Cormòns
sabato 1 agosto 2015
In occasione
della XII Convention
e Incontro Annuale dei
Friulani nel Mondo
st
1
strolic
strolic
Pietro Zorutti
(1792-1867)
s t r o l i c mus
i dodici mesi dell’anno cor
AlmAnAcco in musicA dire
Pietro Zorutti
Pietro Zorutti
(1792-1867)
(1792-1867)
da un’i
musica
valter
sivilotti
lic
musica
valter
sivilotti
s tsrtorlo
ic
coro
natissa
aquileia
i dodici
mesi
dell’anno
coro
natissa
aquileia
dodici
mesi
dell’anno
direttore
Bonutti
AlmAnAcco
in musicA
direttore
lucaluca
Bonutti
AlmAnAcco
in musicA
COMUNE DI CORMONS
d a u nd
’id
a nd’ ii dleuac A
aeu
d i BlouncuAt tBi o n u t t i
La fortuna di aver incontrato,
nel percorso di “Strolic”,
degli splendidi compagni di viaggio:
ed ecco che
un sogno si realizza
✔ Penso a Valter Sivilotti, magistrale e raffinato musicista, figlio del
Friuli artistico più nobile;
✔ a Omero Antonutti,
impareggiabile voce e generoso
dispensatore di preziosi consigli;
✔ ai coristi del Natissa, inossidabili e fidati sostenitori;
✔ a Sebastiano Zorza, Marko Feri,
Mauro Meroi, Dorina Leka, straordinari musicisti;
✔ a Dario Caroli, unico, prezioso
ed insostituibile amico, nonché valoroso e infaticabile professionista;
✔ a Stefano Amerio, autentico
mago dell’arte del mixaggio;
✔ a Omero Cominato, Caterina
Croci, Michel Snidaro, Giacomo
Bonutti per l’infaticabile collaborazione;
✔ a Barbara Sandri, Mary Pritchard, Elisabetta Pozzetto, David
Giovanni Leonardi, per i testi, le
traduzioni, la recensione;
✔ a Ivana Battaglia e Roberto De
Nicolò, per la loro generosità e
fiducia;
✔ a William Cisilino, a Lorenzo
Fabbro;
✔ ad enti e associazioni,
agli sponsor, e a tutti gli amici
che con entusiasmo e slancio
hanno sostenuto il progetto
e resa possibile la realizzazione
di questo disco;
✔ all’amico Gianfranco Granbassi,
che con passione ha saputo convertire in realtà tutti i miei desideri.
✔ Infine, un pensiero colmo
di riconoscenza alla memoria di
Pietro Zorutti
(1792-1867)
strolic
ia dodici
mesi dell’anno
l m a N a c c o i N m U S i c a
P i e t ro Z o r u t t i
Senza il filo d’oro dei suoi versi
quest’opera non sarebbe nata.
Non ho c e rc at o lontano,
ho sol o asc ol t ato il cuore.
musica VA lt e r s i V i l o t t i
coro Natissa Aquileia
direttore l u c A B o n u t t i
“Quell’almanacco candido e arguto...”
d av i d G i o va N N i l E o N a R d i
4
La cultura friulana del Novecento ha più
volte atteso invano il suo epos musicale, un
progetto in grado di rappresentarla al massimo livello di interscambio artistico quanto
le opere nazionali romantiche; e se il primo
autentico melodramma in lingua friulana, i
Gespui furlans di Franco Escher su libretto
di Libero Grassi, cadde ancor prima di raggiungere la scena, avendo lo scrittore smarrito l’intero materiale manoscritto nel 1928
dopo un’anteprima in forma ridotta tenutasi
a Palmanova tre anni prima, non migliore
sorte toccò alla favola lirica Barbe Basili e
il paradîs su libretto friulano di Lea D’Orlandi, musica di Ezio Vittorio, che riscosse
unanime consenso soltanto in traduzione
tedesca negli allestimenti dello Stadttheater
di Klagenfurt, risalenti all’aprile 1954.
Dovranno passare ancora sessant’anni
prima di approdare a Strolic, creazione
fors’anche più significativa delle precedenti in quanto capace di confrontarsi con
un corpus poetico friulano altamente rappresentativo, quell’almanacco candido e
arguto pazientemente compilato per oltre
quattro decenni da Pietro Zorutti, corpus
tanto vasto, multiforme e coerentemente
dipanato da farsi contemporaneamente la
raccolta completa dei suoi versi.
Il radicale mutamento delle prospettive
stilistiche ed estetiche della musica d’oggi
non impediscono all’Almanacco in musica
di Valter Sivilotti di farsi, quanto i passati
progetti, testimonianza di un attento confronto con i linguaggi sonori contemporanei e, contemporaneamente, veicolo di
un’attitudine comunicativa squisitamente
friulana, all’insegna di un istinto creativo
attento a quella dimensione schiettamente
popolaresca che perpetua l’immagine di
tanta nostra eccelsa letteratura corale; senza
contare, aggiungeremmo volentieri, quanto
la letteratura musicale di ogni tempo abbia
abbracciato volentieri la descrizione del
trapassare delle stagioni mantenendosi, al
contrario, cautamente lontana da ben più
ambiziosi progetti legati al volgere dei mesi
dell’anno.
Giunta a compimento inesorabile, e per
motivazioni di agevole intuizione, la profezia schöberghiana sulla fine delle grandi orchestre sinfoniche, quale tramite, in
particolare, di moderni contenuti e pluridirezionali messaggi, al gruppo corale
maschile, simbolo inequivocabile di una
storia tutta friulana, vengono affiancate tre
voci strumentali che sembra difficile concepire disgiuntamente dagli interpreti per
i quali sono state confezionate, voci che si
compenetrano amabili con le trame corali
liricamente nostalgiche ma scevre da facile
sentimentalismo, in ciò eredi di una sensibilità musicale austera e riservata consegnata
in eredità dalle luminose vicende della villotta, soltanto a tratti opponendovisi - e la
sapienza antica del descrittivismo in musica
non poteva di certo a tale proposito lasciare
inosservate le tumultuose visioni temporalesche di maggio e di luglio - con entusiasmante furore virtuosistico.
Lo snodarsi zoruttianamente arguto e pacato dei mirabili dodici quadri musicali, tuttavia, sa mantenersi sapientemente lontano
tanto da anacronistiche e manierate tentazioni alla reviviscenza folklorica, quanto
da deliziosa vanitas raveliana o da sguardi
iperbolici stravinskijanamente gettati sulle
più disparate voglie musicali; il complesso
universo sonoro novecentesco, e in particolare quello legato alla musica cosiddetta
leggera o popolare, nel linguaggio di Valter
Sivilotti è realmente in grado di farsi testi-
mone del mondo, del bello e del tremendo
della contemporaneità a preconizzare le
profezie sottese all’estetica mahleriana,
proprio in quanto il compositore rivive con
trasparenza sincera e mai disgiunta da gusto
nobilmente levigato per la perfezione del
dettaglio, i linguaggi che da sempre lo accompagnano nella sua esperienza di creatore e ricreatore di suoni e nella lungimirante
disposizione all’avveduta apertura sensoriale e razionale nei confronti della molteplicità e delle specificità che animano il magmatico universo musicale contemporaneo.
In tal modo, nei disincantati valses parigini,
nelle graffianti marce del cabaret berlinese,
nelle stilizzazioni minuziosamente ricercate tra le infinite sfaccettature dell’universo
ritmico sudamericano alla ricerca dei segreti del loro pulsare, e nell’incanto magicamente attonito di quella Gnott d’avril che,
primo, Arturo Zardini volle rivivere con
una delle sue melodie indimenticabili e al
cui fascino - alla luce di un ricercato procedere armonico che la canzone d’autore ha
mutuato dal jazz - non ci si può sottrarre, il
più autentico spirito della vocalità friulana
di ieri e di oggi può ritrovare un accogliente e rassicurante contorno e immergersi nel
macrocosmo della World Music quale sua
nobile, vivida e tenace testimonianza.
“ascoltare il rumore delle stagioni”
"listening to the sound of seasons"
BaRBaRa SaNdRi
(traduzione di M a R Y P R i t C H a R d )
“Stroligh” è un termine che deriva dal latino “astrologus” e che nel tempo ha subito
un processo di degradazione semantica nei
vari dialetti italiani: significa letteralmente
astrologo. Nella versione lombarda e veneta “stroleg” significa anche uomo strano,
lunatico, fantastico.
