Donne e
consultori
Esperienze nella
Provincia di Prato
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dell’osservatorio sociale
Provincia di Prato
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dell’osservatorio sociale
Collana coordinata da Michele Parpajola
Il tessuto sociale ed economico del territorio pratese sta attraversando rapide quanto profonde
trasformazioni ma al tempo stesso si caratterizza per i forti elementi di continuità con la storia e la
tradizione locale.
Il passaggio da un modello di stato sociale “tradizionale” ad uno di welfare mix, dove accanto al
servizio pubblico assumono sempre più rilevanza la progettualità e il lavoro delle organizzazioni del
terzo settore, la sperimentazione a livello regionale - avviata anche nell’area pratese - di nuove forme
per la programmazione e gestione dei servizi socio-sanitari: la Società della Salute, laddove per “salute”
si intende - nel senso più ampio del termine - il benessere sociale del cittadino, sono fenomeni che
richiedono un forte ripensamento delle politiche sociali integrate.
Il processo di ridimensionamento delle famiglie, l’emergere di nuove tipologie familiari ed il mutato
ruolo delle donne all’interno della famiglia e nel mercato lavorativo con la conseguente necessità di
conciliazione dei tempi di cura e lavoro, nonché la complessità delle dinamiche migratorie con la progressiva stabilizzazione delle comunità migranti determinano una costante evoluzione della struttura
demografica dell’area provinciale e producono nuove forme di bisogno e domande inedite di servizi.
Sono questi alcuni dei cambiamenti significativi che pongono con forza una duplice esigenza: da un
lato sviluppare attività di analisi e ricerca finalizzate alla costruzione di scenari, di sintesi interpretative
utili alla programmazione e alla governance locale, dall’altro promuovere una costante azione di diffusione sul territorio delle conoscenze acquisite per discutere, riflettere sui risultati degli studi realizzati.
È dal desiderio di rispondere, almeno in parte, a questa necessità che nasce la collana editoriale
le tele dell’osservatorio sociale promossa e realizzata dalla Provincia di Prato in collaborazione con
Asel srl - Agenzia di Servizi per le Economie Locali.
La collana si articola in pubblicazioni monografiche su rilevanti tematiche sociali individuate e scelte
sulla base delle molteplici attività di ricerca svolta in questi anni dall’Osservatorio Sociale Provinciale
unitamente alle indicazioni e agli orientamenti espressi dagli attori locali del pubblico e del privato
sociale attivi sul territorio.
Le tele dell’osservatorio sociale intendono rappresentare un utile strumento di divulgazione
dedicato ad amministratori locali, operatori dei servizi pubblici e privati, studiosi, a tutti i cittadini che
abbiano interesse a conoscere ed approfondire teorie, buone prassi, esperienze e metodologie d’intervento utili per comprendere la complessità e l’evoluzione delle dinamiche sociali in atto e contribuire
così alla ridefinizione e alla crescita del sistema di welfare locale.
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La collana è validata dal Comitato Scientifico d’Asel
GUIDO FERRARI
Università degli Studi di Firenze
MAURIZIO BAUSSOLA
Università Cattolica del Sacro Cuore
BRUNO DE LEO
Ministero dell’Economia e delle Finanze
GABI DEI OTTATI
Università degli Studi di Firenze
FRANCESCO GIUNTA
Università degli Studi di Firenze
LAURA LEONARDI
Università degli Studi di Firenze
FABIO SFORZI
Università degli Studi di Parma
Via Ricasoli, 25 - Prato - Tel. 0574 534578
e-mail: [email protected]
sito web: www.provincia.prato.it
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Provincia di Prato
Donne e consultori
Esperienze nella Provincia di Prato
a cura di
DANIELA BAGATTINI
VALENTINA PEDANI
Prato, giugno 2010
Prefazione
Il lavoro condotto dall’Osservatorio provinciale, insieme ad Asl 4 e Società della Salute, si muove in
direzione di un’analisi approfondita sui servizi e le attività consultoriali del nostro territorio. Una ricerca
che punta alla conoscenza delle realtà presenti in campo per migliorarne e potenziarne gli effetti fornendo
un significativo apporto alla sua strutturazione e riorganizzazione.
Le criticità riscontrate, al pari dei punti di forza evidenziati, si tramutano in stimoli e riflessioni che
tendono alla ricerca di soluzioni adeguate in grado di rispondere in maniera decisa ai bisogni di salute
della popolazione, in generale, e della donna in particolare, assicurandone la presa in carico complessiva,
all’interno dei consultori, e certificandone il percorso assistenziale.
Loredana Ferrara
Assessore alle politiche sociali
Provincia di Prato
INDICE
Introduzione
pag. 13
PARTE I. Le leggi per la tutela della salute della donna
I.1. Istituzione dei consultori familiari, legge 405 del 29 luglio 1975
I.2. Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della
gravidanza. Legge 194 del 22 maggio 1978
Approfondimento: l’interruzione di gravidanza nel mondo
I.3. Il Progetto Obiettivo Materno Infantile (P.O.M.I.).
Piano sanitario nazionale 1998-2000, adottato con Decreto Ministeriale il 24 aprile 2000
I.4. Donne straniere e salute. Le norme
I.4.1. Stranieri Temporaneamente Presenti (codice STP)
I.4.2. Quando essere cittadine comunitarie può essere fonte di problemi: il caso delle
donne rumene e bulgare
I.5. Consultori, tutela della maternità e interruzione volontaria di gravidanza oggi: la
relazione del Ministro della Salute
I.6. La situazione in Toscana.
I.6.1. Normative regionali
I.6.2. Nascere in Toscana: la cura della donna
Approfondimento: Le novità: la Legge Regionale 29, Norme per l’accoglienza,
l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana
pag. 15
pag. 16
PARTE II. Uno sguardo ai dati. Parti e interruzioni di gravidanza in Provincia di Prato
II.1. Parti
II.2. Interruzioni volontarie di gravidanza
pag. 32
pag. 32
pag. 33
PARTE III. La ricerca
III.1. Metodo
III.2. Domande di ricerca, problemi cognitivi e obiettivi
III.3. Un primo sguardo. L’accessibilità: luoghi, orari e informazioni
III.3.1. L’importanza dell’informazione
III.3.2. Dove
III.3.3. Le informazioni in Internet
III.3.4. E se ti trovi in una situazione di emergenza, cosa fai?
III.4. Osservazione
III.4.1. Gli spazi
III.4.2. L’utenza
III.5. Accogliere e accompagnare le donne: bisogni e proposte
III.6. Approfondimento: donne migranti e servizi pubblici
pag. 37
pag. 37
pag. 39
pag. 40
pag. 40
pag. 41
pag. 42
pag. 43
pag. 46
pag. 47
pag. 49
pag. 52
pag. 53
Riflessioni conclusive
Stato di attuazione dei Consultori nella ASL 4 di Prato
pag. 57
pag. 59
Bibliografia
pag. 61
Appendice
pag. 65
pag. 18
pag. 21
pag. 22
pag. 24
pag. 24
pag. 25
pag. 26
pag. 27
pag. 27
pag. 28
pag. 29
Introduzione
INTRODUZIONE
In questo lavoro cercheremo di delineare il quadro della situazione dei servizi consultoriali nella Provincia
di Prato.
Per capire se e quanto i servizi siano radicati sul territorio, quale sia l’utenza e il rapporto pazienteoperatore, quali i punti di forza e quali invece le debolezze, è innanzi tutto necessario partire da una
rassegna della legislazione in merito: dalla legge 405 del 1975, Istituzione dei consultori familiari,
alla delibera 259/2006 della Regione Toscana, Programma di interventi per una riqualificazione dei
servizi consultoriali e di educazione e formazione finalizzati alla diffusione ed al consolidamento
di una cultura della maternità e paternità responsabile e di una sessualità consapevole, passando
per la legge 194 del 1978, Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria
della gravidanza.
Forniremo poi un quadro della situazione locale attraverso un’analisi secondaria di dati epidemiologici
che ci sono stati forniti dall’Asl.
Poi “entreremo” nei distretti e attraverso l’osservazione, le interviste, i colloqui informali, descriveremo
la realtà dei servizi consultoriali locali, soffermandoci sull’esperienza vissuta da tre attori essenziali:
l’erogatore del servizio, l’operatore, l’utente. Attraverso i loro sguardi e le loro parole proveremo a
delineare il quadro della situazione attuale e le prospettive per il futuro.
Questo lavoro è stato reso possibile solo dalla collaborazione con la Asl Pratese, nelle figure, in particolare,
del dottor Pietro Calò, coordinatore dei servizi consultoriali, e della dottoressa Cristina Epifani, dell’U.O.
Epidemiologia che ringraziamo sentitamente.
Un ringraziamento particolare va anche alle operatrici che hanno sopportato la nostra presenza nei
distretti e supportato il nostro lavoro di ricerca con grandissima disponibilità.
In questa pubblicazione viene esaminata in maniera approfondita la legislazione emanata fino a giugno 2008 in quanto la
ricerca si è conclusa in questo periodo.
13
Le leggi per la tutela della salute della donna
Parte I. Le leggi per la tutela della salute della donna
La legge 405/1975 per l’Istituzione dei consultori familiari e la legge 194 del 1978, Norme per la
tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza rappresentano punti
di arrivo di importanti battaglie politiche e sociali portate avanti dai movimenti femministi. Nonostante la
loro ormai più che matura “età”, queste, in particolare la 194, continuano a far discutere e ad animare
il dibattito politico. Spesso però tale dibattito mostra quanto si parli dei temi della salute della donna in
modo semplicistico, con una scarsa conoscenza della legislazione in materia. Per questo motivo il nostro
lavoro inizia necessariamente con l’esame della normativa vigente, nella convinzione che essa rappresenti
ancora un fondamentale punto di partenza per la tutela della salute della donna.
Il materiale legislativo che prenderemo più specificatamente in considerazione in questo paragrafo
riguarda:
• La Legge 405/1975 Istituzione dei consultori familiari
• La Legge 194/1978 Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria
di gravidanza.
• La Delibera 259/2006 della Giunta Regionale Toscana Programma di interventi per una
riqualificazione dei servizi consultoriali e di educazione e formazione finalizzati alla
diffusione ed al consolidamento di una cultura della maternità e paternità responsabile e di
una sessualità consapevole
• Le Normative nazionali per l’assistenza sanitaria agli stranieri. Su questo punto ci riferiremo alla
normativa al momento della ricerca, inserendo solo come approfondimenti ulteriori le norme
successive, in particolare la Legge Regionale 29, Norme per l’accoglienza, l’integrazione
partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana
Ciò che da subito emerge, anche solo da un veloce esame della cronologia delle leggi qui prese in
considerazione, è che l’istituzione dei consultori precede di tre anni l’approvazione della legge meglio
nota come “194”. La nascita dei consultori ha reso, quindi, possibile una legge che oltre a garantire la
tutela di una maternità consapevole permette il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza (ivg).
Del resto, come vedremo anche nel corso della nostra ricerca, soltanto una corretta e intensa attività
consultoriale assicura alle donne italiane e straniere la conoscenza necessaria per evitare gravidanze
indesiderate e l’assistenza adeguata per affrontare in maniera conscia e informata una gravidanza così
come un aborto. Fermo restando che “l’interruzione volontaria di gravidanza (…) non è mezzo per il
controllo delle nascite” (legge 194) sono le corrette indicazioni sui metodi contraccettivi che rendono la
donna libera di vivere la propria sessualità in maniera autonoma e consapevole.
15
Le leggi per la tutela della salute della donna
I.1. Istituzione dei consultori familiari, legge 405 del 29 luglio 1975
La legge che regola attualmente i consultori (legge 29/7/1975, n.405) trovò origine in diverse proposte
di legge presentate dal `72 al `75 dai vari gruppi dei partiti dell’arco costituzionale: alcune erano nate
contemporaneamente alle proposte di regolamentazione dell’aborto; altre erano state presentate in
precedenza, per fare “pulizia” della legislazione precedente in materia demografica e di diffusione di
informazione sui sistemi anticoncezionali. Certamente, l’approvazione della legge fu favorita dalla forte
spinta venuta dal movimento delle donne per la legalizzazione dell’aborto e più in generale dall’esito del
referendum per il divorzio. Una spinta forte che scosse anche il tradizionale panorama politico: le donne
scendevano in piazza rivendicando da sole i propri diritti, in anticipo anche rispetto a quei partiti che le
sostennero. Fu grazie a quelle battaglie che per la prima volta nel nostro paese nacquero delle leggi che
parlavano specificatamente e in modo esplicito della salute della donna e dei suoi diritti.
Molti sono, infatti, i punti qualificanti della legge, che istituisce il servizio di assistenza alla famiglia e alla
maternità con questi scopi principali:
a) l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità
responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica
minorile;
b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte
dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni
etiche e dell’integrità fisica degli utenti;
c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;
d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza
consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso.
Quest’ultimo punto è molto importante: fino a quel momento non esisteva la possibilità di prescrizione di
farmaci all’unico scopo di prevenire una gravidanza; la pillola veniva ufficialmente prescritta come cura,
non come metodo contraccettivo.
Il testo è interamente riportato in Appendice 1
La Legge 40 del 2004, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, con l’articolo 3 interviene su questa parte
del testo, aggiungendo due punti:
“d-bis) l’informazione e l’assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di
procreazione medicalmente assistita;
d-ter) l’informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare”.
Il testo di legge specifica però che dall’attuazione di tale articolo “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica”
Fino alla sua abolizione con sentenza della Corte Costituzionale nel 1971, infatti, era in vigore l’articolo 553 del Codice Penale,
che puniva l’Incitamento a pratiche contro la procreazione. Questo il testo dell’articolo: “Chiunque pubblicamente incita a
pratiche contro la procreazione o fa propaganda a favore di esse è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino
a lire quattrocentomila. Tali pene si applicanocongiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro”.
16
Le leggi per la tutela della salute della donna
Nella legge sono già presenti i principi imprescindibili di “procreazione responsabile nel rispetto delle
convinzioni etiche” e di “tutela della salute della donna”.
Questa prospettiva troverà poi riscontro nell’articolo 2 della legge 194 Norme per la tutela sociale della
maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza che, con riferimento all’assistenza alla donna
in stato di gravidanza, porrà a carico dei consultori compiti informativi sui diritti spettanti alla donna in
base alla legislazione statale e regionale, sui servizi sociali, sulle modalità per ottenere il rispetto delle
norme sul lavoro della gestante e di supporto “contribuendo a far superare le cause che potrebbero
indurre la donna all’interruzione volontaria di gravidanza”.
Secondo la legge le prestazioni previste dal consultorio “sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli
stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, sul territorio italiano” (art.4).
Nelle strutture sono poi previste più figure professionali: ginecologo, ostetrica, psicologo, assistente
sociale. Questo è uno dei punti più importanti della legge: i consultori dovrebbero essere luoghi in cui,
grazie alla presenza di un’equipe multidisciplinare, la donna viene “presa in carico” non solo da un punto
di vista strettamente sanitario. Questo elemento delinea finalmente la figura della donna non più solo come
mera “procreatrice” ma come persona di cui considerare ogni aspetto, sia sanitario che psicologico.
I consultori dovrebbero offrire più prestazioni di care che di cure. Cure si può tradurre con cura e Care
con assistenza. Per Tousjin le attività di cure e care seguono logiche e principi differenti. L’attività di cura
attinge al patrimonio di conoscenze della medicina scientifica e segue determinati principi, l’attività di
assistenza (care) attinge ad un patrimonio di conoscenze dallo statuto incerto (2000, 138).
In realtà nel territorio nazionale ancora non si è compiuto lo spirito della legge 405 Istituzione dei
consultori familiari, né delle integrazioni successive: la legge ha infatti rappresentato l’inizio di un
importantissimo cammino verso la tutela della salute della donna, cammino con ostacoli e accelerazioni,
che ancora non può dirsi concluso. Un esempio è l’obiettivo di un consultorio ogni 20 mila abitanti, come
previsto dalla legge 34 del 1996, che a più di venti anni di distanza dalla prima istituzione dei consultori,
ne dettò gli standard nazionali, lasciando alle leggi regionali l’attuazione specifica (Carlini, 2007). Secondo
i dati riportati nella Relazione Ministeriale sull’attuazione della 194 (Ministero della Salute, 2008bis), in
Italia abbiamo 0,7 consultori pubblici ogni 20.000 abitanti (1,5 ogni 10.000 donne in età fertile), un dato
incoraggiante ma che risente di fortissime differenze regionali: si va dall’eccellenza della Val d’Aosta, dove
ci sono 3,5 consultori ogni 20.000 abitanti alla maglia nera della Provincia Autonoma di Bolzano, dove
non ci sono consultori pubblici (a fronte di 13 strutture private) e Molise (0,4 ogni 20.000 abitanti). In
questa variegata situazione la Toscana è in linea con le linee programmatiche del legislatore, grazie alla
presenza di 204 consultori pubblici (1,1 ogni 20.000 abitanti).
Rimane anche il problema dell’adeguata strumentazione di cui sono fornite le strutture pubbliche che va
ad incidere anche sull’accesso e sull’uso del servizio da parte delle possibili utenti.
Con questo provvedimento è stato convertito in legge il decreto legge 509 del 1 dicembre 1995 Disposizioni urgenti in materia
di strutture e di spese del servizio sanitario nazionale, che all’articolo 4 così stabiliva:
“nell’ambito, comunque, di tali finanziamenti è riservata una quota pari a lire 200 miliardi, da destinare alla costruzione,
ristrutturazione o attivazione dei consultori familiari in ragione di una unità ogni ventimila abitanti e all’attivazione
e sostegno di strutture che applicano le tecnologie appropriate previste dall’organizzazione mondiale della sanità alla
preparazione e alla assistenza al parto, al fine di assicurare la realizzazione in ogni distretto delle attività e degli obiettivi di
sostegno alla famiglia ed alla coppia, di promozione e tutela della procreazione responsabile, di prevenzione dell’interruzione
volontaria di gravidanza (ivg), nonché le finalità previste dal progetto-obiettivo materno-infantile del piano sanitario nazionale
1994-1996 e quelle previste dalle azioni finalizzate e/o dai progetti dei piani sanitari regionali”.
17
Le leggi per la tutela della salute della donna
I.2. Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.
Legge 194 del 22 maggio 1978
La promulgazione della legge 194, erroneamente e semplicisticamente conosciuta come la legge per
l’aborto, e la sconfitta al referendum che nel 1981 ne chiedeva l’abrogazione, rappresentano un
momento fondante delle battaglie a tutela della salute della donna nel nostro Paese. Questa legge infatti,
come recita il primo articolo, parte dal riconoscimento da parte dello Stato del “diritto alla procreazione
cosciente e responsabile”, riconoscendo “il valore sociale della maternità e la tutela della vita umana
dal suo inizio” e specificando come l’aborto non sia un mezzo per il controllo delle nascite. È allo Stato,
alle Regioni e agli Enti Locali, che nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, viene affidato il
compito di promuovere e sviluppare “i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare
che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite”. Per rendere effettivo questo principio si
stabilisce chiaramente che è legittimo prescrivere anti-concezionali anche ai minori; all’articolo 2 infatti
il testo recita: “la somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei
mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è
consentita anche ai minori”. Lo stesso articolo prevede la possibilità per i consultori di avvalersi, sulla
base di appositi regolamenti o convenzioni, per i fini previsti dalla legge “della collaborazione volontaria
di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la
maternità difficile dopo la nascita”.
Sono gli articoli 4 e 5 che normano l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni per
“la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità
comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di
salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il
concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”. La donna, in questo caso, si
rivolgerà ad un consultorio pubblico che, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici ha il
compito di: “esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto
della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili
soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione
della gravidanza” (art. 5); di aiutarla a far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre; di promuovere
interventi atti a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo
il parto.
“Quando il medico riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia
immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza”, con cui essa può presentarsi ad una delle
sedi autorizzate a praticare l’interruzione della gravidanza. “Se non viene riscontrato il caso di urgenza”
il medico le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza
e l’avvenuta richiesta, e “la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può
presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole, presso
una delle sedi autorizzate”.
Per quanto riguarda la legislazione vigente, dopo i 90 giorni di vita del feto, l’interruzione può essere
Nel 1981 si contrapponevano due quesiti referendari: uno promosso dai Radicali che proponeva l’abrogazione di alcune norme
della legge 194 sull’aborto per rendere più libero il ricorso all’interruzione di gravidanza , l’altro promosso dal Movimento per
la Vita che proponeva l’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto per restringere i casi di liceità dell’aborto. Gli
italiani si espressero per il mantenimento delle norme.
18
Le leggi per la tutela della salute della donna
praticata in due soli casi, come stabilito dall’articolo 6:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni
del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
I processi patologici sono accertati da un medico del servizio ostetrico-ginecologico del presidio
ospedaliero in cui deve verificarsi l’intervento, che può avvalersi della collaborazione di specialisti ed è
tenuto a fornire la documentazione al direttore sanitario. Queste procedure sono, invece, evitate nel caso
di imminente pericolo di vita della madre. L’articolo specifica anche che “quando sussiste la possibilità di
vita autonoma del feto, l’interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera
a) dell’articolo 6” (quindi del pericolo di vita per la madre) “e il medico che esegue l’intervento deve
adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”.
