Provincia
di Savona
Natura
Protetta
del Savonese
Alla scoperta
delle zone umide
costiere
in provincia di Savona
Guida alla Biodiversità
dei Siti di Importanza
Comunitaria
“Torrente Arroscia-Centa”
“Lerrone-Valloni”
REGIONE
LIGURIA
NATURA 2000
RETE
NATURA
2000
Pubblicazione della
PROVINCIA DI SAVONA
Assessorato Parchi ed Aree Protette
Settore Difesa e Promozione Ambientale
Coordinamento editoriale:
Paolo Genta, Ufficio Parchi ed Aree Protette.
Testi:
Stefano Ortale, Stefano Marsili (schede flora e habitat).
Foto:
Archivio Ufficio Parchi ed Aree Protette (P. Genta, R. Jesu, F. Magillo, R. Malacrida, S. Ortale, D. Ottonello, S. Marsili, F. Tomasinelli).
Si ringraziano:
tutte le istituzioni che collaborano al “PROGETTO EMYS” di conservazione della
testuggine palustre ingauna. In particolare, per il contributo dato a vario titolo nella
realizzazione del volume: Riccardo Jesu, Luca Lamagni, Dario Ottonello, Sebastiano Salvidio
e inoltre Marco Cavassa, Gemma Lugaro, Roberta Michelon, Elisa Mina,
Chiara Montagnani, Maria Enrica Moro, Roberta Piombo, Laura Sartoris,
Marta Siliato, Elena Taddeo .
Copyright 2006 Provincia di Savona.
Riproduzione consentita citando la fonte.
Stampa: Coop Tipograf, Savona - Giugno 2006
1
LA RETE NATURA 2000
IN LIGURIA
La Regione Liguria, in attuazione di
due direttive della Comunità Europea, ha localizzato, nell’ambito del
territorio di propria competenza, un sistema di aree ad elevato valore per la
biodiversità: sono i Siti di Importanza
Comunitaria (SIC), individuati ai sensi della Direttiva “Habitat” 92/43, e le
Zone di Protezione Speciali (ZPS), individuate ai sensi della Direttiva “Uccelli” 79/409;
il loro insieme costituisce il contributo ligure alla “Rete Natura 2000” europea.
I Siti d’Importanza Comunitaria proposti dalla Regione alla Comunità Europea sono
124, dei quali 26 interessano aree esclusivamente marine. Complessivamente i SIC terrestri ricoprono una superficie di circa 130.000 ettari, i SIC marini circa 5000 ettari; le
ZPS sono invece 7 per un totale di circa 20.000 ettari, i cui territori si sovrappongono in
parte a quelli di alcuni SIC terrestri.
Obiettivo della Rete Natura 2000 è quello di garantire nel tempo la conservazione della
biodiversità a livello comunitario, attraverso la tutela sia di habitat (Allegato I della Direttiva 92/43), sia di singole specie (Allegati II e IV della Direttiva 92/43, Allegato I della
Direttiva 79/409); la direttiva “Habitat” attribuisce anche un interesse prioritario alla
conservazione di alcuni habitat e di alcune specie; le specie prioritarie presenti in Liguria
sono una farfalla, Euplagia quadripunctaria, ed una pianta, Campanula sabatia.
I SIC terrestri liguri interessano 14 zone di tipo alpino, 11 zone di tipo continentale e
73 zone di tipo mediterraneo, dati che evidenziano la notevole biodiversità del territorio
regionale, connettivo tra regioni biogeografiche differenti: una cerniera tra Alpi ed Appennini, tra Mediterraneo e Pianura Padana.
In provincia di Savona sono stati individuati 28 SIC terrestri e 7 SIC marini, ai quali si
aggiunge parte di una ZPS situata tra le province di Genova e di Savona.
I SIC savonesi appartenenti alla regione biogeografica alpina sono 9 e coprono complessivamente 15.147 ettari, quelli appartenenti alla regione biogeografica mediterranea
sono 16, per un totale di 32.507 ettari, infine quelli riconducibili alla regione biogeografica continentale sono 3, con una superficie di 1.755 ettari.
La piana di Albenga con i Siti di Importanza Comunitaria (“Torrente Arroscia-Centa” e “Lerrone-Valloni”).
Immagine TerraItaly(tm) - © 2005 Compagnia Generale Ripreseaeree - Volo anno 2000.
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La Rete Natura 2000 in provincia di Savona
Siti di Importanza
Comunitaria in provincia
di Savona (Dir. 92/43/CEE
“Habitat”)
1 Finalese - Capo Noli
2 Isola Bergeggi - Punta
Predani
3 Rocca dei Corvi - Mao
- Mortou
4 Rocca dell’Adelasia
5 Rocchetta Cairo
6 Ciazze Secche
7 Isola Gallinara
8 Torrente Arroscia-Centa
9 M. Acuto - Poggio Grande
- Rio Torsero
10 M. Ravinet - Rocca Barbena
11 M. Carmo - M. Settepani
12 Foresta della Deiva - Torrente
Erro
13 M. Spinarda - Rio Nero
14 Lago di Osiglia
15 Ronco di Maglio
16 Bric Tana - Bric Mongarda
17 Castell’Ermo - Peso Grande
18 Tenuta Quassolo
19 M. Galero
20 Bric Zerbi
21 Croce della Tia - Rio Barchei
22 Cave Ferecchi
23 Capo Mele
24 Piana Crixia
25 Foresta Cadibona
26 Fondali Varazze / Albisola
27 Fondali Noli / Bergeggi
28 Fondali Finale Ligure
29 Fondali Loano / Albenga
30 Fondali Capo S. Croce / Isola
Gallinara / Capo Lena
31 Fondali Capo Mele / Alassio
32 Fondali Arenzano - Punta
Invrea
33 Beigua - M. Dente - Gargassa
- Pavaglione
34 Lerrone - Valloni
35 Pizzo d’Evigno
Zone di Protezione Speciale
(Dir. 79/409/CEE “Uccelli”)
A Beigua - Turchino
Euplagia quadripunctaria
Campanula di Savona (Campanula sabatia)
3
LE ZONE UMIDE DELLA PIANA DI ALBENGA
Le antiche carte geografiche della Riviera di Ponente riportano la presenza di un articolato sistema di zone umide alle spalle dei litorali sabbiosi, in corrispondenza delle pianure
costiere formate dai depositi alluvionali dei torrenti: stagni retrodunali, ampi greti di
torrenti con zone golenali, lanche e laghetti; in particolare, nella Piana di Albenga questo
reticolo naturale si presenta assai complesso ed esteso, integrato da piccoli canali e fossati
di origine artificiale.
Confrontando la situazione storica della Piana ingauna con quella attuale appare evidente che oggi di tutto ciò rimane ben poca cosa: la bonifica dei terreni paludosi, avviata
alla fine del XIX secolo e completata nei primi decenni del Novecento, la costruzione
della linea ferroviaria a mare, oltre agli interventi di artificializzazione degli alvei realizzati negli ultimi decenni del
XX secolo, hanno portato
profonde ed irreversibili modifiche agli ambienti naturali
più tipici di questa piccola
pianura ligure.
Lo sfruttamento agricolo
intensivo, l’impermeabilizzazione delle superfici edificate,
l’uso di fitofarmaci e di pesticidi nelle coltivazioni hanno
inoltre contribuito, dagli anni
Sessanta, ad alterare anche le
caratteristiche chimico-fisiche dei corpi idrici ed i livelli
delle acque di falda.
Dal punto di vista quantitativo, si può approssimativa“Carta della Riviera di Ponente e di Genova”, 1746-1747
mente calcolare, nel corso
di circa un secolo, una riduzione – o la
trasformazione irreversibile – di più del
70% della superficie delle zone umide della
Piana di Albenga e, sotto il profilo qualitativo, la perdita si può considerare prossima
al 100%: ciò che è giunto ai giorni nostri
è da ritenersi in condizioni estremamente
critiche al fine della conservazione della
biodiversità residua.
In questo quadro piuttosto desolante hanno progressivamente assunto un’importanIl fiume Centa presso la foce
za fondamentale habitat secondari, che si
sono originati per la progressiva rinaturalizzazione di opere realizzate dall’uomo: in
particolare cave di argilla dismesse e briglie
artificiali lungo i tratti torrentizi.
Negli ultimi anni, il riconoscimento del
notevole valore naturalistico delle ultime
zone umide della Piana di Albenga – siano
esse di origine naturale od antropica – ha
portato all’attivazione di iniziative volte
alla tutela di questi ambienti, che hanno
avuto come primo concreto risultato il
loro inserimento in SIC ed in Aree Protette
Testuggine palustre ingauna
Provinciali: il tratto terminale dei Torrenti
(Emys orbicularis ingauna)
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Stagno lungo il fiume Centa
Un habitat degradato
Arroscia e Neva ed il Centa sino alla foce,
in comune di Albenga; un tratto del Torrente Lerrone nel comune di Garlenda, gli
stagni di località Valloni nel comune di Villanova d’Albenga, il Rio Carenda ed i resti
di stagni lungo il Torrente Arroscia presso
il confine con Ortovero. L’importanza conservazionistica di questi siti è fondamentale
per il mantenimento degli ultimi habitat
di uno straordinario abitante endemico
dell’area: la testuggine palustre ingauna
(Emys orbicularis ingauna), specie inclusa nell’Allegato II della Direttiva Habitat.
Complessivamente, la superficie delle zone
umide della Piana di Albenga dichiarate di
interesse naturalistico è di circa 180 ettari.
A queste vanno aggiunti alcuni siti, solo in
parte inseriti in altre aree protette, ma di
importanza fondamentale per la salvaguardia degli anfibi, tra cui la rana agile (Rana
dalmatina) ed il raro pelodite punteggiato
(Pelodytes punctatus).
