www.deep.cvbf.net
www.deepproject.eu
In Italia vivono circa 6.000 talassemici. Persone che hanno diversi problemi
di salute in comune, ma che vivono la malattia in maniera differente
tra loro. Infatti, essendo le talassemie diverse per tipo, gravità, esigenze
terapeutiche, sensibilità ai ferrochelanti, ogni paziente ha il diritto di
conoscere cosa è più importante nella sua specifica situazione e imparare
a gestire nel quotidiano i piccoli e grandi problemi di ogni giorno.
Infatti è stato dimostrato già da anni che la buona ‘compliance’ al
trattamento, ossia la precisione con cui ogni persona applica il proprio
piano di terapia, è la via più importante per migliorare le proprie condizioni
cliniche ed avvicinarsi sempre più al traguardo della guarigione!
Questo traguardo, da sempre ritenuto possibile dalla Fondazione
Giambrone, che appunto si chiama Fondazione per la guarigione dalla
talassemia, oggi è sempre più vicino.
Dopo le guarigioni ottenute con l’utilizzo del trapianto di midollo o di
cellule placentari, oggi si guarda con sempre più speranza alla terapia
genica che potrà essere usata anche laddove il trapianto non è
applicabile o consigliabile.
Nel frattempo che fare? È necessario mantenere l’organismo nelle
migliori condizioni possibili evitando le complicanze e la progressione
della malattia, utilizzando al meglio tutte le terapie disponibili a seconda
delle proprie personali esigenze seguendo il criterio di personalizzare la
terapia perché risulti ottimale.
Raggiungere questi obiettivi è compito del medico e della struttura
sanitaria così come del paziente. Continuità della cura, patto
terapeutico, ‘empowerment’, ossia capacità di influenzare le decisioni
mediche da parte del paziente, sono tappe fondamentali di questo
percorso. Esse si basano sulla conoscenza, sulla trasparenza delle
informazioni, sulla disponibilità di strumenti per accedere in maniera
critica e scientificamente corretta ai risultati della ricerca.
A questi risultati contribuisce anche il progetto DEEP, il quale è finalizzato
a rendere accessibile per tutti i bambini una nuova formulazione di
deferiprone (Ferriprox®) in sciroppo.
Obiettivi e metodologia
Il progetto informativo, sviluppato dalla Fondazione per la Ricerca
Farmacologica Gianni Benzi Onlus, si pone l’obiettivo di favorire la diretta conoscenza da parte del paziente dei numerosi problemi connessi
alla cura della malattia. Esso non si propone di dare informazioni di tipo
generale già disponibili in altre pubblicazioni e fonti (incluso il web), ma
di entrare nel concreto, fornendo risposte ai quesiti che più comunemente i pazienti si pongono. Le risposte che forniremo ai quesiti cercheranno di eliminare pregiudizi e luoghi comuni sulla malattia e di essere
sempre fondate su evidenze scientifiche riconosciute e controllabili.
Ci auguriamo che questo progetto possa contribuire a fare in modo
che ogni talassemico:
- possa conoscere più a fondo gli aspetti che maggiormente lo riguardano
- impari come e dove poter trovare risposte ai propri dubbi
- si eserciti a diventare un interlocutore consapevole ed informato
per i propri medici e per i servizi sanitari.
Abbiamo selezionato alcuni quesiti di comune riscontro nella pratica
clinica quotidiana; ci siamo consultati con medici, genitori e talassemici ‘esperti’ e abbiamo cercato di dare risposte accurate e al tempo
stesso semplici sulla base di quanto ad oggi conosciuto sull’argomento.
È VERO CHE LA DIAGNOSI DI
TALASSEMIA È UGUALE PER TUTTI?
FALSO. Le talassemie sono molto diverse tra loro sia per il tipo
di difetto genetico presente nei globuli rossi sia, e soprattutto, per le manifestazioni cliniche e la gravità delle diverse
forme!
Le talassemie sono un gruppo di malattie genetiche ereditarie
trasmesse dai genitori ai figli attraverso i geni. Non sono trasmesse
attraverso sangue, aria e acqua, contatti fisici o sessuali.
Quando la diagnosi di una forma
lieve diventa importante: il caso
della delta talassemia
La delta-talassemia è una condizione innocua dal punto di vista
ematologico, poiché interessa
l’emoglobina A2 (l’emoglobina
costituita dalle catene delta),
che rappresenta solo il 2-3 %
dell’emoglobina adulta normale.
Diagnosticare la delta talassemia
però è di particolare importanza
per il counselling genetico, perché un bambino nato da genitori con delta talassemia ha una
possibilità su quattro di aver ereditato e manifestare la talassemia
major.
4
Nelle talassemie la produzione di emoglobina normale è soppressa, in parte o
completamente, a causa di un difetto di
sintesi di una o più catene globiniche che
rappresentano i componenti dell’emoglobina. Le catene globiniche possono essere
di tipo alfa, beta, gamma o delta. Talora il
difetto colpisce più catene contemporaneamente come nel caso delle delta-beta
talassemie.
Beta-talassemie. Le beta-talassemie
sono determinate da alterazioni del gene
delle catene beta. Si possono osservare i
seguenti casi:
- l’alterazione di entrambe le copie del
gene (materna e paterna), con assenza pressoché totale delle
catene beta nella talassemia major, o morbo di Cooley, determina una grave anemia dovuta alla distruzione precoce dei globuli rossi nel midollo. Se questa anemia non è curata si osservano modificazioni scheletriche, perché il midollo osseo, nel quale
vengono prodotti i globuli rossi, aumenta di volume per cercare
di compensare la perdita. I globuli rossi prodotti sono poveri di
emoglobina e vengono presto distrutti causando ingrossamento
anche della milza (splenomegalia). Se non viene curata, la talassemia major può portare alla morte anche prima dei 20 anni
di età;
- mutazioni minori e/o silenti del gene delle catene globiniche
beta allo stato omozigote o di doppia eterozigosi, comportano
la talassemia intermedia, forma attenuata di talassemia, che si
manifesta in modo estremamente variabile. I sintomi più tipici
sono anemia, ingrossamento della milza e calcolosi biliare;
- l’alterazione di una sola copia del gene (soggetti eterozigoti)
delle catene globiniche beta, infine, causa la beta talassemia
minor che in genere non provoca alcun sintomo, o sintomi molto
lievi (leggera anemia microcitica). Coloro che presentano questo tipo di alterazione sono in genere portatori sani della malattia.
Alfa-talassemie. Le alfa-talassemie sono disordini ereditari
caratterizzati da ridotta o soppressa produzione di catene alfaglobiniche. I geni umani alfa-globinici sono quattro. Si possono
osservare le seguenti forme:
- l’alterazione di tutti e quattro i geni delle catene globiniche
alfa determina un quadro gravissimo di idrope fetale, spesso letale per il feto o subito dopo la nascita. Tuttavia, nei neonati che
sopravvivono, è possibile intervenire immediatamente con trasfusioni regolari, di modo da consentire una vita simile a quella
dei pazienti colpiti da beta-talassemia;
- nelle forme cosiddette di malattia da emoglobina H, l’alterazione è a carico di tre geni delle catene globiniche alfa e si
determina un’anemia microcitica (scarso contenuto di emoglobina e globuli rossi di dimensioni ridotte) spesso associata a un
ingrossamento della milza (splenomegalia). La malattia di solito
si manifesta durante l’infanzia o la prima età adulta;
- anche nel caso dell’alfa-talassemia se la mutazione coinvolge un solo gene o due soli geni dei quattro geni alfa, si ha una
talassemia alfa minor rispettivamente di tipo 2 o di tipo 1, le cosiddette forme silenti, senza alcun sintomo.
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LA TRASFUSIONE DI SANGUE
RESTA TUTTORA IL PRIMO
RIMEDIO PER LA TALASSEMIA?
VERO. La terapia trasfusionale appropriata e la sicurezza ottimale del sangue trasfuso rappresentano gli elementi chiave
del protocollo terapeutico nei pazienti talassemici. E’ bene
conoscere quando va fatta, con quale frequenza e quantità
e quali sono i rischi legati alla trasfusione.
Quando?
La terapia trasfusionale dovrebbe essere iniziata solo
quando la diagnosi di talassemia major è stata confermata
attraverso test di laboratorio ed esami genetici per identificare la natura della mutazione. L’inizio precoce della terapia trasfusionale ha fatto progressivamente ridurre e talora
scomparire quadri clinici del passato caratterizzati da alterazioni facciali, ritardo dell’accrescimento, fratture ossee ed
importante attività di ematopoiesi extramidollare (produzione di globuli rossi in sedi diverse dal midollo).
Calcolo della quantità di sangue
necessaria per innalzare il livello
di emoglobina (Hb)
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Frequenza e Quantità
La quantità di sangue e la frequenza delle trasfusioni dipendono dall’età
2.5 ml x Kg peso x [Hb post
e dalla condizione clinica del paziente,
(desiderata) - Hb pre (attuale)]
nonché dai livelli di emoglobina che si voEmatocrito (%)
gliono raggiungere. I regimi trasfusionali
ESEMPIO:
attualmente in uso sono quelli che prevePeso paziente (Kg)=20; Hb pre
(attuale)=9.5 g/dl; Hb post (desidono di mantenere un’emoglobina prederata)= 13.5 g/dl; Ht%=65%
trasfusionale compresa tra 9 g/dl e 10,5 g/
Risultato: (50x4)/65%= 308 ml
dl ed una post-trasfusionale mai superiore a 14-15 g/dl. Questo regime trasfusionale permette una crescita normale, assicura un’attività fisica normale, sopprime adeguatamente
l’attività del midollo osseo e riduce l’accumulo trasfusionale
di ferro. Esistono appositi grafici e formule che consentono
ai clinici di calcolare la quantità di sangue da trasfondere:
il volume non dovrebbe superare i 10-20 ml/Kg, mentre nei
cardiopatici i 5 ml/Kg.
Ma quali sono i rischi legati alle trasfusioni?
Le trasfusioni possono portare ad effetti indesiderati che
assumono un ruolo importante perché possono cronicizzarsi
e innescare alcune delle più gravi ‘complicanze’ della talassemia quali ad esempio la malattia epatica.
Infezioni
Le infezioni nei talassemici possono essere causate sia dalle trasfusioni di sangue, sia da alterazioni dei meccanismi di
difesa immunitaria provocati dall’ipersplenismo, dall’anemia, dal sovraccarico di ferro e dalla terapia chelante.
Tra le infezioni virali gravi più comuni vi sono l’epatite B,
l’epatite C, il Citomegalovirus, il virus dell’immunodeficienza
umana (HIV) e il Parvovirus B19 che può causare un ampio
spettro di patologie quali il megaloeritema infettivo o quinta
malattia nei bambini, crisi aplastiche e miocarditi.