Stroligh is a term which derives from the
Latin astrologus and has been subjected to
semantic degrading in various Italian dialects: literally it means astrologist. Stroleg,
in the Lombard and Venetian version, also
means a strange, lunatic or magic man.
Potrebbero essere queste le caratteristiche e
il temperamento di Pietro Zorutti, poeta del
Friuli per antonomasia, che allo Strolic ha
dedicato molta parte della sua produzione
letteraria: autore dalle straordinarie peculiarità, acutissimo osservatore dell’uomo,
eccellente e arguto antropologo del popolo friulano. Lo Strolic Furlan (“l’Astrologo Friulano”) è una sorte di almanacco, o
meglio, un calendario composto in forma
poetica. Zorutti ne scrisse svariati, in molte edizioni diverse, per un totale di 23 nu-
These could have been the characteristics
and temperament of Pietro Zorutti, known
as the poet from Friuli, who dedicated a
great part of his literary production to the
Strolic: an author of extraordinary qualities, an attentive and acute observer of man
and especially of the people from Friuli.
The Strolic Furlan (the astrologer from
Friuli) is a form of almanac, or better
still a calendar produced in a poetic form.
From 1821 to the year preceding his death
in 1866, Zorutti wrote various versions in
many different editions, published at first
5
meri, pubblicati inizialmente ogni tre anni,
successivamente con frequenza annuale,
nel periodo compreso tra il 1854 e il 1862.
L’ultimo numero uscirà nel 1866, l’anno
prima della sua morte.
Sono delle vere e proprie collezioni di poesie, dedicate ai dodici mesi dell’anno, percepiti nel loro perenne ripetersi nel tempo,
raccontati nel loro mutevole e soggettivo
carattere; preziosi concentrati di saggezza
ed esperienza popolari, dove l’autore ha
saputo fondere eleganza letteraria e acuta capacità di analisi della natura umana,
unendole alla forza dell’uomo comune, del
contadino che sprofonda le mani nella terra
odorosa e la sa ascoltare, scoprendone segreti e profumi.
6
Nei versi si percepiscono le stagioni che
scorrono e che ritmicamente segnano il
quotidiano dell’uomo friulano, nel loro
eterno fluire, nel loro immutabile ricorrere. I mesi escono dalla penna di Zorutti e
prendono vita, trasformandosi in personaggi vivi e pulsanti, quasi umani, assumono
colori originali, inconsueti, si fanno avanti
in modo scanzonato, variopinto, accattivante, mai banale. Ed è lui stesso a suggerirci
la prima nota musicale, è lui stesso a farla
sovrapporre alla poesia con un incastro perfetto e naturale, perché la sua poesia è già
musica.
Vi è la convinzione che le idee non nascono
per caso, Proust affermava che “la creatività non sta nel trovare nuovi paesaggi, ma
nell’avere occhi nuovi”. È bastato guardare
con curiosità quello che abbiamo da sempre sotto i nostri occhi, il patrimonio della
nostra cultura popolare, ricco e spontaneo,
tutto da scoprire.
È bastato sfogliare un libro di poesie, è bastato fermarsi a leggerle e innamorarsene.
È bastato pensare di realizzare un sogno:
quello di poter ascoltare il rumore delle
stagioni.
I temi del progetto si condensano nei concetti di tempo, tradizione, musica, poesia.
every three years and subsequently on an
annual basis.
These are some authentic collections of poetry, dedicated to the twelve months of the
year, perceived in their perpetual repetition
in time, related through their mutable characters; precious concentrations of wisdom
and universal experience where the author blends literary elegance and a sharp
analytic capacity of human nature, identifying himself with the sincerity of the common man, the agricultural worker who sinks his hands into the soil, listening to it and
discovering many secrets and perfumes.
In his verses we can see the passing of the
seasons which rhythmically reveal, through
their increasing drift and unchanging, the
daily life of the man from Friuli.
The months flow from Zorutti’s pen and
come to life transforming themselves into
living and breathing characters, almost
human, they take on original colours, unusual, they come forward in an easygoing
captivating and colourful, though never banal, way. And it is he himself who suggests
the first musical note, and he himself who
makes it overlap the poetry like a perfect
and natural puzzle, because his poetry is
even now music.
Listening to the sounds of the seasons: it is
this, the simple and spontaneous approach
that gave birth to the Coro Natissa’s Strolic, the idea to bring music and real genuine poetry closer together, the idea to give a
sound effect to the seasons.
Born from an idea of Maestro Luca Bonutti,
Strolic has now become music thanks the
compositive work of the Maestro Valter Sivilotti, who skillfully inserted into it whole
a male voice choir, the traditional musical
means belonging to the folklore, a piano
accordion, a guitar and a double bass, all
instruments pertaining to popular music
but here their virtuoso potentialities being
wisely used, and last but not least a solo
voice and a narrator.
Tempo: inteso come misura astratta, nel
contesto della vita come ciclo che si ripete. Tradizione: identità e radici della nostra
terra, ricerca dell’appartenenza, riscoperta
delle cose che troviamo nel luogo della terra dove il destino “decide” di farci nascere e
vivere. Musica e poesia: motori per fondere
parole e note.
Ascoltare il rumore delle stagioni: è questo l’approccio semplice e spontaneo che
ha fatto nascere lo Strolic del coro Natissa,
l’idea di accostare la musica ad una poesia
vera e genuina, l’idea di dare un effetto sonoro alle stagioni.
Nato da un’idea del maestro Luca Bonutti,
Strolic è diventato musica grazie al lavoro
compositivo del maestro Valter Sivilotti, che ha inserito nell’organico un coro
maschile, filologicamente mezzo canoro
appartenente al folclore di tradizione, fisarmonica, chitarra e contrabbasso, tutti
strumenti legati alla musica popolare ma
sapientemente utilizzati nelle specifiche
potenzialità virtuosistiche, ai quali si aggiungono una voce solista e un narratore.
Strolic è un invito all’ascolto del rumore
della nostra terra, della nostra natura.
E ad ascoltare ci sarà il bambino che è in
ognuno di noi, quel bambino che si nascondeva sotto le coperte per paura del temporale che rumoreggiava in lontananza, con
il brivido che percorre il corpo quando il
freddo dell’inverno è alle porte. Ma ci sarà
anche l’uomo che sa commuoversi, stupito
e attonito di fronte alla natura che esplode
in primavera in tutta la sua potenza nel momento del grande risveglio: l’emozione dei
sensi che percepiscono e ascoltano la forza
e la bellezza dell’universo intero.
There is the belief that ideas do not just
happen, Proust affirms that “Creativity is
not finding new panoramas, but having new
eyes”.
It was enough to look with curiosity at what
we have under our noses, the patrimony of
our popular culture, rich and spontaneous,
all to be discovered. It was enough to look
through a book of poems, then stop to read
an fall in love with them. It was enough to
think about realizing a dream: that of listening to the sound of the seasons.
The themes of the project condense into
the concepts of time, tradition, music and
poetry.
Time seen as an abstract measure, in the
context of life as a cycle that renews itself;
tradition in the sense of identity, research
of belonging, rediscovery of our own things
from the place that destiny “allocate” for
our birth and life; and music and poetry are,
in short, motors that fuse words and notes.
Strolic is an invitation to listen to the voice
of our earth, of our nature. And listening
will be the child in each of us, that trembling child, who used to hide under the
blankets, fearful of the storms that rumbled
in the distance when the cold of the winter
drew near. But there will also be the man
who can be moved, amazed and astonished
at the sight of nature exploding, with all
its power, in Spring, the time of the great
awakening: the emotion of the senses which
perceive and listen to the force and beauty
of the entire universe.
7
il coro “Natissa” Aquileia
il coro “Natissa” Aquileia
8
Nato nel 1983 a voci maschili, il Coro Natissa Aquileia conta oggi quaranta coristi.
Dal 1995 il maestro Luca
Bonutti ha intensificato lo
studio della tecnica vocale e
ampliato il repertorio della
polifonia sacra e profana con
nuovi programmi di canto
popolare, esecuzioni di opere
di autori contemporanei e diverse incisioni discografiche.
