Narrativa Harmakis 02 © Tutti i diritti riservati alla Harmakis Edizioni divisione S. E. A. Servizi Editoriali Avanzati, Sede Legale in Via Del Mocarini, 11 52025 - Montevarchi (AR). Sede Operativa, la medesima sopra citata. www.harmakisedizioni.org [email protected] Tipografia: Universal Book I fatti e le opinioni riportate in questo libro impegnano esclusivamente gli Autori. Possono essere pubblicati nell’Opera schemi o foto oltre a varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo dove diversamente specificato. ISBN 978-88-98301-01-0 © copertina di: Anna Rita Scheri - Stefano del Marro Leonardo Paolo Lovari Andrea Falciani Tornerà la mia estate Romanzo “Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini” Papa Giovanni XXIII - 7 Presentazione Interi libri, fiumi di inchiostro sono stati scritti per cercare di capire ciò che il dolore può scatenare. Le emozioni nascono, si accendono, bruciano, si propagano: devono consumarsi. Il dolore è fonte di creatività, ma anche di speranza. Di amore, ma anche di abbandono. Pittori hanno descritto le proprie inquietudini fermandole sulla tela, compositori hanno creato melodie indimenticabili, scultori hanno raffigurato pietà, scrittori hanno lasciato sulla carta ciò che è difficile anche immaginare, poeti hanno scritto quello che con la voce non è esprimibile, fermando quegli attimi, rendendoli celebri. Il dolore di un genitore è la summa di tutte queste percezioni: esso descrive l’amore, l’abbandono, la speranza, la tenerezza, la consapevolezza di chi ha creato. Questo è quello che trasmettono le pagine di questa raccolta, il toccante viaggio nelle sensazioni di un padre abbandonato. Luca Canonici 8 Cosa so di te? Poco. Ho visto le tue foto e so che sei una bambina bellissima. Ho visto i tuoi occhi e so che faranno girare la testa a tanti uomini. Quando sarai grande. E che farai battere tanti cuori. So anche che un cuore che non solo batte, ma vive per te, è quello di tuo padre. Non lo conosco tuo padre personalmente, non so quale inflessioni ha la sua voce, non so che cadenza ha quando parla. Ma so cosa mi ha scritto di te. E questo basta. Tuo padre ti ama. E questo può sembrare normale. Tuo padre ti ama e vuole stare con te. E per farlo ha intrapreso una lunga battaglia, pubblica, politica giuridica. Tu sei una di quei tanti bimbi contesi tra due genitori che abitano paesi e vite diverse. Ne conosco di genitori così. Che devono tirare fuori gli artigli, prendere coraggio e lottare per ottenere quello che c’è di più naturale: un figlio. Stare con un figlio. Avere un futuro con chi si è messo al mondo con amore. Succede Maria. Succede di venire al mondo e diventare il centro di una contesa, tra adulti, tra Paesi, tra uomini e donne…Succede ma non dovrebbe, perché quando si è piccini si avrebbe diritto a essere batuffoli d’amore circondati di affetto, non ostaggi di leggi e cavilli. Quando sarai grande saprai. Ora avresti diritto a essere amata. E lo sei perché tuo padre, ma mi auguro anche la tua mamma, ti amano. Quello che circonda il diritto di un bambino ad avere una vita diversa è frutto del mondo degli adulti. Un mio amico ama citare spesso il Piccolo Principe. Un libro bello che leggerai, quando avrai l’età della lettura. E il succo è semplice: i bambini arrivano sempre prima dei grandi in ogni cosa, capiscono prima, sentono prima, amano prima. Prima di noi. Io vorrei che un giorno tu sia felice, serena, adulta, senza perdere la gioia e la serenità. Anche se i grandi ce la mettono tutta a creare ostacoli, intralci, trappole. L’amore scavalca tutto: ostacoli, intralci e trappole. Leonardo ti ama. E ce la farà. Perché ti porta nel cuore e per Mano. Ciao bambina bella, che il futuro ti renda felice perché lo meriti. Silvia Tortora 9 Prefazione Figli di due Nazioni Non è stato semplice scrivere questo libro, perché ogni qualvolta mi accingevo a farlo sopraggiungeva una sorta di blocco, un rifiuto a mettere sul foglio tutte le sofferenze, tutte le angosce che questa vicenda ha creato in me. Ci sono voluti diversi mesi di riflessione per convincermi a cominciare questo libro. In questi lunghi momenti di introspezione ho provato a capire le ragioni e le motivazioni che portano alcune persone a prendere decisioni che cambiano per sempre la vita a tutti quelli che le circondano. Ecco perché sono stato titubante a scrivere, il ricordo e il dolore erano troppo forti, ma infine mi sono fatto forza e dentro di me ho raccolto tutte le energie e la consapevolezza che dovevo fare qualcosa, comunicare l’importanza che queste vicende hanno per l’opinione pubblica. Nell’era moderna, i nuovi mezzi di trasporto hanno accorciato le distanze tra i popoli permettendo così la formazione delle “coppie miste”, ossia la nascita di famiglie tra uomini e donne di Paesi diversi. Per questo motivo ho voluto dare il titolo a quest’opera “Figli di due Nazioni” perché quando un genitore decide di lasciare il compagno o la compagna, molto spesso decide unilateralmente di portarsi nel proprio paese di origine anche i figli. Non sempre è segno di cattiveria da parte dei genitori, ma quasi sempre frutto della sostanziale differenza culturale tra le coppie che unita all’ignoranza in materia Giuridica impedisce forse di capire ciò che tale gesto comporta. In questi anni in