Giornale indipendente fotocopiato in
proprio
Redazione: via Garibaldi, 19
98046 - S. Lucia del Mela
ANNO II - N. 4(8)
Aprile 1997
Il consiglio comunale e la scuola
Va in scena il tempo perso
Si è parlato anche di
scuola al consiglio comunale del 26 marzo scorso.
Nell’aula consiliare al centro di S. Lucia (la
Sala dell’Arco, per chi non lo sapesse), infatti,
ad un certo punto, salta fuori bel bello un fogliettino recante una sorta di richiesta, a sentir parlare i presenti l’ennesima, riguardo
l’apertura di una sezione distaccata dell’istituto magistrale di Castroreale proprio nel nostro territorio o, quantomeno, vicino ad esso.
La proposta, manco a dirlo, viene mossa dal
sindaco, Lino Calderone, toccato dal dramma
di trenta giovani luciesi che proprio non se la
sentono di affrontare cinque anni di pendolarismo. Sull’argomento, nonostante il giudizio
generale fosse quello che «è inutile parlare,
stiamo solo perdendo tempo», quasi tutti i
presenti hanno detto la loro.
Il consigliere Brunetta s alza per primo dal
suo scranno. Le parole che dice, a contarle, sarebbero anche troppe, ma, alla fine, il concetto che salta fuori è uno ed uno solo:
«Parliamo pure se vi piace di questa scuola
ma tanto io so già che è un’utopia». Così parlva il Brunetta, e, calmo calmo, si sedeva. Si
alzava ora, diametralmente opposto a lui,
l’occhialuto Franco Calderone; per lui questa
storia della “filiale” suona come una sciocchezza, e approfitta, anzi, per rinfrescare un
po’ la memoria ai presenti riguardo un piano
particolareggiato che, secoli e secoli fa (in politica la divisione del tempo è un po’ diversa...), lo stesso consiglio comunale aveva
approvato, e che avrebbe consentito l’apertura di un centro di studio sull’agricoltura
proprio a S. Lucia del Mela; insomma, una
scuola professionale che, a detta dello stesso
Calderone, sarebbe stata unica addirittura
nell’intero bacino del Mediterraneo. Troppo
bello per essere vero; ed infatti lo stesso piano
regolatore non venne presentato in tempo e il
commissario regionale aveva pensato bene
che, per zappare, non c’era bisogno di scuola.
Tutto, con una firma, andava a monte. Sulla
scia di Calderone - e già l’aria andava riscaldandosi - proseguiva Pasqualino Rizzo che (e
qui scattava la frase «Lo prometto!»), ribadendo l’inutilità di un mini-magistrale luciese, dichiarava di impegnarsi a riaprire il
discorso sul centro di agricoltura. Vedremo.
Non aveva peli sulla lingua, invece, Francesco
Rizzo; si alza, prende fiato, sventola il sopracitato foglio della richiesta promossa dal sin-
daco e coglie l’occasione
per rideclamare la perfetta e assoluta inutilità
di tale proponimento, visto che da anni e anni
si parla di aprire questa “filiale”. Il consigliere
Bella, infine, chiude l’allegra parata dell’opposizione: anche lui non ride in faccia al sindaco per rispetto. A ridare dignità a quel
povero pezzo di carta (guà qualcuno pensava
di usarlo in maniera più utile) ci pensa il consigliere Impalà, che però, a retorica, purtroppo per lui, sta meno bene degli altri; così,
mentre quel povero foglio redatto dal sindaco
mesto mesto trovava ricetto tra altre scartoffie presenti nel grande tavolo dell’aula, qualcuno già pensava a come avrebbe fatto a
giustificarsi con quelle trenta famiglie che,
poverette loro, gli avevano quasi creduto...
Francesco Carrozza
L’economia sociale: le imprese no-profit
Sabato 12 aprile si è svolto, organizzato dalla
Sinistra Giovanile del Pds, un incontro sul
tema dell’occupazione tra i giovani. In particolare si è fatto riferimento alle imprese noprofit. La storia e le caratteristiche di queste
sono illustrate nell’articolo che qui di seguito
ospitiamo
***
N
egli ultimi anni, si è parlato con maggiore intensità delle imprese no-profit.
Prima di tracciare la situazione attuale del
settore, credo sia doveroso fare una ricerca
storica e individuare il punto di partenza di
tale fenomeno.
