Progetto RETE ADRIA Rete Antiviolenza per le Donne, le madRi e le Immigrate nell’Adriatico Presentazione del Progetto RETE ADRIA Il Progetto RETE ADRIA – Rete Antiviolenza per le Donne, le madRi e le Immigrate nell’Adriatico – intende costruire una Rete Adriatica Intercomunale di servizi contro le violenze di genere, con lo scopo di rafforzare l’azione di contrasto alla violenza dei Comuni adriatici. La Rete ADRIA si sviluppa su 4 Province e 3 Regioni (Abruzzo, Marche, Emilia Romagna) della costa adriatica, i cui Comuni condividono omogeneità nell’epidemiologia e nella multifattorialità della violenza di genere, connesse in particolare alla posizione geografica: la spiccata vocazione turistica e la forte esposizione ai flussi migratori sono causa di specifiche condizioni di VdG, come gli incrementi dei casi di violenza nella stagione estiva (spesso in danno di turiste donne) e le violenze connesse alla prostituzione di donne e minorenni (con fenomeni locali di turismo sessuale). Tali peculiarità si sommano alle similarità in termini di dimensione, densità abitativa e condizione socio-economica, che danno al fenomeno delle VdG una caratterizzazione di tendenziale uniformità nell’area. Il Progetto, promosso dal Comune di Roseto degli Abruzzi, in partenariato con i Comuni di San Salvo, Cervia, Porto San Giorgio, la Fondazione Maria Regina e l’Associazione Focolare Maria Regina – Centro Studi Sociali, è finanziato dal Dipartimento per lo Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e ha come obiettivi prioritari di «aumentare la capacità di risposta del sistema dei servizi locali dell’area adriatica per la presa in carico e la cura delle vittime di VdG» e di è di “qualificare e professionalizzare l’intervento dei servizi di 1° e 2° livello per la prevenzione e l’emersione di tutte le forme di violenza di genere, e la presa in carico delle vittime”. Il Progetto individua e approfondisce 4 focus tematici relativi alle diverse manifestazioni della violenza contro le donne nei Comuni adriatici: A) La protezione e la prevenzione dalla violenza nelle città adriatiche; B) Violenza di genere e multiculturalità; C) Violenza di genere in ambiente domestico; D) Violenza e atti persecutori contro madri e bambine. Per ciascun focus tematico, sono stati realizzati uno studio per indagarne la fenomenologia rispetto al territorio del Progetto, ed una guida tematica diretta a fornire indicazioni specifiche e concrete su come prevenire e contrastare la violenza contro le donne, con riferimento sia ai comportamenti delle potenziali vittime che alle iniziative che gli Attori istituzionali locali dovrebbero porre in essere per evitare il verificarsi di futuri casi. Insieme alla produzione di ricerche e guide operative, il Progetto promuove la formazione e lo scambio tra operatori finalizzati a rafforzare il coordinamento intercomunale dei Comuni della Costa adriatica, attraverso workshop tematici per ampliare le conoscenze e competenze sugli specifici focus tematici organizzati dai Comuni partner del Progetto. Nella primavera del 2010, presso il Centro Studi Sociali di Scerne di Pineto, si sono svolti 3 Master class sulla violenza di genere, diretti a sperimentare strumenti di interventi e modelli di lavoro in rete: “Atti persecutori (stalking) sulle donne e le bambine: definizione, epidemiologia e strumenti di intervento”; “La violenza domestica e la violenza assistita: modelli di intervento”; “Modelli e strumenti di buone prassi di protezione ed accoglienza delle donne vittime di violenza”. Hanno preso parte ai Master class 103 operatori dei servizi pubblici e privati di 1° e 2° livello, 1 che lavorano nell’ambito della prevenzione e della protezione dalla violenza di genere sui territori della costa adriatica. Il Catalogo dei servizi e delle buone prassi per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere nelle città adriatiche, infine, in fase di realizzazione da parte del Comune di Roseto, sarà uno strumento di supporto agli operatori per migliorare metodologie e procedure di lavoro e aumentare la conoscenza delle risorse del territorio, al fine di stimolare un lavoro di rete, anche interregionale. Introduzione Questa guida è rivolta agli operatori dei servizi pubblici, privati, ai professioni (servizi sanitari, sociali, forze dell’ordine, psicologi, avvocati, ecc…) e