L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
ANDREA CHÉNIER
Dramma di ambiente storico in quattro quadri
Musica: Umberto Giordano
Libretto: Luigi Illica
Prima rappresentazione:
Milano, Teatro alla Scala
28 marzo 1896
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
ANDREA CHÉNIER
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento disponibili presso la Biblioteca del CRAL o reperibili presso
altre biblioteche:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Umberto Giordano, Andrea Chénier, Torino: Teatro Regio,
stampa 2003
- Daniele Cellamare, Umberto Giordano, Fratelli Palombi
Editori, stampa 1967, pagg. 60-85
http://bct.comperio.it
- Gherardo Ghirardini, Umberto Giordano, in: Giuseppe
Barigazzi (a cura di), Grandi operisti italiani, Periodici San
Paolo, 1996
http://sbam.erasmo.it
- Daniele Cellamare, Umberto Giordano, Fratelli Palombi
Editori, stampa 1967
http://bct.comperio.it
- Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, 2011, pagg.
131-134
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, 1991,
pagg. 449-451
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol. III,
1986, pagg. 208-210
IL PERSONAGGIO STORICO:
- André Chénier, Gli altari della paura, Sellerio, 1984
- André Chénier, Poesie, Einaudi, 1976
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ALL’INIZIO
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Umberto Menotti Maria Giordano
Connotano la figura di Ludovico Giordano, padre del futuro musicista, i nomi dati al secondogenito dei suoi cinque figli:
“Umberto: nome in omaggio all'allora Principe Ereditario ventitreenne, primogenito di Vittorio Emanuele II, salito al trono col
nome di Re Umberto I e passato alla storia coll'appellativo di Re Buono;
Menotti: nome a ricordo del valoroso generale Garibaldi, figlio dell'eroe dei due mondi;
Maria: nome a devozione della Protettrice di Foggia, Santa Maria dei Sette Veli.” (1)
Umberto Giordano e la sua Foggia
►“Il giornale «Il Nazionale» di Foggia, nel numero 19 del 7 luglio 1882, così […] dava notizia” dell’assegnazione a Umberto
Giordano del posto di interno presso il Collegio di Musica S. Pietro a Maiella a Napoli:
“« Con sommo piacere rileviamo che nel Concorso tenuto al Collegio di Musica S. Pietro a Maiella in Napoli il 24 giugno, tra i
nomi degli approvati che meritarono il posto gratuito, è segnato - per composizione - il giovinetto Umberto Giordano di
Ludovico, di anni 14, da Foggia.
Noi ce ne rallegriamo di cuore con l'egregio giovanetto nostro concittadino; e siamo sicuri che continuando a studiare farà
onore alla sua patria »” (1)
Va peraltro detto che Giordano ottenne “con le sue sole forze il posto di «interno», in seguito al diniego di un sussidio da parte
del Consiglio provinciale della sua città”. (2)
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(1) Daniele Cellamare, Umberto Giordano, Fratelli Palombi Editori, stampa 1967
(2) Gherardo Ghirardini, Umberto Giordano, in: Giuseppe Barigazzi (a cura di), Grandi operisti italiani, Periodici San Paolo, 1996
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Umberto Giordano e la sua Foggia
►“Umberto Giordano […] fa una capatina nella sua Foggia, non più come giovincello e studente di Conservatorio, ma come
operista con tanto di crisma: viene invitato per essere festeggiato nelle sale del Circolo «Dauno », sovrastante il Teatro
omonimo, incontro dei Cittadini in vista, e, come sempre avviene, è pregato insistentemente - attorniato da una folla di
estimatori e di amici e di personalità in preda a entusiasmo infuocato - di fare sentire le migliori «arie» di Mala Vita al piano.
Egli, prima recalcitrante, come era nel suo carattere, finì con l'aderire […].
