Provincia di Savona Natura Protetta del Savonese Alla scoperta delle zone umide costiere in provincia di Savona Guida alla Biodiversità dei Siti di Importanza Comunitaria “Torrente Arroscia-Centa” “Lerrone-Valloni” REGIONE LIGURIA NATURA 2000 RETE NATURA 2000 Pubblicazione della PROVINCIA DI SAVONA Assessorato Parchi ed Aree Protette Settore Difesa e Promozione Ambientale Coordinamento editoriale: Paolo Genta, Ufficio Parchi ed Aree Protette. Testi: Stefano Ortale, Stefano Marsili (schede flora e habitat). Foto: Archivio Ufficio Parchi ed Aree Protette (P. Genta, R. Jesu, F. Magillo, R. Malacrida, S. Ortale, D. Ottonello, S. Marsili, F. Tomasinelli). Si ringraziano: tutte le istituzioni che collaborano al “PROGETTO EMYS” di conservazione della testuggine palustre ingauna. In particolare, per il contributo dato a vario titolo nella realizzazione del volume: Riccardo Jesu, Luca Lamagni, Dario Ottonello, Sebastiano Salvidio e inoltre Marco Cavassa, Gemma Lugaro, Roberta Michelon, Elisa Mina, Chiara Montagnani, Maria Enrica Moro, Roberta Piombo, Laura Sartoris, Marta Siliato, Elena Taddeo . Copyright 2006 Provincia di Savona. Riproduzione consentita citando la fonte. Stampa: Coop Tipograf, Savona - Giugno 2006 1 LA RETE NATURA 2000 IN LIGURIA La Regione Liguria, in attuazione di due direttive della Comunità Europea, ha localizzato, nell’ambito del territorio di propria competenza, un sistema di aree ad elevato valore per la biodiversità: sono i Siti di Importanza Comunitaria (SIC), individuati ai sensi della Direttiva “Habitat” 92/43, e le Zone di Protezione Speciali (ZPS), individuate ai sensi della Direttiva “Uccelli” 79/409; il loro insieme costituisce il contributo ligure alla “Rete Natura 2000” europea. I Siti d’Importanza Comunitaria proposti dalla Regione alla Comunità Europea sono 124, dei quali 26 interessano aree esclusivamente marine. Complessivamente i SIC terrestri ricoprono una superficie di circa 130.000 ettari, i SIC marini circa 5000 ettari; le ZPS sono invece 7 per un totale di circa 20.000 ettari, i cui territori si sovrappongono in parte a quelli di alcuni SIC terrestri. Obiettivo della Rete Natura 2000 è quello di garantire nel tempo la conservazione della biodiversità a livello comunitario, attraverso la tutela sia di habitat (Allegato I della Direttiva 92/43), sia di singole specie (Allegati II e IV della Direttiva 92/43, Allegato I della Direttiva 79/409); la direttiva “Habitat” attribuisce anche un interesse prioritario alla conservazione di alcuni habitat e di alcune specie; le specie prioritarie presenti in Liguria sono una farfalla, Euplagia quadripunctaria, ed una pianta, Campanula sabatia. I SIC terrestri liguri interessano 14 zone di tipo alpino, 11 zone di tipo continentale e 73 zone di tipo mediterraneo, dati che evidenziano la notevole biodiversità del territorio regionale, connettivo tra regioni biogeografiche differenti: una cerniera tra Alpi ed Appennini, tra Mediterraneo e Pianura Padana. In provincia di Savona sono stati individuati 28 SIC terrestri e 7 SIC marini, ai quali si aggiunge parte di una ZPS situata tra le province di Genova e di Savona. I SIC savonesi appartenenti alla regione biogeografica alpina sono 9 e coprono complessivamente 15.147 ettari, quelli appartenenti alla regione biogeografica mediterranea sono 16, per un totale di 32.507 ettari, infine quelli riconducibili alla regione biogeografica continentale sono 3, con una superficie di 1.755 ettari. La piana di Albenga con i Siti di Importanza Comunitaria (“Torrente Arroscia-Centa” e “Lerrone-Valloni”). Immagine TerraItaly(tm) - © 2005 Compagnia Generale Ripreseaeree - Volo anno 2000. 2 24 12 33 5 22 A 18 4 32 25 21 16 26 14 15 20 3 2 13 27 11 1 6 10 28 19 9 17 29 8 7 34 30 31 35 23 La Rete Natura 2000 in provincia di Savona Siti di Importanza Comunitaria in provincia di Savona (Dir. 92/43/CEE “Habitat”) 1 Finalese - Capo Noli 2 Isola Bergeggi - Punta Predani 3 Rocca dei Corvi - Mao - Mortou 4 Rocca dell’Adelasia 5 Rocchetta Cairo 6 Ciazze Secche 7 Isola Gallinara 8 Torrente Arroscia-Centa 9 M. Acuto - Poggio Grande - Rio Torsero 10 M. Ravinet - Rocca Barbena 11 M. Carmo - M. Settepani 12 Foresta della Deiva - Torrente Erro 13 M. Spinarda - Rio Nero 14 Lago di Osiglia 15 Ronco di Maglio 16 Bric Tana - Bric Mongarda 17 Castell’Ermo - Peso Grande 18 Tenuta Quassolo 19 M. Galero 20 Bric Zerbi 21 Croce della Tia - Rio Barchei 22 Cave Ferecchi 23 Capo Mele 24 Piana Crixia 25 Foresta Cadibona 26 Fondali Varazze / Albisola 27 Fondali Noli / Bergeggi 28 Fondali Finale Ligure 29 Fondali Loano / Albenga 30 Fondali Capo S. Croce / Isola Gallinara / Capo Lena 31 Fondali Capo Mele / Alassio 32 Fondali Arenzano - Punta Invrea 33 Beigua - M. Dente - Gargassa - Pavaglione 34 Lerrone - Valloni 35 Pizzo d’Evigno Zone di Protezione Speciale (Dir. 79/409/CEE “Uccelli”) A Beigua - Turchino Euplagia quadripunctaria Campanula di Savona (Campanula sabatia) 3 LE ZONE UMIDE DELLA PIANA DI ALBENGA Le antiche carte geografiche della Riviera di Ponente riportano la presenza di un articolato sistema di zone umide alle spalle dei litorali sabbiosi, in corrispondenza delle pianure costiere formate dai depositi alluvionali dei torrenti: stagni retrodunali, ampi greti di torrenti con zone golenali, lanche e laghetti; in particolare, nella Piana di Albenga questo reticolo naturale si presenta assai complesso ed esteso, integrato da piccoli canali e fossati di origine artificiale. Confrontando la situazione storica della Piana ingauna con quella attuale appare evidente che oggi di tutto ciò rimane ben poca cosa: la bonifica dei terreni paludosi, avviata alla fine del XIX secolo e completata nei primi decenni del Novecento, la costruzione della linea ferroviaria a mare, oltre agli interventi di artificializzazione degli alvei realizzati negli ultimi decenni del XX secolo, hanno portato profonde ed irreversibili modifiche agli ambienti naturali più tipici di questa piccola pianura ligure. Lo sfruttamento agricolo intensivo, l’impermeabilizzazione delle superfici edificate, l’uso di fitofarmaci e di pesticidi nelle coltivazioni hanno inoltre contribuito, dagli anni Sessanta, ad alterare anche le caratteristiche chimico-fisiche dei corpi idrici ed i livelli delle acque di falda. Dal punto di vista quantitativo, si può approssimativa“Carta della Riviera di Ponente e di Genova”, 1746-1747 mente calcolare, nel corso di circa un secolo, una riduzione – o la trasformazione irreversibile – di più del 70% della superficie delle zone umide della Piana di Albenga e, sotto il profilo qualitativo, la perdita si può considerare prossima al 100%: ciò che è giunto ai giorni nostri è da ritenersi in condizioni estremamente critiche al fine della conservazione della biodiversità residua. In questo quadro piuttosto desolante hanno progressivamente assunto un’importanIl fiume Centa presso la foce za fondamentale habitat secondari, che si sono originati per la progressiva rinaturalizzazione di opere realizzate dall’uomo: in particolare cave di argilla dismesse e briglie artificiali lungo i tratti torrentizi. Negli ultimi anni, il riconoscimento del notevole valore naturalistico delle ultime zone umide della Piana di Albenga – siano esse di origine naturale od antropica – ha portato all’attivazione di iniziative volte alla tutela di questi ambienti, che hanno avuto come primo concreto risultato il loro inserimento in SIC ed in Aree Protette Testuggine palustre ingauna Provinciali: il tratto terminale dei Torrenti (Emys orbicularis ingauna) 4 Stagno lungo il fiume Centa Un habitat degradato Arroscia e Neva ed il Centa sino alla foce, in comune di Albenga; un tratto del Torrente Lerrone nel comune di Garlenda, gli stagni di località Valloni nel comune di Villanova d’Albenga, il Rio Carenda ed i resti di stagni lungo il Torrente Arroscia presso il confine con Ortovero. L’importanza conservazionistica di questi siti è fondamentale per il mantenimento degli ultimi habitat di uno straordinario abitante endemico dell’area: la testuggine palustre ingauna (Emys orbicularis ingauna), specie inclusa nell’Allegato II della Direttiva Habitat. Complessivamente, la superficie delle zone umide della Piana di Albenga dichiarate di interesse naturalistico è di circa 180 ettari. A queste vanno aggiunti alcuni siti, solo in parte inseriti in altre aree protette, ma di importanza fondamentale per la salvaguardia degli anfibi, tra cui la rana agile (Rana dalmatina) ed il raro pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus). I SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA Il torrente Neva ad Albenga Il Sito di Importanza Comunitaria “Torrente Arroscia e Centa” L’area comprende i tratti terminali dei torrenti Arroscia e Neva che, confluendo, danno origine al Fiume Centa. I depositi alluvionali sono di natura ghiaiosa, sabbiosa