I SITI DI IMPORTANZA
COMUNITARIA
Il torrente Neva ad Albenga
Il Sito di Importanza Comunitaria
“Torrente Arroscia e Centa”
L’area comprende i tratti terminali dei
torrenti Arroscia e Neva che, confluendo,
danno origine al Fiume Centa. I depositi
alluvionali sono di natura ghiaiosa, sabbiosa e limosa. L’area rappresenta una zona
umida di grande importanza per numerose
specie di uccelli (in particolare migratori);
qui sono oltre 150 le specie censite: anatidi, limicoli, ardeidi, rallidi, passeriformi,
falconiformi, osservabili nei diversi periodi
dell’anno con contingenti di passo, stanziali, nidificanti o svernanti. Lungo le sponde
sono presenti lembi ancora ben conservati
di vegetazione palustre (canneti a cannuccia di palude) e riparia (formazioni a
ontani, pioppi e salici). Altro habitat significativo è rappresentato dalle formazioni
Il Torrente Arroscia ad Albenga
Nei pressi del fiume Centa
Ranuncolo d’acqua (Ranunculus trichophyllus)
5
alofitiche costiere presso l’estuario, con
specie vegetali altamente adattate al severo
ambiente sabbioso costiero. L’ecosistema
fluviale presenta una dinamica naturale
di elevato interesse naturalistico, ed ospita
uno degli ultimi popolamenti di testuggine
palustre ingauna.
Il sito è stato riconosciuto dalla Provincia
di Savona come Area Protetta di Interesse
Provinciale.
Il Sito di Importanza Comunitaria
“Lerrone-Valloni”
Area Protetta “Lerrone”
L’habitat più significativo dell’area, che
coincide con il medio corso del torrente
omonimo ed alcuni affluenti, è rappresentato dalla foresta alluvionale di ontani
e salici. L’avifauna è piuttosto ricca e comprende specie legate ad ambienti acquatici
(airone cenerino - Ardea cinerea, merlo acquaiolo - Cinclus cinclus), ai coltivi (zigolo
nero - Emberiza cirlus, zigolo giallo - Embriza
citrinella, merlo - Turdus merula, storno - Sturnus vulgaris). Tra i canneti lungo le rive nidificano canapino (Hippolais polyglotta) e gallinella d’acqua (Gallinula chloropus). Notevole
è la presenza di rettili ed anfibi: la natrice
viperina (Natrix maura, totalmente innocua
per l’uomo ma facilmente confondibile
con la vipera), lucertola muraiola (Podarcis
muralis), orbettino (Anguis fragilis).
Il sito è stato riconosciuto dalla Provincia
di Savona come Area Protetta di Interesse
Provinciale
Area Protetta “Valloni”
La zona, un tempo cava di argilla, è costituita da un substrato di argille azzurre (appartenenti alla formazione litologica delle
“Argille di Ortovero”) che in superficie assumono tonalità giallastre per ossidazione
dei componenti metallici in esse contenuti.
I maggiori avvallamenti, a causa dell’impermeabilità del substrato, sono stati nel
tempo colmati dalle acque piovane dando
origine a stagni più o meno temporanei.
Questa particolare morfologia della zona
ha determinato lo sviluppo di una certa
varietà vegetazionale: si ha un’alternarsi
di formazioni tipiche della macchia mediterranea nelle zone più elevate, formazioni
a ginestre (Spartium junceum) ed altre specie
pioniere lungo le zone calanchive, formazioni ripariali a pioppo nero e salice e,
Cannucce di palude (Phragmites australis)
Moretta (Aythya fuligula)
Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus)
Il torrente Lerrone a Garlenda
Uno stagno nel SIC Valloni
6
Vegetazione ripariale: pioppi, salici bianchi,
cannucce di palude
Sympetrum sp.
Orchidea cimicina (Orchis coriophora)
Area umida a Villanova d’Albenga
nelle zone pianeggianti, formazioni erbacee ospitanti numerose specie di orchidee
e l’endemica Campanula sabatia. Nelle zone
di accumulo stagionale d’acqua si hanno
formazioni a Juncus mentre nei canneti ai
margini degli stagni con acqua persistente
vivono numerose specie di uccelli: usignolo
di fiume (Cettia cetti), cannareccione (Acrocephalus arundinaceus), germano reale (Anas
platyrhynchos), airone cenerino; durante i
periodi di passo primaverile ed autunnale,
anche come svernanti, è possibile osservare
numerose specie ornitiche, alcune anche
piuttosto rare in Liguria: airone rosso
(Ardea purpurea), airone bianco maggiore
(Casmerodius albus), garzetta (Egretta garzetta),
tarabusino (Ixobrychus minutus), porciglione (Rallus aquaticus), piro-piro culbianco
(Tringa ochropus), piro-piro piccolo (Actitis
hypoleucos). Oltre all’abbondante avifauna,
notevole è la presenza di anfibi tra cui il rospo comune (Bufo bufo), la rana agile (Rana
dalmatina), la rana verde maggiore (Rana
balcanica), la raganella (Hyla meridionalis).
Tra i rettili si ritrovano natrice dal collare
(Natrix natrix), luscengola (Chalcides chalcides),
ramarro (Lacerta viridis), saettone (Elaphe
longissima), colubro lacertino (Malpolon
monspessulanus) e la straordinaria lucertola
ocellata (Timon lepidus).
Il sito è stato riconosciuto dalla Provincia
di Savona come Area Protetta di Interesse
Provinciale
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Si tratta di zone prative caratterizzate da un ristagno d’acqua più o
meno duraturo, ma comunque effimero, dove si rinvengono specie erbacee legate all’umido tra le
quali risaltano giunchi e carici.
Molinio-Holoschoenion è il nome
scientifico della tipologia di vegetazione caratterizzata dalla presenza di specie del genere Molinia e da
Holoschoenus vulgaris.
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: questo habitat è rappresentato solo a Cave Valloni,
dove il substrato argilloso favorisce il ristagno di acqua. L’habitat
risulta molto frammentato e intersecato con prati più aridi, anche se
ben individuabile anche grazie alla
presenza evidente di giunchi e carici (Juncus articulatus, Carex otrubae,
Carex distans).
Le specie guida (cfr. manuale europeo habitat) più frequenti e a fioritura evidente sono Holoschoenus
vulgaris, Prunella vulgaris, Tetragonolobus maritimus, Orchis laxiflora.
Sono presenti altre specie con fioritura evidente come Serapias vomeracea, Serapias cordigera, Centaurium
pulchellum, Polygala nicaeensis subsp.
mediterranea, Polygala vulgaris.
Prati umidi nel SIC Valloni
Orchis laxiflora
Tetragonolobus maritimus
HABITAT
PRATERIE UMIDE MEDITERRANEE
CON PIANTE ERBACEE ALTE
E GIUNCHI DEL MOLINIO-HOLOSCHOENION
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HABITAT
PSEUDO-STEPPE DI ERBACEE
E PIANTE ANNUE
DEI THERO-BRACHYPODIETEA
Habitat di interesse prioritario per la Rete “Natura 2000”.
Pseudo steppe di piante annue nel SIC Valloni
Prati aridi tipici di ambiente mediterraneo, caratterizzati da presenza di terofite, specie che poco
prima della stagione arida fruttificano, disseminano e poi muoiono.
La stagione avversa (per scarsa o
nulla disponibilità idrica) viene superata quindi sotto forma di seme
che germinerà con le prime piogge della stagione successiva: si tratta quindi di piante annue.
Tra queste, vengono indicate come
specie guida (cfr. manuale europeo habitat) due graminacee come
Brachypodium distachyum e Brachypodium retusum, accompagnate da altre specie annue (Therophyta) di
questa tipologia di vegetazione,
chiamata scientificamente TheroBrachypodietea.
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: l’habitat è presente solo a Cave Valloni nelle zone,
spesso molto frammentate, dove l’acqua non riesce a sostare
per la presenza di argilla compatta unita a composizione del terreno che ne favoriscono l’immediato
scorrimento.
È possibile individuare questi prati per gli evidenti aspetti di aridità nei mesi estivi e per la presenza,
in qualche caso cospicua, proprio
di Brachypodium distachyum, unito ad
altre graminacee come Bromus rubens e a specie annue a fioritura
più evidente come Medicago hispida, Trifolium angustifolium, Hypericum
perforatum.
9
Habitat di interesse prioritario per la Rete “Natura 2000”.
HABITAT
FORESTE ALLUVIONALI RESIDUE DI ONTANO
(Alnion glutinosae-incanae)
Si tratta delle foreste tipiche delle sponde dei nostri corsi d’acqua, caratterizzate dalla
presenza in forma arborea e arbustiva di Salici (Salix spp.), Ontani (Alnus spp.) e Pioppi
(Populus spp.), specie legate alla presenza di falda idrica superficiale.
Purtroppo l’antropizzazione e gli interventi negli alvei hanno fortemente ridotto questi
boschi che, nella loro situazione ottimale, possono formare vere e proprie “gallerie” intorno al corso d’acqua.
Alnion glutinosae-incanae è il nome scientifico riferito a queste tipologie di vegetazione, che
presentano come specie dominanti Ontano nero (Alnus glutinosa), Ontano bianco (Alnus incana) e Salici. La denominazione dell’habitat segue quella utilizzata dalla Regione
Liguria, in quanto risulta meglio adatta alle fasce riparie dei nostri torrenti nelle fasce
mediterranea, submediterranea e submontana. La comunità europea utilizza la denominazione “Foreste alluvionali” con Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Pandion, Alnion
incanae, Salicion albae).