L’articolo 9 presenta un altro punto controverso e oggetto di discussione: “il personale sanitario
ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli
articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione
di coscienza, con preventiva dichiarazione”. Il diritto all’obiezione da parte del personale può
però scontrarsi con il diritto della donna a praticare l’interruzione, visti anche i tempi in cui questa può
essere praticata. Il Legislatore ha, infatti, precisato che il diritto all’obiezione non può essere invocato
qualora l’interruzione di gravidanza sia indispensabile per salvare la vita della donna, ma anche che
“gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare
l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di
interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8.
La Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”. Nella realtà
si riscontrano invece molti casi problematici per le donne che decidono di ricorrere all’interruzione
volontaria di gravidanza, come emerso anche recentemente, nel periodo di forte dibattito politico sulla
legge da alcune inchieste giornalistiche, ma anche dai dati presentati nella Relazione del Ministro della
Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per
l’interruzione volontaria di gravidanza che mostrano come il 69,2% dei ginecologi in servizio si avvalga
dell’obiezione di coscienza, con una situazione nazionale a macchia di leopardo, che va dall’84,2% della
Sicilia al 16,7 della Valle d’Aosta. Il dato della Sicilia è, tuttavia, un outlier, cioè non segue la tendenza
generale: in tutte le altre regioni i ginecologi obiettori superano il 50%, con una tendenza all’aumento.
In Toscana essi rappresentano il 55,9% dei ginecologi, il 28,2% degli anestesisti e il 32,7% del personale
non medico, tutti dati al di sotto dunque della media nazionale.
Tali dati portano a pensare che, visti anche i problemi della sanità nel nostro paese, l’effettivo espletamento
delle procedure e dunque i diritti sanciti dalla legge possano essere in alcuni casi a rischio, come indicato
anche dalla Relazione Ministeriale, in cui “si raccomanda ancora di monitorare l’adeguata offerta
delle prestazioni, anche in relazione all’aumento del fenomeno dell’obiezione di coscienza da parte del
personale dei servizi, al fine, da una parte di garantire la libertà di obiezione –riconosciuta dall’articolo
9 della legge 194/1978 Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di
Intorno alla definizione di vita autonoma del feto si è recentemente creato un dibattito tra medici che ha preso campo anche
nel confronto politico, proprio intorno al “quando” sussista tale possibilità.
Alcuni esempi: Benedetta Argentieri, Simona Ravizza, “Aborto, la fuga delle donne”; Alessandra Arachi, “tutte in fila in ospedale,
ma non c’è posto” in Il Corriere della Sera, 16 febbraio 2006; Marina Terragni, “Se gli uomini parlano (troppo) di aborto” in
Io Donna, 8 marzo 2008.
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Le leggi per la tutela della salute della donna
gravidanza- e dall’altra di garantire la continuità assistenziale. Infatti in alcune Regioni l’obiezione di
coscienza ha raggiunto livelli tali da prefigurare un’oggettiva condizione di grave difficoltà per le donne
nell’accesso ai servizi. In questo senso si ribadisce che sono le Regioni – in applicazione del medesimo
articolo 9 della legge- che devono controllare e garantire l’attuazione della legge, anche attraverso la
mobilità del personale. Si raccomanda che esse effettuino un costante monitoraggio delle modalità
operative dei servizi, attraverso indicatori della disponibilità e qualità dei medesimi, in particolare la
percentuale di interventi effettuati a 11-12 settimane, i tempi di attesa oltre 3 settimane e la percentuale
di personale obiettore” (p.7-8).
La legge prosegue normando i casi in cui la donna non abbia giuridicamente capacità di agire: nel caso
di minori è richiesto l’assenso di chi esercita potestà o tutela su di esse. Ci sono però delle eccezioni: se
esistono “seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti
la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra
loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le
procedure di cui all’articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del
proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni,
sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli,
può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza”
(art. 12). La procedura viene evitata nel caso di grave pericolo per la vita della minore, caso in cui basta
la certificazione del medico. Nel caso di infermità mentale invece per la richiesta servono le conferme
dell’interessata e del tutore, richieste che vengono trasmesse insieme ad una relazione del medico al
giudice tutelare che, sentiti se ritiene opportuno gli interessati, decide entro 5 giorni.
L’articolo 14 stabilisce che, oltre a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, “il medico che esegue
l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni
sulla regolazione delle nascite”. È la stessa legge dunque a normare la necessità di un percorso postInterruzione Volontaria di Gravidanza, quantomeno nel momento iniziale, affidato al medico che effettua
l’intervento.
È l’articolo 16 a stabilire la necessità di una relazione annuale sull’attuazione della legge e dei suoi
effetti.
Seguono articoli che disciplinano le pene in caso di aborto provocato senza il consenso della donna, o senza
l’osservanza degli articoli di legge. In questo caso le pene sono maggiori per chi esegue l’intervento.
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Le leggi per la tutela della salute della donna
Approfondimento: l’interruzione di gravidanza nel mondo
La legislazione in alcuni dei Paesi di provenienza delle donne residenti nella Provincia di Prato
Situazione in cui è ammessa l’interruzione di gravidanza
Protezione della
Salute
Salute
Anomalie
Fattori socioPaese
Stupro
vita della madre
fisica
mentale
del feto
economici
Albania
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Cina
Si
Si
Si
Si
Si
Si
Marocco
*
*
*
No
No
No
Nigeria
Si
Si
Si
No
No
No
Perù
Si
Si
Si
No
No
No
Romania
Si
Si
*
*
*
*
* Legale solo durante il primo trimestre (il limite esatto può variare)
Su
richiesta
Si
Si
No
No
No
*
Da wikipedia.org
Legale su richiesta
Illegale con l’eccezione di salute fisica, protezione della vita
della madre, e/o salute mentale
Legale per stupro, protezione della vita della madre, salute fisica,
salute mentale, fattori socioeconomici, e/o anomalie del feto
Illegale senza eccezioni
Legale per stupro, protezione della vita della madre, salute
fisica, salute mentale, e/o anomalie del feto
Legislazione variabile per regioni
Illegale con l’eccezione di stupro, protezione della vita della
madre, salute fisica, e/o salute mentale
Nessuna informazione
21
Le leggi per la tutela della salute della donna
Per quanto riguarda la Cina è da ricordare la “politica del figlio unico”: pena una sanzione superiore ai
10.000 euro, alle coppie che vivono in città è consentito di avere un solo figlio, sia di sesso femminile
che di sesso maschile, mentre a quelle che vivono nelle zone rurali del paese è consentito avere anche un
secondo figlio se il primo nato è femmina.
Ci preme ricordare che prima di questa legge l’interruzione volontaria di gravidanza in qualsiasi sua
forma, era considerata reato dal codice penale italiano. In particolare:
• causare l'aborto di una donna non consenziente (o consenziente, ma minore di quattordici anni)
era punito con la reclusione da sette a dodici anni (art. 545);
• causare l'aborto di una donna consenziente era punito con la reclusione da due a cinque anni,
comminati sia all'esecutore dell'aborto che alla donna stessa (art. 546);
• procurarsi l'aborto era invece punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 547);
• istigare all'aborto, o fornire i mezzi per procedere ad esso era punito con la reclusione da sei mesi
a due anni (art. 548).
In caso di lesioni o morte della donna le pene erano ovviamente inasprite (art. 549 e 550), ma, nel caso
"se qualcuno dei fatti preveduti dagli articoli 545, 546, 547, 548 549 e 550 è stato commesso per salvare
l'onore proprio o quello di un prossimo congiunto, le pene ivi stabilite sono diminuite dalla metà ai due
terzi." (art. 551).
I.3. Il Progetto Obiettivo Materno Infantile (P.O.M.I.). Piano sanitario nazionale 1998-2000,
adottato con Decreto Ministeriale il 24 aprile 2000
I consultori familiari, istituiti formalmente nel 1975 (legge 405/75 Istituzione dei consultori familiari),
sono stati realizzati sul territorio nazionale con tempi e modalità diversi, in seguito all’approvazione delle
relative leggi regionali. Incorporati con modalità non omogenee nel sistema sanitario nazionale (legge
833/78 Istituzione del servizio sanitario nazionale), secondo Grandolfo (2004 e 2008) hanno avuto una
vita difficile per due essenziali motivi: da una parte il loro orizzonte operativo, di servizi a bassa soglia di
accesso, grazie alla composizione multidisciplinare dello staff fa riferimento a un approccio orizzontale, a
una costante attenzione alle differenze di genere, “impostazione che andava potenzialmente a confliggere
con quella biomedica e direttiva dei servizi tradizionali”; dall’altra mancava una pianificazione nazionale
che fissasse obiettivi operativi e priorità. La pianificazione di cui parla Grandolfo è arrivata solo con il
Progetto Obiettivo Materno Infantile, adottato con DM il 24 aprile 2000. All’interno di tale progetto sono
infatti indicate modalità e campi operativi prioritari (con tanto di indicatori di processo, risultato e esito)
dei Consultori Familiari, ai quali viene assegnato un ruolo strategico e centrale nella promozione della
salute della donna, evidenziandone obiettivi, azioni per raggiungerli e indicatori per valutare il risultato
(per i dettagli si veda l’Appendice I)
Il Progetto Obiettivo Materno Infantile. prevede che il Consultorio Familiare effettui la presa in carico
e garantisca il percorso di cura. L’intervento del Consultorio si ferma al primo livello, mentre tutti gli
approfondimenti successivi, se necessari, vengono eseguiti presso altre strutture. Ma ciò presuppone
il riconoscimento da parte delle strutture di II e III Livello dell’operato e quindi degli operatori dei
Consultori. E’ infatti chiaramente raccomandata l’integrazione dei servizi sia nell’ambito distrettuale
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Aborto:_legislazione#L.27IVG_nella_legislazione_italiana
22
Le leggi per la tutela della salute della donna
(secondo livello) che sovradistrettuale (terzo livello); se a livello dipartimentale si colloca la progettazione
operativa, soprattutto per quanto attiene la fase decisionale, è nell’organizzazione distrettuale che si
realizza l’allocazione delle risorse e l’integrazione dei servizi, alla luce della progettazione operativa.
Nel Progetto Obiettivo Materno Infantile si possono individuare tre progetti strategici: percorso nascita,
adolescenti e prevenzione dei tumori femminili, che si traducono in svariate azioni, tra cui offerta attiva
di consulenza prematrimoniale, di consulenza in gravidanza, di corsi di preparazione alla nascita e
offerta attiva di visite domiciliari o in consultorio dopo il parto. Per quanto riguarda gli adolescenti si
individuano come azioni corsi di educazione sessuale nelle scuole e spazi per adolescenti dentro e fuori i
consultori. Per quanto riguarda la prevenzione invece, offerta di Pap test e di mammografie, in un contesto
di integrazione negoziata dei servizi distrettuali e di Asl.
Questi nel dettaglio gli obiettivi riportati nell’allegato al Progetto Obiettivo Materno Infantile10:
• Completamento della rete dei consultori familiari in applicazione della L. n. 34/1996 (conversione
in legge del decreto del 01 dicembre 1995 Disposizioni urgenti in materia di strutture e di
spese del servizio sanitario nazionale);
• Disponibilità di profili professionali richiesti dal lavoro di équipe;
• Massima integrazione del consultorio familiare nell’organizzazione dipartimentale attraverso
l’afferenza al Distretto e la collaborazione con i servizi sociali e socio – assistenziali ad esso
afferenti;
• Migliorare le competenze degli adolescenti per quanto attiene scelte consapevoli per garantire il
benessere psicofisico;
• Migliorare il benessere psicofisico e relazionale del singolo, della coppia e della famiglia;
• Migliorare l’informazione e l’educazione alla salute per l’espressione di una sessualità rispondente
ai bisogni del singolo e di una maternità e paternità responsabili;
• Migliorare l’informazione e l’educazione alla salute delle donne sulla gravidanza e sulla gestione
della stessa;
• Migliorare il benessere psico-fisico della puerpera e del neonato;
• Prevenire il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza;
• Riduzione dell’incidenza dei tumori femminili e della mortalità ad essi associata;
• Migliorare il benessere psico-fisico nell’età postfertile;
• Migliorare le coperture vaccinali.
Nei tre programmi strategici del Progetto Obiettivo Materno Infantile è essenziale promuovere lo sviluppo
delle consapevolezze sulla procreazione consapevole e nel far ciò si produce la migliore azione per la
prevenzione delle gravidanze indesiderate, come è stato ripetutamente raccomandato (anche nelle relazioni
dei ministri della sanità al Parlamento sull’applicazione della legge 194/78 Norme per la tutela sociale
della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza) dalla seconda metà degli anni Ottanta.
Il 4 e 5 giugno 2007 si è svolto a Roma il convegno nazionale “I consultori familiari e il
Progetto obiettivo materno infantile (P.O.M.I.)”. L’iniziativa è nata dalla necessità di verificare
l’importanza del P.O.M.I. come modello di riferimento normativo per l’attività di tutela e
promozione della salute della donna e dell’età evolutiva. Nell’ambito di tale evento sono stati
10 Per le schede complete di azioni e indicatori si veda l’Appendice 1.
23
Le leggi per la tutela della salute della donna
presentati all’allora Ministro della Salute Livia Turco e al sottosegretario alle Politiche per la famiglia
Chiara Acciarini, le proposte redatte dal Comitato scientifico del convegno, composto da tutte le
professionalità dell’équipe consultoriale delle regioni italiane, congiuntamente ai 350 partecipanti. Ecco i 7 punti fondamentali:
1. Istituzione dell’Anagrafe Nazionale dei consultori familiari, secondo i parametri già indicati dalla
Legge n.34/1996 (conversione in legge del decreto del 01 dicembre 1995 Disposizioni urgenti in
materia di strutture e di spese del servizio sanitario nazionale)e ribaditi dal Progetto obiettivo
materno infantile (P.O.M.I.) con l’attuazione di un sistema informativo nazionale per i consultori;
2. Verifica rigorosa dello stato di applicazione del P.O.M.I., in continuità assistenziale e integrazione
con i servizi di II e III livello;
3. Inserimento dell’applicazione dell’allegato n.7 del P.O.M.I. tra gli obiettivi dei direttori generali
delle Asl e relativa verifica;
4. Obbligo di relazione annuale da parte delle Regioni sull’attuazione del P.O.M.I. rispetto ai consultori
familiari;
5. Conferenza biennale nazionale sui consultori familiari;
6. Istituzione di un gruppo interregionale dei consultori familiari, nell’ambito della Commissione
Salute della Conferenza Stato-Regioni;
7. Analisi e ricerca per la valorizzazione delle esperienze realizzate dai consultori familiari, nei trenta
anni di attività, e predisposizione di un piano di aggiornamento e formazione continua per gli
operatori consultoriali, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità.
I.4. Donne straniere e salute. Le norme
Gli stranieri regolarmente presenti nel territorio e i loro familiari hanno l’obbligo di iscrizione al Servizio
Sanitario Nazionale con le stesse modalità del cittadino italiano.
I.4.1. Stranieri Temporaneamente Presenti (codice STP)
Diversa la situazione per chi non ha un regolare permesso di soggiorno. Lo Stato Italiano, riconoscendo
universale il diritto alla salute, ha istituito l’assistenza sanitaria tramite STP (Stranieri temporaneamente
presenti). Si tratta di un codice assegnato agli immigrati presenti irregolarmente nel territorio italiano.
Secondo la normativa nazionale, se indigenti, ad essi vengono erogate gratuitamente:
• Le cure urgenti;
• Le cure essenziali, dove per cure essenziali si intendono “le prestazioni sanitarie, diagnostiche e
terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel
tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicazioni,
cronicizzazioni o aggravamenti) .”;
• Le cure ai minori: prestazioni sanitarie di primo livello (ad accesso diretto), presso strutture
pubbliche e private accreditate, ospedaliere o territoriali;
• Le cure per gli anziani sopra i 65 anni;
• La tutela della maternita’ responsabile e della gravidanza (prestazioni sanitarie in conformità alle
leggi 29-7-1975 n. 405, 22-5-1978 n.194 e al D.M. 10-9-98) -.
24
Le leggi per la tutela della salute della donna
L’ultimo punto è stato interpretato in maniera controversa dai diversi Sistemi Sanitari Regionali, tanto che
il Ministero il 19 febbraio ha prodotto una nota illustrativa per esplicitare il diritto delle donne a ricorrere
all’interruzione volontaria di gravidanza anche con il codice STP, e ha ribadito questo concetto durante
la Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela
sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza. Parlando del problema delle
cittadine comunitarie, di cui ci occuperemo nel prossimo paragrafo, il Ministro definisce le prestazioni
relative a maternità e IVG come “indifferibili e urgenti”:
“Inoltre si richiama quanto precisato nella nota illustrativa inviata alle Regioni in data 18 febbraio 2008,
sull’assistenza sanitaria ai cittadini comunitari dimoranti in Italia: le cittadine comunitarie, anche non
iscritte al SSN, hanno diritto alle prestazioni indifferibili ed urgenti, tra cui sono incluse quelle
relative alla tutela della maternità e all’IVG” (Ministero della Salute, 2008)
I.4.2. Quando essere cittadine comunitarie può essere fonte di problemi: il caso delle donne
rumene e bulgare
Nel corso della nostra ricerca più volte le operatrici ci hanno parlato del problema delle cittadine rumene e
della situazione di incertezza legislativa in cui, dopo l’ingresso del loro Paese nell’Unione Europea, queste
si sarebbero trovate rispetto alle prestazioni sanitarie in Italia: nel 2007 la Regione Toscana era intervenuta
prevedendo il rilascio del tesserino stp per un anno, in attesa di modifiche negli accordi bilaterali,
modifiche che non sono mai state realizzate. Il diritto di ingresso e permanenza in maniera stabile in Italia,
riconosciuto ai cittadini di Stati membri dell’Unione Europea non comporta automaticamente il diritto
all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, che è legato al possesso di un contratto di lavoro (proprio o
del familiare a cui si è a carico) o all’iscrizione alle liste di collocamento previo un precedente contratto
di lavoro nel nostro paese. Nel caso di soggiorno di breve durata, i cittadini comunitari hanno diritto ad
accedere alle prestazioni che si rendono necessarie dal punto di vista medico per continuare il soggiorno
in condizioni sicure sotto il profilo della salute, dietro esibizione della tessera europea di assicurazione
malattia (Team). In realtà, raramente i cittadini provenienti da Romania e Bulgaria, soprattutto se in
condizioni di fragilità sociale, sono in possesso di tale documento e, spesso, non risultano iscritti al
servizio sanitario del Paese di provenienza. Nel caso della Romania ad esempio tale iscrizione è possibile
solo se il cittadino ha versato almeno 5 anni di contributi al Fondo nazionale di Sanità, pari a circa
900 euro. In linea teorica, inoltre, i cittadini comunitari sarebbero esclusi dal rilascio del codice Stp in
quanto non più irregolarmente presenti sul territorio. Con la Delibera N .152 del 03-03-2008 (Assistenza
sanitaria per cittadini di paesi neocomunitari. Proroga per l’anno 2008) la Regione Toscana ha
prorogato per il 2008 la possibilità per i neocomunitari esclusi dall’assistenza sanitaria di usufruire del
codice stp, prorogando la delibera del 200711.
11 Con circolare del Ministero della Salute prot. n. DGRUERI/II/12712/I.3.b del 3/8/2007 di chiarimento rispetto alla circolare
del 13/02/2007  che permetteva di prorogare per tutto l’anno 2007 l’uso del codice STP per cure urgenti e essenziali per i
cittadini neocomunitari bulgari e rumeni che ne erano già in possesso al 31/12/06 e che erano privi per il momento dei requisiti
per iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale, ma che escludeva dall’assistenza sanitaria quei cittadini bulgari e rumeni che si
trovavano in Italia in condizione di indigenza già al 31/12/06, e che non avevano mai fatto richiesta del codice STP e i cittadini
bulgari e rumeni giunti dopo il 31/12/06 sprovvisti di copertura sanitaria e dell’assicurazione TEAM/assicurazione privata e in
condizioni di insolvenza nei confronti delle spese sanitarie  per l’anno 2008 si forniscono alle strutture sanitarie le seguenti
indicazioni: i cittadini rumeni e bulgari non devono più essere considerati STP e se in possesso di un titolo giuridico devono
25
Le leggi per la tutela della salute della donna
I.5. Consultori, tutela della maternità e interruzione volontaria di gravidanza oggi: la
relazione del Ministro della Salute
Nell’ultima “Relazione del ministro della salute sulla attuazione della Legge contenente norme per la
tutela sociale della Maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/78)” dell’aprile
2008, alla luce dell’evidenza, “ormai acquisita negli anni, che l’aborto rappresenta nella gran parte dei
casi l’estrema ratio e non la scelta d’elezione”, vengono evidenziate tre modalità per la prevenzione del
ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza come indicato nel Progetto Obiettivo Materno Infantile
(P.O.M.I.) del 2000:
• programmi di promozione della procreazione responsabile nell’ambito del percorso nascita e
della prevenzione dei tumori femminili (per la quota in età feconda della popolazione bersaglio) e
con i programmi di informazione e di educazione sessuale tra gli/le adolescenti nelle scuole e nei
conseguenti “spazi giovani” presso le sedi consultoriali;
• effettuazione di uno o più colloqui con membri di una equipe professionalmente qualificata, al
momento della richiesta del documento, per valutare le cause che inducono la donna alla richiesta
di IVG e la possibilità di superare le stesse. A tale proposito va sottolineato che i consultori
familiari sono di gran lunga più competenti nell’attivazione di reti di sostegno per la maternità, in
collaborazione con i servizi sociali dei comuni e con il privato sociale;
• riduzione del rischio di aborto ripetuto, attraverso un approfondito colloquio con le donne
che hanno deciso di effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza, mediante il quale
si analizzano le condizioni del fallimento del metodo impiegato per evitare la gravidanza e si
promuove una migliore competenza. Tale colloquio dovrebbe essere svolto in consultorio a cui
la donna, ed eventualmente la coppia, dovrebbe essere indirizzata in un contesto di continuità di
presa in carico, anche per una verifica di eventuali complicanze post-aborto.