e limosa. L’area rappresenta una zona umida di grande importanza per numerose specie di uccelli (in particolare migratori); qui sono oltre 150 le specie censite: anatidi, limicoli, ardeidi, rallidi, passeriformi, falconiformi, osservabili nei diversi periodi dell’anno con contingenti di passo, stanziali, nidificanti o svernanti. Lungo le sponde sono presenti lembi ancora ben conservati di vegetazione palustre (canneti a cannuccia di palude) e riparia (formazioni a ontani, pioppi e salici). Altro habitat significativo è rappresentato dalle formazioni Il Torrente Arroscia ad Albenga Nei pressi del fiume Centa Ranuncolo d’acqua (Ranunculus trichophyllus) 5 alofitiche costiere presso l’estuario, con specie vegetali altamente adattate al severo ambiente sabbioso costiero. L’ecosistema fluviale presenta una dinamica naturale di elevato interesse naturalistico, ed ospita uno degli ultimi popolamenti di testuggine palustre ingauna. Il sito è stato riconosciuto dalla Provincia di Savona come Area Protetta di Interesse Provinciale. Il Sito di Importanza Comunitaria “Lerrone-Valloni” Area Protetta “Lerrone” L’habitat più significativo dell’area, che coincide con il medio corso del torrente omonimo ed alcuni affluenti, è rappresentato dalla foresta alluvionale di ontani e salici. L’avifauna è piuttosto ricca e comprende specie legate ad ambienti acquatici (airone cenerino - Ardea cinerea, merlo acquaiolo - Cinclus cinclus), ai coltivi (zigolo nero - Emberiza cirlus, zigolo giallo - Embriza citrinella, merlo - Turdus merula, storno - Sturnus vulgaris). Tra i canneti lungo le rive nidificano canapino (Hippolais polyglotta) e gallinella d’acqua (Gallinula chloropus). Notevole è la presenza di rettili ed anfibi: la natrice viperina (Natrix maura, totalmente innocua per l’uomo ma facilmente confondibile con la vipera), lucertola muraiola (Podarcis muralis), orbettino (Anguis fragilis). Il sito è stato riconosciuto dalla Provincia di Savona come Area Protetta di Interesse Provinciale Area Protetta “Valloni” La zona, un tempo cava di argilla, è costituita da un substrato di argille azzurre (appartenenti alla formazione litologica delle “Argille di Ortovero”) che in superficie assumono tonalità giallastre per ossidazione dei componenti metallici in esse contenuti. I maggiori avvallamenti, a causa dell’impermeabilità del substrato, sono stati nel tempo colmati dalle acque piovane dando origine a stagni più o meno temporanei. Questa particolare morfologia della zona ha determinato lo sviluppo di una certa varietà vegetazionale: si ha un’alternarsi di formazioni tipiche della macchia mediterranea nelle zone più elevate, formazioni a ginestre (Spartium junceum) ed altre specie pioniere lungo le zone calanchive, formazioni ripariali a pioppo nero e salice e, Cannucce di palude (Phragmites australis) Moretta (Aythya fuligula) Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus) Il torrente Lerrone a Garlenda Uno stagno nel SIC Valloni 6 Vegetazione ripariale: pioppi, salici bianchi, cannucce di palude Sympetrum sp. Orchidea cimicina (Orchis coriophora) Area umida a Villanova d’Albenga nelle zone pianeggianti, formazioni erbacee ospitanti numerose specie di orchidee e l’endemica Campanula sabatia. Nelle zone di accumulo stagionale d’acqua si hanno formazioni a Juncus mentre nei canneti ai margini degli stagni con acqua persistente vivono numerose specie di uccelli: usignolo di fiume (Cettia cetti), cannareccione (Acrocephalus arundinaceus), germano reale (Anas platyrhynchos), airone cenerino; durante i periodi di passo primaverile ed autunnale, anche come svernanti, è possibile osservare numerose specie ornitiche, alcune anche piuttosto rare in Liguria: airone rosso (Ardea purpurea), airone bianco maggiore (Casmerodius albus), garzetta (Egretta garzetta), tarabusino (Ixobrychus minutus), porciglione (Rallus aquaticus), piro-piro culbianco (Tringa ochropus), piro-piro piccolo (Actitis hypoleucos). Oltre all’abbondante avifauna, notevole è la presenza di anfibi tra cui il rospo comune (Bufo bufo), la rana agile (Rana dalmatina), la rana verde maggiore (Rana balcanica), la raganella (Hyla meridionalis). Tra i rettili si ritrovano natrice dal collare (Natrix natrix), luscengola (Chalcides chalcides), ramarro (Lacerta viridis), saettone (Elaphe longissima), colubro lacertino (Malpolon monspessulanus) e la straordinaria lucertola ocellata (Timon lepidus). Il sito è stato riconosciuto dalla Provincia di Savona come Area Protetta di Interesse Provinciale 7 Si tratta di zone prative caratterizzate da un ristagno d’acqua più o meno duraturo, ma comunque effimero, dove si rinvengono specie erbacee legate all’umido tra le quali risaltano giunchi e carici. Molinio-Holoschoenion è il nome scientifico della tipologia di vegetazione caratterizzata dalla presenza di specie del genere Molinia e da Holoschoenus vulgaris. SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: questo habitat è rappresentato solo a Cave Valloni, dove il substrato argilloso favorisce il ristagno di acqua. L’habitat risulta molto frammentato e intersecato con prati più aridi, anche se ben individuabile anche grazie alla presenza evidente di giunchi e carici (Juncus articulatus, Carex otrubae, Carex distans). Le specie guida (cfr. manuale europeo habitat) più frequenti e a fioritura evidente sono Holoschoenus vulgaris, Prunella vulgaris, Tetragonolobus maritimus, Orchis laxiflora. Sono presenti altre specie con fioritura evidente come Serapias vomeracea, Serapias cordigera, Centaurium pulchellum, Polygala nicaeensis subsp. mediterranea, Polygala vulgaris. Prati umidi nel SIC Valloni Orchis laxiflora Tetragonolobus maritimus HABITAT PRATERIE UMIDE MEDITERRANEE CON PIANTE ERBACEE ALTE E GIUNCHI DEL MOLINIO-HOLOSCHOENION 8 HABITAT PSEUDO-STEPPE DI ERBACEE E PIANTE ANNUE DEI THERO-BRACHYPODIETEA Habitat di interesse prioritario per la Rete “Natura 2000”. Pseudo steppe di piante annue nel SIC Valloni Prati aridi tipici di ambiente mediterraneo, caratterizzati da presenza di terofite, specie che poco prima della stagione arida fruttificano, disseminano e poi muoiono. La stagione avversa (per scarsa o nulla disponibilità idrica) viene superata quindi sotto forma di seme che germinerà con le prime piogge della stagione successiva: si tratta quindi di piante annue. Tra queste, vengono indicate come specie guida (cfr. manuale europeo habitat) due graminacee come Brachypodium distachyum e Brachypodium retusum, accompagnate da altre specie annue (Therophyta) di questa tipologia di vegetazione, chiamata scientificamente TheroBrachypodietea. SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: l’habitat è presente solo a Cave Valloni nelle zone, spesso molto frammentate, dove l’acqua non riesce a sostare per la presenza di argilla compatta unita a composizione del terreno che ne favoriscono l’immediato scorrimento. È possibile individuare questi prati per gli evidenti aspetti di aridità nei mesi estivi e per la presenza, in qualche caso cospicua, proprio di Brachypodium distachyum, unito ad altre graminacee come Bromus rubens e a specie annue a fioritura più evidente come Medicago hispida, Trifolium angustifolium, Hypericum perforatum. 9 Habitat di interesse prioritario per la Rete “Natura 2000”. HABITAT FORESTE ALLUVIONALI RESIDUE DI ONTANO (Alnion glutinosae-incanae) Si tratta delle foreste tipiche delle sponde dei nostri corsi d’acqua, caratterizzate dalla presenza in forma arborea e arbustiva di Salici (Salix spp.), Ontani (Alnus spp.) e Pioppi (Populus spp.), specie legate alla presenza di falda idrica superficiale. Purtroppo l’antropizzazione e gli interventi negli alvei hanno fortemente ridotto questi boschi che, nella loro situazione ottimale, possono formare vere e proprie “gallerie” intorno al corso d’acqua. Alnion glutinosae-incanae è il nome scientifico riferito a queste tipologie di vegetazione, che presentano come specie dominanti Ontano nero (Alnus glutinosa), Ontano bianco (Alnus incana) e Salici. La denominazione dell’habitat segue quella utilizzata dalla Regione Liguria, in quanto risulta meglio adatta alle fasce riparie dei nostri torrenti nelle fasce mediterranea, submediterranea e submontana. La comunità europea utilizza la denominazione “Foreste alluvionali” con Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Pandion, Alnion incanae, Salicion albae). SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: nel SIC Lerrone-Valloni questo habitat ricopre la maggior parte delle sponde del torrente Lerrone e presenta tratti con sviluppo molto buono, anche a “galleria”. Le specie-guida presenti sono: Salice bianco (Salix alba), Ontano nero (Alnus glutinosa), Pioppo nero (Populus nigra) per quanto riguarda le essenze arboreo-arbustive; Carex pendula, Carex sylvatica, Equisetum arvense per le specie erbacee. Lungo