Tra gli agenti batterici si annoverano Yersinia enterocolitica, la cui virulenza è incrementata dal sovraccarico di ferro, così come avviene per altri batteri quali Klebsiella spp,
Escherichia coli, Streptoccocus pneumonia, Pseudomonas
aeruginosa e Listeria monocytogenes.
Virus dell’Epatite B (HBV): nei pazienti talassemici di molti
Paesi in via di sviluppo resta una causa significativa di epatite cronica e di epatocarcinoma (gravi complicanze dell’infezione cronica). La presentazione più comune è l’epatite
acuta con un periodo di incubazione di 4-20 settimane. Nei
Paesi occidentali, la maggior parte dei pazienti portatori di
HBV sono anziani, infettati prima dell’entrata in vigore delle
pratiche di vaccinazione e dell’introduzione dei test virologici specifici sui donatori di sangue. Nei Paesi in via di sviluppo,
tuttavia, pazienti di tutte le età continuano ad essere infettati
dal virus HBV. La terapia per l’epatite B acuta è solo di sup-
7
Prevenzione Epatite B
I programmi di vaccinazione e lo
screening nei donatori di sangue,
insieme ad altre misure di salute
pubblica hanno portato ad una
riduzione significativa dell’infezione nella maggior parte dei Paesi
Europei, dell’America del Nord e
in altre parti del mondo. Tuttavia
l’epatite B resta un grave problema di salute, specialmente nei
Paesi in via di sviluppo.
porto, mentre nei pazienti con epatite
cronica B candidati ad un trattamento la
terapia prevede l’uso di interferone pegilato, nucleosidi e nucleotidi inibitori della
transcrittasi inversa (NUC) quali lamivudina, adefovir, entecavir e tenofovir.
Ricordiamo che la trasmissione dell’HBV avviene anche per via verticale
(madre-figlio), per cui se la madre è portatrice è necessaria la somministrazione
al neonato di vaccino e di immunoglobuline specifiche anti-HBV entro 12 ore dalla nascita, riducendo il rischio di trasmissione dell’infezione di oltre il 90%. La
migliore arma di prevenzione nei confronti dell’epatite B è in
ogni caso la profilassi vaccinale.
Virus dell’Epatite C (HCV): ad oggi ancora non è stato
sviluppato alcun vaccino nei confronti del virus. L’infezione attiva è diagnosticata dalla presenza di HCV-RNA nel
sangue e l’infezione da HCV è una delle principali cause di
malattia epatica grave. Il decorso clinico è estremamente
variabile e i fattori determinanti la gravità, la cronicità della malattia e la risposta al trattamento, includono l’età, lo
stato immunitario, la specificità del virus e la co-morbilità.
La terapia standard si basa sull’uso di interferone pegilato
e ribavirina (terapia autorizzata anche per uso pediatrico)
a cui rispondono circa il 40-80% dei pazienti. Nei pazienti
“non responders” le opzioni di trattamento non sono state
chiaramente definite e sono considerate tuttora sperimentali.
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Cirrosi: la sua insorgenza nei soggetti affetti da HCV è molto variabile. La cirrosi epatica è suddivisa in tre stadi valutati
con lo score Child-Pugh, lo score (o punteggio) più largamente usato per la valutazione della gravità e della prognosi
della malattia epatica. Si distinguono:
Score A: assenza di ascite; bilirubina <1,5 mg %; albumina
>3,5 g %; grado 0 di encefalopatia.
Score B: ascite trattabile; bilirubina 1,5-2,3 mg %; albumina
2,8-3,5 g %; grado 1-2 di encefalopatia.
Score C: ascite non trattabile; bilirubina >2,3 mg %; albumina <2,8 g %; grado 3-4 di encefalopatia.
Carcinoma epatocellulare (HCC): si può sviluppare nel
1-5% dei soggetti infetti da HCV da almeno 20 anni, ed è più
probabile che insorga dopo lo sviluppo della cirrosi, con un
incremento del 1-4% ogni anno.
La prevenzione e la diagnosi precoce dell’HCC sono più
efficaci dei tentativi di cura, per cui i pazienti con cirrosi devono effettuare dei controlli regolari ogni sei mesi, con ecografia epatica e dosaggio dell’alfa feto proteina (marker di
tumore epatico conseguente all’aumentata rigenerazione
delle cellule epatiche) per la precoce identificazione del
carcinoma.
Come proteggersi?
Al fine di evitare i rischi associati alle trasfusioni di sangue è
necessario rivolgersi sempre a centri trasfusionali noti e qualificati ed evitare le trasfusioni di emergenza. Ricordiamo che i
centri trasfusionali dotati di tutte le caratteristiche di sicurezza
previste dalla legge ormai sono la norma nel nostro Paese,
ma alcuni pazienti hanno ricevuto trasfusioni negli anni in
cui ancora queste garanzie non esistevano e nel loro caso
è necessario un attento monitoraggio di eventuali danni da
trasfusione.
9
QUELLE INFETTIVE SONO LE
PRINCIPALI COMPLICANZE
DELLA TERAPIA TRASFUSIONALE?
FALSO. L’accumulo di ferro è una delle problematiche maggiori legate alla trasfusione di sangue. Il ferro contenuto nei
globuli rossi trasfusi si libera e se non rimosso può danneggiare gravemente organi anche vitali.
Accumulo di ferro
In condizioni fisiologiche il ferro introdotto con la trasfusione
è ‘mantenuto sicuro’ perché viene legato a molecole come
la transferrina, ma in condizioni di sovraccarico di ferro la capacità della transferrina di legare il ferro viene superata e si
forma ferro ‘libero’ o ‘non legato’ (NTBI), tossico ed in grado
di danneggiare i tessuti organici, in particolare, fegato, milza,
miocardio ed organi endocrini, con numerose conseguenze
cliniche anche severe, che possono aumentare la morbilità
e la mortalità dei pazienti.
La tossicità del ferro non legato è in
parte dovuta al fatto che esso facilita la
Strutture di natura chimica estreproduzione di radicali liberi che dannegmamente reattive con tendenza
giano alcune strutture cellulari (tra cui
a danneggiare particolarmente
tre componenti della cellula: i lipimitocondri, lisosomi e membrane celluladi, le proteine e gli acidi nucleici.
ri). Anche se l’organismo appronta una
serie di meccanismi per difendersi contro
il danno prodotto dai radicali liberi, in pazienti con ingenti
depositi di ferro, questi meccanismi possono non essere in
grado di funzionare adeguatamente. In conclusione, poiché
nell’uomo non esiste un meccanismo per eliminare il ferro in
eccesso, è necessario far ricorso in caso di sovraccarico a
sostanze che portino via il ferro, ossia ad una ‘terapia chelante’, che quindi nel talassemico assume un’importanza
pari a quella della terapia trasfusionale.
Cosa sono i Radicali liberi?
10
IL SOVRACCARICO DI FERRO
NELL’ORGANISMO SI VERIFICA
SOLO A LIVELLO EPATICO?
FALSO. La terapia trasfusionale, la principale causa di sovraccarico di ferro nella talassemia major, comporta un aumento
dei depositi di ferro in vari organi e tessuti del corpo.
Tutti gli organi possono essere interessati dall’accumulo
di ferro ed un aspetto da considerare è che tale accumulo può distribuirsi nell’organismo a ‘macchia di leopardo’ (in
maniera non uniforme), per cui è necessario ricercarlo attentamente con mezzi diagnostici organo-specifici per poterlo
controllare.
La gravità del quadro clinico dipenderà dall’entità del sovraccarico di
ferro, dalla sua durata e dagli organi
colpiti. Gli organi più frequentemente
interessati sono il fegato, il cuore e gli organi endocrini.
Sovraccarico di ferro trasfusionale
Se non trattato è letale nella seconda decade di vita, generalmente per le complicanze cardiache che ne derivano.
Fegato: il sovraccarico di ferro si manifesta tipicamente
con epatomegalia da lieve a moderata. La principale manifestazione clinica dei depositi di ferro in eccesso nel fegato
è la fibrosi che può evolvere in cirrosi. Nei pazienti sottoposti
a trasfusioni regolari, la fibrosi portale può insorgere entro 2
anni dalla prima trasfusione, mentre la cirrosi epatica può
svilupparsi entro i primi 10 anni di vita se l’eccesso di ferro non
viene eliminato.
Cuore: l’accumulo di ferro non trattato provoca complicanze che possono incidere sulla sopravvivenza del paziente. La cardiomiopatia da sovraccarico di ferro è caratterizzata da disfunzione diastolica con conservata funzione sistolica
nelle fasi più precoci. La deposizione di ferro nel miocardio
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si accompagna all’ipertrofia e dilatazione con fenomeni di
degenerazione e più raramente di fibrosi. La malattia sintomatica in genere si sviluppa non prima di 10 anni dall’inizio
delle trasfusioni. Nelle fasi più tardive si può instaurare un’insufficienza cardiaca progressiva con grave deficit di funzione sistolica e dilatazione ventricolare. La compromissione
cardiaca può essere aggravata da miocarditi intercorrenti e
ipertensione polmonare.
Rari casi di lesioni tipiche da
pseudoxantoma elastico (PXE) in
pazienti talassemici
Non sono state evidenziate correlazioni con la gravità del quadro ematologico, i valori di Hb, il
numero di trasfusioni, il grado di
emosiderosi, la chelazione con
deferoxamina. Ancora poco si
conosce sulla epidemiologia,
sull’eziopatogenesi e sulla storia
naturale delle alterazioni da PXE
nella talassemia, ma la presenza
di queste lesioni induce ad un
comportamento di prevenzione
verso le complicanze che possono generare. PXE colpisce molti
organi e apparati con riscontro
di micro-calcificazioni in tutti gli
organi.
Organi endocrini: il sovraccarico di ferro nel tempo può condurre ad alterazione della funzionalità endocrina. Le alterazioni più comuni sono:
- Ritardo della crescita, dato dal deficit dell’ormone della crescita (GH), con
riduzione o completa assenza di produzione di questo ormone da parte della
ghiandola ipofisaria. Il difetto di produzione dell’ormone della crescita determina
una bassa statura ed un rallentamento
della maturazione ossea. La crescita è
normale sino a 9-10 anni, successivamente è possibile osservare un rallentamento
della sua velocità. La diagnosi richiede
un’attenta valutazione della velocità di
crescita staturale espressa in cm/anno
per età e sesso e della bassa statura al di sotto del 3° percentile per età e sesso, attraverso una misurazione regolare
ed accurata dell’altezza.