In definitiva si ribadisce la necessità di una specifica politica di sanità pubblica che, identificando il
consultorio come il luogo in cui la donna viene “presa in carico”, lo renda la struttura più “conveniente”
a cui rivolgersi per il rilascio del documento o della certificazione a tale servizio e a cui ritornare per
il controllo post-interruzione volontaria di gravidanza e per il counselling per la procreazione
responsabile. Nella stessa relazione, inoltre, si raccomanda di “adottare specifici interventi di prevenzione
rivolti alle donne straniere che tengano conto anche delle loro diverse condizioni di vita, di cultura e di
costumi”. Questi interventi includono la formazione degli operatori socio-sanitari finalizzata ad approcci
interculturali per la tutela della salute sessuale e riproduttiva, la riorganizzazione dei servizi per favorire
l’accesso e il loro utilizzo e la promozione di una diffusa e capillare informazione per la popolazione
immigrata.
Il consultorio e gli operatori che ivi lavorano diventano quindi centrali quali “servizi primari di prevenzione
procedere all’iscrizione volontaria/obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale. Nel caso in cui tali cittadini non si trovino nella
condizione di poter essere iscritti al Sistema Sanitario Nazionale ma necessitino di una prestazione urgente e indifferibile questa
dovrà essere erogata dai servizi sanitari preposti ricorrendo a un sistema di rendicontazione separata. Inoltre si specifica che:
“tutte le prestazioni sanitarie erogate a favore di cittadini rumeni/bulgari nella condizione di non poter richiedere l’iscrizione al
SSN, o che non siano in possesso di un attestato di diritto di mobilità internazionale saranno oggetto di un’apposita contabilità
separata. Sarà cura della Regione richiedere trimestralmente alle Strutture sanitarie apposito monitoraggio delle spese erogate
affinché il Ministero della Salute possa mettere in atto tutte le procedure necessarie per la richiesta di rimborso ai competenti
organismi di riferimento esteri”.
26
Le leggi per la tutela della salute della donna
del fenomeno abortivo”, specie nella loro funzione di promozione della procreazione responsabile “unica
in grado di ridurre significativamente il rischio di gravidanze indesiderate”.
Un altro aspetto importante riguarda la necessità di uniformare il percorso nascita e gli screening
necessari per la tutela della salute della futura madre e del concepito: “si raccomanda anche l’adozione
e il raggiungimento di standard uniformi su tutto il territorio nazionale in relazione all’appropriatezza e
alla qualità nel percorso della diagnosi prenatale e in particolare nei casi di anomalie cromosomiche e
malformazioni, al fine di garantire l’immediata e reale presa in carico dei bisogni della donna e della coppia
all’interno della rete organizzativa integrata dei servizi coinvolti, con l’offerta di equipes multidisciplinari,
per garantire la più corretta informazione sulla natura delle malformazioni diagnosticate e sulla possibilità
di cure, nel rispetto e in applicazione degli articoli 6 e 7 della legge 194/1978”.
I.6. La situazione in Toscana.
Vediamo adesso qual è la situazione nella nostra Regione, anche alla luce degli indirizzi e delle necessità
individuate dalla Relazione del Ministro per la Salute.
I.6.1. Normative regionali
Con la delibera 259 la Regione Toscana sostiene “interventi finalizzati a favorire la riqualificazione della
rete consultoriale e la diffusione di una cultura della sessualità consapevole e della maternità e paternità
responsabile” attraverso tre indirizzi:
• “Linee di intervento per una riqualificazione dei servizi consultoriali”;
• “Indirizzi metodologici alle Aziende sanitarie per progettare sul territorio percorsi di promozione
della salute, all’affettività e alla sessualità consapevole”;
• “Indirizzi metodologici alle Aziende sanitarie per progettare sul territorio percorsi di promozione
della salute per le donne straniere”.
Il piano regionale prevede che in ogni zona-distretto (34 su tutto il territorio regionale, così come i punti
nascita regionali) ci sia almeno un consultorio familiare di tipo principale, in cui sono assegnate le figure
professionali del ginecologo, dell’ostetrica, dello psicologo e dell’assistente sociale, e in cui è presente un
servizio per gli immigrati (compresa la mediazione culturale), e un consultorio adolescenti con l'equipe al
completo e integrata da professionalità specifiche per le problematiche adolescenziali (psicosessuologo,
endocrinologo, nutrizionista). Tali consultori dovrebbero assicurare servizi di prevenzione e di counsellig
nei seguenti ambiti: assistenza alla procreazione responsabile e consulenza sulla contraccezione, percorso
nascita, post-partum, interruzione volontaria di gravidanza, screening oncologici, interventi rivolti
agli adolescenti, educazione affettiva e sessuale nelle scuole e in altri luoghi di aggregazione giovanile,
disturbi del comportamento alimentare, mediazione familiare, affidi e adozioni, interventi rivolti agli
immigrati, abusi su donne e minori, genitorialità consapevole e sostegno delle responsabilità familiari, disagio familiare, disagio sociale e psicologico, pediatria di comunità, sessualità, malattie sessualmente
trasmissibili, menopausa, consulenza legale. Tutti i consultori dovranno avere, per raggiungere gli obiettivi
27
Le leggi per la tutela della salute della donna
che abbiamo sopra elencato, attrezzature adeguate12.
Grazie alle risorse stanziate le Asl devono progettare, anche in collaborazione con le scuole, percorsi di
promozione della salute, dell’affettività e della sessualità consapevole.
Ad oggi in Toscana, secondo i dati riportati dal sito regionale13, funzionano 204 consultori
familiari, di cui 17 di tipo principale (con la presenza in équipe di ostetrica, ginecologo, psicologo,
assistente sociale), 155 di tipo secondario (con ostetrica e ginecologo), e 32 proiezioni (con la
presenza di almeno una figura collegata in rete); 40 consultori adolescenti, di cui 21 di tipo
principale, 18 di tipo secondario e 1 proiezione; 11 consultori immigrati, tutti di tipo secondario.
Nei consultori familiari la maggior parte dell’attività ostetrico-ginecologica è destinata alla prevenzione
oncologica e al percorso nascita. Nei consultori adolescenti l’area ostetrico-ginecologica si indirizza
prevalentemente sugli interventi legati alla contraccezione, mentre l’area psico-sociale è caratterizzata
principalmente da interventi legati a problematiche di disagio, abuso, maltrattamento e contraccezione.
I.6.2. Nascere in Toscana: la cura della donna
Abbiamo visto come il Ministro segnali la necessità di uniformare
gli standard assistenziali per la cura della futura madre e del
concepito, aspetto a cui il Sistema Sanitario Toscano presta
molta importanza attraverso il Percorso Nascita: come si trova
scritto sulle pagine del sito del SST, “la Regione Toscana dedica
particolare attenzione alla nascita e la considera una tappa
fondamentale per la tutela e la promozione della salute dei
bambini e delle madri, proprio a tale scopo è stato creato il
Percorso Nascita”.
.
Il percorso inizia con il ritiro del Libretto di Gravidanza, un
ricettario con tutti gli esami periodici da effettuarsi durante la
gestazione. Le prestazioni previste dal Libretto sono gratuite e
assicurano il monitoraggio della gravidanza fisiologica. Il libretto,
timbrato e numerato foglio per foglio con una enumerazione
unica aziendale, viene consegnato dal personale ostetrico dei
servizi territoriali/consultoriali delle aziende sanitarie unitamente alla cartella ostetrica compilata nei dati
anamnestici. Una sorta di quaderno che inizialmente può apparire un po’ ingombrante, una ventina di
pagine staccabili che accompagneranno il percorso della futura madre. Un fiocco sulla copertina, il nome
e il numero del libretto. La prima pagina è la certificazione di stato di gravidanza, mentre in ogni foglio
staccabile è riportato il periodo (in settimane) in cui va fatto l’esame; gli esami devono essere richiesti
ogni volta da un medico, con firma e timbro. Un potente strumento per rendere la sanità davvero pubblica
e vicina in ogni momento a tutti.
12 Ufficio Stampa Regione Toscana, 2006
13 http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/salute/salute_donne/visualizza_asset.html_
871191770.html
28
Le leggi per la tutela della salute della donna
Gli obiettivi a cui risponde il libretto di gravidanza sono indicati nello stesso:
1. uniformare il controllo della gravidanza in tutta la Regione Toscana definendo uno standard
minimo di accertamenti in assenza di rischio specifico e di patologie definite;
2. definire modalità operative e strategie assistenziali comuni fra specialista ginecologico, ostetrica e
medico di medicina generale;
3. creare un ricettario per la gravidanza fisiologica quale strumento operativo per favorire l’accesso
alle prestazioni;
4. fornire un agile strumento di medicina preventiva.
Le eventuali prestazioni aggiuntive in caso di gravidanza a rischio sono comunque gratuite purché
prescritte dal medico di famiglia o da uno specialista.
Come abbiamo detto il libretto viene consegnato nelle strutture dei servizi territoriali/consultoriali: infatti,
come leggiamo sempre dal sito del Servizio Sanitario Toscano, “il punto di riferimento del Percorso Nascita
del SST è il consultorio. L’intera equipe consultoriale accompagna la donna durante tutto il percorso,
sostenendola fisicamente ed emotivamente. In alcuni consultori sono presenti i mediatori culturali
che aiutano le donne straniere ad orientarsi in un paese che ha pratiche e strutture diverse da quello
di origine. La legislazione italiana tutela la maternità consentendo un accesso libero e gratuito ai servizi
anche alle donne non in regola con le norme di ingresso e di soggiorno”. Vedremo in seguito come questo
avviene per le donne straniere presenti sul territorio locale, tenendo presente fin da adesso l’importanza
di uno strumento apparentemente complicato o “burocratico” come il libretto di gravidanza.
Intorno al settimo mese di gestazione è possibile seguire gratuitamente un corso di preparazione alla nascita
organizzato dai consultori o dai punti nascita, che fornisce informazioni che riguardano l’alimentazione,
l’allattamento e tutto ciò che concerne la cura e la salute del bambino.
Approfondimento.
Le novità: la Legge Regionale 29, Norme per l’accoglienza, l’integrazione partecipe e la
tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana
Il 9 giugno 2009 la Regione Toscana ha approvato la Legge Regionale 29, Norme per l’accoglienza,
l’integrazione partecipe e la tutela dei cittadini stranieri nella Regione Toscana, nella quale vengono
esplicitate alcune delle questioni di cui abbiamo discusso in questa parte.
Una parte importante della legge è infatti dedicata alle politiche per la sanità che, inserite in una cornice
comune, hanno come obiettivo quello di favorire un processo di positiva integrazione partecipe dei
cittadini stranieri nell’obiettivo della costruzione di una comunità plurale e coesa fondata sul
contributo di persone di diversa lingua e provenienza e sul rispetto del principio costituzionale
di uguaglianza; in questa ottica, gli interventi tesi a favorire l’integrazione partecipe dei cittadini
stranieri devono essere innanzitutto finalizzati alla rimozione delle disuguaglianze sostanziali
collegate a differenze di lingua e di cultura che ostacolano il godimento dei diritti, la concreta
fruizione dei servizi territoriali e una piena e completa vita di relazione (preambolo).
29
Le leggi per la tutela della salute della donna
Secondo l’articolo 14 della detta legge, attraverso la possibilità di accesso a servizi e prestazioni
essenziali sociali e sanitarie tesi a salvaguardare la salute e l’esistenza della persona pur
se priva di titolo di soggiorno, occorre promuovere il valore di una cittadinanza sociale
riconosciuta all’uomo in quanto tale, a prescindere dalla sua condizione giuridica e dalla
sua appartenenza a una determinata entità politica statuale.
Un’attenzione particolare viene posta anche alla questione della mediazione culturale, come vedremo
molto importante per i temi toccati dal nostro lavoro. Con l’articolo 9, infatti, si sottolinea l’esigenza di
agevolare l’accesso e la fruizione dei servizi territoriali da parte dei cittadini stranieri attraverso
la qualificazione dei mediatori culturali, la formazione degli operatori pubblici e privati sui temi
dell’intercultura e l’adeguamento in genere dei servizi a un’utenza pluriculturale;
Nel merito, sono gli articoli dal 35 al 39 che esplicitano le direttive in tema di salute, che qui riportiamo
per intero:
La Regione garantisce ai cittadini stranieri, in regola con le disposizioni sull’ingresso ed il soggiorno nel
territorio nazionale, il diritto alle prestazioni e ai servizi offerti dal sistema integrato di interventi e servizi
sociali di cui alla l.r. 41/2005 .
35. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 5, comma 4, della l.r. 41/2005 , tutte le persone dimoranti
nel territorio regionale, anche se prive di titolo di soggiorno, possono fruire degli interventi socio
assistenziali urgenti ed indifferibili, necessari per garantire il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti
ad ogni persona in base alla Costituzione ed alle norme internazionali, secondo le modalità definite dal
piano di indirizzo.
36. La Regione promuove e sostiene il diritto alla salute dei cittadini stranieri, come diritto fondamentale
della persona, nell’ambito di quanto previsto dal d.lgs. 286/1998 .
37. La Giunta regionale emana direttive alle aziende sanitarie affinché queste:
a) adottino protocolli operativi condivisi e misure organizzative uniformi sul territorio finalizzati a
rendere concretamente fruibili in ogni ente del servizio sanitario regionale tutte le prestazioni
previste per i cittadini stranieri non iscritti al servizio sanitario regionale;
b) sviluppino specifici interventi informativi destinati ai cittadini stranieri non in regola con le norme
sul soggiorno, finalizzati ad assicurare gli elementi conoscitivi idonei per facilitare l’accesso ai
servizi sanitari e socio sanitari anche in collaborazione con soggetti del terzo settore.
38. La Regione promuove inoltre:
a) l’adozione di strumenti epidemiologici per il riconoscimento e la valutazione dei bisogni di salute
specifici dei cittadini stranieri;
b) lo sviluppo di interventi informativi per favorire l’accesso ai servizi, nonché di specifiche iniziative
d’informazione e di educazione alla salute nei luoghi di lavoro e su temi relativi alla salute
collettiva;
c) l’utilizzo dei mediatori culturali nei servizi di primo accesso alle prestazioni sanitarie;
d) lo sviluppo di politiche di formazione sulla normativa vigente in tema di salute per gli stranieri e sul
tema dell’intercultura per il personale socio sanitario, medico e paramedico nonché l’adattamento
dei servizi socio sanitari ad un’utenza pluriculturale.
e) l’adozione di piani mirati alla prevenzione ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro dei cittadini stranieri,
30
Le leggi per la tutela della salute della donna
anche per quanto previsto dall’articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione
dell’articolo 1della legge 3 agosto 2007, n. 123 , in materia di tutela della salute e della sicurezza
nei luoghi di lavoro).
39. La Regione, in coerenza con la legge 9 gennaio 2006, n. 7 (Disposizioni concernenti la prevenzione
e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile), promuove iniziative di sensibilizzazione
ed ogni altra azione per la prevenzione ed il contrasto delle pratiche di mutilazione femminile con la
partecipazione in particolare delle comunità di cittadini stranieri provenienti dai paesi dove sono esercitate
tali pratiche.
55. La Regione promuove interventi specifici a favore di cittadini stranieri vulnerabili, in particolare:
a) promuove intese finalizzate a favorire l’accesso al medico pediatra ai minori non in regola con le
norme sull’ingresso e il soggiorno;
b) garantisce alle cittadine straniere la tutela della gravidanza e della maternità, promuovendo servizi
socio sanitari nel rispetto delle differenze culturali;
c) promuove per le cittadine straniere madri che risultino prive di una rete familiare di sostegno,
l’accesso ad interventi di assistenza nella cura dei minori che possono consentire loro lo
svolgimento dell’attività lavorativa;
d) garantisce l’iscrizione al servizio sanitario regionale per i soggetti di cui all’articolo 2, comma 3,
nella fase di ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di diniego del riconoscimento dei
relativi “status”;
e) garantisce l’iscrizione al servizio sanitario regionale al cittadino straniero in possesso del permesso
di soggiorno per assistenza di minore, previsto dall’articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 8
gennaio 2007, n. 5 (Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento
familiare).
f) promuove e favorisce l’accesso dei cittadini stranieri disabili ai servizi socio sanitari previsti dalla
normativa regionale.
31
Uno sguardo ai dati. Parti e interruzioni di gravidanza in Provincia di Prato
Parte II. Uno sguardo ai dati.
Parti e interruzioni di gravidanza in Provincia di Prato
Prima di illustrare la ricerca sul campo riteniamo necessario delineare il contesto nel quale si inserisce il
nostro lavoro. Abbiamo già analizzato la legislazione in tema di salute della donna e maternità consapevole
nel precedente capitolo. Qui illustreremo alcuni dati sulle prestazioni erogate nell’anno 2007 dalla Asl di
Prato, in particolare i parti avvenuti presso il Presidio Ospedaliero locale e le interruzioni di gravidanza,
considerando soprattutto nazionalità e residenza delle utenti. I dati sono stati forniti dalla Asl locale, in
particolare da Cristina Epifani, U.O. Epidemiologia Asl 4 Prato, che ringraziamo per la disponibilità.
II. 1. Parti
Secondo quanto illustrato alla Conferenza dei Servizi nel gennaio 2007, nel 2006 Prato presentava il
tasso di natalità più elevato della Regione. Come emerge dal Profilo di salute dell’Area Pratese, nel 2005
questo era pari a 10,6 neonati per 1000 abitanti, valore superiore a quello medio toscano (8,7 per 1000
abitanti). Il tasso di fecondità totale, un indicatore che misura il numero medio di figli per donna in età
fertile, non riferito ai soli nati nell’anno in corso, colloca Prato nel 2005 al primo posto tra le Asl della
Toscana, con 1,5 figli per donna (Bianconi, Epifani e Sambo, 2007, cap. 7).
Se per il 2007 non sono disponibili dati comparativi con le altre province toscane, possiamo però notare
come la tendenza provinciale sia in continua crescita: nel corso dell’anno nel Presidio Ospedaliero
Misericordia e Dolce di Prato sono avvenuti 2779 parti, di cui il 45,7% da donne con cittadinanza non
italiana. Considerando soltanto le residenti, i parti sono stati 2396, 1663 in donne italiane e 733 in donne
straniere; il numero dei nati è stato di 2411, pari ad un tasso di natalità di 9,8 per 1000 abitanti. Se invece
guardiamo il numero dei parti avvenuti a Prato ne abbiamo 11,3 ogni 1000 abitanti. Nell’anno in
esame si sono verificati 41,7 parti ogni 1000 donne in età fertile (15-49 anni). Il tasso di fecondità per le
donne con cittadinanza italiana è di 33,9 parti ogni 1000 donne in età fertile, mentre per le residenti con
cittadinanza straniera sale a 88,4 parti ogni 1000 donne tra i 15 e i 49 anni.
Se andiamo invece a vedere il numero di parti avvenuti nel presidio ospedaliero di Prato, il loro numero
rapportato alle residenti sale a 48,5 ogni 1000 donne in età fertile.
Già queste prime cifre ci fanno capire come un grande numero di donne che si rivolgono alle strutture
sanitarie della Provincia non siano residenti nel territorio pratese.
Come evidenzia il grafico 1, la maggior parte delle non residenti che partorisce nella ASL pratese non è
di cittadinanza italiana: non usiamo il termine extracomunitarie data la presenza di donne rumene che,
come abbiamo visto, hanno alcuni problemi relativi al limbo legislativo in cui alcune di loro si trovano
dopo l’ingresso della Romania in Europa e i reciproci accordi tra i nostri due Paesi.
La tabella 1 illustra in modo dettagliato nazionalità e residenza dei parti avvenuti a Prato, a cui si sommano
le nascite avvenute da residenti pratesi in altre Asl.