cui sto vivendo que 10 sta vicenda, (ancora non conclusa) ho avuto modo di conoscere diversi padri e madri a cui è stato sottratto un figlio dal proprio coniuge o convivente ed ho compreso chiaramente che chi commette questo gesto lo fa cosi, semplicemente e con una naturalezza che ti lascia completamente basito. Quando si scappa da un paese portandosi via un bambino, non solo si commette un danno (reato) nei confronti del partner, ma si calpestano i diritti del minore il quale, come dice la legge, è incapace di decidere e la sua libertà viene gravemente compromessa. Non la libertà come normalmente si pensa, ma la libertà di poter avere un rapporto con un genitore, una parentela, far parte di una comunità, di una Nazione in modo libero, senza vincoli e ricatti. Il bambino con questo gesto viene sradicato dall’ambiente in cui ha vissuto, dai suoi amici, dalla scuola, dalle sue abitudini che vengono completamente stravolte senza nessun rispetto e comprensione. È allora che inizia, come la definisco, la disputa dei “Figli di due Nazioni”, perché essendo figli di genitori di nazionalità diverse, lo spostamento di un minore in un altro paese apre lo scontro per la competenza tra stati su dove dovrà vivere questo figlio. Quindi non si lotta per l’affidamento tra genitori, ma si scontrano regolamenti, trattati fra Stati per l’applicazione delle competenze in materia di responsabilità genitoriale. La problematica diventa più accentuata dal fatto che oltre alla differente nazione di appartenenza dei genitori, si deve considerare se sono cittadini comunitari oppure appartengono a paesi extra Cee, dove non si hanno norme unitarie e lo strumento applicabile in queste controversie può essere la “Convenzione dell’Aja” o la “Convenzione sui diritti del fanciullo” di Nuova York. Ma anche appartenendo alla Comunità Europea non si esauriscono i problemi, anzi si hanno delle diatribe molto forti sull’applicazione dei regolamenti (Regolamento CE 2201/2003) e sulla loro interpretazione molto spesso usata da alcune nazioni (specie le neo entrate in Comunità Europea ) come strumento per difendere il genitore che ha commesso l’illecito trasferimento. Tutto questo a discapito di colui che dovrebbe essere tutelato cioè il fanciullo, il quale paradossalmente diviene un “apolide virtuale” cioè con una cittadinanza e residenza contesa rimanendo vittima di carte bollate, sentenze di Tribunali, regolamenti e altre faccende legali che possono durare anni, nei quali la 11 sua crescita e formazione forse verranno pregiudicate per sempre. Proprio per evitare che queste creature diventino “Figli di due Nazioni” si dovrebbe informare di più circa le problematiche che si hanno quando due persone di nazionalità diverse decidono di mettere al mondo un figlio e nel caso che la coppia si divida, in modo da prevenire il più possibile quelle tragedie che diventano le sottrazioni internazionali di minori. Al di là delle Leggi, siamo sempre noi genitori gli attori negativi o positivi di queste vicende, se usassimo maggiormente l’intelligenza e la ragione, eviteremmo a queste creature traumi, ingiustizie, umiliazioni che certo loro non hanno cercato né voluto, ricordando che a oggi sono circa 300 casi in Italia di illecito trasferimento all’estero. Ripeto spesso a molti che gli amori finiscono ma i figli sono per sempre. Leonardo Paolo Lovari 13 “Tornerà la mia estate!” Gli occhi guardavano attenti la faccia riflessa nello specchio del bagno e la schiuma da barba appena spalmata gli dava una piacevole sensazione di freschezza. L’ideale prima di iniziare un’altra giornata di lavoro. Il rasoio scorreva liscio lasciando al posto della schiuma la pelle fresca appena rasata. Il cellulare improvvisamente si mise a squillare e Paolo velocissimo corse in camera, vide sul display il nome di Sigita e subito pensò: “Che dolce, vuole svegliarmi in tempo per l’ufficio”. “Pronto! - disse con entusiasmo pensando anche di poter salutare la piccola Lina - Pronto! Pronto!” - ma nessuno rispose. Era un po’ preoccupato quando in sottofondo iniziò a sentire delle voci. “Ma parlano in italiano!” - disse fra sé e spense lo stereo per ascoltare meglio. “Finalmente sono vicina all’obiettivo - stava dicendo Sigita - Fra poco potrò restare qui con la piccola Lina, con i soldi e senza Paolo, libera nel mio paese! Certo che i vostri uomini sono proprio strani, ci cascano come allocchi, vogliono fare i grandi ma non …” “Cerca di essere molto attenta se vuoi che tutto vada per il verso giusto, Paolo non è uno che si ferma davanti alle difficoltà” - la interruppe una voce di donna che … “Ma è Marta! - Pensò Paolo con un sussulto che gli fece tremare le gambe - come è possibile! Cosa stanno tramando? Questo ha 14 tutta l’aria di essere un complotto per farmi fuori, per portarmi via tutto! Lina!!! La mia bambina! I soldi frutto dei nostri sacrifici con il lavoro! La possibilità di vivere!” Per quanto provasse a parlare, Paolo non ci riusciva, la voce gli si strozzava in gola, quei quindici minuti trascorsi ad ascoltare quelle due sembravano avergli tolto anche le più nascoste energie, le gambe tremavano, brividi freddi correvano lungo la schiena, balbettavano perfino i pensieri e gli occhi ormai erano gonfi di pianto che tuttavia frenato dalla rabbia non ne voleva sapere