12
- Ipotiroidismo, diminuita capacità della ghiandola tiroide
di produrre la quantità di ormoni tiroidei richiesta dall’organismo. In caso di ipotiroidismo si può determinare un ritardo
della crescita, una diminuita attività fisica, pelle secca e in
alcuni casi insufficienza cardiaca. Il suo esordio solitamente
è nella seconda decade di vita ed è raro nei pazienti ben
trattati. L’alterata funzione tiroidea può essere reversibile in
uno stadio precoce attraverso la ferro chelazione e la buona
‘compliance’ al trattamento.
- Ipoparatiroidismo, la ridotta produzione del paratormone, è causa di ipocalcemia e generalmente si manifesta
dopo i 16 anni di età.
- Alterata tolleranza glucidica e diabete mellito, comprendono un gruppo di disturbi metabolici accomunati dal fatto
di presentare una persistente instabilità del livello glicemico
del sangue, passando da condizioni di iperglicemia (eccessiva quantità di glucosio nel sangue), più frequente, a condizioni di ipoglicemia (basso livello di zuccheri nel sangue).
Possono essere la conseguenza della distruzione delle cellule
beta pancreatiche secondaria ad accumulo di ferro.
- Ritardo puberale/ipogonadismo, sono tra le più frequenti
complicanze secondarie del sovraccarico di ferro. Il ritardo
puberale è definito come l’assenza completa dello sviluppo
puberale nelle femmine di 13 anni e nei maschi di 14 anni.
L’ipogonadismo è definito nei maschi come assenza di un
aumento del volume testicolare e nelle femmine come assenza di sviluppo mammario all’età di 16 anni. Il trattamento dipende dall’età, dalla gravità del sovraccarico di ferro,
dal danno dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonade, dalla malattia
epatica cronica e dalla presenza di problemi psicologici.
- Osteopenia/osteoporosi, sono malattie metaboliche dello scheletro, caratterizzate da una ridotta massa ossea e da
un’alterata microarchitettura scheletrica. La manifestazione
più comune è il dolore osseo e al rachide, ma i pazienti possono essere anche asintomatici. La diagnosi è confermata
dalla densitometria ossea. Le linee guida generali nel trattamento comprendono la prescrizione di farmaci, il corretto
stile di vita, l’esercizio fisico e la dieta.
13
È VERO CHE IL MONITORAGGIO DEL FERRO È MOLTO IMPORTANTE?
VERO. Un monitoraggio continuo è necessario per valutare
in modo accurato il sovraccarico di ferro al fine di istituire
regimi di ferro chelazione efficaci e adeguati alle esigenze
specifiche del singolo paziente.
L’accurata valutazione del carico di ferro corporeo è necessaria non solo per diagnosticare il sovraccarico di ferro
ma anche per gestire efficacemente la terapia. Distinguiamo test sierologici e test strumentali.
Ferritina e accumulo epatico
La ferritina sierica ha un andamento parallelo a quello del ferro
intra-epatico ed è anche il metodo più comodo e facilmente utilizzabile in campo clinico.
Il più comune test sierologico utilizzato
in clinica per seguire l’andamento del
ferro nell’organismo è il dosaggio della
ferritina che si può definire un test di screening rapido, sufficientemente preciso e
non invasivo, per il sovraccarico di ferro.
Accanto a questi indubbi vantaggi va
considerato che:
1) il dosaggio della ferritina non è sempre attendibile in
quanto i risultati possono essere influenzati da diversi fattori, come le infiammazioni, l’aumento della temperatura
corporea e la presenza di alterazioni epatiche;
2) i valori aumentati o diminuiti di ferritina non corrispondono
ad analoghi aumenti o diminuzioni del ferro accumulato
in tutti i tessuti. Una buona correlazione esiste sicuramente
con il ferro epatico ma non con quello cardiaco.
14
Tra i test strumentali va segnalata una vasta gamma di test
per valutare il carico di ferro e i suoi effetti funzionali. Poiché
la maggior parte del ferro in eccesso si deposita nel fegato,
le tecniche più diffuse misurano i livelli di ferro epatico (LIC) e
li interpretano come valori accurati della concentrazione in
tutto l’organismo. Tra questi:
la Biopsia Epatica (metodologia che
Risonanza Magnetica nella
consiste nel prelievo di un frammentalassemia
to di fegato) ha rappresentato fino ad
Studi preliminari indicano una
anni recenti l’unico metodo considesensibilità e una specificità molto
elevata anche per bassi depositi
rato attendibile per quantificare il ferro
di ferro.
intra-epatico e per calcolare la quantità totale di ferro nell’organismo. In anni
più recenti la biopsia è stata progressivamente sostituita da
metodi non invasivi e maggiormente correlati al deposito di
ferro cardiaco, quali la suscettometria biomagnetica epatica per mezzo SQUID e la risonanza magnetica per immagini
(RMI). Solo per i pazienti con sovraccarico di ferro diagnosticato o fortemente sospettato la biopsia epatica rimane il
test quantitativamente più preciso, sensibile e specifico per
misurare la concentrazione di ferro nel fegato. La biopsia
epatica oggi si svolge in condizioni tecniche ottimali, ma resta una procedura invasiva e dolorosa non esente da rischi,
fortunatamente rari;
il Superconducting QUantum Interference Device (SQUID)
è uno strumento che misura variazioni molto piccole di flusso
magnetico, come quelle provocate dal ferro immagazzinato sotto forma di ferritina nell’organismo, la cui diffusione è
stata limitata dagli alti costi e da una imperfetta corrispondenza con i risultati ‘standard’ ottenibili con la biopsia epatica. Inoltre lo SQUID non è applicabile alla misurazione del
ferro cardiaco;
la Risonanza Magnetica per Immagini (RMI) è una tecnica non invasiva, estremamente sensibile nel valutare la concentrazione e la distribuzione del ferro in tutto l’organismo e,
dopo le numerose pubblicazioni che ne confermano la validità e la riproducibilità, sta diventando la tecnica di comune
impiego sia per il monitoraggio del ferro epatico sia di quello
cardiaco e di altri organi come il pancreas e l’ipofisi.
15
È VERO CHE IL MONITORAGGIO
DEL FERRO A LIVELLO EPATICO
È SUFFICIENTE NELLA GESTIONE
DELLA MALATTIA?
FALSO. Poiché il ferro può distribuirsi a macchia di leopardo
non basta conoscere quanto ferro è presente nel fegato, ma
bisogna ricorrere ad un monitoraggio organo-specifico.
Per ottenere un monitoraggio organo-specifico la RMI si
sta rivelando un metodo affidabile ed efficace che sta progredendo molto rapidamente.
Per la valutazione della concentrazione di ferro epatico (LIC) attraverso
RMI in pediatria
RMI, recentemente è stata descritta una
E’ un esame utilizzabile anche in
ambito pediatrico perché offre
metodica detta ‘tecnica Ferriscan’, reil vantaggio dell’alta risoluzione
gistrata sia negli USA sia in Europa, che
diagnostica e della non invasività
ha dimostrato una buona sensibilità e
poiché a differenza di altre metodiche radiologiche (TC, radiospecificità misurando concentrazioni di
logia convenzionale, medicina
LIC di 15 mg/g di tessuto epatico secco.
nucleare, ecc) non espone il paziente ai raggi X. Tuttavia, requisiUn particolare vantaggio di questa tecto essenziale per la buona riuscita
nica è la possibilità di essere applicata,
della RMI è la completa immobilità del paziente e per questo per i
dopo una breve formazione, in qualsiasi
più piccoli può essere necessario
centro che abbia a disposizione un’apl’intervento farmacologico per
l’induzione del sonno con monitoparecchiatura di RMI sufficientemente
raggio continuo.
recente. Anche la valutazione del ferro a
livello del miocardio con la RMI è diventata sempre più accessibile attraverso la
valutazione del T2*. La sua stima è ottenuta dalle immagini
acquisite da una macchina standard di RMI. Il sovraccarico
di ferro causa cambiamenti nelle proprietà magnetiche dei
tessuti, che riducono i valori di T2*, per cui il valore T2* si riduce nei tessuti quando la concentrazione di ferro aumenta.
La riduzione di T2* del miocardio inferiore a 20 millisecondi
(che implica aumento di ferro nel miocardio) è associata ad
16
una maggiore riduzione della funzione ventricolare sinistra.
La possibilità di valutare il ferro a livello cardiaco permette
un ulteriore modo di stratificare il rischio consentendo nuove
opportunità diagnostiche. Tuttavia i fattori che riguardano il
rischio di sviluppare insufficienza cardiaca in condizioni di sovraccarico di ferro a livello miocardico sono complessi, e non
solo direttamente collegabili alla misurazione del T2*.
17
IL FERRO ACCUMULATO NEI TESSUTI PUÒ DIMINUIRE ANCHE DA SOLO
NEL TEMPO?
FALSO. Per far diminuire il ferro in eccesso è necessario ricorrere alla terapia ferrochelante, i cui obiettivi sono quelli di
mantenere livelli di sicurezza del ferro corporeo e protezione
costante nell’arco delle 24 ore dagli effetti tossici del ferro.
Come già detto, il corpo umano non
ha meccanismi di eliminazione attiva
dell’eccesso di ferro, quindi il sovraccaL’obiettivo primario della terapia
rico di ferro è un’inevitabile conseguenferrochelante è quello di manteza della terapia trasfusionale cronica. Al
nere i livelli di ferro nell’organismo
al di sotto della soglia di tossicità.
fine di eliminare questo eccesso di ferro
La durata della terapia risulta esdall’organismo sono utilizzati farmaci che
sere più importante rispetto alla
sono in grado di legarsi al metallo presendose, indicando che è essenziale
massimizzare la lunghezza dell’ete nell’organismo per formare un ‘chelasposizione alla terapia chelante.
to’, con perdita dell’effetto tossico del
metallo ed escrezione. Tuttavia solo una
piccola parte del ferro accumulato è disponibile per la ferrochelazione per cui la rimozione risulta lenta e scarsa, infatti
in un paziente con sovraccarico di ferro sono necessari mesi
o anni per ridurre il ferro corporeo a livelli di sicurezza anche
con il trattamento più intensivo.
Rimozione del ferro all’organismo:
terapia ferrochelante
Nella pratica corrente la ferrochelazione viene intrapresa
dopo le prime 10-20 trasfusioni o quando i livelli di ferritina si
aggirano attorno a 1000 mg/dl. Durante il trattamento diventa necessario monitorare diversi parametri vitali per valutare
l’efficacia del trattamento stesso e l’eventuale insorgenza di
effetti avversi. Tra questi assumono maggior importanza la
valutazione della ferritina sierica, dei parametri di funzionalità epatica, dei parametri di funzionalità renale, della vista e
dell’udito, della crescita e dello sviluppo nei bambini.
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LE TERAPIE CHELANTI SONO TUTTE
UGUALI?
