ATTI DEL CONVEGNO:
“SICUREZZA MACCHINE.
Costruttori, direttori e progettisti: su chi ricade la responsabilità?”
Forlì, 25 novembre 2005
TPM – Documenti per la certificazione macchine
Società del gruppo IDM – Esperti in comunicazione tecnica
ASSINDUSTRIA Forlì – Cesena
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“ASPETTI LEGALI E GIURIDICI
PRODOTTO DIFETTOSO”
DELLA
RESPONSABILITA’
DA
Relatore: Avv. Edore Campagnoli
STUDI LEGALI RIUNITI IMOLA
INDICE:
1 - Quadro normativo
2 - Soggetti interessati dalla “normativa-macchine”
3 - Responsabilità varie
PREMESSA
Sottolineare l’importanza dell’argomento sicurezza e prevenzione potrebbe sembrare banale ma in realtà
non lo è in quanto la banalità potrebbe risultare dalla astrattezza della discussione senza alcun pratico
riferimento alla realtà imprenditoriale a cui le norme sulle sicurezza sono rivolte.
L’avere organizzato questo incontro espressamente per gli imprenditori significa lanciare un segnale
concreto dell’importanza dell’argomento e della sua rilevanza nella quotidianità.
CAP. I: QUADRO NORMATIVO
Il primo segnale dell’interessamento del legislatore alla tutela del lavoratore è contenuto nell’art. 2087 del
Codice civile: già nel 1942 periodo in cui lo sviluppo industriale era ancora agli albori si è ritenuto di inserire
fra gli obblighi del datore di lavoro quello di “adottare tutte le misure necessarie a garantire la integrità del
lavoratore” ravvisando nel suo inadempimento una violazione degli obblighi principali del rapporto di lavoro
con conseguente tutela risarcitoria.
Tale principio di tutela ha trovato di poi una conferma nel 1948 all’epoca della promulgazione della Carta
Costituzionale ove all’art. 32 venne previsto l’obbligo per la neonata Repubblica di tutelate la salute del
cittadino, correlato dal successivo art. 35 ove si tutela il diritto al lavoro.
Da tali fonti prendono poi corpo una serie di iniziative legislative che hanno sempre di più ampliato l’ambito
della tutela del lavoratore.
Nel 1955 entrò in vigore il DPR 547 “ disciplina della prevenzione degli infortuni sul lavoro” che al titolo III
detta le norme generali di protezione delle macchine dedicando il titolo IV alla protezione per determinate
macchine e il titolo XI alle sanzioni.
All’art. 7 di tale legge il legislatore ha inserito il principio generale a cui tutta la legge si ispira affermando
che
“è vietata la costruzione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine e apparecchi
non rispondenti alle norme per la prevenzione degli infortuni”.
Nei decenni successivi l’inerzia del legislatore ha obbligato la giurisprudenza di merito e di legittimità ad
intervenire per colmare le lacune conseguenti al veloce mutamento tecnologico del settore industriale.
Più sensibile alle necessità del progresso è stato il legislatore europeo, incalzato anche dall’incremento dei
rapporti commerciali transfrontalieri, che nel periodo 1989-1993 è intervenuto con due direttive (89/392/CE e
la 93/44/CE) finalizzate al “ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativa alle macchine”
indicando ai governi dei paesi membri le linee guida per uniformarsi nella normativa di settore.
Parallelamente al problema della sicurezza delle macchine il legislatore europeo si interessa anche della
sicurezza del lavoratore negli ambienti di lavoro.
In ottemperanza a varie direttive europee,il governo italiano emana il D. Lgs. 19.9.1994 n 626 dedicato al
“miglioramento delle condizioni di sicurezza e di salute dei lavoratori durante il lavoro” che ha integrato e non
sostituito il dpr del 1955.
Con tale intervento il legislatore ha imposto una svolta alla cultura della prevenzione e sicurezza del posto di
lavoro (fino a quel momento poco attuata con conseguenze disastrose in ordine a infortuni mortali)
modificando la impostazione del 1955 fondata esclusivamente sulla punizione del violatore delle norme con
sanzioni che erano quasi sempre traducibili in somme di denaro, e introducendo la filosofia della
prevenzione da attuarsi attraverso la formazione del lavoratore, fissando controlli più frequenti nelle
fabbriche, inasprendo le pene, ma consentendo al violatore di evitare le sanzioni penali qualora ottemperi in
termini precisi alle prescrizioni imposte dagli organi accertatori.
