Spiritualità Adulti
20112011-2012
PREGHIERA AL VOLTO SANTO
Signore Gesù,
come già i primi apostoli,
ai quali dicesti: "Che cercate?",
ed accolsero il tuo invito: "Venite e vedrete",
anche noi, discepoli tuoi di questo difficile tempo,
vogliamo seguirti ed esserti amici,
attratti dal fulgore del tuo volto desiderato e nascosto.
Mostraci, ti preghiamo, il tuo volto sempre nuovo,
misterioso specchio dell'infinita misericordia di Dio.
Lascia che lo contempliamo
con gli occhi della mente e del cuore:
volto del Figlio, irradiazione della gloria del Padre
volto umano di Dio entrato nella storia
per svelare gli orizzonti dell'eternità.
Volto silenzioso di Gesù sofferente e risorto,
che amato ed accolto cambia il cuore e la vita.
Signore, ti invochiamo
non nasconderci il tuo volto!
Vogliamo attingere dai tuoi occhi,
che ci guardano con tenerezza e compassione,
la forza di amore e di pace che ci indichi la strada della vita,
Volto Santo di Cristo,
luce che rischiara le tenebre del dubbio e della tristezza,
vita che ha sconfitto per sempre il potere del male e della morte,
sguardo misterioso
che non cessa di posarsi sugli uomini e i popoli,
volto celato nei segni eucaristici
e negli sguardi di coloro che ci vivono accanto,
rendici pellegrini di Dio in questo mondo,
assetati d'infinito e pronti all'incontro dell'ultimo giorno,
quando ti vedremo, Signore, "faccia a faccia",
e potremo contemplarti in eterno nella gloria del Cielo.
Amen!
Papa Benedetto XVI
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20 Marzo 2012
Janne Haaland Matlary
”Si è trattato di una conversione intellettuale”
Innamorarsi di Gesù incontrando
La visione della persona umana della Chiesa cattolica
PRIMO MOMENTO
La scoperta della cultura europea
I nostri insegnanti ci educavano alla conoscenza della storia
europea e provavano un grande orgoglio per ciò che facevano.
Insegnare non era per loro solo un'attività professionale, voleva dire educare l'essere umano. Mettevano in pratica la vera
tradizione umanistica — quella che bisognerebbe recuperare —
che consiste nell'educare la persona nel suo insieme, instillando in una giovane anima la disposizione a una vita virtuosa.
Mi piaceva parlare con loro e mi piaceva che la conoscenza fosse una ricchezza in grado di
aprirmi nuovi orizzonti. Avevano un profondo rispetto per il sapere e ritenevano che educasse ad essere persone migliori. È esattamente la tradizione europea della Bildung.
[…]
Io amavo la storia della letteratura e l'analisi dei personaggi. Si trattava di analizzarne vizi
e virtù. Si seguiva la vita di un personaggio e si scopriva come si era sviluppata la tragedia
oppure come l'amore aveva trionfato. Si poteva vedere il modo in cui il bene fosse prevalso
sul male e come il dramma andasse a finire.., in dramma.
I ragazzi di oggi leggono pochissimo rispetto a quando io ero giovane. Sviluppano una vita
mentale superficiale e hanno scarsa capacità di comprendere i recessi dell'animo umano.
Questo costituisce un pericolo per loro. Quelli della mia generazione leggevano molto e
prendevano sul serio ciò che leggevano. Bisognava conoscere almeno qualche brano dei
classici della letteratura europea, non solo per avere familiarità con le opere e gli autori,
ma per imparare da loro cosa rende nobile e buona la vita umana.
L'obiettivo non era analizzare questo o quel personaggio del libro, ma esaminarne i vizi e le
virtù, o distinguere, come dicono nei film americani, i buoni e i cattivi. Amavamo riconoscere il
bene dal male e vedere se e come il bene avrebbe trionfato. Ammiravamo le persone virtuose e in un certo senso le imitavamo. All'epoca non vedevo — lo capii solo dopo — che l'attrazione per queste letture derivava dal fatto che esse ci indicavano la verità, come le ombre della caverna di Platone: c'era qualcosa da scoprire attraverso i personaggi della letteratura, che li rendeva simboli di una realtà più vasta.
Nessun insegnante aveva alcun interesse per il cristianesimo, o almeno non credo. La dottrina faceva parte del programma di studi, ma non era una materia particolarmente importante. Dalla prima classe in poi dovevamo imparare a memoria i salmi […]
Imparavamo almeno un salmo alla settimana. La sera ero sempre molto preoccupata
ma la mattina dopo scoprivo che li avevo imparati alla perfezione. Studiavamo anche la Bibbia, infatti la materia si chiamava "conoscenza della Bibbia". Ho avuto quindi un'ottima formazione in storia della fede, ma a quell'epoca il significato di ciò che studiavo non
andava al di là del punto di vista puramente storico. Mi figuravo Gesù come un bel giovanotto vestito con una tunica, con barba e capelli lunghi, buono con tutti.
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Ma la cosa più interessante dal mio punto di vista di cristiana era la nuova appartenenza al partito: trovavo che i luterani fossero buoni cristiani, ma la loro unica ideologia
politica era costituita dai dieci comandamenti. Si trattava senza dubbio di una base valida, ma forse non del modo migliore di fare politica e comunicare con la gente in un contesto generalmente laico come quello in cui viviamo.
Malgrado ciò, fin dal primo momento, mi sono sentita a casa mia nel partito e ho apprezzato molto i miei colleghi, tutti credenti, coraggiosi, veri compagni di strada. Il mio
contributo è stato quello di fornire loro un'ideologia fondata sul diritto naturale, d'impronta cristiana. Si tratta in pratica della dottrina sociale cattolica. In breve tempo
sono stata nominata responsabile del comitato per le linee guida ideologiche del partito, e ho stilato un documento che è alla base del nuovo sistema di idee che propone,
fondato sul pilastro della famiglia in quanto unità base della società, e sui princìpi cattolici della sussidiarietà e della solidarietà.
