I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele ii, 229 00186 Roma telefono 06 42 81 84 17 fax 06 42 74 79 31 Visitateci sul nostro sito Internet: http://www.carocci.it Science@School Il networking educativo tra scuola e contesti non formali Il libro di NetS-eu A cura di Mario Campanino C Carocci editore Il presente progetto è finanziato con il sostegno della Commissione europea. Gli autori sono i soli responsabili di questa pubblicazione e la Commissione declina ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni in essa contenute. 1a edizione, settembre 2013 © copyright 2013 by Carocci editore S.p.A., Roma Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari Finito di stampare nel settembre 2013 isbn 978-88-430-0000-0 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. Indice Introduzione di Mario Campanino 7 Parte prima Scienza, educazione, Europa 1. Scienza e scuola in Europa: ricerche e prospettive di Rossella Parente 2. L’educazione scientifica in Europa: formale, non formale e il ruolo del docente di Mario Campanino 00 00 3. Divulgazione e conoscenza scientifica: i “come” e i “perché” di Luigi Amodio e Vincenzo Lipardi 00 4. Il sistema scuola e le nuove tecnologie: sfide e pericoli di Maria Luisa Iavarone 00 Parte seconda Aspetti del networking 5. Docenti e Inquiry Based Science Education: una ricerca di Sofia Lucas 00 6. La forza della rete è la nostra diversità di Sheena Laursen 00 5 indice 7. Incontrare i docenti ai workshop di Claire Le Moine e Jean-Baptiste Paulin 8. Strumenti web interattivi per l’Inquiry Based Learning e il networking di Beáta Holá 00 00 9. Le conferenze con gli insegnanti: un modello di Halinka De Visscher 00 10. Per una diffusione efficiente dei risultati del networking di Wolfgang Eisenreich 00 Parte terza Progetti per l’educazione 11.NetS-eu: una rete per l’insegnamento non formale delle scien ze in Europa di Silvia Schroeder-Danninger 00 12. Il nuovo progetto dell’educazione e la prospettiva “organismi ca” del networking di Mario Campanino 00 Bibliografia essenziale 00 Gli autori 00 6 Introduzione di Mario Campanino Questo volume nasce come strumento di diffusione dei risultati conseguiti dal progetto europeo NetS-eu (Network to improve non-formal Science teaching in Europe) realizzato negli anni 2010-13 da un gruppo di otto organizzazioni risiedenti in altrettanti paesi europei e coordinato dal partner italiano della rete, la Fondazione idis-Città della Scienza di Napoli1. Il lavoro è strutturato in tre parti. Nella prima si delineano brevemente le condizioni entro cui la scuola, l’educazione e la cultura (in particolare il loro lato scientifico) si muovono oggi in Europa: gli orientamenti comunitari, l’educazione tra formale e non formale e il ruolo del docente, le nuove tecnologie per l’insegnamento e l’apprendimento e i rapporti tra le varie dimensioni del sapere scientifico: la ricerca, la comunicazione, la divulgazione e la didattica. La seconda parte propone una visione critica dei principali strumenti che possono oggi essere adottati per alimentare il lavoro in rete tra istituzioni diverse e su scala europea: l’utilizzo di piattaforme sociali basate sul web 2.0, l’organizzazione di conferenze e workshop, la ricerca e l’analisi condivisa del contesto, sia desk sia sul campo. La terza offre, a titolo conclusivo, una sintetica visione del progetto che ha rappresentato l’opportunità di dar vita a questo lavoro – NetSeu, un lavoro di rete e di ricerca-azione in ambito europeo – e una formulazione ipotetica di quello che sarà l’ambito di intervento di ogni futura azione che voglia avere per obiettivo l’opera della scuola nelle sue articolazioni istituzionali, sociali e culturali ampie. Gli autori del volume hanno tutti lavorato a vario titolo al progetto NetS-eu, nelle loro funzioni di dirigenti di organizzazioni dedicate alla divulgazione e all’educazione scientifica, project managers, animatori e progettisti didattici, esperti e docenti nel campo della formazione professionale e del counseling, docenti universitari (nei cui percorsi formativi compaiono ambiti disciplinari diversi quali filosofia, psicologia, sociologia, lettere, arte e musica, oltre che – naturalmente – scienze e matematica). La scelta di restringere il campo autoriale esclusivamente 1. Per tutte le informazioni sul progetto cfr. il cap. 11, NetS-eu: una rete per l’insegnamento non formale delle scienze in Europa, a p. 000, oppure unisciti alla community online: netseu.ning.com. 7 mario campanino a persone che hanno effettivamente preso parte all’attività è legata alla volontà di fornire – già con la messa in forma dei presenti contributi – una prova dell’efficacia del networking svolto tra gli attori principali a partire dalla dimensione progettuale dell’intervento. Con il rischio consapevole di una certa eterogeneità tra i contributi – a cui il curatore ha cercato di dare, senza forzature, principalmente solo una struttura sperabilmente coerente – questo gruppo di persone così diverse, senza alcuna pretesa di essere un campione statistico rappresentativo, già racconta quanto variegato e ricco possa essere quello che si può definire «il mondo in cui la scuola si allarga»2. Nella sua breve articolazione, il volume esprime la volontà – se non raggiunge lo scopo – di superare il fine primo che l’ha originato e offrirsi come sintetico strumento di confronto e avvio di una riflessione più allargata o di una sperimentazione più ampia attorno alle pratiche di lavoro in rete tra scuole, musei, università, associazioni e altre organizzazioni del non formale3, nella convinzione che solo il lavoro in rete rappresenti oggi una valida modalità di percorso e confronto con le varie pressanti istanze poste dalla cosiddetta “società della conoscenza” in chiave educativa, formativa, orientativa e professionale. 2. Cfr. il cap. 12, Il nuovo progetto dell’educazione e la prospettiva “organismica” del networking, a p. 000. 3. Sebbene l’espressione “non formale” sia preferita dal curatore per designare l’operato di individui e organizzazioni che contribuiscono in modo intenzionale alla realizzazione di occasioni strutturate di apprendimento, talvolta essa è qui sostituita con il termine “informale” per rispetto della terminologia utilizzata in lingua originale, senza con questo voler suggerire variazioni di significato. Il termine assume una differente designazione, invece, nei casi in cui è usato congiuntamente a “non formale”. 8 Parte prima Scienza, educazione, Europa 1 Scienza e scuola in Europa: ricerche e prospettive di Rossella Parente Non esistono dubbi sul fatto che le scienze e l’educazione scientifica siano centrali nella vita di tutti noi. È infatti proprio grazie agli avanzamenti scientifici e tecnologici che negli ultimi venti anni molti aspetti della nostra vita come l’intrattenimento e la salute sono migliorati. Le scoperte scientifiche hanno già cambiato e continueranno a cambiare i nostri stili di vita con profondi effetti sulla società. Mai prima d’ora il mondo è stato così complesso e riuscire a capire ciò che accade, saper scegliere e utilizzare le tecnologie, comprendere fatti di scienza aiuta a prendere decisioni consapevoli. Se è vero che negli ultimi anni sempre più le scoperte scientifiche e tecnologiche hanno cambiato la vita di ognuno di noi, è anche corretto affermare che le persone possono influire sul lavoro di scienziati e ingegneri prendendo decisioni che incideranno sui futuri assetti sociali e sulle scelte ambientali. Inoltre, nella pubblicazione The Next Generation Science Standards, realizzata con la collaborazione di 26 paesi americani, è scritto che: «La scienza è anche al centro delle capacità degli Stati Uniti di continuare ad innovare, conservare il ruolo di guida dell’economia mondiale, e creare i posti di lavoro del futuro»1. Se anche l’Europa vuole avanzare tecnologicamente, migliorare la qualità della vita dei suoi cittadini e competere a livello globale, i suoi studenti devono avere una solida educazione scientifica che li prepari all’università e alla carriera. Invece la quota dei diplomati nelle discipline scientifiche è in diminuzione. «La carenza di competenze che si sta profilando in questi ambiti è ora percepita come una minaccia per le economie attuali, fondate sulla tecnologia e la scienza. Pertanto, la maggioranza dei paesi europei ha assunto come una delle priorità l’aumento del numero dei diplomati dell’istruzione superiore nelle discipline matematiche, scientifiche e tecnologiche» (Eurydice-eacea, 2012). Tutte quelle misure che possono aumentare la motivazione degli studenti ad apprendere le scienze, la matematica, le tecnologie, sono azioni necessarie da intraprendere. Eppure pochi tra questi paesi hanno sviluppato strategie nazionali per elevare 1. Achieve, Inc. on behalf of the Twenty-six States and Partners that collaborated on the ngss (2013). 11 rossella parente il profilo delle scienze e continuano invece a sostenere programmi e iniziative non di sistema. Accrescere le competenze degli insegnanti è considerato un fattore chiave nelle strategie che possono essere messe in campo per rafforzare l’insegnamento delle scienze. E proprio il miglioramento della formazione dei docenti è tra le prime azioni realizzate da quei paesi europei che hanno un quadro strategico nazionale di promozione dell’insegnamento scientifico. In Europa le autorità educative prevedono attività specifiche di formazione continua degli insegnanti. «I partenariati scolastici, i science centre e gli istituti simili contribuiscono alla formazione informale degli insegnanti» (ibid.). Nella maggior parte di questi paesi, la conoscenza e la capacità di insegnare il curricolo di scienze sono considerate le competenze più importanti nella formazione degli insegnanti. Mentre è valutato meno significativo il saper trattare la diversità: pochi paesi hanno messo in campo programmi nazionali rivolti agli studenti dotati nel campo delle scienze o a sostegno degli studenti in difficoltà. Nei paesi europei sono diffusi i partenariati scolastici a carattere scientifico con università, enti di ricerca, musei, science centre. Queste cooperazioni possono essere molto diverse tra loro – per i partner coinvolti, per come sono strutturate, per le aree geografiche che ricoprono – ma tutte perseguono almeno uno dei seguenti obiettivi: promuovere la cultura scientifica, far capire a cosa servono le scienze, rafforzare l’insegnamento delle scienze, incrementare il lavoro nel campo delle scienze: «I science centre condividono uno o più degli obiettivi citati e contribuiscono a migliorare l’insegnamento delle scienze proponendo agli studenti attività che vanno al di là di quelle che offrono di solito le scuole. Due terzi dei paesi europei presi in esame dichiarano di avere dei centri scientifici a livello nazionale» (Eurydice-eacea, 2011). Ma come si insegnano le scienze a scuola? Quasi ovunque, in Europa, le scienze vengono insegnate come materia integrata per tutta l’istruzione primaria. Nella maggior parte dei paesi però questo approccio continua solo per i primi due anni dell’istruzione secondaria inferiore. In seguito l’insegnamento delle scienze si suddivide nelle seguenti materie: biologia, chimica e fisica. Inoltre, mentre la maggior parte dei paesi europei raccomanda l’insegnamento delle scienze contestualizzato e posto in relazione con la società contemporanea e le sue problematiche, in realtà prevalgono ancora metodi tradizionali d’insegnamento. Metodi che, secondo alcuni rapporti di ricerca non solo europei, andrebbero integrati con approcci attivi, partecipativi e basati sul processo d’indagine (ibse-Inquiry Based Science Education) che rendono più efficace l’insegnamento/apprendimento delle scienze. Per quanto riguarda i metodi di valutazione, benché le pratiche più spesso consigliate siano sia le valutazioni di tipo tradizionale che quelle di tipo progettuale, sono le prime ad essere prevalentemente usate. Inoltre in metà dei paesi europei sono raccomandate specifiche tecniche per la valutazione delle scienze. È pero interessante notare che non è possibile distinguere tra le indicazioni per 12 1. scienza e scuola in europa: ricerche e prospettive la valutazione delle scienze da quelle per la valutazione di tutte le altre materie. In tutti i paesi, il materiale ufficiale per valutare le competenze acquisite dagli studenti nello studio delle scienze è scarso. Come dicevamo, promuovere l’insegnamento delle scienze è una priorità per tutti i paesi e per far ciò sarebbe necessario investire, sempre più e sempre meglio, risorse umane e monetarie sull’educazione scientifica. Negli ultimi anni però stiamo vivendo una forte crisi economica che ha fatto crescere i deficit di molte nazioni con conseguenti significativi tagli alla spesa pubblica. Ma quale impatto sta avendo la crisi sui sistemi di istruzione e formazione europei? Va sottolineato che ogni futura riflessione su questi temi non potrà non confrontarsi con il fatto che In totale, nel 2011 e/o nel 2012, tagli sui fondi destinati all’educazione sono stati effettuati in venti paesi/regioni europee delle quali sono disponibili i dati. Sono stati osservati tagli maggiori del 5%. Nel corso del 2011 e del 2012, il numero dei docenti è diminuito in un terzo dei paesi per varie ragioni. La principale ragione riportata è stata la caduta del numero di alunni/studenti, ma ha contribuito anche la riduzione dei finanziamenti pubblici all’educazione. Tagli e congelamenti delle retribuzioni sono stati usati come uno dei meccanismi principali per ridurre le spese per l’educazione, ma in diciotto paesi europei aumenta il finanziamento per lo sviluppo professionale permanente, in linea con gli obiettivi strategici generali di accrescere le competenze dei docenti (Eurydice-eacea, 2013). 