32
Uno sguardo ai dati. Parti e interruzioni di gravidanza in Provincia di Prato
Graf.1: Parti effettuati nell’Ospedale di Prato per nazionalità e residenza della donna
Residenti in Provincia di Prato
600
400
37
Romania
20
Pakistan
1
35
Marocco
10
35
Italia 236
1272
Cina 498
319
Albania
200
Residenti fuori Provincia
152
Altra_Nazione 40
102
22
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
Tab.1: Parti avvenuti nella ASL di Prato e parti di donne residenti avvenuti in altre ASL per nazionalità e
residenza della madre
Residenza madre
Luogo
Parto
Provincia
Ospedale
di Prato
Prato
Fuori
provincia
Totale parti a Prato
Provincia Fuori
di Prato Prato
Totale parti di donne
residenti a Prato
Albania Cina
Italia
Marocco
Pakistan
Romania
Altra
Nazione
totale
Totale
straniere
102
319
1272
35
35
37
152
680
1952
22
498
236
10
1
20
40
591
827
124 817
1508
45
36
57
192
1271
2779
3
7
391
1
1
7
34
53
444
105
326
1663
36
36
44
186
733
2396
II.2 Interruzioni volontarie di gravidanza
Nel 2007 le interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) effettuate nella Asl di Prato sono state 650, 11,3 ogni
1000 donne in età fertile residenti nella provincia, un tasso più elevato di quello regionale14 (10,3). Come
è evidenziato anche nella Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente
norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza del 21
aprile 2008, è importante però notare come questo indicatore sia viziato dall’avere al numeratore le IVG
effettuate, indipendentemente dalla residenza della donna, e al denominatore le donne in età feconda
ufficialmente residenti nel territorio. Se infatti andiamo a vedere il tasso di IVG delle residenti tra
14 Ministero della Sanità, 2008
33
Uno sguardo ai dati. Parti e interruzioni di gravidanza in Provincia di Prato
i 15 e i 49 anni, considerando al numeratore solo le IVG effettuate tra le residenti, questo si
abbassa all’8,3%, attestandosi dunque sotto la media regionale.
Se il tasso totale di IVG rimane un’importante indicatore delle risorse e dei bisogni messi in campo
dall’Azienda Sanitaria, esso diventa dunque di difficile interpretazione dal punto di vista sociale, poiché i
flussi migratori non sono omogenei e questo vale ovviamente anche a livello provinciale: nel caso di Prato
infatti a fronte di 62 donne (di cui 53 italiane) residenti in provincia che hanno effettuato l’interruzione
volontaria in un’Asl diversa da quella di appartenenza, ce ne sono 235 (36,15% sul totale degli interventi
eseguiti) non residenti che hanno scelto di ricorrere all’IVG presso le strutture dell’Azienda Sanitaria
Pratese, di cui 176 (circa due terzi) con cittadinanza non italiana, come ci mostra la tabella 2.
Tab.2: IVG effettuate nella ASL di Prato e IVG di residenti effettuate in altre ASL per nazionalità e residenza
della madre
Residenza donna
Luogo ivg
Provincia
di Prato
Fuori
provincia
Totale
IVG Po
Provincia
di Prato
Altra
totale
Totale
Nazione straniere
Albania
Cina
Italia Marocco Nigeria Perù Romania
33
101
187
11
10
8
27
38
228
415
9
105
59
2
13
0
20
27
176
235
42
206
246
13
23
8
47
65
404
650
Fuori
Prato
1
3
53
1
0
0
1
3
9
62
34
104
240
12
10
8
28
41
237
477
Ospedale
di Prato
Totale IVG residenti
a Prato
Graf.2: IVG effettuate nell’Ospedale di Prato per nazionalità e residenza della donna
AltraNazione
Romania
27
20
Marocco
Italia
27
0 8
Perù
Nigeria
38
13 10
2
11
59
187
Cina 1 0 5
Albania
150
100
50
101
9
33
0
Residenti fuori Provincia
50
100
Residenti in Provincia di Prato
34
150
200
250
Uno sguardo ai dati. Parti e interruzioni di gravidanza in Provincia di Prato
Come nota Livi Bacci, il tasso di abortività può essere calcolato anche con “misure o rapporti che
pongono in relazione gli aborti al numero corrispondente di nati vivi (con o senza distinzione di età) o di
gravidanze” (1999, p.278).
Riprendiamo allora i nostri dati rapportandoli al numero di concepimenti e di parti; se consideriamo per
il momento solo le residenti in provincia di Prato, abbiamo 203,8 ivg ogni 1000 parti (a livello nazionale
nel 2007 sono state effettuate 224,8 ivg ogni 1000 nati vivi). Se andiamo a vedere questi rapporti per
nazionalità (tabella 2) notiamo come le differenze si assottigliano: si passa da 148,9 ivg ogni 1000 parti
per le donne italiane a 325,5 per le donne straniere. Anche in questo caso vediamo le differenze tra
nazionalità
Tab.1: Rapporto tra gravidanze, concepimenti e ivg effettuate da residenti nella Provincia di Prato
Cittadinanza
IVG
parti
Albania
Cina
Italia
Marocco
Romania
34
104
240
12
28
104
327
1612
36
42
Aborti
spontanei
13
45
186
5
6
Totale
concepimenti*
151
476
2038
53
76
IVG/concepimenti
225,2
218,5
117,8
226,4
368,4
tasso di
IVG/parti
326,9
318,0
148,9
333,3
666,7
* Il totale delle concepimenti è dato da ivg, parti e aborti spontanei.
Non cambia molto se consideriamo gli stessi dati non sulle residenti a Prato ma sugli interventi realizzati
nella Asl:
a Prato abbiamo avuto 233,9 ivg ogni 1000 parti (156,5 per le italiane, 317,9 per le straniere). Interessante
notare che nelle strutture di Prato abbiamo avuto 206 interruzioni volontarie di donne cinesi su 823 parti,
con un rapporto non così lontano dai valori nazionali (255 ivg su 1000 parti).
Se la propensione all’ivg è maggiore nelle donne di cittadinanza non italiana, questo dato è ridimensionato
se rapportato alle gravidanze/parti che non alla popolazione presente. Questo dipende ovviamente dal
controllo delle nascite: se ogni popolazione, come afferma Livi Bacci, “ha una sua fecondità naturale
teorica che dipende dal livello e dalla variabilità di molti fattori […] l’introduzione di un comportamento
volontario che mira a guidare il numero e la cadenza dei concepimenti modifica il livello di fecondità,
abbassandolo” (1999, p. 273).
Se l’ivg interrompe una gravidanza, esso sarà teoricamente più elevato laddove si instaurano più gravidanze
e, dunque, dove minore è il controllo delle nascite tramite contraccezione.
E la diffusione di un metodo anticoncezionale dipende dalla sua accettabilità da parte delle donne e degli
uomini, che a sua volta è legata a numerosi fattori: economici, psicologici, medici, culturali, etici, religiosi
e via dicendo.
35
Uno sguardo ai dati. Parti e interruzioni di gravidanza in Provincia di Prato
Queste considerazioni ci sembrano confermate anche andando ad analizzare il numero di interruzioni
precedenti: la metà delle donne residenti a Prato di nazionalità straniera hanno già effettuato una o più
IVG.
1
Numero IVG precedenti
2
3 o più
Italiane
Straniere
Italiane
Straniere
4,2
17,7
0,4
6,8
Totale IVG ripetute
Italiane Straniere
21,7
50,2
Italiane
17,3
Straniere
25,7
Centro
Italia*
14,8
23,1
3,3
10,7
1,2
6,8
19,3
40,6
Italia*
16,1
23,5
3,8
9,0
1,6
5,7
21,6
38,2
Prato
* Dati Ministero della Sanità, 2008
In questi dati non è specificato se si tratti solo di residenti o del numero complessivo di ivg effettuate. Nel
caso di Prato i nostri dati si riferiscono alle sole residenti.
Passiamo ora in considerazione lo stato civile delle donne che ricorrono all’interruzione volontaria di
gravidanza.
Se nelle regioni del Centro Italia le donne immigrate sposate che ricorrono ad IVG sono il 47,4% del
totale, tra le straniere residenti a Prato questa proporzione sale al 61,8% (tra le autoctone la percentuale
scende al 38,8%). Conosciamo lo stato civile di 142 delle 176 straniere non residenti che si sottopongono
ad IVG a Prato: 77 sono sposate.
I dati sono in linea con quelli dell’anno precedente (2006), il che ci porta a condividere le riflessioni
contenute nel Profilo di salute dell’Area Pratese che giunge alla conclusione che “parte delle straniere
utilizzino l’IVG per il controllo delle nascite all’interno del matrimonio” (cap. 7).
36
La ricerca
Parte III. La ricerca
III.1. Metodo
Questa ricerca si basa su un sistema di rilevazione che include diversi strumenti di raccolta delle
informazioni di tipo qualitativo, scelti perché ci hanno consentito di esplorare la situazione dei servizi
consultoriali dall’interno, grazie alla presenza fisica nei luoghi e al dialogo con chi vive tutti i giorni tali
servizi. Essi sono soprattutto tre:
• osservazione non reattiva diretta in ambiente naturale, quali le sale d’aspetto dei consultori, dove
effettivamente gli attori intrecciano diversi tipi di relazioni;
• osservazione non reattiva indiretta che si è concentrata sull’uso degli spazi e sulle tracce della
comunicazione pubblica formale;
• strumenti reattivi come le interviste non standardizzate e le chiacchierate informali non registrate
con testimoni privilegiati, ginecologhe e ostetriche.
La fase della ricerca sul campo ha coinvolto un gruppo eterogeneo di sei ricercatrici15 provenienti da
percorsi di studio differenti, di età variegata e con diverse esperienze alle spalle; una di queste ha svolto la
ricerca mentre stava portando avanti la sua prima gravidanza, trovandosi nella «categoria di situazione»16
(Bertaux, a c. di Bichi, 1999, 38) di donna in stato interessante che usufruisce di determinati servizi
e perciò, nella condizione di svolgere una sorta di “osservazione in situazione”. Le ricercatrici, nel
periodo che va da novembre 2007 a febbraio 2008, hanno trascorso diverse ore nei distretti sociosanitari, prendendo nota degli aspetti della comunicazione pubblica formali (cartelli, avvisi) e informali
(trasmissione di buone pratiche17 da parte degli operatori sanitari), nonché dei processi comunicativi tra
utenti.
15 Daniela Bagattini, ricercatrice e dottoranda, l’unica residente in Provincia di Prato
Doriana Baicchi, ricercatrice, residente in Provincia di Pistoia
Beatrice Lazzarotti, laureanda in Metodologia della ricerca sociale, residente a Viareggio
Beatrice Papi, ricercatrice, residente in Provincia di Pistoia
Maja Staraj, tirocinante, dotoressa in Metodologia della ricerca sociale, residente in Croazia
Valentina Pedani, ricercatrice e dottoranda, residente in Provincia di Arezzo
Anche rispetto all’argomento della ricerca il gruppo era molto variegato: Beatrice e Doriana hanno figli, Daniela Bagattini era
in stato interessante
16 Per Bertaux «madri che allevano da sole i propri i bambini, padri divorziati, agricoltori celibi, giovani diplomati da poco in
cerca di lavoro; tossicodipendenti, handicappati fisici o mentali, persone portatrici di una malattia cronica; disoccupati da
lungo tempo, persone senza domicilio, stranieri in situazione irregolare» ad esempio, rappresentano particolari categorie
sociali perché si trovano a condividere una ben definita situazione sociale. La situazione è sociale, sostiene l’autore, «nella
misura in cui genera dei vincoli e delle logiche d’azione che presentano dei punti comuni più di quanto ne abbiano i disoccupati
o i malati cronici» (1998, 38).
17 Con buone pratiche s’intende un’insieme di esperienze positive ed esemplari che siano trasferibili in contesti più ampi.
37
La ricerca
Le ricercatrici hanno realizzato la fase della lettura sul campo sempre in coppia, sia quando si è trattato
dell’osservazione sia della conduzione delle interviste, alternandosi nella formazione delle coppie, negli
orari e nei luoghi, così da avere sempre sguardi e punti di vista diversi e un continuo confronto, una
rivalutazione dei propri appunti e delle proprie impressioni nei brainstorming del gruppo di ricerca.
Questa modalità di lavoro ha limitato notevolmente il rischio del taken for granted, cioè di dare per
scontato quanto emerso dal campo, basandosi sul presupposto di una condivisione di aspettative.
Inoltre, come riporta Cellini, alcuni sostengono che «la presenza di più osservatori che conducano
parallelamente più rilevazioni degli stessi eventi» sia un valido mezzo per ridurre la soggettività delle
interpretazioni (Cellini, 2008, 126). La presenza di più osservatori garantisce inoltre la possibilità di
osservare più luoghi dove avvengono i comportamenti interessanti; di considerare gli eventi da più punti
di vista contemporaneamente; di rilevare più informazioni della situazione sociale studiata in maniera più
approfondita nello stesso tempo e in un periodo di tempo breve (ivi, 161-162).
Lo strumento dell’osservazione è particolarmente utile allo studio dell’interazione sociale perché consente
al ricercatore di registrare«gli scambi verbali fra gli osservati» (Cellini, 2008, 74).
La presenza delle ricercatrici nei distretti è stata autorizzata dai dirigenti e da parte del personale sanitario:
queste dunque si sono trovate nella duplice veste di osservatrici scoperte nei confronti dei sudetti soggetti
e coperte per quanto riguarda l’utenza. L’accesso al campo è stato di volta in volta rinegoziato con gli
operatori sanitari che non erano stati informati della presenza delle ricercatrici, ma che si sono sempre
dimostrati molto disponibili verso il gruppo di lavoro.
Lo schema di rilevazione (cfr. Appendice II) usato durante l’osservazione è parzialmente strutturato: oltre
ad indicare al ricercatore gli eventi da rilevare e precedentemente stabiliti consente anche di introdurne
di nuovi che emergano durante l’osservazione -affidandosi così al campo- e che siano ritenuti utili ai fini
della ricerca (Cellini, 2008, 112-113).
Le interviste alle ostetriche e alle ginecologhe nei vari distretti hanno consentito di cogliere la percezione
e la visione che queste avevano della realtà in cui si trovavano a lavorare, nonché, data la loro alta
professionalità e preparazione, preziose informazioni sull’applicazione della legislazione in fatto di
interruzione volontaria di gravidanza e norme per l’accesso ai servizi degli straneri senza permesso di
soggiorno nonchè su eventuali vincoli e contraddizioni della legislazione in materia.
Si sono usati principalmente strumenti di ricerca qualitativa perché si è ritenuto che questi fossero
particolarmente atti ad uno studio sulla razionalizzazione dell’organizzazione dell’intervento dei sistemi di
Welfare sanitario, previdenziale e socio-assistenziale (Cifiello, Minardi a c. di, 2005, 10).
Tra le correnti metodologiche, la ricerca partecipatoria18 è quella che sembra offrire gli spunti più
interessanti; in questa i soggetti oggetto della ricerca sono direttamente coinvolti e considerati come dei
co-ricercatori che contribuiscono a creare in corso d’opera «il modello definitivo della ricerca e gli scopi
a cui la ricerca deve tendere» (Bortoletto). Lo scopo delle ricerche che rientrano in questa corrente è
fare in modo che la voce dei soggetti oggetto della ricerca riesca a farsi sentire attraverso la spendibilità
della ricerca. In questa prospettiva la conoscenza metodologica fa da intermediaria tra il sapere teorico
con le sue “elaborazioni concettuali ipotetiche” e la dimensione sociale fatta di relazioni e comportamenti
sociali (Cifiello, Minardi a c. di, 2005, 12).
18 La paternità di questo approccio si deve al pedagogista Paul Freire (Bortoletto).
38
La ricerca
III.2. Domande di ricerca, problemi cognitivi e obiettivi
Elenchiamo qui di seguito le domande cognitive che ci hanno guidato nel corso della ricerca:
• Come è cambiata negli ultimi anni l’organizzazione dei consultori?
• I consultori funzionano ancora come previsto dalla legge 194/78 Norme per la tutela sociale
della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza e precedentemente dalla legge
405/75 su l’istituzione dei consultori familiari? Il numero dei consultori e gli orari di apertura
riescono a sopperire alle esigenze della popolazione autoctona e di quella immigrata? I consultori
sono facilmente raggiungibili? La loro presenza è abbastanza diffusa sul territorio?
• Le utenti dei consultori corrispondono ad un tipo ben preciso? Hanno specifiche caratteristiche
socio-demografiche?
• I consultori quali strategie adottano davanti alle aspettative delle donne straniere che hanno usi,
consuetudini, costumi e lingua differenti dai nostri?
• Il fatto di condividere un particolare stato di salute o una scelta e l’esperienza dei consultori
favorisce lo sviluppo le relazioni interetniche?
Uno degli obiettivi era dunque mettere in evidenza la percezione che in genere le donne hanno dei
consultori e il ruolo che questi servizi giocano nella loro vita. Il consultorio è un luogo in cui le donne
si sentono accolte? Questo luogo è vissuto come spazio per la tutela della propria salute? Nei consultori
si riesce ad esplicitare un’attività di care? Come vengono esplicitate le relazioni tra donne provenienti da
paesi diversi?
Quest’ultimo argomento, seppur laterale rispetto agli obiettivi della ricerca, è a nostro avviso interessante
da approfondire; in un territorio dalla forte presenza migratoria, situazioni sociali simili, come quelle
vissute nelle scuole, negli asili, ma anche appunto nei servizi sociali, potrebbero aiutare la reciproca
conoscenza e dunque le relazioni interetniche.
Questo a maggior ragione in quanto le donne sono protagoniste riconosciute dell’integrazione delle
comunità, grazie al loro continuo ruolo di mediatrici tra due generazioni, che nel caso delle migranti
significano anche due culture19. Questi problemi sono stati evidenziati anche ai convegni organizzati
dall’Albero della Salute20 e dedicati al “ciclo della vita” nelle società multiculturali, dei quali citeremo
alcuni interventi significativi, come quello di Lea Chinosi (2004), che, parlando dell’essere genitori
19 “(…) la cultura sia trasmessa dalle madri, quindi le madri come trasmettitrici di cultura” (Dal Verme, 2004).
20 È una realtà inter-istituzionale diventato Struttura di riferimento per la Mediazione culturale in Sanità – Regione Toscana,
promosso e finanziato dalla Regione Toscana, dall’Azienda USL 4 Prato, dalla Provincia e dal Comune di Prato (con il
partenariato dell’Assessorato alla Multiculturalità) e dalla Circoscrizione Prato Nord. Si rivolge a istituzioni, cittadini italiani
e stranieri, medici, operatori socio-sanitari, insegnanti e studenti all’interno di uno spazio di riflessione e formazione sulla
salute. I suoi obiettivi sono
•Favorire il riconoscimento e la valorizzazione della pluralità delle visioni di salute e malattia che caratterizzano le identità
individuali e culturali;
•Adoperarsi per l’abbattimento delle barriere che possono ostacolare la fruizione del diritto alla salute dei migranti nei servizi;
•Promuovere la ‘sensibilità culturale’ a livello territoriale e nei servizi socio-sanitari, come raccomandato dagli organismi
internazionali e dalla Dichiarazione di Amsterdam;
•Favorire la riflessione sulle diverse modalità di mediazione nell’ambito della salute e sostenerne l’esercizio nei servizi sociosanitari;
•Orientare cittadini e operatori ad un utilizzo articolato delle risorse di salute (Biomedicina, M.n.C, M.T.), in linea con il Piano
Sanitario Regionale.
39
La ricerca
nelle diverse culture, afferma che: “la madre si trova a dovere sostenere una duplice funzione materna,
affiancando a quella di gelosa custode della lingua delle origini quella di tutrice del nuovo linguaggio
del paese ospitante: per meglio inserire il proprio bambino nella realtà straniera, la madre agevola
il meccanismo di identificazione e scambi con i bambini del paese ospitante e delega alla televisione
l’acquisizione corretta della nuova lingua. Il contrasto tra l’esigenza di confermare le radici e di crearne
di nuove e diverse produce mobilità nel percorso della crescita, inserendo precocemente il padre come
tutore della lingua d’origine”.
Come abbiamo visto nella prima parte di questo lavoro, la cura della salute, quantomeno nei servizi
essenziali e urgenti è universalmente garantita secondo la nostra normativa: quello della cura è dunque
il primo momento in cui l’immigrato non deve dimostrare di essere in possesso di un permesso di
soggiorno ma viene considerato in primis in quanto persona. Questo può portarci ad affermare che
l’integrazione passa attraverso la salute? Quaranta sostiene che ci sia stato uno slittamento nei paese
europei dal diritto d’asilo al diritto di cura: “gli immigrati non hanno diritti in quanto persone, con una
loro biografia, una loro famiglia, ma in quanto vite da salvare: la nuda vita, in altre parole, emerge come
modalità storica di costruzione di rapporti di potere, effetto di specifiche strategie di controllo”. La nostra
è soltanto “un’ideologia umanitaria che apre a chi ha bisogno di cure mediche, ma chiude a chi è vittima
per esempio di violenza politica, povertà…Il corpo diviene il terreno di regolazione di specifici rapporti
sociali fondati sul paradigma della biolegittimità” (2006, XXVI). E’ davvero così? Quali strategie può
mettere in campo l’attore pubblico per far sì che questo non accada e che la cura della salute rappresenti
invece un primo passo per l’integrazione e l’interazione tra culture? Esistono esempi di buone pratiche?
Del resto, un cattivo funzionamento dei servizi potrebbe produrre un peggioramento delle relazioni tra
autoctoni e immigrati, in un’ottica di guerra per le risorse che viene riconosciuta come una delle cause
dell’intolleranza verso l’altro.