La "scoperta" del partito e la mia attività al suo interno hanno costituito un'altra. tessera nel mosaico della mia vita: in qualche modo sapevo che rispondeva a un piano preciso voluto da Dio. È stato uno di quei rari momenti della vita in cui all'improvviso tutto
diventa di una chiarezza incredibile: io sapevo di agire in modo giusto e sapevo che ne
valeva la pena. Ero pervasa da una pace interiore e un senso di felicità che confermavano la convinzione profonda di essere esattamente là dove dovevo essere.
QUEEN, The show must go on, album Innuendo, 1991
Lo Spettacolo Deve Andare Avanti
spazi vuoti – per cosa stiamo vivendo?
luoghi abbandonati –
suppongo che noi conosciamo il risultato
Senza sosta,
qualcuno sa cosa stiamo cercando?
Un altro eroe, un altro stupido reato
Dietro la tenda, nella commedia (farsa)
Resta in linea, qualcuno lo vuole ancora?
Ma dentro nel buio sto soffrendo
per essere felice.
Lo spettacolo deve andare avanti,
Lo spettacolo deve andare avanti,
Dentro il mio cuore è rotto
Il mio trucco potrebbe scrostarsi
Ma il mio sorriso regge ancora.
Lo spettacolo deve andare avanti,
Lo spettacolo deve andare avanti,
Dentro, il mio cuore è rotto
Il mio trucco potrebbe scrostarsi
Ma il mio sorriso regge ancora.
La mia anima è colorata
come le ali delle farfalle
Le fiabe di ieri invecchieranno,
ma non moriranno mai
Posso volare- amici miei
Qualsiasi cosa succeda,
lascerò tutto ciò per rischiare
Un altro mal di cuore,
un’altra storia fallita
Senza sosta,
qualcuno sa cosa stiamo cercando?
Suppongo di stare imparando,
devo essere più caloroso ora.
Presto sarò una svolta, gira l’angolo ora
Fuori, l’alba sta scoppiando
Lo spettacolo deve andare avanti,
Lo spettacolo deve andare avanti,
Lo affronterò con un sorriso
Non sto mai cedendo
Su – con lo spettacolo
Salderò il conto, esagererò
Devo trovare la volontà di andare avanti
Lo spettacolo deve andare avanti…
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SETTIMO MOMENTO
Lavorare per il Vaticano e per la Norvegia
[…]
Gesù era l'uomo migliore del mondo, era quasi come un pescatore del sud della Norvegia.
Le donne devote parlavano di lui come di un ospite gradito per il rito quotidiano del caffè
con il dolce; era gentile, mite e dolce, era uno di loro.
I momenti decisivi della vita di ognuno sono considerati tali solo molto tempo dopo. Nel mio
caso un evento importante avvenne nel febbraio del 1995. Ero a casa con l'influenza. Era
mattina inoltrata. Sedevo al tavolo della cucina rivedendo il manoscritto del libro basato
sulla mia tesi di dottorato, che mi annoiava molto. Non sono mai stata paziente né coscienziosa. Mi piace ottenere subito dei risultati e mi annoio facilmente.
Il libro parlava della politica energetica dell'Unione Europea, argomento che avevo scelto
perché lo conoscevo bene e volevo comunque scrivere qualcosa sull'UE. In quel momento il
suono del telefono giunse come un'interruzione gradita.
Era il monsignore del pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace che avevo incontrato a Roma, il quale mi chiese se avessi voluto fare parte della delegazione
della Santa Sede che avrebbe partecipato al social summit dell'Onu che si sarebbe tenuto
a Copenaghen all'inizio di marzo. Ero molto felice e onorata dell'invito. Sentivo che si trattava di un avvenimento importante per la mia vita anche se non sapevo ancora perché.
Ero felicissima di poter rappresentare il Santo Padre, di servirlo e lavorare per lui. Chi non
è cattolico non può capire. Per un cattolico la Chiesa e il suo capo spirituale, il Papa, sono
molto più che la realtà empirica di un'organizzazione. La Chiesa appartiene a Cristo; è
una comunità di fedeli che va oltre la realtà delle strutture fisiche.
Ogni cattolico impara gradualmente ad amare la Chiesa e il Papa; la Chiesa, malgrado
le deficienze dei suoi membri, e il Papa perché è gravato dal peso tremendo di essere il
Vicario di Cristo sulla Terra.
[…]
Nel 1997, durante una cena all'ambasciata tedesca a Oslo, ricevetti la telefonata del
nuovo ministro degli Esteri del governo di coalizione guidato dal partito cristianodemocratico norvegese. Non lo conoscevo personalmente e non sapevo quasi nulla di
lui. "Vuole diventare il mio vice agli Affari Esteri?", mi chiese. "Se potesse cominciare
domattina alle sette sarebbe perfetto, perché io sono in partenza per la Cina insieme
al re". Rimasi sbalordita: "Perché proprio io? Non sono neanche iscritta al partito. E
poi non ci sono cattolici nel partito cristiano-democratico". "Ovviamente dovrebbe aderire al partito, e sono tutti molto felici che lei sia la prima cattolica a farne parte", replicò il ministro.
Accettai e mi iscrissi al partito. Nutrivo qualche scetticismo nei confronti di una parte
politica tutta composta di luterani, ma ero anche convinta che la carica di vice ministro
agli Affari Esteri fosse l'ideale per me, che da anni mi occupavo di politica internazionale.
L'attività politica mi ha condotto in molti luoghi diversi: per tre anni non ho fatto che
viaggiare e ho avuto modo di cercare Dio nei luoghi più strani e pericolosi.
In America frequentai l'Augsbúrg college nel Midwest.