13 2 L’educazione scientifica in Europa: formale, non formale e il ruolo del docente di Mario Campanino La complessità del tema affrontato in questo capitolo è dovuta ad aspetti diversi, che la compongono – questa complessità – ma anche, spiegandosi, la risolvono. Pur nella brevità di questa esposizione, è dunque indispensabile citarli, questi aspetti, e lo faremo evidenziando di essi gli elementi realmente condizionanti le strategie in questione. Vi è da un lato l’aspetto della difficoltà disciplinare vera e propria, il preconcetto secondo il quale le discipline scientifiche sarebbero “difficili”, “più difficili” di quelle sociali e umanistiche: questo ne scoraggia lo studio, in particolare da parte delle donne, le studentesse, che vedendosi tra l’altro proiettate con difficoltà in un mondo scientifico professionale non propenso a premiarle, rinunciano a percorrerne i cammini di approfondimento e conoscenza. Vi è dall’altro lato la pluralità dei contesti e dei modi in cui la realtà sociale e culturale europea si manifesta (la scuola, le università, le agenzie del non formale, vari contesti informali), e la molteplicità di identità attraverso cui l’uomo europeo di oggi (lo studente, il docente della scuola, l’esperto, il ricercatore) si esprime: ognuno può essere insegnante, discente, chat friend o membro di una stessa comunità di apprendimento nello stesso tempo, abbattendo e confondendo così le barriere tra categorie di persone (e di posizioni rispetto al sapere) che erano salde da decenni. Vi è, infine, intrecciata a maglie larghe in tutto ciò, la profonda differenziazione (etnica, sociale, culturale, economica) tra i paesi che compongono l’Unione Europea; diversità, questa, che caratterizza ed è l’essenza stessa dell’Unione, di cui l’Unione si nutre e da cui cerca di trarre ispirazione e modi di sviluppo. Tutto questo, la professata difficoltà delle scienze, la diversità e sovrapposizione dei contesti e delle identità, la differenziazione intrinseca dell’Unione, indica una prospettiva che si apre a due differenti interpretazioni – l’una positiva e l’altra negativa, non per forza escludentesi a vicenda – che può essere così rappresentata: 14 2. l’educazione scientifica in europa ricchezza disordine scelta confusione opportunità rinuncia L’intrecciarsi di tutte le varianti a cui abbiamo accennato dà origine ad un contesto di occasioni di apprendimento/insegnamento di estrema ricchezza, in cui gli stessi confini tra formale, informale e non formale si confondono (si pensi alla difficoltà di classificare in questo modo una breve precisazione fornita da un docente a un suo studente nel corso di una visita a un museo scientifico). Tale ricchezza può essere percepita però come un affollamento di elementi “in disordine” che inficiano la stabilità dell’organizzazione delle modalità di trasmissione/propagazione della conoscenza: uno studente potrebbe essere indeciso rispetto a quali siano le informazioni importanti da ricordare in relazione a un determinato argomento: quelle fornite dal docente nel corso della preparazione della visita? o quelle appena diverse esposte dalla guida? E, in aggiunta, a confondere ulteriormente le idee sul piano dei contenuti: perché erano diverse? In questa ricchezza/disordine si richiede sempre di fare una scelta: scegliere quale informazione ricordare e quale trascurare, quale docente seguire – eventualmente come figura principale di indirizzo – e quale considerare complementare nella gerarchia dei propri riferimenti, quale linea e strategia conoscitiva privilegiare rispetto a un’altra, come muoversi nel campo delle istanze valutative che possono provenire da ambiti o figure professionali diverse. E nell’incapacità o impossibilità di effettuare la scelta si nasconde il pericolo della con-fusione degli stili e degli indirizzi, la nebulosità delle sovrapposizioni epistemologiche, le sfocature degli obiettivi stessi dell’apprendimento: da chi devo imparare, cosa e perché? Il grande campo delle opportunità, molto più grande, ricco e multiforme di prima si apre davanti a noi, opportunità da selezionare, incasellare in ordini anche prioritari, e sfruttare e ricomporre in quello che è e sarà il nostro personale sapere; ma guai a non sapere discernere, a rimanere abbagliati e confusi di fronte a quella nebulosa (il cloud?) di opportunità di apprendimento optando quindi magari per una rinuncia, anche parziale, un rifiuto che non è tanto del contenuto quanto dei modi dell’apprendimento (i modi dell’apprendimento, si badi, e non solo quelli dell’insegnamento). Sì, l’uomo di oggi, lo studente di oggi, anche di fronte a una ricchezza di opportunità mai vista sino ad ora corre il rischio di rimanere fuori, perché la 15 mario campanino sfida odierna è sempre quella del sapere, ma del sapere complesso. È per questo che tutte le indicazioni programmatiche della scuola, in Europa, mettono la complessità al primo posto tra gli elementi condizionanti il conoscere, e indicano nella scuola il primo agente – forse solo dopo la famiglia, nel caso specifico dell’infanzia – di decodifica e interpretazione della complessità in cui il sapere oggi si cela (nei libri e nei vari media materiali e immateriali che lo convogliano). Figura chiave al crocevia delle opportunità formali, non formali e informali di apprendimento non solo scientifico è quella del docente, costretto adesso a ripensare la propria stessa identità professionale: ormai membro volente o nolente di una comunità di apprendimento – la scuola – che è contaminata da altre comunità di apprendimento che ne hanno raggiunto e forse superato la pervasività – la famiglia, i pari, gli appartenenti a una stessa associazione di volontariato, i telespettatori di uno stesso programma di approfondimento televisivo, i follower di uno stesso canale YouTube. Il docente si trasforma così da trasmettitore di contenuti da apprendere a guida critica di attraversamento dei percorsi (multilinguistici, multisensoriali, multimediali, multietnici) di acquisizione, elaborazione e sviluppo dei saperi. Non a caso gli approcci pedagogici postcognitivisti pongono l’accento sulla riduzione della asimmetria tra i ruoli del docente e quello dello studente: nelle visioni contestualiste e ancor più culturaliste del gruppo in apprendimento il docente si riveste del ruolo di co-costruttore dell’apprendimento, i cui contenuti e le cui modalità sono il risultato di un lavoro di mediazione a cui il docente collabora e che talvolta guida, ma non sempre in posizione predominante. Concludendo, è possibile affermare che è proprio al docente, in primo luogo, che spetta il compito di permettere e spingere ognuno a indagare nel campo delle opportunità di apprendimento, fare le proprie scelte e giocare la partita del sapere. È un docente garante della proposta educativa e formativa sostenuta dalla scuola. È un docente mediatore tra il mondo di dentro e quello di fuori: dentro, i meccanismi dell’apprendimento, i pensieri e le emozioni, gli stili cognitivi individuali e di gruppo; fuori, i saperi strutturati in una cultura che li dà in vari modi, la cultura e i suoi media come chiave di destrutturazione e appropriazione dei saperi. La complessità dei rapporti e degli intrecci tra contesti formali, non formali e informali dell’apprendimento può essere gestita solo grazie al ruolo di questo docente, verso cui tendono oggi la ricerca educativa e la sperimentazione didattica, con la sua funzione di armonizzatore dei contesti e delle opportunità. 16 3 Divulgazione e conoscenza scientifica: i “come” e i “perché” di Luigi Amodio e Vincenzo Lipardi Nel mondo della scienza la divulgazione è stata spesso intesa più come tecnica di “semplificazione e popolarizzazione della complessità della ricerca scientifica” che come strumento per fornire delle “chiavi” utili a comprendere “i segreti della natura”, come mezzo capace di costruire tecniche e modelli di coinvolgimento sociale ed integrazione culturale tra la cultura umanistica e quella più propriamente scientifica, insomma a perseguire il fine di democratizzare la società. Nel corso dei secoli, del resto, sono cambiati sia il perché sia il come della divulgazione o – come altrimenti detta – comunicazione scientifica. Un primo perché, ovviamente, risiede nella natura intersoggettiva della scienza come attività umana: la scienza nel suo farsi – osservazioni, esperimenti, formalizzazioni ecc. – non ha senso se non viene comunicata ad altri, quindi verificata, discussa, validata o meno. Questo aspetto della comunicazione scientifica, la cosiddetta “comunicazione intrascientifica”, non è sostanzialmente mutato nonostante che il cambiamento degli strumenti, in pratica l’uso di Internet, abbia avuto un grande impatto che è intervenuto non solo sui tempi e gli strumenti ma anche, come vedremo più avanti, sugli attori coinvolti. Per quanto riguarda invece la comunicazione pubblica della scienza, fuori cioè della comunità degli scienziati, le cose sono mutate radicalmente. Ma occorre qui dare un rapido sguardo al passato e vedere cosa è successo nei secoli scorsi. È utile ricordare che una delle opere che più hanno rivoluzionato la cultura (non solo scientifica) italiana ed europea è, al tempo stesso, un esempio mirabile di comunicazione scientifica, tanto che la radicalità del contenuto si collega fortemente a quella dell’espressione. Stiamo parlando del Dialogo sui massimi sistemi di Galileo, in cui la scelta della forma dialogica, che è parte della tradizione, fa da strumento d’introduzione di teorie innovative e ardite. La divulgazione nel 1500 vede affermarsi una modalità di comunicazione che potremmo dire moderna grazie alle conferenze/spettacolo. Un nome per tutti è Bernard Palissy, un vasaio francese famoso tra l’altro per le sue letture pubbliche di storia naturale. Ricordiamo che per ascoltare una sua lezione imponeva di pagare un biglietto che costava una corona, una cifra notevole a quei tempi. Ma è nel 1600 che la divulgazione scientifica si afferma grazie al proliferare degli esperimenti nei cabinet de curiosité e nei salotti. 17 luigi amodio / vincenzo lipardi È nell’Ottocento, poi, che si fa strada il moderno concetto di divulgazione scientifica. Tra gli spiriti del tempo è emblematico quello di Michael Faraday, che con le sue conferenze del venerdì o in quelle di Natale ci mostra l’esempio forse più importante di divulgazione scientifica “pre-avvento” dei moderni media. Le sue conferenze al Royal Istitution of Great Britain, tra cui la famosa Storia chimica di una candela, divennero un cult per le letture di Natale dei giovani inglesi. Dal 1825 le Royal Institution Christmas Lectures, da lui iniziate, continuano sino ai nostri giorni. Faraday colse anzitempo l’importanza dell’educazione e fu molto attento al sistema scolastico del suo paese. Nel 1862 tenne un famoso incontro con la Commissione delle scuole pubbliche per esporre le sue idee innovative sul sistema educativo della Gran Bretagna, ed infine da scienziato moderno si rifiutò di partecipare alla produzione di armi chimiche nella guerra di Crimea per ragioni etiche. Ciò che accomuna queste esperienze è sicuramente la tensione positivista e illuministica di accrescere la cultura scientifica del “volgo”, così come l’idea utilitarista, che maturò nell’Ottocento, che l’accrescimento delle competenze scientifiche potesse qualificare la classe operaia. Per quanto riguarda invece i musei – la cui natura è soprattutto, passata l’epoca delle “camere delle meraviglie”, di supporto alla ricerca scientifica – è interessante ricordare qui una descrizione che Leibniz fa del suo museo scientifico ideale, che rassomiglia praticamente a un moderno science centre: lanterne magiche, voli, meteore artificiali e ogni sorta di meraviglie ottiche; una rappresentazione dei cieli, delle stelle e delle comete, fuochi d’artificio, fontane d’acqua, barche dalla forma strana, automi bevitori d’acqua, dimostrazioni sul telescopio, macchine calcolatrici, esposizioni della camera oscura, fino all’esperimento consistente nell’infrangere un vetro gridando e nel mostrare l’eguaglianza delle oscillazioni del pendolo. Un teatro di natura o d’arte che stimolerà le invenzioni, offrirà belle visioni, istruirà le persone con un numero infinito di novità utili e ingegnose, dimostrandosi in tal modo vero museo di quanto è possibile immaginare (1675). In Europa, come anzidetto, il cabinet si diffonde a partire dal 1550 come “gabinetto delle curiosità”: in Germania è il Kunst und Wunderkammer, la “stanza dell’arte e delle meraviglie”, e in Italia è lo studiolo. Nel 1683 si inaugura nell’Università di Oxford il “Musaeum Ashmoliano, Schola Naturalis Historiae, Officina chimica”. È un museo che, partendo dalla collezione di Elias Ashmole, l’implementa e crea un’istituzione moderna. Anche le forme gestionali preannunciano un museo moderno: il suo staff prevede un “conservatore” e un “sottoconservatore” pagati con i proventi della biglietteria. Si crea un luogo dove, come commenta Conrad Von Uffenbach, un erudito tedesco, «le persone toccano tutto [...] e persino le donne sono ammesse [...] per 6 pence». Nel 1719 s’inaugura, per volontà di Pietro il Grande, un gabinetto pubblico a San Pietroburgo, con l’obiettivo che “il popolo veda e si istruisca”. Va ricordato che allo zar lo stesso Leibniz aveva inviato un memorandum nel quale scrive: «che questi 18 3. divulgazione e conoscenza scientifica: i “come” e i “perché” gabinetti non servano solo a titolo di curiosità, ma siano innanzitutto mezzi di perfezionamento delle scienza e delle arti». Il Settecento è un periodo effervescente e Parigi vede crescere l’interesse del pubblico aristocratico e borghese verso la nuova filosofia. Nicolas Lemery, un chimico francese, tiene lezione nei gabinetti scientifici dove “dimostra la chimica” e cioè l’arte della preparazione farmaceutica, mentre Jean-Antonie Nollet – più conosciuto come “l’abate Nollet” – è il primo professore di fisica sperimentale all’Università di Parigi. Ed ancora il naturalista francese JacquesChristophe Valmont de Bomare, appassionato studioso di scienze naturali, dopo un viaggio in Lapponia e in Islanda, dove aveva studiato il funzionamento dei vulcani, ritorna a Parigi e a partire dal 16 giugno 1756, per circa trent’anni, «dai primi giorni di dicembre al 15 aprile, il martedì, giovedì e sabato mattina alle 11,30» tiene lezioni di storia naturale in qualità di professore dimostratore. Meravigliare, far conoscere, dimostrare la potenza della tecnologia, della scienza e dell’arte, in una parola del nascente capitalismo, è un imperativo che si afferma tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, anche in connessione con l’esperienza delle grandi esposizioni universali, che tra l’altro creano “segni permanenti”. A Londra, dopo l’Esposizione Universale del 1851, grazie al surplus di 186.000 sterline vengono fondati lo Science Museum e il Natural History Museum. Anche i musei, ovviamente, una volta divenuti strumenti di comunicazione pubblica della scienza non sfuggono alla tensione “educativa” di cui si diceva prima: pensiamo alle motivazioni tutte politiche che portano alla nascita del Palais de la Découverte di Parigi come luogo di crescita culturale dei lavoratori e degli operai nell’epoca del Fronte Popolare. Il Palais de la Découverte rappresenta un esempio particolarmente interessante perché in esso sono presenti, già negli anni Trenta, tutti gli elementi che caratterizzano i moderni science centre: interattività, ruolo delle guide scientifiche, spettacolarizzazione della conoscenza, uso