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: nel SIC Lerrone-Valloni questo habitat ricopre la maggior parte delle sponde del torrente Lerrone e presenta tratti con sviluppo
molto buono, anche a “galleria”.
Le specie-guida presenti sono: Salice bianco (Salix alba), Ontano nero (Alnus glutinosa),
Pioppo nero (Populus nigra) per quanto riguarda le essenze arboreo-arbustive; Carex pendula, Carex sylvatica, Equisetum arvense
per le specie erbacee.
Lungo il corso del fiume Centa l’habitat è fortemente ridotto
dall’antropizzazione ed è rappresentato solo da alcuni lembi con
individui arbustivi, più raramente
arborei (es. alla confluenza tra Arroscia e Neva).
Altre specie presenti, tipiche di questi ambienti: Salix purpurea, Lythrum
salicaria, Polygonum hydropyper, Typha
angustifolia.
Foreste alluvionali residue di Ontano: torrente Lerrone
nei pressi di Garlenda
Foglia di Ontano nero (Alnus glutinosa)
Carex pendula lungo il torrente Lerrone
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HABITAT
VEGETAZIONE IGROFILA
CON SPECIE DEI PHRAGMITETEA
Vegetazione di zone umide palustri come stagni permanenti o
temporanei, con specie igrofile appartenenti alla tipologia vegetale
scientificamente definita Phragmitetea caratterizzata principalmente
da canneti a cannuccia di palude (Phragmites australis) e Typha angustifolia.
Stagni nel SIC Valloni
Confluenza Arroscia - Neva
Phragmites australis
(cannuccia di palude)
Typha angustifolia
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: l’habitat è rappresentato intorno a tutti gli stagni
a Cave Valloni con Phragmites australis, Typha angustifolia accompagnate da altre specie igrofile come
Lythrum salicaria, Alisma plantagoaquatica, giunchi e carici.
Alla confluenza tra i fiumi Arroscia e Neva sono presenti due stagni con Typha angustifolia, Phragmites
australis e altre specie igrofile a fioritura più vistosa come Lythrum salicaria, Rorippa amphibia e Allium
elongatum.
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FLORA
CAMPANULA DI SAVONA
Campanula sabatia De Not
Descrizione: pianta erbacea alta 20-50 cm, con sottile rizoma strisciante, fusto erbaceo, glabro; foglie basali picciolate, con lamina arrotondata, ovale o cuoriforme, dentata;
foglie cauline lanceolate, le superiori lineari; calice fortemente papilloso; corolla campanulata, azzurra, 15-20 mm (diametro 13-15 mm); ovario papilloso; il frutto è una capsula
emisferica.
Distribuzione: endemica della Liguria occidentale da Capo Vado alla Val Nervia.
Fioritura: maggio - luglio.
Ecologia: rupi, detriti, pascoli sassosi, bordi di sentieri, dal mare a circa 1000 m, su substrato calcareo.
Status e Tutela: EN (minacciata, a livello mondiale, secondo le categorie IUCN), VU
(vulnerabile, secondo la Lista rossa nazionale);
Direttiva Habitat: All. II, specie di interesse prioritario, All. IV (specie che richiede una
tutela rigorosa); Legge Regionale n. 9/84 - specie a protezione totale.
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: attualmente sono note alcune piccole stazioni.
Campanula di Savona (Campanula sabatia)
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FLORA
ORCHIDEA ACQUATICA
Orchis laxiflora Lam
Descrizione: dimensioni 20-80 cm. Fusto eretto, sottile, superiormente violaceo. Foglie caulinari
3-8 lineari o lineari-lanceolate, carenate, acute.
Infiorescenza lassa con 4-30 fiori relativamente grandi più o meno distanziati, di colore rosso
violaceo più o meno intenso. Brattee poco più lunghe dell’ovario verdastre, soffuse di rosso porpora.
Sepali ovali, ottusi, i laterali eretti, quello centrale ricurvo in avanti e più o meno connivente con i
petali leggermente più corti; labello più largo (1218 mm) che lungo (6-10 mm), trilobo con il lobo
mediano più corto dei laterali fortemente riflessi;
sperone lungo 12-20 mm, ascendente, cilindrico,
leggermente dilatato all’apice.
Distribuzione: in Italia la specie è presente in
quasi tutte le regioni, ma è rara e in regressione. In
Liguria è rara per la regressione del suo habitat.
Fioritura: aprile - giugno
Ecologia: prati umidi, zone paludose.
Tutela: Legge Regionale n. 9/84 - specie a protezione parziale.
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: presente in una sola zona prativa umida.
Orchidea acquatica (Orchis laxiflora)
ORCHIDEA CIMICINA
Orchis coriophora L.
Descrizione: dimensioni 10-40 cm. Fusto eretto,
foglie basali lineari-lanceolate, le cauline guainanti.
Infiorescenza cilindrica densa con 20-40 fiori piccoli
di colore variabile da biancastro a verde rosso-violaceo con odore di cimice delle piante, o di vaniglia.
Brattee poco più lunghe dell’ovario. Sepali e petali conniventi a elmo acuminato a forma di becco;
labello trilobo, più lungo che largo, con lobo mediano superante i laterali a base più chiara e macchiata
di purpureo. Sperone conico più corto o subeguale all’ovario.
Distribuzione: rara in tutte le regioni d’Italia, così come in Liguria.
Fioritura: aprile - giugno
Ecologia: prati in genere (anche umidi), pascoli.
Orchidea cimicina (Orchis coriophora)
Tutela: Legge Regionale n. 9/84 - specie a protezione parziale.
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: presente ma non diffusa nei prati pascolati
e falciati e ai bordi di quelli umidi.
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FLORA
CANNUCCIA DI PALUDE
Phragmites australis (Cav.) Trin
Descrizione: pianta alta fino a 2,5 m, occasionalmente raggiunge altezze anche maggiori. Rizoma sotterraneo orizzontale. Culmo (fusto) eretto, robusto, foglioso
fino all’infiorescenza. Foglie lanceolate, larghe fino a 23 cm, ma spesso convoluto-pungenti all’apice, di consistenza cartilaginea, sul bordo con aculei verso il basso.
Pannocchia ricca, generalmente unilaterale, lunga 10-40
cm, spighette spesso screziate di violaceo-rossastro; l’interno della spighetta è completamente riempito di peli
bianco-setolosi lunghi fino a 1 cm.
Distribuzione: specie subcosmopolita. In Italia molto
comune ovunque, in Liguria molto comune.
Fioritura: giugno-ottobre.
Ecologia: paludi, sponde, argini, ambienti umidi (anche salmastri) dal livello del mare a 1200 m (raramente
anche fino 2000 m).
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: frequentissima sui bordi degli stagni, sporadica lungo il torrente
Lerrone e lungo il fiume Centa.
Cannuccia di palude
(Phragmites australis)
SALICE BIANCO
Salix alba L.
Descrizione: albero alto fino a 25-30 m o arbusto di 3-5 m a rami giovani sottili flessibili,
eretti o arcuato-pendenti alla sommità, sericeo-argentei poi glabri giallastri o bruno rossastri, da vecchi grigio-olivastri. Foglie lanceolate lunghe 5-10 cm, solitamente 4-7 volte più
lunghe che larghe, aventi la larghezza massima al centro, da giovani sericeo-argentee su
entrambi i lembi, poi di sopra glabrescenti o lassamente pelose, inferiormente sericeo-argentee per densa pelosità appressata. Infiorescenze cilindriche, piuttosto esili, slanciati, le
maschili lunghe fino a 5 cm, le femminili anche 6 cm, allungantisi notevolmente nell’infruttescenza. Frutto a capsula conica, lunga fino a 6 mm.
Distribuzione: eurasiatica. In Italia e in Liguria è molto comune.
Fioritura: marzo-maggio contemporanea (o appena precedente) alla fogliazione.
Ecologia: tipico dei boschi riparali dei corsi
d’acqua di aree submediterranee e temperate medioeuropee dal livello del mare a
800-1000 m. Predilige terreni sciolti, da limosi a sabbioso-limosi, umidi per falda
freatica superficiale anche soggetti a temporanee sommersioni.
SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni:
presenza più o meno costante lungo il corso
del torrente Lerrone e intorno agli stagni più
grandi di Cave Valloni. Fortemente ridotto e
localizzato lungo il fiume Centa a causa delle opere antropiche.
Salice bianco (Salix alba)
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FAUNA
LA TESTUGGINE PALUSTRE ALBENGANESE
Emys orbicularis ingauna
Testuggine palustre ingauna (Emys orbicularis ingauna)
Le popolazioni di testuggine palustre che ancora vivono nella piana di Albenga appartengono ad una nuova sottospecie descritta nel 2004: Emys orbicularis ingauna. Si tratta di
una testuggine di medie dimensioni, con carapace liscio di colore bruno e rade macchie gialle,
lunga al massimo 15 cm. Caratteristica delle testuggini albenganesi è una diversa colorazione
del capo fra i due sessi, che si accentua notevolmente durante il periodo riproduttivo: nelle
femmine la testa diventa grigio chiaro con becco giallo, mentre nei maschi la testa è di colore
grigio scuro. I maschi sono riconoscibili per le
dimensioni minori, la coda più lunga e robusta e
un piastrone più incavato rispetto alle femmine.
Nell’albenganese l’unica altra testuggine acquatica presente è la testuggine alloctona Trachemys
scripta elegans (commercializzata come tartaruga
dalle orecchie rosse o della Florida) che si distingue dalla testuggine palustre autoctona per
la presenza di macchie e bande rosse o arancio
dietro gli occhi.
