringrazio il cielo che stamattina era così impegnato a controllare la giustificazione che non
mi guardava in faccio.
Ce l'avevo scritto in faccia che avevo fatto sega, mica sul foglietto. Lunedì con la Caligari
sarà da ridere, (per lei e per i miei compiti).
Fatto sega, una sega, stanotte non ho dormito...
Che sollievo dopo la firma e lo strappo del foglio, sono scappata via per non farmi scoprire.
Suono il campanello, la Giusy apre e mi abbraccia, serata indimenticabile stasera!
XXXIII
Cominciamo con la cena.
Che cena poi: due wurstel, formaggini e yougurt, uno sciopero della fame. Ogni madre
collasserebbe a questo spettacolo!
Ma non ci sono, è questo il bello.
Suona un telefonino, sono i suoi, due chiacchiere, riattacca tutta tranquilla.
Speriamo che più tardi a mia madre non venga in mente di chiamare. L'ho implorata in
aramaico di non farmi fare la figura della bimba, mi avrà ascoltato? (ovviamente no).
- Tie', adesso richiama! - Dice Giusy spegnendo il cellulare e alzando la cornetta del fisso.
Le pensa sempre tutte.
Dal frigo prende una bottiglia di vino.
- No ti prego o Giu', ancora non mi reggo da ieri sera.
- Giusto, poi neppure mi piace il vino.
Rieccola con una bottiglia di wodka al limone.
- Meglio no?
Oddio, e adesso chi resiste? La vodka l'adoro!
E giù.
Due dita e le orecchie mi sventolano.
- Magari c'avessimo un po' di fumo...
Ahaaa, cominci? Sottile, velata, allusione?
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Quando lo hai saputo? Oggi? Stamattina era tutto calmo, nemmeno ci siamo incontrati.
- Senti, co' quella robba voglio starci attenta.
- Eddai, e non ricominciare con il solito tuo...
Versa più vodka.
Beviamo in silenzio in cucina di casa sua, la TV accesa non la guardiamo, i piatti in
disordine rimarranno così fino domani sera.
La vodka inizia ad andare giù male.
Sento l'impulso di saltare per tutta la casa, lo farei, se fosse mia, se fossi sola.
- Li chiamiamo?
Allora lo fai apposta! Che bastarda d'amica. Allora senti questa: - Vuoi accollarteli per tutta
la sera? Non dovevamo andare a ballare?
Come mi sia uscita non lo so, ma l'ho azzittita.
- Già. - e dopo una pausa: - Poi staranno al Bar, sai che marea di pischelli che vengono...
Glup! Un grumo di terrore mi fa su e giù per la gola.
Al Bar? Marea di ragazzi?
Stronza, stronzo, stronzi!
Sai come si pavoneggia con quell'altri.
Uscirò ancora di casa?
Cosa potrei fare?
Non lo so! (niente).
E sia, sarò la puttanella del paese.
XXXIV
Giusy poggia il bicchiere sul tavolo.
- Forza che alle dieci e mezzo viene Luisa.
In camera sua accende la radio, bisogna farci belle.
Fuori: tacchi alti, mininera, e il maglioncino bianco.
- Metti quello?
- Sì perché? - Gli rispondo, certo che metto questo maglione.
- Aspetta, ho qualcosa da farti provare.
Dal cassetto salta fuori un top, che giusto esagerando, ma proprio
esagerando, pare fatto con una cinta.
- Eeh...provalo su.
Uff, io lo provo, per farti contenta. Tanto lo so che non mi sta bene. Che
caspio ci metto io per riempirlo? Magari avessi un seno come il tuo.
Be', in compenso ho una bella linea.
Adesso il trucco: - Aspetta, aspetta, ti faccio io.
Oh Giusy, scusa se mi piacerebbe uscire come piace a me.
Fatto. Certo che hai usato dei colori un tantino pesanti.
- Come sei bella - Mi dice carezzandomi.
Suona il campanello.
- Ciao Luisa!
Adesso posso contemplarmi da sola. Bella! Una bella puttana!
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20
XXXV
Lo sta facendo apposta la stronza? Il mio timore cresce.
Stasera ci vado anche a ballare insieme. Immaginiamo chi può buttarmi addosso. La
conosco io.
Avrei voglia di spaccare questo maledetto specchio; questa non sono io!
- Buh!
Ti venga un colpo che paura mi hai messo! C'è anche Luisa.
- Ciao. - Ciao.
A prima occhiata non capisco perché vai in giro con Giusy anche se hai 5 anni di più di lei
cocca mia. Non voglio essere cattiva, ma sei uno scorfano!
Riecco quella bastarda con la vodka e tre bicchieri.
- Allora stasera facciamo almeno le 5. - Dice rotolandosi per il letto, cambia stazione, beve
un goccio.
- Speriamo, ma non farti grandi idee, potrebbe essere un mortorio, adesso vanno quasi
tutti lontano. - Risponde Luisa.