di riproduzioni di esperimenti anziché collezioni di oggetti storici. Non è un caso che Frank Oppenheimer, il fondatore dell’Exploratorium di San Francisco, tragga proprio dalla visita a questa ed altre istituzioni museali europee (Monaco e Londra) gli spunti teorici per fondare il suo celebre science centre. L’Exploratorium rappresenta una importante cesura nella storia della museologia scientifica. La sua prima caratteristica è, naturalmente, quella della interattività basata sull’esposizione di esperienze anziché di oggetti dotati di valore, in senso proprio, come quelli tradizionalmente conservati nei musei. Gli exhibit hands on – cioè gli oggetti su cui si devono “mettere le mani” per generare la riproduzione di fenomeni – rappresentano l’evoluzione creativa di dispositivi analoghi già presenti nei grandi musei scientifici europei e, per molti lustri, il principale punto di attrazione dei science centre di tutto il mondo. Interattività che, oltre la banalizzazione generata spesso da un utilizzo minimale delle potenzialità degli stessi exhibit hands on, richiama naturalmente le caratteristiche proprie della scienza, e cioè la sua natura sperimentale. La seconda caratteristica 19 luigi amodio / vincenzo lipardi è quella di una vocazione democratica della scienza e della sua socializzazione. Il museo, anzi il science centre, non è solo luogo aperto alla partecipazione di tutti affinché la scienza e le sue ricadute siano il più possibile condivise; di più, esso è palestra di uguaglianza che si esercita in primo luogo sul piano cognitivo ed educativo, in una società, come quella statunitense e come quella europea attuale, caratterizzata dal proverbiale melting pot etnico e culturale. Terzo aspetto, e qui ultimo, è quello della dimensione estetica. L’Exploratorium – nato come “museo di arte, scienza e percezione umana” – gioca in maniera esplicita il rapporto con i propri visitatori a partire dalla bellezza e dall’eleganza implicita dei fenomeni naturali, che rappresentano una sorta di “esca” per catturare l’attenzione attraverso la meraviglia da convogliare, successivamente, verso la comprensione delle leggi. Bellezza che ritorna, questa volta esplicita, nella scelta dei curatori delle mostre dell’Exploratorium (e di altri musei e science centre) di affidare ad artisti veri e propri la realizzazione degli exhibit hands on. Su questa base – qui estremamente sintetizzata – è sorta una intera generazione di istituzioni museali o sono stati rinnovati musei tradizionali, con un successo incontrastato almeno fino alla metà degli anni Novanta, quando – cioè – le trasformazioni legate al ruolo della scienza e della tecnologia nelle società contemporanee divengono esplicite e impongono agli addetti ai lavori la necessità di nuove risposte. La prima trasformazione è quella degli assetti epistemologici e organizzativi della ricerca scientifica e tecnologica, che potremmo riassumere come la transizione della scienza accademica alla sua nuova condizione postaccademica. Definiamo con l’etichetta di scienza accademica ciò a cui, usualmente, pensiamo quando utilizziamo il termine scienza pura o scienza in generale, le cui caratteristiche emergono nell’Europa occidentale nel corso della rivoluzione scientifica del xvii secolo e le cui norme – formalizzate da Robert Merton – sono ben note: comunitarismo (la proprietà comune delle scoperte scientifiche e la prassi per cui il mondo della scienza rinuncia alla proprietà intellettuale delle scoperte e le mette in comune in cambio del riconoscimento e della stima), universalismo, disinteresse e umiltà, originalità, scetticismo. L’avvento della scienza postaccademica – che emerge nel secondo dopoguerra e diviene evidente in tempi sostanzialmente recenti – dipende sia da fattori esterni alla scienza così come da ragioni interne, e cioè da un progresso scientifico e tecnologico sempre più rapido e dalla sempre maggiore interdipendenza tra scienza e tecnologia. Come dice il fisico e umanista John Ziman, le caratteristiche di questa nuova condizione della scienza sono: collettivizzazione, limiti allo sviluppo della scienza, sfruttamento della conoscenza, politicizzazione della scienza, industrializzazione, burocratizzazione. Ma ciò che ci interessa maggiormente, in questo contesto, è che la pluralità di attori partecipanti al lavoro scientifico nella dimensione postaccademica è sempre più vasta, sino a poter dire che la stessa comunicazione della scienza ai non esperti diviene un’attività del tutto interna al “farsi” della scienza stessa, un’attività rilevante per il suo stesso sviluppo. Come sostiene Pietro Greco: 20 3. divulgazione e conoscenza scientifica: i “come” e i “perché” Questa nuova era del modo di lavorare degli scienziati comporta una ridefinizione del ruolo che la comunicazione della scienza ai pubblici di non esperti ha per lo sviluppo della scienza stessa, oltre che per la crescita culturale e civile della società nel suo complesso. L’ipotesi, dunque, è che la comunicazione pubblica della scienza assume un ruolo rilevante per lo sviluppo della scienza stessa (Greco, 1999). In secondo luogo, la natura della scienza contemporanea e il passaggio di paradigma determinato dall’avvento delle nuove scienze della vita riposizionano decisamente il tema dell’impatto della scienza sulla vita quotidiana e sulla società. La percezione della scienza attuale è sempre più legata alle sue possibilità di giungere fino alle radici dell’esistenza stessa, attraverso le moderne biotecnologie, le nanotecnologie ecc., aprendo, così, problematiche inedite di natura sociale, politica, legale, filosofica. In questo quadro divengono evidenti i limiti e le insufficienze tanto di un approccio tecnocratico, per cui gli “esperti” sono gli unici legittimati a prendere parola, tanto di un approccio bioetico, che rinvii, in definitiva, ai soli valori morali dell’individuo. Si avverte, insomma, sempre più la necessità della costruzione di nuove forme di dialogo e confronto tra scienza, società e cittadini, ben più strutturate di quanto non sia finora accaduto. Un ultimo dato da considerare ai fini di questa esposizione è la rivoluzione informatica e telematica di cui già negli anni Sessanta e Settanta si potevano leggere, in filigrana, le premesse e le conseguenze. L’uso sempre più diffuso delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella produzione sia di beni materiali (la fabbrica automatizzata) sia di beni e servizi immateriali (e relazionali) ha ridato al “linguaggio” – e più in generale alla manipolazione di simboli – un ruolo centrale. Questa caratteristica del capitalismo contemporaneo – e del sistema di organizzazione dei mezzi di comunicazione di massa, in primo luogo la rete Internet – rappresenta una delle principali peculiarità in rapporto alla introduzione, sempre più massiccia, delle nuove tecnologie nella vita quotidiana. Il teorico della società dell’informazione Manuel Castells dice: I processi di trasformazione sociale riassunti nell’idealtipo della società in rete vanno ben oltre la sfera dei rapporti sociali e tecnici di produzione, influenzano in profondità anche cultura e potere. Le espressioni culturali si ritrovano astratte dalla storia e dalla geografia e in larga misura mediate dalle reti di comunicazione elettronica che interagiscono con e attraverso il pubblico in una varietà di codici e di valori, essendo alla fine sussunti in un gigantesco ipertesto audiovisuale digitato (Castells, 2004). Tutto ciò sta avendo ricadute evidenti anche sulle pratiche della comunicazione nei musei scientifici. Se, infatti, è possibile dire che nell’epoca della scienza accademica la messa in forma museale della scienza avviene essenzialmente nei grandi musei scientifici e naturalistici e quindi nei science centre, l’epoca della scienza postaccademica e dell’utilizzo diffuso delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione vede affermarsi – in queste istituzioni, ovviamente soggette a innovazioni non indifferenti – nuove pratiche, sia espositive sia nell’utilizzo del setting museale. 21 luigi amodio / vincenzo lipardi La consapevolezza di una svolta emerge anche nell’approccio della Commissione europea sul tema della società della conoscenza, dell’istruzione e della scienza. Così come nel caso del progetto NetS-eu – nel cui contesto questo studio è condotto – si tratta perlopiù di progetti di ricerca-azione che vedono coinvolte numerose istituzioni appartenenti alla “comunità” dei science centre e dei musei scientifici così come al mondo della scuola, a quelli dell’università e della ricerca e che si basano sull’utilizzo, l’adattamento o l’elaborazione di modalità partecipative di discussione che scelgono, spesso, l’ambiente museale come luogo di svolgimento dell’attività partecipativa. Ciò non solo per la neutralità del setting, ma soprattutto per la possibilità di mettere a disposizione del pubblico partecipante un patrimonio di “risorse” (materiali, espositive, umane, informative) utile a colmare quel gap di conoscenze, spesso rilevato da indagini e ricerche, sui temi della scienza di confine e sulla ricerca contemporanea che i media riescono, sempre meno, a colmare. Il modello proposto è basato sull’idea che la società della conoscenza è una forma di economia, ma parallelamente è una pratica sociale che tende a creare rapporti, legami e lavoro in rete, linguaggi, pratiche. I science centre in Europa e nel mondo – tra cui la Città della Scienza di Napoli, istituto ideatore e coordinatore del progetto NetS-eu – immaginano una “catena del valore” sociale, che lega educazione e comunicazione scientifica, formazione permanente, creazione di lavoro e di impresa. Un’idea innovativa del rapporto tra scienza, conoscenza e società basato, insomma, sulla stretta relazione tra cultura scientifica e tecnologica, innovazione, sviluppo economico. In questo senso si evidenzia che una tendenza sempre più diffusa è quella della rivalutazione del museo/science centre come “piazza”, luogo di confronto, arena di scambio di idee, nodo di rete e centro propulsore di networking. Questa conclusione apre lo sguardo sulla necessità di deistituzionalizzare la scienza e la sua comunicazione al pubblico e restituire così alla cittadinanza la possibilità di controllo delle scelte e degli sviluppi del progresso scientifico e tecnologico: ciò sarà possibile solo attraverso il lavoro congiunto di una serie di organizzazioni – tra cui, in primis, i musei e la scuola – che insieme possono formare la coscienza critica dei cittadini di oggi e di domani. 22 4 Il sistema scuola e le nuove tecnologie: sfide e pericoli di Maria Luisa Iavarone Il nostro tempo e l’attuale condizione europea, caratterizzata da incertezza e precarietà economica ma anche da instabilità dei ruoli sociali e delle istituzioni politiche e di governo, più che mai dovrebbe essere caratterizzato dalla necessità di prevedere investimenti per migliorare la formazione dei giovani e potenziare la qualità della ricerca, soprattutto attraverso il confronto internazionale e gli scambi interculturali. Il compito di chi si occupa di istruzione e formazione, a tutti i livelli e nei diversi ambiti, diventa allora strategico in quanto dovrebbe costituire, per autorevolezza e riconoscibilità, la leva per creare sviluppo e innovazione. Tuttavia, a dispetto di questi proclami, il lavoro didattico ha subito negli ultimi anni un progressivo processo di delegittimazione o in ogni caso di forte erosione della reputazione anche perché in molti paesi europei stentano ad affermarsi politiche dell’istruzione e della formazione che mettono in relazione il bisogno di ottenere migliori risultati dagli studenti con necessari investimenti nella professionalità dei docenti. Nella scuola, ma anche nell’università, è stata attuata nell’ultimo decennio una politica di cambiamenti continui che ha impedito di verificare in modo corretto gli effetti di questi interventi e di ricavare le informazioni necessarie per impostare azioni educative e didattiche di miglioramento sulla base di evidenze, incrinando così il rapporto tra ricerca scientifica, mondo della scuola e istituzioni formative. Altra questione cogente è di certo rintracciabile nel corto circuito tra scuola ed occupazione: un mercato del lavoro, espressione di un modello economico e sociale incapace di dare speranza e prospettive, lede evidentemente la motivazione allo studio e all’apprendimento trasformando la scuola in un luogo sempre più inadeguato e inefficace nel preparare alla vita futura. D’altra parte, ridurre il ruolo della formazione alla trasmissione di skills immediatamente spendibili nel lavoro, rischia di mettere in discussione la capacità della scuola di avviare i giovani alla ricerca scientifica, stimolandoli a mettere in gioco non tanto capacità ricettive, ma critiche e creative. Errore analogo che viene compiuto anche quando, a valle delle poco lusinghiere performance scolastiche degli studenti che possono emergere dalle indagini internazionali (pisa-ocse), si ritiene di poter innalzarne il livello addestrandoli meglio a rispondere ai test invece di insegnare loro le capacità critiche necessarie per affrontarli. 