L'uomo dal campanello d'oro
by Lavinia Scolari
Inizio titubante, molto titubante. Un linguaggio classico, che oserei dire arcaico. Personaggi che andavano e
venivano, crocicchi, crocevia. Avevo fatto confusione, lo ammetto. Poi cos'è successo? Non lo so. Tutto si è
chiarito. Tra un glauco mare e un disegno iridato ho iniziato a capire la trama che Lavinia aveva nascosto in mezzo
ai sogni dei personaggi.
Il linguaggio ha avuto una sua spiegazione. gli dèi non sono certo vissuti nel 2010 e le parti in latino (di cui
ovviamente ho letto solo la traduzione :lol: ) fanno sembrare il tutto ancora più "antica Grecia".
(view spoiler)[L'intreccio è stato davvero.... ingarbugliato!!! Il perfido Ermete mi aveva decisamente convinto.mi
aveva convinto del fatto che il "nostro" nemico fosse il Tempo. Sicuramente ci sono passaggi da leggere con
attenzione. L'uomo dal campanello d'oro viene infatti impersonato ben 2 volte: dal vero Tempo e dal falso Tempo
interpretato da Morfeo- e tutto nel giro di poche pagine, nella fase dei primi rintocchi nella casa di Nereo. Il
povero Nereo l'ho considerato il cattivo per il 90% del tempo, in realtà era sempre Morfeo che si tramutava in lui e
lo interpretava con cattiveria. Alla fine ho anche sbrogliato il problema dell'amore: Iride amava Glauco, non
Edoardo (giusto???), motivo per cui ha preso la decisione di tradire il Messo e far tornare i riflessi alle loro vite e gli
dèi ai loro sonni tranquilli. Bello il finale di Cassandra, castigata a non essere creduta fa della sua debolezza
un'arma. (hide spoiler)]
Un libro che mi ha letteralmente incollato alle pagine. Ho dovuto, ovviamente, fare ricerche!!
Sapevo solo chi erano Ermete e Morfeo :roll:.
(view spoiler)[Grazie a questo libro ho scoperto che il "Padre" che compare alla fine, ovvero il Sonno, non è altri
che Ipno. Che la frase "Cederai mio figlio a mio fratello?" non significa altro che "Ucciderai mio figlio?" perchè
Tanato, dio della Morte, è il fratello gemello di Ipno. Ora so che gli dèi principale del Sonno sono tre: Fàntaso,
Fobetore e Morfeo, ognuno con il suo compito ben preciso all'interno dei sogni. (hide spoiler)]
Che dire... un libro che consiglio e che ho apprezzato tantissimo. Sicuramente il libro "d'esordio" (è esatto?) più
Che dire... un libro che consiglio e che ho apprezzato tantissimo. Sicuramente il libro "d'esordio" (è esatto?) più
bello che ho letto fino ad ora. Niente è mollato là per caso.
|Poetico, magico e struggente
Metto cinque stelle solo perché non è possibile metterne di più. Di sicuro L’uomo dal Campanello d’Oro è
l’esordio letterario più straordinario in cui mi sia imbattuta finora. Intanto non sembra affatto un esordio, non
presentando nessuna di quelle ingenuità o incertezze che normalmente caratterizzano quasi tutte le opere prime.
La maturità stilistica di questa giovanissima autrice (classe 1984) è infatti sorprendente. Non si riesce facilmente a
inquadrarlo in un genere preciso (come tutte le opere di vero pregio, sfugge a qualsiasi tentativo di
classificazione). Si potrebbe definirlo genericamente un romanzo fantastico (l’etichetta di fantasy gli va
decisamente stretta), ma anche il termine “romanzo” (o “racconto lungo”) rischia di rivelarsi riduttivo per un testo
che presenta addirittura parti in forma di puro dialogo, similmente a un testo drammaturgico. Con la sicurezza di
una veterana, Lavinia Scolari si permette di fare questo e altro, come ad esempio affidare lo svolgimento della
storia a un coro di voci narranti che si alternano di continuo, oppure balzare avanti e indietro con disinvoltura
lungo la linea temporale del racconto.
