Alfabeti Munariani
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ALFABETI MUNARIANI
Ho conosciuto Munari oltre 30 anni fa e l'ho seguito fino alla sua scomparsa. Le sue tre
regole sono sempre state: conoscere, capire, comunicare. Ecco le sue stagioni
artistiche, da quando, prima della guerra, voleva fare il grafico post-futurista a Milano,
fino alle sue esperienze con i ragazzi, che lo hanno consacrato a livello internazionale.
Nel 1973 Bruno Munari (Milano 24 ottobre 1907, Milano 30 settembre 1998) cercava
disegnatori che scrivessero storie di osservazione reale, non fiabe tradizionali. Al primo
appuntamento mi ero portata una cartella enorme piena di schizzi, tavole stampate e bozzetti di
scena, costumi e personaggi. Non lo conoscevo, mi aprì la porta un folletto dai capelli bianchi e
gli occhi azzurri, sorrideva. «
Ma quanta roba hai portato - disse - se lo
sapevo sarei venuto io da tedi certo non starà sul tavolo... vieni, appoggiala qui in terra, così non cade
».
Mi fece illustrare prima il racconto "Segui la pista di Aldo Buzzi" e poi stampare una storia
originale di Yoe Virus, il gigante di fumo, per la collana Tanti Bambini di Einaudi così
diventammo amici.
LE REGOLE E IL METODO
Le tre regole di Munari sono sempre state: conoscere, capire, comunicare. Sia che trattasse
argomenti legati al design d'arte o alla pianificazione di un progetto, sia che parlasse di
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laboratori creativi, i suoi pensieri erano sempre rivolti ai problemi pratici da risolvere e
interpretare.
Diceva: «L'arte moderna parla la stessa lingua in tutto il mondo; la Pop-art l'hanno capita tutti
perché era il linguaggio pubblicitario degli americani; l'Iper-realismo è la nostra attuale statuaria,
con i personaggi del nostro tempo, ritratti al vero e se sono dei mostri pazienza, servono a farci
riconoscere
».
Amava l'arte cinetica, diceva che era l'unica espressione del nostro tempo in perenne
movimento.
Gli avevo detto di essere stata compagna di classe di Davide Boriani, Gabriele De Vecchi e Grazia Varisco
, i ragazzi del primo gruppo “Miriorama” di Brera e di essere stata amica di Piero Manzoni
, il pittore dei segni, della linea arrotolata e della tessitura della striscia bianca.
Lui non amava gli stili, non amava l'arte antica, parlava di arte concreta, di arte astratta, di
futurismo espressivo, di concetti, di insiemi incoerenti, di giochi, di regole e di casualità.
GIOCARE CON L'ARTE
Ho partecipato alla nascita di "Giocare con l'arte" dai primi laboratori di Brera alle molte
collaborazioni creative in Italia e altrove. Ho frequentato il suo studio per circa 20 anni con
frequenza settimanale o mensile. Il suo metodo è stato vagliato da molti collaboratori, ognuno
dei quali ha esplorato filoni diversi, secondo regole e tecniche suggerite da Munari
e che ognuno poteva interpretare.
Lui sceglieva i suoi collaboratori secondo le loro competenze e capacità e assegnava ad
ognuno un ruolo diverso, in modo che non ci fossero interferenze, né gelosie.
LO STUDIO
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Il suo studio cambiava la disposizione oggettiva secondo le occasioni, forse secondo gli ospiti. Le sue regole erano l'ordine, la pulizia e l'ospitalità. Il suo studio era un modello espositivo
apparentemente casuale, come la “vetrinetta dell'artigianato del mare”, in verità tutto era
organizzato per stupire l'ospite, come spazio inoggettivo modulare, intercambiabile. I suoi libri
erano sempre in ordine in una libreria usata come divisorio di spazio tra il suo tavolo da disegno
e la sua divanetta metallica prodotta dalla ditta Robot. I quadri alle pareti erano sempre pochi,
perchèl ui non si considerava un pittore e non produceva pezzi unici ma piuttosto multipli o
progetti per multipli.
L' ORGANIZZAZIONE
Mi telefonava ogni volta che c'era un laboratorio nuovo da inventare, da programmare, da
diversificare o da verificare. Sono stata la coordinatrice di tutti i suoi laboratori didattico
sperimentali dal 1977 fino al 1995.I pensieri di Bruno Munari erano complessi, ma lui faceva di
tutto per essere capito e per semplificare i concetti base. Tutta la sua vita d'artista coincide con i
modelli culturali di comunicazione e diffusione dell'arte contemporanea.