23 maria luisa iavarone Ultimo elemento, straordinariamente importante per la comprensione del tempo presente, riguarda l’esplosione delle tecnologie e di Internet nelle esperienze di studio, di lavoro e di vita. Tale evento finisce per rideterminare non solo gli alfabeti ma anche la grammatica e la sintassi del fare scuola tradizionalmente inteso imponendo, ad educatori e insegnanti, nuove capacità di integrazione di competenze (didattiche, disciplinari, digitali) e di contesti di apprendimento (formali, non formali, informali), anche per accompagnare ragazzi e giovani ad un uso critico e consapevole dei media tecnologici. Oggi spesso si fa ricorso ad espressioni accattivanti come “scuola digitale”, “classi 2.0”, “un tablet per ogni alunno”, rischiando di far ritenere che l’innovazione stia nelle dotazioni tecniche e strumentali e non nei metodi di insegnamento per migliorare l’apprendimento e soprattutto in una adeguata coerenza tra mezzi e fini educativi per un controllo reale tra progetti e risultati. A tale riguardo sono già numerosi in Europa i progetti che prevedono in molte scuole l’assegnazione di un tablet ad ogni alunno affinché i libri di testo siano completamente sostituiti da più economiche versioni digitali degli stessi, fino ad arrivare ad esasperazioni estreme dovute all’impiego di Mobile Internet Devices1 nella vita scolastica. L’abolizione pressoché totale dalla scuola di libri e quaderni, di compiti in classe cartacei e di presa di appunti carta-matita, a vantaggio di un sistema nel quale tutto viene digitalizzato ma anche rarefatto e virtualizzato, ivi compresi i colloqui scuola-famiglia surrogati da comunicazioni via e-mail tra insegnanti e genitori, è una condizione assolutamente critica. Il fatto che questi ultimi abbiano inoltre la possibilità di monitorare e sorvegliare la condotta e il profitto dei propri figli attraverso il possesso di un login e una password che consente loro di accedere alla piattaforma della scuola dalla quale controllare i voti dei compiti, delle interrogazioni, il numero di assenze e persino le attività formative svolte in diretta via streaming, non deve “abbagliare” e accecare la nostra coscienza educativa. Gli esempi appena riportati dimostrano come la deriva dell’impiego delle tecnologie nella scuola possa anche costituire una sponda decisamente inquietante, a rischio di trasformare l’attività scolastica in una sorta di “grande fratello” dove persino le relazioni formative in presenza sono assoggettate allo strapotere mediatico delle tecnologie. L’antidoto a questo scenario non può che essere, come sempre, il senso dell’equilibrio e della misura; rendere la scuola un luogo aperto alle tecnologie 1. Con il termine Mobile Internet Device (mid) vengono indicati alcuni particolari dispositivi destinati soprattutto alla navigazione in Internet e pensati soprattutto per un pubblico non professionale, il cui sviluppo è stato portato avanti a partire dal 2007. I dispositivi mid sono in genere utilizzati non come veri e propri sostituivi dei notebook o dei palmari ma più che altro come dei dispositivi attraverso cui accedere liberamente alla rete. Lo schermo è touchscreen tra i 4,5 e i 6 pollici e vengono generalmente utilizzati anche come lettore musicale o come dispositivi di accesso per i network sociali (MySpace e Facebook). In questo senso possono essere visti come dispositivi a metà strada tra gli Smartphone e i veri umpc. 24 4. il sistema scuola e le nuove tecnologie: sfide e pericoli e all’innovazione della società della conoscenza è ormai inderogabile, ma snaturare il senso delle relazioni formative ritenendo che questa debba cambiare soltanto aumentando il possesso e l’utilizzo delle tecnologie è sbagliato oltre che pernicioso. Così come è pericoloso costringere la scuola all’interno di un suo mondo procedurale e tecnologico che rischia di farne comunque un luogo chiuso e impermeabile alle contaminazioni esterne. E tale considerazione è d’altra parte in linea con l’opinione di Umberto Eco che rispondendo alla provocatoria domanda di uno studente “a cosa servissero più i professori nell’epoca di Internet?” scriveva che certamente le informazioni che la rete mette a disposizione sono immensamente più ampie e spesso più approfondite di quelle di cui dispone un professore, tuttavia si trascura un punto importante: che Internet dice “quasi tutto”, salvo come cercare, filtrare, selezionare, accettare o rifiutare quelle informazioni2. A immagazzinare nuove informazioni, purché si abbia buona memoria, sono capaci tutti. Ma decidere quali vadano ricordate e quali no, questa è un’arte sottile. 2. A proposito del relazione formativa e il ruolo del docente nelle dinamiche di apprendimento, il presente intervento si pone in linea di continuità che con quello di Mario Campanino che lo precede (cfr. p. 00). 25 Parte seconda Aspetti del networking 5 Docenti e Inquiry Based Science Education: una ricerca di Sofia Lucas Alcuni studi condotti negli ultimi anni dimostrano che, nonostante l’aumento del numero degli studenti universitari rilevato nell’ultimo decennio, i giovani si sono allontanati da aree formative fondamentali quali le scienze e la matematica, scegliendo di frequentare corsi a ridotto contenuto scientifico. Sono stati compiuti molti sforzi per contrastare questa tendenza, ma con scarso successo, e d’altronde la capacità di innovazione e la qualità della ricerca in Europa sono in declino. Il contatto precoce dei bambini con la scienza appare fondamentale per lo sviluppo di successive positive propensioni nei confronti delle scienze; tuttavia, nonostante i bambini più piccoli siano portati a una curiosità istintiva nei confronti delle discipline scientifiche, l’insegnamento può frenare questo interesse (Rocard et al., 2007). Gli educatori devono comprendere che la scuola non può limitarsi a trasmettere dati e informazioni e deve concentrarsi invece sulla generazione di conoscenze utili e applicabili. La programmazione didattica di un buon insegnante consente agli studenti di affinare le proprie capacità di studio, fornisce loro una visione del mondo da più prospettive e diverse modalità di comunicazione, presenta con successo nuovi interrogativi e nuove problematiche di vita quotidiana e spinge a trovare una risposta per ciascuno di essi. Porsi delle domande e trovare delle risposte è un fattore molto importante nell’apprendimento basato sul processo d’indagine (ibse), in quanto contribuisce a generare conoscenze in modo efficace (TeAch-nology.com). Secondo l’opinione di Deleuze (Deleuze, Parnet, 1977), insegnante e studenti dovrebbero essere in grado di portare alla luce il campo problematico che li interessa e di inventarsi un problema prima di trovare una soluzione, poiché la capacità di costruire dei problemi è molto importante per comprendere meglio il mondo. Integrare le scienze nell’educazione significa procedere come uno scienziato quando ci si trova a dover affrontare un problema. Lo scienziato è colui che, di fronte a un problema, formula delle ipotesi, raccoglie delle idee e successivamente le conferma o le smentisce. Il concetto di pensiero riflessivo si basa su quest’idea di lavoro scientifico, in cui tutto è in movimento e niente è stabilito o fissato: tali concetti, accettati in passato, oggi non lo sono più. L’ibse (Inquiry Based Science Education, educazione scientifica basata sul processo d’indagine) è un approccio di insegnamento e apprendimento delle scien- 29 sofia lucas The NetS-eu project. Knowing ze che deriva dalla comprensione del modo in cui gli studenti imparano la scienza e si focalizza sui contenuti fondamentali da imparare. Esso si basa inoltre sulla convinzione secondo cui è importante assicurare che gli studenti comprendano davvero ciò che stanno imparando, e non apprendano semplicemente a ripetere argomenti e informazioni. A differenza di un processo di apprendimento superficiale, nel quale la motivazione allo studio si basa sulla soddisfazione di essere premiati, l’approccio ibse va nel profondo e la motivazione all’apprendimento deriva dalla soddisfazione per avere imparato e compreso qualcosa. Questo tipo di metodologia si concentra maggiormente sull’utilizzo e l’apprendimento di contenuti come strumento per sviluppare delle capacità durante la risoluzione di problemi. Si tratta di un processo attivo, in cui l’insegnante agevola l’apprendimento e gli studenti vengono maggiormente coinvolti nella costruzione della conoscenza stessa. Gli insegnanti devono inoltre aiutare gli studenti a riflettere sulle caratteristiche dei processi in cui sono coinvolti (approccio metacognitivo). L’apprendimento basato sul processo d’indagine richiede un’attenzione speciale nel creare ambienti ed esperienze formative in cui gli studenti possano mettere a confronto nuove idee, approfondire le proprie conoscenze e imparare a pensare in modo logico e critico riguardo al mondo che li circonda. Imparare diventa più semplice quando un argomento affascina gli studenti e rispecchia i loro interessi e obiettivi. 30 5. docenti e inquiry-based science education: una ricerca Nell’ambito del progetto NetS-eu, le attività di ricerca e analisi hanno seguito due filoni: – ricerca a partire dalle fonti: è stato raccolto materiale da caricare nella piattaforma NetS-eu riguardante tre diversi tipi di risorse: progetti educativi, attività e strumenti e supporto scientifico; – case studies (studi di casi): è stato condotto un sondaggio sul lavoro svolto da insegnanti che hanno preso parte ai workshop NetS-eu in ciascun paese europeo partner del progetto, mediante questionari compilati dagli insegnanti stessi in tre momenti diversi, fino alla fine del progetto. Lo scopo dei sondaggi era quello di seguire il lavoro degli insegnanti fino al termine del progetto per valutare l’impatto dei workshop e dei materiali erogati attraverso il sito web NetS-eu nella loro attività quotidiana. In generale, ciascun insegnante rappresentava uno studio di caso individuale e l’obiettivo principale era di comprendere la loro evoluzione professionale, mettendo a confronto i risultati dei tre questionari. Il primo questionario aveva lo scopo di ottenere una prima visione del lavoro svolto da ciascun insegnante prima del progetto, per rilevare alcuni aspetti come: – cosa conoscono gli insegnanti riguardo a determinati concetti metodologici? – come lavorano? – quali pratiche applicano in classe? – con quale frequenza e con quale fiducia applicano tali pratiche? Il secondo questionario mirava a ottenere informazioni riguardanti la partecipazione degli insegnanti al progetto: – gli insegnanti stanno utilizzando la piattaforma NetS-eu? – stanno prendendo parte ai workshop NetS-eu? – cos’altro stanno facendo gli insegnanti per cambiare/migliorare il proprio approccio professionale? – stanno partecipando ad altri tipi di corsi di formazione, conferenze ecc.? – hanno preso parte ad altri progetti correlati? Il terzo e ultimo questionario aveva lo scopo di stabilire l’impatto globale del progetto NetS-eu sul lavoro quotidiano degli insegnanti: – quali cambiamenti apportano gli insegnanti al loro lavoro quotidiano? – come stanno utilizzando in classe le nuove conoscenze acquisite? – gli insegnanti stanno applicando nuovi metodi in classe?1 1. Si consultino i risultati delle ricerche e delle analisi svolte durante il progetto NetS-eu sul sito web netseu.ning.com. 31 6 La forza della rete è la nostra diversità di Sheena Laursen 6.1 Networking: come lavorare in rete con una varietà di istituzioni diverse La forza della rete è la nostra diversità. È quando ci incontriamo con partner diversi che sorgono opportunità inaspettate e si presenta la possibilità di trovare nuove soluzioni. Networking significa lavorare insieme e aiutarsi l’un l’altro a risolvere le sfide che ciascuno di noi deve affrontare. Il networking svolge quindi un ruolo importante, in quanto siamo diversi l’uno dall’altro e, in questo modo, riusciamo a rispecchiarci nelle diverse sfide che dobbiamo superare; inoltre, abbiamo la possibilità di aiutarci a vicenda a condividere le esperienze e ad imparare in che modo riuscire a migliorarci in ciò che facciamo. Il fondamento per lavorare insieme in rete è la diversità di ciascuno, in virtù della sua appartenenza a istituzioni diverse, ma ci sono alcune sfide comuni che tutti condividono e si possono perciò stabilire obiettivi comuni. Il primo passo importante da compiere per riunirsi in una rete è quello di definire sfide e obiettivi comuni. Una volta che i membri di una rete hanno concordato uno scopo comune e gli obiettivi da perseguire, oltre magari a quali altri partner sperano di coinvolgere, un processo di evoluzione ha già avuto inizio: a questo punto ci si è già impegnati a mettere a punto una soluzione insieme. 6.2 Il networking nel progetto NetS-eu Uno degli obiettivi principali del progetto NetS-eu è stato quello di supportare lo sviluppo di un’ampia rete europea di insegnanti, esperti e istituzioni che operano nell’ambito dell’educazione scientifica non formale in Europa. Con questo progetto ci si è impegnati a sviluppare una vasta rete partendo dalle istituzioni partner, per proseguire con l’inclusione di centri scientifici, musei, atenei, collegi universitari e insegnanti di tutta Europa. 32 6. la forza della rete è la nostra diversità The NetS-eu project. Meeting 6.3 Quale aspetto ha una rete? Non esiste una risposta corretta su quale aspetto abbia o debba avere una rete. Ne esistono tante varietà diverse, e diversi aspetti possono concorrere nel far decidere a un soggetto o istituzione quale tipo potrebbe essere quello giusto. Una rete può essere paragonata agli atomi di carbonio che, quando si legano insieme in un determinato modo, formano la grafite (la sostanza tenera che conosciamo dalle matite), mentre, quando sono uniti insieme in un modo diverso, possono formare i diamanti, ossia la sostanza più dura conosciuta in natura. Non esiste una risposta standard in merito al fatto che le reti debbano o no essere omogenee o eterogenee, in quanto ciò dipende degli obiettivi stessi della rete. Se l’obiettivo è, ad esempio, trovare soluzioni per uno specifico problema tecnico complesso, può essere sensato avere una rete costituita da un gruppo omogeneo di utenti. Se, d’altra parte, l’obiettivo è cercare diversi impulsi ed esperienze per affrontare sfide diverse, sarà più facile raggiungerlo in reti formate da gruppi eterogenei. Ciononostante, tutte le reti si fondano su due caratteristiche comuni: 33 sheena laursen – i rapporti tra le persone, che fungono da legante per unire le organizzazioni tra loro; – obiettivi significativi e mirati per tutti i membri della rete. Fondamentalmente, una rete assicura che le conoscenze, che sarebbero altrimenti accumulate da istituzioni individuali, possano circolare liberamente tra i membri. In questo modo si stabilisce una condivisione delle informazioni acquisite e si crea un patrimonio di conoscenze comune; ciò consente a sua volta ai membri della rete di generare un importante sviluppo di competenze. In altre parole, una buona rete offre un potere di sopravvivenza congiunto. Diventando membri della rete si ottengono vantaggi che altrimenti sarebbe stato impossibile ottenere. In base alle sfide e agli obiettivi prefissati e ai vari tipi di istituzioni appartenenti alla rete, la collaborazione può riguardare diversi tipi di attività. Le tre domande principali che ci si dovrebbe porre sono: – quali sfide comuni desideriamo affrontare e cosa speriamo di ottenere dalla rete? – quali processi e metodi utilizzeremo per raggiungere gli obiettivi comuni? – in che modo possiamo ottenere il massimo dal nostro processo di networking? Le reti offrono un valore aggiunto, grazie al contatto con altre istituzioni e organizzazioni, e l’incontro tra società e centri di conoscenza può ispirare e contribuire ad intensificare idee innovative e creative: come nel caso del progetto NetS-eu, fondamentalmente il networking supporta e svolge un ruolo essenziale nei processi nazionali e transnazionali orientati all’apprendimento permanente. 