Questo al fine di facilitare l’imprenditore nel percorso di adattamento delle strutture e degli impianti alla
nuova normativa che naturalmente comportavano un onere economico rilevante.
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Segue il D. Lgs 758/94 che introduce un nuovo sistema sanzionatorio delle prescrizioni della 626 e il D. Lgs
19.3.1996 n. 242 contenente ulteriori modifiche e integrazioni alla 626
Il settore macchine è stato oggetto di intervento normativo con il DPR 24.7.1996 n. 459 la c.d. “Direttiva
Macchine” nel cui art. 1 allegato I sono indicati “i requisiti essenziali di sicurezza che le macchine devono
possedere per poter essere commercializzate e rafforzando e tutelando la posizione dell’acquirente
conferendo al marchio CE maggiore portata garantistica”.
Segue la Direttiva 98/37/CEE modificata successivamente dalla Direttiva 98/79/CE, che sostituisce e
codifica le direttive precedenti e tende ad armonizzare le varie legislazioni stabilendo i “requisiti essenziali” in
materia di sicurezza e salute che debbono sussistere in tutte le macchine prima della loro immissione sul
mercato prevedendo procedure di valutazione (art. 8) con modulistica specifica.
Di poi con la L. 24.4.98 n, 128 intitolata “Disposizioni per l’adeguamento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità “ viene definitivamente archiviata la procedura di omologazione
delle macchine, considerando la marcatura CE quale autocertificazione del costruttore della rispondenza
della macchina alla norme di legge.
CAP. II: SOGGETTI INTERESSATI DALLA NORMATIVA-MACCHINE
PROGETTAZIONE - COSTRUZIONE - COMMERCIO – ESERCIZIO – TENUTA IN EFFICIENZA –
MANUTENZIONE
In ognuna delle fasi in cui si sviluppa il percorso di una macchina compaiono soggetti il cui operato dovrà
essere valutato al fine della verifica della osservanza di tutte le norme previste a tutela della sicurezza del
lavoratore.
È chiaro che il primo destinatario degli obblighi della direttiva macchine del ‘96 di dotarla di tutti i presidi
necessari di sicurezza è il suo costruttore.
IL COSTRUTTORE
Questi è tenuto, a partire dal 21 settembre 1996, a costruire le macchine conformi ai requisiti essenziali di
sicurezza di cui all’allegato I del D.P.R. n. 459/1996 e, prima della immissione in mercato ed alla messa in
servizio, ad ottemperare ad una serie di adempimenti e procedure che confluiscono nel rilascio di una
dichiarazione di conformità, di un libretto di uso e manutenzione, nella predisposizione di un fascicolo
tecnico e nella apposizione di una marcatura CE con la quale lo stesso attesta sostanzialmente di aver
costruito la macchina a regola d’arte (presunzione di conformità).
Quindi in sostanza dalla fabbrica deve uscire una macchina che per le particolari caratteristiche tecniche e
per l’utilizzo a cui è destinata deve rispettare i canoni stabiliti dalla legge e tale rispetto viene “garantito” dal
costruttore con una specie di autocertificazione che è il marchio CE corredato da schede tecniche o fascicoli
e manuali di istruzione ove vengono evidenziate le note che caratterizzano il rispetto della macchina alle
norme
Qualora la macchina che esce con il marchio CE non abbia i requisiti richiesti dalla normativa-macchine non
sono previste sanzioni specifiche dalla 459/96: in mancanza di requisiti di sicurezza saranno applicabili da
parte degli organi accertatori le sanzioni previste dalla L. 547 e 626 e segg.. All’art. 7 è comunque prevista la
cd “ clausola di salvaguardia” che consente in caso di verifica di non conformità di una macchina alle norme,
la possibilità degli Organi Preposti alla vigilanza di ordinarne il ritiro dal mercato e il divieto di utilizzazione e
segnalare il tutto al Ministero del lavoro.
