Martucci e Medtener due cavalieri spirituali a difesa del tempio dell'arte, pronti a
combattere per la “purezza” della musica.
“Piccolino di statura, ha gli occhi nerissimi...È modesto, e, come tutti i modesti, aborra la
pubblicità, quasi quasi se ne offende, al punto che io ora, volendo riferire una voce corsa, temo di
meritarmi tutta la sua antipatia. Con tutto ciò sfido questa antipatia e dico che egli è occupato a
scrivere pel teatro un'opera su libretto del carissimo amico Rocco Emanuele Pagliara..” Questo era
quanto riferiva il giornalista Gelveno da La Gazzetta dei Teatri nell'1886 a proposito di Martucci.
In realtà non si trattava di un'opera per il teatro, ma di un poemetto lirico per mezzosoprano e
pianoforte, La Canzone dei ricordi, terminata nell' 1887, anno in cui l'Otello, penultimo lavoro di
Verdi e Boito, vedeva le luci del palcoscenico. In queste sette liriche è possibile percepire
l'atmosfera latente del ricordo della terra natìa, legata a doppio filo con il suo amico Pagliara e la
cantante Alice Barbi, a cui è dedicata la composizione di cui Martucci, pianista, direttore e
compositore di eccezionale talento, ne realizzerà una versione per orchestra.
Grande animatore e rinnovatore della cultura musicale, diffuse il verbo del sinfonismo d'oltralpe in
un momento storico in cui la produzione musicale italiana sembrava confluire esclusivamente nel
teatro.
Brahms, per cui provava profonda ammirazione, non esitò ad elogiarlo: “Davvero questo giovane
musicista ha compreso il genio e l'essenza della musica tedesca meglio di molti maestri tedeschi..”.
Infatti, la sua Seconda Sinfonia accoglie in sé le moderne esperienze insieme a nobiltà dei temi,
ricchezza dell'armonia, orchestrazione sapiente e ritorno alla forma pura sinfonica. Dopo la sua
prima esecuzione si disse:“Sembra scritta da un tedesco e ispirata da un italiano”, ma di
Martucci vogliamo ricordare non solo la sua musica ma anche la sua ricchezza interiore e Boito,
nella sua grande sensibilità, lo descrisse con queste parole:“L'arte sua fu lo specchio della sua
vita: purezza di cielo riflessa da purezza di lago”.
Stessa purezza d'intenti la ritroviamo in Medtner che assimilò l'identità russa senza abbandonare il
suo retroterra culturale tedesco. Profondo cultore dei classici e dei romantici, si dimostrò abilissimo
nell'uso delle architetture musicali e della scrittura contrappuntistica meritandosi, come compositore
e pianista formidabile, un posto accanto ai suoi contemporanei Skryabin e Rachmaninov, suo
grande amico e benefattore.
La sua musica è notoriamente difficile e un pianista che esegue Medtner pone rigorose esigenze
tecnico-intellettuali a se stesso ed al suo pubblico. Il Primo Concerto lo dedicò a sua madre che gli
instillò un profondo amore per la poesia, la letteratura e l'arte, rendendo la loro casa un cenacolo in
cui discutere di filosofia ed estetica. Egli espose le sue posizioni nel saggio The Muse and the
Fashion, suo testamento spirituale, da cui difese i fondamenti dell'arte musicale come ultimo
baluardo dello spirito apollineo di ordine e bellezza nella cultura musicale. Quando lasciò la Russia
dopo la Rivoluzione d'Ottobre scriveva: “Sto sognando Mosca...spero che la grande nazione sappia
difendere la patria e la sua grande cultura storica e spirituale”.
Glazunov lo definì “un artista a guardia delle eterne leggi dell'arte” e poiché nella sua musica
era puro e onesto, richiede e merita che gli si vada incontro.
Angela D'Oronzo
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