34 7 Incontrare i docenti ai workshop di Claire Le Moine e Jean-Baptiste Paulin Ciascuno degli otto paesi partecipanti al progetto NetS-eu ha organizzato dei workshop locali destinati ai professionisti dell’educazione, principalmente agli insegnanti. Questi workshop affrontano le metodologie di educazione scientifica che utilizzano il processo d’indagine (ibse). Sono stati uno strumento utile per lo scopo che ci si era prefissati? Di seguito sono riportati i dettagli organizzativi dei workshop. 7.1 Preparazione dell’animazione 7.1.1. avere una buona conoscenza del funzionamento del sistema L’organizzazione di workshop per gli insegnanti dipende in gran parte dal modo in cui funziona il sistema educativo nazionale e dalle consuetudini operative di ciascun paese. Nell’ambito del progetto, le attività sono state proposte gratuitamente agli insegnanti durante l’orario di lavoro o in altri momenti; altrimenti, le animazioni avrebbero potuto essere integrate nel piano di formazione nazionale e rispettare numerosi vincoli. È pertanto importante identificare i referenti nel sistema formale che forniscano le informazioni riguardanti le operazioni specifiche da attuare per ciascun paese. Inoltre, il loro coinvolgimento apporta una robustezza istituzionale all’iniziativa, utile per rassicurare gli insegnanti, facilitando inoltre l’implementazione di un monitoraggio a livello sistemico. 7.1.2. identificare un problema rilevante e documentarlo L’educazione scientifica basata sul processo d’indagine è al centro di un approccio che deve essere implementato in classe ed è più un mezzo che un fine (un metodo, appunto, una via indicata nei modi di appropriazione della conoscenza), e per questo motivo si adatta perfettamente a tutti i tipi di argomenti. La scelta del tema presentato potrebbe essere associata a un contesto specifico: tematica nazionale, 35 claire le moine / jean-baptiste paulin progetto di classe, anno mondiale di... qualcosa! Ma qualunque sia il tema scelto, esso deve essere opportunamente documentato: bibliografia, sitografia, iconografia. Queste informazioni devono essere facilmente accessibili agli insegnanti. 7.2 Contenuto dei workshop 7.2.1. contesto europeo L’Inquiry Based Science Education è già inclusa nei programmi dell’Unione Europea. Alcuni paesi hanno già iniziato a integrare questi concetti nella formazione degli insegnanti e il movimento si sta espandendo. Il metodo è stato sperimentato ed è ormai comunemente accettato che l’approccio investigativo consenta di fissare stabilmente le conoscenze acquisite e di sviluppare capacità critiche e dialettiche. 7.2.2. in teoria... L’ibse è fondata su un approccio in più fasi, che può essere riassunto come segue (sono possibili variazioni): 1. Osservazione / manipolazione / quesito. 2. Una volta identificato il problema, sviluppo degli scenari possibili. 3. Ideazione dei modi di verifica delle ipotesi e loro elaborazione (esperienza, recupero delle osservazioni). 4. Rilevazione dei risultati e loro presentazione. 5. Verifica della validità delle ipotesi. 6. In caso di correttezza delle ipotesi, conferma e conclusione. 7. In caso di scorrettezza delle ipotesi, ripresa del procedimento dal punto 1. 7.2.3. passiamo alla pratica! Gli insegnanti spesso non possiedono o possiedono solo una minima formazione riguardo a questo processo, per non parlare delle difficoltà operative frequentemente legate al suo utilizzo in classe. Qui alcuni spunti: – iniziare fissando delle condizioni e facendo sperimentare direttamente agli studenti la risoluzione di un problema mediante l’uso di un approccio investigativo; – cambiare i metodi usati per presentare i problemi: osservazione, sperimentazione, domanda / indovinello; – sentirsi liberi di creare dei collegamenti tra diverse discipline. Gli insegnanti della scuola primaria non operano in un campo specializzato e sarà più semplice implementare questo metodo, se esso offre la possibilità di creare collegamenti tra le diverse materie insegnate in classe; – assicurarsi che i contenuti offerti non richiedano prerequisiti specifici. È importante che le conoscenze degli insegnanti non siano messe in discussione dall’offerta didattica proposta; 36 7. incontrare i docenti ai workshop The NetS-eu project. Experimenting – si ricordi che lo scopo principale dell’instaurazione di un approccio investigativo in classe non è di risolvere dei problemi, ma di incoraggiare l’emersione di una dinamica che susciti l’interesse, la curiosità, la condivisione e la comunicazione; – dalle prime prove potrebbe sembrare che occorra molto tempo prima di ottenere dei risultati, ma questo metodo funziona a lungo termine, quando ogni progresso compiuto sarà a beneficio del singolo e del gruppo. 7.3 Diffusione della documentazione e supporto agli insegnanti La piattaforma digitale. Esistono migliaia di modi per implementare un approccio basato sul processo d’indagine nell’insegnamento delle scienze. Le piattaforme digitali consentono lo scambio di informazioni e fungono da base di risorse. La registrazione in questo tipo di piattaforme normalmente è gratuita. Supporto agli insegnanti. Può essere efficace creare “gruppi di focalizzazione” composti da insegnanti motivati, che dovrebbero essere regolarmente monitorati e supportati nei loro progetti (attrezzature, consegna di contenuti, metodologia). Lo scopo è quello di creare una dinamica all’interno delle scuole per diffondere innanzi tutto la propensione all’autoformazione e allo sviluppo professionale. 37 8 Strumenti web interattivi per l’Inquiry Based Learning e il networking di Beáta Holá Il processo di indagine ha come scopo di ottenere conoscenze, informazioni o la verità attraverso delle domande. I neonati lo utilizzano per costruire il proprio senso del mondo che li circonda, si girano nella direzione delle voci, mettono le cose in bocca, afferrano gli oggetti e osservano i visi che si avvicinano loro. Ma anche più avanti, nel corso della vita, tutti continuano a compiere questo processo. Il processo d’indagine consiste principalmente nella raccolta di dati e informazioni e nella loro applicazione ai cinque sensi (olfatto, gusto, tatto, udito e vista). Oltre al porsi le domande, infatti, l’apprendimento basato sul processo indagine consiste anche nell’applicazione di un modo di convertire i dati e le informazioni raccolte in conoscenze utili. In questo capitolo presentiamo una selezione di strumenti interessanti perché consentono un’applicazione valida dell’apprendimento basato sul processo d’indagine. Molte informazioni e fatti sono facilmente reperibili, ma occorre comprendere come trovarvi un senso e trasformarli in conoscenze utili. L’insegnante dovrà passare in rassegna l’intero elenco per identificare quelli che potrebbero essere importanti per lui/lei e la sua classe, e il modo di inserire l’utilizzo dello strumento più adeguato nel proprio programma didattico. È essenziale riconoscere che l’insegnamento basato sul processo d’indagine dovrebbe essere visto come una tecnica o una pratica didattica, oppure come metodo. Esso inizia con gli insegnanti nel ruolo di studenti e ricercatori, con la convinzione fondamentale che le materie che insegnano sono luoghi ricchi, viventi e generosi per suscitare meraviglia e indurre all’esplorazione. A questo proposito, i seguenti strumenti Internet possono contribuire a un insegnamento di successo1. 1. La disponibilità dei link che abbiamo selezionato è stata verificata nel luglio 2013. Alcuni link potrebbero essere successivamente cambiati, ma sarà tuttavia possibile individuare gli strumenti prescelti attraverso i normali motori di ricerca. 38 8. strumenti web interattivi per l’inquiry based learning The NetS-eu project. Presenting Spiderscribe Strumento di mind mapping e brain- http://www.spiderscribe. storming online net ted-Ed Dialoghi educativi che possono essere http://ed.ted.com usati come stimolo per impegnare gli studenti nel processo d’indagine Text2MindMap Creare una mappa mentale utilizzando http://www.text2mind un testo map.com GoGooligans.com Strumento di ricerca sicuro per bam- http://www.gogooligans. bini e adolescenti – motore di ricerca com scolastico / accademico InstaGrok Presentate il vostro argomento su un http://www.instagrok. display interattivo – formato di mappa com concettuale interattiva Simple Wikipedia Enciclopedia online in inglese sempli- http://simple.wikipedia. ce – ideale per aiutare gli studenti di org/wiki/Main_Page altre lingue a sviluppare conoscenze di base WikiSummarizer Presenta i risultati di una ricerca sotto http ://www.wikisum forma di mappa visiva, di elenco o di marizer.com “nuvola di parole” 39 beÁta holÁ Diigo Raccogliete, confrontate e organizza- http://www.diigo.com te tutte le informazioni – catturatele, memorizzatele, inserite tag, richiamatele e condividitele Pics4Learning Libreria di immagini gratuita e sicura http://www.pics4learn per scopi didattici. Insegnanti e studen- ing.com ti possono usare le foto e le immagini, liberamente utilizzabili per scopi didattici, per lavori in classe, progetti multimediali, siti web, cartelle o per qualsiasi altro progetto in ambito educativo Polldaddy Create sondaggi, indagini e quiz e rac- http://polldaddy.com cogliete le risposte Survey Monkey Progettate i vostri sondaggi, raccoglie- h t t p : / / w w w. s u r v e y te le risposte e analizzate i risultati monkey.com Animoto Create semplici presentazioni video http://animoto.com – aggiungete immagini e testo, selezionate la colonna sonora e create la vostra presentazione Audacity Programma di editing e registrazione http://audacity.source audio che permette di mixare, registra- forge.net re ed editare file sonori Esercitazioni in più lingue! 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Collaborate e condividete contenuti e idee 41 http://vimeo.com https://wordpress.com 9 Le conferenze con gli insegnanti: un modello di Halinka De Visscher Viviamo in un mondo che cambia continuamente e crediamo che non sia possibile comprendere questa realtà in continua evoluzione senza essere in possesso di conoscenze tecniche e scientifiche. Per suscitare interesse nell’acquisizione di conoscenze scientifiche e stimolare i giovani allo studio delle scienze o della matematica, con lo scopo di riuscire a capire un mondo nel quale ci viene messa a disposizione un’offerta tecnica che cambia con estrema rapidità, occorre iniziare precocemente a introdurre le nozioni di base che permettono la comprensione della scienza. Questo è l’obiettivo fondamentale di tutte le attività volte all’educazione scientifica del progetto NetS-eu in generale e delle tre conferenze internazionali organizzate nell’ambito del programma Comenius durante il progetto1: condividere le conoscenze riguardanti i metodi che possono migliorare l’apprendimento non formale delle scienze per accrescere le competenze di bambini e ragazzi in una società sempre più complessa. La scuola è il luogo da cui iniziare e l’approccio di insegnamento delle scienze basato sul processo d’indagine (ibse) dovrebbe essere sempre presente nel bagaglio metodologico di un insegnante. Organizzare le conferenze relative al programma Comenius è stato anche importante per elevare il profilo del nostro lavoro e interagire con tutti gli interessati (insegnanti di materie scientifiche, soggetti operanti nel campo dell’educazione scientifica formale e non formale). Le conferenze hanno costituito una buona opportunità per presentare i risultati del lavoro svolto nell’ambito del progetto e per attrarre l’attenzione sul progetto stesso e su altre attività e iniziative simili. Il programma Comenius ha l’obiettivo di incrementare la qualità dell’educazione scolastica in Europa e aiutare i giovani ad acquisire capacità e competenze trasversali di base, necessarie per il loro sviluppo personale e per il loro futuro 1. La prima conferenza, realizzata dalla Città della Scienza di Napoli il 13 e 14 ottobre 2011, aveva come tema principale la Cooperazione europea nell’educazione scientifica non formale. La seconda conferenza, realizzata da Ciência Viva di Lisbona (Portogallo) il 14 e 15 settembre 2012, trattava il tema Sviluppo di capacità d’indagine in contesti formali e non formali. Nel corso della terza e ultima conferenza, realizzata da Technopolis a Mechelen (Belgio) il 7 e 8 ottobre 2013, si è affrontato il tema L’educazione scientifica basata sul processo d’indagine nell’apprendimento formale e non formale delle scienze. ® 42 9. le conferenze con gli insegnanti: un modello The NetS-eu project. Listering impiego professionale. Esso offre agli insegnanti, agli studenti e alle istituzioni europee opportunità di imparare e lavorare insieme su questioni rilevanti per l’educazione scolastica, supportando mobilità, partnership e progetti transazionali, oltre a reti didattiche e gemellaggi fra scuole. Il modello delle conferenze internazionali nell’ambito del progetto NetS-eu è stato quello di un incontro della durata di due giorni al quale partecipano enti, associazioni e persone coinvolte nei vari progetti e iniziative del programma Comenius in Europa riguardanti l’educazione scientifica tra formale e non formale. Le conferenze si aprono con sessioni plenarie iniziali, seguite da workshop e momenti di discussione. Ciascuna conferenza del programma Comenius ha un argomento chiaro e gli organizzatori sanno esattamente cosa desiderano ottenere. Per queste conferenze si prevede un natura multidisciplinare e interattiva sotto molti aspetti. Essa comprende la presenza di oratori e partecipanti internazionali, raduna insieme insegnanti di scienze, enti e associazioni scientifiche, artisti e persone interessate all’educazione scientifica. Seguendo il nostro modello, il programma delle conferenze viene fissato secondo linee stabilite: – presentazione dei progetti del programma Comenius e delle altre iniziative volte a migliorare l’educazione scientifica utilizzando i metodi del non formale in Europa; 43 halinka de visscher – presentazioni degli oratori internazionali, esperti conoscitori del metodo ibse nell’educazione formale e non formale. Per la conferenza è importante scegliere gli oratori adeguati. È inutile dire che non tutti coloro che parlano si trovano a proprio agio davanti a un pubblico, non tutti sanno cosa ci si aspetta da loro e quanto tempo deve durare il loro intervento. In qualità di organizzatori è opportuno fornire un’idea molto precisa dell’argomento di cui parlerà ciascun oratore e di quanto il loro intervento contribuirà allo svolgimento dell’evento. Si cerchi di decidere in anticipo come si desidera che l’evento sia strutturato, quindi si identifichino gli oratori più adatti per parlare di ciascun argomento; – testimonianze di insegnanti di materie scientifiche. Quanto più personale e precisa è una testimonianza, tanto più contribuirà a catturare l’attenzione del pubblico; – workshop riguardanti il metodo ibse e l’educazione scientifica non formale. Agli insegnanti della scuola primaria e secondaria sono state illustrate le nuove tecniche riguardanti la pedagogia ibse e l’apprendimento formale e non formale delle scienze. Nei workshop si presta inoltre attenzione allo squilibrio di genere. I migliori workshop sono quelli che, oltre a presentare nuove idee, rassicurano l’insegnante in merito alle pratiche correnti. Al termine è utile lasciare ai partecipanti un po’ di tempo per riflettere sulle proprie pratiche. I workshop ideali sono quelli che sembrano più una conversazione che una conferenza. I partecipanti spesso portano con sé nuove idee e la loro condivisione con il resto del gruppo è un aspetto importante del workshop. L’elemento chiave di una buona conferenza è che all’evento siano presenti le persone giuste, in buon numero. Sarà più probabile che gli insegnanti partecipino se potranno conoscere in anticipo gli argomenti trattati, perciò è opportuno che negli inviti si menzionino i benefici che potranno ottenere partecipando. Al termine della conferenza va consegnato agli insegnanti un attestato di partecipazione. In alcuni paesi, per organizzare un workshop ufficiale per gli insegnanti di materie scientifiche, è necessaria anche un’autorizzazione da parte di un’autorità locale (uffici ministeriali territoriali), perciò il consiglio è di assicurarsi di ottenerla. 