VIA CRUCIS 29 marzo 2013 CANTO D’INGRESSO La situazione esistenziale di partenza -­‐ La fatica del perdono
«Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione.
Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza
svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal
voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti senti
ingannato, beffato, umiliato. La vittima d’una ingiustizia che non
t’aspettavi, d’un fallimento che non meritavi. Ti senti anche offeso,
ridicolo, sicché a volte cerchi la vendetta. Scelta che può dare un po’ di
sollievo, ammettiamolo, ma che di rado s’accompagna alla gioia e che
spesso costa più del perdono».
Oriana Fallaci, Un cappello pieno di ciliege
PRIMA STAZIONE – Gesù condannato a morte Dal Vangelo secondo Matteo (26,47-­‐50)
Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con
lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei
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sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un
segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si
avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse:
«Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani
addosso a Gesù e lo arrestarono.
Angelus di Papa Francesco sul perdono e la misericordia
«Fratelli e sorelle, buongiorno!
Dopo il primo incontro di mercoledì scorso, oggi posso rivolgere di
nuovo il mio saluto a tutti! E sono felice di farlo di domenica, nel
giorno del Signore! Questo è bello, è importante per noi cristiani:
incontrarci di domenica, salutarci, parlarci come ora qui, nella piazza.
Una piazza che, grazie ai media, ha le dimensioni del mondo.
In questa quinta domenica di Quaresima, il Vangelo ci presenta
l’episodio della donna adultera (cfr Gv 8,1-11), che Gesù salva dalla
condanna a morte. Colpisce l’atteggiamento di Gesù: non sentiamo
parole di disprezzo, non sentiamo parole di condanna, ma soltanto
parole di amore, di misericordia, che invitano alla conversione.
“Neanche io ti condanno: va e d’ora in poi non peccare più!” (v. 11).
Eh!, fratelli e sorelle, il volto di Dio è quello di un padre
misericordioso, che sempre ha pazienza. Avete pensato voi alla
pazienza di Dio, la pazienza che lui ha con ciascuno di noi? Quella è la
sua misericordia. Sempre ha pazienza, pazienza con noi, ci comprende,
ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il
cuore contrito. “Grande è la misericordia del Signore”, dice il Salmo.
In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un Cardinale – il
Cardinale Kasper, un teologo in gamba, un buon teologo – sulla
misericordia. E mi ha fatto tanto bene, quel libro, ma non crediate che
faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali! Non è così! Ma mi ha fatto
tanto bene, tanto bene … Il Cardinale Kasper diceva che sentire
misericordia, questa parola cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo
sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno
freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa
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misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza
… Ricordiamo il profeta Isaia, che afferma che anche se i nostri peccati
fossero rossi scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come la neve. È
bello, quello della misericordia!
Ricordo, appena Vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la
Madonna di Fatima e si è fatta una grande Messa per gli ammalati. Io
sono andato a confessare, a quella Messa. E quasi alla fine della Messa
mi sono alzato, perché dovevo amministrare una cresima. È venuta da
me una donna anziana, umile, molto umile, ultraottantenne. Io l’ho
guardata e le ho detto: “Nonna – perché da noi si dice così agli anziani:
nonna – lei vuole confessarsi?”. “Sì”, mi ha detto. “Ma se lei non ha
peccato …”. E lei mi ha detto: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma forse il
Signore non li perdona …”. “Il Signore perdona tutto”, mi ha detto:
sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore non perdonasse
tutto, il mondo non esisterebbe”. Io ho sentito una voglia di
domandarle: “Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?”,
perché quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapienza interiore
verso la misericordia di Dio.
Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci,
mai! “Eh, padre, qual è il problema?”. Eh, il problema è che noi ci
stanchiamo, noi non vogliamo, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui
mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere
perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre
amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per
tutti noi. E anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti.
Invochiamo l’intercessione della Madonna che ha avuto tra le sue
braccia la Misericordia di Dio fatta uomo. » CANTO D'ACCOMPAGNAMENTO 3
SECONDA STAZIONE – Gesù è caricato della croce Testimonianza-­‐ perdonare se stessi
Il perdono è un'esperienza che implica nella vita
dei veri percorsi di riflessione, un ripensare
continuo a quello che si mette al primo posto nella
propria vita.
Come spesso accade ci sono eventi dolorosi nella
nostra vita che ci portano a riflettere sul senso che
si è dato alla propria vita ed a quella dei propri
familiari.