È’ anche dentro le strutture socio-sanitarie dunque che possono nascere atteggiamenti di apertura o di
chiusura tra gruppi di nazionalità diversa.
III.3. Un primo sguardo. L’accessibilità: luoghi, orari e informazioni
III.3.1. L’importanza dell’informazione
Il primo passo del nostro lavoro è stato la ricerca d’informazioni su ubicazione, orari e funzioni degli
ambulatori ginecologici. Abbiamo cercato, cioè, di percorrere da ricercatrici il cammino che una donna
si trova a compiere quando ha bisogno di un servizio legato alla legge 405/75 sull’istituzione dei consultori
familiari e alla legge 194 sulla tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza.
L’accento che qui poniamo sull’informazione parte del presupposto che essa sia un diritto del cittadino
e dovere dell’ente pubblico. Qualsiasi teoria democratica considera l’informazione alla base della
cittadinanza: diritti e doveri non potrebbero essere concepiti nel mondo occidentale senza lo stretto
collante con l’informazione. E se è qui che le democrazie rappresentative più soffrono un’incompletezza,
il problema diventa più ampio quando parliamo di diritti e di accesso ai servizi.
La questione dell’informazione è ancora più evidente di fronte alla forte presenza migratoria della
nostra realtà locale. Le differenze linguistiche sono scogli difficili da superare, sia per gli utenti che
40
La ricerca
per il personale, in qualsiasi attività, sia essa pubblica o privata. Fondamentale quindi diventa investire
nella comunicazione, con informative in più lingue, che non devono essere inerenti solo ai doveri degli
utenti stranieri, ma anche ai loro diritti. Nel distretto di San Paolo, ad esempio, non si può non notare la
mancanza di opuscoli informativi bilingue e i cartelli in cinese si riferiscono soprattutto a moniti come
non parlare ad alta voce e non sputare per terra.
Se, come vedremo anche in seguito, alcune difficoltà degli immigrati nell’accedere ai servizi sono dovuti,
dunque, in primis alle difficoltà nella conoscenza della lingua italiana, essi non sono certo gli unici.
Vivere in un paese diverso dal proprio significa cambiare contesto culturale e sociale, ed anche leggi
e norme che regolano i servizi. E’ dunque necessario uno sforzo ulteriore da parte delle istituzioni per
rendere accessibile l’informazione su diritti e doveri in ogni campo, specie in quello sanitario, per le
ovvie conseguenze che questo comporta, senza dare niente per scontato. Uno spunto interessante, a tal
proposito, è offerto dalla Provincia di Prato che ha tradotto la Costituzione della Repubblica Italiana
nelle lingue più diffuse nel territorio, e dalla Guida pratica per cittadine e cittadini migranti dell’Urp
Multiente che fornisce risposte alle domande più frequenti in tema di ingresso, soggiorno, lavoro, salute e
istruzione, scaricabile dal sito del Comune di Prato e dalla Guida ai servizi sanitari della ASL.
Nel giugno 2008 nasce il portale www.pratomigranti.it, frutto dell’intento di molti soggetti, pubblici e privati,
di creare un punto di riferimento unico sull’immigrazione, che contenga e fornisca tutte le informazioni
sia ai cittadini stranieri che a quelli italiani. Promosso e finanziato da Comune e Provincia di Prato,
Prefettura e Camera di Commercio, www.pratomigranti.it è un sito internet multilingue dove si danno
notizie utili sulle iniziative locali, e informazioni sui servizi o sui rapporti con la pubblica amministrazione.
I cittadini e le cittadine migranti possono trovarvi informazioni utili per la vita, lo studio, il lavoro, le
opportunità esistenti nel territorio pratese.
La socializzazione alla salute non è un problema che riguarda solo i migranti, ma anche le nuove generazioni
autoctone. La Regione Toscana ha recentemente affrontato il tema di una sensibilizzazione dei giovani alla
tutela della salute e alla cura del proprio corpo. Se consultori e diritti relativi alla salute ginecologica
sono per molte donne un dato di fatto, perché conquistato recentemente e dunque fresco nella memoria
collettiva, il passaggio di questa consapevolezza alle nuove generazioni non può essere dato per scontato.
Cosa e quanto sanno le giovani donne dei propri diritti e delle strutture ad esse dedicate?
III.3.2. Dove
Nella Provincia di Prato i servizi consultoriali sono svolti nei distretti socio-sanitari. Non esiste però un vero
e proprio consultorio secondo i requisiti della legge 405 del 1975 Istituzione dei consultori familiari
dove sia cioè effettivamente svolta un’attività di consulenza e di informazione. Come abbiamo visto, infatti,
la legge prevede che nei consultori si garantisca, tra le altre cose, “l’assistenza psicologica e sociale per
la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia,
anche in ordine alla problematica minorile e la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere
ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi e i farmaci adatti a ciascun caso”. Manca ad
oggi anche il consultorio primario verso la cui individuazione e messa in opera vanno le indicazioni
delle linee guida della Delibera Regionale Programma di interventi per una riqualificazione dei
servizi consultoriali e di educazione e formazione finalizzati alla diffusione ed al consolidamento
di una cultura della maternità e paternità responsabile e di una sessualità consapevole analizzata
nella prima parte di questo lavoro. I servizi consultoriali vengono svolti nei nove distretti socio-sanitari
41
La ricerca
diffusi nel territorio, di cui quattro nel Comune di Prato. Si tratta di ambulatori ginecologici, in cui, ad
orari specifici, c’è la possibilità dell’accesso diretto per la contraccezione d’urgenza e si può ottenere
la documentazione necessaria per l’interruzione volontaria di gravidanza che viene poi effettuata
presso la clinica Villa Fiorita. In tali ambulatori si effettuano anche gli screening previsti dalla Regione
Toscana, viene consegnato il protocollo di gravidanza (cfr. II.3.2.), in corsie preferenziali si effettuano i
prelievi dei nove mesi di gestazione, mentre le ecografie sono eseguite solo presso l’ospedale, in quanto
nei distretti manca la strumentazione adeguata.
Graf. 3 I servizi consultoriali nella Provincia di Prato
Presi dio territorial e di
Ver nio
Presi dio territorial e di
Vaiano
Presi dio territorial e di
Mo ntemurl o
Articol azione territorial e Prat o
Nord, via Giubilei
Articol azione territorial e
Prat o Ove st, Via Clemen ti
Articol azione territorial e Prat o
centro est, P iazza Lippi
Presi dio territorial e di
Car mignano
Articol azione territor iale di Prat o
Sud, Via Roma
Presi dio territorial e di
Pog gio a Caiano
III.3.3. Le informazioni in Internet21
Nella pagina del Comune di Prato, canale tematico “sanità e sociale”, situato nella rete civica po-net, non
c’è alcun riferimento ai servizi ginecologici e/o consultoriali. Solo accedendo alla pagina “distretti sociosanitari” si può arrivare alle articolazioni territoriali, e cliccando sui link di queste si scopre che in tali
presidi si hanno anche “ambulatori di ginecologia, psichiatria e psicologia” per Prato centro-est oppure
il “consultorio ginecologico” per Prato Nord, Ovest, Sud. Non si hanno però indicazioni sugli orari in cui
sono aperti i vari ambulatori, e per ogni notizia in merito si viene inviati al centralino URP. Inoltre non si
riesce a reperire alcuna informazione riguardo ai servizi svolti dalle articolazioni territoriali dei comuni
limitrofi.
21 I siti citati sono stati consultati più volte fino a maggio 2008
42
La ricerca
Sempre nel sito del Comune di Prato, in basso a destra si trova una sezione denominata “IO SONO”.
Da questo settore si entra in una pagina con varie specifiche, tra cui “donna”: cliccandoci si accede ad
una pagina in cui troviamo il link a www.annainformadonna.it, che fornisce “Informazioni su servizi,
iniziative sociali, culturali, formative e professionali rivolte alle donne nel territorio della provincia di
Prato”22. E’ qui che riusciamo finalmente a trovare informazioni su parto, gravidanza, IVG, contraccezione
di emergenza, e sui servizi a cui rivolgersi caso per caso ed anche gli orari in cui presso gli ambulatori
ginecologici si effettua l’accesso diretto. Al sito si arriva anche dall’home page della rete civica.
Evidentemente internet è solo uno dei tanti mezzi di informazione, e sicuramente non è il più utilizzato
dai cittadini. Le nuove tecnologie sono però state forse usate come escamotage, la panacea per la
nuova cittadinanza: informazione costante, a costi bassissimi, rispetto ad altre forme, per la pubblica
amministrazione. Un’informazione, tuttavia, che per essere efficace ed efficiente ha bisogno di attenzione
e continuo aggiornamento da parte degli attori pubblici.
III.3.4. E se ti trovi in una situazione di emergenza, cosa fai?
Agli albori della nostra ricerca oltre ad un’esplorazione in rete abbiamo svolto due esperimenti simulando
una situazione di “emergenza”. Due ricercatrici non residenti a Prato e non ancora completamente a
conoscenza del disegno della ricerca hanno simulato un problema ginecologico: l’esigenza della pillola
del giorno dopo. Queste dovevano riuscire a capire cosa fare, usando diversi strumenti per reperire
informazioni, e chi chiamare, cercando anche di immedesimarsi nella situazione. Il primo esperimento
è stato condotto da una ragazza extracomunitaria, a cui abbiamo messo a disposizione solo l’elenco
telefonico. Il secondo, da una donna italiana che aveva come mezzo di informazione anche internet.
L’esperimento della telefonata 1
Ricercatrice di 26 anni, nazionalità croata
Obiettivo cognitivo: esistono difficoltà nel reperire delle informazioni per risolvere un’urgenza
ginecologica avendo a disposizione soltanto un elenco telefonico? Abbiamo ipotizzato il percorso di
una donna straniera senza un permesso/carta di soggiorno e/o un medico di base.
Tempo dell’esperimento: è stato realizzato nel giorno di sabato per evitare che fosse indirizzata a
rivolgersi ad un medico di base.
22 Il progetto Anna Informadonna nasce nel 2000 ed è il frutto di un accordo tra il Comune e la Provincia di Prato per creare
una rete tra tutti i soggetti che sul territorio s’impegnano a collaborare per promuovere una cultura di genere e delle pari
opportunità tra uomini e donne presenti sul territorio. “Il sito è uno spazio di informazione e orientamento riguardo a temi
come lavoro, formazione intercultura, violenza, maternità e salute. In particolare è presente numeroso materiale che riguarda
i servizi di conciliazione tempi di vita e di lavoro offerti da istituzioni, associazioni e organizzazioni all’interno della provincia
di Prato. Lo sportello Anna informadonna si trova presso il Laboratorio del Tempo, che è diventato negli ultimi anni luogo di
incontro per donne autoctone e di origine straniera, dove sono presenti vari servizi rivolte alle donne, tra cui consulenza legale
gratuita e uno sportello per donne straniere” (dal sito annainformadonna).
43
La ricerca
Report23. Supponendo di avere a disposizione solo l’elenco telefonico e non conoscendo ulteriori
informazioni sul problema, ho iniziato l’esperimento cercando nell’elenco la voce “USL”. Trattandosi
di una struttura pubblica, la voce “USL” era evidenziata a parte, in un quadretto contenente recapiti
diversi rispetto alle singole sotto-strutture (uffici, dipartimenti, ospedali e simili). Ho scelto due
di questi allo scopo di confrontare i relativi percorsi: il primo numero di telefono era del Servizio
Continuità Assistenziale e il secondo del Centralino.
Telefonata n.1
Servizio Continuità Assistenziale (ex guardia medica – ore notturne, prefestivo, festivo) – tel:
0574 – 38 038
Sabato, 15 dicembre 2007, ore 13:00.
Effettuo due telefonate. La prima volta mi risponde subito una voce femminile chiedendomi cosa fosse
successo. Le spiego di aver avuto un rapporto sessuale durante il quale mi si e’ rotto il preservativo.
Mi domanda se sono maggiorenne (“si’”) e quanti anni ho (“26”). La donna mi chiede di recarmi da
loro ma io specifico di non essere italiana e lei risponde che va bene.
Nella seconda telefonata chiedo se va bene anche se sono straniera e mi rassicura spiegando che
l’unica cosa che loro richiedono e’ la maggior eta’. Le chiedo quando posso andare e mi risponde che
posso andarci subito (entro le 20:00) e che mi avrebbe prescritto la pillola del giorno dopo. Alla fine
della conversazione mi chiede nome e cognome e io simulo preoccupazione. Mi spiega che per loro
chiedere il nominativo e’ una cosa obbligatoria, anche nel caso in cui qualcuno li chiami sbagliando
il numero. Ringrazio la donna e chiudo.
Commento: la donna era molto gentile e disponibile e ha cercato di rassicurarmi quando ho espresso
dei dubbi (sull’identità o sul fatto di essere straniera). Comunque, non ho trovato alcun tipo di
difficoltà.
Telefonata n.2
Centralino – tel: 0574 – 4341
Sabato, 15 dicembre 2007, poco dopo le 13:00
Risponde la centralinista e le spiego il problema (v. sopra) e mi passa il reparto di ginecologia. Mi
risponde una voce femminile ed espongo di nuovo il problema. Mi pregano di attendere un attimo
e dopo una breve attesa ritorna la signora di prima indirizzandomi al pronto soccorso. La donna
aggiunge che nel caso in cui incontrassi un obiettore di coscienza dovrei recarmi direttamente al
reparto di ginecologia perché lì mi avrebbero sicuramente prescritto la pillola. Alla fine chiedo
informazioni su come raggiungere l’ospedale – la donna mi chiede dove mi trovo, volendo darmi
delle indicazioni ma evito la risposta chiedendo l’indirizzo (“la piazza dell’ospedale”).
23 Report di Maja Staraj
44
La ricerca
Commento: anche in questo caso, la donna che ha risposto si e’ dimostrata gentile e disponibile
preoccupandosi di darmi informazioni extra (se incontro l’obiettore di coscienza e le indicazioni
su come raggiungerli). Da questa telefonata emerge tutto il percorso che spesso si trova a dover
affrontare l’utente: dal centralino al reparto ginecologico e il passaggio dalla ginecologia al pronto
soccorso. Inoltre, in teoria, nel caso in cui si fosse incontrato un medico obiettore di coscienza, si
sarebbe reso necessario un ulteriore cambio di destinazione: dal pronto soccorso alla ginecologia.
Gli ultimi due passaggi sono significativi in quanto dalla telefonata non e’ emerso il percorso “standard”,
cioè non si e’ capito se nel reparto di ginecologia trattano le emergenze (e quindi avrebbero potuto
prescrivermi la pillola senza mandarmi al pronto soccorso) oppure era una soluzione pensata come
“piano B” (la presenza dell’obiettore). Inoltre, ci si può chiedere come mai non mi abbiano inviato
al Servizio continuità assistenziale.
Conclusioni:
Partendo dalle condizioni iniziali (il bisogno della pillola del giorno dopo, donna straniera e
maggiorenne, un giorno prefestivo) si può concludere che non ci siano delle difficoltà di tipo
strutturale nell’affrontare questo tipo di emergenza. Tuttavia sono emersi dei potenziali problemi:
il caso di una ragazza minorenne e la presenza di un obiettore di coscienza che per essere accertati
necessiterebbero di una ricerca sul campo.
L’esperimento della telefonata 2
Obiettivo cognitivo: esistono difficoltà nel reperire delle informazioni per risolvere un’urgenza
ginecologica avendo a disposizione un collegamento ad internet? Abbiamo ipotizzato il percorso di
una donna italiana.
Report24. Sono andata su Internet ho cercato consultori prato, ho trovato po_net.prato,it la sede di
via Roma. C’è scritto tutto anche l’orario. Il problema è che il venerdì pomeriggio non è orario
di ricevimento. Sono le 15,30. Ma il mio problema va risolto entro oggi! Comunque provo a
telefonare lo stesso ma non risponde nessuno. Provo anche al numero del Sociale ma nessuno.
Allora cerco un altro sito: trovo vita di donna con il tel 3339856046. Non so se provare lì. Sul sito
ci sono vari argomenti ed anche l’elenco dei consultori divisi per regione. Cerco su Prato ma pare
che lì consultori non ce ne siano!
Cerco ancora con Google: trovo www.0574.village.net dove ci sono tutti i consultori presenti
sul territorio di Prato con i numeri di telefono e gli orari; provo a telefonare al Centro Sud
0574/35701 ma non risponde nessuno. Io ho ancora il mio problema e mi agito sempre più.
Provo al Distretto Nord 0574/435226 mi risponde una donna quasi subito, chiedo di parlare con
un ginecologo o con un medico, mi dice che non c’è nessuno. Io insisto perchè è un’urgenza, lei
mi dice che se è un’urgenza devo rivolgermi all’ospedale in reparto ostetricia e che il consultorio
non risolve le urgenze. Comunque mi dice: “attenda che vado a vedere se c’è qualcuno”. Sento
che si allontana, poi torna e mi conferma che non c’è nessuno. Le spiego il mio problema e lei
24 Report di Beatrice Papi
45
La ricerca
mi risponde che non sa cosa dirmi: “vada in ospedale oppure domattina in Piazza Lippi”. Sono
disperata! Cerco il telefono dell’ospedale non trovo il numero: sul sito ufficiale non c’è il numero
di telefono! Telefono al Cup. Scatta il risponditore automatico mi sorbisco tutta la pappardella e le
informazioni utili. Mi rispondono e chiedo il telefono del centralino: 05744341. Sono nel pallone!
Telefono all’ospedale: mi passano ostetricia, parlo con un’infermiera, le espongo il mio problema
e finalmente mi dice di andare in ginecologia per parlare con un medico che mi avrebbe fatto
alcune domande e prescritto la pillola del giorno dopo che potrò comprare in farmacia.
Finalmente ho quasi risolto il mio problema. Solo che la pillola me la devo pagare e non ho idea
di quanto costi.
Quel che più colpisce da questi due esempi è la maggiore difficoltà incontrata nell’utilizzo di internet.
Anche avendo a disposizione strumenti come il web, le informazioni alla fine si trovano solo con la
telefonata. Ed entrambe le telefonate approdano al reparto ginecologia dell’ospedale (quando invece
dovrebbero essere Guardie Mediche e Pronto Soccorso a fornire informazioni).
Se da un lato va sottolineata l’efficienza e la disponibilità degli operatori sanitari (che in un caso offrono
molte informazioni, anche oltre quelle richieste), dall’altra non possiamo non notare la mancanza di
accessi diretti più economici e veloci.
Abbiamo visto come il sito Annainformadonna sia l’unico strumento virtuale su cui reperire informazioni,
ma non si tratta di un sito che l’utente può riconoscere come istituzionale e dunque facilmente
raggiungibile: troviamo il link dalla Rete civica po-net e dal sito del Comune di Prato, ma in modo non
connesso alle tematiche di cui ci stiamo occupando. Il sito Annainformadonna si occupa di vari temi, e
non solo di sanità e sociale e se non è conosciuto non è il primo punto di appoggio per una donna in
cerca di informazioni.
Nel corso della nostra ricerca dentro le articolazioni territoriali abbiamo tenuto sempre in mente
l’importanza della disponibilità delle informazioni, prestando particolare attenzione a qualsiasi mezzo
che migliori le conoscenze e l’accessibilità per le utenti, dai cartelli stradali che indicano i distretti alle
informazioni sotto forma di volantini e brochure disponibili dentro le strutture.
III.4. Osservazione
L’osservazione è stata effettuata nei mesi di novembre e dicembre nel distretto di Prato Ovest (via Clementi,
zona San Paolo) e nei mesi di gennaio e febbraio nel distretto di Prato Centro-Est (Piazza Lippi, Centro
Storico). La scelta è ricaduta su queste due strutture perché in esse si concentra la gran parte dell’utenza
straniera. Il distretto di San Paolo, in particolare, prevede una massiccia presenza di donne cinesi, grazie
anche alla presenza di una mediatrice linguistica che lavora anche nel distretto di Prato Nord, ma solo
per un giorno a settimana.
Abbiamo già sottolineato come non sia facile accedere alle informazioni relative agli orari e alle competenze
degli ambulatori ginecologici diffusi nel territorio. Questo dato è confermato anche dalle difficoltà nel
raggiungimento delle strutture per chi non conosce bene la zona.
46
La ricerca
III.4.1. Gli spazi
Osservazione indiretta
In questo paragrafo si trattano gli spazi, le tracce e i
Focus su:
segni osservati dal punto di vista del nostro obiettivo di
spazi;
ricerca. Che tipo di informazioni vengono date? Su quali
privacy (relativa agli spazi);
supporti queste sono veicolate? Gli spazi sono adeguati
presenza di materiale informativo;
a garantire la privacy?
cartelli, campagne promozionali/
Come possiamo notare dalla griglia in appendice,
educative;
abbiamo dedicato grande attenzione anche
lingue in cui sono presenti le
all’osservazione degli spazi fisici. Questo interesse per
informazioni.
gli ambienti fisici deriva dall’assunto della non neutralità
delle strutture rispetto alle attività che vi si svolgono,
specie quando queste sono relative ad argomenti sensibili ovvero personali. La commistione di attività,
l’impersonalità talvolta dei luoghi (che nelle nostre note sul campo vengono definiti “asettici”, “simili ad un
ospedale”) possono contribuire a trasmettere un messaggio di freddezza che non orrisponde allo spirito e
alla mission dei consultori di cui parla la legge 405 Istituzione dei consultori familiari, né all’importanza
che sempre di più viene data alle strutture diffuse sul territorio nell’ottica di un’integrazione tra sociale e
sanitario25. Oltre a questo, come vedremo, gli spazi, il loro arredamento come la loro disposizione diventano
rilevanti anche per altri aspetti: privacy, accoglienza, capacità di reperire informazioni e dunque anche
efficacia ed efficienza del servizio.