IL PROGETTISTA
L’evolversi del settore industriale ha portato nel corso dei decenni a valutare se della violazione delle norme
sulla sicurezza debba rispondere sempre e comunque il costruttore quale titolare della impresa costruttrice
ovvero altri soggetti inseriti nell’ambito della sua struttura aziendale.
Se il costruttore si avvale di un ufficio tecnico di progettazione delle macchine e delle sue parti il prepostoresponsabile di tale ufficio dovrà rispondere di eventuali omissioni già presenti nel progetto o sorte nella
fase della costruzione della macchina, ma ciò solo se risulta che gli sia stata conferita una delega specifica
accettata e con piena autonomia finanziaria.
L’indagine del Giudice ai fini della ricerca delle responsabilità personali in questi casi è molto profonda in
quanto si vuole evitare che l’imprenditore si scarichi di responsabilità sue proprie: il giudice verificherà se la
struttura dell’impresa renda necessaria la distribuzione della responsabilità (necessità di delega) e se vi sia
comunque concretizzata una partecipazione o ingerenza dell’imprenditore nel processo di progettazione.
Il progettista (escluso dall’elenco dei destinatari delle norme del 1955 e tale ritenuto dalla dottrina dominante
fino agli anni 90’) viene espressamente indicato dall’art 6 della 626/94 quale soggetto destinatario delle
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norme in materia di sicurezza del lavoratore proprio in funzione del fatto che spesso il costruttore si rivolge a
soggetti terzi liberi professionisti esterni alla azienda per la fase della progettazione delle macchine ovvero
conferisce all’interno della sua azienda specifiche deleghe al riguardo.
La responsabilità del progettista si identifica in generale nel “ non avere munito la macchina di dispositivi di
sicurezza prescritti dalle specifiche norme antinfortunistiche o destinati a prevenire pericolo non esulanti
dalla normale prevedibilità” ( Cass. 9.3.99 n. 3606)
La valutazione della “normale prevedibilità” dell’evento è il principio tecnico a cui fare riferimento per
accertare la responsabilità del progettista.
Viene esclusa come possibile scusante la “impossibilità tecnica di realizzare le misure di sicurezza”,
circostanza che deve indurre il progettista o il costruttore ad astenersi dal costruire quel tipo di macchina.
SUB-FORNITORI
Particolare importanza riveste l’ipotesi di costruttori sub-fornitori. (L. 192/1998 Tutela nella sub-fornitura).
Il costruttore sub-fornitore di una macchina priva di autonomia in quanto destinata ad essere inserita in un
impianto complesso ha l’obbligo di predisporre i necessari dispositivi di sicurezza inerenti la macchina fornita
e di intervenire anche sull’impianto principale al fine di coordinare il tutto alla prevenzione infortuni, a meno
che il proprietario dell’impianto principale non abbia assunto direttamente l’impegno di coordinamento dei
dispositivi di sicurezza fra il pezzo fornito e l’impianto generale. Ne discende che il sub-fornitore dovrà
essere accorto nel farsi rilasciare dal committente una dichiarazione liberatoria (Cass. 1990) che lo esoneri
da responsabilità inerenti il collegamento di sistemi antinfortunistici tra il “pezzo” da lui fornito e il “complesso
macchina” in cui andrà inserito.
IL VENDITORE
La macchina una volta costruita viene immessa sul mercato e venduta. Qualora il venditore sia persona
diversa dal costruttore, e necessariamente quale persona tecnicamente informata nel settore in cui opera,
non va esente da responsabilità in caso di vendita di macchina se pur con marchio CE ma con carenze in
ordine ai sistemi antinfortunistici. E’ suo dovere controllare che la macchina sia fornita di quei sistemi
generali previste dalle norme non esimendolo la marcatura CE “sic et impliciter” da responsabilità. Deve
inoltre fornire all’acquirente il libretto di istruzioni indicante le specifiche caratteristiche tecniche e le cautele
da adottare. Qualora non ottemperi a tali obblighi sarà ritenuto responsabile per eventuali conseguenze
sempre e qualora le carenze tecniche siano percettibili con l’uso della ordinaria diligenza tecnica del caso.