I PENSIERI DI MUNARI
Bruno Munari era arrivato a Milano subito prima della Seconda Guerra Mondiale con un'idea in
testa: fare l'artista grafico post-futurista, in quanto l'ultimo movimento che aveva visto la luce
proprio a Milano era il Futurismo. Ancora negli anni '80 scherzava su queste sue conoscenze
iniziali con una delle sue battute: «
Io sono uno degli ultimi futuristi del passato
vissuto nel futuro, cioè nel presente
».
Negli anni prebellici, dal '30 al '35, sbarcato a Milano per respirare la libertà di azione dei primi
astrattisti, si era interessato subito di materiali. Nel 1936, eccolo esporre un pannello mosaicato
alla Triennale di Milano, dove figurano le linee direzionali e le forme curvilinee che lo
caratterizzano in molte composizioni per tanti anni.
Sarà un caso, ma le sue ricerche assonanti o dissonanti su forma e linea nello spazio,
dureranno in pratica altri 70 anni. Le sue regole tornano in forma di linea e superficie
organizzate nello spazio, dalle prime macchine inutili di metallo lineare e di plastica alle
successive di forme appese ad aste simili ai giochi di equilibrio giapponesi o alle forme di Calde
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r
.
Ma Munari ha una caratteristica: cambia sempre il concetto base in evoluzioni dinamiche,
anche quando il suo pensiero coincide con quello di altri artisti. Il gioco del cambio delle
dimensioni nelle sue superfici comprende la manipolazione, come nel caso dei reticoli da
appendere, detti
concavo-convesso, pensati negli anni pre e post-bellici. Sembra
che per lui la Seconda Guerra Mondiale non sia esistita, era sfollato in Svizzera...
Quando comincia la sua esperienza grafico pubblicitaria, inventa le prime regole di
composizione alternativa, che verranno poi pubblicate come i primi lettering per i logotipi
Campari. Non a caso dopo si divertirà a scrivere con le lettere ritagliate dai giornali, a sovvertire
le regole di percezione, grande e piccolo insieme, minuscolo e maiuscolo, stretto e largo, diritto
e curvo. Lo stesso dicasi per le regole dei segni da scoprire tramite i disegni degli artisti
illustratori. "Ogni artista ha il suo segno, ogni segno nasce da uno strumento diverso e da un
gesto personale dell'artista
".
Munari reinventa i segni della natura tattile, i segni delle forme delle cortecce che si possono
recuperare a frottage, per lui le impronte sono segni organici, anche quando si ricavano dai
materiali a rilievo industriali. Le sovrapposizioni lineari sono tratti di matita gestuali, come
scritture personalizzate. Ogni artista ha il suo segno... Le maglie metalliche o plasticate, le reti
prodotte dall'industria sono segni da scoprire e trasformare in forme inoggettive e creative, per
usi diversi.
Da funzioni e uso come nel design della lampada a rete, o dedicati al caso, come nei concavi
convessi dove la cosa importante è l'ombra e non la luce, che ci rivela già il concetto dei suoi
negativi-positivi, come sopra e sotto, dentro e fuori.
Munari artista pedagogista gioca a produrre oggetti inutili e libri illeggibili astratti, con pagine
tagliate bicolori già prima degli anni '50. Si dedica anche ai bambini con la prima serie di libri
Mondadori, tra cui voglio ricordare "
Mai contenti" e “Toc, toc, chi
è?
”. Il primo
serve a far ridere i bambini dei loro sogni impossibili e perciò a ragionare, con una sorta di
filosofia anarchica.
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Forse i suoi primi pensieri da pedagogista iniziano con i libri insoliti per bambini degli anni 70, di
versi dalle solite storie di stupidi principi azzurri che vanno a cavallo, come “
Cappuccetto Verde
”, poi seguito da tutti gli altri “
Cappuccetti
” a colori, fino a Cappuccetto bianco, che non si vede, come per caso. Ma la collana più bella di
Munari è "tanti Bambini " del 1973/74 di cui con Einauidi stampa circa 50 esemplari di autori
diversi, noti e notissimi come Rodari, quasi noti come Lastrego Testa o Pino Tovaglia e
totalmente sconosciuti come Marielle Muheim e Coca Frigerio . Ogni libretto ha un costo al
pubblico di 600 lire e si vende subito ma non ha seguito perchè sia il distributore che il venditore
guadagnano troppo poco, non li espongono e non li reclamizzano, anche il cofanetto dura poco.