di uscire. Sentì la testa sul punto di scoppiare, quella casa in cui fino a pochi giorni prima sembrava regnare l’amore, la serenità, la gioia di veder crescere insieme alla donna amata una figlia bellissima, un lavoro con tanti progetti per il futuro, era diventata di colpo una prigione, un luogo buio e di dolore, un posto da cui scappare in fretta. “Devo provvedere subito - pensò Paolo - non c’è tempo da perdere! Qui mi hanno preso tutto, non ho più nulla, quella disgraziata si è presa ogni mio avere”. Paolo si accorse che il respiro era affannoso così s’impose di fermarsi un attimo sia per riprendere una respirazione regolare che per affrontare la situazione con lucidità. “Stai calmo un attimo! - urlò - agisci con calma! Eh si fa presto a dire fai con calma - continuò come se stesse parlando con qualcuno - quelle parlavano male di me, Sigita vuole fregarmi, era già tutto previsto… ed io che le avevo dato praticamente tutto. Maledizione!” I pensieri si rincorrevano nella testa, il cuore batteva all’impazzata e vampate di calore gli salivano al viso. Camminava per casa senza sosta, rovistava negli angoli più nascosti della sua memoria come per cercare un motivo anche apparentemente banale che potesse ricondurre ad un atteggiamento così vigliacco. Decise di distendersi sul letto e gli parve di essere dentro ad un pozzo, solo che non vedeva la luce ma solo buio. Stava precipitando! Il rincor- 15 rersi e l’accavallarsi dei pensieri gli fecero l’effetto di un sedativo o di una robusta bevuta, quando aprì gli occhi erano passati solo pochi minuti ma gli sembrava di aver dormito un giorno intero. Il primo pensiero fu per la piccola Lina: si trovava a duemila chilometri, rischiava di non vederla più! Al solo presentarsi di questa possibilità il collo s’irrigidiva fino a fargli male. La ragione per fortuna ebbe la meglio, riuscì a frenare l’impulso che gli stava imponendo di partire subito e saggiamente decise di rimandare di qualche giorno per ritrovare la razionalità che unita alla sua grande determinazione ne avevano fatto un uomo forte e deciso. Una cosa però fece subito, prenotò un volo per la Lituania. La dura lotta per riavere Lina stava iniziando! Con il passare dei giorni Paolo avvertiva sempre più forte il bisogno di rivedere sua figlia, quello era indubbiamente il suo pensiero più grande e tutte le energie si concentravano nello sforzo di trovare una via d’uscita, una strada che lo potesse portare ad essere di nuovo un padre presente e non a distanza e che permettesse soprattutto alla piccola Lina di tornare presto nel suo ambiente. La bambina era nata in Lituania ma in Italia aveva iniziato la sua vita, aveva frequentato l’asilo nido e ora stava iniziando la scuola dell’infanzia, quel percorso che l’avrebbe portata a fare le prime amicizie, ad entrare in contatto con quei bambini che, come sempre accade, sarebbero stati i suoi amici molti dei quali poi avrebbe avuto al suo fianco durante tutte le fasi della crescita, quelli che alla fine non si dimenticano mai. Se il ricordo dei sorrisi della figlia, il calore dei suoi abbracci, di quelle mani che quando la teneva in braccio avevano percorso ogni centimetro della pelle del suo viso, gli provocava delle fitte lancinanti nell’anima e gli dava una terribile sensazione di solitudine, serviva però a mitigare un altro dolore, quello di aver perso la casa e il lavoro, quindi la possibilità di vivere. L’aereo aveva appena preso quota e Paolo era, come sua abitudine, seduto vicino all’oblò. Gli piaceva guardare fuori vedere dall’alto montagne valli e laghi che si alternavano in 16 un film che aveva come colonna sonora il lieve ronzio dei motori e i pensieri soliti di chi per lavoro vola spesso: riunioni, incontri e affari da concludere per far crescere l’attività. Quella volta era diverso, in quel caldo mese di giugno stava guardando nel vuoto avvolto in quel pezzo di cielo che lo separava dalla sua famiglia, da Sigita con la quale sperava di poter ricucire un rapporto troppo importante per finire in un modo così brusco e doloroso e soprattutto dalla piccola Lina, dalla gioia della sua vita, un sentimento quello talmente forte che probabilmente neppure un padre può provare a descrivere con un linguaggio diverso da quello dell’anima. Con una manovra perfetta l’aereo si arrestò davanti al terminal, l’ansia cresceva e ogni minuto che passava sembrava interminabile così come infinita sembrò la distanza dall’aeroporto alla casa di Sigita. Apparentemente tranquilla lo fece entrare, Paolo guardava la donna con occhi interrogativi e lei ricambiava lo sguardo ma entrambi non iniziavano a parlare. Dopo alcuni interminabili minuti fu lui a rompere il silenzio: “Perché? - chiese - perché sta accadendo tutto questo?” Sigita colse il dolore di Paolo e provando imbarazzo distolse lo sguardo cercando le parole per dare una risposta. Nel tono di voce di Paolo c’era tutta l’angoscia di un padre che si è visto portare via sua figlia e il dolore dell’uomo innamorato che ha visto scappare la sua donna. In pochi secondi la sua testa ripercorse praticamente tutte le tappe del rapporto con Sigita ma nemmeno in quel breve anche se intenso lasso di tempo riuscì a trovare una risposta plausibile. Il suo pensiero svanì alle parole della donna: “Non ce la facevo più a stare