Era un college luterano istituito da immigrati norvegesi che naturalmente faceva onore alle
sue origini. Fu lì che feci la conoscenza della filosofia — nel senso tradizionale di metafisica
— come materia di studio. Nei programmi delle scuole superiori norvegesi la filosofia non è
contemplata e si studia solo all'università.
Le questioni filosofiche mi coinvolsero moltissimo. Chi è l'uomo? Cos'è la vita virtuosa?
Esiste un essere superiore, una divinità? L'ontologia è possibile? Come si scopre la verità? Vi è una verità da scoprire?
Quell'anno studiai la filosofia classica e medievale, interessata com'ero a Platone, Aristotele e Tommaso d'Aquino. La questione che mi attraeva di più era quella che riguardava il
bene e la ricerca della verità. In filosofia politica, come pure in etica, si ritrova la problematica del vizio e della virtù. Cosa rende un uomo buono e giusto? Come può l'etica essere
applicata alla politica?
[…] esiste una verità? In che modo possiamo conoscerla? È forse una mera impressione
sensoriale? Esiste solo nella nostra immaginazione?
Nel college luterano in America, il professore di filosofia che mi introdusse a questa nuova
disciplina era cattolico. Frequentai corsi di logica formale e di filosofia classica e medievale.
Quell'anno lessi. Aristotele, Platone e Plotino, Bonaventura, Cusano e Tommaso d'Aquino.
Fu uno splendido anno di esplorazione, durante il quale mi immersi nello studio delle origini
della civiltà europea. Mi piaceva la metafisica, che tratta di ciò che è possibile conoscere,
ma più di tutto amavo la filosofia politica, che affronta la questione della giustizia. Mi colpì
molto il fatto che già nel IV secolo prima di Cristo, Socrate avesse enunciato la maggior
parte delle questioni chiave in questo campo nei dialoghi platonici.
[…]
Quel professore trattava il cattolicesimo come un sistema filosofico puramente teorico.
Non gli interessava affatto il cristianesimo applicato alla vita quotidiana e pratica, preferiva
la bellezza logica del tomismo e della Scolastica. […]
Ma alla fine decisi di tornare in Norvegia. Volevo dedicarmi allo studio della politica che,
come diceva Aristotele, è la prima delle scienze pratiche. Rifiutai di ritirarmi in una torre
d'avorio, come il mio professore avrebbe voluto, anche se a volte la mia decisione vacillò.
Anche io detestavo molti aspetti del mondo moderno, ma ritenevo sbagliato chiudersi. Volevo, fare, agire; non volevo vivere in un mondo a parte.
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SECONDO MOMENTO
La questione filosofica
Cosa avrei studiato per trovare poi un'occupazione? Mi risolsi a scegliere la facoltà di giurisprudenza, assecondando il desiderio dei miei, nonostante mi attraesse molto di più la filosofia politica. Tornata in Norvegia mi iscrissi all'università di Oslo. I primi esami erano diritto
privato e diritto commerciale.
Ne rimasi oltremodo delusa. I miei interessi andavano al diritto internazionale e alla filosofia
del diritto: quali norme, se ce ne sono, regolano la società internazionale? La giustizia e il
diritto hanno qualche legame? E il diritto norvegese che rapporti ha con quello naturale?
Ma queste domande erano antiquate e non interessavano nessuno. La penisola scandinava ha
una tradizione legislativa di stampo decisamente positivista, esemplificata dalla cosiddetta
scuola di Uppsala di Axel Hagerstrøm. Negli anni Trenta egli aveva sostenuto che non vi è
alcun legame tra diritto ed etica: la legge era semplicemente l'insieme delle norme stabilite
dalla maggioranza.
Dopo un'estate di studi misi da parte il diritto e passai alla filosofia politica, o piuttosto alla
storia delle idee o storia intellettuale, una materia meglio conosciuta con la denominazione
tedesca: Ideengeschichte. Si tratta di un ibrido tra la storia vera e propria e la filosofia, che
traccia e analizza la genesi e l'influenza del pensiero sulla società. Mi specializzai in filosofia politica, approfondendo molto la filosofia storica tedesca. Dopo un anno a Oslo durante il
quale non feci altro che studiare, ritornai, negli Stati Uniti con una borsa di studio che mi
permetteva di rimanere lì per altri due anni. Conseguii due master in scienze politiche e storia europea moderna, ma decisi di tornare a Oslo per scrivere la tesi. Volevo intraprendere la
carriera accademica in Norvegia e non osavo tentare di ottenere un PhD negli Stati Uniti
perché all'epoca i corsi in Norvegia erano migliori. Si pensava che la laurea norvegese fosse
la migliore in assoluto.
[…]
A Oslo continuai a studiare scienze politiche, decidendo Di scrivere una tesi magister premessa al tradizionale Dr.Ph., titolo che avrei conseguito molto tempo dopo. L'argomento
della tesi riguardava la teoria democratica e i suoi miti: come porre un limite al principio di
maggioranza con la Rechtsstaatstradition. Divenne uno studio sul corporativismo europeo e
sullo sviluppo del principio plebiscitario. Solo più tardi compresi che il mio vero interesse era
nel principio cattolico della sussidiarietà. Non potevo accettare il
divorzio tra etica e politica, che tutto si riducesse al principio di maggioranza. La politica
doveva avere un fondamento più nobile e fermo. Dovevano esistere dei princìpi che neanche il
voto della maggioranza poteva abolire.
Durante questo periodo mi dedicai con passione alla ricerca di un sistema filosofico che
fosse logico e veritiero. Non potevo accettare il soggettivismo prevalente in ambito accademico e in particolare il comportamentismo delle scienze politiche americane. […]
Insistevo sul fatto che dovesse esserci una verità da scoprire, e che toccava alla scienza
scoprirla e che questo era il vero obiettivo degli studi. In altre parole sostenevo che il diritto
naturale avesse un significato e che in filosofia lo studio dell'epistemologia e della metafisica fosse una valida attività ai nostri giorni come lo era stata nel passato, nelle migliaia di
anni di storia del pensiero occidentale.