I suoi Laboratori didattici
Con le sue prime tavole tattili ribadisce il concetto che diventerà sensorio nei laboratori per non
vedenti del 1982 e in seguito nei Lab Lib, laboratori sensori al Museo Pecci di Prato.
Nei laboratori alla Pinacoteca di Brera del 1977 e al Museo Internazionale delle ceramiche e
delle porcellane di Faenza non accetta di esaminare la simbologia antica, né la filosofia
pedagogica, perché per lui non esiste un confronto metodologico di lettura dell'arte pittorica del
passato, ma una cultura del dialogo e dell'osservazione dell'opera d'arte aggiornata. Il passato
pittorico più antico che lui riconosce è il Divisionismo, in quanto primo riscontro della percezione
dei tre colori base e lettura di una sorta di tricromia da stampa, argomento che conosce
benissimo.
Nei riferimenti storici e culturali della scultura di tutte le epoche salva soltanto la dimensione
spaziale del decoro architettonico, però insegna a tutti a progettare con carta, cartone, fili, colla,
forbici. La forma struttura è la sua scultura, il designer di materiali poveri, l'abitacolo, le carte dei
suoi giochi come "I labirinti", sono le sue architetture.
I LIBRI E IL PROGETTO DIDATTICO CREATIVO
Il Comune di Genova gli conferisce la "Laurea ad Honorem" per la progettazione nel 1985. La
sua ricerca grafica diventa di tipologia un po' giapponese con il libro sul disegno dell'albero, le
impronte a timbro per disegnare le foglie dell'albero, le maschere a tratto contorno simmetrico e
i fori oculari dal titolo "
Guardiamoci negli occhi
" e il libro dei falsi Ikebana, dal titolo "
Un fiore con amore
”e“
Da lontano era un'isola
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”, un libro nato sull'osservazione dei sassi in Liguria, dove andava in vacanza
Quando la ditta Ranx Xerox chiede a diversi artisti di provare a comporre stampe con tecniche
diverse, Munari arriva con alcune foto, esegue le prime fotocopie
ferme, poi sovrapposte e poi le muove sotto la luce. Così sovverte l'uso e le regole in favore del
suo gioco d'artista e crea le "Xerografie originali". L'artista deve andare contro le regole
imposte, è vietato vietare.
Munari viaggia e pensa, arriva in uno squallido albergo dove non ci sono segni d'arte e
compone la sua prima scultura da viaggio: basta un cartoncino piegato, due tagli e il pezzo è
fatto. La sua velocità di pensiero è fulminante, ogni luogo è fonte di ispirazione, vede delle
posate di metallo duttile, le guarda e per divertimento piega le forchette come le dita di una
mano, poi le regala al padrone del ristorante a New York, che le espone. Ma l'idea è sua e
pubblica i prototipi come sculture di design con multipli numerati, avviando un dialogo
concettuale di arte povera estratta da un prodotto industriale manipolato a mano
sculture da viaggio
Le sue prime sculture da viaggio sono simmetriche, fatte di cartone, tagliate per metà con una
sottile incisione per poterle rivoltare e appoggiare a libro. In seguito diventeranno sculture in
movimento di tipo futurista in azione visiva a comando con un motorino di avviamento. Solo
negli ultimi anni una gallerista di Trieste le trasformerà in formato scultura di ferro di grande
dimensione. Per giocare alle strane identità, in laboratorio diventeranno maschere astratte,
Marziani per caso, pubblicate da Corraini edizioni, disegnate a pennarello al tratto, con due fori
al posto degli occhi.
artista e pedagogista
Ma perché un artista inventa prodotti d'arte, multipli, fa progetti didattici, laboratori in spazi
museali, scolastici tiene conferenze di valore filosofico pedagogico? Perché è un artista attuale
e pertanto gli vengono riconosciuti dei meriti sociali allargati alla comunità e alla comunicazione.