il corso del fiume Centa l’habitat è fortemente ridotto dall’antropizzazione ed è rappresentato solo da alcuni lembi con individui arbustivi, più raramente arborei (es. alla confluenza tra Arroscia e Neva). Altre specie presenti, tipiche di questi ambienti: Salix purpurea, Lythrum salicaria, Polygonum hydropyper, Typha angustifolia. Foreste alluvionali residue di Ontano: torrente Lerrone nei pressi di Garlenda Foglia di Ontano nero (Alnus glutinosa) Carex pendula lungo il torrente Lerrone 10 HABITAT VEGETAZIONE IGROFILA CON SPECIE DEI PHRAGMITETEA Vegetazione di zone umide palustri come stagni permanenti o temporanei, con specie igrofile appartenenti alla tipologia vegetale scientificamente definita Phragmitetea caratterizzata principalmente da canneti a cannuccia di palude (Phragmites australis) e Typha angustifolia. Stagni nel SIC Valloni Confluenza Arroscia - Neva Phragmites australis (cannuccia di palude) Typha angustifolia SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: l’habitat è rappresentato intorno a tutti gli stagni a Cave Valloni con Phragmites australis, Typha angustifolia accompagnate da altre specie igrofile come Lythrum salicaria, Alisma plantagoaquatica, giunchi e carici. Alla confluenza tra i fiumi Arroscia e Neva sono presenti due stagni con Typha angustifolia, Phragmites australis e altre specie igrofile a fioritura più vistosa come Lythrum salicaria, Rorippa amphibia e Allium elongatum. 11 FLORA CAMPANULA DI SAVONA Campanula sabatia De Not Descrizione: pianta erbacea alta 20-50 cm, con sottile rizoma strisciante, fusto erbaceo, glabro; foglie basali picciolate, con lamina arrotondata, ovale o cuoriforme, dentata; foglie cauline lanceolate, le superiori lineari; calice fortemente papilloso; corolla campanulata, azzurra, 15-20 mm (diametro 13-15 mm); ovario papilloso; il frutto è una capsula emisferica. Distribuzione: endemica della Liguria occidentale da Capo Vado alla Val Nervia. Fioritura: maggio - luglio. Ecologia: rupi, detriti, pascoli sassosi, bordi di sentieri, dal mare a circa 1000 m, su substrato calcareo. Status e Tutela: EN (minacciata, a livello mondiale, secondo le categorie IUCN), VU (vulnerabile, secondo la Lista rossa nazionale); Direttiva Habitat: All. II, specie di interesse prioritario, All. IV (specie che richiede una tutela rigorosa); Legge Regionale n. 9/84 - specie a protezione totale. SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: attualmente sono note alcune piccole stazioni. Campanula di Savona (Campanula sabatia) 12 FLORA ORCHIDEA ACQUATICA Orchis laxiflora Lam Descrizione: dimensioni 20-80 cm. Fusto eretto, sottile, superiormente violaceo. Foglie caulinari 3-8 lineari o lineari-lanceolate, carenate, acute. Infiorescenza lassa con 4-30 fiori relativamente grandi più o meno distanziati, di colore rosso violaceo più o meno intenso. Brattee poco più lunghe dell’ovario verdastre, soffuse di rosso porpora. Sepali ovali, ottusi, i laterali eretti, quello centrale ricurvo in avanti e più o meno connivente con i petali leggermente più corti; labello più largo (1218 mm) che lungo (6-10 mm), trilobo con il lobo mediano più corto dei laterali fortemente riflessi; sperone lungo 12-20 mm, ascendente, cilindrico, leggermente dilatato all’apice. Distribuzione: in Italia la specie è presente in quasi tutte le regioni, ma è rara e in regressione. In Liguria è rara per la regressione del suo habitat. Fioritura: aprile - giugno Ecologia: prati umidi, zone paludose. Tutela: Legge Regionale n. 9/84 - specie a protezione parziale. SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: presente in una sola zona prativa umida. Orchidea acquatica (Orchis laxiflora) ORCHIDEA CIMICINA Orchis coriophora L. Descrizione: dimensioni 10-40 cm. Fusto eretto, foglie basali lineari-lanceolate, le cauline guainanti. Infiorescenza cilindrica densa con 20-40 fiori piccoli di colore variabile da biancastro a verde rosso-violaceo con odore di cimice delle piante, o di vaniglia. Brattee poco più lunghe dell’ovario. Sepali e petali conniventi a elmo acuminato a forma di becco; labello trilobo, più lungo che largo, con lobo mediano superante i laterali a base più chiara e macchiata di purpureo. Sperone conico più corto o subeguale all’ovario. Distribuzione: rara in tutte le regioni d’Italia, così come in Liguria. Fioritura: aprile - giugno Ecologia: prati in genere (anche umidi), pascoli. Orchidea cimicina (Orchis coriophora) Tutela: Legge Regionale n. 9/84 - specie a protezione parziale. SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: presente ma non diffusa nei prati pascolati e falciati e ai bordi di quelli umidi. 13 FLORA CANNUCCIA DI PALUDE Phragmites australis (Cav.) Trin Descrizione: pianta alta fino a 2,5 m, occasionalmente raggiunge altezze anche maggiori. Rizoma sotterraneo orizzontale. Culmo (fusto) eretto, robusto, foglioso fino all’infiorescenza. Foglie lanceolate, larghe fino a 23 cm, ma spesso convoluto-pungenti all’apice, di consistenza cartilaginea, sul bordo con aculei verso il basso. Pannocchia ricca, generalmente unilaterale, lunga 10-40 cm, spighette spesso screziate di violaceo-rossastro; l’interno della spighetta è completamente riempito di peli bianco-setolosi lunghi fino a 1 cm. Distribuzione: specie subcosmopolita. In Italia molto comune ovunque, in Liguria molto comune. Fioritura: giugno-ottobre. Ecologia: paludi, sponde, argini, ambienti umidi (anche salmastri) dal livello del mare a 1200 m (raramente anche fino 2000 m). SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: frequentissima sui bordi degli stagni, sporadica lungo il torrente Lerrone e lungo il fiume Centa. Cannuccia di palude (Phragmites australis) SALICE BIANCO Salix alba L. Descrizione: albero alto fino a 25-30 m o arbusto di 3-5 m a rami giovani sottili flessibili, eretti o arcuato-pendenti alla sommità, sericeo-argentei poi glabri giallastri o bruno rossastri, da vecchi grigio-olivastri. Foglie lanceolate lunghe 5-10 cm, solitamente 4-7 volte più lunghe che larghe, aventi la larghezza massima al centro, da giovani sericeo-argentee su entrambi i lembi, poi di sopra glabrescenti o lassamente pelose, inferiormente sericeo-argentee per densa pelosità appressata. Infiorescenze cilindriche, piuttosto esili, slanciati, le maschili lunghe fino a 5 cm, le femminili anche 6 cm, allungantisi notevolmente nell’infruttescenza. Frutto a capsula conica, lunga fino a 6 mm. Distribuzione: eurasiatica. In Italia e in Liguria è molto comune. Fioritura: marzo-maggio contemporanea (o appena precedente) alla fogliazione. Ecologia: tipico dei boschi riparali dei corsi d’acqua di aree submediterranee e temperate medioeuropee dal livello del mare a 800-1000 m. Predilige terreni sciolti, da limosi a sabbioso-limosi, umidi per falda freatica superficiale anche soggetti a temporanee sommersioni. SIC Arroscia-Centa e Lerrone-Valloni: presenza più o meno costante lungo il corso del torrente Lerrone e intorno agli stagni più grandi di Cave Valloni. Fortemente ridotto e localizzato lungo il fiume Centa a causa delle opere antropiche. Salice bianco (Salix alba) 14 FAUNA LA TESTUGGINE PALUSTRE ALBENGANESE Emys orbicularis ingauna Testuggine palustre ingauna (Emys orbicularis ingauna) Le popolazioni di testuggine palustre che ancora vivono nella piana di Albenga appartengono ad una nuova sottospecie descritta nel 2004: Emys orbicularis ingauna. Si tratta di una testuggine di medie dimensioni, con carapace liscio di colore bruno e rade macchie gialle, lunga al massimo 15 cm. Caratteristica delle testuggini albenganesi è una diversa colorazione del capo fra i due sessi, che si accentua notevolmente durante il periodo riproduttivo: nelle femmine la testa diventa grigio chiaro con becco giallo, mentre nei maschi la testa è di colore grigio scuro. I maschi sono riconoscibili per le dimensioni minori, la coda più lunga e robusta e un piastrone più incavato rispetto alle femmine. Nell’albenganese l’unica altra testuggine acquatica presente è la testuggine alloctona Trachemys scripta elegans (commercializzata come tartaruga dalle orecchie rosse o della Florida) che si distingue dalla testuggine palustre autoctona per la presenza di macchie e bande rosse o arancio dietro gli occhi. In Liguria, Emys orbicularis ingauna era diffusa lungo il tratto di costa compreso tra Borgio Verezzi e Andora, ma attualmente le uniche popolazioni rimaste sono presenti in poche aree della piaDifferenze tra la testuggine palustre ingauna (autoctona) e la testuggine dalle orecchie rosse (esotica) 15 FAUNA na di Albenga. La testuggine palustre predilige gli ambienti acquatici stagnanti (stagni, paludi, cave abbandonate, bracci morti dei torrenti) con rive soleggiate e scarso disturbo antropico. In prossimità dell’habitat acquatico deve però anche essere presente un ambiente terrestre idoneo