In Liguria, Emys orbicularis ingauna era diffusa lungo il tratto di costa compreso tra Borgio Verezzi
e Andora, ma attualmente le uniche popolazioni
rimaste sono presenti in poche aree della piaDifferenze tra la testuggine palustre ingauna
(autoctona) e la testuggine dalle orecchie rosse (esotica)
15
FAUNA
na di Albenga. La testuggine
palustre predilige gli ambienti acquatici stagnanti (stagni,
paludi, cave abbandonate, bracci morti dei torrenti)
con rive soleggiate e scarso
disturbo antropico. In prossimità dell’habitat acquatico
deve però anche essere presente un ambiente terrestre
idoneo per la nidificazione:
di solito si tratta di zone ben
assolate e con un substrato argilloso o sabbioso che
mantiene un elevato tasso di
umidità.
Le principali minacce per
la testuggine palustre albenganese sono la captazione
e l’inquinamento delle acque, l’artificializzazione delle
sponde, la bonifica delle zone umide, la pesca sportiva e Diffusione passata (tratteggio) e attuale (in rosso) della testuggine
palustre ingauna
l’immissione di testuggini alloctone. Inoltre nei pochi siti
di riproduzione conosciuti si assiste spesso alla predazione delle uova da parte di cani e
volpi, che riducono ulteriormente le capacità riproduttive della specie.
Di questa sottospecie si contano ormai solo qualche decina di esemplari, pertanto
è necessaria la massima protezione dei siti di presenza e di riproduzione. Le uniche
popolazioni conosciute vivono in alcuni Siti di Importanza Comunitaria della piana albenganese che necessitano di urgenti azioni gestionali. In questi siti è necessario non solo
ripristinare gli habitat della specie (in particolare gli stagni temporanei mediterranei e
i canneti), ma anche reintrodurre esemplari allevati in cattività al fine di aumentare la
consistenza delle popolazioni locali e garantirne una sopravvivenza a lungo termine.
In Liguria, il periodo di attività delle testuggini si protrae da aprile a ottobre. L’osservazione degli esemplari in termoregolazione è piuttosto difficile, in quanto essi sono molto
schivi e si gettano in acqua al minimo disturbo. Gli studi sulle popolazioni vengono
effettuati tramite rilievi sugli esemplari che vengono catturati, misurati, marcati e immediatamente liberati. Tali rilievi permettono di stimare l’abbondanza della popolazione e di
ottenere importanti informazioni sullo stato sanitario e riproduttivo dei singoli individui.
Un altro metodo di studio si basa sulla telemetria di animali dotati di piccoli radiotrasmettitori che permettono l’esatta
localizzazione dell’esemplare. In
questo modo si possono studiare gli spostamenti individuali delle
testuggini ottenendo importanti informazioni sugli habitat frequentati
e sui siti di nidificazione.
Testuggine palustre ingauna
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FAUNA
UN INSOLITO COLEOTTERO
Astigis salzmanni
Il fiume Centa è uno dei pochi siti liguri in cui è stata
segnalata la presenza di un piccolo coleottero carabide,
Astigis salzmanni (Germar, 1824), che vive sotto le pietre
in ambienti ripari.
Lungo da 5,5 a 6,5 mm, è di colore verde-blu metallico
superiormente e nero nella parte inferiore; le antenne
e le zampe anteriori sono invece rossastre.
La specie appartiene ad un genere, diffuso soprattutto
in regioni a clima tropicale o equatoriale, i cui antenati popolavano le terre del Gondwana (supercontinente
in cui, durante il periodo Triassico – circa 200 milioni
di anni fa – erano riunite le terre emerse attualmente
distribuite nell’emisfero australe) e che ha raggiunto il
Mediterraneo forse alla fine del Cretaceo (circa 65 milioni di anni fa).
L’attuale diffusione di questo insetto denota una sua
probabile origine tirreniana; si rinviene infatti, sebbene
sporadicamente, in tutto il Mediterraneo occidentale;
in Italia è presente solo al Nord, Sicilia e Sardegna.
LA RANA VERDE MAGGIORE
(Rana balcanica, Schneider, Sinsch et Sofianidou, 1993)
E’ una rana di origine balcanica, introdotta nell’imperiese (Torrente Impero) nel 1942;
da allora questa specie è andata espandendosi in tutta la Liguria occidentale - dal confine con la Francia sino al Loanese - a scapito delle forme autoctone: la rana verde minore
(Rana esculenta) e la rana agile (Rana dalmatina); la sua diffusione lungo i corsi d’acqua verso
l’entroterra della Piana di Albenga ha ormai raggiunto anche ambiti submontani.
Le grandi dimensioni e la buona adattabilità ecologica sono le carte vincenti per la
diffusione della specie; prevalentemente diurna, di solito è facile
osservarla al sole nei pressi degli
specchi acquei, anche artificiali
ed inquinati, dalla fine di marzo
sino a settembre-ottobre.
Molto caratteristico è il canto, che si può sentire anche in
pieno giorno, che ricorda vagamente una sonora risata: da qui
il vecchio nome scientifico di Rana ridibunda (Pallas, 1771).
Caratteristica distintiva, che
consente di classificare la specie, è la gola, che si presenta
macchiata di grigio, al contrario
della rana verde minore, in cui è
Rana verde maggiore (Rana balcanica)
interamente bianca.
17
FAUNA
IL MARTIN PESCATORE
(Alcedo atthis, Linnaeus, 1758)
La calma apparente dei corsi d’acqua e degli stagni è talvolta interrotta da un guizzo blu
metallico che attraversa l’aria, spesso accompagnato da un sonoro fischio acuto e secco: è il martin pescatore, un uccelletto di discrete dimensioni - circa 16 cm di lunghezza
- con un piumaggio inconfondibile dai colori sgargianti: blu metallico sul dorso e sul capo, arancione vivo sul petto.
Appartiene all’ordine dei Coraciformi, che comprende gli uccelli più belli della nostra
avifauna, osservabili nelle aree costiere dell’albenganese durante la stagione primaverile:
gruccione (Merops apiaster), upupa (Upupa epops), ghiandaia marina (Coracias garrulus); sono
tutte specie appartenenti a Famiglie con diffusione prevalentemente tropicale nel vecchio
mondo che si sono adattatate ai climi temperati delle nostre latitudini.
Il martin pescatore si può scorgere anche posato su rami sporgenti dall’acqua o sulla vegetazione in posizione dominante da cui può osservare la presenza di eventuali prede;
queste sono costituite prevalentemente da pesciolini che afferra con il lungo becco tuffandosi in picchiata.
Nidifica scavando una galleria negli argini o nelle scarpate terrose, sempre nei pressi degli specchi acquei; nel territorio ingauno è presente anche in inverno.
Martin pescatore (Alcedo atthis)
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FAUNA
LA FAUNA ITTICA
Vairone (Leuciscus souffia)
Barbo canino (Barbus meridionalis)
Anguilla (Anguilla anguilla)
Lasca (Chondrostoma genei)
Il fiume Centa ed il basso corso del
torrente Arroscia ospitano una popolazione ittica degna di rilievo: sono
infatti presenti, confermate dai rilevamenti compiuti per la redazione della
Carta Ittica della Provincia di Savona
nel 2002, specie come vairone (Leuciscus souffia), barbo (Barbus plebejus),
barbo canino (Barbus meridionalis),
lasca (Chondrostoma genei) (specie elencate nell’Allegato II della Direttiva
92/43 CEE “Habitat” che meritano la designazione di Zone Speciali
di Conservazione), oltre a cavedano
(Leuciscus cephalus), anguilla (Anguilla
anguilla) ed Abramis brama; dati storici
segnalano inoltre lo spinarello (Gasterosteus aculeatus).
L’insieme di tali presenze, sebbene sia stata condizionata dall’attività
pesca-sportiva, denota una discreta
qualità dei corpi idrici ed individua,
dal punto di vista faunistico, la “zona
dei ciprinidi reofili”, caratterizzata da
acque limpide e ben ossigenate con
fondo ghaioso-sabbioso, tipiche dei
grossi torrenti di fondovalle.
La presenza di una piccola popolazione di Abramis brama - specie originaria
dei grandi fiumi di pianura dell’Europa transalpina - nel Torrente Arroscia
è certamente dovuta ad immissioni da
parte dell’uomo, così come la possibile sporadica presenza di salmonidi
(trota fario, trota iridea) è frutto del
trasporto passivo di individui di
ripopolamento rilasciati nei tratti torrentizi più a monte.
Presso la foce del Centa, la presenza
di acque salmastre influenza anche il
popolamento ittico, che vede l’ingresso di specie eurialine, come muggine
(Liza ramada) e spinarello.
19
TERRITORIO
IL MARE PLIOCENICO
Nel Pliocene, tra 1,85 e 5 milioni di anni fa, l’attuale Piana di Albenga era occupata
da un braccio di mare che formava un’ampia insenatura, i cui fondali sabbioso-limosi,
relativamente bassi, erano popolati da una grande varietà di molluschi, soprattutto Lamellibranchi e Gasteropodi.
Questa fauna, caratteristica dell’antico Mar Mediterraneo, prima delle alterazioni subìte
per effetto delle glaciazioni del Quaternario, ci indica la presenza di un mare caldo, con
molte specie analoghe a quelle che attualmente si trovano in zone tropicali e specie molto simili a quelle che si rinvengono ancora oggi nei nostri mari.
I resti di questi animali si sono depositati in grandi quantità negli avvallamenti del fondale marino, inglobati in sedimenti costituiti prevalentemente da argille azzurre, che hanno
garantito la conservazione dei fossili; la matrice tenera della roccia nei quali sono inglobati ha potuto garantire uno stato di conservazione eccezionale dei reperti.