in Italia, non mi sentivo trattata bene. Io voglio vivere qui, tu puoi comunque rifarti una vita, non sei mica vecchio, non hai neppure cinquanta anni”. Quelle parole ferirono ulteriormente Paolo, lui sapeva benissimo 17 di aver fatto di tutto per far stare bene la donna di cui si era innamorato a con la quale aveva avuto una bambina meravigliosa. “Perché non me ne hai parlato prima? - chiese - tu sai benissimo che io ti amo e che sono innamorato di te! Non puoi neppure immaginare il dolore che mi stai dando! Io ho bisogno di te e di nostra figlia. Abbiamo tutte le carte in regola per essere felici insieme non credi? Parliamone ti prego è stupido buttare via tutto, così con un’azione che credo sia più impulsiva che ragionata. Se vuoi puoi venire più spesso in Lituania, puoi starci più a lungo ma non farmi questo. E’ come farmi morire lentamente, giorno dopo giorno.” Sigita sembrò colpita dalle parole di Paolo, l’imbarazzo era evidente così come evidenti erano i riferimenti dolorosi alla mancanza della piccola Lina. Con una certa sorpresa di Paolo, la donna si dichiarò disponibile a riprovare a stare insieme, a ricucire un rapporto che lei aveva giudicato compromesso e ovviamente non lasciò trasparire nulla che potesse ricondurre i pensieri di Paolo a una sua volontà di andarsene con il “tesoro”, la piccola Lina e i soldi. Un improvviso senso di rilassatezza, unito a una bella dose di speranza e alla fortissima motivazione di dare di nuovo un senso alla vita, s’impadronì dell’uomo che si dichiarò totalmente disponibile a qualunque tentativo per dare alla bambina una famiglia unita. Nei giorni che seguirono, Paolo cercò con una certa continuità di parlare con Sigita, cercò di chiarire tutto ma la donna, che lavorava come guida turistica, quasi ogni volta aveva pronta una giustificazione per rimandare l’incontro, per nascondere una volta di più la verità. Questa tuttavia si manifestò a Paolo pochi giorni dopo e in un modo fortuito e se vogliamo strano come del resto fortuito e strano fu il modo in cui l’uomo seppe della fuga di Sigita e della loro bambina. Paolo era a casa dei genitori della donna e ovviamente stava giocando con la piccola Lina che gli faceva sentire attimo dopo 18 attimo tutto l’amore e tutta la forza di quel legame speciale che un padre ha con la propria figlia. “Attenta che ora ti acchiappo!” - disse Paolo alla figlia che gli rispose con una risata mentre scappava e correndo urtò un mobiletto da cui cadde una specie di libretto verde. Paolo si sincerò immediatamente che la piccola Lina non si fosse fatta male e la piccola lo tranquillizzò con un bacio e un abbraccio. Si chinò allora a raccogliere il libretto e vide che si trattava di un passaporto lituano; lo aprì e con stupore vide che era della piccola Lina!... Allora tutto era chiaro, c’era davvero la volontà di non tornare più! La disponibilità a riparlare di tutto, manifestata da Sigita era solo l’ennesima scusa, un modo per guadagnare tempo, per escogitare qualcosa che sbattesse in faccia a Paolo la cruda e vera realtà! L’uomo cercò di dominare quel nuovo improvviso e dirompente dolore che lo aveva colpito, lo fece per non impressionare la bambina che era sempre lì accanto a lui. Paolo passò la notte a pensare poi prese una decisione, sarebbe tornato in Italia e avrebbe denunciato Sigita per avergli sottratto la figlia. Il volo di ritorno non fu meno angosciante di quello effettuato un mese prima per ritrovare compagna e figlia ma il dolore fu in parte mitigato dalla volontà e dalla determinazione con cui stava pensando a quella che presto si sarebbe rivelata come una vera e propria battaglia legale. Il suono del campanello svegliò Paolo che subito andò ad aprire. Era il proprietario del suo appartamento: “Scusami se ti disturbo a quest’ora - disse con un tono che lasciava chiaramente intuire l’arrivo di un’altra tegola in testa - volevo dirti che per me e anche per mia moglie … se vuoi puoi restare anche se non hai pagato l’ultimo mese di affitto … sai non è che vogliamo … insomma … per un po’ può anche andare così ma intanto proviamo a cercare una sistemazione diversa …” “Ho capito - lo interruppe Paolo - stai tranquillo, sistemerò tutto 19 in fretta anzi grazie per la tua … insomma vostra pazienza, cioè tua e di tua moglie intendo dire. Ora mi preparo perché ho un appuntamento importante … mi sto dando da fare sai? Mi sto battendo i tacchi nel sedere! Sono uno che non molla io!” Sentì come chiudersi la gola e gonfiarsi gli occhi sia per la rabbia che stava montando sia per la sensazione di impotenza che si impadronisce di chi, ormai disperato continua ad essere giorno dopo giorno vittima di eventi sfavorevoli. Il padrone di casa capì e abbozzò un sorriso di saluto nel quale Paolo colse un senso di commiserazione che lo infastidì parecchio. Chiuse la porta e si infilò subito sotto la doccia, praticamente si ritrovava senza casa! Sapeva benissimo che non avrebbe avuto senso trovare un altro appartamento in affitto; come avrebbe fatto per pagare? In quel momento gli venne in aiuto il fatto di essere stato uno sportivo professionista, mai mollare finché la gara non è finita, sapeva benissimo che uno dei primi passi per poter sperare di riavere con sé la piccola Lina sarebbe stato proprio quello di essere un padre in