Alle note finali dié tutto l'animo e quando pensa di vedersi subissato di applausi, di evviva, di osanna e di ... abbracci, resta
agghiacciato da un silenzio mortificante.
Che sarà mai? - pensa.
Forse nella mia terra la mia musica non piace ...
Alza gli occhi dalla tastiera ... accenna ad alzare la testa per vedere in faccia coloro che gli erano più da presso, ma ... - ahimé! –
nessuno intorno a lui di quanti si erano accalcati prima.
Gira il capo, si accorge che tutti sono negli angoli del salone, alle prese con un incatenante «tressette»; si sente esterrefatto ...,
fa scivolare il cappello dal pianoforte nelle sue mani, e mogio mogio, inosservato, si precipita per le scale.
Quelli continuarono a giuocare a carte.
L'avvilito giovane si porta a casa Capozzi [dov’era ospite, ndr], in fondo a Via Arpi, vede la Signora al balcone, incinta, e,
appressandosi, piega le braccia, in conserto, e sentenzia:
«Signora, su quel nascituro , fra me e Foggia, finisce ogni rapporto... ».
E fu un giuramento non campato in aria, se è vero come è vero che si tenne lontano, in tutti i modi, per ben 36 anni!” (1)
►“Indubbiamente è guerra e sgelare la situazione costerà non poca fatica, per non dire del tempo. L'interessamento di un
uomo politico locale […] riuscirà a strappare al maestro una specie di armistizio, ma la vera e propria pace verrà raggiunta solo
nel 1928, esattamente trentasei anni dopo. Sarà infatti l'inaugurazione del monumento ai caduti da parte di re Vittorio
Emanuele III a consentire al compositore di riconciliarsi con la propria città, rivedendo con commozione i luoghi della
giovinezza. E non basta. Una spettacolare fiaccolata suggellerà l'evento «a suprema gioia» del musicista che con orgoglio è
ritornato a sentirsi foggiano.” (2)
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(1) Daniele Cellamare, Umberto Giordano, Fratelli Palombi Editori, stampa 1967
(2) Gherardo Ghirardini, Umberto Giordano, in: Giuseppe Barigazzi (a cura di), Grandi operisti italiani, Periodici San Paolo, 1996
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La prima abitazione di Umberto Giordano a Milano
“Per lavorare accanto ad Illica, Giordano decide di trasferirsi da Napoli a Milano “e va ad abitare vicino a lui, al n. 39 di Via
Bramante, pauroso e tetro abituro. […]
Non tutti sanno che il compositore trovò dimora in fondo al cortile di un vasto piano terra adibito a deposito di attrezzatura
funebre, di proprietà di uno scultore che si dedicava alle tombe.
Lo stanzone è spaventoso coi suoi sarcofaghi, le sue lapidi, le sue croci di marmo e le sue lugubri lampade […].
Giordano pur di essere nella stessa casa ove abitava l'Illica, […] si era adattato in tale lugubre locale senza pavimento, con una
sola sgangherata finestra che dava sul cortile e con le ragnatele negli angoli e nel soffitto.
Vi fece collocare un lettino, una stuola [sic] di paglia, una tavola, una lampada a petrolio, alcune sedie, la bagnarola di zinco, un
bacile con brocca e un pianoforte verticale: e così ... lo studio era bell'e fatto!” (1)
Verdi “sponsorizza” Giordano presso il futuro suocero
Giuseppe Verdi “ su richiesta di parere del padre di colei su cui il Foggiano aveva posto l'infallibile occhio, ebbe a dire - dopo
avere esaminato la partitura [dell’Andrea Chénier, ndr] - che nei panni dell'industriale non avrebbe pensato due volte per dargli
la figliuola.
Al 18 novembre successivo (1896) il musicista consacrato genio saliva l'Altare a fianco di Olga Spatz, di colei cioè che nella
fulgida sera scaligera del. 28 marzo, da un palco di prima fila, elegantissima e bellissima applaudiva come semplice spettatrice
allo ignoto e sbalordito autore.” (1)
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(1) Daniele Cellamare, Umberto Giordano, Fratelli Palombi Editori, stampa 1967
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Chi era André Chénier?