per la nidificazione: di solito si tratta di zone ben assolate e con un substrato argilloso o sabbioso che mantiene un elevato tasso di umidità. Le principali minacce per la testuggine palustre albenganese sono la captazione e l’inquinamento delle acque, l’artificializzazione delle sponde, la bonifica delle zone umide, la pesca sportiva e Diffusione passata (tratteggio) e attuale (in rosso) della testuggine palustre ingauna l’immissione di testuggini alloctone. Inoltre nei pochi siti di riproduzione conosciuti si assiste spesso alla predazione delle uova da parte di cani e volpi, che riducono ulteriormente le capacità riproduttive della specie. Di questa sottospecie si contano ormai solo qualche decina di esemplari, pertanto è necessaria la massima protezione dei siti di presenza e di riproduzione. Le uniche popolazioni conosciute vivono in alcuni Siti di Importanza Comunitaria della piana albenganese che necessitano di urgenti azioni gestionali. In questi siti è necessario non solo ripristinare gli habitat della specie (in particolare gli stagni temporanei mediterranei e i canneti), ma anche reintrodurre esemplari allevati in cattività al fine di aumentare la consistenza delle popolazioni locali e garantirne una sopravvivenza a lungo termine. In Liguria, il periodo di attività delle testuggini si protrae da aprile a ottobre. L’osservazione degli esemplari in termoregolazione è piuttosto difficile, in quanto essi sono molto schivi e si gettano in acqua al minimo disturbo. Gli studi sulle popolazioni vengono effettuati tramite rilievi sugli esemplari che vengono catturati, misurati, marcati e immediatamente liberati. Tali rilievi permettono di stimare l’abbondanza della popolazione e di ottenere importanti informazioni sullo stato sanitario e riproduttivo dei singoli individui. Un altro metodo di studio si basa sulla telemetria di animali dotati di piccoli radiotrasmettitori che permettono l’esatta localizzazione dell’esemplare. In questo modo si possono studiare gli spostamenti individuali delle testuggini ottenendo importanti informazioni sugli habitat frequentati e sui siti di nidificazione. Testuggine palustre ingauna 16 FAUNA UN INSOLITO COLEOTTERO Astigis salzmanni Il fiume Centa è uno dei pochi siti liguri in cui è stata segnalata la presenza di un piccolo coleottero carabide, Astigis salzmanni (Germar, 1824), che vive sotto le pietre in ambienti ripari. Lungo da 5,5 a 6,5 mm, è di colore verde-blu metallico superiormente e nero nella parte inferiore; le antenne e le zampe anteriori sono invece rossastre. La specie appartiene ad un genere, diffuso soprattutto in regioni a clima tropicale o equatoriale, i cui antenati popolavano le terre del Gondwana (supercontinente in cui, durante il periodo Triassico – circa 200 milioni di anni fa – erano riunite le terre emerse attualmente distribuite nell’emisfero australe) e che ha raggiunto il Mediterraneo forse alla fine del Cretaceo (circa 65 milioni di anni fa). L’attuale diffusione di questo insetto denota una sua probabile origine tirreniana; si rinviene infatti, sebbene sporadicamente, in tutto il Mediterraneo occidentale; in Italia è presente solo al Nord, Sicilia e Sardegna. LA RANA VERDE MAGGIORE (Rana balcanica, Schneider, Sinsch et Sofianidou, 1993) E’ una rana di origine balcanica, introdotta nell’imperiese (Torrente Impero) nel 1942; da allora questa specie è andata espandendosi in tutta la Liguria occidentale - dal confine con la Francia sino al Loanese - a scapito delle forme autoctone: la rana verde minore (Rana esculenta) e la rana agile (Rana dalmatina); la sua diffusione lungo i corsi d’acqua verso l’entroterra della Piana di Albenga ha ormai raggiunto anche ambiti submontani. Le grandi dimensioni e la buona adattabilità ecologica sono le carte vincenti per la diffusione della specie; prevalentemente diurna, di solito è facile osservarla al sole nei pressi degli specchi acquei, anche artificiali ed inquinati, dalla fine di marzo sino a settembre-ottobre. Molto caratteristico è il canto, che si può sentire anche in pieno giorno, che ricorda vagamente una sonora risata: da qui il vecchio nome scientifico di Rana ridibunda (Pallas, 1771). Caratteristica distintiva, che consente di classificare la specie, è la gola, che si presenta macchiata di grigio, al contrario della rana verde minore, in cui è Rana verde maggiore (Rana balcanica) interamente bianca. 17 FAUNA IL MARTIN PESCATORE (Alcedo atthis, Linnaeus, 1758) La calma apparente dei corsi d’acqua e degli stagni è talvolta interrotta da un guizzo blu metallico che attraversa l’aria, spesso accompagnato da un sonoro fischio acuto e secco: è il martin pescatore, un uccelletto di discrete dimensioni - circa 16 cm di lunghezza - con un piumaggio inconfondibile dai colori sgargianti: blu metallico sul dorso e sul capo, arancione vivo sul petto. Appartiene all’ordine dei Coraciformi, che comprende gli uccelli più belli della nostra avifauna, osservabili nelle aree costiere dell’albenganese durante la stagione primaverile: gruccione (Merops apiaster), upupa (Upupa epops), ghiandaia marina (Coracias garrulus); sono tutte specie appartenenti a Famiglie con diffusione prevalentemente tropicale nel vecchio mondo che si sono adattatate ai climi temperati delle nostre latitudini. Il martin pescatore si può scorgere anche posato su rami sporgenti dall’acqua o sulla vegetazione in posizione dominante da cui può osservare la presenza di eventuali prede; queste sono costituite prevalentemente da pesciolini che afferra con il lungo becco tuffandosi in picchiata. Nidifica scavando una galleria negli argini o nelle scarpate terrose, sempre nei pressi degli specchi acquei; nel territorio ingauno è presente anche in inverno. Martin pescatore (Alcedo atthis) 18 FAUNA LA FAUNA ITTICA Vairone (Leuciscus souffia) Barbo canino (Barbus meridionalis) Anguilla (Anguilla anguilla) Lasca (Chondrostoma genei) Il fiume Centa ed il basso corso del torrente Arroscia ospitano una popolazione ittica degna di rilievo: sono infatti presenti, confermate dai rilevamenti compiuti per la redazione della Carta Ittica della Provincia di Savona nel 2002, specie come vairone (Leuciscus souffia), barbo (Barbus plebejus), barbo canino (Barbus meridionalis), lasca (Chondrostoma genei) (specie elencate nell’Allegato II della Direttiva 92/43 CEE “Habitat” che meritano la designazione di Zone Speciali di Conservazione), oltre a cavedano (Leuciscus cephalus), anguilla (Anguilla anguilla) ed Abramis brama; dati storici segnalano inoltre lo spinarello (Gasterosteus aculeatus). L’insieme di tali presenze, sebbene sia stata condizionata dall’attività pesca-sportiva, denota una discreta qualità dei corpi idrici ed individua, dal punto di vista faunistico, la “zona dei ciprinidi reofili”, caratterizzata da acque limpide e ben ossigenate con fondo ghaioso-sabbioso, tipiche dei grossi torrenti di fondovalle. La presenza di una piccola popolazione di Abramis brama - specie originaria dei grandi fiumi di pianura dell’Europa transalpina - nel Torrente Arroscia è certamente dovuta ad immissioni da parte dell’uomo, così come la possibile sporadica presenza di salmonidi (trota fario, trota iridea) è frutto del trasporto passivo di individui di ripopolamento rilasciati nei tratti torrentizi più a monte. Presso la foce del Centa, la presenza di acque salmastre influenza anche il popolamento ittico, che vede l’ingresso di specie eurialine, come muggine (Liza ramada) e spinarello. 19 TERRITORIO IL MARE PLIOCENICO Nel Pliocene, tra 1,85 e 5 milioni di anni fa, l’attuale Piana di Albenga era occupata da un braccio di mare che formava un’ampia insenatura, i cui fondali sabbioso-limosi, relativamente bassi, erano popolati da una grande varietà di molluschi, soprattutto Lamellibranchi e Gasteropodi. Questa fauna, caratteristica dell’antico Mar Mediterraneo, prima delle alterazioni subìte per effetto delle glaciazioni del Quaternario, ci indica la presenza di un mare caldo, con molte specie analoghe a quelle che attualmente si trovano in zone tropicali e specie molto simili a quelle che si rinvengono ancora oggi nei nostri mari. I resti di questi animali si sono depositati in grandi quantità negli avvallamenti del fondale marino, inglobati in sedimenti costituiti prevalentemente da argille azzurre, che hanno garantito la conservazione dei fossili; la matrice tenera della roccia nei quali sono inglobati ha potuto garantire uno stato di conservazione eccezionale dei reperti. La tutela di questo patrimonio paleontologico ha portato, nel 1985, all’istituzione della Riserva Naturale Regionale di Rio Torsero, sito di importanza a livello nazionale per l’abbondanza e lo stato di conservazione dei fossili pliocenici. Le marne e le argille dei fondali più profondi sono successivamente state ricoperte da sedimenti argilloso-sabbiosi, alternati