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IL METODO CREATIVO DIDATTICO E IL LAVORO DI GRUPPO
Munari veniva pagato come artista progettuale e a sua volta si avvaleva della consulenza
tecnica di altri insegnanti, direttori scolastici come Nino Belgrano, per la parte
pedagogica secondo l'età dei ragazzi, artisti e designer come Piero Polato
per progettare i tavoli e gli arredi. Gli stessi arredi furono inseriti oltre che nel 1977 per
l'esperimento a Brera, anche alla scuola Beltrami dove insegnavo educazione artistica e al
museo delle ceramiche di Faenza con varianti per la struttura delle tavolette ceramiche. In
seguito altri arredi furono progettati e resi esecutivi da
Marco Ferreri,
in diverse occasioni da Palazzo reale a Milano nel 1988 a Prato presso il museo Pecci un anno
dopo, solo negli ultimi anni subentrò
Piero Finess
i come collaboratore design. Naturalmente Munari era ormai conosciuto in tutto il mondo,
dall'America era stato invitato a Tokyo a collaborare alla parte didattica del grattacielo per
bambini.
«Prima regola da osservare è l'osservazione»
Già dagli anni '50 nascono per Munari le ricostruzioni teoriche di oggetti immaginari che sono
ancora segni, ma scomposti in forme linea, di carta ritagliata o strappata e incollata insieme a
pentagrammi di note casuali, unite da tratti improvvisati dalla velocità del gesto. Questi disegni
guardati adesso da un occhio esterno preludono alle ricerche successive dei laboratori, come
tecniche di segni misti per sperimentare regole compositive di giochi casuali.
«Per stimolare la memoria visiva e la ricerca delle intenzioni creative, la prima regola da
osservare è l'osservazione », mi diceva prima di organizzare i laboratori con giochi di grafica ef
rottage
.
Tutto serve prima o poi, basti pensare alle funzioni del gioco di informazione e comunicazione.
In diverse occasioni abbiamo trattato e inventato nuovi alfabeti estratti dalle sue "scritture
illeggibili di un popolo sconosciuto
".
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Alta tensione
I modelli di alta tensione, fatti di veri rami legati in tensione con appoggi voluti sono difficili da
portare in laboratorio e non sono mai stati sviluppati, ma Enrico Mussani, botanico e assistente
di tanti laboratori lo aiutava a cercare i rami resistenti e flessibili adatti ad essere composti,
legati in strutture complesse e in tensione stabilizzate. Il concetto rientra nel genere delle
macchine inutili organiche.
I SEGNI E LA GRAFICA
I laboratori ispirati alla lettura dell'opera d'arte sono stati sempre considerati come premesse
alla comprensione dell'arte contemporanea. Per Munari ogni opera d'arte per complessa che
appaia è suddivisibile in manufatti eseguiti con uno strumento e un intervento personalizzato
gestualmente L'intervento si può classificare con strumenti diversi che producono segni,
textures, impronte.
Le tecniche
L'importanza delle tecniche varia secondo i laboratori. Il segno in prospettiva può essere
applicato per la comprensione del divisionismo come per l'impressionismo, il segno del pennello
o del pennarello, insieme all'uso della tempera o delle cere ad olio cambia la prospettiva del
colore. Per semplificare questa osservazione Munari usava il termine lontano vicino. Si
intendeva per lontano il colore dato con pennellate lievi, con colori freddi o con appoggi e
impronte di scarsa percezione visiva, mentre il senso del vicino viene accentuato dai segni
contorno forti, da impronte e colori complementari e accentuati gestualmente. Naturalmente
ogni ricerca cromatica ha la sua gamma
Le tecniche miste e la scenografia
La pittura di scena è un classico riferimento analogo alle ricerche attuali per la percezione
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visiva, prima dell' Iperrealismo di epoca contemporanea esisteva la pittura di scena da cui il
termine trompe l'oeil che riguarda il lontano-vicino delle installazioni teatrali o gli interni d'arredo
di memoria antica. Per ottenere gli effetti teatrali di realismo si sono sempre usate tecniche
miste in tutte le epoche. Dalle tele dipinte ai collage di vari materiali, agli assemblage di pezzi di
arredo veri, tagliati e mescolati insieme a drappeggi, a quinte sceniche, ad altri artifici come le
luci e i colori.
