Marco Porta
METODO CLASSICO
Si può definire spumante un vino che, grazie ad una rifermentazione in recipiente
chiuso o in bottiglia, è diventato ricco di anidride carbonica che lo fa spumeggiare
quando si versa nel bicchiere. Il classico metodo di rifermentazione è quello francese
«Metodo Champenoise». In Italia prende il nome di Metodo Classico.
Vi è inoltre un altro metodo ed è quello a fermentazione forzata in recipiente chiuso
od autoclave denominato Metodo Charmat.
«Passai accanto a duecento persone e non riuscii a vedere un solo essere
umano.»
Charles Bukowsky
Non ho mai sopportato il Natale!
Da sempre credo, almeno per quel che mi è dato di ricordare. Non so se
sia stato così anche da bambino, o fino a quando possa aver gioito
dell’eccitante, insonne attesa della vigilia, prima di assaporare la scoperta
dei doni. Sicuramente non oltre l’inizio della scuola, dove, una solerte e
pratica Maestra, ci svezzò molto presto all’inesistenza dei misteriosi
dispensatori di simili gentilezze.
Per il resto, solo fastidio, dolore e solitudine!
Come si può, infatti, essere immuni a tutto ciò che accade in un mese di
pura follia umana? Forse da ricchi sarebbe diverso, ci si potrebbe
comprare una scappatoia od una fuga, andare in qualche posto lontano da
rotte turistiche e non interessato da questo evento; oppure con una bella
famiglia strutturata si potrebbe fingere a beneficio dei figli. Più
probabilmente bisognerebbe avere una buona dose di superficialità ed una
soglia di sensibilità molto bassa. Personalmente invece, come le prime luci
degli addobbi fanno la loro comparsa (e questo, non so perché, avviene
sempre prima), recano con loro anche quella depressione che diventa
insostenibile verso la fine dell’anno. È sempre la stessa storia e sempre
peggio sebbene gli anni mi abbiano portato esperienze e strumenti che,
normalmente, riescono a permettermi di tenere a bada quest’inclinazione.
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Come si può resistere, infatti, all’incedere pedissequo ed ossessivamente
martellante dei jingle pubblicitari, canti sdolcinati ed inni sacri.? Per non
parlare dei film. Prima quelli americani: tra la favola ed il miracolo, zeppi
di falso buonismo od intrisi di emozioni melense e malinconiche, ci
propinano angeli, spiriti disincarnati che scendono in terra, bimbi
miracolosi o miracolati e tacchini farciti, che ci stanno sempre bene. Poi,
quelli nostrani, diretti ed affidati a personaggi improbabili e di scarso
talento che, affiancati da qualche bella figa più o meno siliconata, hanno la
pretesa di far ridere. E pensare che un tempo si criticavano gli «Spaghetti
western» o le «Sexy commedie» anni 70!
E il panettone? Non credo che esista un dolce peggiore per concludere
dei pasti sempre troppo lunghi ed abbondanti in compagnia di parenti che
non vedi mai o dei quali non ti frega nulla. Il pandoro trovo che sia già
meglio, ma neanche troppo.
Si penserà poi, forse, di riuscire a sfuggire al ricatto dei regali? Certo che
no. Piuttosto bisogna accendere un mutuo, ma si deve necessariamente
ricambiare quella marea di sciocchezze che ci piombano in casa. Ma
perché dover fare regali a Natale quando abbiamo a disposizione un anno
intero a tale scopo? È una presa per il culo! Come regalare la mimosa l’8
Marzo e poi non presentarsi mai con un fiore da un’amica o la moglie, la
compagna, la collega e perfino la mamma.
Stessa cosa per i messaggi, da quando abbiamo tra le mani quello
strumento satanico del telefono cellulare! Intanto, come ne acquistiamo
uno, nel giro di un mese ne escono altri quindici modelli e non si sa più
che tariffa usare; tutti ti regalano qualcosa in cambio di un pezzo di
Foresta Amazzonica, degli esperimenti a Mururoa o di una petroliera sulla
spiaggia di Varigotti. Poi, nel giro di un giorno, 64 sms dei più impersonali,
precostituiti ed inviati all’intera rubrica.
«Tanti, tanti, tanti cari auguri di… »
«Che i tuoi sogni possano... »
«Spero che l’anno nuovo... » ecc. ecc.
Non ho risposto ad alcuno, tranne ad uno in particolare che mi ha
mandato proprio in bestia!
«Ti auguro il meglio per tutto quello che concerne la tua vita e le tue
aspirazioni. Sei una persona speciale e ti voglio molto bene.»
Risposta: «È per questo che non ci vediamo da due anni, anche se
abitiamo a 5 Km di distanza?»
E avrei voluto aggiungere: «Va i a farti fottere!», ma ho deciso di tenerlo
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per il prossimo anno se non avesse desistito.