a tutti gli operatori – attori della comunità (insegnanti, parroci, proprietari di stabilimenti balneari, pub, discoteche, ecc…) che possono venire direttamente o indirettamente coinvolti nel contrasto alla violenza di genere. Il presente lavoro ha una duplice finalità: quella di informare sui principali aspetti del fenomeno della violenza di genere nelle città delle Regioni Adriatiche, e quella propositiva, in quanto contiene delle linee guida di intervento per la presa in carico della donna che subisce violenza e per la predisposizione di misure di prevenzione della violenza alle donne. La guida fornisce, inoltre, delle indicazioni concrete su come accogliere una donna che ha subito o subisce violenza e sul lavoro in rete in quanto per aiutare una donna vittima di violenza o per prevenire i fenomeni di violenza sono necessari interventi multidisciplinari. E’ inoltre importante sottolineare come la presenza del Centro Antiviolenza o Casa delle Donne possa essere di maggior supporto sia per gli operatori ma soprattutto per la donna in quanto, quest’ultima, nel Centro può trovare accoglienza, segretezza e anonimato, per questo si auspica che in tutte le città possa nascere un Centro Antiviolenza. 1. Il fenomeno della violenza di Genere Con il termine violenza l’OMS (2002) intende “l’uso intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro se stessi, altre persone o contro un gruppo o una comunità, da cui conseguono o da cui hanno un’alta probabilità di conseguire lesioni, morte, danni psicologici, compromissioni nello sviluppo (maldevelopment) o deprivazioni”. La violenza viene esercitata quando si vuole mettere l’altro in una condizione di subordinazione, di controllo e scaturisce da un’incapacità di gestire il conflitto. Si parla di violenza negli stadi, sui posti di lavoro, ai danni degli operatori ma il fenomeno più sommerso è quello della violenza sulle donne e sui minori. In una prospettiva di genere, la Violenza contro le donne (o Violenza di Genere, VdG) è definita come “ogni atto di violenza basato sul genere, che provoca, o potrebbe provocare, danni e sofferenze fisiche, sessuali o mentali alle donne, comprese la minaccia di questi atti, la coercizione e l’arbitraria limitazione della libertà, sia nell’ambito della vita pubblica che della vita privata” (Fact Sheet n. 239/2009, OMS). La violenza sulle donne è l’intenzione di utilizzare e ricorrere alla forza per raggiungere il proprio scopo nel corso di un conflitto. È un fenomeno trasversale in quanto interessa ogni strato sociale, economico e culturale senza differenza di razza, religione o età. 2 La violenza è un fenomeno di genere e viene esercitata dall’uomo sulla donna. La maggior parte delle aggressioni avviene in ambito domestico e da persone conosciute. E’ un fenomeno trasversale, interessa ogni strato sociale, economico, culturale, senza differenze di razza, età o religione. La violenza è l’intenzione di utilizzare e ricorrere alla forza per raggiungere il proprio scopo nel corso di un conflitto. La violenza domestica è la causa principale di morte e di invalidità per le donne di età compresa tra i 16 e i 44 anni; da un rapporto presentato al Consiglio d’Europa nel 1997 emerge che la violenza sulle donne è un fenomeno esteso: 1 donna su 5 subisce nel corso della sua vita uno stupro o un tentativo di stupro, quasi tutte le donne hanno subito una o più molestie sessuali e 1 donna su 4 fa l’esperienza di essere maltrattata da un partner o un ex. Spot contro la violenza sulla donne all’interno dei rapporti di fiducia: http://www.youtube.com/watch?gl=IT&hl=it&v=Ly1FS8Bbclw Quando si parla di violenza contro le donne si pensa subito alla violenza sessuale, ma vi sono anche altre forme di violenza, importanti da conoscere per poterle identificare: violenza fisica, economica, psicologica, assistita, il mobbing e lo stalking. 