Ma non sta qui il miracolo. Il miracolo sta nel fatto che un testo così particolare sia anche incredibilmente bello.
Una bellezza pura e semplice, in cui il virtuosismo formale non è mai fine a se stesso (come spesso e volentieri
accade con le sperimentazioni), ma viene posto invece al servizio di una storia bellissima e toccante, sfuggente e
onirica quanto si vuole, ma al tempo stesso comprensibilissima proprio perché vicina al cuore di tutti noi. Si parla
infatti di sentimenti elementari, reali e profondi, complessi eppure semplicissimi (proprio come lo è questa storia):
amore, amicizia, nostalgia, rimpianto, paura… paura dell’oblio, del tempo che scorre inesorabile e cancella tutto,
lasciando alle volte appena un flebile ricordo- ma vi troviamo anche l'accettazione di un destino ineluttabile che
tutte le cose di questo mondo condividono, un destino che forse non è poi così drammatico come si potrebbe
pensare. Proprio come lo straordinario personaggio di Cassandra, infatti, questo storia dai molteplici significati è
piena di speranza.
Incredibile come in un libretto di appena centoventisette pagine si possa trovare tutto questo e molto altro.
Questo è vero talento, un talento che non tutti possiedono: quello di riuscire a creare con le parole (anche con
pochissime parole) immagini chiare, nitide e potentissime, nonché personaggi vivi e complessi, che in un
primissimo momento potrebbero sembrare rarefatti o univoci, ma che dopo poche pagine riconosceremo
immediatamente come parte di noi.
Non parlerò della trama: meglio che il lettore la scopra da solo, anche a costo di sentirsi leggermente disorientato
all’inizio- ma è uno smarrimento di breve durata, perché – parafrasando un bellissimo passo del libro – quando
stai sognando non stai lì a interrogarti sulla natura del sogno o sulla sua veridicità- accetti ciò che ti viene
mostrato semplicemente per ciò che è. Aggiungerò soltanto che questa storia parte dal mito e del mito si nutre, e
la sua forza risiede anche in questo: i miti della classicità potranno essere vaghi ricordi ormai, dei semplici riflessi,
ma fanno in qualche modo parte di noi, sono dentro di noi (un’altra possibile chiave di lettura del romanzo?). La
nostra intera cultura, anche se spesso e volentieri lo dimentichiamo, ha radici antiche e poggia su quelli che oggi
sono considerati alla stregua di favole, ma che tuttora racchiudono insospettate perle (o Lacrime?) di verità. Per
questo quando ci viene detto (o meglio, ricordato) che il Sonno e la Morte sono fratelli, e che i figli del Sonno
sono i Sogni, ma che comunque tutti loro servono un signore più grande e inesorabile, qualcosa balza nel nostro
petto, e ci emozioniamo per il valore di queste immagini senza tempo. Come ebbe già a dire Tolkien, i miti non
sono affatto delle bugie- essi ci parlano di cose vere e reali, e questo Lavinia Scolari sembra saperlo molto bene.
Ho scritto un papiro, ma ci tenevo. Perché questo libricino, “piccolo” solo all’apparenza, mi ha regalato una
sensazione che avevo paura di non riuscire più a provare: la meraviglia di fronte al potere immenso della parola
scritta. Mi ha rapito, mi ha commosso, ha lasciato nella mia mente delle immagini indelebili. Può essere utile, per
non farsi sfuggire nessuno dei riferimenti presenti nel testo, documentarsi brevemente sui personaggi mitici citati
(Nereo, Glauco, Iride, Ermete, Morfeo, Fàntaso, Leandro, Ero, Cassandra, Circe, Ecate). Fra l’altro, l’autrice ha
aggiunto una piccola appendice nel suo blog proprio a questo scopo.
Per il resto, un consiglio di cuore: comprate questo libro e leggetelo. Ne vale davvero la pena. Sarà come vivere
uno splendido sogno che vi regalerà mari schiumosi e specchi infranti, saloni immensi e antri oscuri, crocevia
sperduti nel nulla e volti scolpiti nel legno. E, su tutto, nella vostra mente continuerà a riecheggiare il tintinnio di
un campanello d’oro.|Aggiungo al giudizio finale una stellina per la sperimentazione, visto che ormai è così raro
trovarne (nel fantasy nostrano).