Tutto questo basterebbe già a minare i nervi di chiunque, anche dei più
forti, ma posso aggiungere ulteriori elementi a sostegno delle mie
lamentazioni. In questi periodi di feste, infatti, ho dovuto subire il forzato
distacco da parte di più di una fidanzata impegnata, con la famiglia o
senza, in viaggi avventurosi o full immersion nelle nevi immacolate. Anche
diversi amici che apprezzavano l’informale, libero e creativo ambiente che
offriva il rudere che la mia famiglia affittava in estate in campagna, non si
preoccupavano se io, ora, me ne fossi rimasto a casa a menarmela. E quelli
che affermavano che per loro la musica era così importante? Svernavano
nella loro bella casa in Riviera sbattendosene altamente di quelli che non
avevano altri pensieri che scrivere un nuovo testo o risolvere un
arrangiamento. E poi ancora un ultimo fatto. Forse può trattarsi di
bioritmi, o, per chi ci crede, di trigoni o confluenze astrali o magari di
debiti karmici, ma è mai possibile che il 70% dei miei incidenti o guai fisici,
in alcuni casi sufficientemente seri da ricorrere all’ospedale, siano avvenuti
all’incedere o in prossimità del Natale? Boh? Però è effettivamente
incredibile.
E così l’altra sera mi chiama un’amica:
«Ciao, ci vediamo alla Vigilia, così ci facciamo gli auguri...
«Ma veramente io...
«Niente ma! Andiamo a mangiare là, poi a bere di là, ci spostiamo da ... e
poi finiamo per...
«Ma non so se...
«Ci vediamo alle otto dove sai» e staccò il telefono.
Comprai sei rose per le donne che dovevano essere presenti, ma risultai
poco ortodosso. Una non venne e, indeciso se regalarla alla cameriera o
meno, scelsi di tenermela.
«Cin cin! Tanti auguri!
«Bacio, bacio!
«Che bello che bello, siamo in vacanza!
«Noi partiamo per il Kazakistan!
«Ah, noi andiamo a Sharm, villaggio con cuoco italiano. Ci siamo stati
due anni fa, la carbonara a mezzanotte!
Intanto, mentre stavo pensando se suggerire loro di assaggiare il cous
cous o di andare a Taormina, la mia amica mi si rivolse all’improvviso: «E
tu Marco?
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«Mah, veramente io sto male come un cane.
«E come mai?
«Il Natale.
«Ma se è così bello!» soggiunse più di un commensale.
Impiegai i successivi due minuti ad elencare alcuni dei motivi prima
esposti e, quando ormai il pentimento era troppo tardivo per poter tornare
indietro, aggiunsi: «E pensare che come festa religiosa sarebbe splendida,
sicuramente la migliore.
«Perché?» fece una.
«Ma perché nasce quel gran bravo ragazzo, ed anche tutta l’attesa
dell’Avvento è carica di questa gioia, cosa che non si può dire della
Quaresima, né del modo in cui abbiamo trattato il ragazzo medesimo
successivamente.
«PAZZO!
«Smettila di dir CAZZATE!
«Che ne sai tu di certi percorsi?
«Abbi rispetto per chi ha una vera FEDE!
Rimasi molto ferito. Molto, molto ferito. Pensai per un attimo e non mi
parve il caso di contrastare la ricca ed immorale farisea adducendo che la
mia fede sarà pur timida ma costante, che la mia ricerca di verità è curiosa
e profonda e che ad un incostante pratica del culto ho sempre cercato di
contrapporre rispetto, altruismo, ed ora, anche un attento impegno al
servizio del prossimo.
Uscii a fumare, rientrai, ordinai una terza grappa ed attesi, con la mia
rosa tra le dita, che giungesse l’ora di essere riaccompagnato alla macchina
per poi tornarmene a casa col chiaro intento di non alzarmi dal letto per i
prossimi tre giorni a venire.
La mattina successiva, però, squillò il cellulare. Come la mente si schiarì
completamente, questa corse immediatamente all’episodio della sera
presedente con il suo strascico di amarezza. Guardai il telefono ed il
display non mi riportò alcun numero conosciuto. Aprii lo sportello e
risposi. Era una Signora piuttosto trafelata che, dopo un po’, risultò essere
la figlia di un ospite di una struttura assistenziale dove avevo lavorato e
dove mi capitava ancora di andare, qualche volta, per svolgere un po’ di
volontariato.
«Scusi, disturbo?
«...
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«Mi spiace!... dormiva?
«No no, mi dica... non si preoccupi.
«Ah, sapesse per avere il suo numero!»
«Papà sta male! Stiamo andando in ospedale, vorrebbe assisterlo per la
notte?
«È così affezionato a lei. E poi lei è così umano...
(Anch’io ero particolarmente affezionato a lui, e poi si chiama come il
mio papà: Ettore).
Decisi subito di accettare. Era un buon modo di sfuggire a tutto quanto
ed una possibilità di lavoro in un momento pieno di cose a progetto e
piani di futuro realizzo di alcun rendimento.
«D’accordo Signora, mi faccia sapere dove lo ricoverano e stasera sarò lì.
«Oh, è molto caro lei, grazie, davvero gentile! E quanto devo darle per il
suo disturbo?
«Mi darà ciò che desidera, Signora.