grado di offrirle un tetto accogliente e avere una disponibilità economica adeguata per garantirle un mantenimento dignitoso. “Non ti preoccupare piccola mia - pensò - quando tornerai a vivere con me avrai tutto quello che devi avere, te lo prometto!” Non c’era tempo da perdere, in quelle condizioni non avrebbe neppure potuto iniziare la sua battaglia legale, non avrebbe trovato nessun giudice che avesse fatto pendere la bilancia dalla sua parte, Sigita sembrava dunque essersi barricata dentro ad una vera e propria fortezza e Paolo ancora non aveva armi adatte a condurre un assalto efficace. Per prima cosa decise di pensare a liberare la casa, iniziò a raccogliere le sue cose ma questa operazione, iniziata con la volontà di fare presto, aveva delle frequenti pause visto che ogni angolo, quasi ogni centimetro dell’appartamento riportava davanti ai suoi occhi il sorriso di Lina che saltellava per casa con un giocattolo in 20 mano, magari lo stesso orsacchiotto di peluche che ora Paolo trovava solo e triste in fondo al lettino della bambina. Dopo aver ricacciato in gola tante volte pianto e rabbia, Paolo decise di uscire per recarsi dall’avvocato e chiedere consiglio circa la denuncia da fare contro Sigita per sottrazione di minore. “Ho visto Paolo - disse Francesca rivolgendosi ad Alberto - è davvero in uno stato pietoso. Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per aiutarlo, per sostenerlo …. non può andare avanti così, senza un soldo, senza un lavoro, senza la possibilità di rivedere la figlia”. “Hai ragione - rispose Alberto finendo di bere il suo cappuccino la cosa che mi fa arrabbiare è che il mio istinto mi sta dando ragione. Non mi è mai piaciuta quella donna: sempre sopra alle righe, tutto le sembrava dovuto e vedere Paolo che è sempre stato pronto ad assecondarla, a risolvere ogni suo più piccolo problema, ridotto così mi fa davvero male e sono per questo arrabbiatissimo”. “E’ assolutamente vero quello che dici - continuò Francesca - ma serve a poco ora dire questo, dobbiamo agire e risolvere prima di tutto il problema della casa perché conoscendo il proprietario del suo appartamento, non tarderà a buttarlo fuori ... o meglio non tarderà ad eseguire l’ordine che la moglie gli impartirà e purtroppo anche se umanamente cacciarlo non è una bella cosa, è comunque un loro diritto pretendere il pagamento dell’affitto. Dobbiamo renderci conto che Paolo non ha più un euro!” “Beh, - la interruppe Alberto - potremmo dirgli di trasferirsi nell’altro nostro appartamento che è vuoto no? Credo che dandogli un posto dove abitare lo aiuteremmo a concentrarsi sui passi da compiere per risolvere la situazione con Sigita …” “Mi fa piacere che tu dica questo - rispose Francesca - credo che sia la soluzione migliore. Non ci resta quindi che rintracciarlo e fargli questa proposta”. “Non sarà facile convincerlo - la interruppe Alberto - sai come lui sia sempre timoroso di disturbare gli amici e nello stesso tempo 21 così caparbio da voler andare avanti senza aiuto, con il rischio di fare della macchina la sua casa. dobbiamo impedire tutto questo proponendogli di stare da noi solo perché la sua causa è la nostra causa, non facciamo il minimo riferimento alle sue difficoltà economiche”. Non fu facile rintracciare Paolo, il suo telefono era sempre in funzione sia perché il suo lavoro gli imponeva rapporti costanti con i clienti sia perché usava ogni minuto di tempo che gli rimaneva libero per prendere appuntamenti con avvocati e consulenti. Quel giorno riuscì ad ottenere un colloquio con l’avvocato Menarini di Firenze che veniva dato per uno dei massimi esperti in materia di minori, uno che non molla mai, insomma proprio l’ariete che serviva a Paolo per smuovere una situazione che, a causa alle grandi manovre di Sigita, rischiava di ristagnare facendolo sentire sempre più solo e sull’orlo del fallimento totale. Situazione questa che lo avrebbe privato anche delle condizioni materiali minime per il mantenimento della piccola Lina. Uno dei canali che avrebbero consentito al diabolico progetto di Sigita di trovare la sua completa realizzazione. Paolo, assorto in questi pensieri, sobbalzò allo squillo del telefono ma si tranquillizzò subito sentendo la voce di Alberto che gli chiedeva di poterlo incontrare insieme a Francesca. Mezz’ora dopo era seduto con loro al bar godendosi un buon caffè. Sinceramente per un attimo si sentì sollevato dal fardello delle tensioni e provò una piacevole sensazione di leggerezza e quindi anche il suo umore migliorò permettendo alla conversazione di scorrere senza intoppi o incomprensioni. Quasi non ricordava il sapore del piacere di conversare con due amici veri e fu proprio l’autenticità del sentimento che provavano per lui Francesca e Alberto che gli fece cogliere la convinzione con cui gli avevano proposto di alloggiare nel loro appartamento, una proposta completamente priva di quel senso di pietà che detestava così tanto. Quella nuova sistemazione gli avrebbe davvero permesso di preparare con maggiore tranquil- 22 lità il suo piano per ottenere l’affidamento di sua figlia e di ricominciare di conseguenza a vivere una vita vera. I tre amici decisero che avrebbero mangiato una pizza insieme, come quando tutto andava bene e la serata vide finalmente un Paolo sorridente come