La tutela di questo patrimonio paleontologico ha portato, nel 1985, all’istituzione della Riserva Naturale Regionale di Rio Torsero, sito di importanza a livello nazionale per
l’abbondanza e lo stato di conservazione dei fossili pliocenici.
Le marne e le argille dei fondali più profondi sono successivamente state ricoperte da sedimenti argilloso-sabbiosi, alternati ancora ad argille.
Oggi questi terreni, identificati con il nome di “Argille di Ortovero”, affiorano in diversi
punti posti ai margini della Piana, ad un’altitudine compresa tra 40 ed 90 metri s.l.m.
Successivamente, gli apporti detritici dei torrenti colmarono progressivamente l’estremità dell’insenatura, dando forse origine a complessi deltizi anche piuttosto estesi.
Testimonianza di questa seconda fase sono rocce formate dalla cementazione delle sabbie e dei ciottoli trasportati dai corsi d’acqua, chiamate “Conglomerati del Monte Villa”,
note anche localmente con il nome di “Pietra di Cisano”.
L’ultima fase pliocenica di riempimento della baia ingauna è testimoniata da terreni
conglomeratici più recenti, aventi spesso colorazione rossastra, probabilmente dovuta all’alterazione pedogenetica della componente carbonatica, fase probabilmente avviatasi
nel Villafranchiano circa un milione di anni fa.
Fossili pliocenici di Molluschi (Gasteropodi e Bivalvi)
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TERRITORIO
LE CAVE DI ARGILLA
Lo sfruttamento dei giacimenti di argilla è stata un’attività piuttosto importante
per il comprensorio ingauno, che ha raggiunto il culmine tra fine Ottocento e la
prima metà del Novecento; all’attività estrattiva era collegata quella delle fornaci
per la cottura dei prodotti lavorati, soprattutto laterizi per l’edilizia, che sorgevano
in diversi punti della Piana di Albenga.
Cave di argilla, ormai dismesse, si trovano nelle vicinanze di Ortovero, Villanova d’Albenga, Salea e Cenesi; il riutilizzo da
parte dell’uomo dei siti più estesi e più facilmente raggiungibili è stato soprattutto quello
di discarica di inerti, ma in molte località alla dismissione dell’attività estrattiva è seguito
l’abbandono, che ha consentito alla “natura”
di riprendersi i propri spazi, dando origine
ad ambienti molto interessanti.
L’impermeabilità dell’argilla ha favorito l’accumulo delle acque piovane nelle depressioni
e negli avvallamenti scavati nel corso dell’attività estrattiva, dando origine a stagni
di varia dimensione e profondità, oltre a
pozze temporanee; la presenza più o meno
Ex cava di argilla Valloni
permanente dell’acqua ha permesso la colo(Villanova d’Albenga)
nizzazione dei suoli da parte di vegetazione
tipicamente legata alle zone umide: giunchi,
canne, tife, ma anche salici, ontani e pioppi.
Gli ambienti che si sono formati a seguito di questa naturalizzazione dei vecchi siti
estrattivi costituiscono oggi le ultime zone
di rifugio per la fauna che, legata alle zone
palustri, un tempo disponeva di ampie superfici della Piana di Albenga: la tutela di
questi habitat è diventata di importanza
fondamentale per la salvaguardia dei siti riproduttivi di invertebrati acquatici, di anfibi
e della testuggine palustre.
Calanchi nella ex cava di argilla Valloni
Le pareti verticali dei vecchi fronti di cava,
sottoposte all’azione dilavante delle acque
meteoriche, hanno invece dato origine a
morfologie di tipo calanchivo.
Sulle falesie si insedia a fatica una scarsa vegetazione erbacea legata ad ambienti secchi
e, solo in alcuni punti, specie arbustive della
macchia mediterranea. Sono gli habitat tipici dei rettili più grandi della nostra fauna: la
lucertola ocellata (Timon lepidus) ed il colubro
lacertino (Malpolon monspessulanus), mentre le
pareti verticali nei pressi dell’acqua sono i siti preferenziali per la nidificazione del martin
pescatore (Alcedo atthis).
Stagno nella ex cava di argilla Valloni
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TERRITORIO
ALBENGA: CITTÀ ROMANA
Albium Ingaunum, la potente capitale della tribù dei Liguri Ingauni, estendeva il proprio
controllo da Finale a Sanremo; fondata tra il VI ed il IV secolo a.C., si oppose tenacemente all’espansionismo romano sino al 181 a.C., quando il proconsole L. Emilio Paolo
riuscì a sottomettere le genti della Piana.
La nuova città romana, rinominata Albingaunum, viene fondata e racchiusa da mura, secondo il tipico schema planimetrico a castrum; il territorio del municipium ricalca quello di
influenza degli Ingauni: da Finale a Sanremo e, verso l’entroterra, sino a Ceva e Mondovì.
Nel 13 a.C., con l’apertura della via Julia Augusta, la città cresce progressivamente di
importanza come centro di scambi commerciali con la Gallia e, grazie al porto, con il
Mediterraneo occidentale.
Solo tra i secoli II e III d.C. viene abbattuta la vecchia cinta muraria, aprendo la città
verso i nuovi suburbi che andavano sviluppandosi extra moenia, soprattutto lungo la via
Julia Augusta verso la collina del “Monte”, il promontorio che s’innalza dalla costa in località Vadino chiudendo la pianura verso Ponente.
Oltre alle tracce delle terme, dell’acquedotto e di vari recinti funerari seppelliti nell’attuale alveo del Centa, sono rimaste altre testimonianze di questo florido periodo sia sul
“Monte” – forse già sede dell’oppidum preromano – sia lungo la via Julia Augusta in direzione di Alassio; nel primo sito sono visibili i resti dell’anfiteatro e, poco distante, un
monumento funerario del I secolo, detto “Il Pilone”, restaurato nelle forme attuali nel
1892; lungo l’antica strada per la Gallia sono invece venuti alla luce i resti di una necropoli con ampi recinti funerari e varie tombe, tra cui un interessante “colombario”,
databili in gran parte attorno al I secolo d.C.
In città, all’interno del perimetro delle vecchie mura, i resti di epoca romana giacciono
sepolti sotto i basamenti degli edifici medioevali: in occasione di scavi per nuove costruzioni, sono state rinvenute tracce di ville patrizie, di un grande edificio a pianta centrale
- forse un mercato - oltre ai basamenti delle mura repubblicane, alle quali si sovrapposero, attorno al 417, quelle fatte erigere da Costanzo, generale dacio di Onorio e futuro
Imperatore, per far fronte alle invasioni di Goti e Vandali.
Un importante monumento giunto sino ad oggi la cui origine viene fatta risalire alla ristrutturazione urbanistica di Albingaunum avviata da Costanzo, è il Battistero, con i suoi
stupendi mosaici bizantini.
Con la realizzazione delle mura
costantiniane, la città si racchiude nuovamente entro il perimetro
urbano originario dell’impianto repubblicano, entro il quale
rimarrà, pur libero e fiorente Comune marinaro, attraverso tutto
il Medioevo sino al XX secolo.
Via Julia Augusta: resti di un sito funerario
di epoca romana
ITINERARIO
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Carta del territorio. Aree colorate: Siti di Importanza Comunitaria “Torrente Arroscia e Centa” e
“Lerrone-Valloni”. Tratteggio colorato: itinerario di visita.
(base cartografica in scala 1:50.000 Regione Liguria)
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L’itinerario proposto consente la visita dei più importanti ambienti fluviali della Piana d’Albenga che, in
alcuni casi, costituiscono gli ultimi lembi rimasti di
un vasto ed articolato sistema di zone umide che si
estendeva dalla costa sino alle prime propaggini collinari dell’entroterra.
Il percorso, della lunghezza complessiva di circa 8
km, si articola in una serie di stazioni che possono
essere raggiunte sia in auto, sia in bicicletta; quest’ultimo mezzo è certamente il più adatto alla visita di
questa piccola pianura ligure.
L’itinerario inizia dalla foce del Centa, posta di fronte all’Isola Gallinara, per proseguire lungo la strada
che costeggia l’alveo sul lato orografico sinistro, oltrepassando il ponte ferroviario.
La foce del Centa
La foce del Centa è un ambiente assai particolare, somma degli effetti congiunti del
moto ondoso, delle maree, del flusso e dell’apporto detritico del corso d’acqua.
La posizione attuale della foce è da farsi risalire alla metà del XIII secolo quando, forse
con l’aiuto dei Genovesi, il Centa deviò il
proprio corso a monte dell’abitato di Albenga, andando a lambire le mura meridionali
della città; la vecchia foce era probabilmente
localizzata nei pressi dell’attuale tratto terminale del Rio Antognano o del Rio Carenda.
Il fiume, nel suo nuovo alveo, rapidamente
causò l’interramento del porto, contribuendo
al lento e progressivo declino della città.
Da allora il mare continuò ad arretrare a
causa degli apporti alluvionali del fiume: testimonianza di tale fenomeno è data da un
fortino costruito nel 1566 dalla Repubblica
genovese a difesa del litorale, che esiste ancora oggi a circa 200 metri dall’attuale linea
di costa.