E' anche vero che il particolare stile del romanzo può essere un po' penalizzante (si potrebbe dire che la prima
parte del libro serva a testare la resistenza del lettore: se tieni duro, accumuli punti karma che ti faranno ottenere
un'ottima ricompensa dopo).
E' anche vero che il particolare stile del romanzo può essere un po' penalizzante (si potrebbe dire che la prima
parte del libro serva a testare la resistenza del lettore: se tieni duro, accumuli punti karma che ti faranno ottenere
un'ottima ricompensa dopo).
Forse io stessa avrei abbandonato (o più facilmente rallentato) la lettura, se non avessi letto i commenti degli
anelli precedenti della catena di lettura, che parlavano proprio di un inizio difficile e di un bellissimo finale.
In media, il romanzo supera ampiamente la sufficienza: è un bel libro e merita davvero di essere letto, arrivati alla
fine ci si rattrista nel doversi congedare dai personaggi.
Unica critica: se non fosse stato per la presenza dell'energia elettrica e per il fatto che i personaggi stessi lo
ribadiscano, leggendolo non avrei mai pensato a un'ambientazione troppo "moderna". Il linguaggio poetico e
onirico, che richiama un po' quello dei miti è di certo una scelta, azzeccata senza dubbio quando sono "i miti
stessi" a parlare, forse un po' meno quando a farlo sono dei ragazzi dei nostri giorni.|Ciò che risalta subito di
questo romanzo è il consistente numero di personaggi.
Il primo capitolo lo si potrebbe considerare un Prologo visto che introduce la storia di tre ragazzi, Circe, Edoardo e
Clelia, la cui presenza aleggia nel corso dell'intera storia, ma che per gran parte del romanzo cede spazio a i veri
protagonisti, ossia Cassandra, Leandro, Cloe e Verdiana. I quattro s'incontrano per la prima volta (s'incrociano, è
proprio il caso di dirlo) dinanzi a un quadrivio: in una via c'è la dolce Cassandra, in un'altra la temeraria Verdiana,
nell'altra ancora i fratelli Leandro e Cloe, mentre la quarta è percorsa da un misterioso giovane di nome Nereo.
Egli possiede un carisma tale da convincere i ragazzi a seguirlo nella sua casa/castello senza troppe cerimonie (da
parte sua) né dubbi (negli altri), tranne che per la timorosa Cloe che ha un brutto presentimento, ma è costretta a
fare altrettanto per non abbandonare il fratello, anch'egli affascinato da Nereo. Nel castello, durante la notte, ogni
singolo ragazzo prova l'ingiustificato bisogno d'incontrarsi col padrone di casa, e così accade: Nereo li incontra
uno alla volta, e spinge ognuno a guardare una rovere e il raggrinzito volto dell'uomo intagliato nella sua
superficie- quello è il vero volto di Nereo, un vecchio intrappolato nella rovere. Egli ha bisogno delle
caratteristiche di ognuno dei quattro giovani per tornare uomo, anche se ciò comporta che vengano rinchiusi loro,
nella rovere, ma fortunatamente si salvano grazie all'intervento di colui che è chiamato "l'uomo dal campanello
d'oro".
Otto anni dopo i quattro ragazzi si riuniscono per discutere di ciò che accade quel giorno e risolvere il mistero
dell'uomo dal campanello d'oro, ancora inconsapevoli che così scopriranno anche la verità su loro stessi...