ancora ad argille. Oggi questi terreni, identificati con il nome di “Argille di Ortovero”, affiorano in diversi punti posti ai margini della Piana, ad un’altitudine compresa tra 40 ed 90 metri s.l.m. Successivamente, gli apporti detritici dei torrenti colmarono progressivamente l’estremità dell’insenatura, dando forse origine a complessi deltizi anche piuttosto estesi. Testimonianza di questa seconda fase sono rocce formate dalla cementazione delle sabbie e dei ciottoli trasportati dai corsi d’acqua, chiamate “Conglomerati del Monte Villa”, note anche localmente con il nome di “Pietra di Cisano”. L’ultima fase pliocenica di riempimento della baia ingauna è testimoniata da terreni conglomeratici più recenti, aventi spesso colorazione rossastra, probabilmente dovuta all’alterazione pedogenetica della componente carbonatica, fase probabilmente avviatasi nel Villafranchiano circa un milione di anni fa. Fossili pliocenici di Molluschi (Gasteropodi e Bivalvi) 20 TERRITORIO LE CAVE DI ARGILLA Lo sfruttamento dei giacimenti di argilla è stata un’attività piuttosto importante per il comprensorio ingauno, che ha raggiunto il culmine tra fine Ottocento e la prima metà del Novecento; all’attività estrattiva era collegata quella delle fornaci per la cottura dei prodotti lavorati, soprattutto laterizi per l’edilizia, che sorgevano in diversi punti della Piana di Albenga. Cave di argilla, ormai dismesse, si trovano nelle vicinanze di Ortovero, Villanova d’Albenga, Salea e Cenesi; il riutilizzo da parte dell’uomo dei siti più estesi e più facilmente raggiungibili è stato soprattutto quello di discarica di inerti, ma in molte località alla dismissione dell’attività estrattiva è seguito l’abbandono, che ha consentito alla “natura” di riprendersi i propri spazi, dando origine ad ambienti molto interessanti. L’impermeabilità dell’argilla ha favorito l’accumulo delle acque piovane nelle depressioni e negli avvallamenti scavati nel corso dell’attività estrattiva, dando origine a stagni di varia dimensione e profondità, oltre a pozze temporanee; la presenza più o meno Ex cava di argilla Valloni permanente dell’acqua ha permesso la colo(Villanova d’Albenga) nizzazione dei suoli da parte di vegetazione tipicamente legata alle zone umide: giunchi, canne, tife, ma anche salici, ontani e pioppi. Gli ambienti che si sono formati a seguito di questa naturalizzazione dei vecchi siti estrattivi costituiscono oggi le ultime zone di rifugio per la fauna che, legata alle zone palustri, un tempo disponeva di ampie superfici della Piana di Albenga: la tutela di questi habitat è diventata di importanza fondamentale per la salvaguardia dei siti riproduttivi di invertebrati acquatici, di anfibi e della testuggine palustre. Calanchi nella ex cava di argilla Valloni Le pareti verticali dei vecchi fronti di cava, sottoposte all’azione dilavante delle acque meteoriche, hanno invece dato origine a morfologie di tipo calanchivo. Sulle falesie si insedia a fatica una scarsa vegetazione erbacea legata ad ambienti secchi e, solo in alcuni punti, specie arbustive della macchia mediterranea. Sono gli habitat tipici dei rettili più grandi della nostra fauna: la lucertola ocellata (Timon lepidus) ed il colubro lacertino (Malpolon monspessulanus), mentre le pareti verticali nei pressi dell’acqua sono i siti preferenziali per la nidificazione del martin pescatore (Alcedo atthis). Stagno nella ex cava di argilla Valloni 21 TERRITORIO ALBENGA: CITTÀ ROMANA Albium Ingaunum, la potente capitale della tribù dei Liguri Ingauni, estendeva il proprio controllo da Finale a Sanremo; fondata tra il VI ed il IV secolo a.C., si oppose tenacemente all’espansionismo romano sino al 181 a.C., quando il proconsole L. Emilio Paolo riuscì a sottomettere le genti della Piana. La nuova città romana, rinominata Albingaunum, viene fondata e racchiusa da mura, secondo il tipico schema planimetrico a castrum; il territorio del municipium ricalca quello di influenza degli Ingauni: da Finale a Sanremo e, verso l’entroterra, sino a Ceva e Mondovì. Nel 13 a.C., con l’apertura della via Julia Augusta, la città cresce progressivamente di importanza come centro di scambi commerciali con la Gallia e, grazie al porto, con il Mediterraneo occidentale. Solo tra i secoli II e III d.C. viene abbattuta la vecchia cinta muraria, aprendo la città verso i nuovi suburbi che andavano sviluppandosi extra moenia, soprattutto lungo la via Julia Augusta verso la collina del “Monte”, il promontorio che s’innalza dalla costa in località Vadino chiudendo la pianura verso Ponente. Oltre alle tracce delle terme, dell’acquedotto e di vari recinti funerari seppelliti nell’attuale alveo del Centa, sono rimaste altre testimonianze di questo florido periodo sia sul “Monte” – forse già sede dell’oppidum preromano – sia lungo la via Julia Augusta in direzione di Alassio; nel primo sito sono visibili i resti dell’anfiteatro e, poco distante, un monumento funerario del I secolo, detto “Il Pilone”, restaurato nelle forme attuali nel 1892; lungo l’antica strada per la Gallia sono invece venuti alla luce i resti di una necropoli con ampi recinti funerari e varie tombe, tra cui un interessante “colombario”, databili in gran parte attorno al I secolo d.C. In città, all’interno del perimetro delle vecchie mura, i resti di epoca romana giacciono sepolti sotto i basamenti degli edifici medioevali: in occasione di scavi per nuove costruzioni, sono state rinvenute tracce di ville patrizie, di un grande edificio a pianta centrale - forse un mercato - oltre ai basamenti delle mura repubblicane, alle quali si sovrapposero, attorno al 417, quelle fatte erigere da Costanzo, generale dacio di Onorio e futuro Imperatore, per far fronte alle invasioni di Goti e Vandali. Un importante monumento giunto sino ad oggi la cui origine viene fatta risalire alla ristrutturazione urbanistica di Albingaunum avviata da Costanzo, è il Battistero, con i suoi stupendi mosaici bizantini. Con la realizzazione delle mura costantiniane, la città si racchiude nuovamente entro il perimetro urbano originario dell’impianto repubblicano, entro il quale rimarrà, pur libero e fiorente Comune marinaro, attraverso tutto il Medioevo sino al XX secolo. Via Julia Augusta: resti di un sito funerario di epoca romana ITINERARIO 22 Carta del territorio. Aree colorate: Siti di Importanza Comunitaria “Torrente Arroscia e Centa” e “Lerrone-Valloni”. Tratteggio colorato: itinerario di visita. (base cartografica in scala 1:50.000 Regione Liguria) 23 L’itinerario proposto consente la visita dei più importanti ambienti fluviali della Piana d’Albenga che, in alcuni casi, costituiscono gli ultimi lembi rimasti di un vasto ed articolato sistema di zone umide che si estendeva dalla costa sino alle prime propaggini collinari dell’entroterra. Il percorso, della lunghezza complessiva di circa 8 km, si articola in una serie di stazioni che possono essere raggiunte sia in auto, sia in bicicletta; quest’ultimo mezzo è certamente il più adatto alla visita di questa piccola pianura ligure. L’itinerario inizia dalla foce del Centa, posta di fronte all’Isola Gallinara, per proseguire lungo la strada che costeggia l’alveo sul lato orografico sinistro, oltrepassando il ponte ferroviario. La foce del Centa La foce del Centa è un ambiente assai particolare, somma degli effetti congiunti del moto ondoso, delle maree, del flusso e dell’apporto detritico del corso d’acqua. La posizione attuale della foce è da farsi risalire alla metà del XIII secolo quando, forse con l’aiuto dei Genovesi, il Centa deviò il proprio corso a monte dell’abitato di Albenga, andando a lambire le mura meridionali della città; la vecchia foce era probabilmente localizzata nei pressi dell’attuale tratto terminale del Rio Antognano o del Rio Carenda. Il fiume, nel suo nuovo alveo, rapidamente causò l’interramento del porto, contribuendo al lento e progressivo declino della città. Da allora il mare continuò ad arretrare a causa degli apporti alluvionali del fiume: testimonianza di tale fenomeno è data da un fortino costruito nel 1566 dalla Repubblica genovese a difesa del litorale, che esiste ancora oggi a circa 200 metri dall’attuale linea di costa. L’ambiente naturale della foce è stato notevolmente alterato in periodi recenti, in favore di una potenziale fruizione pubblica: sono così scomparse sulla sponda sinistra le fasce di fitto canneto mentre il bosco ripariale è stato diradato impedendo la rinnovazione naturale della vegetazione; permangono interessanti lembi di prato umido nella zona a contatto con la spiaggia. La riva destra è attualmente in migliori condizioni, con un esteso canneto a cannuccia di palude (Phragmites australis) e tifa (Typha latifolia). Tale ambiente ospita le ultime presenze di iris palustre (Iris pseudacorus) e una grande varietà di specie