FALSO. La scelta fra i farmaci, da soli o in combinazione, e le
nuove tecniche di monitoraggio del ferro, che permettono di
misurare con precisione e in modo non invasivo la quantità di
ferro negli organi, fanno si che sia possibile ritagliare terapie
su misura per il paziente. La terapia ferrochelante può essere
modificata a seconda del tipo e della quantità di ferro accumulato, delle eventuali complicanze e della qualità di vita.
Ad oggi sono disponibili tre farmaci per la ferrochelazione:
Deferoxamina (Desferal®)
La deferoxamina è un sideroforo (trasportatore di ferro) capace di rimuovere il ferro proveniente dalla ferritina,
quello presente nel fegato e in altri organi, compreso il cuore; l’eliminazione
avviene tramite le urine e le feci.
Il farmaco deve essere somministrato
a dosi adeguate per essere efficace
nel controllo del ferro epatico e del ferro corporeo totale.
Come stabilire il dosaggio di
deferoxamina
I livelli di ferritina possono essere
usati per stabilire il dosaggio ideale di deferoxamina per ogni paziente, attraverso l’equazione:
‘Indice Terapeutico’ IT = dose
giornaliera media (mg/Kg)/ ferritina sierica
Lo scopo della ferro chelazione è
mantenere l’indice terapeutico
inferiore a 0,025.
Date le grosse dimensioni della molecola il metodo standard raccomandato è l’infusione sottocutanea per 8-12 ore
di una soluzione al 10% di deferoxamina, per un minimo di 5
notti a settimana, usando una pompa di infusione. Il processo di chelazione del ferro cessa subito dopo la sospensione
dell’infusione del farmaco. Il trattamento con deferoxamina
determina, se somministrato regolarmente e in dosi adeguate,
un ottimo impatto sulla sopravvivenza e sulle complicanze del
sovraccarico di ferro a livello cardiaco e di altri organi. Inoltre
la regolare terapia migliora la sopravvivenza dei pazienti e se
iniziata prima dei dieci anni riduce l’incidenza dell’ipogonadismo e di altri disturbi endocrini. Il principale svantaggio del
trattamento è dato dalla somministrazione parenterale.
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Deferiprone (Ferriprox®)
Il deferiprone è il primo ferrochelante orale autorizzato
all’uso clinico in grado di chelare sia il ferro legato alla transferrina, alla ferritina e all’emosiderina, sia il ferro libero. Si
tratta di una molecola piccola che viene assorbita dopo somministrazione orale
Deferiprone
(in compresse o sciroppo, da assumersi 3
Dalla sua introduzione nell’uso clivolte al giorno) e che viene rapidamennico è stato dimostrato in svariati
studi che l’incidenza delle malatte metabolizzata nel fegato attraverso
tie cardiache indotte dal ferro si
glucuronidazione di uno dei siti di legaè ridotta progressivamente, con
un fattore chiave rappresentato
me del ferro. L’eliminazione del ferro ad
dall’età di inizio della terapia.
opera del farmaco avviene quindi quasi
esclusivamente attraverso le urine.
Secondo l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), il deferiprone può essere usato come farmaco di seconda linea, in
pazienti che non sono in grado di utilizzare la deferoxamina.
La stessa EMA ha d’altro canto riconosciuto che il deferiprone è più efficace della deferoxamina nell’eliminare il
ferro cardiaco e che il suo utilizzo ha ridotto la mortalità per
cause cardiache. Questa informazione è stata inserita nei
documenti rilasciati dall’EMA e nel foglio illustrativo per renderla disponibile ai pazienti.
L’uso del deferiprone nella pratica clinica è andato consolidandosi nel corso degli anni, confermando un favorevole
profilo rischio/beneficio di questo chelante.
Deferasirox (Exjade®)
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Il deferasirox è un chelante del ferro sviluppato per via
orale in anni recenti il quale, utilizzato una volta al giorno,
assicura una chelazione non inferiore alla deferoxamina. In
questo senso rappresenta un’opzione di massimo comfort
anche quando la terapia deve essere incominciata precocemente nell’infanzia. La possibilità di personalizzare la terapia per ogni singolo paziente sulla base dell’obiettivo terapeutico da raggiungere e dell’apporto di ferro trasfusionale
è un aspetto innovativo del deferasirox che sta servendo da
modello anche per gli altri chelanti.
Trattamento combinato con Deferoxamina e Deferiprone
Deferoxamina e deferiprone possono essere utilizzati in un
trattamento combinato in caso di severo sovraccarico di ferro o qualora il risultato ottenuto con l’uso di un solo farmaco
non sia adeguato per problemi di compliance o a causa di
effetti collaterali. Il deferiprone, essendo una molecola ‘piccola’, è in grado di entrare negli organi e trasportare il ferro
nel sangue dove viene ceduto alla deferoxamina e successivamente eliminato dall’organismo. Questo processo di trasferimento del ferro tra i due farmaci viene definito ‘effetto
navetta/shuttle’.
I due agenti chelanti possono essere somministrati sia in
associazione (somministrazione dei due farmaci nello stesso
giorno) sia in modalità alternata o sequenziale (somministrazione dei due farmaci in giorni diversi). Usando la terapia
associata si hanno 24 ore di esposizione al ferrochelante e
quindi il vantaggio teorico è una protezione di 24 ore dagli
effetti del ferro labile. Questo tipo di somministrazione d’altro
canto può provocare anche un aumento delle reazioni avverse.
L’uso combinato non è al momento previsto dalla scheda
tecnica e dal foglio illustrativo dei due farmaci e rappresenta pertanto un uso ‘off-label’ che può essere effettuato solo
sotto la diretta responsabilità del medico che lo prescrive.
Ciò dipende dal fatto che, nonostante e soprattutto in Italia
questo uso sia piuttosto diffuso, non sono stati svolti i necessari studi registrativi per valutarne sia gli effetti che i rischi. Solo
a seguito di tali studi potremo disporre con precisione delle
informazioni sulle dosi raccomandate, le modalità di somministrazione e i casi in cui tale uso è da preferire rispetto alla
terapia standard.
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È POSSIBILE DEFINIRE IL MIGLIOR
CHELANTE?
FALSO. Non esiste una definizione di ‘miglior chelante’, ma è
possibile conoscere le caratteristiche di ognuno di essi, inclusi gli effetti avversi, per poter discutere col proprio medico
qual è la scelta più adeguata.
Deferoxamina
Tra gli effetti indesiderati più comuni legati alla somministrazione di deferoxamina si annoverano
Deferoxamina e microrganismi
le reazioni cutanee locali, tra cui prurito,
Tra i batteri che possono virueritema e indurimenti, che possono dilentarsi durante la terapia ricorpendere da inadeguata diluizione del
diamo Yersinia enterocolitica,
farmaco. L’infusione intradermica del farche possiede un recettore sulla
membrana esterna in grado di
maco può essere causa di ulcere nel sito
legarsi efficacemente alla defedi infusione. Altra importante conseguenroxamina. In tal caso, e in caso di
febbre in generale, il trattamento
za della somministrazione della deferoxadovrebbe essere sospeso tempomina è la possibilità di infezione da batraneamente.
teri che usano i siderofori naturali come
fonte di ferro per diventare più virulenti.
In seguito a sovradosaggio in pazienti che non hanno eccessivo deposito di ferro si possono osservare:
- Deficit uditivi di tipo neurosensoriale (quelli lievi sono reversibili), tinniti e sordità (di solito permanente), in particolare
in bambini con sovraccarico di ferro ridotto. Per questo motivo è consigliabile il monitoraggio audiometrico annuale.
- Disturbi oculari come cecità notturna, alterata visione dei
colori, riduzione dei campi visivi, ridotta acuità visiva.
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- Ritardo di crescita il cui fattore di rischio non solo è dato
dal sovradosaggio, ma anche dall’età di inizio del trattamento (<3 anni). La velocità di crescita migliora abbassando
il dosaggio di deferoxamina. Lesioni ossee, come rachitismo
e genu valgum, possono essere associate ad alterazioni metafisarie, in particolare a livello vertebrale. E’ necessario un
monitoraggio periodico per prevenire tali alterazioni, perché
irreversibili.
Deferiprone
L’evento avverso più temuto è la neutropenia (calo dei
globuli bianchi neutrofili sotto la soglia dei 1.500/mm3) che
nei casi più gravi può diventare agranulocitosi (diminuzione
del numero dei granulociti neutrofili inferiore a 500/mm3), il
cui periodo di insorgenza è molto variabile da pochi mesi a
nove anni. Durante il trattamento con deferiprone quindi è
raccomandato il controllo settimanale della conta dei globuli bianchi soprattutto nei primi mesi di terapia, o più spesso se vi sono segni di infezione, e vanno
evitati trattamenti concomitanti che
Chelanti orali e nascite
possano ridurre il numero di globuli bianNegli ultimi anni si è registrata una
chi. Se si verifica una neutropenia grave
ripresa nel numero di nascite di
bambini talassemici rispetto al
il farmaco va sospeso e la riassunzione
recente passato. Questo aumendel farmaco è controindicata.
to non è dovuto ad un presunto
Questa condizione può associarsi a
trombocitopenia. Altro effetto collaterale è l’artropatia, la cui incidenza è
variabile. I sintomi vanno da una lieve
artropatia non progressiva, di solito alle
ginocchia, ad una grave artropatia erosiva (più raramente).
In alcuni pazienti è stato osservato
deficit di zinco durante la terapia, specialmente nei diabetici.
fallimento delle politiche di prevenzione, ma è stato per lo più
legato ad una decisione consapevole dei genitori certi che con
la talassemia oggi si possa convivere mantenendo un buono stato di salute ed una buona qualità
di vita. Uno dei fattori decisivi per
questo mutamento è stato l’avvento dei chelanti orali che hanno aumentato la compliance dei
pazienti alla terapia, migliorandone quindi l’efficacia.
Deferasirox
Tra gli effetti indesiderati della terapia con deferasirox si annoverano soprattutto aumento della creatinina sierica (36%
dei pazienti) con tendenza a normalizzarsi spontaneamente
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senza necessità di riduzione del dosaggio, disturbi gastrointestinali (15% dei pazienti) che possono ridurre la compliance
al farmaco ed orticaria (11% dei pazienti).
Il rischio più temuto è però l’insorgenza di tossicità renale
che ha indotto sia l’FDA (l’agenzia americana con competenza sui farmaci) sia l’EMA a raccomandare l’esecuzione di
specifici controlli urina/sangue soprattutto nel primo mese di
terapia e poi ogni mese.
Dopo la commercializzazione sono stati evidenziati casi di
insufficienza epatica, riguardanti prevalentemente pazienti
con morbilità significative come per esempio cirrosi e casi
di leucopenia, trombocitopenia, pancitopenia o aggravamento di queste citopenie. In pazienti che sviluppano citopenia non attribuibile a nessuna causa, deve essere considerata l’interruzione del trattamento.