Poeta francese nato a Costantinopoli nel 1762 e morto a Parigi nel 1794, “ visse a Parigi in un ambiente aperto alle idee
illuministiche del tempo. Partecipò attivamente agli inizi della rivoluzione, poi, disgustato dagli eccessi del Terrore, ne denunciò
con coraggio gli errori; imprigionato e condannato, morì sulla ghigliottina a 32 anni, due giorni prima della caduta di
Robespierre. Noto, prima della morte, solo per la sua attività politica (di lui non si conoscevano che articoli di giornale, alcuni
pamphlets e pochi versi didascalici), Ch[énier] lasciò un'opera poetica frammentaria, raccolta e pubblicata per la prima volta nel
1819. […]
Nella poesia di Ch[énier] i romantici credettero di scorgere i primi segni del risveglio poetico che avrebbe caratterizzato il sec.
XIX. In realtà, la lirica di Ch[énier] costituisce uno dei vertici della stagione neoclassica europea.” (1)
André Chénier incontra Vittorio Alfieri
“Egli [André Chénier] ascolta una volta, in un salotto di Parigi, il conte Vittorio Alfieri, che legge ai suoi ospiti il trattato Del
principe e delle lettere. Ne nasce una bella amicizia: il già celebre drammaturgo piemontese intuisce la genialità del suo giovane
ammiratore […]. Le parole del grande tragico accendono nel poeta francese una grande fiamma: quella condanna di una
letteratura 'mecenatesca' e, di fatto, asservita al potere corrisponde a un suo profondo convincimento, quell'idea che il poeta e
il letterato abbiano il compito supremo di difendere gli umani diritti e gli ideali di giustizia e libertà esalta nel suo animo
un'antica e nobile ispirazione[…] .Se Chénier più tardi si batterà per i suoi ideali libertari contro la faziosità giacobina sino al
sacrificio della vita, ciò sarà anche per effetto dell'insegnamento alfieriano, un insegnamento quindi che non fu solo letterario
poiché lasciò una traccia concreta e incise sugli eventi.
Quando nella sua ultima lirica, il 'giambo' «Comme un dernier rayon ...» (Come un ultimo raggio ...), scritto forse negli ultimi
istanti di vita, poco prima cioè che i suoi carnefici lo conducessero alla ghigliottina, Chénier rivolse le sue accese parole prima
alla libertà e alla giustizia, poi alla sua penna come all'unica arma di cui potesse far uso («ho fatto di mia penna arma feroce ...»,
canterà il poeta nel libretto di Illica), il lettore italiano avverte in quelle parole l'eco vibrante di quanto André ha udito, in
merito ai compiti ideali della poesia, dalla bocca del poeta italiano.” (2)
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(1) Enciclopedia della letteratura, Garzanti, 1999
(2) Lionello Sozzi, La poesia di Chénier: martirio, speranza, memoria in Umberto Giordano, Andrea Chénier, Torino: Teatro Regio, stampa
2003
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Il primo interprete di Andrea Chénier
“Stabilite la scelta degli artisti e la data delle prove, il tenore Alfonso Garulli (1866-915), col chiodo nel cervello
dell'«irrapresentabilità » e preoccupato di essere trascinato in un eventuale fiasco, se la squaglia senza curarsi minimamente di
mettere allo sbaraglio il povero autore in affanni. […]
[Ora] si trattava di imbattersi […] in un cantante che avesse veramente il coraggio di affrontare un'opera nuova in un ambiente
ostile: dove trovarlo? […]
Il 10 marzo, cioè soltanto 18 giorni prima dell'andata in iscena, librettista e musicista passeggiano su e giù per la Galleria,
ricapitolando il gesto di quel tenore fuggiasco, quando Illica ha una esclamazione improvvisa:
- To', c'è qui Borgatti! E' l'uomo che fa per noi; è stato già fischiato di recente e non avrà paura di essere fischiato ancora ...