«Ma nooo! Mi dica lei.
«Va bene così. Mi darà quello che le sembra giusto.
(La qual cosa poteva significare nulla o scandalosamente poco, al limite
dello spregio, come il più delle volte).
Ma io sono così, sarò sempre così, anche se devo dire che mi si era già
enormemente abbassata l’energia che mi aveva indotto ad accettare quella
proposta.
Mi ritrovai in un reparto di Medicina. Prima passai dalla Cappella
dell’Ospedale dove trovai, sul bancone degli annunci e delle pubblicazioni,
un libretto intitolato Tornerò dal Padre. Il libretto conteneva:
1. Il Vangelo secondo Luca;
2. La Prima Lettera di Pietro;
3. Il Libro di Amos;
4. Salmi scelti.
Mi sentii scelto da quella lettura e legittimato ad impossessarmene; l’avrei
unita ai tre libri che mi ero scelto per quelle nottate che mi attendevano:
1. Apocalisse di D.H. Lawrence (un saggio piuttosto complesso);
2. Vero all’alba di E. Hemingway (che giaceva sulla mia libreria da più di
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due anni);
3. Il volo del falco di W. Smith (che in qualsiasi altro contesto, forse, non
avrei mai letto).
Ah, avevo anche delle poesie di B. Vian. Sì, ci voleva anche un po’ di
poesia, così sempre tanto trascurata.
In realtà, quella notte, non ebbi possibilità di leggere. Il mio assistito
soffriva moltissimo e le sue problematiche respiratorie erano
accompagnate da forti dolori. La sua amabilità gli impediva di inveire e gli
faceva vivere la situazione con profonda dignità, ma seguitava a lamentarsi
in maniera straziante. Al contrario, il suo compagno di stanza, che nei
giorni a seguire ebbi modo di conoscere come persona di rara cultura,
imprecava pesantemente contro Dio. Venni a sapere che la situazione che
lo disturbava e di cui soffriva da un bel po’, era stata da lui stesso indotta
con il suo stile di vita e con una condotta a dir poco dissennata.
Un gran bel materiale su cui riflettere, a tutti gli effetti!
Le due infermiere di turno intervennero più volte e mi furono di grande
sostegno. Ad un certo punto, ormai già mattina, la situazione si stabilizzò,
non so se per effetto dei sedativi, per naturale spossatezza o
soprannaturale intervento divino. Mi accinsi a tornare a casa e
guadagnando l’uscita mi affacciai all’infermeria. Le ragazze mi salutarono e
ci scambiammo gli auguri. Andandomene pensai che, con tutta probabilità,
era stato uno dei migliori Natali che potessi augurarmi di trascorrere.
Passarono altri giorni e, memore di questa sensazione, all’ultimo
dell’anno, prima di recarmi in ospedale, passai in un negozio ed acquistai
una bottiglia di Contratto. Un magnifico Metodo Classico Brut (seconda
rifermentazione in bottiglia) alla facciazza dei francesi, del loro
campanilismo e del loro Champagne, del pâtè de foie gras e del Chablis
che puzza di piedi. Com’erano lontani i tempi in cui spiegavo ai clienti dei
Bar le differenze merceologiche dei prodotti o quando, con i miei gilet
variopinti, sfornavo Mary Pickford1 per conquistare le clienti! Non era più
tempo, ed ora, tanto meno il luogo adatto. Il grande Contratto andava
benissimo. Pensai che sarebbe stato carino fare un brindisi. Le infermiere,
probabilmente, non sarebbero state le stesse, ma ero certo che non se ne
sarebbero infastidite.
Nella stanza regnava la tranquillità, i due pazienti dormivano
profondamente e a mezzanotte attuai il mio intento. Brindai con le
infermiere e mangiammo qualche amaretto che mia madre aveva mi aveva
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obbligato a prendere a fine cena. Una delle due era molto avvenente, ma
non ero nello spirito adatto per cercare d’essere galante. Intanto però,
l’altra festa simbolo e ricattatrice se ne era andata e arridevo già all’idea
dell’imminenza dell’Epifania che, come tutti sanno, sancisce la fine di
questa orribile ostilità. In realtà, un paio di giorni prima, fu il mio
vecchietto ad essere portato via. Il decorso del suo ricovero era
notevolmente migliorato ma, forse, si era semplicemente stancato di
lottare.
Per ciò che concerne il miglioramento del mio stato d’animo avrei
dovuto ancora attendere ma, intanto, è uscito questo racconto, che da
tanto covava internamente e che voglio dedicare a tutti quelli che soffrono
come e più di me ed a quelli che hanno il coraggio di pregare per gli altri.
1 Mary Pickford
Dedicato alla famosa attrice americana, è un cocktail da pomeriggio; diluito con
acqua, bibite o anche spumante è un ottimo dissetante.
Si prepara nello shaker con ghiaccio a cubetti.
Rum bianco ½
Succo d’ananas ½
Granatina 1 cucchiaino
Maraschino 1 spruzzo
Agitare e servire nella doppia coppa da cocktail fredda.
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