3 VIOLENZA SESSUALE Consiste nel coinvolgimento in attività sessuali imposte; può avvenire all’interno del rapporto di coppia attraverso l’imposizione alla donna di rapporti sessuali indesiderati VIOLENZA FISICA Si tratta di atti volti a far male o spaventare. Alcuni esempi: spingere, afferrare o storcere le braccia, schiaffeggiare, mordere, pizzicare, prendere a calci, tirare i capelli, prendere per il collo, bruciare VIOLENZA PSICOLOGICA Si tratta di forme di violenza che possono comprendere minacce e ricatti alla donna o ai suoi figli, umiliazioni pubbliche e private, continui insulti, controllo o imposizione delle scelte, ridicolizzazione ecc. VIOLENZA ECONOMICA Comprende tutto ciò che, direttamente o indirettamente, costringe, o contribuisce a mantenere, la donna ad una situazione di dipendenza VIOLENZA ASSISTITA Si tratta di situazioni in cui, anche passivamente, si assiste ad un episodio di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, compiuta su persone di riferimento o comunque significative, adulte o minori. E’ una terminologia di norma utilizzata per riferirsi ai minori che in casa assistono alla violenza MOBBING E’ una forma di terrore psicologico, esercitata di norma sul posto di lavoro, attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori. Può avere come scopo il licenziamento STALKING Vera e propria forma di persecuzione che si protrae nel tempo, fa sentire la vittima controllata e in uno stato di tensione e pericolo costante. Generalmente avviene al termine di una relazione o nei casi in cui non si è ricambiati nel sentimento. Si manifesta con telefonate a qualsiasi ora del giorno e della notte, pedinamenti, intrusioni nella vita lavorativa e privata, insulti, utilizzo di amici e parenti per comunicare, controllare o molestare Dalla ricerca dell’Istat del 2006 (La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia), condotta su un campione di 25 mila donne tra i 16 e i 70 anni, sono state stimate in 6 milioni 743 mila le donne vittima di violenza fisica o sessuale, 2 milioni 77 mila le donne che hanno subito stalking e 7 milioni 134 mila le donne che subiscono violenza psicologica. Gli 4 autori della violenza, nella maggior parte dei casi, sono il compagno, il marito o l’ex. Nella ricerca si affronta il tema della violenza dentro e fuori dalla famiglia e si evidenzia che quando l’autore delle violenze è uno sconosciuto le violenze si verificano principalmente sui mezzi pubblici, in strada, in stazione, negli aeroporti o in luoghi pubblici come la discoteca, il pub o il cinema, mentre nel caso in cui l’autore è un parente o un amico di famiglia la violenza avviene all’interno della casa familiare. Per approfondimenti: documentario di presentazione della ricerca ISTAT 2006 http://www.youtube.com/watch?gl=IT&hl=it&v=v23xEnwBu9Q Quando si accoglie una donna che ha subito violenza in ambito domestico ci si domanda “come mai non lo lascia?”. Per rispondere a questo quesito è necessario aver ben chiare le conseguenze della violenza, che mina l’identità della persona e provoca danni a livello psicologico, sociorelazionale e fisico. Socio-relazionali: perdita di fiducia negli altri, isolamento sociale, assenze sul lavoro, licenziamento, perdita di amici, ecc. Conseguenze della violenza sulle donne Psicologiche: scarsa autostima, depressione, disturbo post traumatico da stress, disturbi alimentari, ansia e attacchi di panico, ecc. Fisiche: sintomi gastrointestinali, sessuali e riproduttivi, danni fisici (tagli, invalidità..), ecc.. Nell’ambito del Progetto RETE ADRIA (Rete Antiviolenza per le Donne, le madRI e le Immigrate nell’Adriatico) è stata effettuata una ricerca che ha avuto lo scopo di analizzare le caratteristiche della Violenza di genere nelle città adriatiche, secondo la prospettiva di salute pubblica adottata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (World report on Violence and Health, 2002), secondo la quale la violenza sulle donne è il più grande problema di salute pubblica e dei diritti umani violati nel mondo. Questo approccio considera la violenza come il risultato non di un solo fattore ma di una complessa interazione di fattori individuali, 5 relazionali, sociali, culturali e ambientali. I risultati della ricerca (effettuata attraverso interviste ad un campione di psicologi, assistenti sociali, avvocati, operatori 118, personale medico-infermieristico, operatori socio-sanitari, rappresentanti delle Forze dell’Ordine, dirigenti comunali e operatrici d’accoglienza di due centri antiviolenza) evidenziano che le caratteristiche turistiche balneari delle città della costa adriatica possono avere, nel periodo estivo, un’incidenza sul possibile aumento di episodi di violenza contro le donne; l’alta presenza di locali notturni e