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Sfogliando l'annuario del Vaticano nell'ufficio del vescovo mi imbattei nel nome di un monsignore che faceva parte della commissione pontificia. Chiamai la nunziatura di Copenaghen,
impaziente di ottenere un appuntamento con lui. La persona all'altro capo del telefono mi
chiese: "Chi è lei e cosa desidera?". Dopo quel primo contatto glaciale, divenni buona amica
del nunzio e dei suoi collaboratori. Andai a Roma per incontrare il monsignore. Quell'incontro mi sembrò un segno del destino. Parlammo per più di due ore. Eravamo legati da molte
affinità e fui estremamente felice di aver incontrato un uomo
profondamente impegnato
nelle questioni che stavano a cuore anche a me.
[…]
Continuai a cercare di capire quale fosse il mio ruolo, sapendo che doveva avere a che fare
con il cristianesimo e con la politica. La fiamma che si era accesa a Pannonhalma non si era
spenta, anche se non pregavo molto. Ero ancora alla ricerca di qualcosa, non
sapevo cosa, ma capivo che c'era qualcosa da trovare. Sapevo che avrei trovato il senso
della mia vita in questo ambito: cristianesimo e politica.
Da studentessa ero rimasta frustrata per la mancanza di etica delle scienze politiche, io
che avrei voluto recuperare la tradizione classica del summum bonum. Ed ecco che, a distanza di molti anni, scoprivo che è proprio questo che la Chiesa sta tentando di fare nel
mondo. Come il pezzo di un puzzle, la lezione appresa tanti anni prima diventava all'improvviso utile e pertinente. Ma in che modo? Cosa avrei dovuto fare? Ancora non lo sapevo.
QUEEN, Innuendo, album Innuendo, 1991
Innuendo
Finchè il sole brillerà in cielo
e il deserto avrà sabbia
Finchè le onde si agiteranno in mare
e incontreranno la terra
Finchè ci sarà vento e le stelle e l'arcobaleno
Finchè le montagne non diventeranno pianure
Oh sì continueremo a provarci
A percorrere quella sottile linea
Oh continueremo a provarci sì
Mentre passa il nostro tempo
Finchè vivremo secondo razza, colore o credo
Finchè governeremo con cieca pazzia
e pura avidità
Le nostre vite dominate dalla tradizione,
superstizione, falsa religione
Per l'eternità, e oltre
Oh sì continueremo a provarci
Supereremo quella sottile linea
Oh Oh continueremo a provarci
Fino alla fine dei tempi.
Fino alla fine dei tempi
Per il dolore che impregna il nostro splendore
Non offendetevi alla mia insinuazione
Puoi esser tutto ciò che vuoi
Trasformandoti in qualunque cosa
pensi potresti mai essere
Sii liberi col tuo ritmo siate liberi siate liberi
Abbandonati al tuo io siate liberi io siate liberi
Per voi stessi
Oooh ooh
Se c'è un Dio o una specie giustizia sotto il cielo
Se c'è un punto fermo
se c'è una ragione per vivere o morire
Se c'è una risposta alle domande
che ci sentiamo obbligati a porci
Mostrati distruggi le tue paure togli la maschera
Oh sì continueremo a provarci
A percorrere quel sottile confine
Sì continueremo a sorridere
E quel che sarà sarà
Continueremo a provarci
Continueremo semplicemente a provarci
Fino alla fine dei tempi Fino alla fine dei tempi
Fino alla fine dei tempi
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Cosa significa essere cristiani? Qual è lo scopo della messa domenicale? È proprio dai sacramenti che ci viene il vero sostegno, ma per me
sono stati a lungo solo un rifugio nel momento del bisogno, un conforto,
una gioia. Non avevano un ruolo fondamentale nella mia esistenza, nel
mio comportamento. Era come se ci fossero due mondi: la mia vita, da
una parte, e la fede dall'altra. Nessun vero punto d'intersezione.
[…]
Ero una cattolica della domenica. Conducevo una doppia vita. Nulla si compenetrava realmente tra la mia vita e la mia fede. Vivevo sì in base alle regole del cattolicesimo, ma relegavo la mia religiosità a un fatto privato, e ne ero soddisfatta. Lo sono stata per tanti anni.
Poi venne la crisi.
Ho cominciato a provare una grande frustrazione nei confronti della passività della Chiesa.
Perché i sacerdoti non prendevano parte attiva al dibattito pubblico? Perché restavano così
estranei alla società? Di fronte a tante problematiche scottanti, perché non prendevano
posizione? Non avrebbero dovuto farci da guida? Mio marito, che aveva avuto una formazione tradizionale in un paese in cui i laici avevano un ruolo limitato e il clero e gli ordini religiosi rappresentavano la Chiesa in senso stretto, non capiva le mie proteste. La Chiesa doveva restare fuori da questo genere di cose, sosteneva lui. Non ero d'accordo, ma la mia frustrazione, in realtà, era rivolta verso me stessa.
Il problema non era tanto il clero, ma piuttosto i laici: in altre parole, il problema ero io. Mi
rendevo conto che il mio cristianesimo della domenica era superficiale e la mia fede limitata.
E questo si accentuava quando i problemi personali si facevano più acuti. Avevo cominciato a
pensare all'impensabile: alla possibilità di abbandonare la Chiesa.
Verso la fine del 1992 ho soggiornato con tutta la famiglia all'abbazia di Pannonhalma.
Lì avevo trovato un amico inestimabile. Era vecchio e saggio, eppure giovane e di mentalità
aperta. Come tutti quelli che conducono un'autentica vita spirituale, era pieno di gioia e di
vitalità, nonostante l'età avanzata. Incarnava il massimo della tradizione benedettina. Se in
precedenza avevo ricevuto un importante arricchimento religioso dal mio amico domenicano,
ora avevo la fortuna di continuare il mio percorso con quanto di meglio potesse offrire la
spiritualità benedettina. Questo monaco era una fonte di acqua vitale.