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I FERROCHELANTI ORALI OFFRONO
VANTAGGI RISPETTO AL DESFERAL?
VERO. Soprattutto in termini di compliance e quindi migliorando complessivamente la fiducia del paziente nei confronti della terapia.
I chelanti orali hanno cambiato totalmente la vita dei pazienti talassemici. Come precedentemente detto il primo
chelante orale è il deferiprone, in compresse o sciroppo, che
va assunto 3 volte al giorno; il secondo è il deferasirox, in soluzione somministrabile una sola volta al giorno. Naturalmente
si tratta di farmaci non scevri da possiDesferal si o no?
bili effetti collaterali specifici, come già
Nonostante i vantaggi dei chevisto, e come tali devono essere attenlanti orali il ‘vecchio’ desferal (per
tamente monitorati. La loro introduzione
via sottocutanea o endovenosa)
attualmente rimane uno dei farnella terapia della talassemia ha favomaci ferro-chelanti più efficaci se
rito una certa regolarità nell’assunzioassunto correttamente e costantemente. Pazienti adulti che hanne della terapia di chelazione del ferro
no trovato un equilibrio ottimale
migliorando sostanzialmente la sopravcon questo farmaco non dovrebvivenza dei pazienti, considerando che
bero abbandonarlo.
un’inadeguata compliance alla terapia
ferrochelante rappresenta uno tra i principali fattori di rischio per una morte precoce. La compliance rappresenta perciò una questione chiave, un fenomeno
che non si può trascurare, se ci si pone come obiettivo una
gestione efficace della patologia dai punti di vista medico
e psicosociale. I chelanti orali sono anche più gestibili quotidianamente dai pazienti, basti pensare alle numerose esigenze legate a spostamenti, attività notturne, ecc.. tutte da
organizzare in modo che non interferiscano con una buona
terapia di chelazione.
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POSSO ASSUMERE INDIFFERENTEMENTE UNO DEI FERROCHELANTI
DISPONIBILI?
FALSO. La scelta del ferrochelante dipende da diversi fattori,
e tra questi devono essere sempre tenuti in considerazione le
eventuali controindicazioni.
La possibilità di poter assumere un ferrochelante piuttosto
che un altro, avendo quindi una più ampia scelta, come in
realtà avviene per tutti i farmaci, è sicuramente un importante vantaggio per il paziente.
La scelta del chelante peraltro non
è casuale ma rappresenta il risultato di
L’esperienza del singolo pazienuna decisione medica basata su consite, discussa e approfondita con il
derazioni cliniche e scientifiche oltre che
medico, può essere di fondamentale importanza per scegliere la
sull’approfondita conoscenza del singolo
terapia più adeguata, modulanpaziente. Quindi da un lato i criteri princidola sui bisogni e le complicanze
pali da considerare per la scelta del ferdel paziente.
rochelante sono l’efficacia, la sicurezza a
lungo termine e le controindicazioni che
possono essere diverse da paziente a paziente, dall’altro la
preferenza del singolo paziente insieme alla reale possibilità/
capacità di aderenza al trattamento.
Scelta della terapia
Altro elemento chiave è la quantità da utilizzare per i diversi ferrochelanti. Infatti la conoscenza del calcolo della
quantità di ferro introdotto con le emotrasfusioni ha raggiunto livelli elevati di precisione, per cui è possibile oggi stabilire in maniera esatta la quantità di terapia ferrochelante più
appropriata in base all’età e all’accumulo di ferro in relazione al singolo chelante.
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Quindi i criteri principali da considerare per la scelta del
ferrochelante sono l’efficacia, la sicurezza a lungo termine e
le controindicazioni.
POSSO PRENDERE UN DOSAGGIO MAGGIORE SE DIMENTICO DI
PRENDERE LA MIA DOSE GIORNALIERA O LA PRENDO IN MANIERA
INCOMPLETA?
FALSO. Perché si rischierebbe un sovradosaggio. In tal caso
è necessario contattare il proprio medico o l’ospedale.
I ferrochelanti sono massimamente
efficaci se presi con regolarità senza
saltare le dosi prescritte. Infatti la dose
giornaliera di deferasirox e le tre dosi
giornaliere di deferiprone garantiscono
una copertura chelante continua e costante nelle 24 ore.
Sovradosaggio di Desferal
Il sovradosaggio è per lo più involontario, e può determinare
ipotensione, tachicardia e disturbi gastrointestinali. Non è noto un
antidoto specifico. La somministrazione di desferal deve essere
interrotta e devono essere intrapresi idonei trattamenti sintomatici.
Deferasirox: se ci si dimentica di
prendere il farmaco all’orario previsto,
lo si può assumere a qualsiasi altra ora
nell’arco della stessa giornata mentre se ci si dimentica di assumere la dose giornaliera per compensare la dimenticanza
non si deve assumere una dose doppia del farmaco il giorno
seguente.
Deferiprone: se ci si dimentica di assumere il farmaco all’orario previsto, lo si può assumere il prima possibile e quindi
proseguire con la dose successiva regolarmente. Se si saltano più dosi, non si deve assumere una dose doppia per compensare la dimenticanza ma si deve proseguire assumendo
regolarmente la dose successiva.
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È NECESSARIO INTERROMPERE IN
OGNI CASO LA TERAPIA FERROCHELANTE DURANTE LA GRAVIDANZA?
FALSO. L’interruzione della terapia ferrochelante dipende dal
tipo di farmaco assunto e dalla necessità di rimozione del
ferro dai tessuti.
La deferoxamina può essere usata in gravidanza. Deve essere sospesa durante il primo trimestre e può essere utilizzata
nel secondo e terzo trimestre nelle pazienti con accumulo di
ferro severo o ad alto rischio di complicanze cardiache. È
stato dimostrato che non va somministrata durante la gravidanza in pazienti che non hanno accumulo di ferro considerevole e che hanno una funzionalità cardiaca normale
prima della gravidanza.
Gravidanza e trasfusione
Durante la gravidanza si ha un
incremento delle trasfusioni per
mantenere la concentrazione di
emoglobina pre-trasfusionale intorno a 10 g/dL.
28
Il deferiprone e il deferasirox, invece,
devono essere interrotti durante la gravidanza e si raccomanda l’uso di contraccettivi durante l’assunzione di questi
farmaci.
SE NON ASSUMO ALCUN FERROCHELANTE O INTERROMPO L’ASSUNZIONE POSSONO MANIFESTARSI COMPLICANZE?
VERO. Il sovraccarico di ferro secondario alla terapia trasfusionale è uno dei principali fattori coinvolti nell’eziopatogenesi di svariate complicanze nei pazienti talassemici.
I chelanti garantiscono i loro effetti
benefici solo se impiegati con continuità, poiché la mancata assunzione o
l’interruzione del farmaco causerebbe
una mancata rimozione dell’eccesso di
ferro dall’organismo con conseguente
sviluppo delle complicanze, già descritte precedentemente.
Ricordiamo sempre che la precisione
con cui si esegue la terapia (aderenza
al trattamento o compliance) è risultata
la prima causa di riduzione della mortalità e di tutte le complicanze collegate
alla talassemia!
Aderenza al trattamento o
Compliance
L’aderenza al trattamento rappresenta uno dei principali problemi per medici e pazienti. I fallimenti terapeutici derivano non
tanto dalla mancata protezione
da parte del farmaco quanto
dall’impossibilità del paziente a
raggiungere un’adeguata adesione al regime terapeutico. È necessario incoraggiare il paziente
ad aderire al trattamento.
La costante assunzione del ferrochelante determina la prognosi
della malattia.
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È NECESSARIO UN REGOLARE MONITORAGGIO DELLE COMPLICANZE?
VERO. Tutti i pazienti affetti da talassemia dovrebbero sottoporsi con regolarità ad analisi cliniche per valutare lo stato
della malattia al fine di prevenire le complicanze da sovraccarico di ferro.
- Epatite da virus dell’epatite C: devono essere sottoposti
ad analisi i pazienti con presenza confermata di HCV-RNA,
livelli di ALT moderati-elevati e istologia epatica anormale.
- Epatite da virus dell’epatite B: devono essere sottoposti
ad analisi i pazienti con presenza confermata di HBV e livelli
di transaminasi elevati.
Esenzione dal ticket
Secondo la normativa italiana
esiste un elenco ben definito (allegato D.M. 279/2001) di malattie
rare per le quali il Sistema Sanitario Nazionale riconosce l’esenzione. Per la talassemia gli esami necessari alla diagnosi sono eseguiti
gratuitamente e godono di esenzione dal ticket, purché il medico
curante esegua una prescrizione
sulla quale devono essere scritte
le prime tre cifre del codice della
malattia, indicate sulla tessera di
esenzione.
- Cardiopatie: è importante che i pazienti si sottopongano a un monitoraggio costante anche in assenza di segni
clinici, per individuare tempestivamente
eventuali alterazioni della funzione cardiaca ed iniziare un’opportuna terapia. I
pazienti ben chelati devono affrontare la
prima valutazione alla pubertà, seguita
da controlli annuali. I pazienti asintomatici con qualche segno di scompenso cardiaco devono effettuare i controlli ogni
3-6 mesi.
- Ritardo della crescita: deve essere
valutata in pazienti in cui si riscontra ridotta velocità di crescita.
- Ipotiroidismo: lo studio della funzionalità tiroidea deve essere effettuato annualmente a partire dai 12 anni.
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- Ipoparatiroidismo: le indagini comprendono la calcemia,
la fosforemia e il bilancio dei fosfati a partire dai 16 anni di età.
- Alterata tolleranza glucidica e diabete mellito: le analisi
devono essere effettuate nei pazienti di età superiore a 11
anni con frequenza semestrale o annuale.
- Ritardo puberale/ipogonadismo: le analisi vanno effettuate su ragazze di età superiore ai 13 anni e ragazzi di età
superiore ai 14 anni con assenza/arresto dello sviluppo puberale.
- Osteopenia/osteoporosi: devono essere sottoposti ad
analisi i pazienti ipogonadici, diabetici, ipotiroidei, ipoparatiroidei e con sintomatologia dolorosa.
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A VOLTE DEVO ASSUMERE ALTRI
FARMACI OLTRE I FERROCHELANTI.
SONO VERAMENTE NECESSARI?
VERO. In caso di complicanze da sovraccarico di ferro si rende necessaria una strategia terapeutica globale, con un trattamento specifico volto a limitare i danni provocati dall’insorgenza di altre patologie.