Una volta raggiunti i distretti il primo aspetto da sottolineare rispetto agli obiettivi di questo lavoro è la
compresenza di funzioni e servizi molto diversi tra loro, in cui quella consultoriale è solo una delle attività.
Questo porta come conseguenza sia una difficoltà nell’identificare la struttura come luogo della “tutela
della salute della donna”, sia problemi non secondari di privacy.
Ogni struttura è diversa e anche nei distretti di Prato Centro e Prato Nord (via Giubilei, dove siamo andate
per alcune interviste) sebbene l’area dedicata ai servizi ginecologici sia maggiormente separata dalle altre,
rimane sempre l’assenza di un luogo a questi appositamente dedicato.
Questo elemento è intuibile già a priori, senza scendere sul campo, visto che i servizi si trovano nei
distretti. Si ponga ad esempio il caso di un’adolescente. Sicuramente per lei potrebbe non essere invitante
andare a parlare di contraccezione in un luogo dove si può incontrare il vicino che si sta sottoponendo a
degli esami del sangue 26.
25 Questo aspetto è ancor più rilevante nel nostro territorio, dove la Regione ha scelto di sviluppare l’integrazione del sistema
sanitario con il sistema socio assistenziale attraverso un’inedita soluzione organizzativa dell’assistenza territoriale, le Società
della salute. Già indicate nel precedente Piano sanitario regionale 2002-2004, le Società della salute rappresentano una delle
innovazioni più importanti della programmazione sanitaria di questi anni. Esse si configurano come consorzi pubblici senza
scopo di lucro, i cui titolari sono le Aziende sanitarie locali e i Comuni. Rappresentano una soluzione organizzativa, tecnica
e gestionale nel settore dei servizi socio- sanitari territoriali di zona-distretto e sono oggetto di sperimentazione nel corso del
Piano sanitario regionale 2005-2007 (fonte: http://www.salute.toscana.it/sst/societa_salute.shtml )
26 Questo problema è stato riscontrato anche dalla nostra osservatrice in situazione che si è trovata a dover accedere al servizio
ginecologico per il protocollo di gravidanza quando ancora non aveva “diffuso” la notizia per poter fare una sorpresa. La
presenza di vicini, amici, conoscenti nel distretto l’hanno costretta ad anticipare i tempi. Se questo è un caso di necessità di
privacy per motivazioni “positive” (aspettare il momento migliore per comunicare un lieto evento), la situazione ci ha fatto
47
La ricerca
L’osservazione e la presenza nei luoghi indicati hanno
però evidenziato altre problematiche: la commistione
di servizi rende difficile capire quale sia la stanza
ambulatoriale a cui rivolgersi, si creano code, scontenti,
file sbagliate, necessità di essere indirizzate. Ed anche
una semplice richiesta d’informazione su quale sia
l’operatore a cui rivolgersi può divenire problematica,
Sede e orari ad Accesso Diretto (conladdove manchi un adeguato servizio di portineria e
traccezione d’urgenza e certificazioni
dove sia presente anche un’utenza che non parla la
INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIlingua autoctona.
DANZA) dei Consultori ostetrico-ginecoCome si è rilevato nel corso della nostra esperienza, Il
logici (presso le Articolazioni Territoriali):
front office è affidato al meritevole lavoro di volontari,
- Piazza Lippi
spesso anziani, che decidono di mettere a disposizione
Lunedì 17.30-18.30, Martedì 12-13,
degli altri il proprio tempo e libero e che si trovano
Mercoledì 12.30-13.30
davanti a situazioni spesso difficili da gestire senza
Venerdì 9.45-10.45, Sabato 10.30-11.30.
un’adeguata preparazione, o comunque a dover
- Via Giubilei
affrontare domande e richieste molto delicate. Capita
Martedì 17.20-18, Giovedì 11.30-12.30.
così che le risposte a queste domande siano differite
- Via Clementi
agli operatori socio-sanitari, accrescendo il disagio e la
Giovedì 12.20-13, Venerdì 13.20-14.
mole di lavoro che questi ultimi devono fronteggiare.
- Via Roma
Martedì 12-13, Giovedì 12-13, 17.30A questo si aggiungono le difficoltà nel capire orari e
18.30, Venerdì 12-13.
modalità dei servizi; i tempi sono molto stretti: in ogni
- Vaiano
stanza, in orari diversi, si fanno cose diverse, anche se
Lunedì 12.20-13.
poi, come osserviamo e come ci confermano in diversi
- Vernio
momenti le operatrici, ci sono “strappi alla regola” in
Giovedì 16.50-17.30.
favore degli utenti. Anche gli ambulatori ginecologici
- Montemurlo
svolgono prestazioni differenti nelle diverse fasce
Mercoledì 12-13.
orarie. Tali attività non sono però ben pubblicizzate;
- Poggio a Caiano
ampio spazio trovano, invece, i cartelli dei divieti,
Mercoledì 13-13.30.
in particolare nel distretto di Prato Ovest, dove
- Carmignano
campeggiano le scritte tradotte in cinese che invitano a
Martedì 12.50-13.30.
parlare a bassa voce e ricordano che è vietato sputare
per terra.
Anche dalle nostre interviste emerge come tra operatrici ed utenti vi siano delle difficoltà comunicative:
le prime sostengono di perdere molto tempo ed energia nel dare ragguagli, le seconde nel cercare di
ottenerli.
Dal sito annainformadonna, un esempio
della varietà degli orari (suscettibili di
modifiche). Anche la distribuzione del
protocollo di gravidanza segue orari ben
definiti.
C’è scarsa interazione e comunicazione tra il personale e l’utenza: partendo dal fatto che sia
gli utenti perdono molto tempo ed energie ad ottenere delle informazioni basilari sul servizio
e il personale perde altrettanto tempo e energie a dare questo tipo di informazioni e questo
sembra creare uno scontento da entrambe le parti
riflettere su quanto questa commistione può essere invece problematica in casi di accesso ai servizi per altri motivi, soprattutto
nel caso delle adolescenti e in territori piccoli come possono essere i Comuni della Provincia.
48
La ricerca
Incomprensioni che, se da una parte possono creare disagi nello svolgimento del proprio lavoro, dall’altra
provocano nell’utente un senso di sconforto e smarrimento. Questa situazione di disagio si aggrava
quando l’utenza non ha una perfetta padronanza della lingua autoctona, come nel caso dell’utenza cinese,
portando anche a situazioni in cui per mancanza di tempo si tende a spostare comunque tutti i cittadini
cinesi (o presunti tali, nel nostro caso è capitato a due ragazzi giapponesi di essere invitati ad andare il
lunedì) a tornare nei giorni in cui è presente la mediatrice, senza porsi il problema della padronanza o
meno della lingua italiana e del fatto che la mediatrice ha solo una funzione linguistica, non culturale.
Questo atteggiamento è comprensibile in una situazione di confusione e di ritmi di lavoro serrati, ma una
maggiore informazione in lingua straniera e la presenza di personale qualificato nelle portinerie forse
potrebbe portare ad una migliore organizzazione del lavoro. Il materiale informativo presente, invece, è
quasi esclusivamente pubblicitario, in molti casi si tratta di promozioni di prodotti farmaceutici.
La situazione appare più caotica nel distretto Prato Ovest, dove la presenza della mediatrice di lingua
cinese è da una parte, causa, e dall’altra, conseguenza, di una maggior presenza di utenti di nazionalità
cinese. Le autoctone e le donne di altra nazionalità vengono invitate a recarsi nel distretto nei giorni in cui
non c’è la mediatrice, in modo da poter dedicare tutto il tempo possibile a soddisfare la domanda delle
utenti della comunità cinese. Le ore di presenza della traduttrice sono, infatti, evidentemente poche, come
ci confermano tutte le operatrici intervistate, e in queste ore vi è un sovraccarico di richieste. La presenza
della mediatrice non è necessaria soltanto durante le visite, ma anche per le prenotazioni o le semplici
richieste di informazioni: nel distretto esiste, infatti, anche il servizio CUP (centro unico prenotazioni)
per riservare visite e esami. Nei giorni in cui non c’è la mediatrice l’arrivo di utenti cinesi mette in stato
di agitazione il personale sanitario e a prevalere è la formula magica del: “torni lunedì, quando c’è la
mediatrice”.
In Piazza Lippi la situazione pare più calma. Lo spazio per il servizio ginecologico, nonostante gli stretti
corridoi, è più raccolto, più confortevole e separato dalle stanze dove si svolgono altre attività.
III.4.2. L’utenza
Un’attenzione particolare è stata riservata ovviamente all’utenza, alla sua composizione socio-anagrafica,
ai rapporti tra questa e gli operatori. Nei due distretti l’utenza è di nazionalità molto variegata e si
distribuisce nei giorni della settimana secondo delle traiettorie specifiche. Questo soprattutto perché nel
distretto di Prato Ovest per due giorni a settimana è presente una mediatrice linguistica di madrelingua
cinese. Oltre che nel distretto in questione, la mediatrice lavora solamente, e per un giorno la settimana, a
Prato Nord (via Giubilei). È dunque facilmente intuibile come l’utenza di cittadinanza cinese si concentri
in questi due presidi, in particolare Prato Ovest, sia per la presenza più frequente della mediatrice che per
l’ubicazione territoriale, mentre in piazza Lippi sono presenti donne delle varie nazionalità presenti nella
Provincia di Prato: Est Europa, Pakistan, Marocco, Africa continentale.
Nel distretto Prato Ovest, come abbiamo già visto nella parte dedicata agli spazi, la presenza della mediatrice
fa sì che tutta l’utenza di nazionalità cinese venga fatta confluire nei giorni di presenza della stessa, anche
senza investigare troppo sulla conoscenza o meno della lingua italiana. Di contro, per ottimizzare il tempo
di presenza della mediatrice, le autoctone e le donne di altra nazionalità vengono spinte a presentarsi
negli altri giorni. Questo ci ha permesso di notare anche la differenza tra motivi intuibili delle visite: nei
49
La ricerca
Dalla griglia di osservazione
Tipo di accesso:
•Chi sono le utenti? (età, nazionalità ecc)
(Analisi delle nazionalità maggiormente
presenti sul territorio)
•C’è un* mediatore* linguistico? Culturale?
Che ruolo ha?
•Da chi sono accompagnate le utenti?
(partner/amico*/familiare)
•L’accompagnatore cambia a seconda del
motivo (intuibile) della visita?
Personale e rapporti tra il personale e l’utente
•Il personale diversifica i propri atteggiamenti
a seconda dell’utenza?
•La privacy è rispettata?
•Il linguaggio è tecnico? Cambia secondo
l’utenza?
Rapporti inter e infranazionalità:
•Conflitti e cooperazione (dinamiche legate a
differenze di genere, di condizione sociale,
di cultura/religione)
•Situazione sociale e mondo sociale: cosa
accade quando alla stessa situazione
sociale (es: gravidanza) non corrisponde
lo stesso mondo sociale (etnia, differenze
di status, età cc): si creano rapporti al di
là del mondo sociale? oppure le relazioni
si creano più per mondo sociale? Questi
rapporti che eventualmente si creano
coinvolgono anche gli accompagnatori?
giorni in cui l’utenza è soprattutto cinese molte
sono le donne in stato di gravidanza, mentre
le autoctone che usufruiscono dei servizi
consultoriali sono soprattutto di età medio-alta
e di classi sociale medio-bassa e tranne qualche
caso seguito dai servizi sociali non abbiamo
incontrato adolescenti.
Le donne cinesi in gravidanza sono spesso
accompagnate da un uomo, presumibilmente
il partner, a cui sembra essere riconosciuto un
ruolo attivo nel percorso di nascita del figlio,
confermato anche dalla presenza in ospedale
dei padri cinesi.
Il tipo di rapporto che gli operatori sanitari
instaurano con le utenti dipende anche dalla
nazionalità di quest’ultime. Il primo problema
è di nuovo soprattutto quello linguistico: la
difficoltà di comprensione che quotidianamente
ostetriche e ginecologhe affrontano porta
anche a relazioni più difficili e meno fluide. La
tendenza a rimandare le donne di nazionalità
cinese al momento di presenza della mediatrice
provoca anche una difficoltà di cui le operatrici
sono consapevoli: la presenza di qualcuno che
traduce crea un filtro che impedisce l’instaurarsi
di un rapporto empatico tra medico e paziente,
fondamentale quando si parla di salute
femminile.
Per quel poco che si è potuto osservare, non
potendo assistere alle visite all’interno della
stanza, le interazioni tra le utenti cinesi, la
ginecologa e l’infermiera ostetrica passano esclusivamente attraverso la mediatrice, il cui
atteggiamento freddo ci ha colpite fin dall’inizio (appunti dalle note di osservazione)
Nel corso delle osservazioni abbiamo però rivisto questa considerazione, imputandola soprattutto alle
condizioni di lavoro della mediatrice che si trova in una situazione in continuo bilico tra due culture e
che deve affrontare le mille domande che continuamente le donne le rivolgono, in quanto unico punto di
appoggio verso un mondo altro, talvolta incomprensibile le une alle altre.
Diversa la situazione con donne di altra nazionalità che non sia quella cinese: già nel momento della
sala d’aspetto si notano complicità e riconoscimenti reciproci tra il personale e l’utenza, confermati dai
dialoghi con le operatrici.
50
La ricerca
Ora vi racconto una cosa che ha fatto soddisfazione a me e all’ostetrica: abbiamo seguito
in gravidanza una donna marocchina, che dopo il parto ci ha portato un vassoio di dolci
marocchini come…ringraziamento per averla seguita in gravidanza…e queste sono le cose
che a me mi danno tanta soddisfazione…proprio perché è rimasta contenta del rapporto che
si è instaurato fra noi, e questa è una cosa bellissima…
Accade anche che gli appuntamenti siano saltati o sbagliati e questo crea difficoltà in un’organizzazione
quotidiana che come abbiamo visto è molto serrata, specialmente nel distretto di Prato Ovest. Ciò porta
spesso a dover rinunciare a visitare donne che hanno confuso il giorno dell’appuntamento.
Problemi ben presenti al personale, come si evince da questo intervento della direttrice U.O. Ostetricia
Professionale della Asl di Prato, Raffaella Pellicciari (2005) al Covegno dell’Albero della Salute: “Negli
anni gli operatori del materno infantile hanno dovuto con gli strumenti a loro disposizione, cercare di
adattarsi, assecondare tante situazioni diverse, o assimilare parole o gesti per cercare di fare da ponte verso
l’altrui comprensione;a volte però è emerso un profondo disagio nel non riuscire a trovare un canale, per
far passare parole ed informazioni che avrebbero potuto lenire il senso di solitudine e isolamento che si
intuiva. Ma non ci poteva bastare e forte abbiamo sentito la necessità di formarci per conoscere e capire,
per giustificare comportamenti spesso incomprensibili, per accogliere, il tutto in una visione olistica delle
cose che caratterizza la nostra professione”.
I rapporti infranazionalità per le utenti cinesi sembrano seguire alcuni cleavages, come la spaccatura
tra città e campagna, che rispecchia le loro diverse provenienze. La maggior parte dei cittadini cinesi
proviene dalla provincia dello Zhejiang, dove c’è una forte differenza tra città (in particolare la capitale,
Wenzhou) e zone rurali; questa diversità si ripercuote nella posizione sul lavoro, quindi nello status socioeconomico e di conseguenza nei rapporti reciproci (si veda, tra gli altri, Ceccagno, 2003)
Nel distretto di piazza Lippi le relazioni sembrano più fluide, anche tra donne di nazionalità diverse: la
stessa situazione sociale crea momenti di dialogo, anche se la scarsa presenza di autoctone non permette
di parlare di una vera e propria interazione, seppur minima e legata al contesto. Più interessante da questo
punto di vista potrebbe essere un’osservazione condotta nei luoghi di compresenza (ad esempio i momenti
legati agli esami di gravidanza, alle corsie preferenziali per le analisi del sangue, alle sale di aspetto per le
ecografie), ma soprattutto dentro il reparto maternità dell’ospedale, dove nazionalità diverse condividono
una situazione molto particolare come la nascita di un figlio e per un periodo di tempo significativamente
maggiore rispetto ai momenti di attesa per una visita.
Come abbiamo notato, infatti, le donne italiane che si rivolgono ai servizi consultoriali hanno un’età
medio-alta. Le donne che scelgono di essere seguite in gravidanza dal servizio pubblico vi si rivolgono solo
per le pratiche “obbligatorie” come la consegna del libretto di gravidanza o gli screening gratuiti della
Regione Toscana. Questa tendenza, secondo le operatrici che abbiamo intervistato, è dovuta, in parte, al
fatto di preferire un rapporto diretto con un medico privato che si ritiene più disponibile, a fronte dei ritmi
più serrati del servizio pubblico, e, in parte, alla forte medicalizzazione delle italiane, che fanno figli tardi
e tendono a riversare su questi, o su questo/a cure e attenzioni anche eccessive.
Questi elementi, seppur presenti, non possono spiegare il fenomeno nella sua complessità, in quanto
51
La ricerca
la tendenza a scegliere di essere seguite solo dal ginecologo privato si manifesta in maniera diversa in
territori in cui le attività sono organizzate in modo differente (ad esempio un consultorio principale come
previsto dalla normativa regionale), come notano alcune operatrici che hanno lavorato o lavorano anche
in altre province. Questa predilezione delle italiane per il privato rispetto al pubblico potrebbe trovare
spiegazione anche nelle varie problematiche che abbiamo precedentemente evidenziato: commistione di
spazi, assenza di una strumentazione adeguata (ad esempio l’ecografo), mancanza di un luogo dedicato
alla donna e alla sua salute, dove si possano trovare tutti i servizi previsti, che in teoria, dovrebbero essere
più specifici e più continuativi rispetto a quelli garantiti normalmente da un ginecologo privato.
In questo senso la proposta del Tavolo Tecnico di creare un luogo in cui raccogliere le attività demandando
ai distretti lo svolgimento dei servizi ambulatoriali sembra andare nella giusta direzione anche rispetto alle
carenze da noi osservate nei distretti.
III.5. Accogliere e accompagnare le donne: bisogni e proposte
Molte operatrici dei distretti si rammaricano di non poter esplicitare, per mancanza di tempo, una funzione
da loro stesse ritenuta fondamentale: seguire le utenti con continuità, anche dopo il parto, come avviene in
altre province, dove al corso pre-parto si affianca il corso post-parto e il sostegno all’allattamento (attività
che a Prato si svolge nel solo distretto di piazza Lippi per due mezze giornate a settimana).
Rispetto ai corsi pre-parto dobbiamo però notare che sono seguiti quasi esclusivamente da donne autoctone
o dell’Est Europa. Questo argomento necessiterebbe di un approfondimento ulteriore: per quale motivo
le donne straniere non vi partecipano? Non sono interessate? Non vengono avvertite di questo percorso?
Temono lo scoglio della differenza linguistica? Questi corsi, del resto, hanno una forte caratterizzazione
culturale: si costruiscono anche grazie ad un forte dato per scontato, ad un background condiviso di
tradizioni, usi e costumi.
Come afferma la dott.ssa Dal Verme (2004), “la cultura è trasmessa dalle madri, quindi le madri sono
trasmettitrici di cultura. Abbiamo visto che sin dalla nascita sono le madri che cominciano a manipolare il
bambino, a curarlo, non come singole, ma con l’aiuto delle loro stesse madri, cioè le nonne del bambino.
Succede sia qui che in tutto il mondo: le donne non sono mai sole, hanno comunque un’esperienza alle
spalle, un sapere femminile che ci portiamo dietro e speriamo di trasmettere anche alle prossime
generazioni”
Un sapere che riteniamo più o meno condiviso, nonostante le differenze geografiche e le diverse tradizioni
insite nel nostro stato e in una città come Prato, fortemente caratterizzata da fenomeni migratori nazionali
prima e internazionali dopo, e che non sempre riusciamo ad esplicitare. La realizzazione di corsi in
cui sia incentivata anche la presenza delle donne straniere non può prescindere dal “riconoscere le
caratteristiche della nostra cultura in modo da poter accogliere anche le caratteristiche di altre culture”
(Dal Verme, 2004). Conoscere e riconoscere l’altro significa, infatti, esplicitare le proprie tradizioni e i
propri presupposti, saperli mettere in gioco e rinegoziali in un continuo confronto. Una sfida che richiede
preparazione e formazione, ma che, se vinta, potrebbe costituire un forte punto di appoggio e di partenza
per iniziare un dialogo con donne di diversa provenienza inserendole in percorsi non solo inerenti la
tutela della maternità e il momento del parto, ma anche l’educazione alla contraccezione.