Il Coro si dedica allo studio di opere monografiche
dell’Ottocento, collaborando
frequentemente con formazioni orchestrali, artisti e
solisti di livello: un impegno
che gli ha consentito di esibirsi in importanti concerti e
rassegne in Italia e all’estero.
Le due rassegne annuali organizzate ad Aquileia
nell’ambito del progetto Vocalizzo Italiano sono ormai
appuntamenti
tradizionali
nel panorama culturale locale e rappresentano un importante momento di scambio
con altri cori nazionali e internazionali.
Il repertorio comprende canti
popolari del patrimonio friu-
lano, nazionale e internazionale. Quello sacro include
opere di autori classici e di
compositori regionali.
Polifonia popolare
Brani friulani, gradesi e giuliani con particolare interesse per le nuove composizioni di autori contemporanei
dell’ambiente musicale regionale.
Dal 2006 al 2013, il coro ha
riproposto al pubblco, con
i concerti “L’epoca d’oro
della radio” e “Quando la
radio”, le più belle canzoni
della tradizione musicale italiana, riscuotendo eccezionale successo di pubblico e di
critica. Il tour concertistico
di questo spettacolo ha già
registrato 38 repliche.
Polifonia sacra
Il repertorio riunisce numerosi progetti musicali
che hanno ottenuto ottimi
riscontri di critica e di pubblico. Tra gli ultimi progetti: Deuxième Messe di C.
Gounod, Missa solemnis
di C.A. Seghizzi, Messa
di Santa Cecilia di Jacopo
Tomadini, Vespergesang di
Felix B. Mendelssohn.
Nel 2013 il Coro ha registrato trent’anni di attività e
la Comunità di Aquileia gli
ha conferito l’Aquila d’Oro
2013 “... per aver contribuito a diffondere con ottimi
risultati il nome di Aquileia
a livello nazionale e internazionale”.
Per festeggiare il suo trentennale, il Coro ha presentato al
pubblico Strolic - almanacco
in musica, una composizione dedicata ai dodici mesi
dell’anno. Il debutto nell’ambito della manifestazione internazionale Mittelfest 2013
a Cividale del Friuli ha ottenuto un ottimo successo di
pubblico e di critica. Con la
riproposizione di Strolic nel
successivo concorso Corovivo 2013 a Trieste, il Coro
Natissa è stato pluripremiato
con la qualifica di “coro di
eccellenza” e con l’attribuzione al proprio maestro del
“premio speciale per l’originalità della proposta”.
La sede del Coro Natissa è ad Aquileia
(Ud), in Via Giovanni Minut.
La sua attività può essere seguita nel
sito www.coronatissa.org
Primi teNori
Danilo Anzanel, Alturo Bertoldi, Fiore Boccalon, Fabio Cecchetto,
Federico De Fabrizi, Stefano Portolan,
Giuseppe Sfreddo, Michael Snidaro, Aldo Tortolo
SecoNdi teNori
Giuseppe Colla, Paolo Di Monte, Valter Facchinetti, Pietro Giacinto,
Paolo Moos, Luciano Moos, Paolo Polo,
Matteo Vindigni, Cristiano Zampar, Adriano Zentilin
BaritoNi
Andrea Bertossi, Giacomo Bonutti, Luca Cambi, Stefano Fiscal,
Odilio Franco, Luigi Goat, Roberto Ormelese, Sergio Puntin,
Luciano Sverzut, Franck Tomasini, Claudio Vazzoler
BaSSi
Enzo Antonelli, Nicola Bass, Omero Cominato, Alberto Facchinetti,
Gianluca Fontana, Adriano Negrini,
Rudi Puntin, Alessandro Scaramuzza, Silvano Vazzoler
Strolic gli artiSti
SebaStiano ZorZa
10
Si forma presso la scuola
del maestro Flocco Fiori,
perfezionandosi
successivamente con i migliori concertisti e didatti
dello strumento.
Si impone in diversi
concorsi nazionali e
internazionali come solista
e in gruppi da camera,
ottenendo sempre i primi
premi. La sua attività
concertistica lo ha portato
ad esibirsi in Francia,
Belgio, Olanda, Germania,
Canada, Croazia, Slovenia,
Austria, Serbia, Svizzera,
Russia, Lettonia, Estonia e
Giappone.
Ha tenuto due seminari
sulla tecnica e il repertorio della fisarmonica al
Conservatorio “Tomadini”
di Udine.
Considerevole la sua
partecipazione nelle più
importanti opere di Astor
Piazzolla, oltre ad altrecollaborazioni, anche in qualità di solista, con gruppi
cameristici e orchestre. Numerose le esibizionianche
come solista in vari teatri,
Premio internazionale città
di Castelfidardo e in vari
festival fisarmonicistici
internazionali. Più volte
invitato a rappresentare prime assolute con composizioni per gruppi da camera
fisarmonica e orchestra e
fisarmonica e coro per lui
scritte dagli autori.
È particolarmente attivo
nella produzione disco-
marko Feri
Nato a Trieste, ha intrapreso
lo studio della chitarra diplomandosi al conservatorio
“Tartini”.
Durante gli anni di studio
ha ottenuto importanti riconoscimenti in vari concorsi
nazionali e internazionali
per giovani concertisti. Si
è poi perfezionato in varie
masterclasses.
Ha tenuto concerti in rassegne e festivals internazionali. È risultato vincitore
del Premio “L. Caraian”
grafica con più di quaranta
incisioni e registrazioni
radiotelevisive per Rtv
Slo1, Rtv Slo2, Rai Radio
Televisione Italiana, Radiotelevisione Giapponese,
Rtv Zagreb, Rtv Serbia e la
Radiotelevisione Canadese.
Socio fondatore dell’associazione Canzoni di Confine
di Trieste, che ogni anno
premia giovani musicisti ed
artisti triestini, ha ottenuto
il secondo premio al concorso internazionale “F.
Sor” di Roma ed il terzo
al “N. Fago” di Taranto.
Numerose sono inoltre le
sue presenze in diverse
formazioni cameristiche con
una fitta attività concertistica in importanti manifestazioni e festival musicali.
È docente di chitarra presso
la Scuola musicale Glasbena Matica “M. Kogoj” di
Trieste e tiene numerose
masterclass e seminari in
Italia, Slovenia, Croazia.
All’attività concertistica e
didattica affianca collaborazioni periodiche con la Rai.
Ha curato un’antologia
di musiche per chitarra di
autori sloveni.
È inoltre ideatore
e direttore artistico del
Festival Internazionale Chitarristico “Kras” (Slovenia).
vamente con l’orchestra
di fiati “Corpo Bandistico
Musicale Città di Cividale
del Friuli” in qualità di direttore artistico e musicale
e di coordinatore dei corsi
musicali e della musica
d’assieme.
mauro meroi
Nato a Udine nel 1963 si
è diplomato in contrabbasso al conservatorio di
Castelfranco Veneto con il
massimo dei voti, sotto la
guida del Maestro Franco
Marzorati.
Già durante gli studi l’attività musicale è stata intensa: come solista
di contrabbasso e come orchestrale in varie formazioni sinfoniche o da camera.
Dopo gli studi ha privilegiato l’attività di contrabbassista freelance, collaborando con varie orchestre
sinfoniche e cameristiche
eseguendo concerti sia in
Italia e in Europa (Musikverein di Vienna) e avendo
la ventura di suonare con
solisti come Mstislav Rostropovic, Misha Maisky,
Severino Gazzelloni, Rocco Filippini, Alain Meunier, ma anche con cantanti
e gruppi di musica leggera
e rock come Antonella
Ruggiero, Alice, Gigliola
Cinquetti e New Trolls.
Si dedica alla trascrizione
di brani per contrabbasso e
pianoforte e per contrabbasso e orchestra.
Dal 1989 collabora atti-
Dorina Leka
omero antonutti
Attore e doppiatore.
Noto al grande pubblico
soprattutto per la sua
attività di doppiatore, ha
dato la voce a importanti
interpreti internazionali.
Voce narrante in film come
“La vita è bella” e “Il mestiere delle armi”, è stato
continuativamente attivo
anche come attore. Tra le
sue interpretazioni: Padre
padrone (1977); La notte di
San Lorenzo (1982); Kaos
(1984); Un eroe borghese
(1995); I banchieri di Dio
(2002); La ragazza del
lago (2006); Miracolo a
Sant’Anna (2008).