Parlano.
Giuseppe Borgatti (1871-1950), giovane artista squattrinato e disoccupato, reduce dalla Russia, gira per le vie di Milano in cerca
di scritture: il compositore Giordano è alla ricerca di un tenore e il tenore Borgatti chiede ai quattro venti un operista e
un'opera: ecco l'inaspettato e veramente miracoloso incontro! […]
Il Teatro «Alla Scala » la sera del 28 marzo 1896 rigurgitava di spettatori, gli uni forse scettici per i disastrosi spettacoli
precedenti , gli altri ansiosi di sentirsi ripagati delle delusioni che quella Stagione lirica aveva fino allora procurate. […]
E' l'ora del tenore: egli si avvicina a Giordano e gli sussurra:
- Maestro, se non scuoto il pubblico con l'« Improvviso» siamo finiti!
Seppe avere il termometro del momento: entrato in iscena, bellissimo, aitante nella persona, altero, con la sua splendida
chioma spiovente, attacca con baldanzosa e centratissima voce l'Improvviso «Un dì all'azzurro spazio…….pioveva l’oro il sole »...
Un attimo ed è la gloria, la celebrità!” (1)
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(1) Daniele Cellamare, Umberto Giordano, Fratelli Palombi Editori, stampa 1967
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6/6
A proposito del tenore Giuseppe Borgatti, primo Chénier
"Stavo dunque osservando il quadro della pittoresca vita che mi si svolgeva d'intorno [ndr: nella Galleria Vittorio Emanuele di
Milano], quando incontrai il poeta Luigi Illica. Battendomi una mano sulla spalla, egli esclamò esultante: «Finalmente ecco qui
l'Andrea Chénier». Illica parlava come se io fossi stato già al corrente della cosa, mentre ignoravo perfino di che si trattava. Né
mi fu possibile di dire una sillaba, perché il poeta parlava sempre lui, con una tale foga ed un tale entusiasmo, propri di chi ha
fatto una grande scoperta.
Morale: avrei dovuto imparare la nuova opera al più presto, perché essa - per mancanza del tenore - minacciava di non poter
essere varata, richiedendo una particolare interpretazione.
- E dove la daremo ? domandai a Illica.
-Alla Scala, mi rispose
Ebbi uno scatto: gli strappai quasi di mano il libretto e via, a studiare il ‘Chenier’ [sic]. Sei ore dopo sapevo lo spartito a
memoria.” (1)
“Andrea Chénier” a Torino
“Il Regio fu il sesto teatro italiano a ospitare Andrea Chénier, che al suo arrivo in città, la sera del 27 dicembre 1896, contava
appena nove mesi di vita. Opera inaugurale della stagione 1896-1897 […], la sua presenza nel cartellone torinese, e per di più in
una posizione di prestigio, fu ovvia e diretta conseguenza del fortunatissimo battesimo scaligero . […]
«Il successo generale dell'opera, è d'uopo notarlo subito, non fu grandissimo, e rimase lungi da quell'entusiasmo con cui a
Milano e altrove l'Andrea Chénier fu accolto e salutato dal pubblico: tuttavia può dirsi buono e, per l'autore, soddisfacente».
Così Carlo Bersezio [su La Stampa], […]all'indomani della prima rappresentazione torinese”. (2)
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(1) Giuseppe Borgatti, La mia vita di artista - Ricordi e aneddoti, L. Cappelli Editore Bologna, 1927
(2) Valeria Pregliasco, Colpito qui m’avete. «Andrea Chénier» a Torino, in Umberto Giordano, Andrea Chénier, Torino: Teatro Regio, stampa
2003
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TRAMA
1/2
L'azione si svolge in Francia, nella signoria dei conti di Coigny nel 1789 e a Parigi nel 1794.