L’ambiente naturale della foce è stato notevolmente alterato in periodi recenti, in favore
di una potenziale fruizione pubblica: sono
così scomparse sulla sponda sinistra le fasce di fitto canneto mentre il bosco ripariale
è stato diradato impedendo la rinnovazione naturale della vegetazione; permangono
interessanti lembi di prato umido nella zona a contatto con la spiaggia. La riva destra
è attualmente in migliori condizioni, con un
esteso canneto a cannuccia di palude (Phragmites australis) e tifa (Typha latifolia). Tale
ambiente ospita le ultime presenze di iris palustre (Iris pseudacorus) e una grande varietà di
specie di uccelli – soprattutto anseriformi e
Iris palustre (Iris pseudacorus)
alla foce del fiume Centa
Airone guardabuoi (Bubulcus ibis)
Fischione (Anas penelope)
Moriglione (Aythya ferina)
ITINERARIO
ITINERARIO DI VISITA
24
ITINERARIO
limicoli – che vi stazionano durante l’inverno e vi transitano durante i periodi migratori.
In periodo invernale sono presenti moriglioni (Aythya ferina) e, meno numerosi ma assai
frequenti, morette (Aythya fuligula), tuffetti (Tachybaptus ruficollis), porciglioni; durante i passi migratori sono invece frequentatori abituali svassi piccoli (Podiceps nigricollis), piovanelli
(Calidris spp.), piro piro (Tringa spp.), oche selvatiche (Anser anser), fistioni turchi (Netta rufina),
fischioni (Anas penelope); durante tutto l’anno è facile osservare cormorani (Phalacrocorax carbo), folaghe (Fulica atra), germani reali, gabbiani reali (Larus argentatus) e gabbiani comuni
(Larus ridibundus).
• Superato il ponte a struttura metallica “Viveri” sono visibili in alveo numerosi resti di vecchie costruzioni; il percorso costeggia le mura meridionali della città medievale nelle quali si aprono la piccola Porta del
Pertuso e, proseguendo, la più importante Porta Arroscia, posta in corrispondenza del cardine massimo della città romana, l’attuale Via Medaglie d’Oro.
Gli scavi archeologici
In corrispondenza del centro storico di Albenga, ancora oggi racchiuso dalle mura erette
nel medioevo sulle fondamenta di quelle romane, l’attuale alveo del Centa reca, in parte
nascoste tra i sedimenti, le importanti testimonianze architettoniche di quello che è stato
il periodo di massima espansione della città, avvenuto durante l’epoca imperiale (secc. IIIII d. C.).
Nel 2001-2002, durante gli scavi effettuati per la messa in sicurezza degli argini, sono emerse dall’alveo fluviale le tracce di un
grande edificio termale di età medio-imperiale (databile tra la fine del II e gli inizi del
III secolo d. C.) che doveva occupare una
superficie di almeno 2000 metri quadrati; sono stati identificati una grande piscina
all’aperto (natatio), il frigidarium ed un presunto tepidarium.
Sovrapposte alle strutture romane sono state rinvenute tracce di un edificio di culto
paleocristiano (V-VI secolo), con annessa
San Clemente
necropoli ed una vasca battesimale, inglobati nel complesso medioevale di S. Clemente,
opera dei Cavalieri Gerosolimitani, risalente al sec. XIII.
La chiesa era ridotta in rovine già alla fine del XVI secolo; solo l’abside centrale restò come cappella campestre sino alla fine del sec. XIX.
Più a monte, altri basamenti murari consentono di riconoscere la presenza di un acquedotto (del quale restano nove pile) e di recinti funerari, oltre a frammenti di altre strutture,
risalenti all’età romana imperiale.
• Superata la cinta muraria si prosegue verso monte, oltrepassando il viadotto dell’ “Aurelia bis”; una rotatoria consente di continuare il percorso lungo l’argine, dove una pista ciclabile che si affaccia sull’alveo offre
la possibilità di osservare il fiume e le relative sponde.
Cavaliere d’Italia
(Himantopus himantopus)
Il Centa a monte di Albenga
Dalla via che costeggia l’argine lungo la sponda sinistra del Centa, si può osservare il progressivo
cambiamento delle caratteristiche del corso d’acqua;
questo, meno soggetto all’influenza delle maree o
del moto ondoso marino, si stringe tra sponde con
depositi ghiaiosi colonizzati da vegetazione oggi
prevalentemente erbacea, caratterizzata soprattutto
dall’esotica acclimatata Verbena (Verbena bonariensis);
nei pressi, qualche maestoso pioppo nero (Populus
nigra) sopravvissuto alle “manutenzioni idrauliche”,
25
ITINERARIO
resta ormai solitario testimone della vegetazione naturale tipica delle sponde fluviali.
I fondali del corso d’acqua diventano meno profondi e lateralmente si formano pozze
di acque stagnanti; in questi ambienti sono
osservabili, durante i periodi migratori, cavalieri d’Italia (Himantopus himantopus) e, più
raramente, avocette (Recurvirostra avosetta) ed
aironi bianchi maggiori (Casmerodius albus),
oltre ai comuni aironi cenerini, gallinelle
Stagno permanente
d’acqua, gabbiani e garzette (Egretta garzetta),
che sono invece presenti tutto l’anno.
Nella bella stagione, presso l’acqua è facile localizzare le rane verdi maggiori ascoltandone
il canto particolarmente sonoro: una presenza estranea alla fauna autoctona, che ha sottratto spazio ad altri anfibi maggiormente esigenti dal punto di vista ecologico.
• La pista ciclabile si interrompe presso Leca, all’altezza della confluenza tra il Torrente Neva ed il Torrente
Arroscia; dopo essersi immessi sulla viabilità principale, si arriva ad un incrocio con semaforo e, svoltando
a sinistra, si imbocca la strada della Valle Arroscia in direzione Pieve di Teco.
Appena superato il ponte sul Neva, una stradina asfaltata che si stacca sulla sinistra in breve affianca l’argine fluviale costeggiando campi coltivati.
Abbandonato l’asfalto si prosegue a piedi seguendo una breve pista che costeggia la sponda destra del torrente
Neva sino alla sua confluenza con l’Arroscia: è qui che ha geograficamente inizio il fiume Centa.
Le zone umide alla confluenza dei torrenti Neva ed Arroscia
Anche in questa zona le condizioni ambientali sono profondamente cambiate dopo gli
interventi di manutenzione sugli alvei che sono stati realizzati a seguito degli eventi alluvionali del 1994 e del 2000; lungo le rive,
le fasce di vegetazione erbacea, cui si affiancavano quelle a vegetazione arbustiva
ed arborea, hanno lasciato il posto a distese di ghiaia.
Sui suoli più distanti dal letto fluviale, l’eliminazione dello strato arbustivo ed il
pascolamento eccessivo di ovini ha favorito la diffusione di piante spinose e nitrofile,
impedendo la formazione di un soprassuolo più evoluto.
Garzetta (Egretta garzetta)
Nei pressi sono ancora presenti due stagni,
forse residuo di una vecchia lanca del Torrente Arroscia, ormai isolati dall’alveo fluviale ed
in fase di progressivo interramento.
Ciononostante, la zona è ancora uno dei punti di maggior interesse avifaunistico dell’intera Piana di Albenga; i fondali a profondità variabile, la presenza di un folto canneto,
grandi alberi ed una buona copertura arbustiva in vicinanza delle acque correnti e degli
spazi aperti del greto, sono un richiamo per gli uccelli acquatici e di canneto durante tutto l’anno.
Nel periodo estivo sono abitualmente presenti gallinella d’acqua, germano reale, nitticora
(Nycticorax nictycorax), usignolo di fiume (Cettia cetti), beccamoschino (Cisticola juncidis), cannareccione, canapino, martin pescatore (Alcedo atthis), airone cenerino, garzetta; in inverno ed
in periodo migratorio sono invece frequenti: sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), tarabusino,
airone rosso, porciglione, tuffetto, migliarino di palude (Emberiza schoeniclus), forapaglie castagnolo (Acrocephalus melanopogon) oltre a diverse specie di anatre, più o meno occasionali:
fischione (Anas penelope), codone (Anas acuta), fistione turco (Netta rufina), alzavola (Anas crecca), canapiglia (Anas strepera).
Il progressivo interramento degli invasi sta però velocemente riducendo la superficie occupata da acque libere e relativamente profonde che costituiscono gli ambienti indispensabili
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per la presenza di molte specie legate agli habitat umidi.
Il torrente Arroscia a Villanova d’Albenga
• Si riprende quindi la strada per Pieve di Teco e,
dopo aver imboccato la deviazione per Villanova
d’Albenga, si giunge in breve al borgo medievale; oltrepassato il ponte sul Torrente Arroscia, si raggiunge
un ampio parcheggio in prossimità delle mura.
Più avanti, dopo aver percorso una breve strada sterrata adiacente al campo da calcio, è possibile scendere
nell’alveo del Torrente Arroscia.
Il Torrente Arroscia a Villanova d’Albenga
Il borgo fortificato di Villanova d’Albenga fu
fatto erigere dal Comune di Albenga verso il
1250 alla confluenza tra i torrenti Lerrone
ed Arroscia per difendere i propri confini dai
feudatari dell’entroterra, secondo uno schema planimetrico a “castrum” che riprendeva
quello della stessa Albenga.
Greto fluviale con Papavero cornuto
Oggi l’ambiente fluviale è caratterizzato da
(Glaucium flavum)
estesi ghiareti e da opere di protezione spondale – argini e pettini – recentemente ripristinate impiegando la tecnica delle gabbionate.
In realtà il greto ciottoloso, in questo tratto di asta fluviale, era molto esteso anche prima
dei più recenti interventi, ma sui margini più esterni dell’alveo era presente una cospicua
fascia a vegetazione prevalentemente arbustiva ed alcune zone di acqua stagnante attorno
alle quali si erano potuti formare boschetti di pioppi, ontani e salici.
Questi habitat sono scomparsi in parte a causa del naturale interramento degli invasi ed
in parte per opera diretta dell’uomo; certamente la biodiversità che caratterizzava questo
tratto di torrente è andata perduta.