Cantante e cantautrice di
origini albanesi, cresciuta a Trieste e residente
attualmente a Monaco
di Baviera, dove studia.
Suona il pianoforte, ha
frequentato il conservatorio
per otto anni, e l’arpa celtica e ama tutta la musica.
Inizialmente il pop, il musical e la musica leggera,
successivamente l’heavy
metal, il dark, il gothic, il
black metal, lo stoner rock,
la musica celtica e la lirica.
Nel 2010 ha partecipato
anche alla trasmissione
televisiva X Factor con
indiscussi risultati di critica
e di pubblico.
Senza pregiudizi, con curiosità ed apertura mentale,
la continua sperimentazione e l’intensa attività concertista le hanno permesso
di essere vocalmente versatile, consentendole così
di lavorare efficacemente
sia dal vivo che in studio di
registrazione.
11
V a Lt e r S i V i L o t t i
12
Ha studiato pianoforte e
composizione presso il
conservatorio “Tomadini”
di Udine.
Da qualche anno si
dedica a un lavoro di (ri)
composizione collaborando con artisti provenienti
dal mondo della canzone
d’autore: Silvio Rodriguez,
Sergio Endrigo, Edoardo
De Angelis, Rossana Casale, Tosca, Nicola Piovani,
Giorgio Conte, Bruno
Lauzi, Omara Portuondo,
Ron, Elisa, Antonella
Ruggiero, Alice, Milva,
Francesco Di Giacomo,
Amedeo Minghi, Alberto
Fortis, Sergio Cammariere,
Luca Barbarossa, Neri
Marcorè. Ha collaborato
con istituzioni musicali di
spessore mondiale, italiane,
europeee e d’oltreoceano.
Ha scritto le musiche per
“La variante di Luneburg”.
Il balletto con musiche
originali “Voglio essere
libero” commissionato dal
Mittelfest è stato presentato in prima assoluta il
22 Luglio 2009 in piazza
Duomo a Cividale, risultando vincitore del “Premio
Anita Bucchi” come
miglior musica per balletto
2009. Ha scritto le musiche
per lo spettacolo teatrale
“Metti in salvo il tesoretto”
e gli arrangiamenti per il
Memorial Katia Ricciarelli. Le sue musiche hanno
accompagnato l’evento
“Ogni muro prima o poi
cade”.
È docente presso il conservatorio “Duni” di Matera.
LuCa bonutti
Inizia giovanissimo la
sua attività di maestro di
coro, contemporaneamente
allo studio del pianoforte.
Nel 1984 è vincitore del
Concorso nazionale Cori
Alpini alle Armi: primo
premio assoluto con il coro
Brigata Julia.
Le sue esperienze
maturano rapidamente
grazie ai periodici corsi
di approfondimento e di
perfezionamento sotto la
guida di docenti di fama
internazionale.
Tutto ciò gli consente di affrontare repertori eteroge-
nei con l'esecuzione di opere
inedite in diretta sinergia
con compositori contemporanei. Collabora attivamente
con formazioni orchestrali
di eccellente livello, affrontando repertori di musica
sacra che spaziano dalla
barocca alla contemporanea,
nella veste di maestro di
coro e di direttore d'orchestra, con un attivo di
numerosi concerti in Italia
e all'estero, incisioni discografiche, riconoscimenti e
premi ottenuti in concorsi
nazionali e internazionali.
Parallelamente all'attività direttoriale si dedica a quella
concertistica, con importanti
esecuzioni come pianista
accompagnatore e come
voce solista, conseguendo
brillanti consensi di di critica e di pubblico.
È ideatore e direttore artistico dei progetti “L'epoca
d'oro della radio” e “Quando la radio...”, itinerari nei
primi anni della radiodiffusione, brillantemente
riproposti in registrazioni
discografiche e radiotelevisive.
Nel 2013, nel prestigioso
ambito internazionale di
Mittelfest, è ospite con il
progetto inedito Strolic,
opera etnico-musicale da lui
ideata e realizzata.
Recentemente la Comunità di Aquileia gli assegna
il premio “Aquila d’oro
2013”, “... per l’attivismo e
la dedizione dimostrati nel
suo lavoro a favore del canto corale e dell’immagine di
Aquileia”.
PiEtRo ZoRutti
Lonzano del Collio, 27 dicembre 1792 – Udine, 23 febbraio 1867
Strolic
i
dodiCi MESi dEll ’ aNNo
- alMaNaCCo
iN MuSiCa
Traduzione italiana con testo originale a fronte
Strolic i dodici mesi dell’anno
Registrazione
effettuata nel febbraio 2014
nell’Auditorium Comunale
di Precenicco (ud)
Ze nâr
Gen n a i o
Fisse fisse une fumate
No si viôt da ca a là:
Chest 'l è un timp che si barate
E al finìs cul neveâ.
Una nebbia fitta fitta
Non si vede da qua a là:
Questo è un tempo che muta
E finisce col nevicare.
Tramontan passe in rassegne
Ducj i nûi di sô rason,
E po dopo ju consegne
A Siroc... Starìn benon!
La tramontana passa in rassegna
Tutte le nuvole di sua competenza:
E poi dopo le consegna
Allo scirocco… Staremo benòne.
Plen di poleçs,
Cul nâs gotant,
Vendint sorbets,
Ven indenant
Unviar poltron;
E si sdrauache
Sul caregon.
Subit al tache
Cun nêf e buere;
Fodrât di nûl
'L è une glacere
Dut il Friûl.
Pieno di geloni
Col naso gocciolante
Vendendo ghiaccioli
Avanza
L’inverno pigrone,
E si stravacca
In poltrona.
Subito incomincia
Con neve e bora;
Con il cielo avvolto di nubi
È una ghiacciaia
Tutto il Friuli.
Ai vût i grancj reclams cuintri il soreli
Disin che al sei fat vieli;
Che al jeve tart e tart al va al ufizi;
Che ogni tant a si tire in ombrenûl
Sot cualchi bâr di nûl;
E ben che al vanti il zelo pal servizi,
Fin che al dure l'orari
Pâr che al stei su lis spinis,
E al va a durmî cuan' che van lis gjalinis;
Ma 'l è po pront a scuedi il so salari.
Di ca indevant olìn vedele biele
Lassait intric a mi:
'L à di lâ sot al lusôr di cjandele
E scalçâ sù dôs oris denant dì.
Ho reclamato molto contro il sole
Dicono che si sia fatto vecchio;
Che si alza tardi e tardi va al suo dovere;
Che ogni tanto si nasconde
Sotto qualche cumolo di nubi;
E benchè mostri zelo per ciò che fa,
Finchè dura l’orario
Pare che stia sulle spine,
E va a dormire con le galline;
Ma è poi pronto a pretendere il suo salario.
D’ora in avanti ne vedremo delle belle,
Lasciate a me l’impiccio:
Deve calare a luce di candela
E sorgere due ore prima che faccia giorno.
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16
F evrâr
Febbraio
Chel puar diaul di Soreli,
Mieç imbramît e vieli,
Biel dismontant di jet uê a pene dì,
'L è colât a bot plen in canisele,
Nissun si è mot; e lui al è ancjimò li!
Quel povero diavolo di sole,
Mezzo intirizzito e vecchio,
Appena sceso dal letto oggi all’alba,
È caduto in pieno nella stretta del letto.
Nessuno si è mosso; e lui è ancora lì!
Lune plene rebechide,
Cun Garbin je cûl cusît:
Cu la muse ingrisignide
Il soreli jes dal nît,
E par tant che si capìs
Cussì Unviar no la finìs.
Luna luna stizzosa
Col garbìno (libeccio) è culo e camicia,
Con la faccia intirizzita
Il sole esce dal nido,
E da quanto si intuisce
Così l’inverno non finirà.
E no son novitâts; al tire vie
Un timp nulât e di malinconie.
Non ci sono novità; incombe
Un tempo nuvoloso e maliconico.
Jeve la lune plene,
Al è ros a ponent;
Il cîl a si serene
Intun moment.
Si alza la luna piena,
È rosso a ponente;
Il cielo si rasserena
In un istante.
Poltron il soreli
Nol fâs che durmî;
Si viôt che 'l è vieli
E stuf di servî.