Cardiopatie. La terapia fondamentale deve essere la chelazione intensiva per neutralizzare rapidamente la ferro tossicità e rimuovere i depositi di ferro. Negli ultimi anni i pazienti
con disfunzione ventricolare moderata vengono trattati con
farmaci che migliorano la funzionalità del miocardio, quali
gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE
inibitori). Altri farmaci che possono essere usati sono:
- Digossina. Non deve essere usata nei primi stadi della
cardiomiopatia, ma può avere un ruolo specifico nel mantenimento di una frequenza cardiaca soddisfacente nei pazienti con fibrillazione atriale stabile.
- Beta bloccanti. Vanno introdotti con cautela se la malattia cardiaca si è stabilizzata.
Controllo delle complicanze da
accumulo di ferro
In questi ultimi anni si è assistito
a notevoli progressi nel controllo
delle complicanze da sovraccarico di ferro nelle sindromi talassemiche grazie anche ad una
stretta collaborazione tra i medici
delle diverse discipline.
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- Diuretici. Vanno usati con cautela
controllando la funzionalità renale.
- Anticoagulanti. Nei pazienti portatori
di catetere venoso centrale, o affetti da
fibrillazione atriale cronica, per prevenire
la complicanza potenzialmente fatale
della formazione di un trombo intra-atriale con embolizzazione e sviluppo di ipertensione polmonare.
Ipotiroidismo. Il trattamento dipende dalla gravità della
malattia. Nella forma conclamata si usa L-tiroxina, mentre
nell’ipotiroidismo preclinico o compensato si intensifica la te-
rapia chelante ed eventualmente si somministrano piccole
dosi di L-tiroxina.
Ipoparatiroidismo. La terapia si basa sulla somministrazione di vitamina D o analoghi per via orale. La calcemia deve
essere monitorata attentamente, poiché l’ipercalcemia può
essere una complicanza comune. Nei pazienti con iperfosforemia persistente può essere considerato l’uso di un chelante
del fosforo (senza alluminio). La tetania e l’insufficienza cardiaca dovute ad ipocalcemia grave richiedono la somministrazione endovenosa di calcio e vitamina D per via orale.
Alterata tolleranza glucidica. Può essere migliorata da una
dieta con ridotto apporto di carboidrati, dalla riduzione del
peso e dalla terapia chelante intensiva. Nei pazienti sintomatici è richiesta la terapia insulinica.
Ritardo della crescita. Oltre ad essere associato al sovraccarico di ferro va ricordato che la deferoxamina è una causa importante di ritardo della crescita. La terapia consta della somministrazione dell’ormone della crescita, integrato da
zinco solfato nei pazienti con carenza di zinco.
Ritardo puberale/ipogonadismo. Nelle femmine si consiglia etinil-estradiolo per via orale, mentre nei maschi testosterone-depot per via intramuscolare una volta al mese.
Occorre considerare che anche questi trattamenti hanno
molteplici complicanze associate, pertanto ogni paziente
deve essere valutato individualmente.
Osteopenia/osteoporosi. Non esistono protocolli ben codificati per il trattamento terapeutico di queste complicanze. Dovranno essere considerati: mantenimento di adeguati
livelli di emoglobina (Hb) pre-trasfusionale, l’integrazione di
calcio per via orale, la terapia sostitutiva con steroidi sessuali
(pazienti con ipogonadismo) e con bifosfonati.
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DISPONIBILITÀ DI FARMACI PER LE
COMPLICANZE: CI SONO AGEVOLAZIONI?
VERO. Tuttavia non sono definite tutte le prestazioni erogabili
in esenzione, perciò ne consegue che i pazienti talassemici
non godono della completa copertura della spesa farmaceutica da loro sostenuta nel corso del trattamento.
Nel 1999 il Ministero della Sanità ha incluso le anemie emolitiche ereditarie nell’elenco delle malattie croniche e invalidanti per
Per la disponibilità dei farmaci
pediatrici abitualmente impiegati
le quali sono previste esenzioni dalla partenel trattamento della talassemia
cipazione al costo delle spese sanitarie per
è stata evidenziata una limitata
disponibilità di prodotti medicinali
le relative prestazioni (Decreto Ministeriaspecifici per i bambini. Inoltre, cale del 28 maggio 1999 n. 329; successivategorie importanti come quelle rimente aggiornato dal Decreto 21 maggio
guardanti gli antitrombotici, il trattamento delle malattie delle ossa
2001 n. 296). Ulteriori modifiche sono state
e gli immunostimolanti, risultano
apportate dal Decreto 18 maggio 2001 n.
assolutamente prive di medicinali
per la popolazione pediatrica.
279, secondo il quale alcune delle malattie già esenti ai sensi del regolamento delle
Per quanto riguarda la terapia
cardiaca e i diuretici sono dispomalattie croniche rientrano nelle malattie
nibili per l’età pediatrica rispettirare, tra queste le talassemie, per le quali
vamente la digossina e lo spironolattone, mentre per farmaci
è prevista una più ampia tutela. Tale Depiù moderni, come l’amiodarone
creto prevede l’istituzione di un registro nao gli ACE-inibitori, non è previsto
zionale delle malattie rare e regola l’esenl’impiego in pediatria o esso viene
espressamente controindicato.
zione della partecipazione al costo delle
Non va inoltre dimenticato che
spese sanitarie disponendo le modalità di
anche i prodotti il cui impiego è
erogazione e prescrizione delle prestazioni.
previsto nei bambini non sempre
A causa della varietà e complessità delle
coprono tutte le fasce d’età.
manifestazioni cliniche di ciascuna malattia il Decreto non definisce puntualmente
le prestazioni erogabili in esenzione, ma prevede che siano erogate in esenzione tutte le prestazioni appropriate ed efficaci
per il trattamento e il monitoraggio della malattia rara accertata e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti.
Farmaci disponibili per l’età
pediatrica
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I medicinali correntemente impiegati nella terapia domiciliare dai pazienti talassemici possono essere classificati in
appartenenti a:
- Medicinali di Classe A rimborsati dal Sistema Sanitario
Nazionale (SSN): si tratta di farmaci per il diabete (insulina,
repaglinide, acarbosio), vitamine (calcitriolo, calcifediolo),
integratori minerali (calcio carbonato, potassio cloruro), antitrombotici (es. warfarin), farmaci antianemici (es. cianocobalamina), cardiologici (es. digossina, chinidina, propafenone), diuretici (furosemide, spironolattone), sostanze ad
azione sul sistema renina-angiotensina (enalapril), ormoni
sessuali e modulatori del sistema sessuale (es. testosterone
undecanoato, etinilestradiolo, estradiolo), corticosteroidi sistemici (prednisone), farmaci per la terapia tiroidea (levotiroxina sodica), antibatterici per uso sistemico (es. benzatinica),
antineoplastici (idrossiurea), antigottosi (es. piperazina).
- Medicinali di Classe A rimborsati dal SSN ma la cui prescrizione è regolata da nota AIFA: si tratta di farmaci per disturbi correlati alla secrezione acida (es. ranitidina), inibitori
della pompa, immunostimolanti (interferone) e sostanze per
il trattamento delle malattie delle ossa (es. acido clodronico,
statine)
- Medicinali di Classe C per i quali non è prevista alcuna rimborsabilità da parte del SSN: tra questi vi sono farmaci
usati nel diabete (acarbosio), vitamine (es. vit. A, vit. E, vit.
B6, vit. C), integratori minerali (zinco solfato), ormoni sessuali
e modulatori del sistema sessuale (levonorgestrel), anestetici
(lidocaina+prilocaina).
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È VERO CHE UNO STILE DI VITA
CORRETTO PUÒ SVOLGERE
UN’AZIONE SINERGICA ALLA
TERAPIA?
VERO. Oltre alla terapia ferrochelante per il sovraccarico di
ferro da dipendenza trasfusionale, i pazienti possono seguire quotidianamente alcune indicazioni per migliorare la loro
qualità di vita.
Nutrizione
Generalmente non è necessario un regime dietetico particolare, tranne nei casi in cui non vi siano prescrizioni specifiche.
Durante la crescita si raccomanda una
Vitamina E
normale assunzione energetica con un
adeguato contenuto in grassi e zuccheri.
Il suo fabbisogno è elevato nella
talassemia, ma l’efficacia e l’inNell’adolescenza e nella vita adulta può
nocuità della sua assunzione non
essere utile una dieta povera di carboidrati
sono state formalmente dimostrate e attualmente non se ne racraffinati per prevenire o ritardare l’insorgencomanda l’uso.
za di una ridotta tolleranza al glucosio o il
diabete.
L’aumentato assorbimento di ferro gastrointestinale è caratteristico della talassemia, perciò una diminuzione dell’assorbimento di ferro assunto con la dieta attraverso il consumo di alimenti
a basso contenuto di ferro, può essere di aiuto nei soggetti talassemici. Il ferro è presente nella maggior parte degli alimenti, tuttavia la dieta può essere modificata assumendo quegli alimenti
che ne riducono l’assorbimento rispetto a quelli che l’aumentano: gli alimenti ricchi in calcio, come il latte e i prodotti caseari,
sono in grado di diminuire l’assorbimento del ferro, per questo
sarebbe preferibile un’assunzione di latte giornaliera, utile anche
per la prevenzione contro l’osteoporosi.
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Anche i cereali sono in grado di ridurre l’assorbimento di ferro
a livello gastrointestinale e contrastano l’effetto della vitamina C,
che invece ne aumenta l’assorbimento.
Cure di supporto
La somministrazione di sostanze supplementari deve essere
eseguita con particolare attenzione sotto continuo monitoraggio per prevenire gli effetti tossici.
Calcio: nei soggetti talassemici diversi sono i fattori che comportano perdita di calcio, e la somministrazione di supplementi
dovrebbe essere fatta solo su precisa indicazione. La vitamina
D può essere somministrata per stabilizzare il bilancio del calcio,
specialmente se presente ipotiroidismo.
Acido folico: i pazienti con talassemia non trasfusi o a basso
regime trasfusionale hanno un consumo di folati aumentato e
possono sviluppare un deficit di folati. Se necessario possono essere prescritti supplementi di acido folico (1 mg/die).
Vitamina C: il sovraccarico di ferro provoca una maggiore
percentuale di ossidazione della vitamina C causando in alcuni
pazienti un suo deficit. La vitamina C aumenta il ferro disponibile
per la chelazione aumentando quindi l’efficacia della deferoxamina, ma aumenta anche l’assorbimento gastrointestinale del
ferro e quindi la tossicità.
Pertanto il supplemento deve essere assunto solo dai pazienti
in trattamento con deferoxamina, qualora necessario. E’ opportuno evitare farmaci, come aspirina o compresse per la gola,
così come certi alimenti nutricentrici contenenti vitamina C.
Zinco: durante la terapia chelante può instaurarsi un deficit di
zinco. I supplementi vanno somministrati sotto stretto monitoraggio clinico e di laboratorio.