44 10 Per una diffusione efficiente dei risultati del networking di Wolfgang Eisenreich Trasferire le conoscenze e le informazioni nella pratica didattica (e anche in altri ambiti interessati) può essere un processo lento e a volte difficoltoso. È necessario pianificare strategie di divulgazione efficaci e conoscere le abitudini e le preferenze delle persone interessate. In base all’esperienza acquisita durante il progetto NetS-eu, questo capitolo fornirà alcune linee guida per la pianificazione strutturata dell’attività di divulgazione. L’attività di divulgazione dei risultati svolge un ruolo cruciale in un progetto e deve essere rivista con una certa regolarità, in quanto essi vengono alla luce man mano che il progetto procede. Essa contribuirà a raggiungere gli obiettivi prefissati e ai cambiamenti di atteggiamento o delle pratiche didattiche, oltre che all’accrescimento delle abilità degli insegnanti. 10.1 Strategia di divulgazione Una strategia di divulgazione efficace dovrebbe essere presa in considerazione già nel corso dello sviluppo della proposta progettuale. Essa assicurerà un numero sufficiente di compiti assegnati, fondi e tempo fin dalle prime fasi del progetto. È consigliato coinvolgere gli insegnanti nell’ideazione del progetto: ciò assicura che i risultati dello stesso siano adattati alle loro esigenze. Gli insegnanti possono inoltre svolgere una parte attiva, fornendo assistenza nella divulgazione. Con insegnanti che informano altri docenti in merito ai risultati è possibile divulgarli in maniera più efficace a livello locale: gli insegnanti spesso conoscono e hanno accesso a canali di comunicazione e comunità locali, specificamente pensati per i docenti. Un altro vantaggio associato al coinvolgimento dei docenti nelle attività di divulgazione è che essi pensano e parlano come fanno normalmente gli insegnanti: per questo, i risultati dei vostri progetti saranno comunicati in modo semplice e comprensibile e il loro utilizzo sarà favorito. In genere, gli insegnanti dichiarano di non avere molto tempo e a volte potrebbero fare fatica a districarsi tra un numero eccessivo di informazioni, quando sono alla ricerca di nuovi metodi e materiali didattici. Per questo motivo è essenziale 45 wolfgang eisenreich individuare il modo per comunicare in maniera efficace e pertinente. Esso può essere identificato esaminando a fondo i programmi di studi nazionali e acquisendo maggiori conoscenze dei sistemi scolastici per integrare nuovi metodi e materiali di insegnamento. 10.2 Una storia da raccontare Un altro elemento essenziale consiste nel definire il contenuto e il formato del messaggio. Qualsiasi attività di divulgazione è efficace solamente se c’è una storia da raccontare. In ogni storia, i messaggi chiave sono quelli che gli insegnanti dovrebbero ricordare e ai quali dovrebbero reagire, secondo l’intenzione di chi li diffonde. Per questo motivo si dovrebbe cominciare riflettendo sullo scopo per cui gli insegnanti possono utilizzare i risultati del progetto e sul modo in cui lo possono fare, e considerare i loro problemi e compiti, i risultati dei quali possono fornire una soluzione. Secondo l’opinione di molti insegnanti, è allettante sapere che i nuovi strumenti e i nuovi metodi sono semplici da usare e i benefici pedagogici sono elevati. Ciò li stimola a partecipare ai progetti innovativi riguardanti l’insegnamento delle scienze oppure a utilizzare i relativi risultati. Può essere utile identificare ed elencare il valore aggiunto di determinati risultati per gli insegnanti in una fase molto precoce del progetto, allo scopo di strutturare la strategia di divulgazione. 10.3 È necessario conoscere l’insegnante Sistemi educativi, programmi di studi scientifici e metodi didattici variano da un paese all’altro. Un insegnante non insegna semplicemente delle materie scolastiche. Un insegnante, sia egli un maestro o un professore, è, in genere, colui che impartisce un’istruzione scolastica a piccoli alunni e studenti. Il ruolo di un insegnante però può variare da una cultura all’altra e i suoi doveri professionali possono andare oltre l’insegnamento formale. Nel momento di identificare il pubblico destinatario, potrebbe essere necessario realizzare delle mappe dei programmi di studi e delle pratiche di insegnamento nazionali, per assicurarsi che gli insegnanti interessati possano effettivamente applicare i risultati del progetto. Se ci si rivolge ai giovani insegnanti si ha il vantaggio che essi non hanno abitudini profondamente radicate e possiedono la capacità di imparare rapidamente nuovi metodi. D’altra parte, gli insegnanti con una posizione più stabile spesso possiedono una migliore visione d’insieme, una maggiore esperienza e 46 10. per una diffusione efficiente dei risultati del networking più tempo per concentrarsi sui risultati e potrebbero essere bravi a fornire un feedback sostanziale. 10.4 Strumenti di divulgazione Una volta definito il profilo esatto degli insegnanti, si dovrebbero indicare i canali più adatti per comunicare con loro. Tra questi potrebbero essere inclusi una newsletter, una conferenza, un workshop, un opuscolo, un comunicato stampa, un evento o metodi di comunicazione a più ampio raggio, come i mass media e un sito web del progetto. È importante dare priorità a una strategia di divulgazione locale o regionale e produrre materiale divulgativo nella lingua nazionale. Gli insegnanti spesso conoscono i canali locali, come le comunità scientifiche o le associazioni disciplinari. È bene essere presenti alle conferenze e ai workshop formativi a cui loro partecipano, anche quando sono organizzati da altri enti (associazioni, altri musei, festival ecc.). L’esperienza ha dimostrato che è meglio assegnare le risorse disponibili alle attività di divulgazione “frontale”. La diffusione di massa delle informazioni è forse meno costosa, ma richiede comunque molto tempo ed è spesso inefficace. La maggior parte degli insegnanti non cerca attivamente di acquisire conoscenze, perciò i risultati dell’attività di divulgazione sono meglio espressi, comunicati, convogliati e distribuiti se ci si focalizza su più canali interattivi. 10.5 Calendario Occorre prestare attenzione anche alla tempistica dell’attività di divulgazione. A seconda del progetto, potrebbe essere opportuno diffondere messaggi differenziati durante il periodo previsto per il progetto stesso. Per esempio, all’inizio di un progetto è più opportuno concentrarsi sulla consapevolezza dello stesso, e alla fine sulla diffusione dei risultati. Un calendario sarà d’aiuto per strutturare questo processo. Ci sono periodi dell’anno scolastico in cui può essere difficile raggiungere il personale docente. Occorre tenere conto delle caratteristiche specifiche degli insegnanti in termini di impegni scolastici. Per esempio, essi potrebbero non essere disponibili durante le vacanze estive o le vacanze scolastiche e nei periodi d’esame. Solitamente un messaggio deve essere diretto agli insegnanti in molti modi prima di avere un impatto su di essi, perciò i messaggi dovrebbero essere diffusi attraverso vari canali e strumenti. Ciò spesso richiede più tempo di quello che solitamente viene assegnato come priorità nella maggior parte delle strategie di divulgazione. È importante anche creare continuità e sostenibilità e pensare in che modo gli insegnanti impegnati possono trarre 47 wolfgang eisenreich The NetS-eu project. Discovering vantaggio dal progetto dopo la sua conclusione. Le reti costituite per il progetto potrebbero essere usate per altri progetti e possono assicurare la continuità nell’attività di divulgazione dopo un progetto finalizzato. 10.6 Canali per raggiungere gli insegnanti I canali di divulgazione sono gli strumenti che rendono i risultati del progetto accessibili agli insegnanti. Esistono molti canali e i costi e il tempo necessari variano e dovrebbero essere presi in considerazione per valutare la compatibilità delle attività di divulgazione con il budget assegnato. 10.6.1. social media I social media, le comunità virtuali e le reti possono essere molto utili per creare, condividere e scambiare informazioni e idee con gli insegnanti interessati. Essi utilizzano i social network e i mass media, partecipano alle conferenze online, leggono le riviste professionali nella propria lingua madre e le newsletter più spesso di quanto i responsabili dei progetti possano immaginare. Gli insegnanti e gli educatori sono spesso sotto pressione, dovendo trovare un compromesso tra gli obiettivi ufficiali stabiliti dal ministero dell’Istruzione e le attività quoti- 48 10. per una diffusione efficiente dei risultati del networking diane in classe. Brevi panoramiche e aggiornamenti, tramite newsletter e mailing list, sono un buon metodo per fornire loro informazioni. 10.6.2. siti web Pur apparendo ovvio, è essenziale creare un sito web del progetto che contribuisca a dare risonanza ai relativi risultati e alle relative scoperte, pubblicazioni e ambizioni. Un sito web può essere utilizzato anche per fornire un riassunto virtuale dettagliato del progetto. Se il progetto ha destinatari diversi (insegnanti, politici, responsabili di progetti ecc.), come succede spesso, si consiglia di creare sezioni diverse. Spesso nei siti web dei progetti viene adottato un approccio prevalentemente aziendale ed essi sono principalmente concepiti per comunicare con altri responsabili di progetti e politici, pertanto non utilizzano un linguaggio appropriato. Allo scopo di impedire che i visitatori si perdano tra i messaggi, alcuni utenti dovrebbero provare a utilizzare il sito, per accertarsi che sia chiaro e semplice da consultare. 10.6.3. presentazioni ed eventi “frontali” Presentazioni ed eventi “frontali” sono considerati strumenti di divulgazione di qualità. Pur non consentendo di raggiungere un pubblico vasto, essi permettono di arrivare all’obiettivo in modo efficace, con un certo grado di interattività tra i partecipanti. Spesso i costi sono elevati a causa dei viaggi che i membri dello staff del progetto devono compiere. Avviene l’opposto di ciò che accade nell’attività di divulgazione di quantità, in cui non si ha un contatto diretto con gli insegnanti. Essi ritengono che le conferenze, i seminari e i workshop siano importanti e costituiscano uno dei modi migliori per acquisire nuove conoscenze e ricevere informazioni in merito ai progetti. 10.6.4. altri media Consigliamo di avvalersi dei contatti già esistenti con i media locali (giornali oppure emittenti radio o televisive), che potrebbero essere più convenienti e possiedono un pubblico nazionale e locale consolidato. 10.7 Combinazione dei canali Una volta identificati i messaggi chiave, il pubblico dei destinatari e i canali di divulgazione, il passo successivo è scoprire come combinare i canali e interagire con altri soggetti interessati rilevanti nel settore. L’utilizzo di un solo canale di 49 wolfgang eisenreich divulgazione in modo indipendente non è sufficientemente efficace per mantenere gli insegnanti aggiornati sulle risorse, i metodi e i materiali più recenti resi disponibili dai progetti di educazione scientifica. Alcuni insegnanti coinvolti nei workshop hanno affermato di ottenere maggiori benefici dall’innovazione derivante dai progetti di educazione scientifica se i canali di divulgazione online e gli eventi “frontali” sono combinati e se le informazioni vengono comunicate in un modo e in un formato semplici. Può essere utile, inoltre, creare dei collegamenti con altri progetti e pensare a come si potrebbero sfruttare al massimo le risorse disponibili. In questo modo si può evitare la confusione e il sovraccarico di informazioni per gli insegnanti. Essi possono essere pre-consultati in merito ai canali di comunicazione usati. Spesso menzionano siti web e social network, locali o nazionali, specifici, che sono utilizzati comunemente per raggiungere il pubblico di docenti. 10.8 Sfide nel lavoro con gli insegnanti La sfida più importante da vincere è il coinvolgimento di un numero maggiore di insegnanti nei loro istituti scolastici o nelle loro comunità locali, affinché prendano parte ai progetti dell’Unione Europea o acquisiscano le conoscenze offerte nell’ambito di tali progetti. In base alla nostra esperienza, è molto difficile coinvolgere nuovi insegnanti nei progetti nazionali ed europei, in quanto molti di essi pensano che il proprio carico di lavoro aumenterebbe. Molti di loro, tuttavia, sottolineano l’importanza della collaborazione con altri docenti (per esempio, con quelli inglesi) per superare ostacoli quali le barriere linguistiche nel proprio istituto scolastico e invogliare altri colleghi a prendere parte ai progetti finanziati dall’ue. Anche il ruolo di supporto da parte dei dirigenti scolastici agli insegnanti, affinché partecipino a tali progetti, è considerato un elemento fondamentale. Infine, gli insegnanti pongono l’accento sul fatto che è preferibile siano previsti degli incentivi per invogliarli e stimolarli a partecipare ai progetti: attrezzature per le scuole, attività di formazione, riconoscimento sociale e istituzionale, opportunità di partecipazione ai workshop, supporto finanziario, sistemi di gratificazione per gli insegnanti attivi che riportano storie di successi sui portali online, e coinvolgimento in partenariati internazionali su progetti finanziati. 