Il sole, poltrone,
Non fà che dormire;
Si vede che è vecchio
E stufo di servire.
Se i pese il servizi
Che al vadi in pension!...
Siôr no, che l'ufizi
I pâr che i dei ton.
Se gli pesa il servizio
Vada pure in pensione!...
Signor no, servire
Gli sembra che gli dia un tono.
Dei altris sorei
La pensin cussì;
Son stupits, son viei,
Ma uelin stâ li.
Alcuni altri soli
La pensano così;
Sono stupidi, sono vecchi,
Ma vogliono restare lì.
Se i saltàs di neveâ
Ce varessino di fâ?
M'insegnavin i puars viei
Mangjâ ben e bevi miei.
Se si decidesse a nevicare
Cosa dovremmo fare?
M’insegnavano i poveri vecchi
Mangiare bene e bere meglio.
La lune è fate - finìs il mês,
Il timp va vie - di mâl in piês:
Tontoni e sberli - no soi scoltât;
No ai plui sul timp - autoritât;
Ma il cuart che ven - olìn sperâ,
Che cualchi sant - mi judarà.
La luna è piena – finisce il mese,
Il tempo cambia – di male in peggio;
Insisto e alzo la voce – non sono badato;
Non ho più sul tempo – autorità;
Nel quarto che viene – vogliamo sperare,
Che qualche santo – mi aiuterà.
Cun cuatri dêts di mufe
Jes fûr la lune plene;
Siroc i met la scufe,
Garbin je sfolmene...
Indizis di montane
Dentri 'ste setemane.
Con quattro dita di muffa
Esce la luna piena;
Scirocco le mette la cuffia,
Garbìno gliela scompiglia…
Avvisi di piene
Entro la settimana.
Mar ç
Ma rzo
Primevere si presente
Cu la muse ingrisignide;
'L è garbin che la spavente
E par chest a no si fide
Di dâ fûr come vorès;
E fratant a sta in ricès
Primavera si presenta
Con il viso intirizzito
È il garbìno che la spaventa
E per questo esita
A sbocciare come vorrebbe;
E nel frattempo sta al riparo
Son lis stelis fissis fissis
Lûs la lune, e pâr d'arint
Duar Netun, al tâs il vint:
Oh, ce gnot di Paradîs!
Le stelle sono fitte fitte
Splende la luna, e sembra d’argento
Dorme Nettuno, tace il vento:
Oh, che notte di Paradiso!
E mi pâr che l'atmosfere
Vebi odôr di Primevere.
E mi sembra che l’atmosfera
Abbia sentore di primavera.
Primevere ven in sene
A lusôr di lune plene
Primavera entra in scena
Allo splendore della luna piena
Primevere è su la puarte:
Salte fûr la lisiarte,
Cirche l'ore di misdì
Va cucant pa buse il grì,
Su pai prâts son i çupets
Che distirin i sghirets,
Primavera è sull’uscio:
Salta fuori la lucertola,
Verso l’ora di mezzogiorno
Va guardando dal buco il grillo;
Su per i prati ci sono le cavallette
Che stendono le zampette;
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Slungje il cuel, su pal cison,
S'intortole l'urtiçon,
E da pît je la viole
Odorose che console;
‘L è za in flôr il mandolâr,
Al à i pindui il noglâr,
E a la fin je la nature
Dute cuante in bolidure,
E no si po plui tignî dûr
Sint bisugn di rompi fûr.
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Allunga il collo verso la siepe,
S’attorciglia il luppolo
E sotto c’è la viola
Che rigenera col suo profumo;
È già in fiore il mandorlo,
Ha gli amenti il nocciuolo,
E alla fine è la natura
Tutta quanta in ebollizione,
E non può più tener duro:
Sente il bisogno di irrompere fuori.
Indurmidîts
In tei lôr nîts.
Addormentati
Nei loro nidi.
Claris chês stelis,
Clare chê lune!
Ah sês ben bielis!
Oh, ce fortune!
Ce gnot d'incjant
Par un amant!
Chiare quelle stelle
Chiara quella luna:
Ah! Siete proprio belle!
Oh, che fortuna
Che notte d’incanto
Per un amante!
Bella Rosina,
Speranza mia,
Vieni, mia cara,
Vieni con me?
Rosina, vieni…
Già ci vogliamo bene.
avrî l
aprile
Un' altre gnot di Avrîl
Un’altra notte d’aprile
Biele Rosine,
Speranze mê,
Venstu, ninine,
Venstu cun me?
Rosine ven;
Za si olìn ben.
La gnot s'imbrune:
Claris chês stelis
Clare chê lune!
Ah sês ben bielis!
Ce firmament
Dut risplendent!
Scende la notte scura:
Chiare quelle stelle
Chiara quella luna:
Ah! Siete proprio belle!
Che firmamento
Tutto risplendente!
'Ste gnot beade,
Prâts e taviele,
Flôrs e rosade,
La bavesele,
Il firmament,
Il cûr content;
Questa notte beata,
Prati e campagna,
Fiori e rugiada,
La bavisella,
Il firmamento,
Il cuore contento;
L'aiar cuiet...
Nome ogni tant
Un zefiret
Va svintulant
Rosis e flôrs
Di mil colôrs.
L’aria quieta;
Solo ogni tanto
Uno zefiro leggero
Va agitando
Rose e fiori
Di mille colori.
Doncje, Rosine,
Strenzimi al sen,
Biele ninine...
Cjâr il miò ben...
Tu dei miei dîs
Il paradîs!
Allora, Rosina,
Stringimi a te,
Mia cara!...
Caro il mio bene!...
Tu dei miei giorni
Il paradiso!
Je Primevere
Inamorade,
Svole lizere
Spandint rosade
Cu la zumiele
Par la taviele.
È Primavera
Innamorata;
Vola leggera
Spargendo rugiada
A piene mani
Per la campagna.
Dut nus invide
A fâ l'amôr;
Nus è di guide
Chest gran splendôr
Di lune e stelis
Simpri plui bielis.
Tutto ci invita
A far l’amore;
Ci fa da guida
Questo grande splendore
Di luna e stelle
Sempre più belle.
Cidin, cidin
Ven jù il roiuç;
Alì vicin
Son i uceluts
Zitto, zitto
Scende il rigagnolo;
Lì vicino
Ci sono gli uccellini
Gnot benedete,
Pal nestri cûr!
L'anime è nete,
L'amôr 'l è pûr...
Notte benedetta,
Per il nostro cuore!
L’anima è limpida,
L’amore è puro…
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'Ste gnot di Avrîl
E vâl par mil!
Questa notte d’Aprile
Vale per mille!
Bielis zornadis
E gnots steladis.
Belle giornate
E notti stellate.
Ma i
MaGGio
Chest mês 'l à un biel aspiet.
Al zire un zefiret
Che di matine e sere
E nus manten serene l'atmosfere;
E da un biel vert scjapizât,
Cun flôrs d'ogni colôr,
E je vistude la coline e il prât,
E dute la nature va in amôr.
Il cjant del rusignûl
Al ralegre il Friûl
E i mus beâts e fasin carnevâl,
Tan' ben che a lôr non scjât la prediâl.
Questo mese ha un bell’aspetto.
Soffia uno zefiro leggero
Che da mattina a sera
Ci mantiene serena l’atmosfera;
E di un bel verde chiazzato,
Con fiori d’ogni colore,
Sono vestiti la collina e il prato,
E in tutta la natura sboccia la passione.
Il canto dell’usignolo
Rallegra il Friuli
E gli asini beati fanno baldoria,
Perché a loro non scade la prediale.
Cospetazzo di bio ce brontolons!
Perdìo, che brontoloni!
E ce lamps! e ce tons!
Da par ducj i cjantons
Dan fûr a procissions
Nûi sore nûi di mil gjenerazions
Grandonons, grandonons,
E ducj cun veladons
Luncs in fin ai talons;
Si messedin fra lôr, si dan sburtons,
Inchins e repetons.
Jei ce lamps, e ce tons!
Rive la buiadice da Cormons,
La mandin chei Barons,
Siare e spalanche puartis e portons;
Servitôrs e parons
Spessein a fâ crosons;
Ur treme dut ce che àn intai bragons,
Sioris che scalzin cu lis convulsions,
Vielis che sufin des orazions,
E che lampi e che tuoni!