Sostanze di abuso
Alcool: il suo uso deve essere scoraggiato nei pazienti talassemici poiché potenzia il danno ossidativo del ferro e aggrava gli
effetti dei virus dell’epatite sul tessuto epatico. La contemporanea presenza di questi tre fattori aumenta la probabilità di sviluppare cirrosi ed epatocarcinoma. L’eccessivo consumo di alcool
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provoca anche diminuita formazione ossea che rappresenta un
fattore di rischio di osteoporosi. Inoltre non è da sottovalutare l’interazione dell’alcool con svariati farmaci.
Fumo: il fumo di sigaretta può avere direttamente un effetto
negativo sul rimodellamento osseo che è associato ad osteoporosi e ha numerosi effetti nocivi sulla salute, in generale.
Droghe: in molti Paesi, il loro uso è comune tra gli adolescenti e i giovani adulti, ma per un individuo con malattia cronica
possono essere un serio pericolo per una condizione che è già
compromessa, sconvolgendo il delicato equilibrio dei fattori che
regolano la salute fisica e mentale. Il personale medico deve
aiutare il paziente a mantenere questo punto di vista, tenendo in
considerazione le sfide che un adolescente si trova ad affrontare
durante la crescita. Vi è il rischio, come per ogni adolescente,
che l‘assunzione di droghe possa essere un modo per adattarsi
ai loro comportamenti.
Per un giovane con una forma di malattia cronica, sentimenti
di dipendenza, differenza e ansietà possono “motivare” il paziente a cercare la “normalità” attraverso un comportamento
di abuso.
Sport
In generale l’attività fisica deve essere sempre incoraggiata
e non c’è alcuna ragione per impedire ad un paziente talassemico di impegnarsi in attività fisiche nei limiti di quello che è
interessato o capace di fare, a meno che non vi sia una precisa
indicazione medica.
Le condizioni che impongono particolare attenzione sono:
- splenomegalia (evitare sport con rischio di trauma addominale)
- cardiopatia (moderare l’attività fisica)
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- osteoporosi (evitare sport da contatto, che espongono al rischio di fratture).
È VERO CHE È SCONSIGLIABILE
PER I PAZIENTI TALASSEMICI AVERE
FIGLI?
FALSO. I miglioramenti dei protocolli terapeutici nei Paesi industrializzati rende oggi possibile la genitorialità per i pazienti
talassemici.
I fattori che hanno rappresentato ostacoli alla genitorialità sono stati, sia nell’uomo sia nella donna, l’assenza o
il ritardo dello sviluppo sessuale, vissuto dai pazienti come
particolarmente frustante e la possibile
Gravidanza e rischi
trasmissione di infezioni virali. Ad oggi
La
gravidanza
non altera la storia
questi ostacoli risultano ampiamente
naturale della talassemia. I rischi
superati, ma resta il problema di pianifimaggiori associati alla gravidancare le gravidanze in maniera responsaza di una paziente talassemica
sono un aumento delle possibilità
bile allo scopo di evitare ogni situazione
del ritardo di crescita fetale ed il
di rischio. Una stretta collaborazione tra
parto pre-termine.
l’ematologo e l’ostetrico-ginecologo
rappresenta il presupposto per gestire
la gravidanza al meglio.
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È POSSIBILE EVITARE LA NASCITA
DI FIGLI TALASSEMICI?
VERO. Per favorire la prevenzione dovrebbe essere previsto
uno screening per la talassemia in ogni programma di prevenzione nazionale a partire dalla pubertà, prima della gravidanza o all’inizio della stessa.
I programmi di prevenzione esistenti in Italia hanno ottenuto grandi risultati già nel passato. Poiché viviamo in un Paese
in cui la talassemia è endemica, per essere realmente efficaci tali programmi dovrebbero essere estesi a tutti i giovani,
con ampi screening non limitati solo alle coppie a rischio.
Cifre… per avere un’idea
Ogni anno in tutto il mondo nascono circa 300.000-500.000 bambini affetti da talassemia, numero
ancora troppo elevato. Per cui
ancora molto c’è da fare per
adeguare le misure di prevenzione, soprattutto nei Paesi in via di
sviluppo.
D’altro canto se una coppia, in cui
uno o entrambi i genitori sono malati/
portatori di talassemia, decide di avere
dei figli deve innanzitutto essere informata del rischio di avere un figlio malato e
anche della possibilità di chiedere diagnosi prenatale, elemento importante di
prevenzione che consente ai genitori di
decidere se continuare la gravidanza o
interromperla.
La diagnosi di talassemia prima della nascita del feto può
avvenire attraverso la biopsia dei villi coriali, l’amniocentesi, la cordocentesi o con la tecnica innovativa della celocentesi. La scelta del tipo di esame dipende dal periodo di
gravidanza al momento della osservazione e dal risultato di
indagini preliminari dei genitori.
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La biopsia dei villi coriali può essere eseguita in un periodo
molto precoce di gravidanza, a partire dalla 10a settimana.
Attraverso l’estrazione del DNA dal tessuto placentare del
feto è possibile valutare la presenza di mutazioni geniche.
L’amniocentesi è una procedura che si esegue dopo la
15a settimana di gravidanza la quale consente il prelievo di
liquido amniotico dalla cavità uterina tramite un sottile ago
introdotto attraverso l’addome materno.
La cordocentesi è un prelievo, sotto controllo ecografico,
di alcune gocce di sangue cordonale effettuato con un ago
molto sottile, che non entra a contatto con il feto. Questo
esame si può svolgere dalla 8a alla 22a settimana di gravidanza.
La celocentesi è una tecnica nuova
di diagnosi prenatale che ha dimostrato di poter dare risultati certi già dal 2°
mese di gravidanza, uno prima della
villocentesi, e questo è il principale, ma
non l’unico, vantaggio. Il prelievo del liquido dal celoma, che contiene cellule
fetali, avviene, infatti, attraverso la vagina, senza dover perforare il sacco amniotico e la placenta, con ridotti rischi di
provocare malformazioni al feto.
Celocentesi
La precoce diagnosi offerta da
questa tecnica consente alle
coppie che scelgono l’interruzione di gravidanza di ricorrere
all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e non all’aborto
terapeutico, con parziali benefici
per la donna sia dal punto di vista
fisico che emotivo.
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ESISTONO STUDI CHE CONTEMPLANO LA POSSIBILITÀ DI INTERVENIRE SU UN FETO AFFETTO DA TALASSEMIA?
VERO. Vi è una linea di ricerca molto promettente che potrebbe dare una svolta alla terapia prenatale di talassemia.
Il trapianto ‘in utero’ consiste nella correzione in utero della talassemia attraverLa ricerca va ancora potenziata
so l’infusione di cellule staminali nel core sostenuta affinché un bambino
talassemico che nasce oggi abdone ombelicale. Attualmente vengono
bia una possibilità non trascurabiutilizzati diversi protocolli e recenti studi
le di poter ricevere una cura dehanno ottenuto l’evidenza di attecchifinitiva entro l’arco della sua vita.
mento di cellule staminali paterne in feti
affetti da talassemia trapiantati durante il
secondo trimestre di gravidanza.
Sosteniamo la ricerca!
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SI PUÒ GUARIRE DALLA TALASSEMIA?
VERO. Con il trapianto di cellule staminali midollari effettuato
in bambini o pazienti molto giovani, si riesce a raggiungere fino al 90% di guarigione, ed anche i risultati di trapianti
non da fratelli o che utilizzano cellule di cordone ombelicale
sono incoraggianti. Solo nei pazienti trapiantati in età adulta permane un rischio elevato di ritorno della malattia che
compromette il risultato finale.
Il trapianto di midollo osseo nella talassemia dovrebbe essere preso in considerazione per i pazienti in età precoce o
prima che si siano sviluppate le complicanze dovute al sovraccarico marziale. Il medico, il paziente e i familiari devono
comunque valutare i relativi vantaggi e svantaggi del trapianto e della terapia convenzionale.
La possibilità di eseguire il trapianto di
midollo osseo è legata alla disponibilità
di un donatore compatibile familiare o
non.
Un po’ di numeri…
Dal 1981 è stata acquisita una
notevole esperienza clinica con
più di 1500 trapianti di midollo osseo effettuati nei centri di tutto il
mondo.
Sono state individuate tre classi di
pazienti sulla base di tre fattori di rischio
(terapia ferrochelante inadeguata, presenza di fibrosi epatica, epatomegalia), che hanno un’importanza notevole sui
risultati post-trapianto: i pazienti in ‘classe I’ non hanno nessuno di questi fattori di rischio, i pazienti in ‘classe II’ ne hanno
uno o due, i pazienti in ‘classe III’ presentano tutti e tre i fattori
di rischio.
Il follow-up clinico in seguito al trapianto di midollo osseo è
particolarmente importante. Nel corso del primo anno è essenziale l’accurato monitoraggio dei parametri ematologici
per valutare l’attecchimento, le complicanze infettive e la
malattia da trapianto contro l’ospite.
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ESISTONO ALTRE TERAPIE ‘NON
FARMACOLOGICHE’ OLTRE AL
TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO?
VERO. Il trapianto da cordone ombelicale. Con questa tecnica, che offre diversi vantaggi rispetto al trapianto di midollo, si è avuta una riduzione notevole della mortalità, ma un
incremento delle possibilità di mancato attecchimento e di
ritorno della malattia.
Un tipo di trapianto che negli ultimi
anni ha suscitato notevole interesse è
Ad oggi sono stati eseguiti in tutquello da cordone ombelicale. L’uso di
to il mondo circa 6000 trapianti
con cellule staminali da cordone
cellule staminali ottenute dal sangue di
ombelicale. Il primo trapianto è
cordone ombelicale raccolto al momenstato eseguito a Parigi nel 1988, in
un bambino affetto da una grato del parto offre diversi vantaggi tra cui
ve forma di anemia, utilizzando il
la possibilità di avere un pool più ampio
cordone ombelicale della secondi donatori e la facilità con cui si ottengoda gravidanza della mamma.
no le cellule staminali alla nascita, spesso
in quantità sufficiente per una valida donazione, evitando i tempi di attesa per la disponibilità di un
donatore.
…e ancora
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E IN CAMPO FARMACOLOGICO
LA RICERCA FA SPERARE IN PROSPETTIVE FUTURE?
VERO. Tra le terapie ‘sperimentali’ rientrano le terapie farmacologiche con blandi chemioterapici, sostanze che agiscono sul ciclo cellulare determinandone un rallentamento o
addirittura un’interruzione, e consentono l’attivazione della
sintesi di emoglobina fetale.