Agli inizi degli anni ‘70 nascono le prime cooperative solidali, che allora venivano chiamate dai loro promotori “coop finalizzate”. A
questo punto il lettore si chiede: perché tali
cooperative sono nate in quel preciso periodo
storico? Rispondere a tale domanda è semplice. Coloro che hanno promosso tale iniziativa, davano una chiara risposta, in piena
sintonia col clima culturale di allora, alla deistituzionalizzazione del malato mentale.
Quindi le cooperative erano viste come strumento di lotta, contro il “manicomio” (inteso
come simbolo della “psichiatria istituzionale”, psichiatria di ghettizzazione). E fu grazie all’opera di uno psichiatra, Franco
Basaglia (padre della legge 180/78, la legge
sulla chiusura degli ospedali psichiatrici), che
partirono le prime coop finalizzate.
Tutto questo accadeva nel nord Italia, in particolare in Friuli. Da lì la presenza delle coop
sociali si estese in tutto il territorio nazionale,
e le iniziative imprenditoriali promosse dalle
coop sociali si sono estese a diversi campi, e
tali coop si pongono come obiettivi da perseguire l’inserimento lavorativo di persone
svantaggiate e la promozione dello sviluppo
locale, sviluppo inteso come trasformazione
di ciò che non è produttivo in produttivo. E
sicuramente in Sicilia sono molte le possibilità
e le risorse che possono essere sfruttate e che
oggi non lo sono. Di conseguenza, l’impresa
sociale dispone di una doppia linea di intervento, da un lato si da aiuto a persone svantaggiate, dall’altro si da speranza anche alle
migliaia di giovani disoccupati siciliani.
Procedendo in questa breve ricostruzione storica del fenomeno delle imprese no-profit, arriviamo al 1991, anno in cui viene emanata la
legge 381, considerata dagli “imprenditori sociali” come il Vangelo per i preti. All’articolo
4 di detta legge vengono specificati coloro che
sono da ritenersi persone svantaggiate: ex alcolisti, ex tossicodipendenti, persone con handicap fisico e psichico, ex carcerati, inoltre, a
tale specificazione la legge prevede che le coop
sociali sono da ritenrsi tali quando almeno il
30 per cento dei soci della coop siano appunto
persone svantaggiate. Mentre chiaramente il
restante può essere coperto da giovani disoccupati.
La forza dell’economia sociale non è certo
quella di produrre prodotti che le imprese e le
aziende profit non riescono a produrre, ma la
grande forza delle imprese sociali è quella di
vendere un modello di servizio ovvero l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate,
facendo acquisire così un diritto fondamentale, come quello del lavoro, a persone che ne
sono escluse.
La situazione attuale della cooperazione so-
LETTERE DI LOUISE JACOBSON
Dal liceo ad Auschwitz
1 settembre 1942
Caro papà,
ti devo dare una notizia incredibile. In questo momento
mi trovo a Fesnes insieme ad altre ragazze minori di 18
anni. Sono stata arrestata lunedì al ritorno dal liceo. In
casa nostra mi aspettavano degli ispettori. E sai di cosa
sono stata incolpata? Di idee comuniste!!! [1-continua]
ciale è la seguente: le persone che ci lavorano
sono circa 800 mila, il fatturato annuo di
tutto il settore si aggira intorno ai 2.500 miliardi. Dalle recenti indagini si evince che il
trend di crescita e di formazione di nuove
coop è in netta crescita, specialmente nel
Mezzogiorno. Infine, volevo dire che quello
che era visto come utopia e che è stato lanciato da alcuni economisti, sto parlando del
“capitalismo sociale”, non è più un sogno, ma,
anzi, una realtà. Anche se l’economia sociale
forse non ha l’ambizione di voler cancellare il
capitalismo classico, ovvero le teorie economiche del neo-liberismo, ma sicuramente il
settore no-profit rappresenta l’alternativa a
un sistema economico e sociale egoista, dove
il più forte impedisce il libero godimento di
diritti e libertà dei più deboli.
Tonino Mendolia
Dedicato
al
con
sigliere Giuseppe Calderone e
a qualche altro che, come lui,
si scandalizza per niente:
Voi ci leggete, credete di aver
capito cose vergognose e volgari, invece... Invece non
avete capito nulla. Del resto,
non è obbligatorio capire.
[fdm]
Sulla commiserazione
parole...