50 Parte terza Progetti per l’educazione 11 NetS-eu: una rete per l’insegnamento non formale delle scienze in Europa di Silvia Schroeder-Danninger L’obiettivo principale del progetto NetS-eu è la creazione di una rete di professionisti e organizzazioni interessate a condividere e scambiare informazioni, strumenti innovativi ed esperienze riguardanti i metodi di apprendimento non formale delle scienze, con particolare enfasi per l’approccio di apprendimento basato sul processo d’indagine (ibse). I partner del progetto sono science centre, istituti e organizzazioni scientifiche che collaborano con le scuole per il miglioramento dell’educazione scientifica, inclusi centri di ricerca e di formazione attivi anche nel campo dell’orientamento alle carriere scientifiche. Tale rete è incentrata sui modi possibili di rendere lo studio delle scienze e della tecnologia più attraenti per gli studenti, di sviluppare e fornire informazioni in merito agli studi o alle carriere scientifiche e tecnologiche nel futuro e di contribuire a ridurre lo squilibrio di genere nell’ambito dell’educazione e delle carriere scientifiche. I giovani in Europa, infatti, stanno perdendo interesse nei confronti delle scienze, e nel corso degli anni si è registrato un calo del numero di studenti di area scientifica nelle università. Ciò ha avuto un forte impatto sul numero di coloro che scelgono di intraprendere carriere professionali in campo scientifico e, nello stesso tempo, ha acuito la differenza di genere: le ragazze appaiono meno interessate alle scienze e alla tecnologia rispetto agli studenti maschi. I risultati della ricerca europea sulla percezione delle scienze tra i giovani, nell’ambito dell’Eurobarometro 2005 e del progetto rose (Relevance of Science Education), mostrano che: – le ragioni che hanno portato al calo di interesse per gli studi e le carriere scientifiche sono le seguenti: le lezioni di scienze a scuola non sono sufficientemente stimolanti; le materie scientifiche sono troppo difficili; le prospettive di carriera non sono sufficientemente allettanti; – il metodo di insegnamento delle scienze nelle scuole influisce certamente sull’interesse degli studenti nei confronti delle discipline scientifiche, i programmi di studio degli istituti scientifici e tecnici sono ancora troppo tradizionali, per niente allettanti e lontani dall’avere implicazioni sulla vita dei cittadini. Oggi questa situazione è ancora presente, come descritto nell’ultimo rapporto She Figures del 2009. Nel 2005 la Commissione europea ha nominato un gruppo di esperti per esaminare una serie di iniziative campione in corso, al fine di raccogliere elementi di know-how e buone pratiche che potrebbero portare a 53 silvia schroeder-danninger una svolta radicale nell’interesse dei giovani per gli studi scientifici e di identificare le precondizioni necessarie affinché questo avvenga. In questo contesto, la comunità che si occupa di educazione scientifica concorda per lo più sul fatto che le pratiche pedagogiche fondate sui metodi basati sul processo d’indagine (ibse) sono le più efficaci (cfr. anche Rocard et al., 2007), ma la realtà della pratica in classe è che nella maggior parte dei paesi europei questi metodi, semplicemente, non vengono applicati. A rendere questa situazione più complicata, gli ultimi sondaggi dell’Eurobarometro mostrano che rimane un’ostilità importante nei confronti di scienze e tecnologia da parte delle donne, che sentono di riconoscersi meno in queste materie: solo il 39,6% di esse è interessato a scienze e tecnologia, rispetto al 51,5% degli uomini. La Fondazione idis-Città della Scienza, promotrice e coordinatrice del progetto NetS-eu, lavora da molti anni sul tema del genere e delle scienze. I risultati dei progetti gapp (Gender Awareness Participation Process) e del progetto pencil (Permanent European Resource Centre for Informal Learning) hanno confermato la mancanza d’interesse per scienze e tecnologia da parte delle donne e hanno contribuito a identificare le migliori pratiche da utilizzare per affrontare il problema. Il progetto NetS-eu comprende la raccolta, l’elaborazione, la diffusione e lo sfruttamento in Europa di sistemi di applicazione di metodi didattici non formali e l’approccio di apprendimento basato sul processo d’indagine per l’educazione scientifica nelle scuole. L’apprendimento basato sul processo d’indagine offre una serie di approcci programmatici e pedagogici per insegnare le materie scientifiche in modo innovativo. Nello stesso tempo questo approccio è importante per insegnare agli studenti a imparare effettuando delle ricerche e fornire loro una chiave per scoprire la natura affascinante delle attività scientifiche. Le attività di networking messe in atto nell’ambito del progetto includono: – la costruzione di un social network, un “luogo del web” dove è possibile tenere in contatto tra loro soggetti interessati all’insegnamento/apprendimento non formale delle scienze, per scambiare informazioni e discutere in merito ai risultati del progetto; – la redazione di tre rapporti annuali sullo stato dell’arte nell’educazione scientifica; – l’organizzazione di tre conferenze nell’ambito del programma Comenius (2011: Napoli, Italia; 2012: Lisbona, Portogallo; 2013: Bruxelles, Belgio) per creare un ponte fra tutte le attività previste nell’ambito del programma riguardanti il campo dell’educazione scientifica; – l’organizzazione di workshop rivolti a numerosi insegnanti in tutti i paesi europei partner del progetto (oltre 500 insegnanti coinvolti per tre anni), per incoraggiarli ad utilizzare il social network e l’applicazione dell’approccio di apprendimento non formale e basato sul processo d’indagine durante la loro attività d’insegnamento in classe. 54 11. nets-eu: una rete per l’insegnamento non formale Nel corso delle attività si è tenuto conto che gli approcci di apprendimento basato sul processo d’indagine non sono molto comuni nei contesti formali e non formali. Per questa ragione, il networking in questo campo e la condivisione di esperienze con altre persone (attraverso il potenziale del social networking e strumenti web 2.0), possono rivelarsi molto utili per migliorare l’educazione scientifica nelle scuole. Gli insegnanti sono stati coinvolti attivamente e stimolati mediante l’organizzazione di 72 workshop in tutti i paesi partecipanti. In questo modo essi hanno avuto modo di riflettere sul proprio ruolo, non solo apprendendo nuovi metodi che sia possibile applicare alla loro attività quotidiana in classe, ma anche esprimendo le proprie opinioni riguardo a questi problemi e assumendo un ruolo fondamentale nel processo di rinnovamento. Inoltre, l’organizzazione delle tre conferenze nell’ambito del programma Comenius ha aumentato la consapevolezza dell’importanza delle competenze personali e ha reso possibile la costituzione di una solida rete europea nell’ambito dell’apprendimento non formale dell’educazione scientifica. Grazie alle istituzioni e agli esperti coinvolti nella rete, le pratiche non formali e basate sul processo d’indagine possono essere condivise a livello europeo e sfruttate come strumenti innovativi per l’insegnamento delle scienze. In generale, il grande interesse per il progetto ha creato un collegamento tra il miglioramento dell’educazione scientifica e la messa a disposizione di informazioni sulle carriere scientifiche, che si trovano sempre di fronte al problema dello squilibrio di genere. Gli obiettivi specifici del progetto includono sia l’indagine di come ragazzi e ragazze percepiscono le scienze e la tecnologia, per comprendere in che modo queste differenze influenzano l’interesse e la scelta di un’educazione superiore e carriere scientifiche e tecnologiche, sia la valutazione delle esperienze dei diversi paesi coinvolti nel progetto, al fine di divulgare scoperte e raccomandazioni comuni a livello europeo. I partner coinvolti risiedono in otto paesi europei ed hanno un’ampia varietà di background sociali, culturali ed economici e di competenza nel campo della comunicazione scientifica e tecnologica. Pertanto, una parte del Consorzio è costituita da cinque science centre: –Fondazione idis-Città della Scienza, science centre coordinatore del progetto (Napoli, Italia), http://www.cittadellascienza.it – Exploradôme, science centre multimediale (Parigi, Francia), http://www. exploradome.fr –Technopolis®, centro scientifico e tecnologico (Mechelen, Belgio), http:// www.technopolis.be – Experimentarium, science centre (Hellerup, Danimarca), http://www.experimentarium.dk – Ciência Viva, agenzia nazionale per la cultura scientifica e tecnologica (Lisbona, Portogallo), http://www.cienciaviva.pt 55 silvia schroeder-danninger Le altre tre organizzazioni coinvolte supportano e implementano i progetti associati all’orientamento alle carriere e all’apprendimento permanente nell’area della qualificazione e dell’educazione professionale: – integra, istituto per lo sviluppo delle risorse umane (Velenje, Slovenia), http://www.eu-integra.eu – l4l, organizzazione per l’apprendimento (Oslavany, Repubblica Ceca), http://www.learning4life.eu – ahaPunkt, istituto per la formazione sperimentale e la consulenza sui progetti (Vienna, Austria), http://www.ahapunkt.at 56 12 Il nuovo progetto dell’educazione e la prospettiva “organismica” del networking di Mario Campanino Se è vero che il docente è il cuore dell’azione educativa della scuola – e il docente è il cuore dell’azione educativa della scuola1 – allora il suo corpo, le sue gambe, le sue mani, le sue articolazioni sono tutti i mondi possibili in cui la scuola si allarga, trova sponde e termini di confronto, trova aiuto o sfide da ingaggiare, trova motivi per precisare il proprio compito o anche motivi per cambiare. Mondi che non sempre è facile incontrare (tempi e luoghi diversi), con cui non sempre è facile dialogare (codici linguistici e canali comunicativi differenti) o condividere i valori (istanze valutative non concordanti, in qualche caso assenti); da cui non è sempre facile ottenere aiuti o collaborazioni (il problema delle risorse, prima di tutto economiche) o darne; mondi che richiedono in primo luogo – ed è richiesto alla scuola e al docente innanzi tutto – l’atteggiamento di apertura verso l’altro, il diverso da sé, il diversamente strutturato e organizzato, il diversamente situato su scale di valori differenti che possono non incontrarsi ma possono essere “rieducate” a farlo: perché il ricercatore non condivide linguaggi e valori o scopi con il divulgatore, il docente con l’accademico, il volontario con l’impiegato. Il nuovo “progetto” per l’educazione, dunque, è un progetto che si direbbe innanzi tutto pedagogico, ma a guardar bene è prima ancora un progetto culturale: riguarda più di ogni altra cosa la cultura delle istituzioni – indirizzate verso un percorso di rieducazione – che passa attraverso le persone ma anche attraverso i dettami organizzativi, legislativi, economici delle istituzioni stesse. Impossibile governare i processi di rieducazione delle istituzioni senza tenere presente contemporaneamente i due aspetti che le sostanziano: i processi strutturali di funzionamento e le persone che li alimentano. Senza mutamenti a livello dei 1. Il docente è cuore e centro pedagogico primo e ultimo della scuola, primo in quanto attuante l’“intenzione” pedagogica dell’istituzione scolastica e ultimo in quanto attuante la mediazione didattica in cui quella intenzione, infine, si realizza. Il docente è centro pedagogico in quanto riflesso del bisogno pedagogico del discente, dei discenti nella loro diversità, e con loro e solo con loro condivide una posizione concentrica riflessa, oggi addirittura in molti casi parzialmente sovrapposta, quando il docente si cala nel gruppo dei pari alla ricerca per patteggiamento dei migliori apprendimenti. Il docente è cuore pedagogico funzionante in un’organizzazione di tempi, spazi, risorse materiali, organici del personale, flessibilità e autonomie che ne caratterizzano l’agire, lo contengono, ma rimane responsabile principale dell’atto di docenza, in qualsiasi modo lo si declini. 57 mario campanino primi le persone orientate al cambiamento soffrono la frustrazione di lottare invano contro costrizioni in ambiti “più grandi di loro”, che ne vanificano le buone intenzioni individuali; senza cambiamenti a livello dei comportamenti individuali (gli orientamenti, le coscienze, le decisioni) le “riforme” strutturali e organizzative appaiono come rinnovamenti di confezioni che contengono però sempre le stesse cose, e ad esse non corrispondono le trasformazioni in termini di risultati che sulla carta potrebbero produrre. In ogni caso lo spaccamento tra struttura e cultura (l’umano “sentire”) è improduttivo, e al contrario può dare luogo a fenomeni reazionari di opposizione al cambiamento. A dispetto di questa necessità culturale imprescindibile, che spesso si manifesta come difficoltà e che talvolta in cattiva fede si tende a mascherare come “ricchezza” nella diversità (non che non lo sia, ma per esserlo deve superarsi), appare chiaro che il lavoro della scuola oggi è un lavoro nel mondo in cui essa si allarga, e che il lavoro degli attori esterni può e deve trarre indirizzo dagli indirizzi e dalle necessità della scuola. Ed è inoltre evidente che, se il lavoro di rete è imprescindibile, gli strumenti di attualizzazione della rete sono da ripensare di volta in volta a seconda degli scopi e delle opportunità, e la rete stessa va rimodellata dinamicamente a seconda dei feedback che restituisce a vari livelli e in tempi progressivi. In questo senso si prospetta una dimensione “organismica” del lavoro culturale e formativo: reti mono- o multi-polari vengono a contatto, si ri-modellano in funzione degli scopi e delle opportunità, funzionano assumendo diverse “formazioni” e centri nello stesso tempo, subiscono cambiamenti periodici anche sostanziali che non hanno bisogno di essere necessariamente nel senso dell’espansione per venire considerati “di crescita”. È in questa stessa concezione organismica che va ricercato il senso vero dell’energia necessaria al farsi e disfarsi del lavoro di rete, delle armonie e dei conflitti che non mancano in un organismo soggetto a fasi evolutive. È in questa visione che occorre lavorare, sapendo che la ricerca delle strategie di sviluppo e operatività della rete può anche arrivare – in caso di conflitti e dilemmi irrisolvibili – ad una condizione di paralisi e stallo, di impossibilità decisionale e confusione: si potrà