di uccelli – soprattutto anseriformi e Iris palustre (Iris pseudacorus) alla foce del fiume Centa Airone guardabuoi (Bubulcus ibis) Fischione (Anas penelope) Moriglione (Aythya ferina) ITINERARIO ITINERARIO DI VISITA 24 ITINERARIO limicoli – che vi stazionano durante l’inverno e vi transitano durante i periodi migratori. In periodo invernale sono presenti moriglioni (Aythya ferina) e, meno numerosi ma assai frequenti, morette (Aythya fuligula), tuffetti (Tachybaptus ruficollis), porciglioni; durante i passi migratori sono invece frequentatori abituali svassi piccoli (Podiceps nigricollis), piovanelli (Calidris spp.), piro piro (Tringa spp.), oche selvatiche (Anser anser), fistioni turchi (Netta rufina), fischioni (Anas penelope); durante tutto l’anno è facile osservare cormorani (Phalacrocorax carbo), folaghe (Fulica atra), germani reali, gabbiani reali (Larus argentatus) e gabbiani comuni (Larus ridibundus). • Superato il ponte a struttura metallica “Viveri” sono visibili in alveo numerosi resti di vecchie costruzioni; il percorso costeggia le mura meridionali della città medievale nelle quali si aprono la piccola Porta del Pertuso e, proseguendo, la più importante Porta Arroscia, posta in corrispondenza del cardine massimo della città romana, l’attuale Via Medaglie d’Oro. Gli scavi archeologici In corrispondenza del centro storico di Albenga, ancora oggi racchiuso dalle mura erette nel medioevo sulle fondamenta di quelle romane, l’attuale alveo del Centa reca, in parte nascoste tra i sedimenti, le importanti testimonianze architettoniche di quello che è stato il periodo di massima espansione della città, avvenuto durante l’epoca imperiale (secc. IIIII d. C.). Nel 2001-2002, durante gli scavi effettuati per la messa in sicurezza degli argini, sono emerse dall’alveo fluviale le tracce di un grande edificio termale di età medio-imperiale (databile tra la fine del II e gli inizi del III secolo d. C.) che doveva occupare una superficie di almeno 2000 metri quadrati; sono stati identificati una grande piscina all’aperto (natatio), il frigidarium ed un presunto tepidarium. Sovrapposte alle strutture romane sono state rinvenute tracce di un edificio di culto paleocristiano (V-VI secolo), con annessa San Clemente necropoli ed una vasca battesimale, inglobati nel complesso medioevale di S. Clemente, opera dei Cavalieri Gerosolimitani, risalente al sec. XIII. La chiesa era ridotta in rovine già alla fine del XVI secolo; solo l’abside centrale restò come cappella campestre sino alla fine del sec. XIX. Più a monte, altri basamenti murari consentono di riconoscere la presenza di un acquedotto (del quale restano nove pile) e di recinti funerari, oltre a frammenti di altre strutture, risalenti all’età romana imperiale. • Superata la cinta muraria si prosegue verso monte, oltrepassando il viadotto dell’ “Aurelia bis”; una rotatoria consente di continuare il percorso lungo l’argine, dove una pista ciclabile che si affaccia sull’alveo offre la possibilità di osservare il fiume e le relative sponde. Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) Il Centa a monte di Albenga Dalla via che costeggia l’argine lungo la sponda sinistra del Centa, si può osservare il progressivo cambiamento delle caratteristiche del corso d’acqua; questo, meno soggetto all’influenza delle maree o del moto ondoso marino, si stringe tra sponde con depositi ghiaiosi colonizzati da vegetazione oggi prevalentemente erbacea, caratterizzata soprattutto dall’esotica acclimatata Verbena (Verbena bonariensis); nei pressi, qualche maestoso pioppo nero (Populus nigra) sopravvissuto alle “manutenzioni idrauliche”, 25 ITINERARIO resta ormai solitario testimone della vegetazione naturale tipica delle sponde fluviali. I fondali del corso d’acqua diventano meno profondi e lateralmente si formano pozze di acque stagnanti; in questi ambienti sono osservabili, durante i periodi migratori, cavalieri d’Italia (Himantopus himantopus) e, più raramente, avocette (Recurvirostra avosetta) ed aironi bianchi maggiori (Casmerodius albus), oltre ai comuni aironi cenerini, gallinelle Stagno permanente d’acqua, gabbiani e garzette (Egretta garzetta), che sono invece presenti tutto l’anno. Nella bella stagione, presso l’acqua è facile localizzare le rane verdi maggiori ascoltandone il canto particolarmente sonoro: una presenza estranea alla fauna autoctona, che ha sottratto spazio ad altri anfibi maggiormente esigenti dal punto di vista ecologico. • La pista ciclabile si interrompe presso Leca, all’altezza della confluenza tra il Torrente Neva ed il Torrente Arroscia; dopo essersi immessi sulla viabilità principale, si arriva ad un incrocio con semaforo e, svoltando a sinistra, si imbocca la strada della Valle Arroscia in direzione Pieve di Teco. Appena superato il ponte sul Neva, una stradina asfaltata che si stacca sulla sinistra in breve affianca l’argine fluviale costeggiando campi coltivati. Abbandonato l’asfalto si prosegue a piedi seguendo una breve pista che costeggia la sponda destra del torrente Neva sino alla sua confluenza con l’Arroscia: è qui che ha geograficamente inizio il fiume Centa. Le zone umide alla confluenza dei torrenti Neva ed Arroscia Anche in questa zona le condizioni ambientali sono profondamente cambiate dopo gli interventi di manutenzione sugli alvei che sono stati realizzati a seguito degli eventi alluvionali del 1994 e del 2000; lungo le rive, le fasce di vegetazione erbacea, cui si affiancavano quelle a vegetazione arbustiva ed arborea, hanno lasciato il posto a distese di ghiaia. Sui suoli più distanti dal letto fluviale, l’eliminazione dello strato arbustivo ed il pascolamento eccessivo di ovini ha favorito la diffusione di piante spinose e nitrofile, impedendo la formazione di un soprassuolo più evoluto. Garzetta (Egretta garzetta) Nei pressi sono ancora presenti due stagni, forse residuo di una vecchia lanca del Torrente Arroscia, ormai isolati dall’alveo fluviale ed in fase di progressivo interramento. Ciononostante, la zona è ancora uno dei punti di maggior interesse avifaunistico dell’intera Piana di Albenga; i fondali a profondità variabile, la presenza di un folto canneto, grandi alberi ed una buona copertura arbustiva in vicinanza delle acque correnti e degli spazi aperti del greto, sono un richiamo per gli uccelli acquatici e di canneto durante tutto l’anno. Nel periodo estivo sono abitualmente presenti gallinella d’acqua, germano reale, nitticora (Nycticorax nictycorax), usignolo di fiume (Cettia cetti), beccamoschino (Cisticola juncidis), cannareccione, canapino, martin pescatore (Alcedo atthis), airone cenerino, garzetta; in inverno ed in periodo migratorio sono invece frequenti: sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), tarabusino, airone rosso, porciglione, tuffetto, migliarino di palude (Emberiza schoeniclus), forapaglie castagnolo (Acrocephalus melanopogon) oltre a diverse specie di anatre, più o meno occasionali: fischione (Anas penelope), codone (Anas acuta), fistione turco (Netta rufina), alzavola (Anas crecca), canapiglia (Anas strepera). Il progressivo interramento degli invasi sta però velocemente riducendo la superficie occupata da acque libere e relativamente profonde che costituiscono gli ambienti indispensabili 26 per la presenza di molte specie legate agli habitat umidi. Il torrente Arroscia a Villanova d’Albenga • Si riprende quindi la strada per Pieve di Teco e, dopo aver imboccato la deviazione per Villanova d’Albenga, si giunge in breve al borgo medievale; oltrepassato il ponte sul Torrente Arroscia, si raggiunge un ampio parcheggio in prossimità delle mura. Più avanti, dopo aver percorso una breve strada sterrata adiacente al campo da calcio, è possibile scendere nell’alveo del Torrente Arroscia. Il Torrente Arroscia a Villanova d’Albenga Il borgo fortificato di Villanova d’Albenga fu fatto erigere dal Comune di Albenga verso il 1250 alla confluenza tra i torrenti Lerrone ed Arroscia per difendere i propri confini dai feudatari dell’entroterra, secondo uno schema planimetrico a “castrum” che riprendeva quello della stessa Albenga. Greto fluviale con Papavero cornuto Oggi l’ambiente fluviale è caratterizzato da (Glaucium flavum) estesi ghiareti e da opere di protezione spondale – argini e pettini – recentemente ripristinate impiegando la tecnica delle gabbionate. In realtà il greto ciottoloso, in questo tratto di asta fluviale, era molto esteso anche prima dei più recenti interventi, ma sui margini più esterni dell’alveo era presente una cospicua fascia a vegetazione prevalentemente arbustiva ed alcune zone di acqua stagnante attorno alle quali si erano potuti formare boschetti di pioppi, ontani e salici. Questi habitat sono scomparsi in parte a causa del naturale interramento degli invasi ed in parte per opera diretta dell’uomo; certamente la