IL DATORE DI LAVORO
La macchina seguendo il suo iter viene acquistata dall’utilizzatore il quale la inserisce nella sua struttura
produttiva.
Secondo gli obblighi che gli derivano dagli artt. 35 e 36 del D.Lgs. n. 626/1994 il datore di lavoro deve
mettere a disposizione dei lavoratori alle proprie dipendenze attrezzature e macchine adeguate al lavoro da
svolgere, idonee ai fini della sicurezza e della salute e che soddisfino le disposizioni legislative e
regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi.
A sensi dell’art.4 dello stesso D.Lgs. n. 626/1994, prima di metterle a disposizione dei lavoratori e già nella
fase di scelta, deve effettuare una valutazione sui rischi che le macchine stesse possono eventualmente
apportare con il loro inserimento all’interno del suo sistema produttivo adottando tutti gli opportuni
provvedimenti e le misure tecniche ed organizzative per ridurli al minimo, principio che trova la sua fonte
primaria nell’art. . 2087 c.c. di cui alle premesse.
Da tali considerazioni è evidente che la marcatura CE, apposta dal costruttore sulla macchina di propria
fabbricazione accompagnata dalla sottoscrizione della dichiarazione di conformità, è sì garanzia offerta dallo
stesso sulla sicurezza del proprio prodotto, ma non costituisce una garanzia assoluta ed automatica di
affidabilità per l’acquirente .
Sarà sempre cura del datore di lavoro porre particolare attenzione al prodotto acquistato per non incorrere in
una scelta sbagliata (culpa in eligendo) e ciò specie se il prodotto acquistato presenta delle vistose carenze
di sicurezza o dei difetti per i quali è facile prevedere, facendo solo ricorso al comune senso del pericolo, che
possa portare ad eventuali conseguenze infortunistiche a carico dei lavoratori addetti al loro utilizzo.
Lo stesso ovviamente non vale per carenze, vizi e difetti di costruzione non rilevabili con l’ordinaria diligenza
e che l’utilizzatore non è in grado di individuare e valutare e sui quali ovviamente il costruttore risponde in
maniera esclusiva.
Pertanto l’ inavveduto acquisto di una macchina pur corredata della marcatura CE e della documentazione di
cui al D.P.R. 459/1996, può pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e può configurare una
corresponsabilità derivante da una solidarietà fra chi ha costruito una macchina rilevatasi poi inidonea ed
insufficiente dal punto di vista della sicurezza, e chi l’ha acquistata, magari per convenienza, senza verificare
diligentemente né l’affidabilità del costruttore, né l’idoneità della macchina e fidandosi quindi delle scelte
effettuate dal costruttore medesimo.
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A tal proposito la Giurisprudenza si è più volte espressa sulla necessità che il datore di lavoro acquirente di
una macchina pericolosa debba comunque, a tutela dei lavoratori, prima di metterla a disposizione degli
stessi, intervenire ed eliminare le fonti di pericolo che possano portare a compromettere la sicurezza dei
lavoratori stessi.
Tale necessità di intervento è prevista all’art. 1 comma 3 del D.P.R. n. 459/1996 che stabilisce la possibilità
del datore di lavoro di liberamente intervenire a migliorare le condizioni di sicurezza ed a ridurre ancor più il
rischio per i propri lavoratori dipendenti specie se ciò è tenuto a fare per soddisfare degli obblighi che gli
vengono dall’applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro purché le eventuali aggiunte o integrazioni
apportate non comportino una modifica delle modalità di utilizzo, non introducano elementi di rischio
aggiuntivi non valutati in fase di progettazione o non compromettano, ovviamente, le scelte adottate e
garantite dal costruttore della macchina.