Quadro primo.
Nella serra del castello dei conti di Coigny si stanno ultimando i preparativi per una festa imminente.
Il servo Gérard sta lavorando, e intanto ripete il suo odio per i padroni (dei quali salva solo la contessina Maddalena della
quale è segretamente innamorato) e compiange il vecchio padre che è costretto da sessant'anni a lavorare umilmente per
quella gente. Arrivano gli invitati, tra gli altri Fléville, Andrea Chénier, l'abate. Quest'ultimo porta le ultime, poco confortanti
notizie da Parigi, ma la compagnia subito cerca distrazione in Fléville, che presenta il suo romanzo. Poi tocca a Chénier
poetare ed egli recita un inno all'amore e alla patria (Un dì all'azzurro spazio), nel quale introduce sentimenti di
disapprovazione per l'ingiustizia del clero e dei nobili nei confronti della classe diseredata. Egli si rivolge poi a Maddalena dalla quale è stato particolarmente colpito - e la invita a non disprezzare la poesia e l'amore. Hanno inizio le danze, interrotte
dall'ingresso di una schiera di pezzenti che chiede la carità, fatti entrare da Gérard. La contessa li fa allontanare
immediatamente e caccia Gérard. Questi se ne va, trascinando con sé il vecchio padre. Riprende subito la gavotta interrotta.
Quadro secondo.
A Parigi, la terrazza del Feuillants e il Caffè Hottot.
La rivoluzione è compiuta. Siamo all'epoca del Terrore. Chénier è caduto in disgrazia presso il governo rivoluzionario ed è
tenuto costantemente d'occhio da un Incredibile, un inviato di Gérard divenuto un capo. Chénier riceve strane lettere da una
sconosciuta che chiede protezione e aiuto. Intanto l'amico Roucher consiglia a Chénier di fuggire, ma egli rifiuta, vuol prima
conoscere la sconosciuta che gli scrive. La incontra poco dopo e scopre trattarsi di Maddalena, che ha perso la madre e vive
nascosta. I due si innamorano l'uno dell'altra, ma Gérard viene informato dall'Incredibile e, sempre invaghito della sua ex
padrona, li sorprende insieme. Gérard e Chénier si battono. Chénier ferisce Gérard. Ma questi lo esorta a fuggire e a
proteggere Maddalena. Poi, quando verranno a soccorrerlo, dirà di non conoscere chi lo ha ferito.
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TRAMA
2/2
Quadro terzo.
Il tribunale rivoluzionario.
Un anno dopo, l'Incredibile comunica a Gérard di aver catturato Andrea Chénier. Ora egli dovrà redigere l'atto di accusa. Vinto dai
sentimenti di gelosia che si agitano in lui, dopo qualche esitazione Gérard scrive e firma (Nemico della patria).Sopraggiunge Maddalena,
sconvolta, che lo cerca: è disposta a offrirsi a Gérard pur di salvare Andrea. Chénier si difende in tribunale e anche Gérard, pentito, lo
aiuta dichiarando di aver scritto il falso. Ma le accuse vengono fatte proprie dall'accusatore pubblico e Chénier è condannato a morte.
Quadro quarto.
Il cortile delle prigioni di S. Lazzaro.
Gérard ha fatto di tutto per salvare Chénier, ma senza successo. Il poeta si prepara ora, nella prigione di San Lazzaro, a morire,
componendo i suoi ultimi versi. Arriva Maddalena accompagnata da Gérard: ella offre al carceriere denaro e gioielli perché le permetta di
sostituirsi a una giovane condannata, alla quale consegna il suo lasciapassare.
I due amanti salgono insieme sulla carretta fatale. La forza del loro amore li rende sereni di fronte alla morte. Gérard singhiozza
disperatamente.
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da: Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, Arnoldo Mondadori Editore, 1991
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