stabilimenti balneari unita al fenomeno della prostituzione forzata risultano esserne fattori predisponenti. La presenza di locali notturni e stabilimenti balneari fa sì che diminuisca il senso di sicurezza da parte delle donne che possono incorrere in episodi di violenza. L’uso di droghe e di alcool acutizzano il problema della violenza ma non ne sono la causa. La prostituzione forzata rappresenta il peggiore degli aspetti del processo immigratorio femminile: le donne vengono in Italia alla ricerca di un lavoro e di un Paese migliore dove vivere ed invece sono costrette a prostituirsi in condizioni di clandestinità, del tutto prive di tutela e protezione contro gli sfruttatori. Inoltre sperimentano tutte le forme di violenza e le strategie di sopravvivenza sono molteplici (esempio estraniamento) ma vi è la consapevolezza da parte della donna di subire violenza e di coltivare l’idea di sottrarsi non appena si presenti l’occasione. Nonostante la rilevata correlazione tra vocazione turistica e possibile incremento della violenza sulle donne nel periodo estivo, la ricerca conferma che la maggior parte degli episodi di violenza denunciati e/o seguiti dai servizi competenti sono quelli che si consumano nelle relazioni di intimità ovvero di violenza domestica. 2. La prevenzione: linee guida di intervento Le iniziative attuate per contrastare il fenomeno della violenza sono molteplici. Molti interventi sono realizzati dai Centri Antiviolenza e dalle Case delle donne e consistono soprattutto nell’organizzare corsi di formazione nelle scuole, per le Forze dell’Ordine, Servizi Sociali, Azienda Sanitaria, al fine di poter costruire un linguaggio condiviso ed una rete che permetta di accogliere e sostenere la donna nel suo percorso di uscita dalla violenza. Altre iniziative importantissime sono le campagne di informazione e di sensibilizzazione rivolte alle vittime come quella, ad esempio, sullo stalking. Per Centro antiviolenza, generalmente, si intende un luogo fisico in grado di rispondere in maniera completa ai bisogni della donna che ha subito violenza, potendo fornire sia sostegno o consulenza (psicologica, legale, ecc.), che ospitalità. Il termine Casa delle donne è equivalente nel significato a quello di centro antiviolenza ma viene preferito da alcune associazioni italiane per il suo richiamo alle donne ed al femminismo. Un’iniziativa interessante in ambito di prevenzione è stata la produzione di un CD-rom “La casa sul filo – suggerimenti per un percorso di educazione antiviolenta”(a cura di Letizia Lambertini, servizio stampa della Regione Emilia Romagna, 2002) che contiene una lezione multimediale sull’educazione alla differenza, alla relazione di genere fino alla riflessione sul fenomeno e sulle dinamiche proprie della violenza contro le donne. 6 Il 25 Novembre è la giornata mondiale contro la violenza alla donna e in tale occasione tutti i centri antiviolenza organizzano eventi e manifestazioni per sensibilizzare la cittadinanza. A livello istituzionale, oltre a campagne pubbliche, sono state attivate numerose iniziative per favorire la denuncia degli episodi di violenza; si ricorda il numero verde Antiviolenza Donna 1522 attivato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, nel 2006: Spot promozionale del numero verde Antiviolenza Donna 1522: http://www.youtube.com/watch?v=LT9FEY-iukg E’ fondamentale predisporre una prevenzione primaria avente lo scopo di far nascere, ed in seguito radicare, una cultura del rispetto e della non violenza attraverso progetti di formazione fin dalle scuole materne. Nelle città a vocazione turistica è importante far prevenzione nei locali notturni e negli stabilimenti balneari attraverso campagne informative, (ad esempio con materiale o decaloghi sul tema della violenza, sui centri antiviolenza, fornendo indicazioni su come proteggersi) serate a tema con il coinvolgimento dei gestori dei locali notturni (si ricorda la notte rosa) e l’incremento della vigilanza notturna. La prevenzione accresce ed aumenta la sua efficacia anche grazie alla creazione di una rete territoriale interistituzionale competente, questo può avvenire attraverso una formazione congiunta che abbia le seguenti finalità: la conoscenza reciproca, la comprensione del fenomeno, la creazione di un linguaggio condiviso, la formulazione di protocolli operativi e la costituzione di un tavolo che permetterà uno scambio permanente atto ad affrontare le eventuali criticità. 