Parlai a lungo con il mio amico benedettino. Lui mi spinse a pregare e ad ascoltare.
Adesso sentivo di dover fare qualcosa nell'ambito del mio lavoro e dei miei interessi, cioè
nella politica. Il cristianesimo doveva essere anche in mezzo a quel mondo. Non avevo idea di
cosa fare ma capivo che era giunto il momento di agire e non aspettare che i vescovi o altri
rappresentanti ufficiali della Chiesa facessero qualcosa al mio posto. L'idea che la Chiesa
cattolica norvegese fosse isolata e passiva nella nostra società era sempre stata frustrante. D'accordo, ma la mia responsabilità?
Fu così che mi impegnai per rimettere in piedi la commissione sulla giustizia e sulla pace
della mia diocesi. Scoprii che questa commissione esisteva anche in Vaticano.
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In realtà non so perché la questione della verità fosse così importante per me.
Non potevo accettare che non ci fosse una verità da perseguire, e
che il relativismo fosse l'unica realtà. Questo tema, che non era
solo accademico ma anche molto personale, fu fondamentale in
tutti i miei studi. Non potevo accettare il soggettivismo imperante
in campo normativo.
Ancora non so cosa stessi cercando, ma sapevo che qualunque cosa fosse, dovevo trovarla. In
poche parole, sapevo che c'era qualcosa da trovare, ma non sapevo cosa.
QUEEN, I Want It All, album The Miracle, 1989
Voglio tutto
Ricercatore di avventure per strade deserte
Solo un topo di vicolo, veloce a fuggire
Un giovane combattente
che senza esitazioni grida
Di dolore e di rabbia
senza vedere una via di scampo
"Non chiedo molto", gli ho sentito dire
Devo inventarmi un futuro
che cambi tutta la mia vita
Voglio tutto, voglio tutto, voglio tutto
e lo voglio subito
Voglio tutto, voglio tutto, voglio tutto
e lo voglio subito
Sono un tipo deciso
Ci sono troppe cose da fare in una vita sola
Non sono uno che cerca compromessi,
i dove e i perché
e le bugie perenni
Così vivo fino in fondo, sì vivo fino in fondo
E dò tutto me stesso, e dò tutto me stesso
In verità non chiedo molto
al futuro, ascoltate il grido della gioventù
Voglio tutto, voglio tutto, voglio tutto,
e lo voglio subito
Voglio tutto, voglio tutto, voglio tutto,
e lo voglio subito
Ascoltate gente, venite qui intorno a me
Devo preparare un piano d'azione,
devo impressionarvi
Datemi solo ciò che so che è mio
Gente mi ascoltate?
Datemi un segno che ci siete
In verità non chiedo molto
al futuro per i sogni di una gioventù
Voglio tutto, voglio tutto, voglio tutto
e lo voglio subito
Voglio tutto, voglio tutto, voglio tutto
e lo voglio subito.
TERZO MOMENTO
Dalla ragione ad una sorta di fede
Avevo sentito parlare di un prete cattolico a Oslo, un domenicano francese, che aveva curato
la traduzione francese della Summa theologica di San Tommaso. Aveva fama di persona molto intelligente e di grande esperto in tomismo. Esitavo all'idea di chiamarlo. Mi stavo interessando al cattolicesimo come sistema filosofico e mi consideravo una tomista, anche se ancora
piuttosto incompetente. Avrei dovuto farmi coraggio e chiamarlo?
Ricordo che sedevo alla scrivania del posto in cui lavoravo per guadagnare qualche soldo e
mantenermi agli studi. Cercai il numero del domenicano sull'elenco. Era il 1980. Composi il
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numero, ma riattaccai. Non riuscivo a telefonare a un perfetto sconosciuto per dirgli che
anch'io ero una tomista. Era troppo assurdo.
Alla fine, dopo molto esitare, chiamai. Mi rispose con un tono professionale e un forte
accento francese. Gli spiegai che avrei voluto incontrarlo perché anch'io ritenevo il tomismo
un sistema filosofico superiore, ma che non ero affatto interessata alla fede cattolica. Il
prete mi diede semplicemente un appuntamento per la fine di quella stessa settimana. Non
sembrò per nulla sorpreso della mia richiesta.
Non ho un ricordo distinto di nessuno dei miei incontri con questo domenicano, so solo che ci
incontrammo una volta alla settimana per un anno e mezzo. Leggevamo San Tommaso ma
anche l'opera di altri filosofi. A poco a poco queste conversazioni si trasformarono in esercizi intellettuali sulla fede cattolica: come si poteva separare teologia e filosofia in San
Tommaso? Ovviamente non si poteva.
[…]
In quel periodo ero anche attratta dalla liturgia della Messa. Anche se la frequentavo regolarmente, non avevo alcun interesse consapevole per il cristianesimo come fede. Dopo
tutto avevo sempre considerato i cristiani persone piuttosto retrograde e ingenue. Eppure
in questo ambiente cattolico, di cui facevano parte molti accademici, scoprii che potevo avere un approccio al cristianesimo perfettamente razionale e intellettuale. Tuttavia, mi ripetevo, non vi era nulla che mi interessasse a livello personale.
Durante uno dei nostri incontri, dopo oltre un anno, il domenicano mi chiese se avevo intenzione di diventare cattolica. Risposi di no, dissi che non mi interessava,, che ero agnostica.
Aggiunsi che non ero credente, ero solo d'accordo con il sistema filosofico razionale di
Tommaso d'Aquino, tutto lì. Eppure quella domanda mi aveva turbato.
Incontravo regolarmente quel prete da più di un anno e non poteva durare in eterno.