Questa storia ricca di fantasia si lega ai miti delle leggende greche, dove i protagonisti, comuni ragazzi dei nostri
giorni, non sono altro che il Riflesso dei Primi Nati (i miti, appunto) che si ritrovano a vivere come in una sorta di
reincarnazione, in questo caso attribuibile al Tempo, o a chi per lui- là dove si decidono le vite mortali, infatti, c'è
lo zampino di un impostore che vuole risvegliare l'antico spirito dei Nuovi Nati (i quattro protagonisti), non perché
sia interessato alle loro vite, quanto piuttosto alla preziosa Lacrima che lasciano a seguito del Risveglio. Non
rivelerò quale sia lo scopo finale di tutto questo, ho già anticipato abbastanza se consideriamo che le informazioni
qui esposte sono rivelate col contagocce nel corso della storia, quindi stop! Ciò che muove la lettura di questo
romanzo è proprio la curiosità e il relativo desiderio di scoprire ogni verità.
Per risalire a essa, il lettore deve destreggiarsi e concentrarsi un po' di più rispetto a un'opera qualsiasi. L'autrice,
infatti, sperimenta una diversa struttura del romanzo, poiché lo suddivide in brevi testi che riportano le voci di
ciascun personaggio, quindi il personale punto di vista di ognuno. All'inizio è un po' difficile entrare nell'ottica, ma
ci si abitua anche relativamente presto, appena entrano in gioco i quattro protagonisti e la storia comincia a
delinearsi con precisione.
Penso che questa particolare struttura sia un pregio del romanzo, non solo alla luce delle rivelazioni finali
(bellissima idea!), ma perché è qui che si mostrano al meglio le capacità narrative dell'autrice: la cura nei dettagli è
da applausi, perché "punto di vista" significa anche vedere in modo diverso le stesse cose, in base alla propria
cultura e personalità. Ad esempio, nella scena della donna che piange sulla roccia, Verdiana riconosce il suo
abbigliamento come un plepio, mentre Cloe lo definisce semplicemente "drappo bianco". Emerge così anche
come siano curati i protagonisti, ognuno con il suo distinto carattere, ma devo ammettere che per i personaggi
secondari la caratterizzazione si fa approssimativa, forse anche perché hanno meno voce in capitolo (anche
letteralmente!).
Da un certo punto in poi, il testo si compone di vari dialoghi che ricordano lo stile della sceneggiatura: questa
forma non mi è piaciuta, anche se capisco che derivi dalla scelta di distaccare il dialogo dalle voci narranti poiché
avviene in un luogo estraneo ai protagonisti e tra personaggi a loro ancora sconosciuti, ma in compenso mi è
piaciuto l'uso di un linguaggio che sa di antico (più evidente in Morfeo e Fàntaso), oltre al fatto che è proprio in
quell'occasione che comincia a svelarsi qualcosa di più in merito alla faccenda.
A proposito del linguaggio, questo romanzo mi ha colpito anche in termini di scrittura: un linguaggio ricercato che
sa essere comunque facilmente comprensibile.
A proposito del linguaggio, questo romanzo mi ha colpito anche in termini di scrittura: un linguaggio ricercato che
sa essere comunque facilmente comprensibile.
Ho invece trovato macchinosa la suddivisione del romanzo in tante parti a loro volta suddivise in capitoli, dove i
capitoli hanno titolo e sottotitolo- eppure è una bella idea quella di basarli sui rintocchi del campanello.
Altro aspetto degno di nota, la fantastica (in entrambi i sensi) combinazione di oggetti quali il libro, la piuma e la
tela- poetica la pioggia sul dipinto.
Il finale è toccante ed emozionante perché tra le righe emerge una storia di solida amicizia, ma specialmente
grazie a quell'ultima incisiva risposta di Cassandra (protagonista che acquista spessore, e la mia preferenza,
proprio a seguito della svolta) la storia diventa indimenticabile. Complimenti all'autrice!
Questa e altre recensioni su:
http://valentinabellettini.blogspot.com|"Io non ho rinunciato a nulla. Qui sono felice, perché sono vicina a tutto
quello di cui ho bisogno. E di cosa hai bisogno? Di un sogno."
Un fantasy "particolare" basato sui miti dell'antica Grecia e in cui ogni personaggio racconta se stesso e quello che
gli accade... l'idea di base mi è piaciuta, il risultato è interessante, ma come hanno osservato altri lettori richiede
una certa attenzione nel tenere i fili della storia...
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L`uomo dal campanello d`oro