In tutti gli angoli!
Escono in processione
Nubi su nubi di mille schiere
Grandissime enormi,
E tutte con i giubboni
Lunghi fino ai talloni;
Si mescolano fra loro, si danno spintoni,
Inchini e riverenze.
Jèhi! Che lampi, e che tuoni!...
Arriva il temporale da Cormons,
Lo mandano quei Baroni,
Chiude e spalanca porte e portoni;
Servi e padroni
Si affrettano a farsi delle gran croci;
Gli trema tutto ciò che hanno nelle brache,
Signore che scalciano con le convulsioni,
Vecchi che continuano a pregare,
E fruts che vain cun tancj di lagrimons.
E saltin fûr e ragns e scorpions,
Famôs par dâ becons...
E ce lamps! e ce tons!
No son miche invenzions,
Nancje esagjerazions...
E si molin dal cîl ducj i cjalcons,
La ploe ven jù a brentons,
E sglonfe i spissulons,
E la Tor imburide a cavalons
Bat la sô strade senze oposizions.
Ise cussì parons?
E ce lamps e ce tons!
E bambini che piangono con tanto di lacrimoni.
E saltan fuori ragni e scorpioni
Famosi per dar becconi…
E che lampi, e che tuoni!
Non sono mica invenzioni!
Nemmeno esagerazioni…
E si allentano dal cielo tutti i tappi,
La pioggia viene giù a tinozze,
E gonfia le cascatelle
E il Torre impetuoso, coi cavalloni,
Si fa largo senza freni.
È così, signori?...
E che lampi e che tuoni!
Ju g n
Gi uGn o
Uê l'istât, come savês,
Impastane la bandiere,
E si pogn lunc e distês
Sul biel jet di Primevere
Oggi l’estate, come sapete,
Pianta la bandiera,
E si mette lunga e distesa
Sul bel letto della Primavera
Là sul racli la ciale
Intal cjant e fâs furôrs;
La pavee vistude in gale
Va balant a bussâ i flôrs.
Là sul ramo la cicala
Con il canto fa furori;
La farfalla vestita a festa
Va danzando a baciare i fiori.
I odolins issûts dal scus
Àn in cûr sô siore mari;
Cumò son fûr dal patùs,
Nol ocôr che jê s’afari.
I piccoli di allodola usciti dal guscio
Hanno nel cuore la loro signora mamma;
Adesso che sono svezzati,
Non occorre che lei si affaccendi.
O viôt cuaiis, o viôt pernîs
Pai agârs in confalon,
Lâ pensant un di chescj dîs
Di dâ 'e prole educazion.
Vedo quaglie, vedo pernici
Lungo i fossati fioriti di papavero,
Andare ragionando uno di questi giorni
Di dare alla prole un’educazione.
Viôt... sun chest ai dit avonde
E se us plâs voltìn discors:
Pûr che il timp vadi a seconde
Staran ben puars e siôrs...
Guardate… su questo ho detto abbastanza
E se vi va bene cambiamo discorso:
Purché il tempo sia favorevole
Staranno bene poveri e ricchi…
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Al met tante alegrie chest biel seren
Ch'ancje cun borse flape e si sta ben.
Mette tanta allegria questo bel sereno
Che anche con la borsa vuota si sta bene.
Viôt il soreli strac
Che al va a durmî tal sac,
Viôt la lune a jevâ
E fra i nûi a cucâ;
Siroc al à la smare...
La conseguenze è clare,
Si po tirâle sôi;
No ocôr di jessi in doi.
Guarda il sole stanco
Che va a dormire nel sacco,
Guarda la luna alzarsi
E fra le nuvole adocchiare;
Scirocco ha le paturnie…
La conseguenza è chiara,
Si può starsene da soli;
Non occorre essere in due.
Zornadis benedetis
Serenis e cuietis
Giornate benedette
Serene e quiete.
lu i
l uG l i o
Il rusignûl al tâs:
'L ûl gjoldi la sô pâs,
Insegnâ la creanze
A la sô fiolanze,
E nel ozi ogni tant
Lâ dant lezions di cjant.
Co al tâs il rusignûl,
Prin cantôr del Friûl,
Subit daûr no fale
Di tacâ sot la ciale,
Sot un soreli ardint
Sturnint la puare int.
Ancje culì in citât
Vin une cuantitât
Di feminis che son piês des cialis...
Nè 'l è câs di bonâlis.
L’usignolo tace:
Vuole stare in pace,
Insegnare la creanza
Alla sua figliolanza,
E nell’ozio ogni tanto
Lasciarsi andare dando lezioni di canto.
Appena tace l’usignolo,
Primo cantore del Friuli,
Subito dopo non manca
Di attaccare la cicala,
Sotto un sole cocente
Stordendo la povera gente.
Anche qui in città
Abbiamo una quantità
Di donne ben peggiori delle cicale…
Non c’è modo di tacitarle.
Ce scjafoiaç!
Cjadin i braçs;
Il cjâf al zire,
E no si sude,
No si respire
In nissun sît;
Se il timp nol mude
Che àfa!
Cadono le braccia;
La testa gira,
E non si suda,
Non si respira
In in alcun luogo;
Se il tempo non cambia
O soi finît.
Sono esaurito.
Come un cocâl
No viôt, no sint;
Mi dûl un câl,
Mi dûl un dint.
Vegnie 'ste ploie?
À pocje voe.
L'arie infogade
Da in cuant in cuant
Cualchi bugade;
Scûr 'l è Levant;
Ancje a Siroc
'L è cualchi floc,
E su balcon
Di tramontan
'L è un nuvolaç
In veladon
Di chei capaçs
O uê o doman,
Di fâ burlaç.
Vegnie 'ste ploe?
À pocje voe.
Come uno sciocco
Non vedo, non sento;
Mi duole un callo,
Mi duole un dente.
Viene ‘sta pioggia?
Ha poca voglia.
L’aria infuocata
Dà di quando in quando
Qualche ventata;
Scuro è a levante;
Anche a scirocco
C’è qualche fiocco,
E sul balcone
Posto a settentrione
C’è un nuvolone
Con la giubba
Di quelli in grado,
Oggi o domani,
Di scatenare il temporale.
Viene ‘sta pioggia?
Ha poca voglia.
Je lade in sene
La Lune Plene...
Al strisse un lamp,
Al pete un ton;
Vegnin in cjamp
In procission
Dei nuvolaçs
Par fâ burlaç.
Lampe di ca,
Tone di là...
Cualchi saete
Par barzelete …
Dut il Friûl
'Lè plen di nûl.
Corpo di Diane
E ce montane!
Trotin ciarts nûi
Blancs e pelôs...
È andata in scena
La luna piena…
Striscia un lampo,
Scoppia un tuono;
Scendono in campo
In processione
Dei nuvoloni
Per far temporale.
Lampeggia di qua
Tuona di là…
Qualche saetta
Per divertimento…
Tutto il Friuli
È coperto di nuvole.
Corpo di diana
Che acquazzone!
Trottano certe nubi
Bianche e soffici…
23
24
Ma di chei pôs!
Ce batibui!...
Un al avanze,
Chel atri al fui...
Ce batibui!
Sin in belanze...
Sango! e ce ton:
Al ven il bon...
Vês di scusâ,
O no pues stâ;
In presse in presse,
Scugni molâ,
Us plasie gruesse,
O pûr minude?
La olêso crude?
La olêso cuete,
Bagnade, o sute?...
Ma za e sclopete;
In presse in presse
Us e doi dute,
Gruesse o minude,
O cuete o crude:
Cjolile, us prei,
Come che je;
No'nd ai di miei
Nancje par me.
O cuete o crude,
Gruesse o minude,
Bagnade o sute
Us e doi dute.
Ma quante!
Che trambusto!...
Una avanza,
L’altra scappa…
Che trambusto!
Siamo incerti…
Diamine! E che tuono!
Arriva quello buono...
Dovete scusarmi,
Non posso più trattenermi;
In fretta e furia,
Devo scappare.
Vi piace grossa
Oppur minuta?
La volete cruda?
La volete cotta?
Bagnata o asciutta?...
Ma già inizia a tuonare:
Veloce veloce
Ve la dò tutta,
Grossa o minuta,
O cotta o cruda:
Prendetela, vi prego,
Così com’è;
Non ho di meglio
Neanche per me.