In presenza pertanto di una macchina che pur marcata CE non offre garanzie effettive di sicurezza, si
possono individuare responsabilità sia del costruttore che del datore di lavoro utente, essendo ravvisabile a
carico del costruttore la violazione dell’art. 6 del D.Lgs. 626/1994 per non avere ottemperato alle disposizioni
regolamentari di cui al D.P.R. n. 459/1996, (mancata adozione dei requisiti essenziali di sicurezza ) ed alle
disposizioni legislative di cui al D.P.R. n. 547/1955, e potendosi ipotizzare a carico del datore di lavoro
utente la violazione degli artt. 4, 35 e 36 del D.Lgs. n. 626/1994 per non aver valutato o fatto valutare la
effettiva e concreta sicurezza della macchina, per aver messo a disposizione dei lavoratori una macchina
apparsa non sicura da un semplice esame a vista e per non essersi attivato per ridurre al minimo il rischio
individuato.
In ogni caso comunque, sia in presenza di macchine marcate CE che di macchine costruite prima della
Direttiva Macchine sussistono a carico dei datori di lavoro gli obblighi relativi alla manutenzione,
all’adeguamento al progresso tecnologico e, per quelle macchine che rientrano nell’allegato XIV del D.Lgs.
n. 626/1994, gli obblighi relativi alle verifiche di prima installazione e periodiche.
Gli obblighi di manutenzione delle macchine, erano già presenti nel D.P.R. n. 547/1955 il quale con l’art. 374
disponeva che le macchine stesse, assieme agli impianti, agli apparecchi, alle attrezzature, agli utensili ed
agli apprestamenti di difesa, devono essere mantenute, in relazione alla necessità della sicurezza del lavoro,
in buono stato di conservazione ed efficienza.
Gli stessi obblighi sono ribaditi con l’art. 35 comma 4 lett. c) del D.Lgs. n. 626/1994 il quale pone a carico dei
datori di lavoro di prendere le necessarie misure affinché le macchine siano oggetto di idonea manutenzione
e al fine di garantire nel tempo la loro rispondenza ai requisiti di sicurezza predisposti dal costruttore.
Il D.Lgs. 626/1994, inoltre, all’art. 4 comma 5 sancisce sostanzialmente l’obbligo per i datori di lavoro di
seguire la evoluzione tecnica e conseguentemente di adeguare o far adeguare le misure di sicurezza delle
macchine ( delle attrezzature, degli impianti ) al progresso tecnologico, e – sulla stessa linea - la
Giurisprudenza più volte si è espressa sulla necessità che il datore di lavoro ai fini di una completa
ottemperanza all’art. 2087c.c. ispiri la propria condotta alle acquisizioni della scienza e dell’esperienza
aprendosi a nuove acquisizioni tecnologiche, non ritenendo sufficiente che lo stesso si assicuri solo al
momento dell’acquisto che la macchina sia dotata dei prescritti dispositivi antinfortunistici dovendo invece
nel tempo provvedere ad adeguare gli stessi agli standard di sicurezza. ( Cass. Pen., sez. IV, n. 10164 del
27 sett. 1994 ).
Il D.Lgs. n. 626/1994 ed il D.P.R. n. 459/1996 con l’introduzione della marcatura CE hanno apportato delle
modifiche sostanziali al sistema dei controlli preventivi e delle verifiche periodiche sulle macchine ed
attrezzature di lavoro.
Con l’art. 46 della legge n. 128/1998 il legislatore ha già avuto modo di chiarire che, le attrezzature e le
macchine marcate CE e fornite di dichiarazioni di conformità rilasciate dal COSTRUTTORE possono essere
messe in servizio dai datori di lavoro senza ulteriori procedure omologative, purché siano installate e
montate secondo le istruzioni del fabbricante, essendo per esse da ritenersi con la marcatura CE soddisfatto
il requisito di conformità della macchina alla norma di sicurezza.
Continua invece a trovare applicazione il regime delle verifiche periodiche obbligatorie anche se recanti la
marcatura CE per le macchine ed attrezzature in rispetto alle disposizioni di cui all’art. 35 Dlgs 626/94
secondo le quali il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, deve sottoporre a verifica di prima
installazione e a verifiche periodiche tali attrezzature al fine di assicurarne l’installazione corretta e il buon
funzionamento, provvedendo poi a registrare i risultati delle verifiche medesime da tenere a disposizione
dell’organo di vigilanza.
IL LAVORATORE
E’ il soggetto destinatario della tutela normativa di cui si discute, e che con la 626 viene maggiormente
coinvolto nel settore delle responsabilità derivanti dall’utilizzo della macchine..