- E andiamoci anche noi lontano! - Accende una sigaretta e guarda il soffitto.
Lontano? Quanto lontano? Mi pare che la discoteca più vicina sia a 40 kilometri. Digli di
no Luisa.
- Be' prima vediamo quanta gente c'è, poi decididiamo.
- Va be' va be'. - Giusy, dal letto, mi salta addosso. - Lo sai che voglio fare questa sera? - Mi
gira intorno - Eh? Voglio trovare il mio grande amore, non vado via finché non lo trovo...
Eh ma tu non dici più nulla dal secondo bicchiere, ma che gia sei fusa?
- No ma tu...
- AaaaH! Non comincia', stasera sono libera, felice e anche un po' puttana. - Urla
piroettando nella musica di I like the way you move on.
Luisa gli dá della matta, per me è ubriaca, stasera finisce solo con dei grandi casini.
Ma che so' venuta a fa...
- Su Claudietta, fatte 'na bevutina e lasciati andare. O hai paura? A lasciasciarti andare, non
vuoi perdere il controllo? Dopo puoi fare quello che vuoi, e poi chissà come la vedi la
storia. Adesso si che sono incazzata, scatto in piedi come una serpe. - Lascia, lascia, te la do io la
bottiglia.
- Ho sentito dire questa cosa: - Con una mano versa la vodka e con l'altra mi abbraccia, Quando sei Fuori, senza controllo, non corri il rischio di fare quello che non vuoi. Fai solo
ciò che sei. - Il bicchiere è quasi colmo.
Se lo bevo mi ubriacherò di certo. Lo avvicino alla bocca e già l'odore del limone mi dà la
nausea. Gli occhi di Giusy mi fissano come mi fissano quelli della mama. In più c'è Luisa, Dai su bevi. - Mi dice, e chissà che succede questa sera.
Non me ne frega un cazzo, stringo il bicchiere, apro la bocca e il vetro mi batte sui denti
perché butto giù tutto di colpo. Perdo quasi l'equilibrio, la vodka non è ancora scesa tutta
che quasi la rivomito. Il voltastomaco, la bocca tesa impastata dal dolciastro e le smorfie
che mi fanno male.
Chi se ne frega, nessuno può trattarmi in quel modo.
- Forza andiamo che è ora.
Mi assicuro che Giusy chiuda la porta, e saliamo in macchina. Litigo un attimo perché posi
Patrizio Agostinelli, 2005. http://theforge.altervista.org email: [email protected]
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le chiavi di casa dentro il cruscotto.
Poi mi rintano dietro a guardare le luci del Paese, sta salendo. E lo stomaco è assalito da
borboglii a sapore di limone caramellato.
Ma eccoci in discoteca, che è piena, grazie a Dio.
XXXVI
All'entrata la fila è immensa, a stare in piedi con i biglietti di riduzione e i soldi in mano mi
viene sonno.
Mi appoggerei al muro, poi piano piano scivolerei giù e buona notte...Ma ho questa che mi
affonda una costola per ogni tipo che passa...
Dopo tanto ci riusciamo, eccoci dentro. Cristo, non l'avevo mai vista così piena. Certo! Ci
vengo solo la domenica pomeriggio. Ho già caldo.
Giusy mi tira fino in bagno.
Lercio e puzzolente come non mai. Ma non puliscono mai qua?
Bisogna fare la fila pure qui. Cheppalle.
Poi neanche mi scappa.
Ecco che uno si libera, sto attenta che Giusy non sbatta contro gli spigoli.
Un minuto, due, tre..
- Oh Giu'! Hai fatto?
- Ta-Daaah! - Salta fuori cercando di ammazzarmi con la porta.
- Su forza! A bevere!
- Asp...
Già mi vedevo bocconi sul pavimento fangoso, che non è di fango.
Patrizio Agostinelli, 2005. http://theforge.altervista.org email: [email protected]
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XXXVII
Adesso siamo in mezzo alla pista, nel casino, mi muovo come ci riesco meglio e come mi
viene.
Sono completamente fusa, se tocco ancora un altro goccio di vodka...Fanculo.
Se ballo smaltisco prima. Non ce la fò. Sto male. Ho paura di cadere all'improvviso.
Dov'è Giusy? Non la vedo più.
C'è uno che mi fissa.
- GIUSY!
In mezzo a mille persone, nessuno si volta. Quello mi guarda.
Si avvicina.
Giusy.
- CIAO SEI UNA RAGAZZA STUPENDA
Tu invece puzzi di sudore e fai schifo.
- EHEHEH GRAZIE.
Mi giro, ecco Giusy per fortuna.
- COME TI CHIAMI?
- CHE VUOLE QUESTO?
Strillano tutti e due nelle mie orecchie.
- Claudia.
Fuggo via con Giusy.
E questo ci viene dietro. Mamma quant'è grosso e brutto.