3. La presa in carico e il lavoro di rete: linee guida di azione Per aiutare una donna che subisce violenza occorre prenderla in carico mediante un lavoro multidisciplinare ed attivando una rete con le varie Istituzioni. Nell’interazione con la donna bisogna tenere in considerazione che nella relazione violenta essa perde la propria identità e autostima, la salute, le proprie relazioni affettive e sociali, l’autonomia e spesso il lavoro; queste conseguenze sono spesso anche alla base della difficoltà che la vittima ha ad ammettere la violenza e della frequente ritrattazione dopo la denuncia. Bisogna tenere conto che la violenza agita contro le donne spesso è una violenza domestica, spesso assai difficile da denunciare: l’aggressore è spesso il compagno, marito, padre dei figli. Inoltre raccontare di essere vittime di violenza significa anche esporsi con la paura di non essere credute e ricevere dei giudizi. 7 Il frequente perdurare della condizione di vittima in una relazione violenta è legata alla tendenziale ciclicità dei rapporti che si instaurano in questo tipo di relazioni: all’inizio le donne segnalano un progressivo peggioramento degli atteggiamenti del partner che diventa sempre più aggressivo intensificando tutte le forme dell’abuso abituale. Poi si assiste ad uno scoppio della tensione, che può assumere forme diverse: azioni che costituiscono un pericolo di vita per le donne, minacce di aggressioni verbali, umiliazioni. In questa fase, di solito la donna chiede aiuto ma poi il marito o il partner chiede scusa e promette di “non farlo più”, tornando l’uomo di cui la donna si è innamorata (c.d. fase luna di miele). La donna gli dà un’altra possibilità ma poi dopo un po’ il compagno torna a riprendere il comportamento violento. QUANDO UNA DONNA CHIEDE AIUTO È UTILE SAPERE E RICORDARE CHE: Ha già cercato aiuto fra le 5 e le 12 volte, prima di ricevere una risposta appropriata e di supporto. La violenza provoca nelle donne ansia, depressione, disorientamento. Cercare aiuto all’esterno è un passaggio di un lungo percorso. La donna sceglie la relazione e non la violenza. Non c’è mai nessuna giustificazione alla violenza. Familiari, amici e parenti La speranza che il partner sono generalmente i primi cambi è spesso la ragione soggetti a cui la donna chiede principale che tiene per anni aiuto. le donne maltrattate nella relazione. cosa fare quando si incontra una donna che subisce violenza? Se si vuole aiutare una donna che subisce violenza è fondamentale non giudicarla, essere chiari sul fatto che lei non ha colpa della violenza subita, individuare insieme dei modi che le permettano di trovare aiuto in caso di emergenza (come ad esempio telefonare alle Forze dell’ordine) e consigliarle di rivolgersi ad un Centro Antiviolenza. Per poter accogliere una donna che subisce violenza è necessario che consideriamo la violenza, soprattutto quella domestica, un evento possibile; questo permetterà di valorizzare il vissuto della donna, la quale non si sentirà sola e verrà rafforzata nella sua capacità di cercare aiuto. È utile rivolgere alla donna domande aperte ovvero che presuppongono risposte strutturate (ad esempio “mi racconti come è successo?”). Le difficoltà che si trovano quando si vuole aiutare una donna che ha deciso di interrompere una relazione violenta sono soprattutto relative al tema della sicurezza e della protezione, 8 dell’autosufficienza economica, della reperibilità di una casa e della gestione dei figli. Ma anche se la donna decide di rimanere con il partner violento, è fondamentale che gli operatori la supportino nel valutare il rischio potenziale di letalità e nel trovare i mezzi per assicurare la sua sicurezza e per quella dei suoi figli. VALUTARE IL POTENZIALE DI LETALITÀ La compresenza di tre, o più, di questi fattori è indice di un alto rischio di letalità: l la donna riferisce di temere per la propria vita; l episodi di violenza contro la donna accadono anche fuori casa; l il partner è violento anche nei confronti di altri; l il partner è violento anche nei confronti dei/delle figli/figlie; l il partner ha usato violenza alla donna anche durante la gravidanza; l il partner ha agito violenza sessuale