da tempo non lo vedeva nessuno. Una volta solo, sentì il bisogno di mettersi subito a preparare l’incontro con l’avvocato; così passò tutta la notte al computer a scrivere una specie di memoriale che ripercorresse tutto il cammino fatto insieme a Sigita, da quando si erano conosciuti poi innamorati fino alla nascita della piccola Lina per arrivare a quella che era stata una vera e propria fuga. Più di una volta si trovò talmente immerso in quei ricordi da rivivere alcuni momenti con un realismo tale che il ‘ritorno alla realtà’ gli provocava dei sobbalzi. “Devo rimanere lucido - diceva tra sé - sto solo preparando un promemoria che deve essere libero da personalismi, deve essere un documento che permetta all’avvocato di farsi un’idea”. Il giorno lo trovò stanco ma soddisfatto per essere riuscito a impiegare tante ore in modo sicuramente produttivo. Una doccia poi via verso una giornata di lavoro. Doveva assolutamente incontrare tutti i clienti con cui aveva appuntamento e procurarsene altri. Doveva far aumentare il volume dei suoi affari prima che la situazione finanziaria scivolasse verso un punto di non ritorno. L’aria fredda del mattino contribuì a dargli la giusta carica, s’infilò in macchina e partì senza ulteriori indugi. La giornata trascorse seguendo i consueti ritmi, clienti con cui contrattare, telefonate, un panino mentre rileggeva il fascicolo preparato per l’avvocato e tanti, innumerevoli sguardi alla foto della piccola Lina che teneva sempre in vista sul cruscotto della macchina. Giunse a casa che ormai era notte, una doccia poi crollò stanco sul letto e finalmente si addormentò. Gli occhi della piccola Lina lo stavano fissando più neri, profondi e sorridenti che mai. L’emozione di correre e sentire dietro di sé i passi del padre che la rincorreva era unica. La piccina correva e 23 rideva così forte da rischiare di perdere l’equilibrio. Proprio in fondo al prato, dove i fiori erano così abbondanti e colorati da formare un tappeto coloratissimo, due braccia forti la sollevarono in aria e in quella sorta di volo riuscì prima a vedere il verde dell’erba, poi i colori dei fiori infine l’azzurro del cielo e la luce fortissima del sole. Il volo finì nel tenero e forte abbraccio del padre a cui Lina diede un bacio fortissimo, il bacio che ogni bambino stampa sulla guancia del papà e per il quale ogni genitore sfiora la pazzia. I due ridevano e, tenendosi per mano, tornarono nel punto più alto del prato giusto in tempo per sentire la mamma che li richiamava verso casa per il pranzo. Sigita, come si usava fare in tempi ormai lontani, cercava di attirare la loro attenzione battendo con un mestolo sul coperchio della pentola. Quei battiti metallici si facevano sempre più insistenti, sempre più forti tanto da sembrare colpi inferti con violenza, con lo scopo di far male. Anche Lina sembrava disturbata da quei colpi che ora erano così forti che il rumore le impediva di sentire la voce del padre. Le parole di Paolo, che cercava di sorriderle, si perdevano nel nulla, il sorriso era sparito dal volto della bambina che disperata si girò verso il padre proprio nel momento in cui Sigita lasciando cadere a terra coperchio e mestolo la afferrò, rientrò velocemente in casa sbattendo praticamente la porta in faccia a Paolo. La pesante porta di casa si chiuse velocemente con grande fragore e proprio quel rumore fece svegliare di soprassalto Paolo nella sua camera di Arezzo e Lina a duemila chilometri di distanza. “Lina!!! - Urlò Paolo sedendosi di scatto sul letto - dove sei?!” - il fiato era corto, come dopo una lunga ed affannosa corsa, con la fronte imperlata di sudore, il cuore che batteva all’impazzata e colmo di delusione si alzò, andò in bagno e si bagnò la faccia con acqua fresca. Quel brusco risveglio lo aveva riportato prepotentemente alla realtà aumentando ancora, se possibile, il dolore che ormai scandiva ogni momento delle sue lunghe giornate da solo, 24 vissute alla ricerca di una soluzione che potesse ricolmare la voragine che improvvisamente si era aperta nella sua vita. Una lunga doccia contribuì a calmarlo, si cambiò, raccolse tutto il memoriale che si era preparato per il colloquio con l’avvocato prima ed eventualmente per l’autorità giudiziaria poi qualora l’avvocato Menarini avesse accettato di perorare la sua causa. Un percorso che si presentava difficile, irto di ostacoli e probabilmente destinato a protrarsi a lungo nel tempo. Paolo comunque era determinato ad arrivare fino in fondo, poter ottenere l’affidamento della figlia era l’obiettivo principale della sua vita ed era disposto a qualunque sacrificio pur di raggiungerlo. Questo pensiero lo accompagnò per tutto il viaggio da Arezzo a Firenze e l’ansia aumentava mano a mano che si avvicinava allo studio legale. “Prego si accomodi - gli disse la gentilissima segretaria aprendogli la porta - l’avvocato la riceverà fra pochi minuti, purtroppo il caso che sta seguendo in questo momento si è rivelato più complesso del previsto”. “Va benissimo così - rispose Paolo - e si accomodò su un bellissimo divano di pelle bianca”. Tirò fuori dalla borsa il suo fascicolo e ripassò velocemente la parte riguardante la telefonata con cui venne a conoscenza del progetto di Sigita. Essere in quello studio gli stava facendo provare una sensazione