Pensai a lungo a cosa fare. Perché non lasciare semplicemente le cose come stavano? Io
non ero cristiana e non lo sarei mai stata, mi piaceva la liturgia e la musica, la cultura del
cattolicesimo e il sistema etico. Ma diventare cattolica era un'altra cosa.
Il pensiero mi angosciava. Volevo la mia libertà. Perché quel prete mi aveva posto
la domanda, e perché la domanda non mi lasciava in pace?
Fu allora che capii, o piuttosto mi balenò nella mente senza un'analisi o una ragione logica,
che il fulcro della questione ruotava intorno a una persona chiamata Gesù.
Ricordo quel momento: sedevo insieme al domenicano nei giardini del chiostro, era una sera
di agosto del 1981. Gli dissi che questa persona chiamata Cristo era comparsa mi
steriosamente sulla scena. Fino ad allora non gli avevo dedicato molti pensieri. Non avevo
mai pregato e quasi non avevo vissuto al di fuori dai libri. E poi era accaduto questo fatto
piuttosto fastidioso, cioè avevo capito che il cattolicesimo non era un bel sistema filosofico
— la metafisica che avevo cercato così a lungo — ma riguardava una persona che sosteneva
di essere viva oggi come lo era duemila anni fa. Sinceramente mi sentii a disagio a questa
nuova visione delle cose, perché non si trattava di nulla di logico né di razionale, ma era
piuttosto il frutto di un'esperienza personale. Non potevo spiegarlo, ma sapevo che questa
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Rapsodia Bohemienne
Questa è la vita vera? o è solo fantasia?
Travolto da una frana senza scampo dalla realtà
Apri gli occhi . Alza lo sguardo al cielo e vedrai
Sono solo un povero ragazzo,
non ho bisogno di essere capito
Perché mi lascio trasportare, sono un indolente,
Un po' su un pò giù
Comunque soffi il vento, a me non importa,
Galileo figaro Magnifico
Ma sono solo un povero ragazzo e nessuno mi ama
solo un povero ragazzo di povera famiglia
Risparmiate la sua vita da questa mostruosità
mi lascio trasportare, sono un indolente,
mi lascerete andare?
No, non ti lasceremo andare
lasciatelo andare
Non ti lasceremo andare, lasciatelo andare
Non ti lasceremo andare - lasciatemi andare
Non ti lasceremo andare - lasciatemi andare
No, no, no, no, no, no, no
Mamma mia, mamma mia,
mamma mia lasciami andare
Beelzebù ha messo un diavolo da parte per me,
Così pensate di potermi lapidare
e sputarmi in un occhio
Così pensate di potermi amare e lasciarmi morire
Oh tesoro non puoi farmi questo
Devo solo uscirne
Devo solo uscire dritto via da qui
Niente veramente importa, Chiunque può capirlo
Niente veramente importa,
niente veramente m'importa,
Comunque soffi il vento...
Mamma, ho appena ucciso un uomo,
Gli ho puntato una pistola alla testa,
Ho premuto il grilletto, ed ora è morto,
Mamma, la vita era appena iniziata,
Ma ora l'ho lasciata e l'ho buttata via
Mamma, Non volevo farti piangere
Se non sarò tornato a quest'ora domani
Va avanti, va avanti, come se niente fosse stato
Troppo tardi, è venuta la mia ora,
Rabbrividisco. Il corpo mi fa male in continuazione,
Addio a tutti, devo andare
Devo lasciarvi tutti ed affrontare la verità
Mamma, Non voglio morire,
Qualche volta vorrei non essere mai nato
Intravedo una sottile sagoma d'uomo,
Fulmini e saette molto, molto spaventoso
Galileo, Galileo,
SESTO MOMENTO
La vera fatica della conversione
Mi dispiace quando sento la gente parlare della conversione come fosse qualcosa di fine a se
stesso. In realtà essere accolti nella Chiesa non vuoi dire fare un passo conclusivo, per quanto importante. Conversio significa "tornare indietro", cioè ritornare a Dio. È un processo che
dura tutta la vita. Nulla è mai certo lungo questo cammino: tutto ciò che abbiamo guadagnato
può essere perduto. È necessario rinnovare la propria volontà di conversione ogni giorno, e
questo significa cominciare e ricominciare da capo. Fino all'ultimo nulla è sicuro, nulla è definitivamente conquistato.
Quello che in genere si dice sulle conversioni è un'illusione; sembra che uno possa compiere
questo passo e poi adagiarsi spiritualmente per il resto della vita. Oltre che falso, è ingannevole. La conversione avviene ogni giorno: volta per volta ci risolleviamo dopo essere caduti,
volta per. volta rinnoviamo la volontà di seguire la strada dura ma gioiosa di Cristo. Nessuno
"viene salvato", come si diceva nel mio villaggio d'infanzia. Solo Dio salva.
Mi sono convertita, come appunto si dice, nel 1982. Poi per molti anni ho vissuto una condizione da "cristiana della domenica", come la chiamo io. Andavo a messa la domenica e vivevo il
resto della settimana come se quel giorno non avesse alcun effetto sulla mia vita quotidiana.
Adempivo agli obblighi della Chiesa e mi consideravo una buona cattolica. A dire il vero, ero
piuttosto soddisfatta di me stessa.
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madre non riusciva ad accettare questa mia decisione. Il cattolicesimo per lei è sinonimo di
cose strane e forestiere, come le suore, il celibato, persino l'obbligo della Messa la domenica, e poi i cattolici non sono in grado di scendere a compromessi su temi quali l'aborto. Perché non potevo semplicemente "trovare Dio nella natura", come è tradizione tra i norvegesi,
e non mi accontentavo? Dovevo proprio avere una visione così estrema dell'aborto? In una
moderna democrazia non si possono avere principi assoluti.
[…]
I miei genitori mi accompagnarono all'udienza papale quel mercoledì del 1981; credo fosse il
2 dicembre. Sedemmo in prima fila nella grande sala e il Papa venne a salutarci. Ci strinse
la mano chiedendo: "Norvegia?". Noi rispondemmo qualcosa in tedesco, ma non ricordo cosa.