- ASPETTA UN ATTIMO MADO'...NON SI PUO' NEANCHE PARLARE?
Aiuto aiuto, siamo a ridosso del muro.
- SENTI BELLO, ARIA CHE NON E' SERATA
- VOGLIO PARLARE COLL'AMICA TUA, NON CO' TE!
Giusy, buona, che questo è di fuori e più fuori di noi.
- LEVATI!- Comincia a spingere via Giusy.
- HEI PICCOLA, PERCHE' FAI COSI'? DIMMI IL TUO NOME DAI
Mi ha preso per le mani, e chi si muove. Ha l'alito che è peggio del raid.
Ma di colpo l'orco alza la testa.
Di sopra, a cavalcioni sulla paratia, c'è Fabrizio, per fortuna.
- Oh, cocchino, vedi de sta bono eh!
- CHE VUOI?
- Io? Niente, però sta buono lo stesso.
- HAI PROBLEMI?
- Mai quanto i tuoi.
Le teste sbattono quasi durante questo scambio di opinioni.
- TIENTELA STA PUTTANELLA, NON VALE LA PENA ROMPE LE OSSA A UN
BASTARDO COME TE - Gli risponde mentre se ne va.
Mi ha offeso, sticazzi, basta che se ne è andato, come Fabrizio, volato via.
Cazzo che tipo.
Patrizio Agostinelli, 2005. http://theforge.altervista.org email: [email protected]
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Si ringraziano tutti gli autori consultati (citati e non citati per mia mancanza) e i realizzatori delle immagini reperite tramite la Rete.
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XXXVIII
É andato tutto liscio.
Da quando Fabrizio sparì, siamo state in disco fino alle quattro. Poi, strasconvolte, siamo
tornate a casa.
Giusy non trovò il suo grande amore neanche stavolta, io, be', tutto men che l'amore mi
sarei beccata.
Abbiamo dormito fino all'una, abbiamo messo a posto casa per benino prima che
tornassero a casa i suoi. Poi, una volta rientrati mi hanno riportato dai miei, con le solite,
ah! Domande di rito.
E' andato tutto liscio anche a casa mia con il solito, ah! Come sopra.
Adesso sono scesa nel porticato per fumare l'ultima sigaretta rimastami, con il sole che
tramonta.
Qui non mi vede nessuno, e se arriva qualcuno mi accorgo prima.
E' andato tutto liscio ma non riesco a guardare in faccia la mamma, né papà che, Oddio,
non è che mi ricordo molto la sua faccia.
Domani ho la Caligari. Quella si che è paura vera.
E pensare che dovevo studiare, mpfm! Mi viene da ridere.
«Ci sei andata a messa questa mattina? Ha telefonato il parroco, dice se vai a dare una
mano ai catechisti...».
E sì che gli insegno tante cose belle io. Vedrai che bei cristiani che faccio io.
Zitti.
Due volte! Chi arriva? Zut! Via la sigaretta.
É Fabrizio, uff...
- Fanculo! Mi devi una sigaretta.
- Era l'ultima?
- Sì!
- Evvabbene, tieni. - Mi dà anche d'accendere. - Divertita iersera?
- Ssst, zitto coi miei!
- Ops, ok, muto.
- Poi: grazie tante, ieri sera neanche mi è passato per la testa.
- Grazie de che? E' stato un piacere piccina, era una serata moscia, tanto è vero che ero a
ballare là!. Poi, fuori come stavi mica mi sono offeso.
- Gia...non mi ricordo più se ho vomitato o no.
I miei ricordi terminano sulle poltroncine accoccolata a Giusy, guardavo le ginocchia che
passavano.
- Allora ce l'avevi grossa sul serio.
- Già...
Si inginocchia per mettermi gli occhi verdegrigio davanti.
- Cos'hai?
- Nien...
- Ah-ah-ah! Al compagno d'infanzia non se dicono le buggie!
- Ecco, insomma, io non te lo posso dire.
- E non dirmelo, dimme solo come te senti.
- Vedi, sono un paio di giorni o tre, boh, che faccio e me le capitano tutte.
- Cose buone o cattive?
Patrizio Agostinelli, 2005. http://theforge.altervista.org email: [email protected]
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- Questo è il punto. Sembrerebbero cattive, ma le voglio fare lo stesso, perch...
- Insomma ho capito, dunque?
- Dunque le faccio, ma mi blocco a metà, e non mi piacciono più. Dopo ho i rimorsi.
- Stop.
Fa per andarsene.
- Allora?
- Allora che?
- Cosa dici?
- Niente, neanche un consiglio. Anzi! La mia idea sulla questione: per cominciare...Per
cominciare: la prossima volta che vai a confessarti, non ci andare. E se ci vai, cominicia a
spara' cazzate a tutto spiano. Questo, per cominciare.
Apre la porta e sale per le scale.
Per cominciare...
Ma che cazzo vorrà dire?
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