Dal 1994 tale responsabilità viene maggiormente considerata in funzione della formazione a cui il lavoratore
viene sottoposto e che lo rende maggiormente consapevole del sistema di funzionamento della macchina e
delle conseguenze di eventuali suoi comportamenti omissivi. La istituzione di un referente dei lavoratori della
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sicurezza che ha il compito di segnalare al datore di lavoro eventuali situazioni di pericolo, salvaguardano
maggiormente lo stesso datore di lavoro e responsabilizzano nel contempo l’addetto che non può invocare
un generico “non ne ero a conoscenza-non sapevo-non credevo” .
CAP. III: RESPONSABILITA’
Individuati i vari soggetti che interferiscono nel percorso della vita della macchina occorre ora verificare le
responsabilità che possono derivare dai comportamenti di tali soggetti.
Dall’esame delle disposizioni di legge in materia di macchine si evince che il costruttore per la fase di
progettazione e costruzione, il datore di lavoro per la fase di utilizzo debbono attenersi a regole ben precise
e che hanno lo scopo di salvaguardare la incolumità e la salute del lavoratore.
Il costruttore è tenuto a norma della DPR 574/1955 a dotare le macchine di dispositivi di sicurezza come
indicati nel titolo IV e a ottemperare a quanto disposto dal D.Lgs. 459/96.
Il datore di lavoro deve valutare la idoneità dei sistemi installati a garantire la sicurezza del lavoratore per
l’uso cui sono destinate e se mancanti dovrà installarli, e a sensi della L. 626/94 deve svolgere una attenta
valutazione dei rischi esistenti nella sua azienda per la sicurezza e la salute del dipendente con obblighi
inerenti la scelta, installazione, affidamento, esercizio, adeguamento, informazione. Formazione e
addestramento sull’uso delle macchine sono i nuovi principi introdotti dalla 626 e diretti a fare conoscere al
lavoratore la macchina e a responsabilizzarlo nell’utilizzo della stessa.
Abbiamo già motivato le ragioni per cui il datore di lavoro non è esonerato da responsabilità solo perché è
marcata CE: la presunzione di conformità della macchina alle norme 459/96 potrà essere fatta valere dal
datore di lavoro in sede civilistica ma non in sede penale dove le presunzioni non hanno ingresso e dove
occorre una specifica indagine istruttoria al fine di individuare personali responsabilità.
La Cassazione ha affermato l’obbligo del datore di lavoro di mettere fuori servizio una macchina qualora sia
incompleta di un sistema protettivo, con divieto di utilizzo salvo rispondere di eventuali infortuni e questo
anche se fornita della marcatura CE.
Sul piano penalistico la Giurisprudenza ha affermato che il costruttore viene individuato quale responsabile
di un infortunio sul lavoro qualora l’utilizzatore (datore di lavoro) dimostri che non è intervenuto sulla
macchina e che l’evento lesivo era prevedibile e pertanto prevenibile con idonea strumentazione da parte del
costruttore già in fase di progettazione e realizzazione della stessa.
Per effettuare una panoramica delle responsabilità dei vari soggetti sopra esaminati occorre
preliminarmente individuare le tipologie di responsabilità che possono derivare da comportamenti
omissivi e cioè la responsabilità penale e la responsabilità civile.
La responsabilità penale deriva sempre da colpa e cioè dall’avere il “costruttore” venduto il datore di
lavoro utilizzato una macchina che per imperizia, o negligenza o imprudenza non risponde ai requisiti
prescritti . L’art. 6 della 626 rivolge i suoi precetti e, conseguentemente le sanzioni in caso di violazione, ai
progettisti, fabbricanti, fornitori e installatori di macchine
Le sanzioni penali previste dalla 547 sono di natura contravvenzionale e cioè prevedono come sanzione
l’arresto o la ammenda, mentre le sanzioni previste dalla 626 e dalla 789 sono considerati delitti e cioè
dipendenti da volontà .