biodiversità che caratterizzava questo tratto di torrente è andata perduta. La vegetazione del ghiareto annovera poche specie erbacee a ciclo annuale; tra queste riveste comunque una certa importanza la presenza del papavero cornuto (Glaucium flavum). Perfettamente mimetizzati tra i sassi arrotondati vivono corrieri piccoli (Charadrius dubius) e piro piro piccoli (Actitis hypoleucos) ai quali si aggiungono, durante i periodi migratori o in inverno, gruppi di pavoncelle (Vanellus vanellus) e, più raramente, qualche occhione (Burhinus oedicnemus). Ma le ampie distese di ghiaia e la presenza di acqua sono un richiamo anche per altri uccelli migratori: con un buon paio di binocoli, una visita al torrente durante i periodi di “passo” può offrire sempre piacevoli sorprese. • Si prosegue lungo la viabilità principale in direzione Garlenda. Presso il confine tra i comuni di Villanova e di Garlenda, svoltando a sinistra dalla strada provinciale di fondovalle e seguendo le indicazioni “S. Rocco” e “Buca 11”, dopo circa 200 metri, si raggiunge la bella chiesetta di S. Rocco. La Roverella di San Rocco La roverella di S. Rocco Nei pressi della chiesetta barocca di S. Rocco si trova una roverella (Quercus pubescens, Willd.) di circa 300 anni, compresa nell’elenco degli alberi monumentali della Regione Liguria; con un’altezza di 24 metri ed una circonferenza del tronco di ben 461 centimetri, domina il tranquillo paesaggio tra prati ed uliveti, in parte utilizzati come campo da golf. 27 • Riprendendo la viabilità principale di fondovalle, si attraversa l’abitato di Garlenda sino alla località Villafranca dove, dal parcheggio situato presso i campi da tennis, ha inizio un breve sentiero naturalistico. ITINERARIO La roverella è una quercia a chioma semipersistente diffusa nell’Europa centro-meridionale (Francia, Italia, Europa Orientale, Grecia) ed in alcune regioni dell’Asia minore; predilige zone a clima piuttosto caldo e non troppo umido, si adatta bene a suoli poveri anche molto calcarei, ma è molto sensibile al gelo e non tollera ristagni idrici. La presenza di quest’albero in prossimità di chiese o altri edifici a carattere religioso è assai frequente: in questi casi il suo valore simbolico ha favorito un atteggiamento di rispetto nei confronti della pianta, permettendole di raggiungere dimensioni particolarmente ragguardevoli. Il torrente Lerrone a Garlenda Il Torrente Lerrone a Garlenda In corrispondenza dell’abitato di Garlenda, il letto del Torrente Lerrone abbandona il materiale alluvionale quaternario, che caratterizza la parte più recente della Piana di Albenga, per impostarsi sulle rocce del substrato. Mentre lungo la sponda orografica sinistra continuano ad essere presenti, per un certo tratto, le coperture marine plioceniche e quaternarie, sul versante destro si susseguono, procedendo verso monte, le unità tettoniche di Colla Raganella mediterranea Domenica-Leverone, di Borghetto e di Moglio-Testico; (Hyla meridionalis) quest’ultima, in particolare, comincia ad affiorare presso il confine con il Comune di Casanova Lerrone. Tali unità, assai simili tra loro, fanno parte delle cosiddette sucessioni flyschoidi della Liguria Occidentale e la loro formazione, dovuta a depositi marini posti al margine della piattaforma continentale paleoeuropea, viene fatta risalire tra il Cretaceo (140-65 milioni di anni fa) ed il Paleocene-Eocene (65-55 milioni di anni fa). Il sentiero naturalistico di Garlenda, realizzato per iniziativa della locale scuola elementare, si snoda lungo un’antica mulattiera che costeggia il corso del torrente; oltre alle più significative specie di piante tipiche dell’ambiente circostante, è possibile osservare caratteristici scorci del torrente e delle formazioni vegetali delle sponde. Nei tratti iniziale e finale del sentiero è possibile discendere presso il torrente, dove si possono vedere da vicino gli ambienti che caratterizzano l’alveo. La vegetazione ed il paesaggio alternano orti e frutteti, ricavati in piccoli terrazzamenti strappati ai ripidi versanti collinari che racchiudono l’alveo del torrente, e pregevoli formazioni di vegetazione riparia. Accanto alle più diffuse specie fruttifere come meli (Malus domestica), ciliegi (Prunus avium), susini (Prunus x domestica) e peschi (Prunus persica), troviamo specie spontanee tipiche delle rive: salici bianchi (Salix alba), ontani neri (Alnus glutinosa), pioppi neri (Populus nigra), a cui si affiancano quelle dei versanti collinari limtrofi: roverelle (Quercus pubescens), pinastri (Pinus pinaster), lecci (Quercus ilex). Osservando con molta attenzione, non è difficile scoprire alcuni uccelli legati agli ambienti acquatici: martin pescatore (Alcedo atthis), airone cenerino, merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), ma anche rettili in termoregolazione: lucertola campestre (Podarcis muralis), orbettino, biacco (Hierophis viridiflavus), natrice viperina (Natrix maura), testuggine palustre (Emys orbicularis) oltre ad anfibi come la rana verde maggiore ed il rospo comune. 28 COME PREPARARSI ALL’ESCURSIONE Per effettuare un’escursione naturalistica occorre equipaggiarsi in modo adatto: indossare scarponcini o stivali di gomma ed abiti comodi e robusti, dai colori poco vistosi. È inoltre opportuno vestirsi a strati, tenendo conto della stagione, dell’ora e delle condizioni meteorologiche. In estate è consigliabile dotarsi di un copricapo e di una sufficiente scorta d’acqua. Un piccolo binocolo è indispensabile per l’osservazione naturalistica; molto utili saranno anche una macchina fotografica o una videocamera. Una lente d’ingrandimento potrà rivelarsi insostituibile per osservare i particolari di un fiore o di un insetto. Per annotare le osservazioni e per fare disegni occorre un taccuino tascabile, con matita e gomma. Per riuscire ad osservare la fauna, durante l’escursione bisogna muoversi con lentezza ed in assoluto silenzio, evitare movimenti bruschi ed improvvisi, fermarsi spesso ed evitare di stare in piedi allo scoperto. NORME DI COMPORTAMENTO È bene ricordare alcune norme di comportamento cui attenersi scrupolosamente durante la visita ad aree naturali protette, per evitare di lasciare tracce della nostra presenza, di arrecare disturbo alla fauna o di danneggiare le piante e l’ambiente in generale. In particolare NON BISOGNA: * accendere fuochi * abbandonare rifiuti * danneggiare alberi, arbusti, erbe e, in particolare, fiori * asportare rocce, minerali, fossili, reperti archeologici * usare mezzi motorizzati fuori dalle strade carrozzabili * causare disturbo o danneggiare gli animali * fare rumori inutili e schiamazzi * uscire dai percorsi individuati 29 IL PROGETTO EMYS Il progetto di conservazione della testuggine palustre albenganese, specie gravemente minacciata di estinzione, nasce dall’impegno congiunto di numerose istituzioni: la Provincia di Savona, l’Università di Genova, il Coordinamento Provinciale di Savona del Corpo Forestale dello Stato, la Comunità Montana Ingauna, la Fondazione Acquario di Genova, Pro Natura Genova, WWF Liguria, con la collaborazione dei Comuni di Albenga, Garlenda e Villanova d’Albenga e con il supporto operativo delle Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia di Savona. Il progetto ha l’obiettivo di tutelare questa rarissima specie cercando di salvarla dall’estinzione attraverso le seguenti azioni: * interventi di conservazione degli habitat naturali nei quali la specie è ancora presente, * recupero di esemplari in cattività o in habitat a grave rischio di sparizione, * realizzazione e gestione del Centro Emys di Leca d’Albenga, * allevamento in condizioni semina- Una fase delle ricerche in natura Un esemplare marcato con radiotrasmettitore progetto EMYS Femmina di testuggine palustre ingauna progetto EMYS 30 Attività didattiche al Centro Emys turali e rilascio di giovani esemplari nati al Centro Emys in aree naturali protette dell’albenganese, * ricerca scientifica applicata alla specie e monitoraggio dei nuclei ancora presenti in natura, * sensibilizzazione ed educazione ambientale, con interventi didattici e visite al Centro Emys, * realizzazione del Centro Visite con area curatoriale all’Acquario di Genova, * realizzazione di Centro visite presso il Centro Emys di Leca d’Albenga. Il progetto, approvato dalla Direzione Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente, ha trovato anche il sostegno della Regione Liguria attraverso un contributo dell’Unione Europea. COME AIUTARE LA TESTUGGINE PALUSTRE ALBENGANESE * Non liberare mai, per nessun motivo, tartarughe esotiche nell’ambiente naturale! * Le testuggini acquatiche americane dei generi Chrysemys, Pseudemys e Trachemys minuscole quando acquistate nei negozi di animali, ma in grado di diventare molto più grandi della testuggine ingauna - si adattano senza problemi al