O cotta o cruda,
Grossa o minuta,
Bagnata o asciutta
Ve la do tutta.
Cussì serene
E cussì pure.
La lune plene,
Flors e verdure;
E ‘ste arïete…
Ah, benedete!
Così serena
E così pura.
La luna piena,
Fiori e (verdura);
E questo zeffiretto…
Ah, benedetto!
Ninine ninine,
Cheste matine,
Chest àjar pur
Mi van al cûr!
‘O sint in me
Un no sai ce’…
Fuars ançe tu?...
Ah di’-mi su!
Di’-mi su prest…
Çhare, ce’sest!
La rose e il flor
Spìrin amòr!
Fuars ançhe tu…
Vie di’-mi su!
Bimba bimba,
Questa mattina,
Questa aria pura
Mi vanno dritte al cuore!
Sento in me
Un non so che…
Forse anche tu?...
Ah, dimmelo!
Dimmelo presto…
Cara, che perfezione!
La rosa e il fiore
Ispirano amore!
Forse anche tu…
Dai, dimmelo!
Nine ninine,
Cheste matine,
In-te’l miò cûr,
In fin che ‘o mûr
‘E vivarà…
No tornarà.
Cara bimba,
Questa mattina,
In te c’è il mio cuore,
Fino a quando morirò
Essa vivrà…
Non tornerà.
se te Mb ar
s etteM bre
La luna che si rinnova
È una meraviglia;
È buona è tranquilla…
Che luna benedetta!
Chissà col trascorrere del tempo
Come diventerà?
Vedo l’alba con l’impemeabile,
Inzuppata dalla rugiada,
avo st
a G o s to
Cjalt ecessîf, parons, cjalt che al sboente
E al fâs tirâ la lenghe tant che il brac;
Intal cjamp al brustule la polente
E la tiare al ridûs come tabac.
Caldo soffocante, signori, caldo che brucia
E fa tirar fuori la lingua quanto il bracco;
Nel campo abbrustolisce la polenta
E la terra riduce come tabacco.
La lune che si scree
E je une maravee;
Je buine, je cuiete…
Ce lune benedete!
Cui sa cul timp a lâ
Ce che deventarà?
L’albe è vicine:
Ah, ce’matine!
L’alba è vicina:
Ah, che mattina!
O viôt l'albe in spolvarine,
Sprofondude inte rosade,
25
26
No à bisugn di vintuline,
E je l'arie rinfrescjade.
Non ha bisogno di ventaglio,
Perché l’aria è rinfrescata.
Rive autun biel nichilît,
Cu la coce sul baston,
Spiulant di vît in vît
Nome cualchi raspolon.
Arriva l’autunno molto debole,
Con la zucca sul bastone,
Spiluccando di vite in vite
Appena qualche raspo.
Vedè là chê fantacine
Blancje e rosse come un flôr,
Simpri al pâr dal so 'madôr,
Fâ di voli e cisicâ;
E co i capite par man
Un rap d'ue che i pâr madûr:
Cjo, i dîs, muart, po dami il rest.
Guarda là quella ragazza
Bianca e rossa come un fiore,
Sempre al fianco del suo moroso,
Ammiccare e bisbigliare;
E quando gli capita per mano
Un grappolo d’uva che gli sembra maturo:
Prendi, le dice, mòrdi, poi dàmmi il resto.
Ma ce vegnial a fâ chenzi,
Co nol à di puartâ vin?
In chest câs o lu licenzi,
E un altr'an s'intindarìn.
Ma cosa viene a fare da queste parti,
Se non deve portare vino?
In questo caso lo licenzio,
E il prossimo anno ci accorderemo.
Là massariis, camarelis
Sot lis strecis strauacadis,
E si dan des gran spanzadis
A lis spalis dal paron.
Là massaie, cameriere
Sotto le trecce delle pannocchie stravaccate,
Si concedono grandi scorpacciate
Alle spalle del padrone.
L'arie è dolce, il cîl seren,
Baco al nade inte cucagne;
Dut invide a la campagne,
E fâs nausee la citât.
L’aria è dolce, il cielo sereno,
Bacco nuota nell’oro;
Tutto è un invito alla campagna,
Che nàusea la città.
Ca pastôrs a pastorelis
Ducj insieme misturâts,
Si tombolin su pai prâts
Sglonfs di ue e pitiniçs.
Qua pastori e pastorelle
Tutti insieme mescolati,
Si rotolano lungo i prati
Zeppi d’uva e rape.
Caroçadis di lustrissins,
Marcjadants e bogns parons,
Van in vile a procissions,
Van a gjoldi in libertât.
Carrozzate di illustrissimi,
Mercanti e ricchi padroni,
Vanno al villaggio in processione,
Vanno a godere in libertà.
Ca di ca... ma viôt za plens
Foladôr, cjanive e cjase;
E si fole e si travase,
No si sint che tuf di vin.
Dalla parte opposta… ma guarda già pieni
Tinàia, cantina e cucina;
E si pigia e si travasa,
Non si sente che zaffate di vino.
Siôrs e puars in confidenze
E si tratin fra di lôr;
Là che al regne il bon umôr
Son bandîts i compliments.
Signori e poveri amichevolmente
Colloquiano fra di loro,
Dove regna il buonumòre
Sono banditi i convenevoli.
E panolis cincuantinis
Van in zîr, e pan cul ai;
I bocâi sore i bocâi
E sgliciin jù pai gargats.
E pannocchie di cinquantino
Girano, e pane con l’aglio;
Boccali su boccali
Scivolano giù per il gargarozzo.
Viôt i capos di fameie
Fâ proviste di tinaçs,
Vassiei, siessulis, spinaçs,
Caratei, brentis e cuinçs.
Guarda i capifamiglia
Far provviste di tinozze,
Barili, sèssole, spinelli,
Botti, brènte e bigònce.
Fasin gjonde mari e fie,
Ritiradis tun cjanton;
Cun d'un cjâf di sardelon
A 'n’distudin un bocâl.
Fan baldoria madre e figlia
Ritirate in un angolo;
Con una testa d’aringa
Spengono la sete vuotando un boccale.
Za si sintin pe taviele
Sbotedôrs a sdrondenâ;
Van in trop a vendemâ
Umign, feminis e fruts.
Già si sente per la campagna
Il fragore di tinozze sbattute;
Vanno in gruppo a vendemmiare
Uomini, donne e bambini.
Bêf il zovin, bêf il vieli,
E di vin si fâs stranfum...
Benedet pûr seal Autun,
Che a ducj cuancj al fâs bon pro.
Beve il giovane, beve il vecchio,
E di vino si fa spreco…
Eppure sia benedetto l’Autunno,
Che a tutti regala buona sorte.
Par lis plantis sparniçâts
Emplin podinis e zeis;
Cîr, sbisie enfri lis fueis,
Nancje un gran al va di sbris.
Lungo i filari sparpagliati
Riempiono secchi e ceste;
Cerca, fruga dentro le foglie
Nemmeno un chicco va perso
Jo fra ducj, jo sôl, puar diaul,
Sut la gole, a bocje zune,
Passi Autun cjalant la lune
Cul mio’classic canocjâl.
Io fra tutti, io solo, povero diavolo,
Con la gola secca, a digiuno,
Passo l’Autunno guardando la luna
Col mio classico canocchiale.
27
Bielis zornadis, gnots di paradîs:
Setembar al finìs ben i siei dîs..
28
Belle giornate, notti di paradiso;
Settembre finisce bene i suoi giorni.
otubar
ot to b r e
Lune gnove, lune biele;
Contadins, a vendemâ
Sparniçaitsi pe taviele...
Oplalèle, oplalà.
Luna nuova, luna bella;
Contadini, per vendemmiare
Sparpagliàtevi per la campagna…
Oplalèle, oplalà.
Si sbasse il soreli,
'L infont il cerneli
Bielzà te marine:
La gnot si avicine,
La tiare s'imbrune,
E si alze la lune,
Lis stelis dan fûr;
Content 'l è il miò cûr:
Si abbassa il sole,
Affonda la fronte
Già nella laguna:
La notte s’avvicina,
Si fa scuro sulla terra,
Si alza la luna,
Le stelle si accendono;
Contento è il mio cuore:
Fedêl e costant,
Al spiete l'amant,
Al brame il so Ben,
Par strenzilu al sen.