Lasciò a noi tutti l'impressione di un uomo grande e pieno d'amore; vi era in lui qualcosa di
ineffabile che ci rese stupendamente felici e sollevati, e questa sensazione durò a lungo
dopo quell'incontro. La sentì anche mia madre, agnostica e sempre molto diffidente riguardo
al cristianesimo. Sulle foto di quel giorno sembra più felice di quanto sia mai stata. Da quel
momento ha iniziato ad amare il Papa, pur non interessandosi affatto a ciò che rappresenta.
Ma in casa quelle foto sono ancora ben in vista, anche se sono trascorsi quasi vent'anni.
Mi convertii durante la Pasqua del 1982. Avevo venticinque anni. Non credevo fino in fondo
né accettavo tutte le istanze che la Chiesa cattolica sosteneva, ma dopo tanti dubbi sapevo
almeno una cosa, che in qualche modo,. misteriosamente, appartenevo alla Chiesa. Ero attratta da lei continuamente, eppure ancora esitavo. Non potevo rimanere una semplice osservatrice? Nessuno intorno a me era favorevole a questa scelta, né i miei genitori, né i
parenti, né gli amici. Ma io già amavo la Chiesa, avevo letto tutto su di lei, anche se quelle
letture non ero stata in grado di capirle. Parlavo della Chiesa a chiunque me ne desse il
minimo pretesto e appena potevo assistevo alla Messa.
Fu l'amore, il sentirmi innamorata, che alla fine mi portò alla conversione, non una decisione
razionale. Ero passata dalla ragione alla fede, o almeno a una qualche forma di fede. Ero
ben lungi dalla perfezione, tuttavia ero innamorata della Chiesa. Da dove provenisse questo
amore, non lo sapevo, ma mi sarei sentita infelice se avessi cancellato la Chiesa dalla mia
vita. Amavo in modo nuovo e diverso.
Ricevetti la prima comunione e la cresima dal sacerdote domenicano nel corso della settimana santa. Quando entrai a far parte della Chiesa, alcuni amici erano venuti ad assistere
alla Messa, non molti. Mi sentii triste e sola. Indossavo il costume tradizionale norvegese
delle grandi occasioni, ma nessuna delle persone che amavo di più era lì accanto a me. Era
un giorno cupo e piovoso.
Tornando a casa dopo quella prima Messa pensai: "Ora sono cattolica. Ma non mi sento
affatto diversa da prima".
QUEEN, Bohemian Rhapsody, album A Night at the Opera, 1975 (live at Wembley
1986)
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era la principale, l'unica questione importante: Cristo stesso. Si era presentato a me, nel
senso che improvvisamente mi sentii attratta da lui e dalla sua storia. Questo fatto non mi
piaceva per niente, non era quello che volevo, io cercavo un senso della vita piuttosto astratto e logico.
Nonostante ciò, Gesù ritornava sempre più spesso nella mia vita. Continuavo a farmi domande su di lui. Poteva mai essere vero quello che i cristiani credevano? Non avevo mai studiato la vita di Gesù e non la conoscevo se non attraverso le dolci storielle che ci raccontavano su di Lui a scuola. Ora invece Cristo era come una fiamma che si accendeva di tanto in
tanto dentro di me e mi attraeva non da un punto di vista intellettuale, ma come fonte di
qualcosa a me del tutto sconosciuto. Era un sentimento del tutto nuovo per me, un tipo di
gioia diverso da quelli che mi erano noti. Allora non Lo conoscevo affatto. Il Cristo mite e
gentile della mia infanzia non era mai stato un candidato a incarnare il senso della vita.
Dopo questa scoperta la mia vita cominciò un nuovo corso. Non si trattava più di leggere e
trarre conclusioni basate sullo studio, era anche una questione di fede. Era allo stesso
tempo più semplice e più difficile. Diventò una questione esistenziale, non più intellettuale e
se io ero brava nelle speculazioni intellettuali ero ben lontana dall'essere matura come
persona. Ma, senza rendermene conto, mi stavo innamorando della Chiesa.
Coloro che sono entrati da poco nella Chiesa di solito mostrano tutti i sintomi dell'innamoramento.
[…]
Anch'io stavo per entrare in una di queste fasi. Mi ripetevo che non mi
interessava
diventare cristiana - dopo tutto le persone che avevo detestato e
ridicolizzato nella mia cittadina natale erano anche loro cristiane però ero attratta sempre di più dalla liturgia. Non vedevo l'ora che
arrivasse il momento della Messa domenicale, cominciai a leggere
storie di conversione e ad interessarmi agli autori mistici.
Fu circa in questo periodo che acquistai le principali opere di San
Giovanni della Croce e di Santa Teresa d'Avila e mi apprestai a leggerle; a tal punto ero
ambiziosa. Ma ovviamente ero lontana anni luce dal comprendere quei testi. Quando, molti
anni dopo, mi riaccostai a quelle opere con una maturità ben diversa, mi resi conto di come
fossi giovane allora, anche spiritualmente.
La questione della conversione continuava a tormentarmi. Resistevo a quel pensiero eppure
me ne sentivo attratta. Il mio amico domenicano incalzava: "Cosa ne dici di Pasqua? Mancano solo pochi mesi". Amavo già la Chiesa, ma una cosa era intrufolarsi per assistere alla
Messa, ben altra era proclamare pubblicamente la propria nuova fede. Ma in fondo io credevo davvero a qualcosa? Non era forse solo un'infatuazione?
QUEEN, Who Wants to Live Forever, album A Kind of Magic, 1986
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Chi Vuol Vivere Per Sempre
Non c’è tempo per noi, Non c’è spazio per noi
Cos’è che costruisce i nostri sogni, eppure ora scorre via
Chi vuol vivere per sempre, Chi vuol vivere per sempre?