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La ricerca
Come abbiamo notato nella seconda parte, infatti, le attività dei consultori dovrebbero incentrarsi sulla
salute della donna tout court: dalla maternità consapevole all’educazione alla contraccezione, attraverso
un sostegno medico ma anche psicologico. Questa funzione dei consultori rischia di perdersi laddove il
servizio sia incentrato soprattutto sull’aspetto medico e senza la compresenza di tutte quelle figure ritenute
fondamentali per creare un luogo della donna e per la donna. Se come vedremo una delle grandi sfide
del nostro territorio è la presenza di donne migranti, a cui dedichiamo un approfondimento, lo scarso
contatto con le strutture sanitarie da parte di adolescenti e giovani donne ci porta a ritenere fondamentale
rivolgere una particolare attenzione a questo tipo di utenza, attraverso “quei percorsi di promozione
della salute, all’affettività e alla sessualità consapevole” sia dal punto di vista dell’offerta dei servizi, come
previsto nel piano di indirizzo regionale e progetto di ristrutturazione dei servizi consultoriali locali,
presentato alla VII Conferenza dei Servizi nel gennaio del 2007, sia approfondendo tematiche legate alla
percezione della sessualità e alla contraccezione tra le giovani generazioni.
III.6. Approfondimento: donne migranti e servizi pubblici
Dalle interviste e dai colloqui con le operatrici emerge, in primo luogo, la necessità di una maggior
presenza delle mediatrici linguistiche, soprattutto di lingua cinese. Come abbiamo visto nel paragrafo
dedicato all’analisi degli spazi, il bisogno di mediazione linguistica non riguarda solo il momento della
visita, ma anche in front office e l’accesso al distretto. La prassi per il ritiro del libretto di gravidanza
per le donne cinesi, ad esempio, è piuttosto lunga e complicata; questo infatti, viene prima tradotto dalla
mediatrice linguistica e dall’ostetrica: è grazie a questi passaggi che anche donne che non parlano l’italiano
possono usufruire dei servizi accessibili alle autoctone ed essere inserite nel “Percorso Nascita”.
Ma i bisogni non si limitano alla mediazione linguistica. Spesso abbiamo notato sguardi spaesati o difficoltà
di comprensione che vanno oltre la percezione linguistica. Problemi di cui sono ben consce le operatrici,
che in più momenti ci hanno parlato delle difficoltà di rapportarsi con usi e costumi diversi e soprattutto
a loro sconosciuti, e quanto questo possa creare problemi e fraintendimenti. Già l’uso stesso del libretto,
nonostante le traduzioni, appare talvolta complicato per differenze che vanno al di là della comprensione
linguistica, come nel caso degli esami del sangue a cui si deve arrivare digiuni: le operatrici ci hanno
raccontato che quando gli orari di cena sono molto diversi (ad esempio con pasti notturni durante il
lavoro), dire di non fare colazione non basta.
se si dice alle donne cinesi “dovete bere un litro e mezzo di acqua al giorno” senza spiegare
perché viene loro consigliato questo, e come si è arrivati a capire che fa bene, loro non
accetteranno di farlo, perché sono convinte che molta acqua faccia male. Questa convinzione
non è campata in aria, ma è diffusa perché se non si è sicuri della bontà dell’acqua che
si beve, può essere veicolo di germi e malattie…se però non si conosce cosa c’è alla base
di molti comportamenti, e si tende a liquidarli come frutto dell’ignoranza e del folklore
popolare, non si potrà mai comunicare un efficace messaggio di salute.
La paura dell’esclusione che attanaglia le donne immigrate, può sfociare in un’apparente arroganza e
in una manifesta aggressività nel confronto con gli operatori dei servizi. L’affermazione di un diritto per
queste donne, come afferma Sabina Dal Verme, Ostetrica Universitaria e Psicopedagogista, passa spesso
53
La ricerca
attraverso dimostrazioni di forza e di aggressività. Tale paura può essere superata solo se s’instaura un
rapporto di fiducia tra personale sanitario ed utenti.
“Capita spesso che queste donne vengano tardi agli appuntamenti, non facciano quello che è stato loro
prescritto e noi non riusciamo a leggere questi comportamenti al di là delle semplificazioni attraverso
pregiudizi e stereotipi, non riusciamo a spiegarceli. Credo che dietro ogni comportamento ci sia una
logica, ci sia un motivo per cui quella mamma ha fatto o non ha fatto quella cosa, è solo che a noi sfugge e
tante volte le donne non sono in grado di spiegare perché questa cosa le sembra strana o non accettabile,
perché non è abituata o non ne è consapevole. Anche noi tante volte abbiamo difficoltà a spiegare quello
che facciamo se non dicendo che si è sempre fatto così” (Dal Verme 2004)
Anche i mancati appuntamenti di cui abbiamo parlato possono essere meglio compresi conoscendo
l’altro.
“In alcune culture, come quella senegalese o tunisina, non si parla mai di orari precisi, non esiste l’ora di
pranzo, del sonno, ma si parla di “tempo per mangiare insieme, tempo del lavoro, tempo della preghiera,
tempo del riposo”. Esiste un ritmo dato dal tempo privato e da quello pubblico, con un marcato predominio,
almeno per la componente femminile, di quello privato. L’impatto con la nostra cultura, contrassegnata
da orari stretti e precisi, è quanto di più lontano dal loro modo di organizzare l’esistenza e produce il
ben noto fenomeno della cronica inaffidabilità agli impegni presi: le maestre si lamentano che i bambini
arrivano sempre tardi a scuola la mattina ed a volte vengono “dimenticati” a fine giornata, gli operatori
sanitari segnalano appuntamenti mancati”.
E la sfida del cambiamento è per la maggior parte sulle spalle delle donne, che come abbiamo già notato,
soprattutto con la nascita di un figlio si trova a dover mediare tra famiglia di origine e mondo di arrivo “La
componente maschile, che nelle culture altre rappresenta comunque il legame con il “tempo pubblico
e del lavoro”, soffre di minori difficoltà di adattamento alle richieste di omologazione, la componente
femminile, dalla quale l’infanzia dipende in toto, deve percorrere in breve tempo lo spazio durato quasi
un secolo della storia del nostro paese” (Chinosi, 2004).
Anche il tema della contraccezione, fondamentale per evitare il ricorso ripetuto all’interruzione volontaria
di gravidanza, per essere affrontato ha bisogno di mediazione culturale ed anche di tempi meno ristretti, sia
per le operatrici che per le stesse donne che si trovano a combattere con lo stress di ottenere informazioni
in una lingua che non sempre conoscono.
Molte le differenze culturali di cui ci parlano le operatrici in base alla loro esperienza sul campo.
Come afferma ad uno dei già citati convegni organizzati dall’Albero della salute la direttrice U.O. Ostetricia
Professionale della Asl di Prato, Raffaella Pellicciari (2005): “ognuno di questi gruppi ovviamente è
portatore di modelli culturali e sociali assai diversi e la donna migrante ne è la portatrice. Avere un figlio
è una grande sfida che si pone davanti a tutte le donne, nella nostra esperienza di ostetriche non sempre
la mediazione che permea e colma le intenzioni si rivela efficace e semplice. Ci troviamo infatti di fronte a
madri immigrate e non sappiamo che cosa può significare questo figlio nel loro progetto migratorio”.
E da qui possono nascere anche ovvie incomprensioni. Possiamo accennare alla differenza che ha dal
punto di vista simbolico l’ivg in culture più o meno secolarizzate (Cina piuttosto che Italia, ma anche Paesi
dell’Est Europa invece che Marocco) e quanto possa creare difficoltà e malintesi.
54
La ricerca
A culture diverse si aggiungono anche leggi e norme diverse, su maternità, contraccezione, interruzione
di gravidanza, come abbiamo illustrato nella prima parte di questo lavoro.
Queste considerazioni sulle differenze culturali in tema di gravidanza e interruzione volontaria di
gravidanza hanno portato alcune operatrici a decidere di costituire un’associazione, L’una e le altre,
che, insieme al Laboratorio del Tempo27, ha come scopo di trasmettere un messaggio di salute e
promuovere lo scambio di informazioni alla pari tra le donne e le operatrici che vi parteciperanno
evitando qualunque forzatura, in modo da non cozzare con le tradizioni di cui ciascuna comunità è
portatrice, usi e abitudini, delle quali si può discutere, ma che meritano pari rispetto e dignità. Durante
la nostra ricerca si stavano effettuando gli incontri con i gruppi presenti del territorio pratese, dai quali
dovevano essere scelte le figure femminili più idonee a rappresentare la comunità di appartenenza, la
cui caratteristica più importante è quella di essere indicate dalle stessa comunità come “Portavoce” e
rappresentanti ideali, e non proposte da qualcun altro.
27 Il Laboratorio del Tempo è un servizio del Comune di Prato rivolto a tutti i cittadini e le cittadine del territorio. Si propone di
promuovere le politiche di conciliazione dei tempi di vita, sperimentando il confronto fra generi, generazioni, culture diverse,
uno spazio ideale per qualificare e discutere strategie di rafforzamento individuale e collettivo, utili a migliorare i rapporti
interpersonali e sociali, e a promuovere una cultura della pace (dal sito del Comune di Prato, http://www.comune.prato.
it/sport/labtempo/)
55
Riflessioni conclusive
Riflessioni conclusive e spunti emersi da questo lavoro
Il Tavolo tecnico della Società della Salute di Prato ha
progettato un percorso sperimentale per l’interruzione
volontaria di gravidanza28 che ha “come punto
centrale la presa in carico della donna anche dopo
l’interruzione volontaria, dandole la possibilità di un
percorso contraccettivo personalizzato. Nello specifico
viene previsto il ritorno al consultorio della donna per
il controllo clinico post-IVG ed il counseling per una
procreazione responsabile”.
Al momento della dimissione verrebbe infatti fissato
un appuntamento dopo 20 giorni in uno dei consultori
del Percorso Sperimentale, per un colloquio con
un’ostetrica e/o un/una mediatrice culturale. “Viene,
inoltre, proposto che la certificazione dell’IVG venga
effettuata, a livello territoriale, solo nelle 2 sedi
consultoriali, dove sia garantita la compresenza delle
quattro figure ritenute fondamentali: ginecologo,
ostetrica, psicologo, assistente sociale e di un
mediatore culturale” (Documento del Tavolo Tecnico
della Società della Salute, 2007).
Bisogni emersi
• Informazione e front office
• Facilitazione dell’accesso
• Maggior compresenza tra ginecologa e ostetrica
• Rafforzare ore di mediazione
linguistica
• Mediazione culturale (coinvolgimento delle associazioni?)
• Continuità terapeutica:
corsi post parto e sostegno
all’allattamento;
percorso particolare postIVG con educazione alla contraccezione.
Questo all’interno di un più ampio progetto di ristrutturazione dei servizi consultoriali locali, presentato
alla VII Conferenza dei Servizi nel gennaio del 2007, che prevede, insieme al mantenimento dei servizi
consultoriali diffusi nel territorio, l’attivazione di un Consultorio Principale, con un’ampia capacità di
accoglienza quotidiana (8-10 h feriali; 5-6 h prefestivi), fondato sul lavoro di un’ equipe multidisciplinare,
così come previsto dalla normativa (medico ginecologo, ostetrica, assistente sociale, psicologo), capace di
garantire l’accesso diretto per i motivi di salute più rilevanti (Interruzione volontaria di gravidanza,
maternità anticipate, gravidanze, contraccezione, menopausa, sterilità, consulenza sessuologia). Altri
obiettivi del progetto sono: il consolidamento dei corsi di preparazione al parto, l’attivazione di incontri
rivolti in particolare alle donne straniere, il rafforzamento del servizio di mediazione linguistica e culturale
a supporto delle diverse attività consultoriali e la continuità dell’assistenza nella fase di post parto e post
Interruzione volontaria di gravidanza (ospedale–territorio). Nel disegno di ristrutturazione sono
28 La scelta di concentrarsi sul percorso post ivg deriva da alcune considerazioni:
•individuazione attraverso l’obiettivo PIS 2005 della riduzione del ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza come
obiettivo della Società della Salute;
•mancanza di un programma di presa in carico della donna dopo che ha effettuato l’interruzione volontaria;
•analisi dei dati epidemiologici che, anche per il 2006, mostravano, a fronte di un ricorso all’ivg di poco sopra la media delle
altre ASL toscane, una forte tendenza alla reiterazione dell’interruzione volontaria, che caratterizza soprattutto, le donne
della comunità cinese rumena e nigeriana. Le conseguenze di tale intervento determinano in primo luogo problemi per la
salute delle donne, in secondo luogo un impegno di risorse da parte della ASL sottratte ad altri servizi.
57
Riflessioni conclusive
previsti anche uno Sportello di accoglienza per gli adolescenti e un Consultorio immigrati.
Le necessità e le criticità evidenziate nel nostro lavoro, che riportiamo schematicamente sopra otterrebbero
una buona risposta dal raggiungimento degli obiettivi che l’attore istituzionale si è dato. La nostra
osservazione ha individuato, come abbiamo visto, dei punti critici anche in elementi apparentemente
secondari, come la struttura dei luoghi, la mancanza di informazione sia all’esterno che dentro la struttura
stessa, nonostante l’instancabile lavoro del personale sociosanitario e difficoltà nell’accesso.
Per concludere ci preme sottolineare che questi elementi di per sé necessari, non sono, però, del tutto
sufficienti, come ci ha fatto notare anche un’operatrice: ci vogliono spazi, ma non solo quelli fisici,
soprattutto mentali. Il consultorio ideale non è solo una struttura che funziona con efficienza ed efficacia:
un centro non si fa solo con la struttura fisica, si fa con la volontà della gente e non tutti possono
lavorare al consultorio, c’è chi ci può lavorare e chi non ci può lavorare, il consultorio non è un
ambulatorio e, quindi, ha tutte altre caratteristiche, sono altre le cose a cui devo fare attenzione,
non è tanto la prestazione in sé per sé, questo sì ci deve essere, deve essere ben fatta, però deve avere
anche un’altro orecchio all’ascolto, saper vedere al di là di quello che abbiamo davanti.
Il consultorio dovrebbe essere anche uno spazio di relazioni, un mondo al femminile dove la donna
possa trovare ascolto e supporto, indipendentemente dalla sua età, provenienza nazionale e status socioeconomico.
Questi sono lo spirito e il desiderio che abbiamo trovato nelle operatrici, che ringraziamo di nuovo per la
loro incredibile disponibilità e per il lavoro che stanno svolgendo con continuità e passione.
58
Stato di attuazione dei Consultori nella ASL 4 di Prato
Volevo esprimere i miei più sentiti ringraziamenti per l’analisi da voi condotta sulla situazione dei Consultori
Familiari della nostra Azienda. Questo documento rappresenta un contributo molto importante nell’attuale
processo di riqualificazione del Servizio previsto anche dalla DGR n. 259/2006 “Programma di interventi
di riqualificazione dei servizi consultoriali e di educazione e formazione finalizzati alla diffusione ed al
consolidamento di una cultura della maternità e paternità responsabile e di una sessualità consapevole”.
L’approfondimento del tema dell’accessibilità offre infatti numerosi stimoli di riflessione di cui terremo
necessariamente conto.
Le criticità e i bisogni da voi individuati sono ampiamente condivisi e sono stati argomento di discussione
nei diversi incontri del gruppo di lavoro sulla riqualificazione dei Consultori costituitosi in seguito alle
indicazioni regionali. L’analisi dei vari modelli consultoriali ha portato all’implementazione di una fase
pilota con l’individuazione dell’equipe multidisciplinare e la previsione di percorsi ad alta integrazione
ospedale-territorio. Da allora, la nostra Azienda che ha dato avvio ad una complessa riorganizzazione
delle attività consultoriali con l’obiettivo di costituire una rete di servizi coordinati da un Consultorio
principale, in grado di assicurare la presa in carico globale della donna, di garantire la continuità del
percorso assistenziale e di fornire un livello omogeneo di prestazioni su tutto il territorio aziendale. Sono
stati quindi completate le procedure relative al:
• ri-modellamento dell’attività di ginecologia e di ostetricia con aumento della disponibilità oraria;
• attivazione di una funzione di Mediazione linguistico culturale rivolto alla comunità cinese,
• adesione alla gara di AVC per l’attivazione del Servizio di Mediazione linguistico-culturale;
• acquisto del software gestionale per l’attività consultoriale ed implementazione del flusso
regionale.
In questo ottica è stata, anche, istituita nell’agosto 2008 la UF Consultori, a sua volta collocata all’interno
del Dipartimento Materno Infantile, recentemente attivato. Questo nuovo modello organizzativo è emerso
da una accurata valutazione dei bisogni di salute della popolazione, nella piena consapevolezza della
complessità della trasformazione, in un ambiente instabile e con risorse limitate, dove atteggiamenti o
comportamenti diversi possono favorire od ostacolare il percorso di trasformazione. Si è così avviato un
processo in cui gli obiettivi di salute passano attraverso l’individuazione di un modello che, promuovendo
l’integrazione delle responsabilità e delle risorse, persegue l’equilibrio economico-finanziario e garantisce
l’unitarietà degli interventi di promozione e tutela della salute della donna e del bambino.
Prato, 17 marzo 2009
Bruno Cravedi
Direttore Generale ASL 4
59
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2006 Consultori: oltre 3 milioni di euro per potenziare la rete in Toscana Notizie, 13 aprile 2006.
consultabile su http://www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sitoRT/Contenuti/sezioni/salute/
salute_donne/visualizza_asset.html_1899829735.html
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Appendice
Appendice I. Le leggi
1. Istituzione dei consultori familiari, legge 405 del 29 luglio 1975 (pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale del 27 agosto 1975, n.227)
1. Il servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità ha come scopi:
a) l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile
e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;
b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla
coppia e da singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche
e dell’integrità fisica degli utenti;
c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;
d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza
consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso.
2. La regione fissa con proprie norme legislative i criteri per la programmazione, il funzionamento, la
gestione e il controllo del servizio di cui all’articolo 1 in conformità ai seguenti principi:
a) sono istituiti da parte dei comuni o di loro consorzi i consultori di assistenza alla famiglia e alla
maternità quali organismi operativi delle unità sanitarie locali, quando queste saranno istituite;
b) i consultori possono essere istituiti anche da istituzioni o da enti pubblici e privati che abbiano
finalita sociali, sanitarie e assistenziali senza scopo di lucro quali presidi di gestione diretta o
convenzionata dalle unità sanitarie locali, quando queste saranno istituite;
c) i consultori pubblici ai fini della assistenza ambulatoriale e domiciliare, degli opportuni
interventi e della somministrazione dei mezzi necessari si avvalgono del personale dei distretti
sanitari, degli uffici sanitari comunali e consorziali, delle condotte mediche e ostetriche e delle
altre strutture di base sociali, psicologiche e sanitarie. I consultori di cui alla precedente lettera
b) adempiono alle funzioni di cui sopra mediante convenzioni con le unità sanitarie locali. Fino
all’entrata in vigore della riforma sanitaria, i consultori di cui alla lettera b) possono stipulare
convenzioni con gli enti sanitari operanti nel territorio, in base ai programmi annuali regionali
di cui all’articolo 6 e secondo i criteri stabiliti dalle regioni. I consultori pubblici e privati per
gli esami di laboratorio e radiologici ed ogni altra ricerca strumentale possono avvalersi degli
ospedali e dei presidi specialistici degli enti di assistenza sanitaria.
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Appendice
3. Il personale di consulenza e di assistenza addetto ai consultori deve essere in possesso di titoli
specifici in una delle seguenti discipline: medicina, psicologia, pedagogia ed assistenza sociale, nonche’
nell’abitazione, ove prescritta, all’esercizio professionale.
4. L’onere delle prescrizioni di prodotti farmaceutici va a carico dell’ente o del servizio cui compete
l’assistenza sanitaria. Le altre prestazioni previste dal servizio istituito con la presente legge sono gratuite
per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su
territorio italiano.
5. Lo Stato assegna alle regioni 5 miliardi di lire per l’anno finanziario 1975 e 10 miliardi negli anni successivi
per finanziare il servizio previsto dalla presente legge. Il fondo comune è ripartito tra le regioni entro il
mese di febbraio di ogni anno con decreto del Ministro per il tesoro sulla base dei seguenti criteri:
a) il 50 per cento in proporzione alla popolazione residente in ciascuna regione;
b) il residuo 50 per cento in proporzione al tasso di natalità e di mortalità infantile quali risultano dai
dati ufficiali dell’Istituto centrale di statistica relativi al penultimo anno precedente a quello della
devoluzione.
6. La regione, tenuto conto delle proposte dei comuni e dei loro consorzi nonché delle esigenze di una
articolazione territoriale del servizio, redige un programma annuale, approvato dal consiglio regionale,
per finanziare i consultori di cui all’articolo 2, sempre che si riscontrino le finalità indicate all’articolo 1
della presente legge.
7. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni emaneranno le norme
legislative di cui all’articolo 2.
8. E’ abrogata ogni norma incompatibile o in contrasto con la presente legge.
2. Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza.
Legge 194 del 22 maggio 1978 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 22 maggio 1978).
1. Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale
della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla
presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito
delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre
iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
2. I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405 , fermo restando quanto stabilito dalla
stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base
alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle
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Appendice
strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme
della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo allo ente
locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza
o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla
lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della
gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini
previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni
del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. La somministrazione
su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le
finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori.
3. Anche per l’adempimento dei compiti ulteriori assegnati dalla presente legge ai consultori familiari,
il fondo di cui all’articolo 5 della legge 29 luglio 1975, n. 405 , è aumentato con uno stanziamento di L.
50.000.000.000 annui, da ripartirsi fra le regioni in base agli stessi criteri stabiliti dal suddetto articolo.
Alla copertura dell’onere di lire 50 miliardi relativo all’esercizio finanziario 1978 si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nel capitolo 9001 dello stato di previsione della
spesa del Ministero del tesoro per il medesimo esercizio. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
4. Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze
per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo
per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche,
o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o
malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera
a), della legge 29 luglio 1975 numero 405 , o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione,
o a un medico di sua fiducia.
5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici,
hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia
motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di
esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e
della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei
problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza,
di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno
intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo
il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari
necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre
del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della
persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra,
le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei
spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture
socio-sanitarie. Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia,
riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla
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donna un certificato attestante l’urgenza. Con tale certificato la donna stessa può presentarsi ad una
delle sedi autorizzate a praticare la interruzione della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di
urgenza, al termine dell’incontro il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico
di fiducia, di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze
di cui all’articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di
gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la
donna può presentarsi, per ottenere la interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole
ai sensi del presente comma, presso una delle sedi autorizzate.
6. L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni
del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
7. I processi patologici che configurino i casi previsti dall’articolo precedente vengono accertati da un
medico del servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento, che ne
certifica l’esistenza. Il medico può avvalersi della collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire
la documentazione sul caso e a comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell’ospedale per
l’intervento da praticarsi immediatamente. Qualora l’interruzione della gravidanza si renda necessaria per
imminente pericolo per la vita della donna, l’intervento può essere praticato anche senza lo svolgimento
delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle sedi di cui all’articolo 8. In questi casi,
il medico è tenuto a darne comunicazione al medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita
autonoma del feto, l’interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a)
dell’articolo 6 e il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la
vita del feto.
8. L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un
ospedale generale tra quelli indicati nell’articolo 20 della legge 12 febbraio 1968, numero 132 , il quale
verifica anche l’inesistenza di controindicazioni sanitarie. Gli interventi possono essere altresì praticati
presso gli ospedali pubblici specializzati, gli istituti ed enti di cui all’articolo 1, penultimo comma, della
legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni di cui alla legge 26 novembre 1973, numero 817, ed al
decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1958, n. 754, sempre che i rispettivi organi di gestione
ne facciano richiesta.
Nei primi novanta giorni l’interruzione della gravidanza può essere praticata anche presso case di cura
autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici.
Il Ministro della sanità con suo decreto limiterà la facoltà delle case di cura autorizzate, a praticare gli
interventi di interruzione della gravidanza, stabilendo: 1) la percentuale degli interventi di interruzione
della gravidanza che potranno avere luogo, in rapporto al totale degli interventi operatori eseguiti
nell’anno precedente presso la stessa casa di cura; 2) la percentuale dei giorni di degenza consentiti
per gli interventi di interruzione della gravidanza, rispetto al totale dei giorni di degenza che nell’anno
precedente si sono avuti in relazione alle convenzioni con la regione. Le percentuali di cui ai punti 1) e 2)
dovranno essere non inferiori al 20 per cento e uguali per tutte le case di cura. Le case di cura potranno
scegliere il criterio al quale attenersi, fra i due sopra fissati.
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Appendice
Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati,
dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente
attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. Il certificato rilasciato ai
sensi del terzo comma dell’articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento consegnato alla
donna ai sensi del quarto comma dello stesso articolo costituiscono titolo per ottenere in via d’urgenza
l’intervento e, se necessario, il ricovero.
9. Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure
di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione
di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al
medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al
direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della
abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della
gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di
tali prestazioni. L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini
di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua
presentazione al medico provinciale. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente
le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente
dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente
all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare
lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione
della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla
e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L’obiezione di coscienza non può
essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità
delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente
pericolo. L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata prende
parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori
dei casi di cui al comma precedente.
10. L’accertamento, l’intervento, la cura e la eventuale degenza relativi alla interruzione della gravidanza
nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, ed attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all’articolo 8,
rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle regioni dalla legge 17 agosto 1974, n. 386 . Sono a
carico della regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento
della gravidanza nonché per il parto, riguardanti le donne che non hanno diritto all’assistenza mutualistica.
Le prestazioni sanitarie e farmaceutiche non previste dai precedenti commi e gli accertamenti effettuati
secondo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 5 e dal primo comma dell’articolo 7 da medici
dipendenti pubblici, o che esercitino la loro attività nell’ambito di strutture pubbliche o convenzionate
con la regione, sono a carico degli enti mutualistici, sino a che non sarà istituito il servizio sanitario
nazionale.
11. L’ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali l’intervento è stato effettuato sono
tenuti ad inviare al medico provinciale competente per territorio una dichiarazione con la quale il medico
che lo ha eseguito dà notizia dell’intervento stesso e della documentazione sulla base della quale è
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Appendice
avvenuto, senza fare menzione dell’identità della donna. Le lettere b) e f) dell’articolo 103 del testo unico
delle leggi sanitarie, approvato con il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, sono abrogate.
12. La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta
personalmente dalla donna. Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione della
gravidanza è richiesto lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi
novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone
esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri
tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e
le procedure di cui all’articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del
proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni,
sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli,
può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza.
Qualora il medico accerti l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore
di diciotto anni, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il
giudice tutelare, certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano l’interruzione della gravidanza. Tale
certificazione costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero. Ai
fini dell’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta giorni, si applicano anche alla minore di
diciotto anni le procedure di cui all’articolo 7, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà
o la tutela.
13. Se la donna è interdetta per infermità di mente, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può essere presentata,
oltre che da lei personalmente, anche dal tutore o dal marito non tutore, che non sia legalmente separato.
Nel caso di richiesta presentata dall’interdetta o dal marito, deve essere sentito il parere del tutore. La
richiesta presentata dal tutore o dal marito deve essere confermata dalla donna. Il medico del consultorio
o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il termine di sette
giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli sulla domanda e sulla sua
provenienza, sull’atteggiamento comunque assunto dalla donna e sulla gravidanza e specie dell’infermità
mentale di essa nonché il parere del tutore, se espresso. Il giudice tutelare, sentiti se lo ritiene opportuno
gli interessati, decide entro cinque giorni dal ricevimento della relazione, con atto non soggetto a reclamo.
Il provvedimento del giudice tutelare ha gli effetti di cui all’ultimo comma dell’articolo 8.
14. Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni
e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi,
che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna. In presenza
di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che
esegue l’interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari per la prevenzione di
tali processi.
15. Le regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del
personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile,
sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle tecniche più moderne,
più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della
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Appendice
gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il personale
sanitario ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le questioni relative
all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto, ai metodi anticoncezionali e alle tecniche
per l’interruzione della gravidanza. Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le regioni
redigono un programma annuale d’aggiornamento e di informazione sulla legislazione statale e regionale,
e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali esistenti nel territorio regionale.
16. Entro il mese di febbraio, a partire dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della Presente
legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della legge stessa e
sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione. Le regioni sono tenute a fornire le
informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti
dal Ministro. Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni
di specifica competenza del suo Dicastero.
17. Chiunque cagiona ad una donna per colpa l’interruzione della gravidanza è punito con la reclusione
da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro è punito con la
pena prevista dal comma precedente, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti dai commi precedenti, se
il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata.
18. Chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la
reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o
minaccia ovvero carpito con l’inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l’interruzione della
gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna. Detta pena è diminuita fino alla metà se da
tali lesioni deriva l’acceleramento del parto. Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva
la morte della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale
gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave questa ultima
pena è diminuita. Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni
diciotto.
19. Chiunque cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza l’osservanza delle modalità indicate
negli articoli 5 o 8, è punito con la reclusione sino a tre anni. La donna è punita con la multa fino
a lire centomila. Se l’interruzione volontaria della gravidanza avviene senza l’accertamento medico dei
casi previsti dalle lettere a) e b) dell’articolo 6 o comunque senza l’osservanza delle modalità previste
dall’articolo 7, chi la cagiona è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La donna è punita con la
reclusione sino a sei mesi. Quando l’interruzione volontaria della gravidanza avviene su donna minore
degli anni diciotto, o interdetta, fuori dei casi o senza l’osservanza delle modalità previste dagli articoli 12
e 13, chi la cagiona è punito con le pene rispettivamente previste dai commi precedenti aumentate fino
alla metà. La donna non è punibile. Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna,
si applica la reclusione da tre a sette anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la
reclusione da due a cinque anni; se la lesione personale è grave questa ultima pena è diminuita. Le pene
stabilite dal comma precedente sono aumentate se la morte o la lesione della donna derivano dai fatti
previsti dal quinto comma.
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Appendice
20. Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l’interruzione della gravidanza sono aumentate
quando il reato è commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell’articolo 9.
21. Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 326 del codice penale, essendone venuto a conoscenza
per ragioni di professione o di ufficio, rivela l’identità - o comunque divulga notizie idonee a rivelarla
- di chi ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla presente legge, è punito a norma
dell’articolo 622 del codice penale.
22. Il titolo X del libro II del codice penale è abrogato. Sono altresì abrogati il n. 3) del primo comma e
il n. 5) del secondo comma dell’articolo 583 del codice penale. Salvo che sia stata pronunciata sentenza
irrevocabile di condanna, non è punibile per il reato di aborto di donna consenziente chiunque abbia
commesso il fatto prima dell’entrata in vigore della presente legge, se il giudice accerta che sussistevano
le condizioni previste dagli articoli 4 e 6.
3. Dal Progetto Obiettivo Materno Infantile (P.O.M.I.). (Piano sanitario nazionale 19982000), adottato con Decreto Ministeriale il 24 aprile 2000
Requisiti e standard di fabbisogno indicativi per i consultori familiari
Consultori familiari
obiettivi
Completamento della rete dei
CF in applicazione della L.
n. 34/1996
azioni
indicatori
Adeguamento, da parte della ASL, Presenza di CF per area geografica
delle strutture logistiche
Percetuale di C.f. con strutture ade-guate
e delle attrezzature alle
funzioni da compiere
Disponibilità di profili
professionali richiesti dal
lavoro di équipe
Reclutamento dei professionali
necessari in rapporto alle risorse
disponibili ed agli obiettivi definiti
nei piani aziendali
Percentuale di CF con organici adeguati
Percentuale di CF con professionali dei
ruoli laureati con rapporto a tempo
pieno
Massima integrazione del
CF
nell’organizzazione
dipartimentale
attraverso
l’afferenza al Distretto e la
collaborazione con i servizi
sociali e socio – assistenziali
ad esso afferenti
Migliorare le competenze
degli adolescenti per quanto
attiene scelte consapevoli
per garantire il benessere
psicofisico
Piano di integrazione sanitario–
sociale – socioassistenziale con
coinvolgimento di tutti i servizi
territoriali interessati e suo
finanziamento
Percentuale di CF che sono inseriti in
programmi strategici di integrazione
Percentuale di CF che hanno attivato
programmi di prevenzione della salute
Offerta di corsi di informazione ed
educazione alla salute nelle scuole
Offerta attiva dello spazio-giovani
nel consultorio
Offerta attiva di incontri con i
genitori degli alunni
Presa in carico dei casi di disagio
adolescenziale segnalati e/o individuati
- N° classi coinvolte sul totale delle classi
- N° degli insegnanti coinvolti sul totale
degli insegnanti,
- N° di incontri con i genitori sul totale
dei plessi scolastici,
Numero di accessi di adolescenti
nell’ambito spazio giovani del consultorio;
incremento delle conoscenze sulla
fisiologia della riproduzione e sull’igiene
(su base campionaria);
numero di IVG in età minorile,
percentuale di gravidanze in minorenni
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Appendice
Migliorare
il
benessere
psicofisico e relazionale del
singolo, della coppia e della
famiglia
Migliorare l’informazione e
l’edu-cazione alla salute per
l’espres-sione di una sessualità
rispondente ai bisogni del
singolo e di una
maternità
e
paternità
responsabili
Su segnalazione dei servizi vaccinali attivare ricerca attiva e valutazione dei casi di grave ritardo o
evasione vaccinale
Su segnalazione delle scuole attivare
ricerca attiva e valutazione dei casi
di grave basso profitto o abbandono
scolastico
Offrire consulenza, in collegamento con i pronto soccorsi, in
caso di lesività domestica in cui
necessita un approfondimento
sull’ambiente familiare
Offrire supporti al singolo e alla
famiglia per superare le difficoltà
relazionali
Garantire il collegamento con l’autorità giudiziaria per le situazioni
più a rischio
Presa in carico delle segnalazioni
dell’autorità giudiziaria competente
per le situazioni a rischio
Garantire l’offerta attiva a tutte le
coppie di un colloquio prematrimoniale sulla fisiologia della
riproduzione, sulla procreazione
responsabile, sulla salute riproduttiva, sulla responsabilità genitoriale, sulle dinamiche relazionali,
sull’accertamento di condizioni di
rischio per consulenza genetica e
indirizzo al servizio specifico, sulla
prevenzione immunitaria e non
immunitaria sulla diagnosi
prenatale precoce
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Percentuale di casi presi in carico
(investigati ed assistiti) sul totale dei
casi segnalati e/o individuati, nelle varie
azioni
Numero coppie che aderiscono agli inviti
individuali sul totale delle coppie che si
sposano, nell’unità di tempo;
numero coppie che partecipano a
incontri di gruppo;
numero coppie che utilizzano la
consulenza genetica sul totale di coppie
individuate essere a rischio.
Numero accertamenti sullo stato
immunitario rispetto alla rosolia,
numero vaccinazioni per rosolia sul
totale delle suscettibili,
numero accertamenti sullo stato
immunitario rispetto alla toxoplasmosi;
incremento percentuale di conoscenze
sulla fisiologia della riproduzione (su
base campionaria),
Riduzione del tasso di IVG e, in particolare
della sua ripetitività, valu-tata per fascia
d’età con particolare riferimento alla
fascia minorile o alle situazioni di
maggior disagio sociale.
Appendice
Migliorare l’informazione e
Offrire colloqui informativi sulla
l’educazione alla salute delle
gravidanza
donne sulla gravidanza e sulla
gestione della stessa
Offrire attivamente i corsi di preparazione al parto, alla nascita, al ruolo
genitoriale e all’assistenza postparto, con particolare riferimento
alla promozione dell’allattamento al
seno
Migliorare il benessere
psico-fisico della puerpera e
del neonato
Favorire la prevenzione delle malformazioni congenite, l’assistenza
alla gravidanza fisiologica e
l’indi-viduazione delle gravidanze
problematiche ed a rischio
Adottare una cartella ostetrica
ambulatoriale orientata da linee
guida condivise
Monitorare la crescita ed il benessere fetale
Operare in stretto collegamento
con i centri di diagnosi prenatale
per i casi che lo richiedano;
Offrire sostegno psicologico individuale e di coppia ed alle gestanti
Perseguire e mantenere contatti
permanenti con i reparti ospedalieri in cui le donne andranno
a partorire, privilegiando l’integrazione degli operatori dei C.F. e
ospedalieri per quanto attiene il
percorso nascita.
Offrire sostegno e presa in carico
sanitario, psicologico delle minorenni che affrontano la maternità
senza reti familiari e parentali di
appoggio o che intendono affrontare l’IVG predisponendo la
relazione per il giudice tutelare.
Offerta attiva di visite domiciliari,
con particolare riferimento al
caso di dimissioni precoci e/o in
situazioni di rischio sociale
Nr. donne che accettano il colloquio sul
totale delle donne in gravidanza
nell’unità di tempo ;
Nr. donne che partecipano al corso di
preparazione alla nascita
Nr. donne allattanti al seno sul totale delle
donne che hanno partorito, nell’unità di
tempo (su base campionaria)
Nr. donne che seguitano ad allattare al
seno dopo un mese dalla nascita (su
base campionaria)
Percentuale di parti con taglio cesareo,
Percentuale di nati prematuri,
Percentuale di nati di basso peso per
l’età gestazionale
Percentuale di morti endouterine,
Mortalità perinatale,
Percentuale di CF messi in rete con i
servizi ospedalieri
Percentuale di casi in cui è stato offerto
sostegno e presa in carico sul totale dei
casi individuati e/o segnalati
N. donne che accettano il colloquio sul
totale delle donne che hanno partorito
nell’unità di tempo,
Nr. donne coinvolte nel progetto aziendale di promozione dell’allattamento
al seno,
Nr. puerpere che hanno richiesto e/o
concordato la dimissione precoce e n. di
controlli domiciliari.
74
Appendice
tempo medico dalla nascita all’iscrizione al P.L.S.
percentuale di bambini vaccinati entro
un mese dal termine indicato dalla
schedula vaccinale per le prime dosi
delle vaccinazioni obbligatorie (su base
campionaria);
conoscenze sulla fisiologia della
riproduzione e sulla procreazione
responsabile (su base campionaria)
percentuale di donne che allattano
esclusivamente al seno sino al momento
della dimissione ospedaliera e che
seguiteranno ad allattare al terzo mese e
al sesto mese ;
Prevenire il ricorso all’IVG
Riduzione dell’incidenza dei
tumori femminili e della
mortalità ad essi associata
offrire il colloquio;
garantire il supporto psicologico e
sociale
assumere la presa in carico della
donna che richiede l’IVG
offrire interventi finalizzati alla
consulenza per la procreazione
consapevole post IVG, per la prevenzione del ripetuto ricorso all’IVG
Tumore del collo dell’utero:
offerta attiva del Pap-Test a tutte le
donne di età compresa tra 25 e 64
anni.
Tumore della mammella: offrire
consulenza ed indirizzare la donna
verso i centri di diagnosi precoce
per la prevenzione del tumore della
mammella e, per le donne di fascia
di età 50 – 69 anni, indirizza verso
il programma di screening
75
n. incidenti domestici nel 1°anno di
vita; accessi al P.S. nel primo anno di
vita, ricoveri ospedalieri successivi alla
dimissione precoce nel 1° mese di vita.
percentuale di certificazioni IVG rilasciate dai consultori;
tempo di attesa tra certificazione e
intervento
riduzione della percentuale di ripetuto
ricorso all’IVG.
percentuale di donne che tornano al C.F.
dopo l’IVG
numero di donne che hanno effettuato
Pap-test sul totale delle donne appartenenti alla popolazione bersaglio;
percentuale di ritorni di vetrini per
inadeguatezza;
numero di donne indirizzate e che si sono
realmente rivolte ai servizi di diagnosi
precoce sul totale della corri-spondente
popolazione bersaglio;
numero di donne seguite nel percorso
diagnostico terapeutico sul totale delle
donne con problema.
riduzione di indicenza del tumore del
collo dell’utero
diagnosi tempestiva e migliore prognosi
delle neoplasie adeguatamente trattate
con riduzione del numero dei casi
avanzati per il tumore della mammella.
Appendice
Migliorare il benessere
psico-fisico nell’età postfertile
Migliorare le coperture
vaccinali
Promuovere l’aggiornamento
professionale sulle problematiche
del climaterio e della menopausa e
sulla possibilità di trattarla.
Incentivare la consapevolezza delle
donne circa la possibilità di
migliorare gli stili di vita e la
sessualità per la qualità della
vita post-fertile
Collaborare, con i servizi responsabili dei programmi vaccinali,
alla realizzazione di campagne di
educazione sanitaria e campagne
vaccinali.
In collegamento con i servizi responsabili dei programmi vaccinali
svolgere indagini domiciliari nei
casi in cui il bambino non sia
portato alla seduta vaccinale
76
Percentuale di personale che frequenta
i corsi
percentuale di donne che hanno cambiato stile di vita, su base campionaria
Livelli di conoscenza, attitudini e
competenze pratiche in tema di vaccinazioni (su base campionaria)
Percentuale dei bambini investigati sul
totale dei bambini segnalati in condizioni
di grave ritardo vaccinale
Finito di Stampare nel mese di Giugno 2010
da Tipografia La Moderna srl
Prato
8
8
“Il servizio d'assistenza alla famiglia e alla
maternità ha come scopo:
a) l'assistenza psicologica e sociale per la
preparazione alla maternità ed alla
paternità responsabile e per i problemi della
coppia e della famiglia, anche in ordine alla
problematica minorile;
b) la somministrazione dei mezzi necessari
per conseguire le finalità liberamente scelte
dalla coppia e dal singolo in ordine alla
procreazione responsabile nel rispetto delle
convinzioni etiche e dell'integrità fisica degli
utenti;
c) la tutela della salute della donna e del
prodotto del concepimento;
d) la divulgazione delle informazioni idonee
a promuovere ovvero a prevenire la
gravidanza consigliando i metodi ed i
farmaci adatti a ciascun caso”
(Legge n. 405, 29 luglio 1975)
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Donne e consultori - Provincia di Prato