La tiare s'imbrune,
Je biele la lune,
Lis stelis son fûr,
Content 'l è il miò cûr:
Soi dongje il miò Ben,
Lu strenç al miò sen:
Nassude par Lui,
No brami di plui.
Fedele e costante,
Aspetta l’amante,
Brama il suo Bene,
Per stringerlo a sé.
Si fa scuro sulla terra,
È bella la luna,
Le stelle brillano,
Contento è il mio cuore:
Son vicino al mio Ben,
Lo stringo a me.
Nato per Lui,
Non bramo di più.
Beade... feliç...
Starìn simpri unîts,
E olìn gnot e dì
Amâsi cussì.
Beata… felice…
Staremo sempre uniti,
E vogliamo notte e dì
Amarci così.
nov e Mb ar
nove M bre
Chest l’è timp fat a proposit
Par stâ unîts sot il camin,
Mangiâ bueris, bevi vin,
Contâ flabis, e sorâ.
Questo è tempo fatto proprio
Per stare vicini accanto al focolare,
Mangiare caldarroste, bere vino,
Raccontare fiabe, e giocare.
Cumò che soi fat vieli
Mi fâs mâl il soreli,
E, cun dut il cjapiel,
Mi travane il cerviel;
Lis stelis vegnin, vadin,
E plui e no mi abadin;
Soi Strolic vieli e grîs,
Nol è plui timp di amîs;
Ma mi reste la lune,
Che almanco al vebi une!
Cun jê ai fat contrat;
L’ai batude, la bat,
E fin che o vivarai
Simpri la batarai.
Ora che sono diventato vecchio
Il sole mi disturba
Eppur con il cappello
Mi penetra nel cervello;
Le stelle vengono, vanno,
E non più mi abbandoneranno;
Sono Strolic, vecchio e grigio,
Non è più tempo di amici;
Ma mi rimane la luna,
Almeno ne avessi una!
Con essa ho fatto un contratto;
L’ho detta, la dico,
E fin che vivrò
Sempre la dirò.
D ice Mb ar
Di c eMbre
Lunari ti ai finît;
Tu sês in libertât.
Fuars non ti cjataran trop savorît,
Che fi di pari vieli e carulât
No tu pûs vê il vigôr
Di tiei fradis nassûts nel timp passât;
Ma tu cun muse francje e bon umôr
Va là inzîr pal Friûl,
Ualme cui che ti ûl,
E sta lontan da chel,
Che cu la piel di agnel,
Pâr che sui lavris e ti mostri il cûr,
E po di te al dîs plagas par daûr.
Lunario ti ho terminato;
Sei libero.
Forse non ti troveranno tanto vivace,
Perché figlio di padre vecchio e malandato
Non puoi avere il vigore
Dei tuoi fratelli nati prima di te;
Ma tu con viso franco e buon umore
Va in giro per il Friuli,
Adocchia chi ti vuole,
E sta lontano da quello,
Che con la pelle d’agnello,
Sembra che sulle labbra ti mostri il cuore,
E poi di te dice calunnie dietro le spalle.
Pûr cun dut chest in plen,
Il Friûl nus ûl ben.
Pur tuttavia,
Il Friuli ci vuol bene.
29
Lunari benedet,
Se mai il timp ti permet,
Orès che tu rivassis aTriest;
Co tu sês là, di tîr va a gjoldi il fresc
Sul ribat del librâr Carlo Tedesc.
Negoziant onest,
Ti tratarà cun dute cortesie,
E ti presenterà
A chei che passin vie.
30
Lunario benedetto,
Semmai il tempo te lo consenta,
Vorrei che tu arrivassi a Trieste;
Quando sarai là, vai subito a godere il fresco
Sotto il portico del libraio Carlo Tedesco.
Negoziante onesto,
Ti tratterà con tutta la cortesia,
E ti presenterà
Ai passanti.
Se ti vanze miez'ore,
Se ti avanza mezz’ora,
Fati puartâ dal vint
Fatti portare dal vento
A Capodistrie; là che buine int,
A Capodistria; laddove buona gente,
Va par tiare, par mâr,
Va per terra, per mare,
Par dut là che ti pâr;
Ovunque ti pare;
O ti auguri fortune,
Io ti àuguro fortuna, Lunario benedetto,
Lunari benedet,
Se mai il timp E
ti permet,
Semmai il tempo te lo consenta,
E o riten par sigûr,
ritengo per certo,
Orès che tu rivassis aTriest;
che tu arrivassi a Trieste;
Nè in presint, nè in futûr,
ora né
in futuro,Vorrei
Co tu sês là, diChe,
tîr va né
a gjoldi
il fresc
Quando sarai là, vai subito a godere il fresco
Che non tu mi farâs bati la lune. Sul ribat del librâr
Tu non
mi
farai
inquietare.
Carlo Tedesc.
Sotto il portico del libraio Carlo Tedesco.
Negoziant onest,
Che il forestîr onôr,
Che l’onore forestiero, Negoziante onesto,
Ti tratarà cun dute cortesie,
Ti tratterà con tutta la cortesia,
Ti farà buine cere;
Ti darà lustro;
E ti presenterà
E ti presenterà
E tu i dirâs, che dentri Primevere A chei che passin
E dirai
vie. loro, che entro primavera
Ai passanti.
Cui sa che no sbrissàs
Chissà che non faccia una capatina
Se ti vanze miez'ore,
Se ti avanza mezz’ora,
Fin là a fâ cuatri pas;
Fin là a fare quattro passi;
Fati puartâ dal vint
Fatti portare dal vento
E dii che tal miò pet
A Capodistrie;Elàdi’
cheloro
buineche
int, nel mio petto
A Capodistria; laddove buona gente,
Je vive la memorie del acet
Va par tiare, par
mâr, la memoria dell’accoglienza
È viva
Va per terra, per mare,
Par dut là che Che
ti pâr;mi hanno riservato l’anno
Ovunque scorso,
ti pare;
Che mi àn fat tal an passât,
O ti auguri fortune,
Io ti àuguro fortuna,
Ma pecjât che eri flap e mâl montât,
Ma
peccato
che
ero
spossato
e
stavo
male,
E o riten par sigûr,
E ritengo per certo,
Fi miò cjâr, e tu sês in libertât. Nè in presint, Figlio
mio caro, ti lascioChe,
in libertà.
nè in futûr,
né ora né in futuro,
Che non tu mi farâs bati la lune.
Tu non mi farai inquietare.
Cui sa che no sbrissàs
Fin là a fâ cuatri pas;
E dii che tal miò pet
Je vive la memorie del acet
Che mi àn fat tal an passât,
Ma pecjât che eri flap e mâl montât,
Fi miò cjâr, e tu sês in libertât.
Chissà che non faccia una capatina
Fin là a fare quattro passi;
E di’ loro che nel mio petto
È viva la memoria dell’accoglienza
Che mi hanno riservato l’anno scorso,
Ma peccato che ero spossato e stavo male,
Figlio mio caro, ti lascio in libertà.
il forestîr onôr,
forestiero,
Sofle il vint, e al scomenze a neveâ:Che
Soffia il vento, e cominciaChe
a l’onore
nevicare:
Ti farà buine cere;
Ti darà lustro;
Po dirês che no ai cûr di induvinâ.E tu i dirâs, chePoi
direte
che non sono capace
d’indovinare.
dentri
Primevere
E dirai loro,
che entro primavera
Si ringraziano:
Comune di Aquileia
P ROVINCIA
DI
Comune Precenicco
U DINE
COMUNE DI CORMONS
30
Sofle il vint, e al scomenze a neveâ:
Po dirês che no ai cûr di induvinâ.
Soffia il vento, e comincia a nevicare:
Poi direte che non sono capace d’indovinare.
Comune di Aquileia
P ROVINCIA
DI
P U B B l i c i tÀ
Comune
Precenicco
U DINE
& MArKEtiNG
BENACCHIO
Azienda Agricola
cerViGNaNo
DEL
F.
FARMACIA
a Trieste, già in Contrada Riborgo, dal 1630
P U B B l i c i tÀ & M A r K E t i N G
BENACCHIO
www.friulinelmondo.com
www.facebook.com/ente.friulinelmondo
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