contro la donna; l il partner minaccia di uccidere lei o i/le figli/figlie e/o minaccia di suicidarsi; l è aumentata nel tempo la frequenza e la gravità degli episodi di violenza; l il partner abusa di droghe, soprattutto di quelle che determinano un aumento della violenza e della aggressività (cocaina, amfetamine, crack); l la donna programma di lasciare il partner, o di divorziare, nel prossimo futuro; l il partner ha saputo che la donna ha cercato aiuto esterno per porre termine alla violenza; l il partner dice di non poter vivere senza la donna, la pedina e la molesta anche dopo la separazione; l la donna ha riportato in precedenza lesioni gravi e/o gravissime; l presenza in casa di armi (soprattutto da fuoco) facilmente raggiungibili; l il partner ha minacciato le amiche/gli amici e/o i parenti della donna. Incoraggiare la donna a parlare con amici/parenti di ciò che sta accadendo, in modo da diminuire la sua condizione di isolamento. Se ci sono armi in casa, verificare se la donna può farle sparire o far sparire le munizioni. Suggerire alla donna di nascondere in un posto facilmente accessibile documenti ed effetti personali. Valutare se la presenza di una/un parente o amica/o in casa può funzionare da deterrente contro la violenza del partner. Prendere in considerazione anche i seguenti elementi: Esaminare le precedenti strategie di protezione che la donna ha messo in atto e considerare se potrebbero funzionare ancora. Se la donna ha intenzione di chiamare la polizia e non può utilizzare il telefono, verificare se è possibile avvisare in qualche modo un/a vicino/a. Esaminare con la donna la possibilità di attivare una rete di supporto utile nelle situazioni di emergenza. Verificare se è possibile prevedere l’escalation della violenza. 9 Il lavoro in rete spesso non è facile, a volte vi sono delle rigidità in quanto non si conoscono le competenze dei vari attori coinvolti, infatti per rispondere in maniera efficace alle necessità di una donna vittima di violenza è necessario mettere in rete varie istituzioni e associazioni di volontariato come mostrato nel seguente schema: Forze dell’Ordine Centro Antiviolenz a Servizi Sanitari Servizi Sociali Associazioni di volontariato Associazioni Femminili Centro per l’impiego Legali Mettere in rete i soggetti illustrati nello schema permetterebbe anche un monitoraggio sulla violenza attraverso la costruzione di una stessa scheda di raccolta di dati sulla donna che ha subito o subisce violenza che ogni soggetto coinvolto nella rete compilerebbe permettendo di avere una più chiara visione della situazione di quella donna e delle sue possibili altre richieste di aiuto. 10 A chi ci si può rivolgere FORZE DELL’ORDINE Le Forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Municipale) possono venire a conoscenza di un episodio di violenza, domestica e non, in due modi: direttamente (la donna può presentarsi personalmente per sporgere denuncia o chiedere informazioni oppure può chiamare i numeri di emergenza 112 e 113, per richiedere un intervento durante un episodio violento in corso) o indirettamente (l’intervento delle Forze dell’Ordine può essere richiesto, ad esempio, da un vicino di casa che sente urla, grida, ecc.). Nel caso in cui sia la donna a rivolgersi spontaneamente alle Forze dell'ordine è importante: Prima di iniziare il colloquio informare la donna su cosa andrà incontro e dei suoi diritti Se la donna si presenta con i figli bisognerebbe ricevere e sentire la donna da sola Nel caso in cui l’intervento venga richiesto, ad esempio, da un vicino di casa è importante ricordare che non è stata la donna a chiamare, per cui le sue reazioni all’arrivo dei rappresentanti delle Forze dell’Ordine possono essere le più diverse È possibile che la donna tenda a minimizzare, negare o giustificare la violenza subita per paura di ulteriori ritorsioni, oppure può assumere atteggiamenti non collaborativi; in questi casi, considerando che la vittima non è ancora pronta ad allontanarsi, è importante comunque fornirle alcune informazioni utili, come l’indicazione di un vicino centro antiviolenza e manifestare la disponibilità ad un ulteriore incontro lasciandole un recapito telefonico. 