Il mio crollo l'ho avuto quando Davide mio figlio maggiore, ha deciso
di entrare in una comunità terapeutica.
Io stessa ho dato l'idea a Davide, anzi devo dire che l'ho tallonato fino
a che non ha detto si, perché accade che ad un certo momento ti
accorgi di non sapere più parlare ai tuoi figli e che hai bisogno a tua
volta di qualcuno che ti aiuti a guidare le persone che ami.
Io sentivo che se non avessi sfruttato l'occasione datami dalla comunità
avrei perso mio figlio per sempre. Era in quel momento della sua vita
un passo importante, era necessario per aiutare Davide a capire e
recuperare il valore che dava importanza alla sua vita.
Il disagio che egli provava è stato subito colto in casa, ma talvolta si è
portati a nasconderlo dietro le scuse più banali.
Come spesso accade noi madri pensiamo di essere quelle più adatte a
certi “incarichi” così io ho escluso da tutto mio marito e mia figlia
minore Alessia.
Già ci sembra in quei momenti di essere così potenti da potercela fare
senza gli altri, e si è portati ad addossare la colpa di ogni mancanza che
possiamo aver subito o per ogni torto che possa essere stato fatto a
Davide.
Nel prendere questa decisione però, non avevo capito che entrare in
una comunità voleva dire uscire per un lungo periodo dalla propria
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famiglia, non avevo capito che non avrei più visto né sentito Davide
per così tanto tempo.
Il dolore per quella lontananza, il dolore dell'attesa hanno fatto
crescere nei miei confronti il rancore verso me stessa (non meritavo il
perdono) perché mi sentivo di non aver protetto i miei figli dai
pericoli, il rancore perché non avevo saputo dargli le armi giuste per
affrontare la vita, il rancore per non aver trovato una soluzione meno
dura.
In tutto questo sentivo crescere il rancore nei confronti di mio marito
perché con il suo carattere duro aveva reso difficile il dialogo con
Davide tanto da non avergli dato l'opportunità di esprimere la propria
opinione. Ed ancora la rabbia verso di me, perché l'avevo escluso
pensando di sollevarlo dal dolore che io provavo per la lontananza di
Davide.
Nel frattempo con Alessia, invece, diventavo ossessionante con le mie
paure, la seguivo dovunque e le impedivo di andare da qualsiasi parte
per la paura di commettere ancora errori.
E' incredibile come si trasforma una persona sotto il peso degli errori,
specialmente quando gli errori si fanno nei confronti di quelli che si
amano e non ci si sente più il diritto di essere perdonati.
Io sono sempre stata una persona mite e fiduciosa, ho saputo
affrontare tante difficoltà, ma in questo momento non ero più capace
di sorridere neanche a un bambino e allora restavo a letto.
Non sentivo più la forza che ogni volta prendevo dalla preghiera, anzi
ero arrabbiata con me stessa perché sentivo che anche Dio era deluso
da me e che non mi avrebbe mai perdonato, perché avevo trattato male
il dono che Lui mi aveva fatto con la nascita di Davide.
Un giorno mettendo a posto in un cassetto ho trovato un libretto di
preghiere che era stato dato ad Alessia ed ho iniziato a rileggere alcune
pagine.
Quando una persona riscopre nella sua vita il valore vero di essere
cristiano e fa sue le parole del Vangelo la forza della Misericordia di
Dio è talmente grande che lascia senza scelte alternative: se lo
vogliamo nella nostra vita dobbiamo fare come Lui ci dice.
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La parola di Dio parla sempre della sua misericordia e la offre a chi è
più miserevole, a chi si sente più schifato dai propri errori, parla del
perdono e della remissione dei peccati, allora mi sono riscoperta a dire
“ti prego Signore aiutami a sentirmi degna del tuo perdono”. Ogni
giorno mi sono fermata in chiesa davanti alla croce e ripetevo la stessa
preghiera e sentivo che solo quella era la mia salvezza. L'amore di Dio
è stato immenso, ha insegnato al mondo che si può perdonare e che
solo l'amore rende le persone felici.
Talvolta si è tentati di lasciar perdere ma c'è sempre quella strana forza
che ci fa andare avanti certi che quella è la strada giusta.
La mia famiglia è stata messa a dura prova dal Signore, chissà perché è
toccato proprio a noi scoprire che la croce aveva il volto del nostro
dolore per Davide.