parlare in questo caso di condizione “patologica” della rete. Questo è analogo a quanto può accadere ad un organismo – corpo e psiche – umano; si riallaccia a maglie larghe con quanto sostengono, ad esempio, le teorie organismiche dello sviluppo; da questo possono provenire suggestioni aperte ma interessanti di studio delle opportunità e difficoltà organismiche della rete: si pensi ad esempio al concetto anche patologico di “doppio legame” di Bateson, con i suoi effetti di paralisi comportamentale e decisionale; si pensi all’idea di “gruppo di individui” come sistema di relazioni, ai termini “feedback” e “retroazione”; e si pensi anche alla nozione di relazione significativa (apportatrice di senso): non è forse propriamente significativa la relazione tra due organizzazioni, e la significatività della relazione non è forse insita nel fatto che solo attraverso la relazione stessa si garantirà il raggiungimento di uno scopo comune? Allo stesso modo, l’emotività dell’organismo-rete 58 12. il nuovo progetto dell’educazione – emotività che tante difficoltà può procurare – non sta forse nella tensione al conseguimento dei risultati, individuale e comune? Per non dimenticare la dimensione corporea della rete, per cui le debolezze di un suo arto-funzione possono-debbono essere compensate da un altro arto-membro, con tutte le variabili emotive e organizzativo-economiche (in termini di risorse non solo finanziarie) necessarie. Conviene per il momento arrestare l’entusiasmo analogico e attivare le nostre più mature preoccupazioni (organizzative e anche, direi, pedagogiche). Il lavoro in rete ha bisogno di essere studiato e sperimentato, ma soprattutto ha bisogno di essere curato e sostenuto, anzitutto compreso. Come mostrato in più occasioni nel corso di questo lavoro e in tanta della letteratura attuale e del passato recente, siamo forse solo all’inizio di un vasto processo di trasmigrazione dei saperi dentro e fuori la scuola, le istituzioni e le organizzazioni. I vecchi paradigmi di centro e controllo del sapere sono già crollati, ma le conseguenze delle trasformazioni attuali sono ancora tutte da scoprire2. Il problema della cultura e dell’educazione/formazione oggi è un problema di governance del sapere e della sua diffusione, e il lavoro di rete (auspicato e favorito da tutte le trasformazioni normative che in vari paesi europei spingono le singole istituzioni scolastiche verso situazioni di crescente autonomia) ne rappresenta lo strumento gestionale di riferimento: è verso di esso che vanno indirizzare le nostre sensibilità, risorse ed energie migliori. 2. Come recita il primo articolo del Manifesto for the Digital Humanities: «La svolta digitale della società cambia e mette in questione le condizioni della produzione e distribuzione della conoscenza» (thatCamp, 2010). 59 Bibliografia essenziale achieve, inc. on behalf of the twenty-six states and partners that collaborated on the ngss (2013), The Next Generation Science Standards, www.nextgenscience.org alien s., gutwill j. p. (2009), Creating a Program to Deepen Family Enquiry at Interactive Science Exhibits, in “Curator. The Museum Journal”, 52, pp. 290-306. amodio l. (2006), Interagire, parlare, agire. Una nuova “interattività” nei musei scientifici, in N. Pitrelli, G. Sturloni (eds.), Governare la scienza della società del rischio. Atti del iv Convegno nazionale sulla comunicazione della scienza, Polimetrica, Milano. campanino m. (ed.) (2007), Conoscere il suono, la natura, l’universo. Comunicare, apprendere e valutare in ambito non formale, cuen, Napoli. id. (2013), Lesson 4: Educational Activities, in A.-M. Bruyas, M. Riccio (eds.), Science Centres and Science Events: A Science Communication Handbook, Springer, New Delhi, pp. 91-6. castells m. (2004), L’età dell’informazione, Università Bocconi, Milano. ceruti m., preta l. (1990), Che cos’è la conoscenza, Laterza, Roma-Bari. deleuze g., parnet c. (1977), Dialogues, Flammarion, Paris. eurydice-eacea (2011), L’insegnamento delle scienze in Europa: politiche nazionali, pratiche e ricerca (Teaching Science in Europe: National Politics, Practices and Research), Brussels, October. id. (2012), Sviluppo delle competenze chiave nelle scuole d’Europa: sfide e opportunità delle politiche educative (Development of Key Competences in Europe’s Schools), Brussels, November. id. (2013), Funding of Education in Europe. The Impact of the Economic Crisis, Brussels, February. giordan a., de vecchi g. (2002), L’enseignement scientifique, Delagrave, Nice. greco p. (1999), Valorizzazione della divulgazione scientifico-naturalistica con riferimento all’educazione ambientale, in “Memorie di Scienze fisiche e naturali”, s. v, vol. xxiii, part ii, tome i, pp. 271-7. id. (2006), La Città della Scienza. Storia di un sogno a Bagnoli, Bollati Boringhieri, Torino. iachini t., iavarone m. l., ruotolo f. (2013), Toward a Teaching Embodied-Centered: Perspectives of Research and Intervention, in “rem – Research on Education and Media”, v, 1. iavarone m. l., sarracino f. (2010), Saperi dell’insegnamento. Strumenti per la didattica, Pensa Multimedia, Lecce. léna p. (2012), Enseigner, c’est espérer: playdoyer pour l’école de demain, Le Pommier, Paris. ny nordisk skole (New Nordic School), Opbyg et Nyt Nordisk Netværk (Build a New Nordic Network), www.nynordiskskole.dk id., Sådan kan I arbejde i netværk (How to Work in a Network), www.nynordiskskole.dk rocard m. et al. 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Amodio è stato docente aggregato a contratto di Comunicazione museale e di Sociologia presso l’Università degli studi “Federico ii” di Napoli e attualmente insegna Museologia scientifica presso l’Università di Milano-Bicocca. mario campanino, PhD, è responsabile progetti presso il science centre della Fondazione idis-Città della Scienza di Napoli. Nel 2003 ha conseguito la laurea in Discipline della musica presso l’Università di Bologna e nel 2008 il dottorato di ricerca in Scienze della Comunicazione presso l’Università degli studi di Salerno. È membro di vari comitati nazionali per l’istruzione e la formazione degli adulti, tra cui: il Comitato per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica del ministero dell’Istruzione italiano, l’EdaForum (Forum nazionale per l’educazione degli adulti) e altri. È coinvolto in numerosi progetti finanziati dall’Unione Europea riguardanti la scuola, la formazione degli adulti e il rapporto tra scienza e società. halinka de visscher è laureata in marketing ed è responsabile della comunicazione scientifica di Technopolis®, il science centre fiammingo per la comunicazione scientifica. La mission di Technopolis® è di avvicinare la scienza e la tecnologia alla gente, contribuendo a sviluppare la consapevolezza e la comprensione della scienza e della tecnologia da parte del pubblico. De Visscher è responsabile dell’organizzazione e del coordinamento di eventi, quali la Settimana della scienza nelle Fiandre (Flanders Science Week), la Giornata della scienza (Science Day), le giornate stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) per gli insegnanti (stem-days for teachers), Women@Work (donne al lavoro) ecc. Inoltre è responsabile per il follow-up dei progetti europei ai quali partecipa Technopolis®, tra cui NetS-eu, Places e NanOpinion. wolfgang eisenreich, PhD, è co-fondatore di integra Institute e responsabile delle attività riguardanti i progetti europei. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Biologia e negli ultimi vent’anni ha coordinato numerosi progetti scientifici e didattici transnazionali. Molti di questi progetti riguardano l’introduzione di nuovi metodi di apprendimento e insegnamento nell’attività educativa. Eisenreich è inoltre presidente dell’organizzazione austriaca senza scopi di lucro win (Wissenschaftsinitiative Niederösterreich, iniziativa scientifica nella Bassa Austria), specializzata in gestione e coordinamento della 61 authors cooperazione scientifica nei programmi di ricerca e di formazione europei. Nell’area delle scienze naturali, win è attiva nel campo della biologia umana, dell’agricoltura, della nutrizione e della protezione ambientale; nell’ambito delle scienze sociali, l’organizzazione è attiva nel campo della formazione degli adulti e nella valutazione dei progetti per l’educazione e la qualificazione professionale. beáta holá ha conseguito la laurea magistrale in Psicologia e si è specializzata in Psicologia del marketing. È presidente dell’associazione senza scopo di lucro l4l (Learning for Life), che si occupa dello sviluppo di innovativi programmi di studi per la formazione degli adulti. l4l supporta i processi di innovazione contrastanti le pratiche mnemoniche di trasmissione e apprendimento dei contenuti; supporta inoltre i programmi di studio che si strutturano a partire dalla realtà quotidiana e includono l’utilizzo di Internet e dei social network in tutte le attività educative. maria luisa iavarone, PhD, è professore associato confermato di Pedagogia generale e sociale presso il dipartimento di Scienze motorie e del benessere dell’Università degli studi di Napoli “Parthenope”, dove insegna anche Didattica generale. È coordinatrice locale del corso di dottorato in Qualità della formazione ed è inoltre membro del Comitato per le pari opportunità. I suoi campi di studio riguardano i modelli teorici e metodologici dell’insegnamento/apprendimento. I suoi più recenti interessi di ricerca riguardano la “cura educativa” quale obiettivo centrale per lo sviluppo di “relazioni educative competenti” per l’emancipazione e l’autorealizzazione in termini di costruzione del benessere dell’individuo nei differenti tempi e luoghi della vita. sheena laursen è direttrice Affari internazionali e di Science engagement presso Experimentarium, il science centre danese. Ha conseguito la laurea magistrale e il master in Formazione Individuale e Collettiva (ict) e Apprendimento. Ha diretto progetti nazionali e internazionali sull’apprendimento delle scienze che hanno come obiettivo di invogliare gli studenti a dibattere e a partecipare all’attività e allo sviluppo scientifico. Inoltre, Laursen ha coordinato un vasto progetto europeo riguardante il gap di genere in campo scientifico, chiamato twist (Towards Women In Science and Technology), il cui obiettivo è cambiare le idee stereotipate sugli scienziati, valorizzare il ruolo delle donne impegnate in campo scientifico e motivare i giovani a intraprendere una carriera scientifica. La sua passione per la comunicazione scientifica è indirizzata a creare un dialogo diretto tra i diversi attori della comunità scientifica e la società, e promuovere l’autostima degli studenti attraverso il science engagement e la comunicazione scientifica. claire le moine è direttrice del Dipartimento di formazione dell’Exploradôme, un science centre situato nella periferia di Parigi. Ha conseguito un master in Insegnamento e divulgazione della Scienza e della Tecnica, ed è responsabile dello sviluppo del programma culturale e formativo per il pubblico. In aggiunta alle proprie attività ordinarie orientate all’innovazione, l’Exploradôme è coinvolto in vari progetti europei, come Places, una rete di Città della cultura scientifica. vincenzo lipardi è consigliere delegato della Fondazione idis-Città della Scienza di Napoli. Ha conseguito la laurea in Filosofia presso l’Università degli studi di Napoli “Federico ii”. Nel 1990 ha co-fondato la Fondazione idis-Città della Scienza con la nomina 62 authors di direttore generale, incarico che ha ricoperto fino al 2005. È stato sempre coinvolto nella promozione della cultura scientifica a livello internazionale, coordinando numerosi progetti europei sul rapporto tra scienza e società. Ha inoltre promosso progetti per la costruzione di nuovi science centre nei paesi africani. Per l’unesco è stato responsabile della stesura del progetto per la costruzione di un science centre in Iraq. Nel 2008 è stato membro delegato di ecsite nell’ipc (International Program Committee) per il World Congress of Science Centres and Museums. Da giugno 2007 a giugno 2009 ha ricoperto l’incarico di presidente di ecsite, dopo esserne stato vicepresidente e tesoriere. sofia lucas ha insegnato Matematica e lavora nel Dipartimento Scienza, Educazione e Cultura del Padiglione della Conoscenza - Ciência Viva di Lisbona dal 2007, per cui coordina il Centro di sviluppo professionale per gli insegnanti dal 2010. Ha esperienza in coordinamento e gestione pedagogica e finanziaria dei progetti dell’Unione Europea e ha preso parte all’implementazione di progetti quali Pencil, Pilots, Time for Nano, My Ideal City, Open Science Resources, European Researchers Night e Voices. rossella parente lavora presso il science centre della Fondazione idis-Città della Scienza di Napoli dal 1997. Ha conseguito una laurea in Fisica e un master in Epistemologia: teoria, storia e pratica della scienza. Svolge la sua funzione presso l’Ufficio per l’innovazione didattica della Città della Scienza, dove sviluppa ricerche sulla progettazione di attività di insegnamento/apprendimento delle scienze. In particolare, ha implementato e sperimentato attività riguardanti la fisica, ha svolto ricerche in merito all’efficacia dei vari approcci didattici e ha condotto corsi di formazione per gli insegnanti. È coinvolta in progetti nazionali ed europei riguardanti l’educazione e la comunicazione scientifica e ha tenuto relazioni su questi argomenti in occasione di conferenze nazionali e internazionali. jean-baptiste paulin è responsabile dei progetti presso il science centre parigino Exploradôme. Ha conseguito una laurea in Fisica e Comunicazione scientifica. Paulin coordina progetti che mirano alla diffusione della metodologia ibse di educazione scientifica ed è responsabile dei rapporti tra l’Exploradôme e gli insegnanti. silvia schroeder-danninger è consulente sociale, laureata ed esperta di pedagogia sistemica, workshop leader per lo sviluppo personale e l’orientamento al business e alle carriere. Ha più di quindici anni di esperienza nel campo dello sviluppo di competenze in ambito psicologico, personale e sociale, acquisite lavorando in varie imprese, inclusi programmi di assistenza all’impiego. La sua attività è indirizzata a giovani, adulti e anziani. Ha condotto e sviluppato vari programmi di qualificazione ed educazione non formale, collaborando in diversi progetti finanziati dall’Unione Europea a partire dal 1999. Nel 2007 ha inaugurato la propria società commerciale come direttore amministrativo: ahapunkt, Istituto per la consulenza sui progetti, la formazione e l’orientamento operante in collaborazione con varie aziende in Austria. 63