Uno dei farmaci più utilizzati sperimentalmente è l’idrossiurea, farmaco sperimentato ormai da anni nella policitemia
vera e nella leucemia mieloide cronica, senza grossi effetti
collaterali. L’idrossiurea si è ormai affermata come farmaco
di scelta nella anemia falciforme e nella talassodrepanocitosi determinando in queste patologie una riduzione notevole
nel numero delle crisi di vaso-occlusioIdrossiurea
ne. Risultati non sempre ottimali si sono
Probabilmente nella talassemia
raggiunti con l’uso dello stesso farmaco
non ha gli stessi esiti positivi risconnella talassemia intermedia e nella tatrati nella drepanocitosi, perché
la maggior parte dei pazienti
lassemia major.
L’unico farmaco che ha determinato
un notevole incremento dell’emoglobina è la deossi-aza-citidina, ma questa
sostanza se somministrata per molto
tempo risulta essere cancerogena.
con talassemia sono trasfusionedipendenti: le frequenti trasfusioni
deprimono o sopprimono l’eritropoiesi endogena, particolarmente di quelle cellule che rispondono all’idrossiurea.
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UNA VITA SENZA TALASSEMIA,
SARÀ POSSIBILE CON LA TERAPIA
GENICA?
VERO. Il successo e i progressi nel campo scientifico della
cura della talassemia fanno si che questa rappresenti una
concreta possibilità in un futuro non troppo lontano. Tuttavia
è necessario ancora un maggior numero di studi per valutarne efficacia e sicurezza.
I globuli rossi sono continuamente prodotti a livello delle cellule staminali emoIl futuro è la terapia genica?
poietiche del midollo osseo. Quindi un
Alla fine del 2006 sono stati trattati
due pazienti con beta talassemia
trasferimento stabile di una copia normamajor. È ancora presto per sapere
le funzionante di una globina beta nelle
se vi sono i benefici attesi.
cellule staminali del paziente attraverso
la terapia genica determinerebbe la produzione di globuli rossi normali per tutta la vita.
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GLOSSARIO
ARTROPATIA: malattia di un’articolazione in genere, sia di natura infiammatoria
(artrite), sia di natura degenerativa (artrosi).
BETA-BLOCCANTI: farmaci che bloccano gli impulsi nervosi elettrici che stimolano il cuore, diminuendo l’attività cardiaca.
CARDIOMIOPATIA (o miocardiopatia): malattia del muscolo cardiaco primitiva (essenziale, da causa sconosciuta) o secondaria a varie cause (infettive,
da accumulo di sostanze tossiche come il ferro, nel corso di malattie generali
come l’ipertensione, il diabete, l’obesità ecc).
CIRROSI E FIBROSI EPATICA: malattia del fegato consistente in una degenerazione progressiva delle cellule epatiche, con aumento di volume e indurimento connettivali del tessuto connettivo che sta tra le cellule (fibrosi) e sua
successiva retrazione, per cui l’organo subisce gravi alterazioni strutturali, si
deforma, si indurisce e si atrofizza.
CITOPENIA: diminuzione del numero delle cellule del midollo osseo o del sangue.
COLLAGENE: proteina che entra nella composizione delle strutture organiche di
supporto e di connessione (tessuto connettivo), quali per esempio i tendini, le
cartilagini, i legamenti, la matrice organica delle ossa, ecc.
CRISI APLASTICA: sospensione dell’attività produttiva del midollo osseo che
provoca la forte riduzione o la scamparsa di tutti gli elementi midollari (globuli
rossi, globuli bianchi e piastrine) o anche solo dei globuli rossi determinando
anemia.
DIASTOLE: fase di dilatazione delle cavità cardiache, sia atriali sia ventricolari.
DISFUNZIONE DIASTOLICA: ostacolo nel riempimento cardiaco (fase della diastole).
DISPNEA: difficoltà, permanente o occasionale, della respirazione, dovuta a
restrizione delle via respiratorie con ostacolo alla circolazione dell’aria oppure
a malattie dell’apparato circolatorio, a cause di origine nervosa o stati tossinfettivi.
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DIURETICI: sostanze che favoriscono la diuresi (escrezione di urina).
EPATOMEGALIA: aumento di volume del fegato, sintomo di malattie proprie
dell’organo o di altri apparati (scompenso cardiaco, leucemie, ecc.), o di
malattie infettive (epatite virale, malaria, tifo e altre).
EPISTASSI: perdita di sangue dal naso, più o meno intensa, unica o ripetuta,
dovuta a cause locali (congestione o erosione della mucosa, traumi del
naso, ecc.) o generali (difetti della coagulazione su base genetica, ipertensione, infezioni).
EMIVITA PLASMATICA: parametro che indica il tempo necessario perché si
verifichi il dimezzamento della quantità di farmaco nel sangue.
ETEROZIGOSI: condizione genetica di una cellula o di un organismo costituita dalla presenza di una coppia di alleli diversi per un dato gene.
FOLLOW-UP: termine inglese utilizzato per indicare l’insieme dei controlli clinici e di laboratorio, eseguiti per un certo tempo, allo scopo di valutare il
decorso di una patologia oppure l’efficacia di una terapia.
FUNZIONE SISTOLICA: contrazione ritmica della muscolatura degli atri e dei
ventricoli del cuore, che si ripete alternativamente durante l’attività cardiaca.
GLUCURONIDAZIONE (o glucoronazione): reazione enzimatica che avviene
nel fegato in cui i farmaci o le sostanze tossiche esogene o endogene vengono combinati con acido glucuronico per formare prodotti inattivi e più
facilmente eliminabili dal rene (con le urine) o dal fegato (con la bile).
IDROPE FETALE: sindrome che insorge nel feto caratterizzata da un forte accumulo di liquidi (edama) e che può comparire in presenza di una grave
forma di anemia emolitica (per esempio alfa-talassemia, incompatibiltà da
fattore Rh).
HCV-RNA: indicatore più sensibile per individuare le persone infette da herpes virus C, il quale dimostra la presenza dell’RNA del virus attraverso la
tecnica di laboratorio chiamata PCR (Polymerase Chain Reaction). L’HCVRNA può essere dimostrato già pochi giorni dopo l’esposizione al virus, molto
prima della comparsa degli anticorpi.
IMMUNOGLOBULINE: famiglia di proteine distinte in base alla struttura molecolare. Ne fanno parte molecole che hanno funzione di difesa immunitaria
(anticorpi).
IPERSPLENISMO: sindrome caratterizzata da aumento di volume della milza,
primitiva (da cause sconosciute) o secondaria a varie malattie del midollo
osseo.
ISTOLOGIA: disciplina che studia la struttura della materia vivente a livello
microscopico e submicroscopico e in particolare l’organizzazione e le funzioni dei tessuti.
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LISOSOMA: organulo presente all’interno della cellula in grado di idrolizzare
pressoché tutte le macromolecole biologiche.
MEGALOERITEMA INFETTIVO: eritema infettivo o quinta malattia. Malattia esantematica benigna dell’infanzia, causata dal Parvovirus umano B19. Inizia con un intenso eritema (rossore) alle guance, non febbrile, che poi si estende alle gambe
e alle braccia. L’eritema impallidisce di solito in 1-2 giorni. La malattia può dare
complicazioni articolari (artriti e artralgie).
MEMBRANA CELLULARE: struttura complessa che delimita la cellula.
MIOCARDITE: processo infiammatorio a carico del miocardio. Può derivare da
una infezione (soprattutto delle vie aeree superiori, delle tonsille e dei denti) ma
anche da malattia reumatica, radiazioni ionizzanti, agenti chimici o fisici, farmaci. Nella maggioranza dei casi, le manifestazioni cliniche iniziali sono aspecifiche. Il decorso dipende, in genere, dalla tempestività della diagnosi (clinica
e di laboratorio) e da cure adeguate. Nella gran parte dei casi, la malattia
guarisce in 4-6 settimane.
MITOCONDRIO: organello contenuto nel citoplasma di ogni cellula. Contengono rilevanti sistemi enzimatici, che rappresentano le centrali energetiche della
cellula.
OMOZIGOSI: condizione caratterizzata dalla presenza parti di DNA/RNA identiche in punti specifici (loci) corrispondenti di una coppia di cromosomi.
SCREENING: termine inglese usato per indicare l’esame di un gran numero di
unità elementari dello stesso tipo (individui di una popolazione, eventi, ecc) alla
ricerca di quelle provviste di una particolare caratteristica o qualità.
SCOMPENSO CARDIACO: disfunzione miocardica sintomatica che provoca un
definito modello di risposte compensatorie emodinamiche, renali e neuro-ormonali. Comporta incapacità da parte del miocardio ad assicurare una portata cardiaca adeguata alle necessità dell’organismo, con conseguente diminuzione dell’apporto di sangue ai tessuti e ristagno venoso nel circolo polmonare
e sistemico. Le manifestazioni cliniche possono riflettere una compromissione
del ventricolo sinistro o destro (insufficienza).
SPLENOMEGALIA: aumento di volume della milza.
TRANSFERRINA: glicoproteina in grado di catturare il ferro (quello per es. di provenienza alimentare, assorbito dalla mucosa intestinale, e quello di derivazione
emoglobinica, dopo la dissoluzione dei globuli rossi) e di trasportarlo per via
ematica verso i tessuti vascolarizzati (soprattutto al midollo osseo, dove lo rilascia in modo che il ferro possa legarsi a punti specifici (recettori) della membrana degli eritroblasti.
TROMBOCITOPENIA: presenza nel sangue di un numero di piastrine inferiore a
100000/mm3.
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Fondazione Italiana “Leonardo Giambrone”
per la Guarigione dalla Thalassemia
redazione dei contenuti:
Dr.ssa Rossella Conte
revisione dei contenuti:
Dr.ssa Giusi Calvaruso, Dr.ssa Maria Cavallo,
Dr.ssa Mariagrazia Felisi, Dr.ssa Viviana Giannuzzi
coordinamento scientifico:
Prof.ssa Adriana Ceci, Dr.ssa Angela Iacono,
Prof. Aurelio Maggio, Dr. Loris Brunetta
Realizzato nell’ambito del Settimo Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico
HEALTH-F4-2010 - SP1 - Cooperation - G.A. n° 261483
Progetto DEEP - Coordinatore Consorzio per Valutazioni Biologiche e Farmacologiche
Responsabile del Progetto Dr. Donato Bonifazi
In conclusione dopo aver letto queste pagine
speriamo di averti dato qualche informazione in più
per vivere meglio con la talassemia,
comprendere la cura ed evitare le complicanze!
Ma in fin dei conti, cosa volete che vi dica? Sto imparando la vita, come tutti.
(Andrea Mucciolo)
ELABORAZIONE GRAFICA A CURA DI PUGLIA LAVORO E COMUNICAZIONE SCRL - [email protected]
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