Il procedimento penale si instaura d’ufficio a seguito della comunicazione della notizia di reato alla procura
della Repubblica da parte dell’organo intervenuto sul posto (agenti ASL - carabinieri – Polizia): tale
procedimento penale si estingue con la comunicazione dell’avvenuto adeguamento del contravvenuto alle
prescrizioni di intervento sulla macchina impartite dagli stessi organi accertatori. L‘ alternatività della pena
pecuniaria e quella detentiva consente di poter richiedere, in caso di non ottemperanza alle prescrizioni,
l’oblazione (art. 162 bis CP) che ha come conseguenza la estinzione del reato e che comporta il
pagamento di una somma di denaro pari alla metà del massimo della sanzione pecuniaria. Qualora la
violazione sia la causa di un infortunio sul lavoro con lesioni, contestualmente alla imputazione per
violazione alla 547 o 626 verrà elevata a carico del datore di lavoro o del responsabile accertato, anche
l’imputazione per il reato di lesioni colpose (art. 590 CP) o di omicidio colposo se ne è conseguita la morte
(art. 589 CP). Il procedimento penale si instaura di ufficio in caso di lesioni gravi e gravissime, mentre per le
lesioni lievi si procede solo su querela di parte.
Altre ipotesi delittuose che si possono configurare, ma quasi mai emerse, sono quelle previste dall’art. 437 e
451 CP (omissione o rimozione di cartelli diretti a prevenire infortuni – rendere inservibili apparecchi o atro
diretti ad evitare infortuni). Tali articoli prevedono pene severe trattandosi di reati dolosi cioè commessi con
coscienza e volontà.
Altro aspetto interessante attiene all’art. 40 CP – rapporto di causalità - la dove prevede che nessuno può
essere punito per un fatto che non sia la conseguenza di una sua azione od omissione : cioè per essere
ritenuti responsabili occorre che via sia un nesso diretto fra la azione o l’omissione e l’evento. Ciò comporta
che la indagine del giudice deve essere diretta ad accertare precise responsabilità e specifiche attribuzioni a
soggetti.
Quanto al comportamento del lavoratore questo potrà avere una propria concorsualità nella causazione
dell’evento lesivo in relazione al grado di “abnormità rispetto al processo lavorativo e alle direttive impartite e
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in relazione alla atipicità ed eccezionalità”: tale gradualità posta in relazione con altre circostanze di fatto
indurranno il giudice a decidere se tale comportamento è da porsi come causa esclusiva dell’evento o come
concausa ex art. 40 cp.
In funzione del principio che la responsabilità penale è personale il Giudice dovrà tenere conto altresì della
esistenza di eventuali deleghe all’interno della struttura organizzativa della impresa per esimere
responsabilità del legale rappresentante e attribuirle a progettisti, responsabili di settore o altri: le
responsabilità ricadranno su persone diverse dal legale rappresentante della ditta proprietaria della
macchina o alle cui dipendenze opera il lavoratore infortunato, qualora emerga dalla istruttoria che a tali
persone erano formalmente e sostanzialmente delegate certe attività in diretta correlazione con la
omissione accertata e che operano in piena autonomia decisionale e finanziaria.
Quanto alla responsabilità civile, il soggetto passivo di tali comportamenti omissivi ha il diritto di richiedere
al datore di lavoro un risarcimento del danno a lui cagionato dalle violazione alle norme poste a tutele
dell’interesse generale e del dovere di cui all’art. 2087 CC. Qualora il datore di lavoro ritenga essere in capo
ad altri soggetti la responsabilità dell’accaduto dovrà richiedere la chiamata in giudizio di costoro al fine di
essere mallevato e garantito dalle richieste dell’infortunato.
Indispensabile appare comunque una adeguata polizza assicurativa “danno a dipendenti” a tutela dei danni
sia per invalidità permanente sia biologica derivanti da infortuni e per garantirsi dalle rivalse dell’INAIL
Difficile è comunque evitare coinvolgimenti e attribuzioni di responsabilità essendo facile far dipendere un
infortunio da una carenza antinfortunistica della macchina, essendo le norme molto generiche; è comunque
consigliabile effettuare tutti i percorsi dettati dalle norme per poter in sede giudiziaria difendersi e dimostrare
da parte dell’imprenditore di avere fatto tutto il possibile per evitare infortunio.