Riceviamo e pubblichiamo
...pensieri
Il convivio degli
- poesie inedite -
aedi
La natura amica
Come la rondine a primavera,
come il grillo a prima sera,
come un gabbiano in mezzo al mare
mi sento libero di svolazzare,
su per campi e tramoti
finché il sol non m’arrivi in fronte,
fin dove odo canti d’augel,
fin dove la vita diventa più bella.
Per fiumi e torrenti,
per pianure, monti e sorgenti,
tra gli alberi e le siepi,
con la pioggia o li nevi,
con il vento o il buio,
fin quando ti senti più sicuro.
Ma, purtroppo, alla realtà devi tornare,
fra scarpate e serpenti,
fra color che ti mostrano i denti,
fra inquinamento e malattie,
fra egoismo, avidità e idiozie,
ma sempre col desiderio
di quel grande refrigerio
che solo la natura amica ti può dare,
se a rispettarla riesci,
guardandoti bene dall’ostile
che sempre devi evitare!!!
ROSARIO
***
Da parte mia
spenderò lietamente e
sarò completamente spesa
per le anime vostre.
Se amo voi più abbondantemente,
devo io
essere amata meno?
MIRIAM
Tutte le poesie fino ad oggi pubblicate e
quelle che troverete in questo spazio da
qui fino ad agosto, parteciperanno ad
una selezione.
La redazione sceglierà le tre a suo giudizio migliori e queste verranno pubblicate
sul numero di settembre.
La vignetta è di Santina Alleruzzo
AGORA’
giornale indipendete
fotocopiato in proprio
REDATTORI: Francesco Carrozza,
Filippo De Mariano, Letterio Carrozza,
Filippo G. De Mariano
L
eggendo l’articolo intitolato “La commiserazione”, pubblicato sul precedente numero di “Agorà”, mi sono resa conto di quanto
può arrivare in alto la misantropia di un
uomo. Non pensavo, infatti, che nell’autore
del suddetto articolo il rancore e l’odio verso
di noi (e verso tutto il genere umano) giungessero fino a questo punto! Anzi, non credevo
neanche che si trattasse di vero e proprio odio;
eppure avrei dovuto dedurlo dai saluti forzati
oppure dalle sue celebri logorree, o... Basta
così: non ho alcuna intenzione di scrivere un
articolo pieno di insulti gratuiti, come lo è
stato il suo. Aveva già manifestato il suo disappunto all’interno delle riunioni della
GI.FRA. e aveva comunicato la fine della sua
adesione, per cui non aveva alcun motivo per
scrivere pubblicamente quella serie di sostantivi ed aggettivi deliranti, che certamente non
si addicono a una persona di dotata di un
certo equilibrio mentale, ma, piuttosto, ad un
individuo forse pieno di frustrazioni e con un
disperato bisogno di scrivere su un giornale
per sentirsi importante e per distinguersi ulteriormente dagli altri. O forse l’ha fatto per
sfogare tutto l’odio di cui noi, a suo parere, lo
abbiamo riempito?
Deve essere questo il motivo, perché una persona che dice di non essere uno stinco di santo
e di non avere diritto a giudicare gli altri, non
si mette a scrivere un articolo che è interamente un giudizio sugli altri. Non ci si dovrebbe permettere di indirizzarsi ad un intero
gruppo per coprire, probabilmente, qualcosa
di personale, perché io, come altre persone,
penso di non avergli mai fatto proprio nessun
torto. Se si sta insieme, cercando di migliorarsi a vicenda, non c’è nulla di vergognoso;
se poi lo si fa con altri scopi, o si prega soltanto per l’esteriorità del rito, questo lo sa solo
Dio, e nessuno si può permettere, per nessuna
ragione al mondo, di avanzare simili insinuazioni e di incolpare gli altri. è comodo dire
«avete fatto questo», invece di «abbiamo fatto
questo», una volta usciti dal gruppo. Se è vero
che tutto il tempo che ha passato con noi è
stato tempo sprecato, è altrettanto vero che
ha partecipato anche lui, come membro del
gruppo, ai nostri sbagli: siamo ragazzi, non
siamo santi o onniscienti; abbiamo fallito in
qualche impresa, è vero; ma nessuno può sapere se qualcuno ci ha provato davvero oppure no, se era spinto da sentimenti sinceri
oppure falsi, se disponeva di molti mezzi oppure di pochi, o se, addirittura, sia capace di
amare gli altri; per cui questa accusa generalizzata di menefreghismo, di snobismo e di inganno, non posso che percepirla come
qualcosa di oltraggioso nei confronti della mia
dignità, e se questa era la sua intenzione
quando l’ha avanzata, ci è riuscito pienamente. Se si sente così diverso da noi, che
siamo stati definiti «spazzatura», termine che
riassume tutti i significati sprezzanti degli
altri orribili vocaboli da lui utilizzati (forse per
la prima volta), allora prenda pure altre vie,
ma si ricordi che è impossibile suonare, cantare o soltanto stare con dei rifiuti, soprattutto se si tratta di rifiuti solidi!