11 IL SISTEMA SANITARIO I medici si trovano in una posizione privilegiata per aiutare una donna che ha subito o subisce violenza, in quanto la maggioranza delle donne accede al sistema sanitario in vari momenti della propria vita (per farsi curare, in gravidanza, per far curare i figli ecc..). Vi possono essere dei segnali-spia per riconoscere un’eventuale situazione di violenza o maltrattamento, anche in assenza di segni visibili di trauma fisico o se la donna non dichiara apertamente di essere stata vittima di violenza. Visite mediche frequenti e ripetute. Stati d’ansia o crisi di panico dovuti ad un pericolo. Ampio intervallo di tempo fra l’incidente e la richiesta di cure. Segnali che possono indicare una possibile situazione di violenza: Rifiuto di spiegare l’origine delle ferite o di altri sintomi. Ritardo agli appuntamenti ambulatoriali e/o loro dimenticanza. In caso in cui una donna riferisca violenza sessuale bisogna sempre attivare la consulenza ginecologica per il riscontro di eventuali lesioni e la raccolta dei campioni biologici. Ricordarsi di informare la donna che il referto medico è un atto idoneo e utile in caso di eventuale querela (nel caso in cui il referto superi i 20gg. di prognosi, la denuncia procede d’ufficio) e sull’esistenza dei Centri Antiviolenza. 12 SERVIZI SOCIALI Nei servizi sociali di norma vi sono due aree: quella per gli adulti e quella per i minori. In entrambi i casi la segnalazione di un episodio di violenza può avvenire in forma diretta, quando è la donna che spontaneamente si rivolge al servizio, oppure in forma indiretta quando la situazione di bisogno viene portata all’attenzione del servizio da parte delle Forze dell’Ordine, delle Strutture Sanitarie o vicini, parenti, amici, Associazioni di Volontariato e Parrocchie. Sfatare alcuni pregiudizi come quello che i servizi portano via in ogni caso i figli Nel colloquio con una donna che ha subito o subisce violenza è importante: Affrontare con la donna un possibile percorso di uscita dalla relazione violenta La donna può presentarsi ai Servizi per altri motivi (richiesta di supporto economico, iscrizione al nido per i figli, ecc) ed è importante cogliere eventuali segni di maltrattamento ed essere disponibili ad ascoltarla. L’assistente sociale può avvalersi della collaborazione di un Centro Antiviolenza 13 CENTRO ANTIVIOLENZA Accoglienza personale e/o telefonica In caso di pericolo ospitalità temporanea nella casa rifugio Consulenza legale Una donna che subisce o ha subito violenza può rivolgersi al Centro Antiviolenza e trovare: Un luogo dove può rimanere anonima Ricevere sostegno psicologico e materiale Il Centro Antiviolenza collabora con i Servizi Sociali e Sanitari del territorio, le Forze dell’Ordine, il Pronto soccorso, il Tribunale, le scuole di ogni ordine e grado, le Associazioni di volontariato, la rete regionale e nazionale dei centri antiviolenza. I soggetti istituzionali vengono coinvolti sempre e solo con il consenso della donna. È importante sapere che è stato attivato un servizio pubblico (Rete Nazionale Antiviolenza – telefono 1522) in cui viene fornita una prima risposta ai bisogni delle donne vittima di violenza offrendo informazioni utili ed indicazioni sul Centro Antiviolenza o Casa delle donne più vicino all’abitazione della donna. 14 4. I casi studio Carla ha 35 anni, italiana, abita a Cervia. Nel 2008 telefona ad una psicologa per prendere un appuntamento per una consulenza. Racconta che fino ai 30 anni non si era mai fidanzata in quanto ha sempre aspettato di trovare il principe azzurro. Finalmente incontra Mauro, se ne innamora. Lui, italiano, la tratta come una principessa; dopo un anno di fidanzamento decidono di sposarsi e il comportamento di Mauro cambia improvvisamente. Non le parla più, spesso hanno delle discussioni in cui lui le fa violenza fisica, scopre che Mauro ha molti debiti dovuti al gioco. Carla su suggerimento della psicologa si rivolge ad un centro antiviolenza, il suo sogno d’amore si è infranto, vuole andare da una legale per una consulenza. Si presenta al colloquio presso il centro antiviolenza e racconta che fin da piccola desiderava un matrimonio felice ed un uomo che l’amasse. Figlia unica, descrive la madre come una donna protettiva e il padre come un uomo dedito al lavoro, assente dal punto di vista affettivo, sorridendo Carla afferma “.. mio padre non mi ha mai detto ti voglio bene, forse per questo ho sempre cercato il