La vegetazione del ghiareto annovera poche specie erbacee a ciclo annuale; tra queste riveste comunque una certa importanza la presenza del papavero cornuto (Glaucium flavum).
Perfettamente mimetizzati tra i sassi arrotondati vivono corrieri piccoli (Charadrius dubius)
e piro piro piccoli (Actitis hypoleucos) ai quali si aggiungono, durante i periodi migratori o in
inverno, gruppi di pavoncelle (Vanellus vanellus) e, più raramente, qualche occhione (Burhinus oedicnemus).
Ma le ampie distese di ghiaia e la presenza di acqua sono un richiamo anche per altri uccelli migratori: con un
buon paio di binocoli, una visita al torrente durante i periodi di “passo” può offrire sempre piacevoli sorprese.
• Si prosegue lungo la viabilità principale in direzione Garlenda.
Presso il confine tra i comuni di Villanova e di Garlenda, svoltando
a sinistra dalla strada provinciale di fondovalle e seguendo le indicazioni “S. Rocco” e “Buca 11”, dopo circa 200 metri, si raggiunge
la bella chiesetta di S. Rocco.
La Roverella di San Rocco
La roverella di S. Rocco
Nei pressi della chiesetta barocca di S. Rocco si trova
una roverella (Quercus pubescens, Willd.) di circa 300 anni, compresa nell’elenco degli alberi monumentali della
Regione Liguria; con un’altezza di 24 metri ed una circonferenza del tronco di ben 461 centimetri, domina il
tranquillo paesaggio tra prati ed uliveti, in parte utilizzati come campo da golf.
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• Riprendendo la viabilità principale di fondovalle, si attraversa
l’abitato di Garlenda sino alla località Villafranca dove, dal parcheggio situato presso i campi da tennis, ha inizio un breve sentiero
naturalistico.
ITINERARIO
La roverella è una quercia a chioma semipersistente
diffusa nell’Europa centro-meridionale (Francia, Italia,
Europa Orientale, Grecia) ed in alcune regioni dell’Asia
minore; predilige zone a clima piuttosto caldo e non
troppo umido, si adatta bene a suoli poveri anche molto
calcarei, ma è molto sensibile al gelo e non tollera ristagni idrici.
La presenza di quest’albero in prossimità di chiese o altri
edifici a carattere religioso è assai frequente: in questi casi il suo valore simbolico ha favorito un atteggiamento di
rispetto nei confronti della pianta, permettendole di raggiungere dimensioni particolarmente ragguardevoli.
Il torrente Lerrone a Garlenda
Il Torrente Lerrone a Garlenda
In corrispondenza dell’abitato di Garlenda, il letto del
Torrente Lerrone abbandona il materiale alluvionale quaternario, che caratterizza la parte più recente della Piana
di Albenga, per impostarsi sulle rocce del substrato.
Mentre lungo la sponda orografica sinistra continuano ad
essere presenti, per un certo tratto, le coperture marine
plioceniche e quaternarie, sul versante destro si susseguono, procedendo verso monte, le unità tettoniche di Colla
Raganella mediterranea
Domenica-Leverone, di Borghetto e di Moglio-Testico;
(Hyla meridionalis)
quest’ultima, in particolare, comincia ad affiorare presso
il confine con il Comune di Casanova Lerrone.
Tali unità, assai simili tra loro, fanno parte delle cosiddette sucessioni flyschoidi della Liguria Occidentale e la loro formazione, dovuta a depositi marini posti al margine della
piattaforma continentale paleoeuropea, viene fatta risalire tra il Cretaceo (140-65 milioni
di anni fa) ed il Paleocene-Eocene (65-55 milioni di anni fa).
Il sentiero naturalistico di Garlenda, realizzato per iniziativa della locale scuola elementare, si snoda lungo un’antica mulattiera che costeggia il corso del torrente; oltre alle più
significative specie di piante tipiche dell’ambiente circostante, è possibile osservare caratteristici scorci del torrente e delle formazioni vegetali delle sponde.
Nei tratti iniziale e finale del sentiero è possibile discendere presso il torrente, dove si possono vedere da vicino gli ambienti che caratterizzano l’alveo.
La vegetazione ed il paesaggio alternano orti e frutteti, ricavati in piccoli terrazzamenti
strappati ai ripidi versanti collinari che racchiudono l’alveo del torrente, e pregevoli formazioni di vegetazione riparia.
Accanto alle più diffuse specie fruttifere come meli (Malus domestica), ciliegi (Prunus avium),
susini (Prunus x domestica) e peschi (Prunus persica), troviamo specie spontanee tipiche delle rive: salici bianchi (Salix alba), ontani neri (Alnus glutinosa), pioppi neri (Populus nigra), a cui si
affiancano quelle dei versanti collinari limtrofi: roverelle (Quercus pubescens), pinastri (Pinus
pinaster), lecci (Quercus ilex).
Osservando con molta attenzione, non è difficile scoprire alcuni uccelli legati agli ambienti
acquatici: martin pescatore (Alcedo atthis), airone cenerino, merlo acquaiolo (Cinclus cinclus),
ma anche rettili in termoregolazione: lucertola campestre (Podarcis muralis), orbettino, biacco (Hierophis viridiflavus), natrice viperina (Natrix maura), testuggine palustre (Emys orbicularis)
oltre ad anfibi come la rana verde maggiore ed il rospo comune.
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COME PREPARARSI ALL’ESCURSIONE
Per effettuare un’escursione naturalistica occorre equipaggiarsi in modo adatto: indossare scarponcini o stivali di gomma ed
abiti comodi e robusti, dai colori poco vistosi. È inoltre opportuno vestirsi a strati, tenendo conto della stagione, dell’ora e delle
condizioni meteorologiche. In estate è consigliabile dotarsi di
un copricapo e di una sufficiente scorta d’acqua.
Un piccolo binocolo è indispensabile per l’osservazione naturalistica; molto utili saranno anche una macchina fotografica
o una videocamera. Una lente d’ingrandimento potrà rivelarsi
insostituibile per osservare i particolari di un fiore o di un insetto.
Per annotare le osservazioni e per fare disegni occorre un taccuino tascabile, con matita e gomma.
Per riuscire ad osservare la fauna, durante l’escursione bisogna
muoversi con lentezza ed in assoluto silenzio, evitare movimenti bruschi ed improvvisi, fermarsi spesso ed evitare di stare in
piedi allo scoperto.
NORME DI COMPORTAMENTO
È bene ricordare alcune norme di comportamento cui attenersi
scrupolosamente durante la visita ad aree naturali protette,
per evitare di lasciare tracce della nostra presenza, di arrecare
disturbo alla fauna o di danneggiare le piante e l’ambiente in
generale.
In particolare NON BISOGNA:
* accendere fuochi
* abbandonare rifiuti
* danneggiare alberi, arbusti, erbe e, in particolare, fiori
* asportare rocce, minerali, fossili, reperti archeologici
* usare mezzi motorizzati fuori dalle strade carrozzabili
* causare disturbo o danneggiare gli animali
* fare rumori inutili e schiamazzi
* uscire dai percorsi individuati
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IL PROGETTO EMYS
Il progetto di conservazione della testuggine palustre albenganese,
specie gravemente minacciata di
estinzione, nasce dall’impegno
congiunto di numerose istituzioni:
la Provincia di Savona, l’Università di Genova, il Coordinamento
Provinciale di Savona del Corpo
Forestale dello Stato, la Comunità
Montana Ingauna, la Fondazione
Acquario di Genova, Pro Natura
Genova, WWF Liguria, con la collaborazione dei Comuni di Albenga,
Garlenda e Villanova d’Albenga
e con il supporto operativo delle
Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia di Savona. Il progetto
ha l’obiettivo di tutelare questa rarissima specie cercando di salvarla
dall’estinzione attraverso le seguenti azioni:
* interventi di conservazione degli
habitat naturali nei quali la specie
è ancora presente,
* recupero di esemplari in cattività
o in habitat a grave rischio di sparizione,
* realizzazione e gestione del Centro Emys di Leca d’Albenga,
* allevamento in condizioni semina-
Una fase delle ricerche in natura
Un esemplare marcato con radiotrasmettitore
progetto EMYS
Femmina di testuggine palustre ingauna
progetto EMYS
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Attività didattiche al Centro Emys
turali e rilascio di giovani esemplari nati al
Centro Emys in aree naturali protette dell’albenganese,
* ricerca scientifica applicata alla specie
e monitoraggio dei nuclei ancora presenti in natura,
* sensibilizzazione ed educazione ambientale, con interventi didattici e visite al Centro
Emys,
* realizzazione del Centro Visite con area
curatoriale all’Acquario di Genova,
* realizzazione di Centro visite presso il
Centro Emys di Leca d’Albenga.
Il progetto, approvato dalla Direzione
Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente, ha trovato anche il sostegno
della Regione Liguria attraverso un contributo dell’Unione Europea.
COME AIUTARE LA TESTUGGINE
PALUSTRE ALBENGANESE
* Non liberare mai, per nessun motivo, tartarughe esotiche nell’ambiente naturale!
* Le testuggini acquatiche americane dei generi Chrysemys, Pseudemys e Trachemys minuscole quando acquistate nei negozi di animali, ma in grado di diventare molto
più grandi della testuggine ingauna - si adattano senza problemi al nostro clima e
rappresentano, a causa della competizione per il cibo, un’ulteriore minaccia per
quest’ultima. Pensaci bene prima di comprarne una: non si tratta di un giocattolo, ma di un animale selvatico, il quale dovrebbe trovarsi soltanto nel suo habitat
naturale, in qualche fiume o palude degli Stati Uniti. Che cosa ne farai quando peserà 2 Kg?