Ecco, il perdono ha per me il valore di una vita ritrovata con il gusto
pieno che arriva dalla parola di Dio: ci perdona e ci chiede di seguirlo
senza per questo essere sollevati dalla nostra croce.
E’ stato detto… «Ricorda che la causa principale della presenza di una ferita, quale che
sia, è l’incapacità di perdonarci per quanto infliggiamo a noi stessi o
agli altri. Perdonarsi è difficile».
Lise Bourbeau, Le 5 ferite e come guarirle
Dal Vangelo secondo Luca (19,6-­‐10) «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese
in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano:
«È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al
Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se
ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose:
«Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch'egli è figlio di
Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò
che era perduto».
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CANTO D’ACCOMPAGNAMENTO
TERZA STAZIONE – La Veronica asciuga il volto di Gesù Dal Vangelo secondo Luca (7,40-­‐50)
«Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di' pure, maestro».
«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari,
l'altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a
tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose:
«Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù:
«Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone:
«Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato
l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha
asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da
quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai
unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo.
Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha
molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi
disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali
cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?».
Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace!».
CANTO D’ACCOMPAGNAMENTO
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QUARTA STAZIONE – Gesù ammonisce le donne di Gerusalemme Testimonianza-­‐ Perdono nella coppia Ci siamo conosciuti nel 1982. Una attrazione reciproca ci ha portati a
frequentarci fino ad arrivare a convivere per circa un anno. Il 12
dicembre del 1983 ci siamo sposati in comune. Dio era lontano dal
nostro orizzonte. Silvana viveva gli epigoni di un feroce femminismo
sessantottino. La mia famiglia da parte paterna viveva un cattolicesimo
lontano da ogni minimo impegno; da parte materna, tutti protestanti,
valdesi, critici verso la Chiesa. I genitori di Silvana persone di grande
dirittura morale ma con una vita di fede senza slanci. Sposarci in
chiesa ci sembrava un controsenso. E’ iniziata una vita di coppia tutto
sommato tranquilla. C’erano, è vero, aspetti dei nostri caratteri che non
aiutavano molto il dialogo di coppia: orgoglio, insicurezze, vanità, il
proprio “Io” difeso con i denti. Passano un po’ di anni e le passioni
iniziali. Il carattere non cambia, inizia un lento allontanamento
reciproco. Senza gesti eclatanti o aperte ostilità si è venuto a creare un
reciproco deficit di amore. Alla ricerca di qualcosa di più mi sono
trovato ad iniziare un rapporto extraconiugale. Silvana nel frattempo
era rimasta incinta del primo figlio. Ho iniziato una vita infernale: la
dissociazione tra i due ambiti affettivi era tale che vivevo una realtà
assurda fatta di finzioni e paure. Pur rendendomi conto della assurdità
e immoralità della situazione, non riuscivo (o non volevo) rinunciare
alla mia vita. Apparentemente Silvana non sapeva; qualche sospetto
iniziale poi fugato. Dopo sei anni è rimasta nuovamente incinta:
gravidanza voluta, lei voleva un altro figlio, io volevo in qualche modo
compensare l’amore che le negavo. Non poteva andare avanti così.
Mi trovavo in Messico per lavoro. Una notte Silvana mi telefona in
albergo: aveva scoperto casualmente la mia relazione. A migliaia di
chilometri di distanza ho sperimentato una tale disperazione, un tale
senso di fallimento e impotenza che mi sembrava di impazzire. La sua
reazione era stata pesante e netta: al mio rientro in Italia ci saremmo
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separati e nel frattempo avrebbe abortito. Un quadro di morte. Ricordo
ancora quella tremenda notte. Non sapevo cosa fare. Mi sono trovato
in ginocchio a pregare Dio senza neppure sapere cosa chiedere. Il
giorno dopo ero insieme a centinaia di messicani nella Basilica della
Madonna di Guadalupe. Io che avevo sempre guardato con irrisione i
devoti della Madonna. Ma qualcosa si era messo in moto sopra le
nostre teste. Silvana sospende per il momento ogni decisione affrettata;
torno in Italia. Anziché lasciarci sbattendo la porta, nasce in noi la
voglia di capire che cosa e perché è successo. Inizia un periodo
drammatico fatto di conversazioni notturne e lacrime. Si ripassa la vita
passata e nasce lentamente un sentimento nuovo: un inarrestabile
processo di perdono. Abbiamo deciso di darci una nuova possibilità di
vita, fatta di un dialogo che prima non c’era. Un nuovo quotidiano ci si
apriva. Ma Dio non c’era ancora. Fatta quella preghiera in Messico non
ci avevo più pensato. Ma Lui ci aspettava. E’ successo tutto nella
Domenica della Palme del ’93: siamo andati contro voglia per far
piacere a una amica devota e un po’ noiosa a messa. Il tempo era
tremendo, pioggia torrenziale e fredda, ma appena varcata la soglia un
caldo senso di accoglienza, Silvana che inizia a piangere, non avrebbe
smesso per tutta la celebrazione. Lacrime di gioia: si sentiva finalmente
a casa, così mi avrebbe detto poi. Io, frastornato, non sapevo cosa
pensare. Tornati a casa in silenzio non ne abbiamo più parlato. Ma la
domenica successiva, Pasqua, siamo tornati in quella chiesa. Iniziava
una vita nuova. La Provvidenza ci aveva fatto incontrare un padre
domenicano il cui convento era vicino all’ufficio di mia moglie. Il suo
accompagnamento ci portava a sposarci finalmente in Chiesa. Era
iniziata la vera vita nuova. Al grande perdono del tradimento, quello
più eclatante, sono arrivati tanti momenti di perdono. Pian piano,
giorno dopo giorno, tanti aspetti della nostra relazione si sanavano.