Stavo solo scherzando: sarebbe troppo facile
ragionare in questo modo, anche se, per la verità, questa è stata la mia prima reazione.
Caro ..., se ti vuoi sfogare, fatti finalmente
una scopata, e poi torna, più rilassato e più
equilibrato di prima. Ma se non vuoi veramente, non pensare che questi anni siano stati
perduti, perché ti hanno dato sicuramente
qualcosa, come ogni esperienza; non a caso nel
libretto “Jubilate Deo” di Assisi ‘96 c’è
scritto: «Chi ha cantato di tutto cuore e con
gioia, ama ciò che ha cantato, ama coluui per
il quale ha cantatao, ama coloro con i quali ha
cantato». Buona fortuna!
Tiziana Parisi
C’era una volta lo Stato laico
Domenica 23 marzo il consiglio e la giunta comunale hanno reso onore al Santissimo (si
dice così?) esposto in cattedrale - ci hann informato alcuni manifesti.
A corto di ispirazione e idee originali, i nostri
sono andati a chiederle al padre eterno. Le
hanno ricevute? Speriamo di no. Perché non
stiamo parlando dell’Azione cattolica o di una
confraternita religiosa, ma di organi politici
(ahinoi) la cui autorità si fonda sul concetto
di rappresentanza.
Visto
che
l’Italia è ancora
uno
Stato laico,
nel quale non
esiste la religione
di
Stato, attendiamo analo-
ghe iniziative per evangelici, testimoni di
Geova e altri. Quando sarà il momento degli
atei, suggeriamo di rendere onore al vostro
santissimmo cervello, la ragione che tutto illumina. Ma che voi forse avete fulminata.
Filippo De Mariano
Letto
Dominique Lapierre, “La città della
gioia”, Arnoldo Mondadori editore, 1985
Quasi tre campi di calcio per 70.000 persone, Anand Nagar, il quartiere (slum) più
povero di Calcutta. I messaggeri della speranza sono i quattro protagonisti del racconto: padre Lambert, Bandona
l’infermiera indiana conosciuta come l’angelo della misericordia, il medico americano Max e infine Hasari Pal, poverissimo
uomo-risciò, simbolo dell’umanità insofferente.
Un romanzo “completo”, come viene definito da molti giornali, dove l’amore, il dolore, la bruttezza, la bellezza si fondono
con l’informazione circa i riti, i costumi e
l’immensa varietà di una realtà sociale dell’India moderna.
Con i fondi ricavati da questo libro, Dominique Lapierre ha aiutato i bambini di un
lebbrosario di Calcutta.
Visto
“Nosferatu (Il principe della notte)” (Francia-Germania, 1979) di Werner Herzog.
Con Klaus Kinski, Isabelle Adjani.
Poesia lugubre ed intensa, colorata da Herzog con tinte cupe, amare ma, al contempo, efficaci nel rievocare un mondo
fatto di ombre e di paure, ma anche
d’amore e solitudine.
Kinski impersone il più famoso vampiro di
tutti i tempi, come forse nessun altro ha
fatto fino ad ora, spingendo la paura oltre
il limite che la separa dalla razionalità.
Dalle spettrali atmosfere di boschi dei Carpazi, alla città appestata del finale, in una
poetica rivisitazione di un classico della
letteratura che lo stesso regista non ha esitato a definire mediocre.
Ascoltato
Black Umfolosi, “Unity”
Primo lavoro del gruppo vocle dello Simbabwe.
Splendide armonie zulu nello stile delle
township reso famoso da Ladysmith
BLack Mambaso: gospel, canzoni d’amore
e di libertà. La toccante prima voce è di
Sotsha Moyo. L’incisione digitale è di ottima qualità.
Da ascoltare.
AV V I S O
Chi vuole pubblicare su “Agorà”
proprie poesie o prose, può inviarle all’indirizzo indicato sulla
testata oppure recapitarle direttamente a uno dei redattori.
Scarica

Va in scena il tempo perso