* Se ti capita di osservare una testuggine acquatica, annota tutte le informazioni utili
per ritrovare la località esatta e trasmetti la segnalazione alla Provincia di Savona.
Sarà così possibile proteggerne l’habitat, se si tratta di una Emys, oppure prelevarla
per affidarla ad un apposito centro, se si tratta di una specie esotica.
* Segnala allo stesso indirizzo qualsiasi fenomeno di distruzione o degrado di ambienti umidi di cui sei venuto a conoscenza.
* Se ti piace pescare, sappi che le testuggini ingaune, putroppo, abboccano all’amo e
possono subire gravi danni in questo modo. Per favore evita quindi di pescare nelle acque dolci stagnanti dell’Albenganese da aprile a ottobre: loro te ne saranno
grate. Se ti capitasse di pescare una testuggine e non riuscissi a liberarla dall’amo,
contatta subito la Provincia di Savona, oppure la stazione di Albenga del Corpo
Forestale dello Stato, che si occuperanno di affidarla al più presto ad un veterinario competente.
* Non farti tentare a tenere in cattività - contravvenendo alle leggi vigenti che prevedono severe sanzioni - una testuggine ingauna: ogni individuo è preziosissimo per
l’ambiente naturale! Se ne sei già in possesso, contatta la Provincia di Savona: grazie alla tua sensibilità, potrà essere reinserita in un ambiente naturale protetto.
* Contattando lo stesso indirizzo, potrai visitare il Centro Emys di Albenga: sarà un’esperienza indimenticabile! Potrai visitare altre strutture per l’allevamento
di questa sottospecie anche nell’ambito del percorso “Dietro le Quinte” dell’Acquario di Genova (www.acquariodigenova.it) e alla Città dei Bambini di Genova
(www.cittadeibambini.net).
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Il Centro “EMYS”, situato nel vivaio forestale della Comunità Montana Ingauna a Leca d’Albenga,
è stato costruito nel 2000 su iniziativa della Provincia di Savona ed è la struttura indispensabile per la
salvaguardia e il recupero della testuggine palustre
ingauna. Qui viene condotto il programma di riproduzione in semicattività degli esemplari, coordinato
dall’Acquario di Genova.
Il Centro consiste in una struttura modulare, di superficie totale intorno ai 200 m2, al cui interno sono
state ricavate quattro zone adibite ad altrettanti funzioni. Due zone esterne (rispettivamente destinate al
mantenimento degli adulti e dei giovani) contengono
al loro interno una vasca ed un sito di svernamento
ombreggiato. La terza zona consiste in un sito per la
deposizione delle uova, ricoperto da sabbia di fiume,
al cui interno è stata alloggiata una piccola vasca per
accogliere i neonati dopo la schiusa. L’ultima zona
viene utilizzata per i giovani nati presso il Centro.
Durante i primi due anni di vita i giovani nati al Centro vengono ospitati all’Acquario di Genova; nella
primavera successiva, vengono riportati al Centro per
l’acclimatazione in condizioni simili a quelle naturali;
successivamente saranno liberati in natura, nelle aree
naturali protette della Piana Albenganese.
Il Centro e gli interventi di conservazione correlati sono gestiti da un Gruppo di Lavoro formato da
Provincia di Savona, Comunità Montana Ingauna,
Acquario di Genova, Coordinamento Provinciale
di Savona del Corpo Forestale dello Stato, Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse
(DIP.TE.RIS.) dell’Università di Genova, Pro Natura
Genova, WWF Liguria.
Come raggiungere il Centro: dalla S.P. 582 Albenga-Garessio, all’altezza della rotatoria in località “Polo 90”
a Leca (circa 1 km a monte del casello autostradale di
Albenga), imboccare la strada per Campochiesa e, dopo circa 800 m, seguire le indicazioni per la stazione
del Corpo Forestale dello Stato.
Il Centro è visitabile solo su prenotazione per scolaresche o gruppi organizzati (info: Provincia di
Savona, Ufficio Parchi e Aree Protette).
Neonato di testuggine
palustre
Centro EMYS
IL CENTRO “EMYS” PER
LA RIPRODUZIONE DELLA
TESTUGGINE PALUSTRE INGAUNA
Mappa del Centro Emys:
1. vasca giovani - 2. sito ibernazione - 3.
sito deposizione - 4. vasca neonati - 5.
vasca adulti
Vasca adulti
Panoramica del Centro Emys
Nascita di una piccola testuggine palustre
al Centro Emys
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PER SAPERNE DI PIÙ
AA.VV. (1994) - Atlante degli Anfibi e Rettili della Liguria - Regione Liguria.
Cataloghi dei beni naturali.
AA.VV. (1989) - Atlante degli Uccelli nidificanti in Liguria - Regione Liguria.
Cataloghi dei beni naturali.
Baccino P. (2003) - Orchidee spontanee della provincia di Savona - Provincia di Savona.
European Commission DG Environment (2003) - Interpretation manual of
European Union habitat.
Genta P., Rossi C. (2004). Savona Natura - Guida al patrimonio naturale della provincia di Savona. Erga Edizioni.
Jesu R., Piombo R., Salvidio S., Lamagni L., Ortale S. & Genta P. (2004). Un
nuovo taxon di Testuggine palustre endemico della Liguria occidentale: Emys
orbicularis ingauna n. ssp. (Reptilia, Emydidae). In: Annali del Museo Civico di
Storia Naturale “G. Doria”, Vol. XCVI: 133-192.
Jesu R., Mamone A., Lamagni L. & Ortale, S. (2000). Nuovi dati sulla presenza del pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus) e della testuggine palustre
europea (Emys orbicularis) in Liguria. In: Giacoma C. - Atti I Congresso Nazionale Societas Herpetologica Italica, Mus. Reg. Sc. Nat. Torino: 611-618.
Jesu, R., Salvidio S., Lamagni L., Ortale S., Piombo R., Mattioli F., Mamone A. & Mulattiero E. (1999). The European pond terrapin Emys orbicularis in
Liguria (NW Italy): status and conservation measures undertaken. In: 2° International Symposium on Emys orbicularis. Chelonii: 123-126.
Mariotti M., Arillo A., Parisi V., Nicosia E., Diviacco G. (2002) - Biodiversità
in Liguria: La rete Natura 2000 - Regione Liguria.
Mariotti M. (2005) - Valori e rarità della Flora Ligure - Regione Liguria.
Spanò S., Truffi G., Burlando B. (1998) - Atlante degli Uccelli svernanti in Liguria - Regione Liguria. Cataloghi dei beni naturali.
Zotti M., Traverso M. (2004) - Funghi della provincia di Savona - Provincia di Savona.
COME SI ARRIVA
In autobus:
In treno:
In auto:
Aeroporto:
ACTS Savona, tel. 019 22011 - www.acts.it
SAR Albenga, tel. 0182 21544 - www.sar-bus.com
linea Genova - Ventimiglia (stazione di Albenga)
SS 1 Aurelia; SP 582 Albenga - Garessio;
autostrada A10 Genova - Ventimiglia, uscita casello di Albenga.
“C. Panero” - Villanova d'Albenga - www.rivierairport.it
INDIRIZZI E NUMERI UTILI
Provincia di Savona
www.provincia.savona.it
Via Sormano, 12 - Savona
Ufficio Parchi ed Aree Protette
Tel. 019 8313316 / 019 8313302
[email protected]
Acquario di Genova
www.acquariodigenova.it
Ponte Spinola, Area Porto Antico - Genova
Tel. 010 23451
Corpo Forestale dello Stato
Stazione di Leca d'Albenga
Tel. 0182 20010
Emergenza ambientale: 1515
Comunità Montana Ingauna
Via Nicolari, 5 - Albenga
Tel. 0182 53457
Centro di Educazione Ambientale Ingauno
Casanova Lerrone, fraz. Marmoreo
Tel. 0182 74377
[email protected]
Informazioni turistiche APT Riviera delle Palme
www.inforiviera.it
Albenga
Viale Martiri della Libertà,1 - Tel 0182 558444
Garlenda
Via Roma, 4 - Tel 0182 582114
Villanova d'Albenga
Via Garibaldi, 5 - Tel 0182 582498
Questo progetto è svolto con la collaborazione di
Università di Genova
DIP.TE.RIS
Corpo Forestale
dello Stato
Coordinamento
Provinciale di Savona
La tutela e la valorizzazione della Rete “Natura
2000”, la rete ecologica europea composta da
Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale, rappresenta una formidabile
occasione per la conservazione della biodiversità, ancora straordinariamente ricca nel nostro
territorio.
Questo volumetto rappresenta una sintetica ma
esauriente guida ai Siti di Importanza Comunitaria dell’Albenganese, nei quali si trovano alcuni dei più importanti ambienti fluviali costieri
della nostra provincia. Arricchito da indicazioni
e spunti per la visita, potrà costituire utile riferimento per l’osservazione diretta del meraviglioso - ma purtroppo fragile - mondo degli
ultimi stagni e torrenti nei quali sopravvive la
straordinaria testuggine palustre ingauna, unico vertebrato endemico della Liguria, minacciato di estinzione ed al centro di un importante
progetto di salvaguardia che coinvolge numerose istituzioni.
Auspichiamo quindi che questa pubblicazione
possa svelare, agli occhi del visitatore incuriosito, aspetti della natura del nostro territorio talvolta poco conosciuti ma comunque eccezionali,
da preservare per le generazioni future.
L’Assessore ai Parchi ed
Aree Protette
della Provincia di Savona
Progetto cofinanziato da
Unione Europea-Obiettivo 2 FESR
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