Non abbiamo scelta, Il nostro destino è già stato deciso
Questo mondo ha un solo dolce momento messo da parte per noi
Chi vuol vivere per sempre, Chi vuol vivere per sempre?
Chi desidera amare per sempre?…Quando l’amore deve morire
Ma tocca le mie lacrime con le tue labbra, Tocca il mio mondo con la punta delle tue dita
E potremo avere per sempre, E potremo amare per sempre
L’ eternità è il nostro presente
Chi vuol vivere per sempre, Chi vuol vivere per sempre?
L’ eternità è il nostro presente…Ma chi aspetta in eterno?
QUARTO MOMENTO
La rivoluzione copernicana
Sul diario che tenevo in quel periodo è annotata una scoperta decisiva. Una rivoluzione copernicana. Cambiò tutto. Ecco ciò che scrivevo: "Oggi ho capito che nell'ostia consacrata vi è una realtà oggettiva, indipendentemente da quale sia la mia opinione e dal fatto
che io ci creda o no". L'ultima frase era sottolineata: "che io ci
creda o no".
Quando i cattolici parlano della "vera presenza" esprimono la convinzione che Cristo sia presente nella realtà dell'ostia e del vino,
che dopo essere consacrati dal sacerdote diventano il corpo e il sangue di Cristo. È il mistero supremo della fede, il centro della Messa e la chiave di volta della fede cattolica nei
Sacramenti.
All'epoca non avevo ancora capito bene tutto questo, ma coglievo il punto assolutamente
essenziale, e cioè che vi è una realtà al di fuori di me, al di fuori del soggetto. Questa realtà non è creata dalla mia immaginazione, ma esiste in maniera del tutto indipendente da me.
Era una scoperta che mi lasciava senza fiato e che, una volta fatta, influenzò tutto il resto.
Avevo cercato al di fuori di me il vero significato della vita, un significato che esistesse di
per sé e che di riflesso potesse dare senso anche alla mia vita. Avevo esplorato la metafisica e gli dèi della filosofia antica, per poter dare una solida base alla virtù, per poter affermare che la bellezza e la bontà, la giustizia e l'etica possono esistere. Ora avevo capito
che la realtà ontologica di ciò che cercavo era in Dio; e che Dio esisteva in un modo che
nessuno poteva comprendere pienamente, eppure in una realtà così vicina, in un pezzo di
pane. Per fortuna non ero io il centro dell'universo, confinata a convivere sola con me stessa. Ero legata a Dio, che esisteva oggettivamente e realmente al di fuori di me. Fu la scoperta più felice di tutta la mia vita: esisteva un ordine, un piano e un significato al di là di me
stessa e dei miei limiti umani.
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[…]
Era la vera essenza del mio percorso di studio e di ricerca.
Se la verità non fosse stata un concetto ricco di significato — cioè se non esistesse realmente — il inondo non avrebbe avuto senso. La verità, se non nasce dall'uomo e non è quindi
soggettiva, deve venire da Dio e quindi Dio deve essere l'artefice della verità. Trovare la
verità significa trovare Dio: Lui è la verità. Ma la novità rivoluzionaria per me a quell'epoca
era che la verità esisteva davvero al di fuori di me e. indipendentemente dalla mia visione di
essa.
La riflessione sulla reale presenza di Cristo nell'ostia consacrata non era ovviamente qualcosa che si scopriva con lo studio o grazie a una deduzione logica, né si imparava sui libri del
catechismo cattolico. Comprendere questa verità era semplicemente una grazia, che poteva
venire accolta solo in un terreno favorevole. La mia ricerca, il fatto che io mi fossi posta il
problema era forse un prerequisito per ricevere quel dono, ma non lo saprò mai con certezza.
Il percorso di ciascuno è differente. Tuttavia il fatto che
desiderassi così spesso recarmi a Messa era la "prova empirica" che nella mensa del Signore dovesse trovarsi qualcosa di importante. Non era certo per la liturgia, per la predica o per
la musica, tutti aspetti gradevoli, ma per qualcos'altro, una presenza che mi richiamava ogni
volta. Me ne allontanavo, non mi interessava e la "dimenticavo", ma dopo ogni allontanamento, ogni volta che sentivo il vuoto della solitudine ritornavo.
Di fronte al tabernacolo, il luogo in cui si conserva l'ostia consacrata, capivo che il vero amore e il senso erano misteriosamente nascosti li. Dopo un po' desideravo così tanto la Messa
domenicale da sentirne la mancanza durante tutta la settimana. Non osavo confessare a nessuno questo strano sentimento, ma ci andavo da sola come coloro che si recano di nascosto all'appuntamento con l'innamorato.
QUINTO MOMENTO
Il salto
Alla fine del 1981 scrissi una lettera alla Santa Sede a Roma, in cui spiegavo che stavo
pensando di diventare cattolica ma che prima di prendere una decisione avrei desiderato conoscere il Papa. Era una lettera franca e diretta e mai mi sarei aspettata di ricevere una risposta. Invece poco tempo dopo presso la mia residenza studentesca ricevetti una lettera
amichevole e allo stesso tempo molto formale. Il prefetto della casa pontificia mi assicurava: "ogni sforzo sarà fatto per soddisfare il suo desiderio". Dovevo solo indicare quando sarei
arrivata a Roma e dove sarei andata ad abitare.
Ero sorpresa ed emozionata. Andai a Roma con i miei genitori, in vacanza. Loro erano del
tutto contrari alla mia conversione: cosa c'era che non andava nella chiesa luterana norvegese e perché insistevo nel voler diventare cristiana? Erano, e sono tutt'ora, contrari alla mia
fede. Prima di tutto, perché diventare cristiana? Perché distinguersi dalla gente normale?
E poi, perché mai diventare cattolica, che è quasi uno svantaggio sociale? Soprattutto mia
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Libretto 3° serata - Centro Mater Divinae Gratiae