nostro clima e rappresentano, a causa della competizione per il cibo, un’ulteriore minaccia per quest’ultima. Pensaci bene prima di comprarne una: non si tratta di un giocattolo, ma di un animale selvatico, il quale dovrebbe trovarsi soltanto nel suo habitat naturale, in qualche fiume o palude degli Stati Uniti. Che cosa ne farai quando peserà 2 Kg? * Se ti capita di osservare una testuggine acquatica, annota tutte le informazioni utili per ritrovare la località esatta e trasmetti la segnalazione alla Provincia di Savona. Sarà così possibile proteggerne l’habitat, se si tratta di una Emys, oppure prelevarla per affidarla ad un apposito centro, se si tratta di una specie esotica. * Segnala allo stesso indirizzo qualsiasi fenomeno di distruzione o degrado di ambienti umidi di cui sei venuto a conoscenza. * Se ti piace pescare, sappi che le testuggini ingaune, putroppo, abboccano all’amo e possono subire gravi danni in questo modo. Per favore evita quindi di pescare nelle acque dolci stagnanti dell’Albenganese da aprile a ottobre: loro te ne saranno grate. Se ti capitasse di pescare una testuggine e non riuscissi a liberarla dall’amo, contatta subito la Provincia di Savona, oppure la stazione di Albenga del Corpo Forestale dello Stato, che si occuperanno di affidarla al più presto ad un veterinario competente. * Non farti tentare a tenere in cattività - contravvenendo alle leggi vigenti che prevedono severe sanzioni - una testuggine ingauna: ogni individuo è preziosissimo per l’ambiente naturale! Se ne sei già in possesso, contatta la Provincia di Savona: grazie alla tua sensibilità, potrà essere reinserita in un ambiente naturale protetto. * Contattando lo stesso indirizzo, potrai visitare il Centro Emys di Albenga: sarà un’esperienza indimenticabile! Potrai visitare altre strutture per l’allevamento di questa sottospecie anche nell’ambito del percorso “Dietro le Quinte” dell’Acquario di Genova (www.acquariodigenova.it) e alla Città dei Bambini di Genova (www.cittadeibambini.net). 31 Il Centro “EMYS”, situato nel vivaio forestale della Comunità Montana Ingauna a Leca d’Albenga, è stato costruito nel 2000 su iniziativa della Provincia di Savona ed è la struttura indispensabile per la salvaguardia e il recupero della testuggine palustre ingauna. Qui viene condotto il programma di riproduzione in semicattività degli esemplari, coordinato dall’Acquario di Genova. Il Centro consiste in una struttura modulare, di superficie totale intorno ai 200 m2, al cui interno sono state ricavate quattro zone adibite ad altrettanti funzioni. Due zone esterne (rispettivamente destinate al mantenimento degli adulti e dei giovani) contengono al loro interno una vasca ed un sito di svernamento ombreggiato. La terza zona consiste in un sito per la deposizione delle uova, ricoperto da sabbia di fiume, al cui interno è stata alloggiata una piccola vasca per accogliere i neonati dopo la schiusa. L’ultima zona viene utilizzata per i giovani nati presso il Centro. Durante i primi due anni di vita i giovani nati al Centro vengono ospitati all’Acquario di Genova; nella primavera successiva, vengono riportati al Centro per l’acclimatazione in condizioni simili a quelle naturali; successivamente saranno liberati in natura, nelle aree naturali protette della Piana Albenganese. Il Centro e gli interventi di conservazione correlati sono gestiti da un Gruppo di Lavoro formato da Provincia di Savona, Comunità Montana Ingauna, Acquario di Genova, Coordinamento Provinciale di Savona del Corpo Forestale dello Stato, Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse (DIP.TE.RIS.) dell’Università di Genova, Pro Natura Genova, WWF Liguria. Come raggiungere il Centro: dalla S.P. 582 Albenga-Garessio, all’altezza della rotatoria in località “Polo 90” a Leca (circa 1 km a monte del casello autostradale di Albenga), imboccare la strada per Campochiesa e, dopo circa 800 m, seguire le indicazioni per la stazione del Corpo Forestale dello Stato. Il Centro è visitabile solo su prenotazione per scolaresche o gruppi organizzati (info: Provincia di Savona, Ufficio Parchi e Aree Protette). Neonato di testuggine palustre Centro EMYS IL CENTRO “EMYS” PER LA RIPRODUZIONE DELLA TESTUGGINE PALUSTRE INGAUNA Mappa del Centro Emys: 1. vasca giovani - 2. sito ibernazione - 3. sito deposizione - 4. vasca neonati - 5. vasca adulti Vasca adulti Panoramica del Centro Emys Nascita di una piccola testuggine palustre al Centro Emys 32 PER SAPERNE DI PIÙ AA.VV. (1994) - Atlante degli Anfibi e Rettili della Liguria - Regione Liguria. Cataloghi dei beni naturali. AA.VV. (1989) - Atlante degli Uccelli nidificanti in Liguria - Regione Liguria. Cataloghi dei beni naturali. Baccino P. (2003) - Orchidee spontanee della provincia di Savona - Provincia di Savona. European Commission DG Environment (2003) - Interpretation manual of European Union habitat. Genta P., Rossi C. (2004). Savona Natura - Guida al patrimonio naturale della provincia di Savona. Erga Edizioni. Jesu R., Piombo R., Salvidio S., Lamagni L., Ortale S. & Genta P. (2004). Un nuovo taxon di Testuggine palustre endemico della Liguria occidentale: Emys orbicularis ingauna n. ssp. (Reptilia, Emydidae). In: Annali del Museo Civico di Storia Naturale “G. Doria”, Vol. XCVI: 133-192. Jesu R., Mamone A., Lamagni L. & Ortale, S. (2000). Nuovi dati sulla presenza del pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus) e della testuggine palustre europea (Emys orbicularis) in Liguria. In: Giacoma C. - Atti I Congresso Nazionale Societas Herpetologica Italica, Mus. Reg. Sc. Nat. Torino: 611-618. Jesu, R., Salvidio S., Lamagni L., Ortale S., Piombo R., Mattioli F., Mamone A. & Mulattiero E. (1999). The European pond terrapin Emys orbicularis in Liguria (NW Italy): status and conservation measures undertaken. In: 2° International Symposium on Emys orbicularis. Chelonii: 123-126. Mariotti M., Arillo A., Parisi V., Nicosia E., Diviacco G. (2002) - Biodiversità in Liguria: La rete Natura 2000 - Regione Liguria. Mariotti M. (2005) - Valori e rarità della Flora Ligure - Regione Liguria. Spanò S., Truffi G., Burlando B. (1998) - Atlante degli Uccelli svernanti in Liguria - Regione Liguria. Cataloghi dei beni naturali. Zotti M., Traverso M. (2004) - Funghi della provincia di Savona - Provincia di Savona. COME SI ARRIVA In autobus: In treno: In auto: Aeroporto: ACTS Savona, tel. 019 22011 - www.acts.it SAR Albenga, tel. 0182 21544 - www.sar-bus.com linea Genova - Ventimiglia (stazione di Albenga) SS 1 Aurelia; SP 582 Albenga - Garessio; autostrada A10 Genova - Ventimiglia, uscita casello di Albenga. “C. Panero” - Villanova d'Albenga - www.rivierairport.it INDIRIZZI E NUMERI UTILI Provincia di Savona www.provincia.savona.it Via Sormano, 12 - Savona Ufficio Parchi ed Aree Protette Tel. 019 8313316 / 019 8313302 [email protected] Acquario di Genova www.acquariodigenova.it Ponte Spinola, Area Porto Antico - Genova Tel. 010 23451 Corpo Forestale dello Stato Stazione di Leca d'Albenga Tel. 0182 20010 Emergenza ambientale: 1515 Comunità Montana Ingauna Via Nicolari, 5 - Albenga Tel. 0182 53457 Centro di Educazione Ambientale Ingauno Casanova Lerrone, fraz. Marmoreo Tel. 0182 74377 [email protected] Informazioni turistiche APT Riviera delle Palme www.inforiviera.it Albenga Viale Martiri della Libertà,1 - Tel 0182 558444 Garlenda Via Roma, 4 - Tel 0182 582114 Villanova d'Albenga Via Garibaldi, 5 - Tel 0182 582498 Questo progetto è svolto con la collaborazione di Università di Genova DIP.TE.RIS Corpo Forestale dello Stato Coordinamento Provinciale di Savona La tutela e la valorizzazione della Rete “Natura 2000”, la rete ecologica europea composta da Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale, rappresenta una formidabile occasione per la conservazione della biodiversità, ancora straordinariamente ricca nel nostro territorio. Questo volumetto rappresenta una sintetica ma esauriente guida ai Siti di Importanza Comunitaria dell’Albenganese, nei quali si trovano alcuni dei più importanti ambienti fluviali costieri della nostra provincia. Arricchito da indicazioni e spunti per la visita, potrà costituire utile riferimento per l’osservazione diretta del meraviglioso - ma purtroppo fragile - mondo degli ultimi stagni e torrenti nei quali sopravvive la straordinaria testuggine palustre ingauna, unico vertebrato endemico della Liguria, minacciato di estinzione ed al centro di un importante progetto di salvaguardia che coinvolge numerose istituzioni. Auspichiamo quindi che questa pubblicazione possa svelare, agli occhi del visitatore incuriosito, aspetti della natura del nostro territorio talvolta poco conosciuti ma comunque eccezionali, da preservare per le generazioni future. L’Assessore ai Parchi ed Aree Protette della Provincia di Savona Progetto cofinanziato da Unione Europea-Obiettivo 2 FESR