Le tecniche creative e la luce
Munari parlava spesso di assemblage e pur non conoscendo a fondo i trucchi di scena sapeva
applicare le luci e sperimentava la frequenza e la velocità delle luci bianche e complementari. Il
design si alternava al pittore di scena come conoscenza dello spazio e degli effetti luce e
suono. Infatti riuscì a esperimentare diverse installazioni di suoni e luci cromatiche per
spettacoli unici
IL METODO E LE APPLICAZIONI IN SCENA DI LELE LUZZATI
Il contesto storico culturale dello scenografo Lele Luzzati è in parte simile, come varietà di
intenti, nella grafica e nella ricerca di regole e tecniche sempre nuove di progettazione agli
intenti di Bruno Munari. Anche L
uzzati
si è rivolto in tarda età ai giovani con esperimenti di laboratori attivi, anche Luzzati
ha scritto storie, illustrato fiabe e inventato giochi didattici, programmato e condotto laboratori
per adulti e bambini. Anche Rodari scriveva e disegnava, inventava giochi di parole, testi
teatrali, non sense e sapeva divertirsi e divertire adulti e bambini.
I fattori di sviluppo culturale, ricorrenti nelle regole d'arte di Munari e nei suoi apparenti giochi
casuali, precedenti alla progettazione dei laboratori, si possono far risalire in origine alle
esperienze di un gruppo di artisti milanesi con cui Munari
aveva avuto contatto: il MAC, Movimento di arte concreta e programmata.
Ma l'invenzione di Munari è stata la definizione di "arte Programmata", con cui intendeva
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definire le arti come mestiere e la loro diffusione. Un concetto moderno di riproduzione
dell'immagine come la stampa su tela, su legno, su metallo era arte programmata; la definizione
del multiplo, oggetto riproducibile, era arte programmata; quasi tutto il design e forse anche i
moduli riproducibili in grandezze diverse erano arte programmata, anche nel senso più ampio
progettuale della diffusione.
Perciò anche i laboratori sono stati pensati da Bruno Munari, artista eclettico e pedagogista
concreto, come progetti di una possibile diffusione didattica. Adatti ad ogni ambiente e
trasformabili, programmati e da programmare con tematiche tecniche e artistiche a richiesta. «Sbaglia chi pensa di mettere in gabbia
il popolo creativo originato da Bruno Munari»
Attualmente il nuovo gruppo A.B.M, rifondato dal figlio Alberto Munari, dopo la morte
dell'artista, si propone altri obbiettivi, quale la fondazione di un Master, obbligatorio per ottenere
tutte le informazioni di carattere epistemologico e pedagogico che l'organizzazione di un
laboratorio comporta nel suo sviluppo metodologico didattico.
L'eredità di Bruno Munari era ed è soprattutto una scuola di pensiero, un riconoscimento di
valore creativo che non può essere trattato come una merce di scambio reale o virtuale.
Conoscere, capire e comunicare non è un metodo a formula chiusa ma una filosofia di vita. Non
si può mettere in gabbia o controllare il popolo creativo originato da Bruno Munari e dai suoi collaboratori.
Io stessa sono stata invitata a frequentare il Master in metodologia Munariana sistematizzato
dal figlio e dal suo gruppo, quello appunto che si attesta come un nuovo marchio di fabbrica del
metodo creativo di Bruno Munari. Avendo rifiutato di frequentarlo, ed essendo quindi
sprovvista del “nuovo titolo” mi è perfino capitato di perdere qualche contatto di lavoro già
avviato.
Dopo trent'anni di esperienza di progettazione e conduzione di laboratori, dopo decine di corsi
di formazione professionale e centinaia di laboratori dimostrativi in scuole, musei e istituti d'arte,
dopo circa venti libri pubblicati sulle regole e le tecniche creative di Bruno Munari, credo di
avere ancora qualche cosa da dire e da dare pur senza cattedre e riconoscimenti ufficiali. Sono
stata comunque invitata tre volte a San Paolo in Brasile come artista pedagogista e erede
creativa di Bruno Munari.
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Il prossimo libro immagine che ho progettato con la collaborazione di Alberto Cerchi, dal titolo
"la città in scena verrà presentato dalla casa editrice " artebambini "con un nostro laboratorio
dimostrativo, alla fiera del libro di Roma. Seguirà un altro manuale tecnico creativo edito dalle
edizioni Corsare dal titolo "giocare al teatro in classe", utile agli educatori per sperimentare e
mettere in scena a scuola moduli adatti al teatro di figura e per ragazzi, con disegni e facili
spiegazioni. di Coca Frigerio
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