Da ultimo va segnalato un nuovo orientamento della Magistratura sempre più attenta alla verifica dei
comportamenti di tutti i soggetti coinvolti nel percorso della vita della macchina: da una parte l’imputatoimprenditore che dovrà dimostrare di avere adottato tutte le cautele prescritte per dotare la macchina di
sistemi antinfortunistici: dall’altra il lavoratore-infortunato che dovrà dimostrare di avere ottemperato a tutte le
prescrizioni del datore di lavoro e di non essere incorso nelle omissioni di cui all’art. 6 L. 626/94. Se fino ad
oggi il lavoratore era sempre e solo la parte lesa senza responsabilità alcuna, oggi dopo dieci anni dalla
entrata in vigore della 626 e delle altre normative in materia di sicurezza, maggiori responsabilità vengono
allo stesso attribuite nell’adottare le cautele atte ad evitare infortuni.
Quindi un imprenditore che abbia osservato tutte le norme in materia di tutela della sicurezza del lavoratore,
anche in caso di infortunio sarà attentamente valutato se lo stesso sia frutto di omissioni del lavoratore
ovvero se il pericolo fosse o meno prevedibile, avendo comunque l’osservanza delle norme sulla sicurezza
peso determinante nella valutazione del comportamento in sede di accertamento di responsabilità.
Il legislatore comunque non si è fermato e sono allo studio nuove iniziative legislative dirette a
regolamentare i modo più chiaro e realistico le esigenze della economia e della industria e della salute e
integrità del lavoratore.
Note sul Relatore.
Avv. EDORE CAMPAGNOLI
Avvocato in Imola.
Membro della UIA (Union des Avocat Intermational) con sede a Parigi.
Componente del Comitato Esecutivo di Bologna della CEA (Cour Europèenne d’Arbritrage) con sede in
Strasburgo.
STUDI LEGALI RIUNITI
Via Garibaldi 40 – 40026 IMOLA
Tel. 0542/30702
E-mail: [email protected]
Sito: www.studilegaliriuniti.net
Le relazione sugli altri argomenti li potete trovare sul sito www.idm.it, i cui titoli sono di seguito riportati.
“ATTRIBUZIONE DELLE RESPONSABILITÀ NEI LUOGHI DI LAVORO IN MERITO
ALLA MANCATA ADOZIONE DELLE MISURE DI PREVENZIONE SU MACCHINE E
IMPIANTI DA PARTE DEI COSTRUTTORI”
Relatore: Ing. Adriano Albonetti
A.U.S.L. - Forlì
Dipartimento di Sanità Pubblica
Servizio Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro
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INDICE
1. CONCETTI GENERALI DI PREVENZIONE
2. PREVENZIONE IN AZIENDA
3. PREVENZIONE DA PARTE DI PROGETTISTI E COSTRUTTORI (fabbricanti)
4. PERCORSO DI INDAGINE PER INCHIESTA INFORTUNI O PER INCHIESTA MALATTIA
PROFESSIONALE
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Note sul Relatore.
L’ing. Adriano Albonetti, laureato in Ingegneria Meccanica presso l’Università degli Studi di Bologna è Dirigente
dell’ UOPSAL ( Unità Operativa di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro)del Dipartimento di Sanità Pubblica
dell’A.U.S.L di Forlì.
A.U.S.L. di Forlì
Dipartimento di Sanità Pubblica - UOPSAL
Via della Rocca, 19 – 47100 FORLI’
Tel. 0543733544, Fax. 0543733501
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ANALISI DEI RISCHI IN FASE DI PROGETTAZIONE:
QUESTA E’ LA PREVENZIONE
Relatore: Ing. Sandro Sartoni
TPM – Documenti per la certificazione macchine
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Note sul Relatore.
L’ing. Sandro Sartoni, laureato in Ingegneria Meccanica presso l’Università degli Studi di Bologna nel 1972.
Ha iniziato ad occuparsi dei problemi legati alla sicurezza nel 1973 ed ha maturato una lunga esperienza
come Dirigente Industriale. E’ coordinatore delle attività di Certificazione della TPM, società dl Gruppo IDM.
TPM-IDM Esperti in comunicazione tecnica
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