principe azzurro, un uomo che mi facesse sentire amata, ero convinta che non avrei mai trovato l’uomo giusto invece quando ho conosciuto Mauro ho sentito subito che di lui potevo fidarmi, mi ha fatto sentire una persona speciale, unica, amata”. Nei vari colloqui personali al centro antiviolenza Carla descrive il cambiamento in Mauro dopo il matrimonio “ … prima parlavamo di tutto ora invece non mi risponde, ho provato a chiedergli cosa era cambiato ma lui mi dice che sono io diversa …. Un giorno gli ho trovato un estratto conto e ho visto che sta pagando un mutuo, non ha mai voluto aprire un conto corrente in comune e quando parlavamo di soldi lui è sempre stato evasivo, ora ne capisco il motivo. Mi fidavo di lui per cui non ho mai pensato che potesse nascondermi qualcosa. Quando gli ho chiesto spiegazioni sul mutuo mi ha risposto che non erano affari miei. Ho scoperto poi che prima di conoscermi giocava, andava al bar a giocare tutti i giorni e faceva scommesse finché non ha perso una grossa cifra di denaro. Lui ancora oggi non ne vuole parlare ma mi ha solo detto che per saldare il debito di gioco ha dovuto chiedere un mutuo alla banca. Ora non mi fido più di lui, mi sono rivolta ad una psicologa e poi a voi, ho pensato di separarmi, vorrei parlare con una legale”. L’operatrice fissa un colloquio con una legale. Dopo il colloquio con la legale Carla affronta Mauro, il quale supplica Carla di dargli un po’ di tempo, che si farà aiutare da uno specialista e di dargli un’altra possibilità. Carla si presenta al centro e dice all’operatrice che ha rivisto negli occhi di Mauro l’uomo che amava per cui gli darà un’altra possibilità, ringrazia il centro e dice che se avrà bisogno richiamerà. Il caso di Carla mostra il ciclo della violenza, Carla non ha più contattato il centro per cui non sappiamo se la situazione sia migliorata. F. è di origine marocchina, è arrivata in Italia 5 anni fa per raggiungere il marito connazionale. Parla e comprende abbastanza bene l’italiano. Ha tre figli, due maschi di tre e otto anni e una femmina di dieci. F. per tre anni ha svolto il lavoro di badante. La signora subisce violenze psicologiche, fisiche e sessuali, i figli assistono alle violenze, non ha una rete parentale in Italia. Non è mai andata al Pronto Soccorso per paura che le potessero portare via i figli e non si è mai rivolta alle Forze dell’Ordine anche se questi ultimi sono stati chiamati dai vicini di casa ma la donna non ha mai denunciato. Nell’ultimo periodo però le violenze sono rivolte anche ai bambini per cui la donna si rivolge al servizio sociale territoriale con la richiesta di un aiuto economico. Nel colloquio con l’assistente sociale la donna racconta la sua storia e l’intenzione di allontanarsi da casa. 15 L’assistente sociale consiglia alla donna di rivolgersi ad un Centro Antiviolenza ed ipotizza con la signora un allontanamento della madre con i bambini (ex art. 403 c.c.). Con il consenso della donna l’assistente sociale telefona al Centro chiedendo la possibilità di ospitare il nucleo in una Casa Rifugio. Alla signora viene dato un appuntamento al Centro e con le operatrici F. chiede di essere ospitata in quanto ha paura che il marito possa fare del male a lei e ai bambini. Si concorda un progetto d’uscita dalla violenza che prevede anche l’assistenza legale, dei colloqui di sostegno e dei colloqui finalizzati alla ricerca e al mantenimento di un lavoro. La donna è stata ospite per tre mesi, ha fatto denuncia e la legale ha chiesto ed ottenuto l’allontanamento del marito dalla residenza familiare unitamente al divieto per questo ultimo di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla donna e dai figli e l’obbligo a contribuire al mantenimento della signora e dei figli. Il rientro nella casa familiare non è stato facile ma ha permesso ai figli di non interrompere le loro relazioni con i compagni e amici. F. ha trovato un lavoro (fa delle pulizie) che la impegna solo alla mattina. La donna non ha interrotto il rapporto con il centro antiviolenza e regolarmente svolge ancora dei colloqui di sostegno psicologico. Questo caso mostra come un percorso di uscita dalla violenza necessita di un lavoro multidisciplinare ed in rete in cui la donna si sente sostenuta ed accolta. Realizzata dalla Dott.ssa Angela Gamberini Psicologa-Psicoterapeuta 16