strana: qualcosa che spaziava dall’ansia alla preoccupazione, alla speranza. Un cocktail di stati d’animo che scatenava una forza interiore e una determinazione tali che si sarebbero, da lì a qualche mese rivelate armi fondamentali nella sua battaglia contro una situazione assurda che spesso trova ragione di essere in norme altrettanto assurde. Era talmente assorto nei suoi pensieri che li vedeva trasformarsi in un piano d’azione che quando la segretaria lo chiamò invitandolo ad entrare nello studio, quasi sussultò. “Entri pure - gli disse cortesemente l’avvocato Menarini - si sieda 25 la prego. Sono molto lieto di conoscerla personalmente, la sua vicenda è indubbiamente interessante da un punto di vista giuridico anche se mi rendo conto che il suo coinvolgimento emotivo è talmente forte e la sua ferita così dolorosa che l’aspetto legale passa in secondo piano. Per questo le sarei grato se potesse espormi la situazione nel modo più particolareggiato possibile cercando però di non ricorrere ad interpretazioni e valutazioni personali. Il suo cercare di rimanere il più possibile distaccato dal ruolo di protagonista della vicenda mi sarà di grande aiuto per capire meglio come muovere i primi passi per raggiungere l’obiettivo. Tengo anche a precisarle fin da ora che per quanto poco possa al momento conoscere, sono convinto che si tratta di una causa estremamente difficile e dall’esito molto incerto. Questo ovviamente non deve scoraggiarla, anzi deve servire da ulteriore stimolo per non mollare”. Paolo iniziò il suo racconto cercando di soddisfare le richieste dell’avvocato, era perfettamente consapevole che se non fosse riuscito a convincerlo ad occuparsi del suo caso avrebbe solo perso del tempo prezioso ed altro ancora sarebbe trascorso per cercarne un altro. Si stupiva comunque per come stava riuscendo a raccontare la storia quasi come se fosse un cronista in diretta Tv. Solo quando entrava in ballo la piccola Lina la sua voce correva il rischio di rompersi per l’emozione ma questo l’avvocato Menarini lo capiva benissimo e rassicurava Paolo che così riuscì a parlare per oltre due ore e ad esporre tutta la vicenda. “Bene Paolo - disse l’avvocato abbandonando ogni formalismo credo che da oggi possiamo anche darci del tu, la tua esposizione mi ha confermato tutte le difficoltà che immaginavo ma proprio per questo mi sono convinto che non posso lasciarti da solo a portare avanti la tua causa. Lasciami un paio di giorni di tempo per rileggere tutto il tuo memoriale e cercare una strategia efficace per iniziare il cammino. Sappi che dovrò anche necessariamente parlare con Sigita, dobbiamo essere pronti a colmare per primo i vuoti 26 fra le vostre contrapposizioni. Questa sarà una specie di partita a scacchi e conquistare il centro della scacchiera ci darà maggiori possibilità di dare scacco matto”. “Pronto Sigita?” “Ciao Marta! - rispose la donna con piacere per risentire la persona che l’aveva aiutata in quella vera e propria fuga, ma anche con una certa apprensione dato che era ormai mezzanotte. - Come stai? Perché mi chiami a quest’ora?” “Avevo voglia di sentirti per avere notizie di te e della piccola Lina.” “Stiamo bene - rispose Sigita - ma non credo che tu mi abbia chiamata solo per questo! Avanti, cosa volevi dirmi?” “Ecco ... ho sentito dire che Paolo si è rivolto ad un avvocato molto conosciuto di Firenze ... non so se ha in mente di farti causa ma conoscendolo sono sicura che non mollerà mai. Volevo dirti che ho sempre cercato di aiutarti, ma ora vorrei rimanere fuori da questa vicenda che in fondo riguarda solo voi due e la bambina …. non è che voglio abbandonarti …” “Ho capito - la interruppe Sigita - non devi certo sentirti in obbligo di fare qualcosa per me, grazie per avermi avvertita.” “Se vuoi - continuò Marta - appena vengo a sapere qualcosa ti avverto ….” “No - rispose piuttosto seccamente Sigita - credo che chi mi deve fare delle comunicazioni lo farà e molto presto. Tu da ora rimani al tuo posto”. Interruppe la comunicazione e tornò verso la sua camera con aria visibilmente preoccupata. “Qualcosa non va? - le chiese suo padre - chi ti ha chiamata a quest’ora?” “Non ti preoccupare papà - rispose Sigita - era Marta che ha sentito dire che Paolo sta chiedendo la consulenza di un noto avvocato per farmi causa. Ora torniamo a dormire, ne riparleremo 27 domani”. L’anziano uomo rimase a guardarla lungo il corridoio poi rivolse lo sguardo verso la stanza della piccola Lina, sospirò e rientrò in camera. Sigita non riuscì a chiudere occhio, il pensiero di doversi difendere in una vera e propria battaglia legale le lasciava intravedere scenari piuttosto cupi, conosceva bene Paolo e sapeva che è uno che non molla mai e che avrebbe cercato di percorrere tutte le strade che la legge gli permetteva pur di poter riportare Lina in Italia. Non poté fare a meno di pensare a lui non come ad un nemico ma come ad un padre ferito perché abbandonato dalla compagna e soprattutto perché lei gli aveva sottratto, portandogli via la figlia, lo scopo più grande della sua vita. “Questa storia caro Paolo dovrebbe trovare il consenso di una bella fetta di opinione pubblica - disse al telefono l’avvocato Menarini - tu sei una persona molto conosciuta, sono tanti quelli che ti conoscono e tanti saranno quelli che