Essenziale è stata la vita di fede, l’accompagnamento del padre
spirituale. Oltre al perdono tra di noi era necessario perdonare noi
stessi; non solo, il perdono doveva estendersi alla nostra famiglia: una
sera ci siamo trovati a pregare noi e il nostro padre spirituale che
intona un canto ispirato a Isaia 43,1: “non temere perché io ti ho
salvato: ti ho chiamato per nome: tu sei mio”. Non poteva sapere che
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quelle parole erano incise sulla tomba di mio padre, un padre violento
che avevo perso a 15 anni, un padre rimosso dalla memoria mia e di
mia madre tanto dura era stata la vita con lui, ma quella sera ho capito:
Dio si proponeva come padre e contemporaneamente mi chiedeva di
perdonare il mio padre terreno, vittima a sua volta di una catena di
male. Da allora il perdono è parte integrante della nostra vita
personale e di famiglia. Ci chiediamo perdono, noi coniugi con i figli e
i figli con noi e tra loro quando la pazienza ci lascia. Si cerca il perdono
verso chi ci complica la vita, le occasioni, si sa, non mancano; ci si
perdona, sforzandoci di accettare i propri limiti. Tanto ci sarebbe molto
da dire, ma concludo con una curiosità: il nostro matrimonio civile era
stato celebrato un 12 dicembre: giorno di grande festa in Messico: è
l’anniversario della Madonna di Guadalupe.
E’ stato detto…
«Il perdono è veramente il solo modo per dissolvere l’ira e ristabilire la
speranza».
Robert D. Enright, Il Perdono è una Scelta
Dal Vangelo secondo Giovanni (8,4-­‐11)
«Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora
Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu
che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere
motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per
terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro:
«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E,
chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono
uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la
donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove
sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno,
Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non
peccare più». 10
CANTO D’ACCOMPAGNAMENTO QUINTA STAZIONE – Gesù cade per la terza volta Dal Vangelo secondo Luca (15,1-­‐7)
Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I
farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e
mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le
novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la
trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a
casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me,
perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». Io vi dico:
così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che
per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
CANTO D’ACCOMPAGNAMENTO SESTA STAZIONE – Gesù inchiodato sulla croce Testimonianza-­‐ il perdono dei genitori
Quando ero piccola mio padre era il mio idolo. Mamma era troppo
severa ai miei occhi, mentre con lui potevo fare ed ottenere tutto.
Crescendo, mi sono resa conto che mamma c'era sempre nelle
difficoltà, era accanto al mio letto nella malattia, mentre papà mi
concedeva tutto tranne la sua attenzione. Ho capito che lui era un
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adulto rimasto bambino e che io non rappresentavo per lui una figlia,
ma un fratello scomodo che gli rubava l'attenzione della sua
"mamma/moglie", un fratello che doveva mantenere economicamente
a scapito dei suoi interessi e desideri, come un'auto nuova o lo stereo
di ultima generazione. Ma non è questo che ho dovuto perdonare,
tutto questo può fare parte della vita di molti in una società
manipolatoria, che riduce gli adulti a bambini nel paese dei balocchi
per farli consumare beni e ricchezze.
La prova è arrivata quando la
mamma si è ammalata. Ormai
al
quarto stadio del diabete ha
subito l’amputazione di un
arto, ci vedeva poco e
l'arteriosclerosi minava spesso
il
suo umore, anche se non una
parola di rabbia o di ribellione a Dio è mai uscita dalla sua bocca. Chi
non ha saputo resistere è stato papà. Ho scoperto che aveva un'amante.
Ne abbiamo parlato e lui si è impegnato a restare accanto alla mamma
fino alla fine, che si sapeva non troppo lontana. Però, non ce l'ha fatta.
Ha reclamato il diritto di vivere il suo nuovo amore e mi ha lasciato
mamma sulla porta di casa. Fino ad allora lei non aveva sospettato
nulla, anzi, il marito immaturo si era riscattato ai suoi occhi
medicandole le piaghe della cancrena. La disillusione è stata pesante, il
giorno stesso ha avuto un primo infarto, leggero, poi, dopo sei mesi di
sofferenze morali inimmaginabili, le sofferenze di un moribondo cui è
stata tolta la speranza, è morta per un secondo infarto. Qualche ora
prima di morire, mentre le ero accanto in ospedale, mi disse: "Non ce
la faccio più, il dolore che tuo padre mi ha inflitto è troppo grande,
voglio tornare a Dio”. La supplicai di restare, per me, per i suoi nipoti
che la adoravano, per mio marito che le voleva bene come a una
seconda madre, ma non ce la fece.
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La mia prima reazione incontrando mio padre nel corridoio
dell'ospedale fu quella di chiedergli di sparire per sempre dalla mia
vita. Mio marito però mi suggerì di prendere tempo. Mi fece riflettere
sul fatto che la vendetta avrebbe fatto molto più male a me che a mio
padre, il cui animo insensibile non avrebbe risentito troppo del nostro
allontanamento, ora che aveva tutta la libertà che desiderava.
Decidemmo insieme che i nostri figli, che amavano, ricambiati, il
nonno, non potevano ancora capire quanto fosse grande il male che lui
ci aveva procurato. Era meglio aspettare che crescessero e potessero
valutare da soli. E così stiamo facendo. Sorretti dalla nostra fede in
Dio, dall’aiuto dei suoi sacerdoti, con il conforto della comunità e la
gioia di una nuova figlia, abbiamo perdonato senza aspettarci nulla in
cambio, perché mio padre non ha mai capito l'enormità delle sue
azioni, anzi, ogni tanto ci procura nuovi dispiaceri, ci ribadisce il suo
egoismo. Crediamo però che il più sfortunato sia lui, perché non potrà
mai conoscere la felicità che nasce dall'avere compiuto il bene.
E’ stato detto…
«Il perdono è l’ornamento dei forti».
Mahatma Gandhi
Dal Vangelo secondo Luca (22,56-­‐62)
Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo
attentamente, disse: «Anche questi era con lui». Ma egli negò dicendo:
«O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse:
«Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!».
Passata circa un'ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con
lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che
dici». E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il
Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della
parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi
rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
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CANTO D’ACCOMPAGNAMENTO
SETTIMA STAZIONE – Gesù muore in croce Dal Vangelo secondo Luca (23,39-­‐43)
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo?
Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non
hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi,
giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le
nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù,
ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità
io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Filmato di David Maria Turoldo pochi giorni prima della morte
Introduzione
Di fronte alla morte non di rado l'uomo si interroga sulla paura di
essere e di restare solo. Cristo stesso nonostante fosse figlio di Dio alla
fine è stato preso dal dubbio; sul punto di morire ha detto “Dio mio,
perché mi hai abbandonato?”. Ecco perché la morte acquista solenne e
tragica dignità.
Testimonianza di David Maria Turoldo
«Molto volentieri mi presto a dire qualche parola su questo grande
mistero del dolore, della sofferenza, anche se io sono convintissimo che
della sofferenza e del dolore si capisce di più facendo silenzio, che
parlando, perché possiamo accettare il male, dato che il male è insito
ed intrecciato alla vita; il bene e il male sono intrecciati come la vita e la
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morte. Ma il dolore è davvero una cosa eroica, perché il dolore è
veramente disumano.