ti riconosceranno per i tuoi trascorsi da calciatore professionista. Credimi sarebbe davvero di grande aiuto poter partecipare a qualche trasmissione sia Rai che Mediaset; il tuo non è il primo caso del genere e credo che purtroppo non sarà neppure l’ultimo. Poter unire le forze con altri che stanno lottando in battaglie parallele alla nostra potrebbe rivelarsi utile per tutti, si potrebbe, anzi credo che sia indispensabile, rendere partecipe della situazione il Ministero degli Esteri, anche per arrivare ad avere un supporto da parte dell’ambasciata italiana in Lituania. Credo che il nostro lavoro debba orientarsi da subito in questa direzione poi quando ti recherai a far visita alla piccola Lina visto che hai tutto il diritto di vederla e di trascorrere del tempo con lei, dovresti trovare un buon avvocato in loco, ‘attaccare su più fronti’ potrebbe essere davvero vantaggioso”. Paolo ringraziò l’avvocato per quella telefonata e sentire il legale così motivato lo fece stare meglio facendogli recuperare un po’ di 28 energia visto che le sue giornate le trascorreva in giro per lavorare cercando di migliorare la precaria situazione economica in cui era stato lasciato e di notte cercava ogni possibile appiglio legale per ‘costringere’ la sua compagna a tornare sui suoi passi. Non trascurava nemmeno l’ipotesi di poter ancora ricostruire un rapporto con lei anche se dopo il suo ultimo viaggio a Vilnius lo riteneva sempre meno probabile. Infine nelle pochissime ore che gli rimanevano per riposare sognava Lina e ogni volta tutto era così realistico che il risveglio era pesante come un macigno e ripartire era davvero faticoso. Era fermamente convinto che doveva fare molto di più per trovare un sistema che gli permettesse di riavere Lina. E’ ovvio che il ricorso alle autorità e agli avvocati era indispensabile ma era importante anche far conoscere la storia al maggior numero possibile di persone. Internet poteva essere il veicolo migliore, skype un mezzo straordinario per trovare e mantenere contatti con persone che stavano vivendo o avevano vissuto una storia come la sua e il fatto che fosse gratuito costituiva un altro punto a favore della tattica di usare la tecnologia come supporto a tutta la tempesta di sentimenti da cui era pervaso fin dal primo secondo trascorso dalla scoperta del piano di Sigita. D’altra parte non poteva permettersi di spendere soldi per viaggiare e incontrare persone o peggio ancora gestire tutto con il solo cellulare. La sua psiche poi trovava conforto nella speranza che smuovere le acque in modo così intenso e in un’area grande quanto il mondo servisse a trovare una soluzione definitiva al problema. Se non altro serviva a farlo alzare ogni mattina con una motivazione altissima e con la voglia di non mollare nemmeno per un secondo. Si distese sul letto cercando di dare ordine alla miriade di pensieri che gli si presentavano ma non fece neppure in tempo ad aprire il quaderno che aveva in mano che la stanchezza ebbe la meglio e si addormentò. Si svegliò bruscamente dopo due ore, aveva bisogno di scaricare la tensione e di sciogliere ogni muscolo del corpo visto che si 29 sentiva rigido e dolorante ovunque. Aprì l’armadio, indossò rapidamente tuta felpa e scarpette da ginnastica e scese in strada. L’aria era fredda e frizzante, intorno la città dormiva e anche se erano le tre del mattino si mise a correre di buona lena. Correre, correre e ancora correre. Farlo fino ad avere il fiato corto e la testa che gira. Far girare velocemente le gambe pensando al viale di ingresso nello stadio, all’applauso della folla, alla leggerezza che improvvisamente avverti nel corpo e nello spirito insieme alla felicità per l’impresa compiuta. Questo era nella testa di Paolo in quella notte fredda; aveva deciso che mantenere il corpo in forma gli sarebbe stato d’aiuto anche per la mente. Correndo arrivò davvero allo stadio, ma a quell’ora certamente non avrebbe trovato nessuno, continuò a girare attorno al muro perimetrale quando appoggiandosi al cancello di un’entrata di servizio lo sentì cedere. Forse un custode lo aveva distrattamente lasciato aperto; non seppe resistere alla tentazione ed entrò. Correva leggero lungo la pista di atletica e sentiva l’applauso dei suoi tifosi e quando fu sotto alla curva nord vide chiaramente lo striscione che il club ‘I Fedelissimi’ aveva dedicato alla sua bambina dicendo che tutti la stavano aspettando, così seguì l’istinto e si diresse verso una delle porte rispondendo all’applauso del pubblico. Quando fu fra i pali sentì la mente concentrata verso la palla e l’avversario che cercava di venire avanti per segnare il gol; lui rimase concentrato, organizzava la difesa e insieme ai compagni di squadra riusciva a rispondere colpo su colpo ad un nemico determinato e scaltro. Ormai la partita volgeva al termine quando un lungo lancio degli avversari finì direttamente fra le sue braccia, vide immediatamente l’altro portiere al limite dell’area e decise di provarci. Si preparò a un lungo rinvio, la palla colpita perfettamente si alzò altissima e cadde vicina al portiere ma dove non poteva prenderla con le mani. Il rimbalzo lo scavalcò e la sfera finì in fondo al sacco. Riuscì a sentire il boato del pubblico mentre veniva sommerso dagli abbracci dei compagni di squadra.