Questo Cristo al centro del mondo con la sua croce e con la sua
sofferenza che redime il mondo è un aspetto di una enorme positività,
perché io sono convinto che sarà la sofferenza a salvarci, non soltanto
sul piano teologico, ma anche sul piano umano. Senza sofferenza noi
diventeremo dei cinici, degli indifferenti, degli egoisti e la sofferenza,
difatti, è la tribolazione del cervello e perfeziona l'uomo; così diceva
anche Manzoni. La sofferenza è un arricchimento sul piano umano,
tuttavia rimane l'aspetto del disumano. Quindi è come dire che l’
uomo si perfeziona attraverso vie disumane, vie che sono veramente di
una devastazione unica. Ad esempio, in certe notti di dolore ho perfino
capito, ma non seguito, perché sono sempre stato contro ed ho anche
scritto contro questa tentazione, coloro che pensano perfino
all’eutanasia, perché è diverso parlare da esterni e dire: sì, soffri ma
vedrai, coraggio; sono tutte parole di speranza, sono certamente il
balsamo dell'uomo, tuttavia quando si è nel centro della sofferenza,
cari miei, bisogna fare silenzio e basta.
Qual è la risposta di Dio al dolore dell'uomo? La risposta di Dio al
dolore dell'uomo è Gesù Cristo, è solo Gesù Cristo e il resto è assoluto
silenzio. Montale ha tanto decantato questa “divina indifferenza”, ma
non si può assolutamente pensare che Dio sia indifferente al dolore
dell’uomo e sia irrispettoso della sua creazione. La risposta di Cristo è
l’unica risposta di Dio, che viene a condividere il dolore. Ho letto una
poesia che diceva “tu sei venuto a piangere, l’unica cosa che ti
mancava era il pianto. Sei venuto a condividere il pianto dell'uomo”.
Dio ha partecipato, è vicino all’uomo; ecco perché Cristo
è l’immagine di Dio, perché è l'immagine dell'amore che
partecipa alla condizione umana in tutta la sua totalità.
Sono convinto che sperare sia sempre più difficile che
credere, perché tutti credono in qualcuno o in qualcosa,
ma sperare, cari miei, è altro. Tutto il libro di Giobbe è
incentrato sulla speranza e la disperazione, anzi la
disperazione proprio come ultimo
approdo della
ragione. Dobbiamo quindi aiutarci a sperare, che dicevo
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essere la cosa più difficile. Soprattutto in questo momento e in queste
circostanze sarei felicissimo di essere d’aiuto a qualche compagno,
qualche amico fraterno che in questo momento è tentato di disperare.
Ecco, vedete, ho detto anche un Venerdì Santo, che ogni giorno è un
giorno nuovo, ogni giorno è un giorno mai vissuto da nessuno sulla
Terra. Nessuno sa cosa ci riserva il giorno, non sappiamo nemmeno
cosa penseremo questa sera. Pertanto invito sempre a tenere aperta
questa finestra sull'imprevisto, sull’imprevedibile, che potrebbe essere
più positivo di quanto non crediamo. Perciò vorrei essere, in modo
particolare, d’aiuto anche per i più disperati in questo momento, per
dire: aiutiamoci a sperare».
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Prima di baciare il Cristo morto, perché questo gesto sia vero,
recitiamo insieme la “Preghiera per perdonare le persone che ci
hanno fatto soffrire”
Preghiera per perdonare le persone che ci hanno fatto soffrire
Signore Gesù, Tu ci hai insegnato a perdonare sempre,
ogni persona che ci ha offeso.
Tu sai quanta sofferenza ho ancora nel cuore,
ma con il tuo aiuto voglio liberarmi
dal peso del risentimento
e dall’amarezza che ancora permane in me
pensando ai ricordi dolorosi del passato.
Voglio vivere libero da ogni angoscia,
per questo chiedo aiuto al tuo Santo Spirito
che faccia luce nel mio cuore per indicarmi
le persone che ancora non ho perdonato completamente.
Mi soffermo in silenzio lasciando penetrare la Luce divina
perché faccia affiorare i ricordi dolorosi del passato.
Ora voglio consegnarti ... (pensiamo a una persona che ci ha fatto
soffrire),
per rivivere in modo nuovo la situazione
che ancora provoca emozioni negative dentro di me.
Richiamo alla mia mente l’immagine di Gesù che emana
dal suo cuore i raggi rossi del suo preziosissimo Sangue
sparso per me e per la persona che mi ha fatto soffrire.
Gesù, Tu ci ami entrambi,
ed il mio risentimento Ti fa soffrire.
Perdonami, Gesù,
perché in tutto questo tempo
ho conservato nel mio cuore
tanta amarezza nei suoi confronti.
CANTO 17
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